[Nonviolenza] Telegrammi. 1732



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1732 del 17 agosto 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. "Cultura come difesa della dignita' umana". Un incontro di riflessione

2. Un incontro di riflessione su "Educazione come responsabilita', solidarieta', liberazione"

3. Giuliano Pontara: L'escalation della barbarie. Un estratto dal primo capitolo de "L'antibarbarie"

4. Giuliano Pontara: Il mondo come teatro delle forze costruttive. Un estratto dall'ultimo capitolo de "L'antibarbarie"

5. Giuliano Pontara: Una via difficile. Le parole conclusive de "L'antibarbarie"

6. Segnalazioni librarie

7. La "Carta" del Movimento Nonviolento

8. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. "CULTURA COME DIFESA DELLA DIGNITA' UMANA". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE

 

Si e' svolto la mattina di sabato 16 agosto 2014 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione su: "Cultura come difesa della dignita' umana".

All'incontro ha preso parte Giselle Dian.

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Giselle Dian, critica d'arte, studiosa di fenomeni artistici e comunicazione multimediale, disegnatrice, pittrice, grafica, collaboratrice del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta"; nel 2010 ha realizzato un ampio studio su Keith Haring dal titolo "Keith Haring: segno artistico, gesto esistenziale, impegno civile", per il quale ha anche effettuato una serie di interviste a varie personalita' di vari campi del sapere (critici d'arte, filologi, filosofi, psicologi, sociologi, storici, operatori sociali, studiosi dei nuovi linguaggi artistici e dei media...). E' impegnata in esperienze di solidarieta' concreta e di volontariato. Ha pubblicato saggi, interviste e recensioni sul quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino"; ha tenuto conferenze presso biblioteche pubbliche, mostre in spazi di impegno sociale e culturale, e sta realizzando un progetto artistico sui temi della memoria storica e della dignita' umana.

 

2. INCONTRI. UN INCONTRO DI RIFLESSIONE SU "EDUCAZIONE COME REPONSABILITA', SOLIDARIETA', LIBERAZIONE"

 

Si e' svolto nel pomeriggio di sabato 16 agosto 2014 a Viterbo un incontro di riflessione su "Educazione come responsabilita', solidarieta', liberazione".

L'incontro e' stato coordinato dal responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani".

 

3. TESTI. GIULIANO PONTARA: L'ESCALATION DELLA BARBARIE. UN ESTRATTO DAL PRIMO CAPITOLO DE "L'ANTIBARBARIE"

[Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 23-29 (sono le pagine iniziali del primo capitolo del libro: "Della barbarie", capitolo in relazione al quale in una nota Pontara scrive "Ho presentato una versione parziale e ridotta di questo capitolo in una delle riunioni del ciclo di seminari sulla pace e la guerra organizzati presso l'Universita' di Cagliari nel novembre-dicembre del 2004. Il testo presentato in quell'occasione e' stato pubblicato, insieme ai testi presentati dagli altri relatori, nel volume La pace e la guerra. Guerra giusta e filosofia della pace, a cura di A. Loche, Cooperativa Universitaria Editrice Cagliaritana, Cagliari 2005").

