[Nonviolenza] Telegrammi. 2522



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2522 del 4 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia

2. Benito D'Ippolito: Cantata per il 4 novembre

3. 4 novembre 2016: non festa, ma lutto. A Trento gli "Stati generali della Difesa civile non armata e nonviolenta". Ogni vittima ha il volto di Abele

4. Annamaria Rivera: Le barricate caserecce di Gorino e gli imprenditori politici del razzismo

5. Lorenza Carlassare: Referendum, menzogna contro democrazia

6. Peppe Sini: Dieci coltellate. Minima una guida al referendum

7. Un incontro a Viterbo il 4 novembre

8. One Billion Rising: Manifestazione nazionale il 26 novembre a Roma

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

 

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.

Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

 

2. CONTROCANTI. BENITO D'IPPOLITO: CANTATA PER IL 4 NOVEMBRE

 

"E tra di noi divideremo - lavoro, amore, liberta'.

E insieme ci riprenderemo - la parola e la verita'"

(Franco Fortini, Sull'aria dell'Internazionale)

 

I. Alla festa del 4 novembre

 

Ogni strage e' un'inutile strage

ogni guerra e' una stupida guerra

ogni morte e' una morte e' una morte

e tu non sai piu' dire scibbolet.

 

Il lepisma che osa traversare

l'infinito pavimento della stanza

e di colpo una luce e una scarpa

spegne il mondo per sempre e per sempre.

 

Alla festa del 4 novembre

esibiscono collane di denti e diamanti i padroni

si gloriano di aver fatto morire

tanti innocenti, cantano meccaniche

le salmodie dell'odio e dell'abuso,

della menzogna assassina ripetono il rito.

 

Alla festa del 4 novembre

si banchetta con cartocci di carne

umana, si bevono colmi

boccali di sangue, si ride, si scherza.

 

Alla festa del 4 novembre

il fascismo risorge e rivomita

le parole che uccidono, le lingue

rigide come coltelli segano gole.

 

Il pifferaio guida allo strapiombo

e tu non sai piu' dire scibbolet.

 

*

 

II. Cantata per Hannah

 

Invece della spada il flauto

invece delle catene la gerla

un lento ascoltare con l'occhio del cuore

l'umanita' come dovrebbe essere.

 

Con volto, con voce di donna

opporsi al fascismo, spezzare

le sbarre e i fucili, liberare

tutte le persone schiave.

 

Con volto, con voce di donna

il socialismo libertario

la nonviolenza in cammino.

 

*

 

III. El otro, el mismo

 

Un cosi' immane cumulo di uccisi

ne vedo lividi disfatti i visi

ne sento il peso, il peso insostenibile

e la parola muta ormai per sempre

che ancora brucia e brucia in un roveto.

 

So cosa dice quello sguardo, quel silenzio

so che risposta ancora e ancora attende:

che noi si ponga fine finalmente

a tutte, a tutte, a tutte le uccisioni.

E questo e' l'altro, e questo e' il nostro giorno.

 

Quest'altro 4 novembre

di lutto e non di festa

di memoria addolorata

di resistenza che continua.

 

Quest'altro 4 novembre

dalla parte delle vittime

all'ascolto delle vittime

alla scuola delle vittime

che vuole salvare tutte le vite.

 

Soccorrere, accogliere, assistere

ogni persona bisognosa di aiuto.

 

A tutte le guerre e a tutte le uccisioni opporsi.

Pace, disarmo, smilitarizzazione.

Una sola umanita'.

 

Avendo udito e non avendo piu' scordato

la voce delle vittime che chiama

alla lotta per l'umanita':

la Rosa rossa spartachista

la Rosa bianca antinazista

la nonviolenza in cammino.

 

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Oppresse e oppressi di tutti i paesi,

unitevi.

 

3. APPELLI. 4 NOVEMBRE 2016: NON FESTA, MA LUTTO. A TRENTO GLI "STATI GENERALI DELLA DIFESA CIVILE NON ARMATA E NONVIOLENTA". OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

 

4 novembre 2016: non festa, ma lutto

Cento anni dopo: basta guerre

Un'altra difesa e' possibile

A Trento gli "Stati generali della Difesa civile non armata e nonviolenta"

Il Movimento Nonviolento, PeaceLink, il Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo e l'Associazione Antimafie Rita Atria lanciano per il 4 novembre l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele", affinche' in ogni citta' si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre.

Ogni vittima ha il volto di Abele

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

Oltre cento anni dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, mentre e' tragicamente in corso la "terza guerra mondiale a pezzi", e' ora di dire basta.

