Archivi. 184



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 184 del 30 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di agosto 2001 (parte prima)

2. Oltre il Novecento di Marco Revelli

3. Il piccolo sogno di un uomo che e' stanco

4. Ci addolora il fatto...

5. Satchmo

6. A un anno da quel 24 settembre, riprendere il cammino

7. Venendo da molto lontano

8. Note preliminari per una proposta di legge

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2001 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2001.

 

2. OLTRE IL NOVECENTO DI MARCO REVELLI

 

Sul piu' recente libro di Marco Revelli (Oltre il Novecento, Einaudi, Torino 2001) si e' svolto nei mesi scorsi, alla sua uscita, un vivace dibattito, in parte sicuramente occasionato (che Malebranche ci perdoni) dal modo esplicito ed energico con cui Revelli vi ha riproposto alcune sue tesi gia' presenti in vari scritti precedentemente apparsi sia in volume che in rivista, in parte certo anche per lo stile elegante e iperletterario con cui il libro e' scritto (la retorica e' decisiva nelle discussioni politiche, e molti che credono di scoprire solo oggi certi esiti dei contenuti non avvertono che in realta' e' quella forma letteraria che glieli fa cogliere come nuovi e impreveduti quando invece erano gia' implicati e fin espliciti in lavori gia' noti ma letti con altri occhiali ed altre cecita' in conseguenza del diverso genere letterario cui s'appartenevano).

Lo diciamo in tutta semplicita': non siamo d'accordo con alcune tesi, pur suggestive e feconde, che rischiano di appiattire e semplificare l'analisi delle ideologie e delle pratiche del secolo che si e' chiuso, ma crediamo che occorra discuterle davvero, non ad alzate di spalle o ad anatemi. E temiamo che lo stile smagliante possa far talora velo alla capacita' di verifica critica, sia per quel che riguarda i lettori, recensori e discussori (troppo spesso tratti dall'irritazione a polemisti), ma anche da parte dell'autore sulle sue stesse proposizioni.

Di Revelli gia' leggendo i due volumi cosi' fortemente reinterpretanti editi da Bollati Boringhieri anni addietro (Le due destre del '96 e La sinistra sociale del '97: titoli divenuti slogan - e quindi mistificati e depauperati in una gestione linguistica propagandistica ergo semplicistica ed ermeneuticamente depotenziata perche' aproblematizzata -, ma libri tanto citati quanto poco o punto letti, poiche' le novita' di Oltre il Novecento erano gia' tutte li' ben squadernate) ci era parso di cogliere in noi un'impressione ancipite: da un lato un forte consentimento per la prensilita' di alcune tesi rispetto al movimento reale e ad attuali e cogenti esperienze ed esperimenti sociali e quindi culturali e politici in senso forte; dall'altro un sentimento di dissenso rispetto ad una diffusa aleggiante (e tanto piu' pesante quanto piu' aerea, non colta, non detta, non tematizzata, non elaborata, e restata quindi spettro inquietante, ritorno del rimosso) sottovalutazione della dimensione della mediazione, che dal sociale si svolge nel giuridico (non solo nel politico): la dimensione della codifica, istituzionale e dei costumi; il rapporto a coppia conica movimento/istituzioni; le conseguenze sociologiche e politologiche dell'epistemologia fallibilista; insomma tutto un campo e groviglio di temi ineludibili sulla scorta non solo di Bobbio ma anche di analisi arendtiane e andersiane, del Bloch dell'"ortopedia del camminare eretti", di Hans Jonas; ma anche: di Galtung e Pontara e L'Abate e della tradizione di pensiero nonviolenta; e ancora: delle problematiche e degli autori su cui in Italia Dario Antiseri molto ha scritto (problematiche ed autori che non si possono sottovalutare); ma non la facciamo piu' lunga. Sta di fatto che quei due libri erano e restano molto belli, persuasivi, appassionanti, ed alcune analisi li' svolte cruciali tout court (altre, ovviamente, no; altre ancora erano gia' koine').

E forse il testo piu' bello della produzione libraria revelliana di questi ultimi anni, il piu' politico perche' piu' concreto e sofferto, e quello che piu' radicamente rompe con tutta una tradizione algida e astratta della sinistra rivoluzionaria era la tenera e addolorata testimonianza di Fuori luogo, il volumetto del '99 edito ancora da Bollati Boringhieri (anticipato in parte su "Carta"). Qui occorre che io che scrivo queste righe getti la maschera dello schedatore bibliografico tendenzialmente impassibile (suvvia) e dica perche' cosi' mi commuove questo libriccino: perche' la vicenda che vi si narra richiama alla mia memoria quella che avvenne oltre dieci anni fa a Viterbo e che fortemente mi coinvolse, e perche' la solidarieta' con il popolo rom perseguitato e' una delle esperienze esistenziali e di pensiero che da molti anni alimenta alcune delle mie riflessioni e domande piu' vive ed urgenti.

