[Nonviolenza] Telegrammi. 1550



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1550 del 16 febbraio 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Dopo il 14 febbraio: contro la violenza sulle donne sostenere i centri antiviolenza

2. abolire razzismo e schiavitu'

3. Contro la guerra

4. Alcuni versi di Adrienne Rich

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. IMPEGNI. DOPO IL 14 FEBBRAIO: CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE SOSTENERE I CENTRI ANTIVIOLENZA

 

Dopo l'entusiasmante manifestazione nonviolenta planetaria del 14 febbraio "One Billion Rising for Justice" occorre continuare quotidianamente la lotta contro la violenza sulle donne, la lotta contro l'oppressione maschilista e patriarcale.

Un impegno necessario e' sostenere i centri antiviolenza.

A Viterbo, per informazioni e contatti: Associazione Erinna - centro antiviolenza, tel. 0761342056, e-mail: onebillionrisingviterbo at gmail.com, e.rinna at yahoo.it, sito: http://erinna.it

 

2. EDITORIALE. ABOLIRE RAZZISMO E SCHIAVITU'

 

Abolire razzismo e schiavitu': e' il primo impegno di un Parlamento che voglia essere finalmente fedele alla Costituzione della Repubblica Italiana, democratica ed antifascista.

Abolire razzismo e schiavitu': e' il primo impegno di un Parlamento che voglia rispettare finalmente la dignita' umana.

Abolire razzismo e schiavitu'.

 

3. EDITORIALE. CONTRO LA GUERRA

 

Solo se ci si oppone alla guerra si costruisce la pace.

Solo se ci si oppone alle uccisioni si salvano le vite.

Solo con la smilitarizzazione e il disarmo si promuove la civile convivenza.

 

4. TESTI. ALCUNI VERSI DI ADRIENNE RICH

[Riproponiamo ancora una volta questa scelta di versi di Adrienne Rich, dal volume Esplorando il relitto, Savelli, Milano 1979 (edizione originale: Diving into the Wreck, W. W. Norton, New York 1973, premiato con il National Book Award nel 1974), nella traduzione di Liana Borghi (che di Adrienne Rich e' traduttrice e studiosa acutissima).

Adrienne Rich (Baltimora, 16 maggio 1929 - Santa Cruz, 27 marzo 2012) e' stata una grandissima poetessa e saggista femminista americana di straordinaria intensita' e profondita', di forte impegno civile, militante per la pace e la dignita' umana. Presentando alcuni suoi versi anni fa scrivevamo che "Adrienne Rich e' l'autrice di Nato di donna, un libro la cui lettura e' ineludibile. Ma e' anche una poetessa che ha scritto versi che ti tolgono il respiro, ovvero te lo restituiscono. Ed una militante per la pace e i diritti umani di grande rigore e nitore". Dal sito www.crocettieditore.com riprendiamo la seguente scheda di alcuni anni fa: "Adrienne Rich e' nata il 16 maggio 1929 a Baltimora. Poetessa, saggista e militante femminista, a ventun anni ha vinto il Premio Yale per giovani poeti con A change of world (1951, Un mutamento di mondo). Ha, inoltre, pubblicato le raccolte poetiche Gli intagliatori di diamanti (1955, The diamond cutters), Necessita' del vivere (1966, Necessities of life), Esplorando il relitto (1973, Diving into the wreck), Il sogno di una lingua comune (1978, The dream of a common language), Atlante del mondo difficile (1991, Atlas of the difficult world); e i saggi Nato di donna (1976, Born of woman), Segreti silenzi bugie (1966-78, On lies, secrets and silence), Sangue, pane e poesia (1986, Blood, bread and poetry); e la raccolta Oscuri campi della repubblica (1991-95, Dark fields of the republic), che comprende anche numerose sequenze narrative". Tra le opere di Adrienne Rich: Nato di donna, Garzanti, Milano 1977, 2000; Esplorando il relitto, Savelli, Milano 1979; Segreti silenzi bugie, La Tartaruga, Milano 1982; Lo spacco alla radice, Estro, Firenze 1985; Come la tela del ragno, La Goliardica, Roma 1985; Cartografie del silenzio, Crocetti, Milano 2000]

 

Cercando di parlare con un uomo

 

In questo deserto collaudiamo bombe,

 

ecco perche' siamo venuti qui.