Per questo sosteniamo la campagna "Un'altra difesa e' possibile" che ha depositato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare per l'istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta.

Obiettivo della campagna e' quello di organizzare la difesa civile, non armata e nonviolenta - ossia la difesa della Costituzione e dei diritti civili e sociali che in essa sono affermati; la preparazione di mezzi e strumenti non armati di intervento nelle controversie internazionali; la difesa dell'integrita' della vita, dei beni e dell'ambiente dai danni che derivano dalle calamita' naturali, dal consumo di territorio e dalla cattiva gestione dei beni comuni - anziche' finanziare cacciabombardieri, sommergibili, portaerei e missioni di guerra, che lasciano il Paese indifeso dalle vere minacce che lo colpiscono e lo rendono invece minaccioso agli occhi del mondo. La Campagna vuole aprire un confronto pubblico per ridefinire i concetti di difesa, sicurezza, minaccia, dando centralita' alla Costituzione che "ripudia la guerra" (art. 11), afferma la difesa dei diritti di cittadinanza ed affida ad ogni cittadino il "sacro dovere della difesa della patria" (art. 52).

Il 4 e 5 novembre a Trento i promotori della campagna "Un'altra difesa e' possibile" e il Forum Trentino per la Pace e i diritti umani hanno convocato gli "Stati generali della Difesa civile non armata e nonviolenta", un primo passo per coordinare e creare un confronto tra i diversi soggetti che gia' ora agiscono nel settore della difesa civile: le istituzioni preposte alla Difesa, alla Protezione civile, al Servizio Civile Nazionale, la ricerca sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti, il Terzo Settore e le organizzazioni non governative che lavorano per la pace e il disarmo.

Tutti coloro che non potranno essere con noi fisicamente a Trento, si uniscano idealmente in una sorta di staffetta civile tra commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, ribadendo che il 4 novembre e' giorno di lutto e non di festa per la partecipazione all'inutile strage della prima guerra mondiale. Ovunque sia possibile, in ogni piazza d'Italia. Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente. Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire. Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio. Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

*

Per informazioni sulla campagna "Un'altra difesa e' possibile"

vai al sito www.difesacivilenonviolenta.org

Segreteria della Campagna c/o il Movimento Nonviolento

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa. Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni. Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax 0458009803

e-mail:an at nonviolenti.org, siti: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it

PeaceLink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Associazione Antimafie Rita Atria

per contatti: e-mail: abruzzo at ritaatria.it, sito: www.ritaatria.it

 

4. RIFLESSIONE. ANNAMARIA RIVERA: LE BARRICATE CASERECCE DI GORINO E GLI IMPRENDITORI POLITICI DEL RAZZISMO

[Dal sito di "MicroMega" riprendiamo il seguente intervento dell'illustre antropologa]

 

Dopo che Gorino Ferrarese e' salita agli onori (si fa per dire) delle cronache per le sue barricate contro donne e bambini profughi, una nuova notizia e' emersa dal fondo melmoso di questa frazione di Goro che conta appena 641 anime. Da almeno un anno e anche durante i giorni della vergogna, all'interno e all'esterno della chiesa locale e' restata affissa un'ignobile locandina che recitava: "Visto che noi siamo, per voi, infedeli: ma perche' non ve ne andate nel vostro califfato di Iraq con il santo Califfo El Bagdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?".

Autore dell'affissione e del testo, non precisamente evangelico, e' il parroco Paolo Paccagnella, da oltre venticinque anni pastore delle pie pecorelle di Gorino, il quale di certo non condivide il giudizio severo dell'Arcidiocesi di Ferrara, che aveva definito la notte delle barricate come qualcosa "che ripugna alla coscienza cristiana". Ancor piu' ripugnante suona oggi l'invettiva del parroco, se si considera che tra le dodici richiedenti-asilo respinte coi loro otto bambini, a furor di barricate alla casereccia, v'erano alcune cittadine nigeriane di fede cristiana, fuggite, in modo tanto avventuroso quanto coraggioso, dalle persecuzioni e dalle orrende violenze di Boko Haram.

Manco a dirlo, anche in questa occasione il sindaco di Goro, Diego Viviani, e' caduto dalle nuvole, lui che, durante le barricate, aveva piu' volte espresso comprensione per "la paura dei cittadini": cosi' scioccamente opportunista, il sindaco piddino, da non considerare che a dar manforte ai barricadieri caserecci fosse stato un buon numero di leghisti partiti da Ferrara, non precisamente suoi alleati.