Ma se procedessimo ancora a ritroso alcune delle piste e delle chiavi che portano a Oltre il Novecento sono, ben piu' che in incubazione, nell'introduzione di Revelli al libro di Taiichi Ohno, Lo spirito Toyota (Einaudi, Torino 1993), e soprattutto nel fondamentale (ancor oggi fondamentale) contributo di Revelli al libro di Pietro Ingrao e Rossana Rossanda, Appuntamenti di fine secolo (Manifestolibri, Roma 1999).

Ma qui deponiamo i cesti e l'arte, poiche' per una breve segnalazione libraria forse abbiamo gia' scritto troppo, ed ancora un po' e diventa una recensione, ed allora occorre descrivere e discutere il contenuto dell'opera e questo ci richiederebbe tanto, troppo piu' spazio di quanto le mere segnalazioni bibliografiche sul nostro notiziario consentano, poiche' discutere quest'ultimo libro di Revelli e' cosa che, a nostro modesto avviso, non si puo' fare in quattro paginette. Libro bello e appassionante, da leggere, da discutere, comunque.

 

3. IL PICCOLO SOGNO DI UN UOMO CHE E' STANCO

 

Che gli oppressi tutto rifiutino e tutto combattano dell'oppressione, compresi e innanzitutto i suoi sistemi.

Che prima di ogni azione ci si chieda: quali conseguenze essa avra'? Quale esempio essa da'? Cosa ne penserebbe Maria se lo sapesse?

Che poiche' le parole uccidono, mai dalla tua bocca esca la parola disonesta.

La menzogna che umilia l'altrui intelligenza va combattuta: con la nonmenzogna.

La violenza che nega l'umana dignita' va combattuta: con la nonviolenza.

Che il movimento che lotta per la dignita' umana mai dimentichi questo: che tutti siamo fallibili, grazie al cielo.

Chi fa un'azione buona, migliora tutto il mondo. Chi fa una mala azione, l'intero mondo insudicia ed opprime.

E' a te che l'altro muto e sofferente parla. Ognuno e' responsabile di tutto.

Quando fa sera, ci si possa ancora incontrare come amici. E condividere il pane e le storie.

 

4. CI ADDOLORA IL FATTO...

 

Ci addolora il fatto che la Tavola della Pace nel promuovere per il 14 ottobre una nuova edizione della marcia ideata da Aldo Capitini non proponga mai, nella pletora di obiettivi elencati nell'appello di convocazione, l'idea e la proposta della nonviolenza. Sono dimenticanze che rendono tristi.

A Flavio Lotti, a padre Nicola Giandomenico, che sono buoni maestri e persone di indiscussa dedizione alla causa della pace e della solidarieta', e con loro a tutti gli altri amici e compagni di impegno della Tavola della Pace e del Coordinamento degli enti locali per la pace, chiediamo che di qui a ottobre si trovi il modo di inserire nell'agenda, nel programma, nello spirito dell'iniziativa la voce, l'appello, la speranza di Aldo Capitini e di Mohandas Gandhi, di Francesco d'Assisi e di Danilo Dolci, di Luce Fabbri e di Marianella Garcia: si espliciti la scelta della nonviolenza, la proposta della nonviolenza, la profondita' della nonviolenza, la concretezza della nonviolenza.

 

5. SATCHMO

 

Centouno anni fa, il 4 agosto 1900, a New Orleans nasceva Louis Armstrong, "Satchmo", che ci ha lasciato trenta anni fa; e noi lo ricordiamo con commozione e gratitudine: non solo ha reso l'umanita' migliore, l'ha resa anche piu' felice.

 

6. A UN ANNO DA QUEL 24 SETTEMBRE, RIPRENDERE IL CAMMINO

 

Il 24 settembre 2000 con la marcia nonviolenta da Perugia ad Assisi si indico' un cammino e si avanzo' una proposta: che la nonviolenza divenisse movimento di massa e soggetto/progetto non solo sociale e culturale ma anche politico autonomo ed interpellante tutti.