 

Talvolta sento un fiume sotterraneo

premere tra due scogliere deformi

un angolo acuto di comprensione

spostarsi come un loco del sole

in questo paesaggio condannato.

 

A cosa abbiamo rinunciato per arrivare fin qui -

intere collezioni di Lp, film recitati da noi

ormai in terza visione, vetrine di fornai

piene di biscotti ebraici secchi, alla cioccolata

il linguaggio delle lettere d'amore, dei suicidi,

pomeriggi sul greto del fiume

fingendo di essere bambini

 

Venendo in questo deserto

di cui volevamo cambiare il volto

guidando tra cactacee verde spento

camminando a mezzogiorno nelle citta' morte

circondati da un silenzio

che sembra il silenzio di questo luogo

solo che e' venuto con noi

ed e' familiare

e tutte le cose finora dette

erano uno sforzo per cancellarlo -

Venendo qui siamo al confronto

 

Qui mi sento piu' indifesa

con te che senza te

Tu accenni al pericolo

elenchi l'equipaggiamento

parliamo di persone che si aiutano

in casi di emergenza - lacerazione, sete -

ma tu guardi me come un caso d'emergenza

 

Il tuo calore secco e' potere

i tuoi occhi sono stelle di una grandezza diversa

riflettono luci che dicono: uscita

quando ti alzi e misuri coi passi il pavimento

 

parlando del pericolo

come se non fossimo noi

come se collaudassimo qualcos'altro.

 

1971

 

*

 

Quando noi morti ci destiamo

 

Per E. Y.

 

1. Cercando di dirti come

l'anatomia del parco

attraverso i vetri macchiati, il modo

in cui i guerriglieri avanzano

sui campi minati, l'immondizia

che brucia senza fine nel cumulo

per tornarsene in cielo come macchia -

ogni cosa fuori della nostra pelle e' un'immagine

di questa afflizione:

pietre sulla mia tavola, portate a mano

da scene di cui mi fidavo

ricordi di quel che un tempo descrissi

come felicita'

ogni cosa fuori della mia pelle

parla del difetto che mi fa zoppicare

persino le cicatrici delle mie decisioni

persino lo sprazzo di sole nella vena di mica

persino tu, compagna creatura, sorella,

che mi siedi di fronte, scura d'amore,

lavorando come me a disfare

lavorando come me a rifare

questo strascico di maglia, questo panno di oscurita',

questo indumento di donna, cercando di salvar la matassa.

 

2. Il fatto di essere una persona separata

entra nella tua esistenza come un mobile

- un cassone di legno del Seicento

di qualche parte del Nord.

Ha una serratura enorme modellata a testa di donna

ma la chiave non s'e' trovata.

Negli scompartimenti ci sono altre chiavi

di porte smarrite, un occhio di vetro.

Piano cominci ad aggiungere

cose tue.

Vai e vieni riflessa nei pannelli.

Smetti di ricordare gli anniversari,

cominci a scrivere nei tuoi diari

piu' onestamente che mai.

 

3. L'incantevole paesaggio del Sud Ohio

tradito dalle miniere a cielo aperto, la

grossa fede d'oro al dito dell'adultero

i programmi indistinti della radio pirata vicino alla costa

sono motivi di esitazione.

Qui nella matrice del bisogno e della rabbia, la

confutazione di quanto ritenemmo possibile

fallimento di cure

dubbi sull'esistenza dell'altro

- dillo e ripetilo, le parole

si addensano di non senso -

eppure mai siamo stati piu' vicini alla verita'

delle menzogne che vivevamo, ascoltami:

la fedelta' che so immaginare sarebbe un'erbaccia

che fiorisce nel catrame, un'energia blu che buca

gli atomi ammassati di una roccia d'incredulita'.

 

1971

 

*

 

Svegliandosi nel buio

 

1. La cosa che mi arresta e'

 

come siamo composti di molecole

 

(mi mostro' il disegno del selciato)

 

disposte senza nostro consenso e consapevolezza

 

come la telefoto composta

di milioni di puntini

 

nella quale l'uomo del Bangladesh

cammina affamato

 

sulla prima pagina

senza saperne niente

 

e questa e' la sua presenza per il mondo.

