[Nonviolenza] Telegrammi. 1996



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1996 del 25 maggio 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

2. In memoria di Maria Verone

3. Umberto Santino: Peppino Impastato 37 anni dopo

4. Un appello per l'uscita dell'Italia dalla Nato

5. Depositate in Parlamento le firme a sostegno della proposta di legge d'iniziativa popolare per la difesa civile, non armata e nonviolenta

6. Segnalazioni librarie

7. La "Carta" del Movimento Nonviolento

8. Per saperne di piu'

 

1. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

2. MAESTRE. IN MEMORIA DI MARIA VERONE

 

Ricorreva ieri, 24 maggio, l'anniversario della scomparsa di Maria Verone (Parigi, 20 giugno 1874 - 24 maggio 1938), educatrice e avvocatessa, giornalista e saggista, intellettuale e militante femminista, socialista, per i diritti umani di tutti gli esseri umani.

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Nel ricordo di Maria Verone proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

3. RIFLESSIONE. UMBERTO SANTINO: PEPPINO IMPASTATO 37 ANNI DOPO

[Dal sito del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" (per contatti: www.centroimpastato.com) riprendiamo il seguente intervento del maggio 2015, dal titolo completo "Peppino, il Centro Impastato, la storia e la controstoria, l'icona e la realta'".

Umberto Santino ha fondato e dirige il Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo. Da decenni e' uno dei militanti democratici piu' impegnati contro la mafia ed i suoi complici. E' uno dei massimi studiosi a livello internazionale di questioni concernenti i poteri criminali, i mercati illegali, i rapporti tra economia, politica e criminalita'. Tra le opere di Umberto Santino: (a cura di), L'antimafia difficile, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1989; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, La violenza programmata. Omicidi e guerre di mafia a Palermo dagli anni '60 ad oggi, Franco Angeli, Milano 1989; Umberto Santino, Giovanni La Fiura, L'impresa mafiosa. Dall'Italia agli Stati Uniti, Franco Angeli, Milano 1990; Giorgio Chinnici, Umberto Santino, Giovanni La Fiura, Ugo Adragna, Gabbie vuote. Processi per omicidio a Palermo dal 1983 al maxiprocesso, Franco Angeli, Milano 1992 (seconda edizione); Umberto Santino e Giovanni La Fiura, Dietro la droga. Economie di sopravvivenza, imprese criminali, azioni di guerra, progetti di sviluppo, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1993; La borghesia mafiosa, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia come soggetto politico, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; Casa Europa. Contro le mafie, per l'ambiente, per lo sviluppo, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1994; La mafia interpretata. Dilemmi, stereotipi, paradigmi, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1995; Sicilia 102. Caduti nella lotta contro la mafia e per la democrazia dal 1893 al 1994, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1995; La democrazia bloccata. La strage di Portella della Ginestra e l'emarginazione delle sinistre, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Oltre la legalita'. Appunti per un programma di lavoro in terra di mafie, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1997; L'alleanza e il compromesso. Mafia e politica dai tempi di Lima e Andreotti ai giorni nostri, Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 1997; Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma 2000; La cosa e il nome. Materiali per lo studio dei fenomeni premafiosi, Rubbettino, Soveria Mannelli 2000; Dalla mafia alle mafie, Rubbettino, Soveria Mannelli 2006; Mafie e globalizzazione, Di Girolamo Editore, Trapani 2007; (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 2008; Breve storia della mafia e dell'antimafia, Di Girolamo Editore, Trapani 2008. Su Umberto Santino cfr. la bibliografia ragionata "Contro la mafia. Una breve rassegna di alcuni lavori di Umberto Santino" apparsa su "La nonviolenza e' in cammino", da ultimo nel supplemento "Coi piedi per terra" nei nn. 421-425 del novembre 2010.

Giuseppe Impastato, nato nel 1948, militante della nuova sinistra di Cinisi (Pa), straordinaria figura della lotta contro la mafia, di quel nitido e rigoroso impegno antimafia che Umberto Santino defini' "l'antimafia difficile"; fu assassinato dalla mafia il 9 maggio 1978. Tra le raccolte di scritti di Peppino Impastato: Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2002, 2008. Tra le opere su Peppino Impastato: Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio, Centro Impastato, Palermo 1998; Salvo Vitale, Nel cuore dei coralli, Rubbettino, Soveria Mannelli 1995; Felicia Bartolotta Impastato, La mafia in casa mia, La Luna, Palermo 1986; Claudio Fava, Cinque delitti imperfetti, Mondadori, Milano 1994; AA. VV., Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006 (pubblicazione della relazione della commissione parlamentare antimafia presentata da Giovanni Russo Spena; con contributi di Giuseppe Lumia, Nichi Vendola, Michele Figurelli, Gianfranco Donadio, Enzo Ciconte, Antonio Maruccia, Umberto Santino); Marco Tullio Giordana, Claudio Fava, Monica Zapelli, I cento passi, Feltrinelli, Milano 2001 (sceneggiatura del film omonimo); Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna dei mandanti del delitto Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2008; Giovanni Impastato e Franco Vassia, Resistere a mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009.