In realta', v'e' un cote' farsesco nella "protesta" del centinaio o poco piu' di abitanti che hanno fatto parlare l'Italia e ricattato lo Stato: le barricate costituite da bancali di legno, i barbecue portati li' per l'occasione, gli allegri banchetti innaffiati col vino... Intanto i carabinieri, comprensivi, osservavano a braccia conserte, al massimo cercando di rabbonire paternamente i piu' agitati. "Non potevamo mica manganellare le persone", ha dichiarato il prefetto di Ferrara, Michele Tortora, in una conferenza-stampa. Chissa' se qualcuno gli ha ricordato che in Italia prefetti e forze dell'ordine son soliti manganellare a tutta forza ovunque si profili qualche protesta sociale dalle ragioni ben piu' nobili e fondate.

Farsesche sono pure le motivazioni addotte dai "nuovi eroi della Resistenza contro la dittatura dell'accoglienza", come ha osato definirli il segretario della Lega Nord di Ferrara. Cosi' ridicole da sembrare una parodia dei cliche' del razzismo popolare: "Noi non siamo razzisti, ma..."; "Lo sappiamo che anche quelli in fondo sono esseri umani, ma..."; "Si', per ora sono solo donne e bambini, ma poi ci sara' l'invasione degli uomini"; nonche' alcune varianti del classico "Se ti piacciono tanto, portateli a casa tua". Farsesca anche la futilita' delle loro ragioni, almeno in comparazione con la tragedia di quegli otto bambini e delle dodici giovani donne, una delle quali incinta all'ottavo mese: "Ora che l'ostello e' requisito, dove andremo noi donne di Gorino a far colazione e gli anziani a giocare a carte?".

Sappiamo bene che "il culto delle feste in costume", per citare Theodor W. Adorno (Minima Moralia), puo' sboccare nel fascismo. In tal caso, almeno per ora, non si corre questo rischio. Nondimeno lo spirito provinciale, il gretto attaccamento al campanile, la retorica di "padroni a casa nostra" hanno giocato un certo ruolo nel far emergere il sommerso razzismo, feroce e forse inconsapevole, che ha indotto a respingere un piccolo gruppo di persone piu' che vulnerabili: bisognose d'aiuto, cura, solidarieta', affetto.

D'accordo: Gorino manca d'infrastrutture, di una scuola, di un ospedale, di un centro commerciale, di luoghi di socialita'... Ma mai si e' ha avuta notizia di barricate innalzate in quella frazione per rivendicare questo genere di cose. E inoltre: nessuno/a degli abitanti sembra aver considerato che accogliere quelle persone poteva essere, se non altro, un'occasione per aprirsi al mondo, per uscire dal provincialismo o solo per continuare a consumare la colazione al bar dell'ostello Amore-Natura, in compagnia di donne e bambini che avrebbero da raccontar loro storie che neppure sanno immaginare. Un tempo - anche a Gorino, sicuramente - accogliere degnamente i forestieri, soprattutto se in difficolta', era considerato, in particolare tra le classi popolari, dovere morale, ragione di orgoglio, opportunita' di conoscenza.

Tuttavia, il ruolo decisivo, in questa brutta vicenda, lo hanno svolto le istituzioni: dal sindaco di Goro al prefetto di Ferrara, che ha ceduto al ricatto dei barricadieri improvvisati, fino a Matteo Renzi il quale, con stile pilatesco, la ha definita "molto difficile da giudicare", manifestando pero' indulgenza "verso una parte della popolazione che e' molto stanca" (di cosa, non ci e' dato sapere).

Non c'e' che dire, l'ormai vecchia talpa della pedagogia razzista ha scavato bene e profondamente in tutti questi anni, esercitata da maestri e maestrucoli: dalla Lega Nord, soprattutto, ai neonazisti; da una parte rilevante dei media fino alla politica istituzionale, che non ha offerto fulgidi esempi di antirazzismo, di rispetto dei diritti umani fondamentali, di volonta' di riconoscere e integrare - come dicono loro - i cittadini e le cittadine stranieri/e (si pensi alla vergogna degli hotspot o alla riforma della legge sulla cittadinanza, che ancora giace in qualche cassetto del Senato).