Che gli "amici della nonviolenza" (e' la bella ed esatta formula capitiniana per designare chi alla nonviolenza si accosta; i "nonviolenti" in senso assoluto ovviamente non esistono) si incontrassero e si riconoscessero. Che gli amici della nonviolenza uscissero dalla subalternita' e dalla marginalita' e assumessero su di se' il compito di indicare una strada da proporre a tutti.

*

L'appello dei Nobel per la Pace

Si utilizzo' allora l'appello promosso dai Nobel per la Pace, che indicava un programma minimo nitido e pungente. Trascriviamoli di nuovo i sei punti del "Manifesto 2000 per una cultura della pace e della nonviolenza" dei Premi Nobel per la Pace:

"1. Rispettare ogni vita. Rispettare la vita e la dignita' di ogni essere umano senza alcuna discriminazione ne' pregiudizio;

2. Rifiutare la violenza. Praticare la nonviolenza attiva, rifiutando la violenza in tutte le sue forme: fisica, sessuale, psicologica, economica e sociale, in particolare nei confronti dei piu' deboli e vulnerabili, come i bambini e gli adolescenti;

3. Condividere con gli altri. Condividere il mio tempo e le risorse materiali coltivando la generosita', allo scopo di porre fine all'esclusione, all'ingiustizia e all'oppressione politica ed economica;

4. Ascoltare per capire. Difendere la liberta' di espressione e la diversita' culturale, privilegiando sempre l'ascolto e il dialogo senza cedere al fanatismo, alla maldicenza e al rifiuto degli altri;

5. Preservare il pianeta. Promuovere un consumo responsabile e un modo di sviluppo che tengano conto dell'importanza di tutte le forme di vita e preservino l'equilibrio delle risorse naturali del pianeta;

6. Riscoprire la solidarieta'. Contribuire allo sviluppo della mia comunita', con la piena partecipazione delle donne e nel rispetto dei principi democratici, al fine di creare, insieme, nuove forme di solidarieta'".

Il 24 settembre 2000. Quasi un anno e' passato.

*

Il bilancio di un anno

Quali passi si sono fatti lungo il cammino indicato allora?

C'e' stata, subito dopo la marcia, l'assemblea della Rete di Lilliput, che seppure ancora con una certa genericita' ed alcune confusioni la scelta della nonviolenza l'ha enunciata, ed ha cominciato a lavorarci per consolidarla, espanderla, soprattutto approfondirla interiorizzandola consapevolmente (naturalmente ancora occorre lavorarci sopra: la nonviolenza e' un percorso infinito) e praticandola concretamente (come molti dei promotori e dei convenuti gia' facevano da tempo).

C'e' stata la sostanziale sconfitta (altri danno altre valutazioni, lo so) sulla campagna per la cancellazione del debito che nel 2000 ha avuto la sua massima espansione e la sua occasione cruciale, campagna che pure prosegue e resta decisiva.

C'e' stato di fatto il definitivo imporsi dell'incostituzionale ed inquietante nuovo modello di difesa, su cui quasi tutti tacciono (e questo silenzio e' la chiave e il sintomo della sua vittoria, oscena vittoria, e diciamo oscena nel senso forte del termine: fuori del quadro del visibile, e ripugnante alla percezione e al sentire morale): l'impegno antimilitarista e' stato duramente colpito anche attraverso l'ulteriore scivolamento del settore militare lontano dall'attenzione pubblica e dall'attenzione dei giovani in particolare, anche in conseguenza della riforma che ha sancito l'abolizione della leva militare (buona cosa l'abolizione della coscrizione militare obbligatoria, naturalmente; ma pessima la gestione di cio': occorreva ed occorre un rilancio dello specifico impegno contro gli strumenti e gli apparati della guerra, occorreva ed occorre un piu' energico ed ampio e profondo impegno antimilitarista e disarmista).

C'e' stata la discussione ampia ma superficiale, e spesso caricaturale e mistificante, sulla nonviolenza in riferimento alla contestazione del G8 a Genova; purtroppo certe operazioni linguistiche babeliche (come definire "disobbedienza civile" pratiche che con essa non hanno nulla a che vedere) e certe ambiguita' e subalternita' diffuse hanno impedito che questa occasione venisse adeguatamente valorizzata.

Non solo: in relazione all'organizzazione della contestazione al G8 sono riemerse nel plurale movimento ecopacifista e solidale (che oggi, con una approssimazione non innocua, viene definito "antiglobalizzazione") logiche ed operazioni autoritarie e burocratiche, ipocrite ed intimamente offuscate, che molto hanno danneggiato la crescita e la diffusione di una cultura della nonviolenza che implica sempre altresi' la nonmenzogna.