Giuliano Pontara e' uno dei massimi studiosi della nonviolenza a livello internazionale, riproduciamo di seguito una breve notizia biografica gia' apparsa in passato sul nostro notiziario (e nuovamente ringraziamo di tutto cuore Giuliano Pontara per avercela messa a disposizione): "Giuliano Pontara e' nato a Cles (Trento) il 7 settembre 1932. In seguito a forti dubbi sulla eticita' del servizio militare, alla fine del 1952 lascia l'Italia per la Svezia dove poi ha sempre vissuto. Ha insegnato Filosofia pratica per oltre trent'anni all'Istituto di filosofia dell'Universita' di Stoccolma. E' in pensione dal 1997. Negli ultimi quindici anni Pontara ha anche insegnato come professore a contratto in varie universita' italiane tra cui Torino, Siena, Cagliari, Padova, Bologna, Imperia, Trento. Pontara e' uno dei fondatori della International University of Peoples' Institutions for Peace (Iupip) - Universita' Internazionale delle Istituzioni dei Popoli per la Pace (Unip), con sede a Rovereto (Tn), e dal 1994 al 2004 e' stato coordinatore del Comitato scientifico della stessa e direttore dei corsi. Dirige per le Edizioni Gruppo Abele la collana "Alternative", una serie di agili libri sui grandi temi della pace. E' membro del Tribunale permanente dei popoli fondato da Lelio Basso e in tale qualita' e' stato membro della giuria nelle sessioni del Tribunale sulla violazione dei diritti in Tibet (Strasburgo 1992), sul diritto di asilo in Europa (Berlino 1994), e sui crimini di guerra nella ex Jugoslavia (sessioni di Berna 1995, come presidente della giuria, e sessione di  Barcellona 1996). Pontara ha pubblicato libri e saggi su una molteplicita' di temi di etica pratica e teorica, metaetica  e filosofia politica. E' stato uno dei primi ad introdurre in Italia la "Peace Research" e la conoscenza sistematica del pensiero etico-politico del Mahatma Gandhi. Ha pubblicato in italiano, inglese e svedese, ed alcuni dei suoi lavori sono stati tradotti in spagnolo e francese. Tra i suoi lavori figurano: Etik, politik, revolution: en inledning och ett stallningstagande (Etica, politica, rivoluzione: una introduzione e una presa di posizione), in G. Pontara (a cura di), Etik, Politik, Revolution, Bo Cavefors Forlag,  Staffanstorp  1971, 2 voll., vol. I, pp. 11-70; Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; The Concept of Violence, Journal of Peace Research , XV, 1, 1978, pp. 19-32; Neocontrattualismo, socialismo e giustizia internazionale, in N. Bobbio, G. Pontara, S. Veca, Crisi della democrazia e neocontrattualismo, Editori Riuniti, Roma 1984, pp. 55-102; tr. spagnola, Crisis de la democracia, Ariel, Barcelona 1985; Utilitaristerna, in Samhallsvetenskapens klassiker, a cura di M. Bertilsson, B. Hansson, Studentlitteratur, Lund 1988, pp. 100-144; International Charity or International Justice?, in Democracy State and Justice, ed. by. D. Sainsbury, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1988, pp. 179-93; Filosofia pratica, Il Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza, Bari 1995; tr. spagnola, Etica y generationes futuras, Ariel, Barcelona 1996; La personalita' nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996; Breviario per un'etica quotidiana, Pratiche, Milano 1998; Il pragmatico e il persuaso, Il Ponte, LIV, n. 10, ottobre 1998, pp. 35-49; L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006. E' autore delle voci Gandhismo, Nonviolenza, Pace (ricerca scientifica sulla), Utilitarismo, in Dizionario di politica, seconda edizione, Utet, Torino 1983, 1990 (poi anche Tea, Milano 1990, 1992). E' pure autore delle voci Gandhi, Non-violence, Violence, in Dictionnaire de philosophie morale, Presses Universitaires de France, Paris 1996, seconda edizione 1998. Per Einaudi Pontara ha curato una vasta silloge di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, nuova edizione, Torino 1996, cui ha premesso un ampio studio su Il pensiero etico-politico di Gandhi, pp. IX-CLXI". Una piu' ampia bibliografia degli scritti di Giuliano Pontara aggiornata fino al 1999 (che comprende circa cento titoli), gia' apparsa nel n. 380 de "La nonviolenza e' in cammino", abbiamo successivamente riprodotto nel n. 121 di "Voci e volti della nonviolenza".

Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta' moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006]

 

1.1. L'escalation della barbarie

Il XX secolo e' stato profondamente segnato dall'acuirsi di due processi strettamente congiunti: l'escalation della brutalizzazione e la globalizzazione della violenza. Agli inizi del XXI secolo non vi sono segni di arresto e inversione.

Tutti e due questi processi vengono da lontano: dai massacri imperialisti e razzisti perpetrati dagli spagnoli e dai portoghesi in America Latina e da altri europei nell'America del Nord; da quelli perpetrati dagli inglesi, dai francesi, dai belgi, dai tedeschi e, in ritardo su questi, dagli italiani in Africa; dalla "missione civilizzatrice" degli inglesi in India, i quali alternarono l'uso della violenza armata e delle carestie per tenere l'intero subcontinente sotto il loro dispotico dominio.

