Archivi. 144



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 144 del 21 marzo 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di luglio 2005 (parte prima)

2. Alex

3. Severino Vardacampi presenta "L'ape che tesse" di Valeria Ando'

4. La guerra a Londra

5. Niente

6. La morte e le chiacchiere

7. Minima una nota

8. Ancora minima una nota

9. Non piu'

10. Ancora minima una nota

11. Una lettera da Viterbo a Verona

12. Hiroshima ist ueberall

13. Azioni nonviolente contro la guerra: la proposta del boicottaggio economico

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI LUGLIO 2005 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di luglio 2005.

 

2. ALEX

 

"Che ci vuole infine ancora per bucare le nebbie dei nostri cervelli, il lardo delle nostre coscienze?"

(Lidia Menapace, Un albicocco per risvegliarsi, ne "Il manifesto" del 6 luglio 1995)

 

Fra poco saranno dieci anni

camminando di notte pei campi

vedro' ancora infinite le stelle

vedro' ancora infinite le lucciole

e tutto sembrera' per un attimo

come sempre. Ma sono passati

dieci anni.

 

Non avevo la televisione

la notizia mi giunse al mattino

nella stanza ancora buia del palazzo.

Era morto, era morto per sempre

era morto in un campo, volando

sotto un albero caldo e luminoso

di albicocche.

 

Conoscevo quel volto, quella voce

di quel cuore e quel braccio l'aiuto

conoscevo. Ed ho sempre saputo

quanto e' grande lo strazio dei buoni

quanto e' vuoto lo specchio e l'enigma

quanto graffia quel coro dei morti

a cui sordo tu esser non sai.

 

Cosi' muoiono  i piu' valorosi

senza pace ne' lode di canti

e cosi' restan vivi per sempre

a lottare la lotta che sempre

viva tennero e mai non lasciaro

perche' venga quel tempo in cui l'uomo

un aiuto sia all'uomo, e la pace.

 

3. SEVERINO VARDACAMPI PRESENTA "L'APE CHE TESSE" DI VALERIA ANDO'

 

Questo prezioso libro: Valeria Ando', L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica, Carocci, Roma 2005, pp. 296, euro 21,30.

Profonda irrompe una felicita' nel leggerlo. Mi accade cosi' quando un'opera mi afferra, che la prima lettura riesco a farla solo a morsi, famelica. Ed insieme per cosi' dire bustrofedicamente andando e tornando di pagina in pagina, in un girare e rigirare ancora lungo lo stesso campo, come il Chisciotte borgesiano di Foucault. Ovvero anche come tra persone amiche che molte storie sanno e si raccontano - mentre posa la carovana nella fredda, fredda notte - accoccolati intorno al fuoco dell'accampamento. Cosi', non come una partita a scacchi.

Poi verra' una lettura distesa, cogli occhiali e col lapis, e l'esercizio ancora dell'esprit de geometrie; ma questa prima gioia del leggere a perdifiato, nel rapimento delle emozioni e nello scintillare dell'intelligenza, nell'eterno ritorno, questa prima gioia e' la gioia maggiore che provo quando leggo o rileggo un libro che ex abrupto mi appassioni e mi sollevi e m'interroghi come fosse un poema al quadrato.

*

Tre pregi ha l'autrice, cospicui: la dottrina eminente, gentile la sapienza (la sabiduria, per dirla nella lingua di Machado; ma anche, occitanamente, la gaia scienza - e qui finiscano le sublette rimembranze del danzatore infelice che sapeva leggere il rovescio del diritto e che percosso dal Weltschmerz abbraccio' quel cavallo a Torino), e uno stile incantevole nella sua lucidita'. E' un contributo forte - e quindi altresi' lieve - al pensiero delle donne, ergo: un contributo fertile alla nonviolenza in cammino.

Sempre mi piace e mi commuove sempre questa capacita', di interrogare ancora le storie piu' antiche, e nuovo filo trarne per tessere ancora la trama della vita che si dona, la favola bella che il vero disvela, l'umanita' comune e i compiti dell'ora, l'amicizia che salva.

Tessere: quell'attivita' che Gandhi seppe capire essere - e dunque seppe tradurre in, e praticare come - momento principe e decisivo atto della rivoluzione nonviolenta...

 

4. LA GUERRA A LONDRA

 

Quanto sangue dovra' ancora scorrere per capire che una e' l'umanita', che la guerra, in qualunque sua forma, e' nemica dell'umanita' intera, che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'?