Ed infine a Genova un giovane uomo ha perso la vita. E questa tragedia incancellabile ha cambiato tutto. La morte di quel giovane, e le furiose violenze sia di gruppi disperati e vandalici sia di settori fascisti delle forze dell'ordine, apre la tremenda possibilita', il pericolo enorme, che altri siano attratti nella spirale scotomizzante e barbarica della violenza, della vendetta, del taglione.

E' un orrore che chi ha la mia eta' ha gia' visto: la strage di stato, la strategia della tensione, il terrorismo fascista e quello di sinistra, e un immane brodo di coltura della violenza mentre il sangue inondava le strade. Negli anni '70 non riuscimmo a impedire quell'orrore; oggi dobbiamo fare tutto il possibile perche' non si ripeta.

*

Un esempio sgradevole

Emblematica la vicenda del Genoa Social Forum.

Per quale colossale stupidita' si e' permesso che il movimento che si oppone alla cosiddetta globalizzazione neoliberista sia finito in una sorta di intergruppi d'antan, coi ricatti incrociati, le mediazioni su cio' che non era mediabile, i silenzi torbidi e le ipocrisie scandalose, il prevalere di logiche irrazionali ed irresponsabili?

Perche' si e' permesso che emergessero, nella leadership di fatto, anche figure di irresponsabili proclamatori di guerre e di invasioni?

Ma anche la riflessione di alcuni portavoce non privi di pregressi meriti personali si e' rivelata flagrantemente del tutto esterna e inadeguata a cogliere la decisivita', la profondita' e le dimensioni della teoria-prassi nonviolenta, nonviolenza che oggi invece e' la chiave di volta della lotta che e' necessaria contro un ordine criminale e criminogeno del mondo.

Perche' si riduce un "movimento di movimenti" ai modelli obsoleti del partitino col personale politico del partitino (e senza neppure la tradizione dei grandi partiti della storia del movimento operaio, che qualche merito ce l'avevano pure)? Perche' si accetta una manipolazione pseudoassemblearista in cui a decidere infine, ed in sostanza senza possibilita' di controllo, sono ristrette oligarchie la cui legittimazione e rappresentativita' e' per molti versi assai dubbia?

Occorre non delegare piu' niente a nessuno. Occorre formare tutte e tutti alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza.

Occorre continuare quel cammino che all'incirca un anno fa a molti di noi sembro' l'indicazione di una via d'uscita dalla catastrofe intellettuale e morale del movimento pacifista italiano avvenuta con la guerra dei Balcani.

*

E adesso, pover'uomo?

Adesso occorre fare un passo ulteriore: occorre trovare occasioni di incontro e confronto permanenti; occorre rilanciare soprattutto la formazione alla nonviolenza a livello di massa; occorre - ripeto - non delegare piu' niente a nessuno.

Dobbiamo incontrarci di nuovo, tra amici della nonviolenza, riprendere a ragionare insieme, a  discutere insieme, a camminare insieme, a proporre insieme.

Chiedo umilmente, e propongo: non potrebbe una figura come Pietro Pinna convocarci ancora a un incontro? Non potrebbero i movimenti nonviolenti promotori della marcia di un anno fa chiamarci ancora ad essere "assemblea in cammino" (certo, trovando le forme adeguate - non rituali, non banali -, e istruendo un percorso preparatorio di discussione e di organizzazione non improvvisato)?

*

E dunque

Fu proprio scommettendo sulla marcia Perugia-Assisi per la nonviolenza del 24 settembre 2000 che questo modesto notiziario nacque. Fu proprio sulla convinzione che la nonviolenza non solo era in cammino, ma si proponeva a tutti nella sua autonomia, nel suo rigore, nella sua esigenza. Fu proprio sulla speranza che si andasse verso l'incontro degli amici della nonviolenza come scelta decisa e non revocabile.

Un anno e' passato: scommettiamoci ancora.

 

7. VENENDO DA MOLTO LONTANO

 

Venendo da molto lontano

si rischia di dimenticare perche' ci si e' messi in marcia

si e' diventati vecchi senza accorgersene

si e' giunti in terre ove la nostra lingua nessuno piu' capisce

la polvere ci ha coperto e resi irriconoscibili.

 

Venendo da molto lontano

ma nel cammino quante meraviglie

ma nel cammino quanti incontri inattesi e felici

ma nel cammino ci siamo fatti saggi

ed ora siamo colmi di doni, colmi di frutti.