 

2. Stavamo in fila fuori di qualcosa

due a due, o da soli a coppia, o solamente soli,

guardando vetrine piene di forbici,

vetrine piene di scarpe. La strada chiudeva,

la citta' chiudeva, avremmo avuto noi la fortuna

di farcela? Esponevano

in una teca, l'Uomo senza patria.

Gli alzammo i passaporti in faccia, piangemmo per lui.

 

Scaricano sangue animale nel mare

per attirare i pescecani. Talvolta ogni

aperura del mio corpo

perde sangue. Non so se

far finta che sia naturale.

C'e' una legge per questo, una legge di natura?

Tu adori il sangue

lo chiami perdita isterica

lo vuoi bere come latte

vi immergi il dito e scrivi

svieni all'odore

sogni di scaricarmi in mare.

 

3. La tragedia del sesso

e' intorno a noi, un lotto di bosco

per cui si affilano le asce.

I vecchi ripari e capanni

fissano dalla radura con una certa risolutezza

- la capanna dell'eremita', il rifugio dei cacciatori -

scene di masturbazione

e barzellette sporche.

Un mondo di uomini. Ma finito.

Loro stessi l'hanno venduto alle macchine.

Cammino nella foresta ignara

una donna nella vecchia uniforme da corve'

che si e' ristretta per starle, sono persa

a momenti, mi sento stordita

dal sole che muove le zampe tra gli alberi,

ho freddo nell'umido lichene del folto.

Niente si salvera'. Sono sola,

a calciare gli ultimi tronchi marci

con il loro strano odore di vita, non di morte,

a chiedermi cosa mai avrebbe potuto diventare tutto questo.

 

4. Chiarezza,

spruzzo

 

che acceca e purga

 

strali di sole che battono l'acqua

 

i corpi filano nell'aria

 

come alianti

 

i corpi al rallentatore

 

cadono

nella piscina

alle Olimpiadi di Berlino

 

controllo; perdita di controllo

 

i corpi risalgono

ritornano arcuati alla torre

il tempo si riavvolge su se stesso

 

chiarezza di aria aperta

dinanzi alle camere oscure

con le teste di doccia

 

i corpi ricadono ancora

a piombo

piu' veloci della luce

l'acqua si apre

come aria

come percezione

 

Una donna ha fatto questo film

contro

la legge

di gravita'.

 

5. Tutta la notte ho sognato un corpo

sul quale lo spazio pesa diversamente che sul mio

Facciamo l'amore per strada

il traffico rifluisce da noi

si rovescia come un lenzuolo

l'asfalto freme di tenerezza

non c'e' sgomento

ci muoviamo insieme come piante sott'acqua

 

Ancora e ancora, sul punto di svegliarmi

mi rituffo a scoprirti

che ancora bisbigli, toccami, continuiamo

a fluire per la lenta

foresta-oceano di luci di citta'

che ci smuove i peli del corpo

 

Ma questo e' il sogno che parla

svegliandomi

vorrei ci fosse un dove

reale su cui stare

e passarci il cannocchiale

e guardare la terra, il bosco selvaggio

dove lo spacco si apri'

 

1971

 

*

 

Incipienza

 

1. Vivere, giacere svegli

sotto l'intonaco scrostato

mentre si forma il ghiaccio sulla terra

a un'ora in cui niente si puo' fare

per affrettare le decisioni

 

sapere che il filo si compone

nel corpo del ragno

primi atomi della tela

visibile domani

 

sentire il futuro infuocato

di ogni fiammifero in cucina

 

Niente si puo' fare

se non a gradi. Scrivo la mia vita

ora per ora, parola per parola

guardando la rabbia delle vecchie sull'autobus

numerando le striature

d'aria nel cubetto di ghiaccio

immaginando l'esistenza

di qualcosa non ancora creato

questa poesia

le nostre vite

 

2. Un uomo dorme nella stanza accanto

Noi siamo i suoi sogni

Abbiamo testa e seni di donne

corpi di uccelli da preda

Talvolta ci tramutiamo in serpenti d'argento

Mentre vegliamo fumando e parlando di come vivere

lui si gira nel letto e mormora

 

Un uomo dorme nella stanza accanto

Un neurochirurgo entra nel suo sogno

e comincia a sezionargli il cervello

Lei non sembra un'infermiera

e' assorta nel suo lavoro

ha un volto severo, delicato come Marie Curie

Non e' / potrebbe essere una di noi due

 

Un uomo dorme nella stanza accanto

Ha passato tutto un giorno

in piedi, a tirare sassi nello stagno nero

che si mantiene nero

fuori del suo sogno noi saliamo incerte su per la collina

mano nella mano, saliamo incerte su per la collina

sopra la roccia vulcanica sfregiata.