Naturalmente sono fondamentali le molte altre ottime pubblicazioni del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", che come tutti sanno e' la testa pensante e il cuore pulsante del movimento antimafia; per contatti: Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it

Ugualmente fondamentale l'attivita' dell'"Associazione casa memoria Felicia e Peppino Impastato"; per contatti: corso Umberto I 220, 90045 Cinisi (Pa), e-mail: info at casamemoria.it, sito: www.peppinoimpastato.com

Si vedano anche almeno i libri dedicati a Felicia Bartolotta Impastato, la madre di Giuseppe Impastato che lo ha sostenuto nella sua lotta, lotta che ha proseguito dopo l'uccisione del figlio; e' deceduta nel dicembre 2004. Opere di Felicia Bartolotta Impastato: La mafia in casa mia, intervista di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1987. Tra le opere su Felicia Bartolotta Impastato: Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; Cfr. anche il profilo scritto da Anna Puglisi per l'Enciclopedia delle donne e ripubblicato anche in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 311.

Si vedano anche almeno i libri di Anna Puglisi, prestigiosa studiosa e militante antimafia, impegnata nell'esperienza del Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di cui e' una delle fondatrici; dal sito dell'Enciclopedia delle donne riprendiamo la seguente breve scheda "Docente universitaria in pensione, cofondatrice del Centro siciliano di documentazione, successivamente dedicato a Giuseppe Impastato, e socia fondatrice dell'Associazione delle donne siciliane per la lotta contro la mafia. Vive a Palermo". Tra le opere di Anna Puglisi: con Umberto Santino (a cura di), La mafia in casa mia, intervista a Felicia Bartolotta Impastato, La Luna, Palermo 1986; con Antonia Cascio (a cura di), Con e contro. Le donne nell'organizzazione mafiosa e nella lotta antimafia, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1988; Sole contro la mafia, La Luna, Palermo 1990; Donne, mafia e antimafia, Centro Impastato, Palermo 1998, Di Girolamo, Trapani 2005; con Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005; Storie di donne. Antonietta Renda, Giovanna Terranova, Camilla Giaccone raccontano la loro vita, Di Girolamo, Trapani 2007. Scritti su Anna Puglisi: cfr. la voce redatta da Simona Mafai per l'"Enciclopedia delle donne", riportata in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 311]

 

Ormai Peppino Impastato e' diventato una delle figure piu' rappresentative della lotta contro la mafia e di cio' non possiamo non essere lieti. Solo che troppo spesso si parla piu' di un Peppino Impastato ridotto a icona mediatica che del Peppino reale. Sara' bene percio' ripercorrere le vicende degli anni successivi al suo assassinio, segnati da una storia ufficiale che lo voleva terrorista e suicida e da una controstoria che ha ribaltato quell'immagine, salvato la memoria di Peppino e ottenuto giustizia e ha avuto come protagonisti i familiari, alcuni compagni di militanza e il Centro siciliano di documentazione, operante dal 1977 e successivamente dedicato a Impastato.

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Una sentenza prima del processo: "Attentato alla sicurezza dei trasporti". La storia di due storie

La storia ufficiale ha come incipit il fonogramma del procuratore capo Gaetano Martorana, poche ore dopo la scoperta dei resti di Peppino. Scriveva il procuratore: "Attentato alla sicurezza dei trasporti mediante esplosione dinamitarda. [...] Verso le ore 0,30-1 del 9.05.1978, persona allo stato ignota, ma presumibilmente identificata in tale IMPASTATO Giuseppe [...] si recava a bordo della propria autovettura Fiat 850 all'altezza del km. 30+180 della strada ferrata Trapani-Palermo per ivi collocare un ordigno dinamitardo che, esplodendo, dilaniava lo stesso attentatore". Come si vede, una sentenza prima del processo. Sembra di leggere il libro di Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie, invece questo lo scriveva il magistrato piu' autorevole del palazzo di giustizia di Palermo.

Com'e' noto, la mattina dello stesso giorno a Roma viene trovato il corpo di Aldo Moro, ucciso dalla Brigate rosse. Il clima e' pesantissimo e tutti sono impegnati nella "caccia ai terroristi". Si spiega con questo clima quel che avviene in terra di Sicilia, ma probabilmente c'e' dell'altro. Le briciole del corpo di Peppino vengono frettolosamente raccolte. Il tratto di binario e' subito ripristinato. I compagni del "terrorista" vengono interrogati per trarre conferma a una tesi gia' confezionata. Nella sede di Radio Aut (che vuol dire Autonomia, non Out come qualcuno, che non sa di cosa parla, ha scritto) gli investigatori entrano con una chiave che non si capisce come sia finita nelle loro tasche. A casa della zia di Peppino, Fara, dove Peppino abitava, e a casa della madre, vengono sequestrati sacchi di materiali. "Sequestro informale", viene scritto nei verbali, cioe' illegale. Tra i materiali sequestrati una lettera di Peppino in cui esprimeva le sue delusioni e diceva di voler "'abbandonare' la politica e la vita". Stralci della lettera vengono pubblicati dal "Giornale di Sicilia". Cosi' il cerchio si chiude: l'attentatore era un suicida. La macchina dell'informazione si mette subito in moto, con variazioni sul tema dell'atto terroristico. Con poche eccezioni.