 

Venendo da molto lontano

si puo' divenire peggiori

si puo' divenire migliori

si puo' avere imparato ad ascoltare.

 

Venendo da molto lontano

abbiamo appreso cosa e' nonviolenza

ma essa puo' essere appresa

anche da chi non si e' mosso mai.

 

Ogni luogo e' il centro del mondo

il cammino e' dentro di te.

 

8. NOTE PRELIMINARI PER UNA PROPOSTA DI LEGGE

 

Alcune note preliminari per l'elaborazione di una proposta di legge che preveda nel percorso formativo, addestrativo e di aggiornamento di tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine la conoscenza, la sperimentazione e l'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie comunicative, relazionali ed operative della nonviolenza

1. Una delucidazione preliminare: il concetto di "nonviolenza"

1.1. Il termine "nonviolenza", distinto dalla locuzione "non violenza"

La parola "nonviolenza" e' stata coniata dal filosofo ed educatore italiano Aldo Capitini (1899-1968) e traduce i due termini creati da Mohandas Gandhi (1869-1948) per definire la sua proposta teorico-pratica: "ahimsa" e "satyagraha".

La parola "nonviolenza" designa un concetto del tutto distinto dalla semplice locuzione "non violenza" o "non-violenza"; la locuzione "non violenza" infatti indica la mera astensione dalla violenza (ed in quanto tale puo' comprendere anche la passivita', la fuga, la rassegnazione, la vilta', l'indifferenza, la complicita', l'omissione di soccorso); il concetto di "nonviolenza" afferma invece l'opposizione alla violenza come impegno attivo e affermazione di responsabilita'.

Infatti i due termini usati da Gandhi, che il termine capitiniano di "nonviolenza" unifica e traduce, hanno un campo semantico ampio ma molto forte e ben caratterizzato: "ahimsa" significa "contrario della violenza", "negazione assoluta della violenza", quindi "opposizione alla violenza fino alla radice di essa"; "satyagraha" significa "adesione al vero, contatto con il bene, forza della verita', vicinanza all'essere, coesione essenziale".

1.2. La nonviolenza non e' un'ideologia

La "nonviolenza" quindi e' un concetto che indica la scelta e l'mpegno di un intervento attivo contro la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia (non solo quella dispiegata e flagrante, ma anche quella cristallizzata e camuffata, quella acuta e quella cronica, quella immediata e quella strutturale).

La nonviolenza non e' un'ideologia ne' una fede: ci si puo' accostare alla nonviolenza a partire da diverse ideologie e da diverse fedi religiose e naturalmente mantenendo quei convincimenti. Ad esempio nel corso dello scorso secolo vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla nonviolenza aderendo a fedi diverse: induista, cristiana, buddhista, islamica, ebraica, altre ancora, o anche non aderendo ad alcuna fede. Ugualmente vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla nonviolenza aderendo a ideologie diverse: liberali, socialiste (nelle varie articolazioni di questo concetto teorico e movimento storico), patriottiche, internazionaliste, democratiche in senso lato.

1.3. La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale e aperta

La nonviolenza infatti e' una teoria-prassi, ovvero un insieme di riflessioni ed esperienze, creativa, sperimentale, aperta. Non dogmatica, non autoritaria, ma che invita alla responsabilita' personale nel riflettere e nell'agire.

1.4. La nonviolenza e' un concetto pluridimensionale

Molti equivoci intorno alla nonviolenza nascono dal fatto che essa e' un concetto a molte dimensioni, cosicche' talvolta chi si appropria di una sola di queste dimensioni qualifica la sua collocazione e il suo agire come "nonviolenti", in realta' commettendo un errore e una mistificazione, poiche' si da' nonviolenza solo nella compresenza delle varie sue dimensioni (ovviamente, e' comunque positivo che soggetti diversi conoscano e accolgano anche soltanto alcuni aspetti della nonviolenza, ma questo non li autorizza a dichiarare di praticare la nonviolenza).

Proviamo a indicare alcune delle dimensioni fondamentali della nonviolenza:

- la nonviolenza e' un insieme di ragionamenti e valori morali;

- la nonviolenza e' un insieme di tecniche comunicative, relazionali, deliberative, organizzative e di azione;

- la nonviolenza e' un insieme di strategie di intervento sociale e di gestione dei conflitti;

- la nonviolenza e' un progetto sociale di convivenza affermatrice della dignita' di tutti gli esseri umani;

- la nonviolenza e' un insieme di analisi e proposte logiche, psicologiche, sociologiche, economiche, politiche ed antropologiche.