 

1971

 

*

 

Dopo vent'anni

 

Per A. P. C.

 

Due donne siedono a un tavolo vicino a una finestra, ognuna colpita

diversamente dalla stessa luce.

Parlando sprizzano scintille

che i passanti per strada osservano

come un riflesso sul vetro di quella finestra.

Due donne nel fiore della vita.

I loro figli sono tanto grandi da avere figli.

La solitudine e' parte della loro storia da vent'anni,

il bordo scuro della pronta lingua,

il risvolto cupo dell'immaginazione.

C'e' neve e tuono nella strada.

Mentre parlano il lampo balena viola.

E' strano essere cosi' tante donne,

che mangiano e bevono alla stessa tavola,

che hanno lavato i bambini nello stesso lavabo

che hanno nascosto segreti l'una all'altra

hanno camiminato sul pavimento della loro vita in camere separate

e confluiscono ora nella storia come la donna del loro tempo

che vive nel fiore della vita

come in una citta' dove niente e' proibito

e niente permane.

 

1971

 

*

 

Lo specchio in cui due si vedono come una

 

1. E' lei che chiami sorella.

Il suo atto piu' semplice affascina,

come quando squama un pesce il coltello

la balena fra le lunghe dita

senza spreco di movimento o quando

rapida parlando d'amore

forbisce con la paglietta

il bollitore ammaccato

 

I pomi d'oro ti torcono il fianco

con improvviso vuoto

i cereali ti gonfiano, ogni grano

di spiga matura raccolto a  mano

Amore: il frigorifero

spalancato

le bistecce frollate si dissanguano

nella pellicola di plastica

il burro montato, le albicocche

gli avanzi acidi

 

Una cesta aspetta nel frutteto

che tu la riempia

le tue mani si scorticano contro

la ruvida corteccia,

le spine di questa pianta succulenta

Cogli, cogli, cogli

questo raccolto e' un fallimento

il succo ti scorre sugli zigomi

come sudore o lacrime

 

2. E' lei che chiami sorella

tu sfolgori come lampo per la stanza

le guizzi attorno come fiamma

ti abbagli nei suoi grandi occhi

enumerando le necessita' che non sente

spingendo i principi della tua vita

fra le sue mani

 

Lei si muove in un mondo di stoffa indiana

il corpo morbido

di ombre, il casimiro gonfio sui fianchi

mentre cammina per la strada con la camicetta di cotone

a comprare fichi freschi perche' tu li adori

a fotografare il ghetto perche' ce l'hai portata tu

 

Perche' piangi asciugati le lacrime

siamo sorelle

ti mancano le parole al suo sguardo affamato

le porgi un altro libro

segnato dalla tua matita

le porgi un disco

di due flauti che in India recitano

 

3. Tardi nella notte d'estate gli insetti

sfrigolano nel globo ingiallito

la tua pelle brucia dorata alla luce

In questo specchio, chi sei? Sogni del convento

con la sua disciplina, della stanza dei bambini

con la bambinaia, dell'ospedale

dove tutti i potenti sono mascherati

del cimitero dove siedi sulle tombe

di donne che morirono di parto

di donne che morirono nascendo

Sogni della nascita di tua sorella

tua madre che muore e muore e muore di parto

senza sapere come fermarsi

partorendoti ancora e ancora

 

tua madre morta e tu non ancora nata

le tue due mani ti afferrano la testa

tirandola giu' contro la lama della vita

i tuoi nervi i nervi di una levatrice

che impara il mestiere

 

1971

 

*

 

Canzone

 

Ti domandi se mi sento sola:

Ok allora, si', mi sento sola

come un aereo vola solo e orizzontale

sulla sua onda radio, puntando

oltre le Montagne Rocciose

verso le piste recinte di blu

di un aeroporto sull'oceano

 

Mi vuoi chiedere, mi sento sola?