Contemporaneamente comincia a declinarsi un'altra storia: sui muri di Cinisi un piccolo manifesto dice: "Peppino Impastato e' stato assassinato. Il lungo passato di militante rivoluzionario e' stato strumentalizzato dagli assassini e dalle "forze dell'ordine" per partorire l'assurda ipotesi di un attentato terroristico. Non e' cosi'! L'omicidio ha un nome chiaro: MAFIA. Mentre ci stringiamo al corpo straziato di Peppino, formuliamo una sola promessa: continuare la battaglia contro i suoi assassini. Democrazia Proletaria". A Palermo un altro manifesto con una grande scritta: "Peppino Impastato e' stato assassinato dalla mafia". Seguiva un testo in cui si ricordavano le lotte contadine e alla fine: "Con le idee e con il coraggio di Peppino noi continuiamo. I compagni di Peppino". Ma non ci sono solo i manifesti. Inizia un'altra inchiesta, parallela e contraria a quella ufficiale. Alcuni compagni di Peppino raccolgono resti del suo corpo sparsi nelle vicinanze e trovano in un casolare nei pressi del binario delle pietre macchiate di sangue. Il necroforo comunale Giuseppe (Liborio) Briguglio, in un'intervista raccolta su indicazione del Centro Impastato da Felicia, moglie di Giovanni, fratello di Peppino, dira' che la prima pietra l'aveva trovata lui e l'aveva consegnata agli investigatori. Sparita. Alcuni resti di Peppino vengono consegnati al professore di Medicina legale in pensione Ideale Del Carpio che all'invito di alcuni allievi ha risposto offrendo la sua collaborazione. Giorno 10 si svolgono i funerali, con un migliaio di persone, ma pochi sono di Cinisi e Terrasini. Accanto alla bara la madre Felicia, il fratello Giovanni che saluta con il pugno chiuso. Lo stesso giorno il maggiore dei carabinieri Subranni presenta un rapporto in cui dice che Impastato sarebbe morto compiendo un attentato "perpetrato in maniera tale da legare il ricordo della sua morte ad un fatto eclatante".

Giorno 11 viene presentato un esposto alla Procura da alcune persone, ben presto sparite, dal Centro siciliano di documentazione, operante gia' dal 1977, e da altri, in cui si dice: Peppino Impastato e' stato vittima di un assassinio. In mattinata si svolge un'assemblea a Palermo, con Del Carpio che descrive la dinamica del delitto: l'esplosivo era sotto il torace di Peppino, non nelle sue mani. Nel pomeriggio a Cinisi c'e' il comizio di chiusura della campagna per le elezioni comunali che doveva fare Peppino con il dirigente di Democrazia Proletaria, il milanese Franco Calamida, di cui in seguito si perderanno le tracce. Su richiesta di una compagna di Avanguardia Operaia, Maria Cuomo anch'essa milanese ma da qualche anno in Sicilia, il comizio lo faccio io e, su indicazione di alcuni compagni di Peppino, dico che i mafiosi di Cinisi, con in testa Badalamenti, sono i responsabili del delitto. Le imposte delle case lungo il corso sono sbarrate. Mi rivolgo alle persone che immagino dietro le imposte: "Voi sapete chi era e cos'ha fatto Peppino Impastato. Se queste finestre non si apriranno la sua attivita' e' stata inutile". Il 14 maggio ci sono le elezioni comunali, la madre si reca a votare, violando il lutto che la vuole reclusa in casa. Peppino viene eletto con 260 voti, ma la Democrazia cristiana, oggetto dei suoi attacchi, ha 2.098 voti, passando dal 36,2 per cento del 1972 al 49 per cento. Al posto di Peppino al consiglio comunale andra' un giovane architetto, che non fara' nulla e avra' un futuro assicurato: finira' a Forza Italia. Giorno 16 la madre e il fratello presentano un loro esposto. Li hanno convinti due avvocati, che dopo qualche tempo spariranno.

Voleva essere un delitto perfetto, camuffato da atto terroristico. Ma accade qualcosa di imprevedibile: la scelta dei familiari di rompere con la parentela mafiosa e rifiutare la vendetta, la tenuta di alcuni compagni, l'impegno di noi di Palermo che prima a Cinisi non avevamo messo piede. A luglio il comitato di controinformazione, formatosi presso il Centro, pubblica il bollettino 10 anni di lotta contro la mafia, documentando l'attivita' di Peppino, la sua azione quotidiana di informazione e denuncia, il suo impegno culturale e politico. A livello nazionale due quotidiani: "Lotta continua" e "Il quotidiano dei lavoratori" sostengono la nostra azione, ma presto chiuderanno. I militanti di Lotta continua, che avevano conosciuto Peppino e mi convinsero a occuparmi di lui (non l'ho frequentato da vivo; i gruppi a sinistra del Pci erano in competizione tra loro e dirigenti e militanti avevano pessimi rapporti con i "concorrenti"), ben presto si defilarono o scomparvero nella piena del "riflusso". All'interno del Centro qualcuno non condivise la mia scelta e abbandono' il Centro. I rapporti tra Peppino e Lc negli ultimi anni non erano stati molto teneri: una lettera al giornale in cui Lc locale e Radio Aut si dissociavano dalle iniziative di un tale che organizzava la "trasgressione a chiappe selvagge" non era stata pubblicata (e' in 10 anni di lotta contro la mafia e in Lunga e' la notte, pp. 109-111 della edizione 2014). Peppino considerava "menate sul 'personale'" le teorizzazioni e le pratiche della rinuncia all'impegno politico e del rifugio nel privato. E avversava la scelta della lotta armata, che considerava un'espropriazione della politica. Dei dirigenti nazionali di Lc non venne nessuno. Non venne Deaglio, direttore del giornale; non venne Sofri, che nel 1988, dieci anni dopo, sara' accusato per l'omicidio Calabresi e in seguito sara' condannato; e' comparso il 9 maggio dell'anno scorso perche' era stato a Trapani per seguire il processo agli imputati per l'assassinio di Rostagno, in cui sono stato sentito come persona informata dei fatti. "Il manifesto", il giorno dopo l'assassinio, dedico' solo un trafiletto, a firma g.r. (Gianni Riotta), in cui si leggeva: "... i compagni dicono che e' stata la mafia". Niente nei giorni successivi. Il giornale "comunista", e il gruppo politico di cui per anni ho fatto parte, non capivano molto del Mezzogiorno, meno ancora della mafia. E il Circolo Lenin di Palermo, di cui ero un dirigente, era stato all'interno del gruppo come un corpo estraneo.