Come si vede, lo studio della nonviolenza implica la coscienza della pluridimensionalita' di essa, delle sue articolazioni, delle sue implicazioni.

Ed anche del fatto che essa implica saldezza sui principi ed insieme un atteggamento ricettivo, critico, sperimentale, aperto; che non ha soluzioni preconfezionate ma richiede ogni volta nella situazione concreta un riflettere e un agire contestuale, critico e creativo.

1.5. "Amici della nonviolenza" e non "nonviolenti"

Ancora una considerazione preliminare: essendo la nonviolenza un ideale asintotico, e realizzandosi essa concretamente, nell'agire umano quotidiano come nei conflitti e nella storia, sempre in forma tendenziale e mai in modo assoluto, e' evidente che non esistono persone assolutamente "nonviolente", ma soltanto persone che alla nonviolenza si accostano e che, con definizione capitiniana, chiameremo "amici della nonviolenza".

1.6. Postilla

Per una piu' ampia argomentazione a sostegno di questa proposta sintetica di definizione, come per lo svolgimento analitico di alcuni punti qui solo accennati, rinviamo al nostro scritto "La nonviolenza contro la guerra" (disponibile sulla home page del sito telematico pacifista Peacelink: www.peacelink.it). ovviamente vari materiali ulteriori sono disponibili nei vari fascicoli del nostro notiziario quotidiano "La nonviolenza e' in cammino".

*

2. Perche' formare le forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso della nonviolenza

Riprendiamo qui un breve sommario di argomenti che abbiamo gia' esposto in interventi alle istituzioni competenti un anno fa.

2.1. Nella nostra lettera al Ministro dell'Interno del 25 luglio 2000 scrivevamo tra l'altro:

* La nonviolenza, intervento attivo per promuovere diritti e dignita' di tutti

La nonviolenza e' il portato delle scelte assiologiche e giuriscostituenti inscritte nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.

La nonviolenza e' l'applicazione dei principi etici e giuridici promulgati dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.

La nonviolenza e' proposta operativa fondamentale e fondante per la civile convivenza in un'epoca, come quella attuale, di grandi conflitti, di grandi opportunita' evolutive come di immani pericoli di regresso e catastrofe.

La nonviolenza ovviamente non e' passivita', ma opposizione alla violenza la piu' nitida, intransigente ed efficace; non e' un sottrarsi ai conflitti ed alle situazioni di crisi, ma un farvi fronte e gestirli con chiaroveggenza ed energia affinche' essi producano acclaramento e ricomposizione, evolvano in esiti di maggiore giustizia, di maggiore umanizzazione; la nonviolenza non e' contemplazione atterrita o inerme ritrarsi, ma presenza viva e operante per affermare sempre ed ovunque, e quindi in primo luogo ove piu' occorra, la dignita' della persona e i diritti umani; la nonviolenza e' il dispiegarsi del principio di legalita' in quanto esso fonda la convivenza e difende e promuove i diritti di tutti.

* Una proposta pratica: formare e addestrare tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza ai valori, le strategie e le tecniche della nonviolenza

E' necessario che tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza conosca e sia in grado di utilizzare nello svolgimento delle sue mansioni le tecniche, le strategie, i valori, e dunque le acquisizioni e gli strumenti conoscitivi, ermeneutici ed operativi della nonviolenza.

E' infatti assai penoso che proprio le persone che, per il lavoro di altissima responsabilita' che svolgono, piu' hanno bisogno di disporre di una formazione, un addestramento ed una strumentazione (teorica ed applicativa) adeguati a difendere e promuovere sicurezza, convivenza, rispetto dei diritti delle persone tutte, proprio queste persone siano private di una opportunita' formativa massimamente adeguata all'incombenza che la legge e le istituzioni loro attribuiscono.

E' assurdo che proprio quegli operatori dei pubblici servizi che devono intervenire in situazioni di massima crisi ed emergenza, non abbiano a disposizione gli strumenti piu' adatti alla bisogna: le tecniche operative, le strategie comunicative, gli strumenti interpretativi, i valori di riferimento che la nonviolenza propone.

E', quello qui segnalato, un paradosso gravido di conseguenze pericolose: e' un paradosso che deve cessare. Si ponga rimedio istituendo al piu' presto la prassi e l'obbligatorieta' della formazione e dell'addestramento alla nonviolenza per tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica.