Bene, certo, sola

come una donna che attraversa il paese guidando

giorno dopo giorno, lasciandosi dietro

miglio dopo miglio

piccole citta' dove avrebbe potuto fermarsi

a vivere e morire, da sola

 

Se mi sento sola

dev'essere la solitudine

di svegliarsi per prima, di respirare

il primo respiro freddo dell'alba sulla citta'

di essere l'unica che e' sveglia

in una casa avvolta nel sonno

 

Se mi sento sola

e' come la barca chiusa nel ghiaccio della riva

nell'ultima luce rossa dell'anno

che sa che cos'e', che sa che non e'

ghiaccio ne' fango ne' luce d'inverno

ma legno, con quel dono di poter bruciare

 

1971

 

*

 

A tuffo nel relitto

 

Avendo prima letto il libro dei miti

e caricato la macchina fotografica,

e tastato la lama del coltello,

mi misi

l'armatura di gomma nera

le pinne assurde

la maschera seria e ingombrante.

Mi tocca far questo

non come Cousteau con la sua

equipe assidua

a bordo della goletta inondata di sole

ma qui da sola.

 

C'e' una scala.

La scala c'e' sempre

pende innocente

al fianco della goletta.

Sappiamo a che serve,

noi che l'abbiamo usata.

Altrimenti

e' un pezzo di filamento marino

un attrezzo qualsiasi.

 

Scendo.

Piolo dopo piolo e ancora

l'ossigeno mi immerge

la luce azzurra

gli atomi chiari

della nostra aria umana.

Scendo.

Le pinne mi paralizzano,

striscio come un insetto giu' per la scala

e non c'e' nessuno

a dirmi quando l'oceano

comincia.

 

Prima l'aria e' azzurra e poi

e' piu' azzurra e poi verde e poi

nera vedo tutto nero eppure

la maschera e' buona

pompa forza al mio sangue

il mare e' un'altra storia

il mare non e' questione di forza

devo imparare da sola

a muovere il corpo senza sforzo

nel profondo dell'elemento.

 

E ora: e' facile dimenticare

perche' sono venuta

in mezzo a chi e' sempre

vissuto qui

agitando ventagli smerlati

fra le scogliere

E inoltre

si respira in modo diverso quaggiu'.

 

Sono venuta a esplorare il relitto.

Le parole sono propositi.

Le parole sono mappe.

Sono venuta a vedere il danno che e' stato fatto

e i tesori che sono rimasti.

Carezzo il raggio della mia lampada

lentamente lungo il fianco

di qualcosa piu' duraturo

dei pesci o le alghe

 

La cosa per cui venni:

il relitto e non la storia del relitto

la cosa stessa e non il mito

il volto annegato che sempre guarda

verso il sole

la prova del danno

erosa dal sale e dai flutti a questa bellezza consunta

le costole del disastro

che curvano la loro asserzione

fra i cauti fantasmi.

 

Questo e' il posto.

E sono qui, la sirena i cui capelli scuri

fluttuano neri, il tritone dal corpo corazzato

Giriamo in silenzio

attorno al relitto

ci tuffiamo nella stiva.

Io sono lei: io sono lui

 

il cui volto annegato dorme a occhi aperti

I cui seni ancora portano il peso

Il cui carico d'argento, rame, vermeil giace

oscuro nei barili

semi-incastrati e lasciati a marcire

noi siamo gli strumenti semi-distrutti

che un tempo tennero la rotta

il solcometro corroso dall'acqua

la bussola impazzita

 

Siamo, sono sei

per vilta' o per coraggio

quell'uno che torna sempre

a questa scena

portando un coltello, una macchina fotografica

un libro di miti

nel quale

i nostri nomi non compaiono.

 

1972

 

*

 

Struggendosi di fuoco

 

In una libreria dell'East Side

ho letto la testimonianza di un veterano:

 

hanno investito senza ragione

una vecchia nel Sud Vietnam

con un camion dell'Esercito Usa

 

L'ondata di caldo e' finita

inerte, assolata, l'East Side

riposa sotto le pensiline

 

Un'altra estate

le fiamme continuano a nutrirsi

 

e un caldo afoso permea il terreno

della mente, la bruciatura ha fatto presa

come se non avese piu' dubbi

 

sul suo diritto a divorare

il resto di una vita

il resto della storia

 

Stralci di notizie, come questa

soffiano sul mucchio

 

lo nutrono, che si voglia o no,

un'altra estate, e un'altra ancora

di sofferenza quieta

 

nelle librerie, nei parchi

per questo noi gridiamo, noi

soffriamo in silenzio

 

1972

 

*

 

Distruggendosi di fuoco

 

Per E. K.