I massacri colonialisti sono perpetrati da eserciti dotati di armi nettamente superiori e molto piu' distruttive di quelle di cui dispongono le popolazioni che cercano di resistere. Verso la fine dell'Ottocento sono inventate e adottate le prime mitragliatrici, prima semiautomatiche, poi automatiche. Nel 1885 l'esercito dell'impero britannico viene dotato della mitragliatrice automatica portabile Hiram Maxim, fornita di una capacita' di fuoco tra i 500 e i 600 colpi al minuto. Nel 1898 l'uso di questa mitragliatrice fu decisivo nella battaglia di Ondurman, in Sudan, nella quale le truppe inglesi affogarono nel sangue i guerriglieri del movimento indipendentista che si era sviluppato nel Paese sotto la guida di Muhammad ibn Abd Allah (normalmente noto come Abdullahi). Nella battaglia furono massacrati 22.000 sudanesi, altri 20.000 furono feriti. I morti tra le file dell'esercito coloniale inglese furono 48. II giovane Winston Churchill, futuro primo ministro inglese, presente alla battaglia come corrispondente di guerra, descrive il fuoco "fermo e insistente" dei soldati che, "interessati al loro lavoro" e "minuziosi nell'espletamento di esso", sparavano "senza fretta e senza eccitazione", con la nuova mitragliatrice Hiram Maxim su un "nemico lontano" che non poteva colpirli. Churchill chiama la nuova arma automatica di distruzione un'"arma di civilizzazione" (1).

Sono omicidi di massa di questo tipo a preparare quella che un noto storico contemporaneo ha chiamato "l'eta' dei massacri" (2), tuttora in corso, iniziata con la prima guerra mondiale, durante la quale centinaia di migliaia di soldati dei "Paesi civili" si massacrarono reciprocamente su scala industriale per quasi cinque anni: solo nella battaglia di Verdun, nel 1915, i tedeschi uccisero 315.000 francesi e i francesi a loro volta trucidarono 280.000 tedeschi (3). Con la prima guerra mondiale si rinforza un militarismo profondamente legato a grandi e potenti interessi economici e di classe. Di pari passo, e favorito dagli sviluppi sempre piu' rapidi della scienza e della tecnologia, si intensifica un processo sempre piu' serrato di corsa ad armamenti sempre piu' distruttivi che inghiotte somme sempre piu' astronomiche: tra le nuove mitragliatrici usate nella prima guerra mondiale (dopo che prototipi erano stati provati contro i "barbari incivili" nei massacri coloniali) e lo sganciamento delle due bombe nucleari sul Giappone intercorrono solo una trentina d'anni. Molti meno ce ne vorranno per sviluppare e costruire su scala industriale sistemi di armi termonucleari, chimiche e biologiche con le quali e' possibile distruggere l'intero genere umano, o gran parte di esso.

Contemporaneamente, causa ed effetto dell'escalation della violenza, con la prima guerra mondiale si innesca un rapido processo di vasta brutalizzazione, di crescente e sempre piu' largamente condivisa accettazione di forme di violenza precedentemente di regola non accettate e giudicate inaccettabili. Attraverso il blocco economico della Germania, efficacemente realizzato dalla flotta britannica per l'intera durata della guerra, lo sforzo bellico viene per la prima volta direttamente rivolto contro la popolazione civile allo scopo di abbatterne il morale. Le stime dei civili che morirono a causa della penuria di risorse essenziali causata dal blocco navale britannico variano da una cifra massima di 800.000 a una minima di 424.000 (4). Esso costituisce l'inizio della guerra come carneficina indiscriminata di combattenti e civili, perpetrata su scala industriale. L'invenzione e costruzione su larga scala dell'aereo rende possibile i bombardamenti terroristici diretti contro la popolazione civile, i primi dei quali si verificarono gia' verso la fine della prima guerra mondiale. Fatti inizialmente oggetto di un'ondata di proteste, questi bombardamenti vennero in seguito sempre piu' accettati e sanzionati come parte integrante della guerra, diventando fatto giornaliero durante la seconda.