Per dirne una delle tante, Angelino Alfano, mentre usava, a giusta ragione, parole di fuoco per stigmatizzare le barricate e il ricatto vincente di Gorino, taceva su una storiaccia rivelata di recente da Barbara Spinelli e Marie-Christine Vergiat. In una lettera, sottoscritta da ventitre parlamentari europei e indirizzata a lui, a Paolo Gentiloni, ministro degli Affari esteri, e a Franco Gabrielli, capo della polizia di Stato, le due europarlamentari denunciano il rimpatrio forzato, eseguito lo scorso 24 agosto, di quaranta cittadini sudanesi: fuggiti a causa delle persecuzioni ad opera della feroce dittatura che domina il loro Paese, nondimeno arrestati e caricati con la forza su un volo diretto a Khartoum.

"Questa espulsione di massa - scrivono Spinelli e Vergiat - ha portato alla luce l'esistenza di un Memorandum con il Sudan [...], sottoscritto il 3 agosto a Roma dal capo della polizia italiana, Franco Gabrielli, e dal suo omologo sudanese, generale Hashim Osman Al Hussein, alla presenza di funzionari del ministero dell'Interno e del ministero degli Affari esteri. Un accordo tenuto a lungo segreto, mai discusso ne' ratificato dal Parlamento italiano, che prevede la collaborazione delle polizie dei rispettivi Paesi nella gestione delle migrazioni e delle frontiere".

In conclusione, se vale la pena di parlare del caso Gorino (e dei tanti simili sparsi per la Penisola) e' perche' esso illustra in modo esemplare non gia' il popolare teorema, infondato, della "guerra tra poveri", bensi' una tesi che sosteniamo da lungo tempo. Per dirla in breve, il razzismo popolare e', in fondo, rancore socializzato: l'insoddisfazione e il risentimento per la condizione che si vive, il senso d'impotenza e di frustrazione di fronte alle trasformazioni della societa' e alla crisi economica, sociale, identitaria sono indirizzati verso capri espiatori, grazie all'opera svolta dagli imprenditori politici e mediatici del razzismo.

 

5. RIFLESSIONE. LORENZA CARLASSARE: REFERENDUM, MENZOGNA CONTRO DEMOCRAZIA

[Dal sito di "MicroMega" riprendiamo il seguente intervento dell'illustre giurista]

 

Le ragioni del "no" sono persino troppe. Una forte mobilitazione e' indispensabile per opporsi a una riforma costituzionale costruita sul falso e sull'inganno che cela la sua reale sostanza, antidemocratica e illiberale, con trucchi miserabili.

Lunga e' la catena dei "falsi", a cominciare dagli obiettivi dichiarati:

1. Fine del bicameralismo paritario e' l'ingannevole slogan. Ma il Senato, in posizione di parita' con la Camera esattamente come adesso, partecipa ancora alla piu' alta forma di legislazione, la revisione della Costituzione e in molti casi alla legislazione ordinaria. Si approvano infatti secondo le regole del bicameralismo paritario leggi di forte rilievo politico: elezione del Senato (art. 55), referendum, Unione europea, ineleggibilita' e incompatibilita' con l'ufficio di senatore, elezioni e ordinamento di comuni e citta' metropolitane, e altre ancora (art. 70, comma 1). Il Senato, inoltre, in modi vari e differenziati, ha voce sulla legislazione intera.

2. Falso e' anche l'altro facile slogan: iter legislativo semplificato, mentre l'unica semplificazione non riguarda il procedimento legislativo, ma la fiducia al governo che sara' data dalla sola Camera. Basta leggere i commi 3-4 del nuovo articolo 70 per rendersi conto di come l'iter legislativo venga "semplificato": "Ogni disegno di legge approvato dalla Camera deve essere immediatamente trasmesso al Senato", il quale, entro dieci giorni, puo' disporre di esaminarlo, e, nei trenta giorni successivi "puo' deliberare proposte di modifica del testo", e in tal caso si torna alla Camera per la pronuncia "definitiva". Lo schema ha pero' alcune varianti; a seconda della materia su cui verte la legge e dell'atteggiarsi dei consensi, si prevedono iter legislativi diversi per tempi, termini e maggioranze. In conclusione, per "semplificare", al procedimento attuale si sostituisce una pluralita' di procedimenti - sette dice Gaetano Azzariti che ha avuto la pazienza di contarli - piu' l'ulteriore variante di un possibile intervento del governo nel procedimento legislativo (art. 71, ultimo comma). Incertezze e confusioni apriranno conflitti, che la riforma stessa ritiene inevitabili preoccupandosi di indicare chi dovra' comporli: i presidenti di Camera e Senato d'accordo fra loro. E se non trovassero l'accordo? Una "semplificazione complicante", la si potrebbe definire!