 

Guardiamo nella stufa stasera

come in uno specchio, si',

 

il ciocco corrugato, il nucleo

gassoso giallo-blu

 

la cenere grigia screziata di rosso, si',

li conosco dentro le palpebre

e sotto la pelle

 

Il tempo ci afferra come una corrente

che sale, succhiando i calori

del ventre, del cervello

 

Mi dicesti di aver posto la mano

sull'orma di un indiano morto da molto tempo

e per un attimo conobbi quella mano,

 

quell'orma, quella roccia,

quel sole che produce vividi sogni

Una parola puo' far questo

 

o, come stasera, lo specchio del fuoco

della mia mente, che brucia come se potesse continuare

a bruciare se stesso, bruciando appena

 

divorando tutto

finche' non c'e' niente nella vita

che non ha nutrito quel fuoco

 

1972

 

*

 

Per una sorella

 

Per Natalya Gorbanevskaya, incarcerata per due anni in un manicomio

sovietico per attivismo politico; e altri

 

Non mi fido di nessuno di loro. Solo della mia esistenza

gettata nel mondo come una catena da traino

sbattuta e contorta da molti collegamenti casuali

tirata di qua, tirando di la'.

 

Devo rubare la sensazione di polvere sul pavimento,

di latte inacidito nella dispensa

dopo che vennero a prenderti.

Sono costretta a immaginare lo sguardo che hai lanciato dietro di te.

 

Pochi paragrafi sui giornali,

tenendo conto degli errori di stampa, le omissioni volute,

la violenza specializzata dei medici.

Non mi fido di loro, ma sto imparando a usarli.

 

Poco a poco dalle congetture sfocate

emerge il tuo viso, un marmo sommerso

issato lentamente dal profondo.

Sento le corde irrigidirsi sotto il peso della disperazione.

 

Ti hanno perquisito per contrabbando, hanno preso delle annotazioni.

Uno sguardo d'intelligenza potrebbe costarti vent'anni.

Meglio tracciare cerchi inesistenti con il dito,

cercare di imitare il sorriso di chi e' per sempre ottuso.

 

Immagini mie. Questa metafora per cio' che succede.

Un geranio in fiamme su una tovaglia verde

diventa tuo. Tu, tornando a casa dopo

per accendere la stufa, prendi la macchina da scrivere e ricominci. La tua

storia.

 

1972

 

*

 

Per chi e' morto

 

Ho sognato che ti chiamavo al telefono

per dire: Sii piu' dolce con te stesso

ma tu stavi male e non hai risposto

 

Lo spreco del mio amore continua cosi'

cercando di salvarti da te stesso

 

Mi ha sempre dato da pensare l'energia

residua, acqua che scorre giu' per la collina

molto dopo che le piogge sono cessate

 

o il fuoco che devi abbandonare per andare a letto

ma che non puoi lasciare, quasi ma non del tutto spento

i carboni rossi piu' vivi, piu' curiosi

nelle vampate di fiamma e nel morire

di quanto vorresti tu

seduta la' assai dopo la mezzanotte

 

1972

 

*

 

Da un sopravvissuto

 

Il patto che facemmo era il solito patto

di uomini e donne di allora

 

Non so chi credevamo di essere

che la nostra personalita'

potesse resistere al fallimento generale

 

Per fortuna o sfortuna, non sapevamo

che la razza umana fosse in fallimento

e che vi saremmo stati coinvolti

 

Come chiunque altro, pensavamo di essere speciali

 

Il tuo corpo per me e' vivido

come lo e' sempre stato; anche di piu'

 

perche' e' piu' chiaro cio' che sento

so cosa poteva e cosa non poteva fare

 

non e' piu'

il corpo di un dio

o qualcosa che ha potere sulla mia vita

 

L'anno prossimo sarebbero stati venti anni

e tu sei morto con spreco

tu che avresti potuto fare quel salto

che parlammo, troppo tardi, di fare

 

che io vivo ancora

non come un salto

ma un susseguirsi di brevi movimenti sorprendenti

ognuno dei quali rende possibile il seguente

 

1972

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Agota Kristof, Ieri, Einaudi, Torino 1997, 2012, pp. IV + 104.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1550 del 16 febbraio 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

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