L'inchiesta, che era stata chiusa, viene riaperta e nel novembre del '78 Radio Aut presenta un "Promemoria all'attenzione del giudice Chinnici" con indicazioni che saranno preziose per il seguito dell'inchiesta. Il 9 maggio 1979, primo anniversario dell'assassinio, il comitato di controinformazione formatosi per iniziativa del Centro e Democrazia Proletaria organizzano una Manifestazione nazionale contro la mafia. La prima nella storia d'Italia. E' stata lanciata con il bollettino del Centro Accumulazione e cultura mafiose, che doveva essere distribuito a livello nazionale, ma molte copie sono tornate indietro. Andando in giro per l'Italia si toccava con mano l'incredulita': "C'e' ancora la mafia? In ogni caso e' una cosa vostra, siciliana". Eppure vennero in duemila, in un paese assediato dalle forze dell'ordine. I controllati eravamo noi.

Nel 1980 Radio Aut chiude, dopo l'impegno dei primi anni (qualcuno ha rischiato) molti compagni scompaiono. Restano i familiari e il Centro siciliano di documentazione di Palermo che nell'80 viene intitolato a Peppino, andando incontro all'isolamento: Peppino per moltissimi e' uno sconosciuto, per quasi tutto il palazzo di giustizia di Palermo, con poche eccezioni, e' un terrorista. Tra le poche eccezioni c'e' il consigliere istruttore Rocco Chinnici.

Il Centro tiene viva la memoria, ogni anno da' l'appuntamento per il 9 maggio, anche se i partecipanti sono sempre meno, redige documenti e comunicati, raccoglie materiali, l'avvocato della famiglia e del Centro, Vincenzo Gervasi, redige gli esposti (da un certo punto in poi firmati solo dai familiari e dal Centro, prima c'erano anche un rappresentate dei compagni e di Democrazia Proletaria) e li presenta alla Procura. Nel 1984 la sentenza, preparata da Chinnici, assassinato nel luglio del 1983, e completata da Antonino Caponnetto: e' un omicidio di mafia, ad opera di ignoti. E si parla di depistaggio delle indagini, ma c'era una giustificazione: la lettera di Peppino in cui diceva di voler abbandonare la politica e la vita. C'era un'altra stesura, in cui scriveva di voler "'abbandonare' la politica". E' stata pubblicata in 10 anni di lotta contro la mafia e in Lunga e' la notte, 2014, pp. 133-135; era ricopiata in un taccuino che per molti anni e' stato conservato al Centro, ora e' a Casa Memoria. La sentenza e' un primo passo che cerca di far coincidere le due storie, ma il divario e' ancora grande.

Il Centro risponde con il dossier Notissimi ignoti, con il volto di Badalamenti in copertina, curato da Felicia, la moglie di Giovanni, e da Salvo Vitale, accanto a Peppino a Radio Aut, e con il libro La mafia in casa mia, in cui Anna Puglisi e chi scrive pubblicano la storia di vita della madre di Peppino. Emerge un dettaglio, che avra' un peso decisivo: dopo un volantino in cui Badalamenti era definito "esperto di lupara e di eroina", il padre di Peppino, Luigi, e' stato convocato dal capomafia, che gli avra' comunicato la condanna a morte del figlio. Luigi fa in casa una scenata, parte per destinazione ignota. Si sapra' che e' andato negli Stati Uniti, ha incontrato parenti mafiosi e non mafiosi e a una parente ha riferito quel colloquio: "Io gli ho detto: prima di ammazzare mio figlio, dovete ammazzare me". Luigi morira' nel settembre del 1977, in un incidente automobilistico che potrebbe essere un omicidio camuffato (nessuno ha pensato ad aprire un'inchiesta, a fare l'autopsia). La strada per colpire Peppino e' spianata. Ascoltando le parole di Felicia, Anna e io saltiamo sulla sedia. Consegniamo il libretto alla Procura ancora in bozze. Felicia, interrogata da Caponnetto, dira' che non aveva rivelato prima quell'episodio perche' aveva paura per i figli, ora si sente piu' sicura. Sa di non essere sola, anche se accanto a lei non siamo in tanti.