Beninteso: questa non e' una panacea, ma senza ombra di dubbio costituirebbe un contributo di grande valore e di sicura utilita'.

* Benefiche ricadute

Non vi e' dubbio, infatti, che la formazione e l'addestramento alla nonviolenza per il personale addetto alla difesa e promozione della sicurezza e dei diritti di tutti avrebbe immediati effetti benefici sia per i lavoratori destinatari di tale formazione e addestramento, sia per gli utenti tutti del loro intervento, includendo tra gli utenti anche le persone oggetto dei loro interventi: persone che anche quando commettono crimini  e pertanto debbono essere perseguite e punite ai sensi di legge, restano comunque esseri umani ed in quanto tali non possono essere fatti oggetto di trattamenti degradanti, di minacce, di violenze e lesioni.

La Costituzione e' chiara: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo" (art. 2); non sono ammessi "trattamenti contrari al senso di umanita'" (art. 27, comma secondo); e naturamente "non e' ammessa la pena di morte" (art. 27, comma quarto).

La nonviolenza, e' una constatazione empirica e non un'asserzione ideologica o fideistica, degnifica le parsone che vengono in contatto con essa; la conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori e concetti, come delle sue strategie comunicative e delle sue tecniche relazionali, umanizza le persone e i rapporti, adegua l'agire a valori e fini che sono quelli fondanti la civilta' giuridica, che sono quelli sanciti dalla Costituzione, che sono i valori ed i fini che rendono degna la vita e civile la convivenza.

A tutti andrebbe garantita, fin dalle scuole di base, la conoscenza e la formazione alla nonviolenza; ebbene, che si cominci intanto a mettere questo patrimonio di risorse a disposizione almeno di chi, per il lavoro che svolge, piu' ne ha bisogno.

Che le istituzioni democratiche si adoperino affinche' proprio nelle situazioni in cui di contrastare la violenza si tratta, si abbia a disposizione la ricchezza di strumenti teorici e pratici che la nonviolenza offre.

2.2. Analogamente nella nostra lettera a vari parlamentari del 24 luglio 2000 scrivevamo tra l'altro:

Gia' mesi addietro, in una lettera inviata ad alcune figure istituzionali locali, proponevamo ad esse "di voler promuovere un corso di formazione ai valori ed alle tecniche della nonviolenza per tutto il personale preposto alla pubblica sicurezza".

E gia' cola' chiarivamo che "la nonviolenza non e' passivita', ma contrasto efficace ed opposizione integrale alla violenza; e le sue specifiche tecniche comunicative, di accostamento psicologico, di interpretazione sociologica e di intervento sociale, costituiscono strumenti sia di formazione morale e intellettuale di se stessi, sia di interazione adeguata e costruttiva con gli altri; particolarmente in situazioni di conflitto, di tensione e di crisi le tecniche della nonviolenza sono di grandissima utilita', e pressoche' insostituibili.

E' evidente la necessita' che particolarmente coloro che svolgono il delicatissimo e difficilissimo compito di contrastare crimine e violenza, di promuovere e difendere con la legalita' la serenita' e il benessere di tutti, devono avere conoscenze e capacita' tali da saper intervenire adeguatamente in primo luogo in aiuto di chi e' in difficolta'.

Conoscere le tecniche della nonviolenza, ed essere addestrati al loro uso, significa avere a disposizione una strumentazione interpretativa ed operativa di grande valore ed efficacia.

Contrastare la violenza significa contrastare effettivamente ed efficacemente il crimine (che sulla violenza si fonda), significa altresi' garantire autentica sicurezza, che solo puo' nascere dal rispetto piu' scrupoloso dei diritti della persona, di ogni persona, dal rispetto e dalla promozione della dignita' umana, dall'aiuto a chi di aiuto ha bisogno".

E' nostra ferma convinzione che la conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori, delle sue tecniche, delle sue strategie di intervento comunicativo, sociale, solidale e umanizzante, sia indispensabile per ogni operatore pubblico e soprattutto per quelli addetti alla sicurezza ed alla protezione dei diritti.