3. E' falso che il Senato conti poco e non abbia funzioni di rilievo, come si ripete per toglier peso alle critiche verso la sua inqualificabile composizione (consiglieri regionali che si eleggono fra loro ed eleggono 21 sindaci!). Minimizzarne il ruolo fa parte dell'inganno. Tanto rumore per nulla e' l'idea che si vuole accreditare: e' inutile perder tempo a discutere sulla composizione di un organo che non conta nulla, che fa cose poco importanti. L'argomento, che si ritorce contro chi lo propone - se il Senato non serve a nulla, perche' non abolirlo eliminando le enormi spese di apparato, servizi, sede? - e' assolutamente falso.

Il Senato partecipa intanto alla funzione legislativa, la piu' importante funzione da sempre riservata al popolo sovrano o ai suoi rappresentanti che un sistema democratico non consente sia affidata a un organo scollegato dai cittadini. Proprio questa funzione rende quella composizione piu' difficile da giustificare, per il costante collegamento di essa con il popolo; un principio antico che attraversa la storia, dai pensatori medievali come Marsilio da Padova, ai massimi giuristi della modernita' come Hans Kelsen. L'affermazione di poter fare, da solo, le leggi del suo regno fu una delle accuse a Riccardo II, che poi ritorna negli atti di deposizione di Giacomo II e Carlo I. E su quel principio, risalente agli albori della storia, si basa per intero la nostra struttura costituzionale: la sovranita' - disse Meuccio Ruini alla Costituente - "spetta tutta al popolo", e dunque, "il fulcro dell'organizzazione costituzionale" e' nel parlamento "che non e' sovrano di per se' stesso, ma e' l'organo di piu' diretta derivazione del popolo: e come tale [...] ha la funzione di fare le leggi". L'anomala composizione del Senato figlio della riforma, in una democrazia non e' assolutamente compatibile con le funzioni ad esso attribuite. Ma il governo non ha consentito ripensamento alcuno.

Al Senato, oltre alla legislazione, restano altre rilevanti funzioni costituzionali come l'elezione del presidente della Repubblica e dei giudici costituzionali; e qui, addirittura, grazie alla riforma, il Senato aumenta il suo peso e i senatori diventano determinanti in una scelta tanto delicata per l'equilibrio delle istituzioni di garanzia.

4. E' falso che la riforma aumenti le garanzie, come si insiste a dire della modifica delle maggioranze necessarie all'elezione del presidente della Repubblica, organo di garanzia che deve essere super partes. Ad evitare che diventi, invece, espressione della maggioranza di governo la Costituzione esige un ampio consenso: per le prime tre votazioni la maggioranza dei due terzi, dal quarto scrutinio in poi, la maggioranza assoluta dei componenti. La riforma invece, a partire dal settimo scrutinio, prescrive la "maggioranza dei tre quinti dei votanti". La modifica e' presentata come un vanto della riforma; sostituendo la maggioranza assoluta (meta' piu' uno) con i tre quinti - si dice - si alza il quorum necessario all'elezione del capo dello Stato e dunque si aumenta la garanzia. Una falsita' anche questa, ma il trucco e' evidente: la nuova maggioranza richiesta e' di tre quinti dei "votanti", non piu' dei "componenti"; il che fa una bella differenza! La norma svuotata di senso rende agevole al governo e ai suoi fedeli eleggere ("portarsi a casa", nel linguaggio del premier e della sua ministra) un presidente su misura. Nel segno del comando, si potrebbe dire, dell'unico comando, che non deve trovare ostacoli sul suo cammino; tantomeno un capo dello Stato indipendente, garante della Costituzione!

Ma e' solo un tassello del disegno complessivo. Sempre in tema di istituzioni di garanzia, nella legge di riforma la competenza a eleggere cinque giudici della Corte costituzionale non e' piu' del parlamento in seduta comune; tre li elegge la Camera, che ha 640 membri, e due il Senato che ne ha 100. I numeri parlano. Il divario di potere tra Camera e Senato e' evidente, com'e' evidente la voglia di mettere le mani sulla Corte attraverso i senatori, "uomini di paglia", la cui obbedienza e' persino piu' sicura di quella di deputati, eletti con una legge truccata, ma pur sempre "eletti" dal popolo.

5. E' falso che la riforma costituzionale non cambi la forma di governo. E' vero che il testo non ne parla, ma il trucco e' proprio qui. La trasformazione risulta da un disegno complessivo il cui perno non e' la riforma costituzionale ma la legge elettorale, approvata anch'essa con frenetica velocita' perche', senza l'Italicum, la riforma costituzionale non poteva raggiungere l'obiettivo finale: verticalizzare il potere e gestirlo senza ostacoli e limiti.