L'inchiesta, che si era arenata, riparte: Giovanni Falcone va in America a interrogare Badalamenti, che non collabora. Altra chiusura. Ora la pista si volge verso i corleonesi. Buscetta ha detto che Badalamenti era stato "posato", cioe' espulso, dalla mafia (un "provvedimento" piu' unico che raro) e si teme che una smagliatura possa far crollare il teorema che per altri versi regge e sara' alla base del maxiprocesso, apertosi nel febbraio del 1986. Noi insistiamo su Badalamenti. E sara' l'interrogatorio di un collaboratore di giustizia del clan Badalamenti, Salvatore Palazzolo, interrogato su nostra indicazione sul delitto Impastato, a confermare le nostre accuse. Si faranno due processi, il primo a Vito Palazzolo, vice di Badalamenti, con rito abbreviato; il secondo al capomafia in un carcere americano, per la condanna al processo per la Pizza Connection, in videoconferenza, e arrivano le condanne. Resta fuori il depistaggio e ci rivolgiamo alla Commissione parlamentare antimafia che nel 1998 costituisce un comitato e nel 2000 approva una relazione in cui si dice che rappresentanti della magistratura e delle forze dell'ordine hanno depistato le indagini e coperto i mafiosi. Facciamo pubblicare la relazione nel volume Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio. Come si spiega il depistaggio? L'abbiamo gia' detto: si spiega con il clima di quegli anni, dominato dalla caccia al terrorista, ma pure perche' tra mafiosi considerati "uomini d'ordine" e disposti a dare qualche dritta, seguendo un vecchio costume che contraddice la regola dell'omerta', e un "estremista" come Peppino, la scelta non poteva che essere a favore dei primi. Ora c'e' una sola storia, frutto del prevalere di quella alternativa su quella ufficiale che cercava di andare per altre vie. Una sorta di miracolo civile. Ma non e' finita...

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I cento passi, ovvero: l'icona e la realta'

Nel 2000 arriva il film I cento passi. Il film ha avuto il merito di far conoscere Peppino a un pubblico molto piu' ampio di quello che abbiamo potuto raggiungere noi; il Centro e' stato ed e' autofinanziato, e questa e' una battaglia perduta, perche' la Regione Siciliana non ha voluto accogliere la nostra richiesta di una legge che fissi dei criteri oggettivi per l'erogazione dei fondi pubblici, e perche' altri centri, fondazioni, associazioni ci hanno isolato, preferendo ricorrere ai soliti mezzi per pescare nel pentolone del denaro pubblico. Ma bisogna vedere quale Peppino ha mostrato il film e quale storia ha raccontato. E' il Peppino della piazzata notturna, che grida: "La mafia e' una montagna di merda" (l'articolo con quel titolo non e' stato trovato, a quanto pare quel numero de "L'idea socialista" non e' stato stampato, cioe' ciclostilato) e "Mio padre e' un leccaculo" e conta i passi da casa Impastato a casa Badalamenti. Una scena assolutamente inverosimile, ma, rinforzata dalla canzone dei Modena City Ramblers, e' diventata l'icona di Peppino ormai consolidata, come le magliette con Che Guevara. E' l'icona della contiguita' e del vicinato, che vale per milioni di persone, ma non vale per Peppino che la mafia l'aveva in casa, e proprio per questo e' una figura unica nella storia delle lotte contro la mafia. E la sua rottura con il padre e la parentela (di cui abbiamo saputo solo dopo il suo assassinio) e' la ragione per cui gli abbiamo intitolato il Centro.

Dopo il successo del film sono cominciati i pellegrinaggi a Cinisi, piu' alla conferma dell'icona che alla ricerca del Peppino reale. Sono nati associazioni, centri, comitati, a lui intitolati, e molti di essi hanno rapporti con i familiari, con il fratello Giovanni, pochissimi con il Centro. Sappiamo di iniziative in cui Peppino viene presentato come un chierichetto della legalita', un giullare contro la mafia e in altre fogge che cancellano quello che era e voleva essere: un comunista rivoluzionario. I compagni di Peppino, di cui nessuno fa parte del Centro, dopo il film hanno formato una loro associazione.

Peppino e' diventato un personaggio che da' visibilita' e a Cinisi si sono precipitati giovani che si sono subito distinti per la loro scorrettezza, ignorando tutto quello che era stato fatto prima. Uno di loro, con l'aria di capetto, nel corso di un'assemblea con Haidi Giuliani, la mamma di Carlo, rivolgendosi a chi scrive grida: "Professore Santino, la lotta alla mafia non si fa con i libri, domani vedra' che evento!". Il "professore Santino" ha scritto qualche libro ma per Peppino ha fatto anche dell'altro. Interviene la mamma di Giuliani, che ho conosciuto poco prima: "Mio figlio i libri li leggeva". L'indomani, 9 maggio 2002, c'e' stato un corteo che doveva coinvolgere gli operai di un'area industriale in crisi, ma e' rimasto abbastanza sparuto e ha attraversato campagne deserte. E' nato un Forum che ha svolto varie iniziative e ognuno si e' ritagliato un proprio spazio, i credenti hanno voluto fare la veglia di preghiera (chissa' cosa avrebbe detto Peppino, ateo, trasgressivo, irriverente). Sono nate lacerazioni tra i familiari, i compagni, il Centro, i nuovi arrivati. Un compagno, Guido Orlando, che cercava di ricucire, ci ha lasciato, stroncato da un tumore. A Casa Badalamenti, confiscata, convivono l'associazione dei compagni di Peppino e l'associazione Casa Memoria, da separati in casa. E' pure la sede di Radio Cento passi; hanno deciso di chiamarsi cosi' dopo un sondaggio: Radio Aut e' stata scartata, Cento passi suona meglio.