Quanto sangue dovra' scorrere ancora per togliere agli assassini vestiti di stracci, o in divisa o in doppiopetto la scellerata illusione che sia possibile uccidere in una parte del mondo senza che l'onda d'urto raggiunga anche noi, tutti, ovunque?

Le bombe di Londra sono le stesse di Falluja, le stesse della Nato sulla Serbia, le stesse di Hitler su Coventry, le stesse di Hiroshima e Nagasaki, le stesse dei terroristi suicidi in Israele o in Iraq, le stesse del Vietnam, della Cecenia, di Madrid, le stesse di piazza Fontana e dell'Italicus, le stesse di tutte le dittature, di tutti i terrorismi, di tutti gli eserciti, di tutti i massacri.

Non uccidere, dice il primo comandamento su cui si fonda l'intera civilta' umana. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

5. NIENTE

 

Un impegno contro il terrorismo senza la scelta della nonviolenza e' niente.

Un impegno per la pace senza la scelta della nonviolenza e' niente.

Ma forse dovremmo dir meglio: e' peggio che niente, e' complicita' con le stragi.

 

6. LA MORTE E LE CHIACCHIERE

 

Dopo il diluvio di sangue il diluvio di ciance. Tutte le burocrazie affondano il muso nel sangue a cercar di cavarne materia per ottenere consenso, finanziamenti, carriere, pubblicita', buoni affari. Sulle cataste dei morti, al terrorismo dei terroristi si aggiunge il vampirismo dei vampiri, guerrafondai o pacifisti, religiosi o laici, del nord o del sud, non c'e' gran differenza.

E invece una parola sola e' da dire, un gesto solo e' da fare: scegliere la nonviolenza, cessare di uccidere. Ovvero iniziare il disarmo qui e adesso, cessare di rapinare i poveri, accogliere e aiutare tutte le vittime, cominciare qui e adesso la rivoluzione nonviolenta, della rinuncia volontaria al privilegio, della sobrieta' conviviale, della poverta' eletta e condivisa.

Le chiacchiere di tutti i presidenti, i segretari, i tesorieri, gli autoproclamati rappresentanti di Dio, della patria, della famiglia, del mondo libero, del proletariato, della rivoluzione, dello stato e del mercato, della cultura e dell'intelligenza, delle istituzioni e dei movimenti, del popolo della guerra e del popolo della pace, tutte sbavano, grondano sangue.

Solo la scelta della nonviolenza si oppone alla guerra, al terrorismo, al razzismo, al sessismo, allo sfruttamento ecocida e onnicida, al disordine costituito. Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

7. MINIMA UNA NOTA

 

... riceviamo e diffondiamo il seguente apprezzabile appello sottoscritto da alcune egregie personalita' dell'impegno per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Ma un appello, vogliamo pur dirlo, ad un tempo generoso e inadeguato, sintomatico nel suo slancio e nelle sue ingenuita' di esigenze condivise e di confusioni e subalternita' rispetto a cui non e' piu' rinviabile una rottura per uscire da una condizione che ha fatto si' che il movimento che si oppone alla guerra e all'ingiustizia nel corso degli anni sempre piu' si e' adattato a fare proclami quanto piu' roboanti tanto piu' ininfluenti, a ritagliarsi un suo ghetto, a lasciarsi ridurre a complice per introiettata sudditanza, mentre la catastrofe dell'umanita' sempre piu' s'approssima. Finche' non si fa il passo della scelta della nonviolenza, finche' questo passo non si coglie, si enuncia, si tematizza nella sua portata teoretica e pratica, nel suo essere cardine di un'azione di trasformazione autentica, interiore e sociale, una rottura epistemologica e un'azione politica in senso pieno e forte, si resta asserviti al sistema di potere: ogni appello che non dichiari e proponga nitida e intransigente la scelta della nonviolenza, dell'azione nonviolenta, della rivoluzione nonviolenta, ahime', e' poco piu' che chiacchiera.