Siamo di fronte a un doppio inganno (o doppia "furbata"): il primo sta nel modificare la forma di governo in modo indiretto (e meno appariscente) con legge ordinaria, la legge elettorale e il suo bel "premio", perno di tutto. Il secondo inganno sta nell'apparente rispetto della condizione richiesta dalla Corte costituzionale per l'attribuzione del premio, l'indicazione di una "soglia". Ma la soglia del 40 per cento prevista dall'Italicum e' del tutto fittizia, e' apparenza pura, scritta per non mostrare in modo vistoso il contrasto con la sentenza 1/2014. Il 40 per cento in realta' non interessa a nessuno, e' un semplice schermo; se non lo si raggiunge, interviene infatti il ballottaggio per il quale nessuna soglia e' richiesta. Il trucco e' qui, attraverso il ballottaggio il legislatore ha aggirato la sentenza costituzionale: le due liste piu' votate partecipano qualunque percentuale abbiano ottenuto al primo turno. Cosi', anche conseguendo un risultato modesto (il 20 per cento o meno) chi vince piglia tutto, e una minoranza esigua, grazie al premio, puo' dominare il sistema intero: parlamento, governo, istituzioni di garanzia.

Il ballottaggio e' la chiave per cambiare la forma di governo, per arrivare in modo traverso all'elezione diretta del premier. Due liste vi partecipano e, nella competizione a due, il vincitore, forte della vittoria, tendera' ad attribuire al voto popolare il valore di un'investitura personale. Cosi' il ballottaggio, fase finale del procedimento di elezione della Camera dei deputati, assumera' il senso di una decisione popolare finalizzata a investire di potere il governo e il suo capo. Il quale - come gia' Berlusconi - potra' definirsi "l'unto del Signore".

Senza mutare il testo si supera la forma di governo parlamentare; e non per avvicinarsi al modello presidenziale americano col suo sistema di "freni e contrappesi", di limiti reciproci fra "poteri" rigorosamente separati e indipendenti, ma piuttosto al modello autoritario novecentesco che l'Italia ha costruito ed esportato.

6. E' falso che la riforma non tocchi la forma di Stato: la democrazia costituzionale ne risulta travolta. Travolta per primo e' il sostantivo, "democrazia". I cittadini alla fine sono rimasti senza voce: con un Senato non piu' eletto dal popolo ma da consiglieri regionali che si eleggono fra loro; con le province abolite che pero' funzionano ma senza un organo eletto dai cittadini; con una Camera dove, alterata la rappresentanza, domina una maggioranza artificiale creata distorcendo l'esito del voto. Una Camera in cui una simile maggioranza - che puo' essere una minoranza esigua - e' in grado di dominare le istituzioni tutte estendendo la sua influenza oltre la sfera politica, alle stesse istituzioni di garanzia. Cosi' un gruppo di potere puo' dominare senza trovare limiti politici - le altre forze sono ridotte all'irrilevanza - e neppure limiti giuridico-costituzionali.

Neutralizzati i contrappesi del sistema costituzionale repubblicano, nessun limite infatti e' stato creato dal nuovo sistema per contenere l'enorme potere prodotto dai meccanismi distorsivi; nessun freno e' posto al concentrarsi di potere nel governo e nel suo capo cui il parlamento non si contrappone, obbedisce. Troppo forte e' il vincolo creato dai meccanismi elettorali perche' i parlamentari, legati a doppio filo a un vertice da cui dipende la loro rielezione, possano mostrarsi indipendenti.

"Democrazia costituzionale" rischia cosi' di divenire espressione vuota: travolto il sostantivo, e' travolto anche l'aggettivo che la qualifica. Il potere, senza limiti e freni, potra' dispiegarsi liberamente, alla faccia del costituzionalismo, della separazione dei poteri, degli "immortali principi del 1789", che Mussolini odiava. Non dobbiamo permetterlo!

Il referendum non e' - non deve essere - scontro su una persona: non interessa la sorte di Renzi, interessa salvare la "democrazia costituzionale", i nostri diritti, i valori repubblicani. Un triste conformismo vela la vita della Repubblica; la libera stampa, l'informazione tutta gia' ne risente. Vogliamo liberarci dal pericolo che la nebbia offuschi il nostro orizzonte.