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Ultime notizie e disavventure

C'e' stata poi la nostra disavventura con Saviano. Era venuto a presentare il libro Resistere a Mafiopoli, di Giovanni Impastato con il giornalista Franco Vassia, con la mia prefazione e con un radicale editing di Anna e mio. Non ero presente a quell'iniziativa per motivi di salute. Il libro e' dedicato per la prima meta' a Peppino, per la seconda meta' a quello che abbiamo fatto dal giorno dell'assassinio in poi. Evidentemente Saviano non l'aveva neppure sfogliato e gia' in quell'occasione aveva detto che il film aveva fatto riaprire l'inchiesta. Il giornalista Francesco La Licata ha replicato che non era cosi'. Poi Saviano, ormai coronato da un successo planetario e aureolato come martire vivente per le minacce ricevute (gli avevamo espresso la nostra solidarieta'), lo ha ribadito in un libro, in cui esaltava il potere taumaturgico della Parola e l'esempio piu' rilevante era proprio il film su Peppino. Abbiamo chiesto una rettifica, ricordando le date dei processi e della costituzione del comitato sul depistaggio presso la Commissione antimafia, tutte precedenti l'uscita del film, e la casa editrice Einaudi ha risposto con una lettera in cui annunciava che "ulteriori iniziative diffamatorie nei confronti della nostra casa Editrice saranno perseguite nei termini di legge con Vostro aggravio di oneri e di spese": chiedere il rispetto della verita' vuol dire diffamare. Per fortuna la querela di Saviano a un giornalista di "Liberazione" e' stata archiviata. In ogni caso e' una battaglia persa: la rettifica non e' stata fatta e il libro ha continuato a circolare.

L'anno scorso e' circolato uno spot che utilizzava parole tratte dalla sceneggiatura del film per reclamizzare degli occhiali. E' il cosiddetto "apologo della bellezza". Peppino guarda dall'alto un paesaggio butterato da case e villette abusive e dice: "E allora piu' che la politica, la lotta di classe, la coscienza e tutte queste fesserie... bisognerebbe ricordare alla gente che cos'e' la bellezza. Insegnargli a riconoscerla, a difenderla". In un nostro comunicato scrivevamo che era proprio il contrario di quello che faceva e diceva Peppino. Che coniugava perfettamente la politica e la lotta di classe, che non considerava per nulla "fesserie", con il rispetto del territorio, il diritto al lavoro dei disoccupati con il diritto a un ambiente non saccheggiato dalla speculazione. Lo spot e' stato ritirato, ma continua a circolare la sostituzione della storia reale con la fiction, piu' suggestiva e piu' digeribile.

Nel 2011 la procura di Palermo ha voluto riaprire l'inchiesta sul depistaggio. In una mia lettera scrivevo che non si poteva cominciare da zero, c'erano due punti fermi: le condanne di Palazzolo e Badalamenti e la relazione della Commissione antimafia, ribadendo che le responsabilita' del procuratore Martorana, nel frattempo defunto, e dell'allora maggiore Subranni, erano gia' state indicate. Successivamente la Procura ha chiesto l'archiviazione per prescrizione ma il giudice per le indagini preliminari lo scorso 22 dicembre ha respinto la richiesta e deciso di prorogare di altri sei mesi l'inchiesta. Abbiamo chiesto a un legale, Fabio Lanfranca, di rappresentare il Centro.

Nel 2012 abbiano fatto ripubblicare il libro Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, con la relazione della Commissione antimafia. E' un fatto unico nella storia dell'Italia repubblicana, poiche' per la prima volta un soggetto istituzionale dice chiaramente che rappresentanti delle istituzioni hanno depistato le indagini di un omicidio di mafia. Abbiamo chiesto a quel che rimane di Rifondazione comunista (la relazione dell'Antimafia era stata presentata da Giovanni Russo Spena) di organizzare una presentazione a Roma, attendiamo ancora la risposta. Abbiamo chiesto a sindaci, venuti a Cinisi per iniziativa di Avviso pubblico, a centri, associazioni, comitati intitolati a Peppino, di presentare il libro. Nessuno lo ha fatto. Questo e' il quadro attuale: lacerazioni, sgomitamenti, tensioni, documentari, servizi giornalistici e televisivi in cui viene ignorato il Centro, o compare marginalmente, e quel che e' ancora piu' grave: una sinistra inesistente.

Ma il problema non e' tanto un mucchietto di partitini affastellati in una lista improvvisata, con una bandiera piu' o meno rossa, come si e' fatto e si vorrebbe replicare, ma una sinistra sociale, cioe' capace di organizzare e rappresentare il conflitto sociale cosi' come si presenta oggi, nel contesto della globalizzazione e del neoliberismo, con una massa crescente di disoccupati, precari, emarginati, che nessuno organizza e nessuno rappresenta e si rifugia nell'astensionismo o si affida all'urlatore di turno. Con la Fiom che parla di "coalizione sociale" e poi, invece di organizzare disoccupati e precari, fa manifestazioni con organizzazioni che non hanno nulla a che fare con il mondo del lavoro che non c'e'. Ogni giorno va in scena lo spettacolo della crisi della democrazia, sempre piu' mortificata da scelte autoritarie volute da una sorta di ducetto che non ha nulla da spartire neppure con la piu' sbiadita idea di "sinistra". Un Berluschino spocchioso con una corte di reggicoda in carriera. E sul piano internazionale un Mediterraneo diventato il cimitero di migranti a cui l'Europa dei banchieri nega percorsi legali che assicurino la liberta' di circolazione e politiche che aggravano sempre di piu' esclusioni e disuguaglianze. E se si guarda all'antimafia, pare di essere in un circo in cui vari personaggi giocano al ruolo di leader carismatico. Tra di essi c'e' qualcuno che dice di avere le stimmate, di avere avuto dalla Madonna la mission di lottare la mafia, anticristo del nostro tempo, e di essere un esperto di ufo. Alle sue iniziative accorrono i magistrati piu' noti e impegnati.