Nel XX secolo la guerra, compresa quella "civile", e' dunque diventata totale. La percentuale dei civili uccisi in guerra non ha fatto che crescere: alla fine dell'Ottocento e' il 5%; nelle guerre di fine Novecento e' il 90% (5). Molte delle vittime sono bambini: soltanto nel corso dei vari conflitti violenti che hanno infestato varie regioni del pianeta negli ultimi quindici anni i bambini uccisi, resi invalidi, orfani, profondamente traumatizzati si contano a milioni. Alla fine degli anni Novanta esistevano oltre 110 milioni di mine attive disseminate in una settantina di Paesi martoriati da conflitti violenti (6); e' stato calcolato che in media ogni mese 2.000 persone pestano una di queste mine e vengono uccise o rese invalide per il resto della vita. Aveva ragione il militarista Karl von Clausewitz quando scriveva che "gli spiriti umani potrebbero pensare che esistano metodi tecnici per disarmare o abbattere l'avversario senza infliggergli troppe ferite e che sia questa la finalita' autentica dell'arte militare. Per quanto seducente ne sia l'apparenza occorre distruggere tale errore. La guerra e' un atto di forza, all'impiego del quale non esistono limiti: i belligeranti si impongono legge mutuamente; ne risulta un'azione reciproca che logicamente deve condurre all'estremo" (7). A massacri avvenuti, e suggellati dalle carneficine di civili causate dai bombardamenti atomici con cui gli Stati Uniti rasero al suolo le citta' di Hiroshima e Nagasaki e da quello "tradizionale" con cui gli alleati, a guerra praticamente conclusa e vinta, distrussero nel fuoco la citt" di Dresda, "i popoli della terra", nauseati dal sangue che arriva fino alle ginocchia, si dichiarano solennemente "decisi a salvare le future generazioni dal flagello della guerra" (8). Ma il flagello continua attraverso una serie di guerre locali, alcune delle quali assumono dimensioni mondiali in quanto coinvolgono, direttamente o indirettamente, le maggiori potenze militari del pianeta: guerra di Corea, guerra di Indocina, guerra del Vietnam, guerra di Algeria, guerre in Africa, guerre balcaniche, guerre in Aghanistan, guerre in Iraq, guerre in Libano. Appare cosi' un nuovo fenomeno: la crescente globalizzazione e internazionalizzazione del terrorismo non statale (quello di Stato e' ben piu' antico e massiccio) favorito dalla globalizzazione del mercato, legale e nero, delle armi, dai nuovi fondamentalismi religiosi, ma anche da geopolitiche neo-imperialiste e dall'enorme iniquita' nella distribuzione delle risorse nel mondo.

A suo tempo, Karl Marx, con una metafora divenuta celebre, poteva parlare della violenza come ostetrica della storia, come lo strumento attraverso il quale lo sviluppo storico si apre la strada, abbattendo vecchie e pietrificate strutture, verso forme sempre piu' aperte, meno violente e piu' umane di societa'. Oggi c'e' il rischio che la metafora piu' calzante sia un'altra: quella della violenza come becchino della storia.

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1.2. La barbarie nazista

I vasti processi di brutalizzazione e globalizzazione della violenza, innescati dai massacri imperialisti nel mondo extraeuropeo, e ulteriormente sviluppati nel corso della prima guerra mondiale, favoriscono l'affermarsi del nazismo, una sistematica (anche se incoerente) ideologia della violenza e prassi metodica di essa come fine e come mezzo, che, a sua volta, fornisce combustibile a un ulteriore imbarbarimento.

Inteso come ideologia - Weltanschauung la chiamavano i suoi fautori - il nazismo e' un misto di nazionalismo tribale, di darwinismo sociale e di elitismo conditi con idee sul superuomo e la volonta' di potenza provenienti da Nietzsche (dai lati piu' oscuri del suo pensiero) e con la tendenza, di provenienza hegeliana, a concepire un popolo, una nazione come un'entita' metafisica. Cosi' inteso, il nazismo si articola in una costellazione di interconnesse componenti che si manifestano sia a livello verbale (a questo livello la bibbia del nazismo rimane pur sempre il Mein Kampf di Hitler), sia a livello comportamentale, attraverso atteggiamenti e comportamenti individuali e collettivi estremamente violenti e brutali, sia a livello strutturale in istituzioni e strutture che promuovono distribuzioni inique di potere e autorita' nel sistema sociale e di risorse e ricchezza a livello economico.

Molto fa ritenere che le componenti che assieme costituiscono la Weltanschauung nazista siano l'espressione estrema di strutture mentali, assunti, norme, valori a lungo presenti e coltivati non solo nella cultura tedesca, bensi' piu' in generale nella cultura occidentale (9). Ne' si tratta di un fenomeno circoscritto allo specifico contesto dei dodici anni di dittatura hitleriana in Germania. A determinate condizioni le componenti che congiuntamente costituiscono il nocciolo duro dell'ideologia nazista si possono realizzare, singolarmente o tutte assieme, in altri contesti. "E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo... e dappertutto" (10).