 

6. REPETITA IUVANT. PEPPE SINI: DIECI COLTELLATE. MINIMA UNA GUIDA AL REFERENDUM

 

Intitolare questi brevi ragionamenti "dieci coltellate" e' un espediente retorico: a indicare la necessita' e l'urgenza di squarciare la cortina delle menzogne ed uscire dalla subalternita' al discorso dominante che e' il discorso falso e fraudolento della classe dominante che tutte e tutti ci opprime.

Indicheremo qui di seguito tre trappole in cui non cadere (la trappola delle velocita', la trappola del risparmio, la trappola della governabilita'), formuleremo tre elogi (del perfetto bicameralismo, della rappresentanza proporzionale, del costituzionalismo nemico dell'assolutismo), dichiareremo tre beni irrinunciabili (la repubblica parlamentare; lo stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri; la democrazia, ovvero la sovranita' popolare) e giungeremo a una conclusione che ci sembra coerente e doverosa: il 4 dicembre votare No al golpe degli apprendisti stregoni; difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana.

E valga il vero.

*

1. La trappola della velocita'

Quando si prendono decisioni importanti non si discute mai abbastanza. Quando si fanno le leggi, piu' ci si pensa e meglio e'. La democrazia e' un processo decisionale lento e paziente; come scrisse Guido Calogero si contano tutte le teste invece di romperle. Solo le dittature sono veloci, velocissime, e il frutto di quella velocita' e' sempre e solo la schiavitu' e la morte di innumerevoli esseri umani.

*

2. La trappola del risparmio

Da quando in qua per risparmiare quattro baiocchi occorre massacrare la Costituzione, che e' la legge a fondamento di tutte le nostre leggi, la base del nostro ordinamento giuridico e quindi della nostra civile convivenza? Da quando in qua per risparmiare quattro baiocchi occorre distruggere la forma istituzionale repubblicana del nostro paese e sostituirla con la dittatura del governo, ovvero con la dittatura del capitale finanziario transnazionale di cui il governo in carica e' servo sciocco? Per ridurre i costi dell'attivita' parlamentare basterebbe una legge ordinaria che riduca gli emolumenti a tutti i parlamentari portandoli a retribuzioni ragionevoli.

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3. La trappola della governabilita'

Cio' che si nasconde dietro la parola magica - ovvero la cortina fumogena - della "governabilita'" altro non e' che il potere dei potenti di imporre la loro volonta' e i loro abusi senza opposizioni e senza controlli. La governabilita' non e' ne' un valore ne' un bisogno in nome del quale devastare la democrazia, lo stato di diritto, i diritti civili, politici e sociali che ad ogni persona appartengono.

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4. Elogio del perfetto bicameralismo

In un parlamento due camere sono meglio di una: se nell'una si commette un errore l'altra puo' correggerlo; se nell'una prevale un'alleanza di malfattori, l'altra puo' contrastarla. Due camere si controllano reciprocamente. Cosi' si sbaglia di meno. Benedetto sia il bicameralismo perfetto.

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5. Elogio della rappresentanza proporzionale

In una democrazia il potere e' del popolo che lo esercita attraverso i suoi rappresentanti. Il parlamento che fa le leggi in nome del popolo deve essere rappresentativo di esso in modo rigorosamente proporzionale. Se invece una minoranza si appropria della maggioranza dei seggi quel parlamento non e' piu' democratico, diventa solo la foglia di fico di un regime oligarchico. E se il governo si sostituisce al parlamento nella sua funzione legislativa non solo quel parlamento diventa una foglia di fico a tentar di occultare l'oscenita' del potere reale, ma quel potere non e' piu' ne' democratico ne' repubblicano, e' diventato un'autocrazia. Benedetta sia la rappresentanza proporzionale.

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6. Elogio del costituzionalismo, nemico dell'assolutismo

Il fine e il senso di ogni Costituzione e' impedire o almeno limitare gli abusi dei potenti. Nelle societa' divise in classi di sfruttatori e sfruttati, di proprietari ed espropriati, di governanti e governati, chi esercita funzioni di governo e' costantemente esposto alla forza corruttiva del potere. Nessun potere deve essere assoluto, ogni potere deve avere limiti e controlli. Benedetto sia il costituzionalismo, nemico dell'assolutismo.

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7. Una repubblica parlamentare, non una dittatura

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) mutila ed esautora il parlamento e si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, viene meno la repubblica parlamentare. Ma per noi la repubblica parlamentare e' un bene irrinunciabile.