Naturalmente non si tratta di "convertire" delle persone, bensi':

- in primo luogo, di mettere a disposizione strumenti interpretativi ed operativi adeguati per agire in modo costantemente legale, efficace e rispettoso della dignita' umana nello svolgimento delle proprie mansioni;

- in secondo luogo, di fornire agli operatori addetti al controllo del territorio ed alla protezione dei diritti, un quadro di riferimento categoriale ed applicativo coerente con la Costituzione, e quindi con la fonte stessa della legalita' nel nostro paese; e con la Dichiarazione universale dei diritti umani, che costituisce un comune orizzonte di riferimento per le codificazioni giuridiche e le prassi amministrative dei paesi democratici;

- in terzo luogo, di offrire un'occasione di riflessione sulle dinamiche relazionali e sulle strategie operative e cooperative nel rapporto interpersonale e particolarmente nel conflitto con la persona o le persone nei cui confronti si interviene e con cui quindi si interagisce;

- in quarto luogo di mettere a disposizione indicazioni utili ad un approfondimento delle problematiche non solo giuridiche, procedurali, amministrative e tecniche, ma anche psicologiche, sociologiche, comunicative e antropologico-culturali connesse ed implicate dall'attivita' che si svolge.

I valori teoretici, le strategie d'intervento e le tecniche operative della nonviolenza, e quindi l'educazione e l'addestramento ad essi ed esse, costituiscono una opportunita' formativa che a nostro parere sarebbe necessario ed urgente che entrasse nel bagaglio di conoscenze, nei curricula studiorum e nell'addestramento di tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica.

*

3. Esperienze formative

Sia in Italia che in altre parti del mondo esiste ormai una lunga ed ampia tradizione di studi e di esperienze formative e addestrative alla conoscenza e all'uso della nonviolenza.

Questa tradizione ha diverse esplicazioni:

- in sede di istituzioni sovranazionali;

- in sede di istituzioni nazionali;

- in sede di istituzioni locali;

- in sede universitaria;

- in sede scolastica;

- in sede di altre agenzie formative;

- in sede di enti assistenziali, sociali, sanitari, di protezione civile;

- in sede di enti di servizio civile;

- in sede di associazionismo democratico;

- in sede di formazione ed aggiornamento nel management;

- in sede di agenzie informative;

- in sede di intervento psicoterapeutico;

- in sede di training sportivo;

- in sede di facilitazione in consessi deliberativi;

- in sede di promozione e coordinamento di campagne sociali.

Gli esempi sono infiniti: si va dalla formazione ad altissima qualificazione del personale specializzato in interventi di peace-keeping a livello internazionale (in primo luogo dell'ONU); alle cattedre e ai dipartimenti universitari di peace-research; fino alla formazione dei giovani in servizio civile.

Analogamente esempi attuativi e fonti normative e regolamentari di riferimento gia' esistono a tutti i livelli, sia in campo internazionale che per quel che concerne specificamente l'Italia.

Esistono anche ricognizioni di istituti di ricerca specializzati in ambito istituzionale e accademico; una pregevole raccolta di dati e' stata recentemente pubblicata dal Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) di Padova (ed e' disponibile sulla home page della gia' citata rete temeatica pacifista Peacelink).

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4. Alcuni illustri formatori ed esperti la cui consulenza potrebbe essere opportunamente utilizzata ai fini della redazione definitiva della proposta di legge, ai fini dell'approntamento del regolamento attuativo, ai fini della realizzazione dei corsi e della manualistica de quo

Segnaliamo di seguito alcune figure di illustri formatori alla nonviolenza e di altri studiosi la cui consulenza ed il cui contributo potrebbe essere valorizzato al fine di realizzare quanto la proposta di legge in oggetto propone.

A mero titolo d'esempio, segnaliamo solo alcune personalita' il cui cognome comincia con le lettere A e B.

(...)

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5. Alcuni altri autori e testi di riferimento fondamentali

Segnaliamo alcuni autori ed alcune opere di importanza fondamentale sul tema proposto.

Anche in questo caso, a mero titolo d'esempio, segnaliamo solo alcune personalita' il cui cognome comincia con le lettere A e B.

(...)

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6. Non soltanto educazione civica

La proposta di una formazione specifica del personale delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso della nonviolenza ovviamente e' qualcosa di puo' della semplice "educazione civica" di base che e' gia' prevista in tutti i quadri della struttura pubblica.

Essa si propone di fornire strumenti di analisi e di intervento che potenzino consistentemente epeculiarmente la qualita' della preparazione e la capacita' di responsabilita' e di adeguatezza nell'agire anche in situazioni fortemente critiche e conflittuali.

*

Queste note preliminari, cosi' provvisorie e palesemente insufficienti, vengono diffuse affinche' si possano raccogliere prime indicazioni utili al fine di elaborare una prima bozza della proposta di legge.

Grazie a tutti i destinatari per l'attenzione.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 184 del 30 aprile 2013

 

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