In effetti molte sono le situazioni che portano a pensare che diverse delle componenti essenziali del nazismo siano ancora oggi largamente presenti nel mondo, a Nord come a Sud, in Occidente come in Oriente. Non penso qui tanto ai vari gruppi neonazisti attivi in diversi Paesi e che si ispirano direttamente agli insegnamenti di Hitler, richiamandosi piu' o meno apertamente al suo nome. Penso piuttosto alla diffusione di modi di pensare, di concepire l'uomo e il mondo per vari versi simili a quelli propri del nazismo, alle strutture autoritarie e oppressive non molto dissimili da quelle naziste tuttora imperanti nel mondo, alle forme sempre piu' brutali e distruttive assunte dalla violenza armata dopo la caduta del nazismo in Germania e che, come gia' aveva rilevato Primo Levi, sembrano in parte diramarsi proprio dalla violenza dominante nella Germania di Hitler (11).

Nelle pagine che seguono cerchero' di mettere brevemente e sinteticamente in luce ciascuna delle componenti che costituisce il nocciolo della Weltanschauung nazista (12), indicando di volta in volta come ciascuna di esse sia ancora ben presente nel mondo in tendenze naziste che costituiscono una grande minaccia per il futuro dell'umanita'.

Ostacolare lo sviluppo di queste tendenze costituisce una delle maggiori sfide del secolo XXI.

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1.3. La nuova barbarie: tendenze naziste oggi

Elenco riassuntivamente le componenti essenziali dell'ideologia nazista sulle quali nel resto di questo capitolo intendo incentrare il discorso. Esse sono otto:

a. la visione del mondo come teatro di una spietata lotta per la supremazia;

b. il diritto assoluto del piu' forte;

c. lo svincolamento della politica da ogni limite morale;

d. l'elitismo;

e. il disprezzo per il debole;

f. la glorificazione della violenza;

g. il culto dell'obbedienza assoluta;

h. il dogmatismo fanatico.

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Note

1. W. Churchill, The River War: An Historical Account of the Reconquest of the Sudan, Green Longmans, London 1899 (tr. it. Riconquistare Khartoum, Piemme, Casale Monferrato 1999).

2. E. Hobsbawm, The Age of Extremes, Abacus, London 1995, p. 24 (tr. it. Il secolo breve, Rizzoli, Milano 1997).

3. S. Robson, La prima guerra mondiale, il Mulino, Bologna 2002, p. 89 (ed. orig. The First World War, Longman, London-New York 1998).

4. J. Glover, Humanity. Una storia morale del ventesimo secolo, Il Saggiatore, Milano 2002, pp. 90-91 (ed. orig. Humanity. A Moral History of the Twentieth Century, Pimlico, London 2001).

5. Undp, Human Development Report, Oxford University Press, Oxford 1998, p. 35.

6. Ivi.

7. K. von Clausewitz, Della guerra, Mondadori, Milano 1970, pp. 21-22.

8. Preambolo della Carta delle Nazioni Unite.

9. Lo storico Enzo Traverso argomenta bene questa tesi nel suo lavoro La violenza nazista. Una genealogia, il Mulino, Bologna 2002.

10. P. Levi, I sommersi e i salvati, Einaudi, Torino 1986, p. 164.

11. Ivi, p. 165.

12. Per una dettagliata analisi delle molteplici componenti che costituiscono la Weltanschauung nazista cfr. la meticolosa ricostruzione dell'intera ideologia fatta da H. Ofstad in Our Contempt for Weakness: Nazi Norms and Values - and Our Own, Almqvist & Wiksell International, Stockholm 1989 (ed. orig. in norvegese, Var forakt for svakhet, Pax Forlag, Oslo 1971). Debbo molto a questa analisi. Cfr. anche l'intera parte VI del lavoro di Glover, op. cit.

 

4. TESTI. GIULIANO PONTARA: IL MONDO COME TEATRO DELLE FORZE COSTRUTTIVE. UN ESTRATTO DALL'ULTIMO CAPITOLO DE "L'ANTIBARBARIE"

[Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 322-323]

 

Alla Weltanschauung nazista che vede il mondo come teatro di una perenne lotta violenta e brutale per la supremazia, la mentalita' nonviolenta oppone una visione del mondo al centro della quale sta quella "forza costruttiva" che nella storia dell'umanita' si esprime concretamente in atteggiamenti, comportamenti, pratiche, istituzioni, strutture - a livello morale, giuridico, sociale, economico, politico - volti ad arginare la violenza in tutte le sue forme; quella forza costruttiva che nella storia ha permesso agli esseri umani di convivere pacificamente, di condurre e risolvere i conflitti senza distruggersi a vicenda, di istituire relazioni cooperative, fiduciose, e costruire societa' fiorenti. La pace non e' vista come situazione di tregua tra guerre, bensi' come un continuo e dinamico processo costruttivo interrotto da esse. A una visione della storia umana, per cui il "progresso" si fa faticosamente strada con e grazie alla violenza, viene opposta una visione per cui le maggiori conquiste dell'umanita' sono avvenute non grazie alla violenza, ma nonostante essa.