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8. Uno stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, annienta la separazione e il controllo dei poteri, che sono il fondamento dello stato di diritto. Ma per noi lo stato di diritto, ovvero la separazione e il controllo dei poteri, e' un bene irrinunciabile.

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9. Una democrazia, ovvero la sovranita' popolare

Se il governo attraverso la riforma costituzionale, la riforma elettorale ed il loro "combinato disposto" (ovvero l'effetto sinergico delle norme contenute nelle due riforme) riduce il parlamento a un giocattolo nelle sue mani, si fa un senato non piu' eletto dal popolo, si fa una camera dei deputati in cui una minoranza rapina la maggioranza assoluta dei seggi, si appropria di fatto del potere legislativo e lo somma a quello esecutivo che gia' detiene, la sovranita' popolare e' annichilita e con essa la democrazia. Ma per noi la democrazia, ovvero la sovranita' popolare, e' un bene irrinunciabile.

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10. No al golpe, difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana

Nel referendum del 4 dicembre si vota per dire si' o no al golpe. Chi vota si', come vuole il governo degli apprendisti stregoni, accetta il golpe che distrugge il parlamento eletto dal popolo, lo stato di diritto, la democrazia costituzionale. Chi vota no, contro la volonta' del governo degli apprendisti stregoni, difende il parlamento eletto dal popolo, lo stato di diritto, la democrazia costituzionale, e quindi si oppone al golpe. No al golpe. No al fascismo. No alla barbarie. Al referendum votiamo No. Senza odio, senza violenza, senza paura. Difendiamo la Costituzione della Repubblica italiana.

 

7. INCONTRI. UN INCONTRO A VITERBO IL 4 NOVEMBRE

 

Il 4 novembre a Viterbo il "Tavolo per la pace" cittadino promuove un incontro con don Renato Sacco (coordinatore nazionale di Pax Christi), Giuliana Sgrena (giornalista), Abu Rabia (profugo siriano).

L'incontro avra' luogo con inizio alle ore 16,30 presso il Palazzo Papale, in piazza San Lorenzo.

Per informazioni: tavoloperlapace.viterbo at gmail.com

 

8. INIZIATIVE. ONE BILLION RISING: MANIFESTAZIONE IL 26 NOVEMBRE A ROMA

[Dal coordinamento One Billion Rising Italia (per contatti: obritalia at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

 

Carissime e carissimi,

One Billion Rising  - Un miliardo di voci contro la violenza su donne e bambine, abbracciando il messaggio di Eve Ensler, ossia l'importanza di mettere insieme le nostre energie per un'azione comune di sensibilizzazione sul tema della violenza contro le donne, ha aderito e partecipera' alla manifestazione "Non una di meno" che si terra' il prossimo 26 novembre a Roma, organizzata dalle associazioni Io Decido, Udi e Di.Re.

Come Eve Ensler ci ricorda: "non ci puo' essere rivoluzione senza solidarieta'". Forti di questa convinzione, desideriamo coinvolgervi nell'iniziativa, invitandovi a partecipare come associazioni o indipendentemente, e, contestualmente, a diffondere l'iniziativa attraverso i vostri canali.

L'appuntamento e' il 26 Novembre a Roma, in Piazza della Repubblica (metro A) ore 13. Questo il link con tutte le informazioni sull'iniziativa: https://nonunadimeno.wordpress.com/portfolio/appello/

Con l'occasione vi anticipiamo che il lancio della campagna italiana One Billion Rising Revolution 2017 avverra', come gli scorsi anni, in occasione della Giornata Internazionale per eliminazione della violenza contro le donne, dando appuntamento agli eventi del prossimo 14 febbraio 2017. Vi manderemo nei prossimi giorni tutti i dettagli.

Ascolta! Agisci! Partecipa!

Con questa esortazione vi salutiamo con l'augurio di incontrarci tutte il 26 novembre in una giornata memorabile.

Un abbraccio,

Il coordinamento One Billion Rising Italia

http://onebillionrisingitalia.tumblr.com

https://www.facebook.com/obritalia/

#1billionrising #riseinsolidarity

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- AA. VV., Oliver Sacks. I risvegli: percezione e memoria, Hachette, Milano 2016, pp. 142, euro 9,90.

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Riletture

- Ernst Bloch, Karl Marx, Il Mulino, Bologna 1972, 1977, pp. 224.

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Riedizioni

- Sofocle, Antigone. Edipo Re. Edipo a Colono, Rcs, Milano 2016, pp. 388, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2522 del 4 novembre 2016

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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