Siamo stati tra i fondatori di "Narcomafie" e per anni abbiamo fatto parte di Libera, poi quando sono accaduti fatti abbastanza gravi (la "sparizione" di vicepresidenti, il "dimissionamento" dei referenti nazionali per il lavoro nelle scuole e per l'uso sociale dei beni confiscati) ho scritto proponendo una discussione, don Ciotti mi ha "sospeso" dal comitato scientifico della rivista, come uno scolaretto discolo e come se si trattasse di fatti e di attacchi personali, e ho preferito dimettermi (chi vuol saperne di piu' puo' leggere il documento "Il Centro Impastato e Libera" sul sito del Centro).

In tale contesto quale futuro puo' avere questa storia? A Cinisi c'e' Casa Memoria intitolata a Felicia e a Peppino, diventato un santuario per pellegrinaggi e da li' comincia la breve via crucis che porta a casa Badalamenti, sulla cui facciata c'e' un pannello con una mia poesia del 2005, che dovrebbe, quanto meno, problematizzare l'icona. La trascrivo:

Neppure un passo

I cento passi

che non hai mai percorso

perche' non occorreva

neppure un passo

per ritrovare dentro di te

il sangue dei padri

la voce antica

che raccontava

guerre familiari

atrocita' palesi

e complicita' segrete

che bisognava chiudere gli occhi

per non vederle.

Ora vogliono importi

un'icona che non ti appartiene

e consolare il tuo isolamento

con parole che nascondono

distanze incolmabili

tra storie diverse.

L'amore che non hai avuto

ci obbliga a risponderti:

le guerre non sono finite

e il silenzio dei vili

continua a inquinare il pianeta

ma la tua figura distrutta

si ricompone lungo un binario

che corre per il mondo,

misura del desiderio

orizzonte del sogno.

Non so se qualcuno la legga. In ogni caso l'icona e' ormai troppo forte e ha contribuito ad avallarla e rafforzarla chi avrebbe dovuto aver caro il Peppino reale.

A Palermo stiamo cercando di realizzare un progetto ambizioso: creare un Memoriale-laboratorio della lotta alla mafia, che sia insieme: percorso museale sulla mafia e sull'antimafia, itinerario didattico curato dalle scuole, biblioteca, archivio, cineteca, istituto di ricerca, spazio di incontro e progettazione. Per fortuna, di fronte a difficolta' vecchie e nuove, possiamo contare su una buona dose di ironia e di autoironia, ma anche queste strade sono difficili e non prive di rischi (1).

*

Note

1. Rimando a un mio articolo su un incontro al Centro con i redattori di Charlie Hebdo, Val (Philippe Val) e Riss (Laurent Sourrisseau), che dopo si recarono a Cinisi e pubblicarono un bel servizio sul numero del 20 maggio 1996. Riss e' stato ferito nella strage del 7 febbraio. L'articolo e' stato pubblicato su "Repubblica Palermo" del 9 gennaio 2015, con il titolo: "Quando Charlie Hebdo prese in giro la mafia, i suoi segreti e gli uomini d'onore" e si puo' trovare su questo sito.

*

Riferimenti bibliografici (in ordine cronologico)

10 anni di lotta contro la mafia, bollettino del Centro siciliano di documentazione, Palermo 1978.

Accumulazione e cultura mafiose, bollettino del Centro siciliano di documentazione, Palermo 1979.

Notissimi ignoti. Atti relativi all'assassinio di Peppino Impastato, a cura di Felicia Vitale Impastato e Salvo Vitale, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1986.

Felicia Bartolotta, La mafia in casa mia, a cura di Anna Puglisi e Umberto Santino, La Luna, Palermo 1986-2003 e successive ristampe.

Umberto Santino (a cura di), L'assassinio e il depistaggio. Atti relativi all'omicidio di Giuseppe Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 1998.

Umberto Santino, Storia del movimento antimafia. Dalla lotta di classe all'impegno civile, Editori Riuniti, Roma 2000; Editori Riuniti University Press, Roma 2009.

Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001, 2006; Editori Riuniti University Press, Roma 2012.

Giuseppe Impastato, Lunga e' la notte. Poesie, scritti, documenti, a cura di Umberto Santino, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2002-2014.

Anna Puglisi e Umberto Santino (a cura di), Cara Felicia. A Felicia Bartolotta Impastato, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2005, 2007.

Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna di Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2008.

Giovanni Impastato con Franco Vassia, Resistere a Mafiopoli. La storia di mio fratello Peppino Impastato, Stampa Alternativa, Viterbo 2009.