Questa concezione costruttiva non nega la centralita' del conflitto nel mondo delle relazioni umane e l'importanza del potere nella conduzione dei conflitti. Ma potere non equivale a violenza; se la violenza e' sempre potere, non sempre il potere e' violenza. Non e' contraddittorio a livello teorico, ne' controfattuale a livello empirico, parlare di potere della nonviolenza, potere che nella storia si e' manifestato in una miriade di modi diversi, sia prima sia dopo Gandhi, e al quale Gandhi ha aggiunto, con la dottrina e la pratica del satyagraha, una nuova e originale dimensione.

 

5. TESTI. GIULIANO PONTARA: UNA VIA DIFFICILE. LE PAROLE CONCLUSIVE DE "L'ANTIBARBARIE"

[Riproponiamo il seguente estratto da Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino 2006, pp. 333-334]

 

"Sento nel piu' profondo del mio cuore - scriveva Gandhi verso la fine della sua vita - che il mondo e' mortalmente nauseato dai versamenti di sangue. Il mondo sta cercando una via d'uscita". Uscita dalla barbarie.

Combattere la barbarie senza diventare barbari, questo e' il problema; opporsi, con mezzi immuni dal contagio, alla logica della volonta' di potenza, quella logica gia' enunciata, e forse anche denunciata, da Tucidide per cui "i forti fanno cio' che hanno la potenza per fare, mentre i deboli accettano quello che sono costretti ad accettare", e in base alla quale gli ateniesi, dopo che Melos si era arresa a discrezione, fecero massacro tra gli abitanti maschi in eta' militare e deportarono in schiavitu' donne e bambini; la stessa logica che domina tuttora nel mondo fra quanti vedono nel terrorismo della guerra e nella guerra del terrorismo la continuazione della politica con altri mezzi. E' difficile vedere come si possa uscire da questa logica con nuove e ulteriori violenze. Non c'e' una guerra che ponga fine a tutte le guerre, un terrorismo che ponga fine a ogni terrorismo, una barbarie che ponga fine a ogni barbarie, tranne la barbarie ultima dell'olocausto dell'umanita'. Non si tratta di abbandonarsi a discorsi apocalittici, ma non si puo' e non si deve assuefarsi alla convivenza con armi di distruzione di massa, e rimuovere la consapevolezza che la minaccia e il pericolo di una Auschwitz e di una Hiroshima sempre piu' globali sono pur sempre incombenti.

Se, da una parte, guardando all'immane corsa storica ad armamenti sempre piu' distruttivi, ai massacri, alle carneficine, alle guerre, ai genocidi perpetrati nel "mattatoio della storia" e alle minacciose tendenze naziste nel mondo d'oggi, si puo' ragionevolmente e pessimisticamente disperare di poter uscire dalla barbarie ed evitare la barbarie ultima; dall'altra, rivolgendo l'attenzione alle forze morali, costruttive e nonviolente che in ogni epoca della storia gli umani sono riusciti a mobilitare contro la violenza e la barbarie, si possono trovare ragioni per non disperare, appigli per un'intelligente speranza, quell'intelligente speranza di cui era "prigioniero" Gandhi e che l'accompagno' nel suo cammino sulla via della politica e della lotta nonviolenta. La via e' difficile, e Gandhi e' il primo a riconoscerlo: "Enunciare la nobile dottrina dell'ahimsa e' facile; osservarla in un mondo pieno di conflitti, di sconvolgimenti e di passioni e' un compito della cui difficolta' mi rendo conto ogni giorno di piu'". Ma esistono forse vie facili?

 

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riedizioni

- Martin Rees, I sei numeri dell'universo, Rcs, Milano 2002, 2014, pp. 256, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

- Simon Singh, Codici & segreti, Rcs, Milano 1999, 2014, pp. 448, euro 7,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

8. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1732 del 17 agosto 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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