Umberto Santino, Don Vito a Gomorra, Mafia e antimafia tra papelli, pizzini e bestseller, Editori Riuniti University Press, Roma 2011.

 

4. REPETITA IUVANT. UN APPELLO PER L'USCITA DELL'ITALIA DALLA NATO

[Nuovamente diffondiamo il seguente appello del Comitato promotore "No guerra, no Nato" (per contatti: e-mail: noguerranonato at gmail.com, sito: www.noguerranonato.it) "per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un'Italia neutrale, per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra, per attuare l'articolo 11 della Costituzione"]

 

L'Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realta' superiore che l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (Sipri) quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell'Alleanza, la spesa militare italiana dovra' essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

E' un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un'alleanza la cui strategia non e' difensiva, come essa proclama, ma offensiva.

Gia' il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la Nato aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvo' il "Nuovo concetto strategico", ribadito ed ufficializzato nel vertice dell'aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in "risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza", per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l'aggressione militare.

La nuova strategia e' stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il "Nuovo concetto strategico" viola i principi della Carta delle Nazioni unite.

Uscendo dalla Nato, l'Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.

L'appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacita' di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La piu' alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato e' percio', di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L'appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell'Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave e' il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L'Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

L'Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranita': sarebbe cosi' in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

 

5. REPETITA IUVANT. DEPOSITATE IN PARLAMENTO LE FIRME A SOSTEGNO DELLA PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA POPOLARE PER LA DIFESA CIVILE, NON ARMATA E NONVIOLENTA

[Dal sito www.difesacivilenonviolenta.org riprendiamo il seguente comunicato del 22 maggio 2015]

 

Grazie alle firme da tutta Italia un'altra difesa e' oggi piu' vicina e possibile.

Depositata oggi alla Camera dei Deputati la proposta di legge di iniziativa popolare per la Difesa civile, non armata e nonviolenta.

Con la presentazione odierna presso la Camera dei Deputati si e' concluso il primo passo formale importante della Campagna "Un'altra Difesa e' possibile".

Obiettivo raggiunto: gli scatoloni con le 50.000 firme necessarie per la presentazione della proposta di legge di iniziativa popolare sono stati consegnati da una rappresentanza del Comitato Promotore. La raccolta e' avvenuta in tutta Italia, nel corso degli ultimi sei mesi, da centinaia di associazioni, gruppi, movimenti delle principali reti del mondo pacifista, nonviolento, disarmista e del servizio civile.

La proposta di legge "Istituzione e modalita' di finanziamento del Dipartimento per la Difesa civile, non armata e nonviolenta" vuole dare piena attuazione agli articoli 11 e 52 della Costituzione (ripudio della guerra e difesa della patria affidata ai cittadini) e avviare nel paese una politica di difesa della popolazione, del territorio, delle istituzioni: il servizio civile, la protezione civile, i corpi civili di pace e un Istituto di ricerche sulla pace ed il disarmo, sono gli elementi centrali della proposta legislativa la cui presentazione verra' annunciata gia' nella prossima seduta parlamentare a Montecitorio.

Grande soddisfazione e' stata espressa per questo risultato dai promotori della Campagna "Un'altra difesa e' possibile" che hanno registrato l'adesione anche di decine di sindaci di citta' grandi e piccole (Roma, Milano, Napoli, Genova, Reggio Emilia, Pavia, Modena, Messina, Vicenza, Livorno, Cagliari...) e di tanti Consigli Comunali, come dell'Assemblea legislativa dell'Emilia Romagna.

"In attesa che gli uffici della Camera dei Deputati controllino la validita' e la sufficienza delle firme raccolte - ha dichiarato Mao Valpiana, coordinatore della campagna e presentatore della proposta di legge - chiediamo che fin da subito deputati e senatori la possano fare propria, avviando il dibattito sulla necessita' che anche nel nostro Paese venga riconosciuta a livello istituzionale una forma di difesa alternativa a quella militare".

La proposta di legge, tra l'altro, chiede una riduzione delle spese sostenute dal Ministero della Diesa per nuovi sistemi d'arma al fine di poter costituire un Fondo per la difesa civile non armata e nonviolenta. "Non si tratta quindi di spendere di piu' - ha proseguito Valpiana - ma di spendere meglio".

A consegnare le firme sono stati i rappresentanti delle sei reti promotrici: Rete Italiana per il Disarmo, Rete della Pace, Tavolo interventi civili di pace, Conferenza nazionale degli Enti di Servizio Civile, Forum nazionale Servizio Civile, Campagna Sbilanciamoci!

Nei prossimi giorni i promotori auspicano inoltre di potersi incontrare con la Presidente della Camera Laura Boldrini, per sottoporle i contenuti del progetto di legge e chiedere un sollecito avvio dell'iter parlamentare relativo. Le realta' promotrici di "Un'altra Difesa e' possibile" avevano gia' incontrato l'on. Boldrini all'inizio del percorso della Campagna il 2 giugno 2013, in occasione della prima "Festa della Repubblica che ripudia la guerra".

 

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- AA. VV., 24 maggio 1915. L'Italia e' in guerra, Rcs, Milano 2015, pp. 260, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

*

Riletture

- I Presocratici. Testimonianze e frammenti, Laterza, Roma-Bari 1979, 1993, 2 tomi per complessive pp. XXXII + 1150.

 

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

8. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1996 del 25 maggio 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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