 

8. ANCORA MINIMA UNA NOTA

 

Da molti amatissimi interlocutori riceviamo il seguente appello sottoscritto da varie associazioni e persone sinceramente impegnate per la pace, e volentieri lo proponiamo ai lettori del nostro foglio. Ma pur apprezzandone l'intenzione, ci sembra che sia anche, ahinoi, l'ennesimo appello sciatto e rituale, generico e astratto, che rischia di non servire a nulla, se non a nascondere sotto coltri di retorica un non ignobile e non disutile sentimento di dolore, vergogna, fallimento che bisognerebbe invece saper riconoscere ed affrontare; o peggio: a chiudere gli occhi sulle proprie responsabilita', ambiguita', collusioni; il solito appello, ahinoi, che non dice l'unica parola che e' decisivo dire: che occorre la scelta della nonviolenza. Perche' questo e' il punto: se non si fa la scelta della nonviolenza non si da' azione per la pace, i diritti, la convivenza; se non si fa la scelta della nonviolenza non si contrasta la catastrofe in corso; se non si fa la scelta della nonviolenza si resta complici del disordine costituito. Il pacifismo generico e' ormai nulla piu' che la foglia di fico della violenza imperiale; e per dirla con le parole del nostro ruvido amico Annibale Scarpante: "le strutture e le rappresentanze che sul pacifismo generico raggranellano finanziamenti o costruiscono carriere in un rapporto di collusione e subalternita' con il sistema di potere e in accettazione e sfruttamento della condizione di privilegio, rapporto e condizione che contribuiscono a condannare all'assoggettamento alla fame e alla morte i quattro quinti dell'umanita', ebbene, tali strutture e tali rappresentanze quantunque dicano e facciano anche sovente cose buone e meritorie, dal nostro punto di vista non hanno voce in capitolo nel definire i compiti dell'ora: poiche' i compiti dell'ora in questo e non in altro si compendiano: la scelta della nonviolenza, la rottura della complicita' coi poteri che uccidono, la resistenza la piu' nitida e la piu' intransigente ad ogni violenza e ad ogni collaborazionismo, ad ogni cointeressenza con tutti i poteri che negano altrui il diritto alla vita e alla dignita'. Reticenti, elusivi su questo - et pour cause -, si rischia di esser peggio che inadeguati rispetto a cio' che si proclama, si rischia di trovarsi dalla parte sbagliata della barricata, a far da truppe di complemento e da copertura ideologica ai signori della guerra, si rischia di funger da pezzi dell'apparato del consenso al potere assassino". Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita', la nonviolenza che e' scelta di lotta contro tutte le uccisioni, scelta di aiuto all'umanita' intera, conflitto ordinato al disarmo integrale, azione politica rivoluzionaria che contrasti ogni privilegio, ogni sfruttamento, ogni oppressione, per ottenere che a tutti gli esseri umani siano riconosciuti tutti i diritti umani.

 

9. NON PIU'

 

Non si da' piu' resistenza all'oppressione senza la scelta della nonviolenza.

Non si da' piu' esperienza di liberazione senza la scelta della nonviolenza.

Questo il movimento delle donne, il movimento operaio, i movimenti per la democrazia e i diritti umani, i movimenti socialisti e libertari, il movimento ambientalista, i movimenti per la pace, e tutte le grandi tradizioni sia religiose che laiche di affermazione della dignita' umana, lo hanno sempre intimamente sentito, e lo hanno altresi' praticato nelle loro esperienze piu' luminose e aggettanti. E' merito del movimento delle donne di essere l'unica esperienza storica di liberazione che sempre ha saputo affermare questa coerenza tra i mezzi e i fini, che sempre ha saputo tener ferma questa scelta senza di cui tutto e' perduto, tutto.

Chi ancora si attarda a pensare che sia lecito far uso delle armi, delle ingiustizie, dello sfruttamento, della negazione dell'altrui diritto e dignita', in una parola: della violenza, non ha ancora capito che un unico destino di vita o di morte attende l'umanita' intera, e che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Nessun equivoco e nessuna ambiguita' sono piu' possibili. Solo la lotta nonviolenta puo' impedire la catastrofe, solo la scelta nonviolenta puo' salvarci tutti.

 

10. ANCORA MINIMA UNA NOTA

 

... Ancora un appello doveroso e corretto, ma rituale e reticente: non basta chiedere che l'Italia cessi di partecipare all'occupazione militare straniera in iraq, e quindi alla guerra duplicemente terroristica in corso in quel teatro di combattimenti; non basta chiedere che l'Italia rientri nella legalita' costituzionale e nel diritto internazionale; occorre anche aggiungere che si deve muovere subito verso i Corpi civili di pace, verso la scelta dell'intervento nonviolento alternativo al militare, verso il disarmo, verso una politica inrernazionale, della cooperazione e della sicurezza comune fondata sulla scelta della nonviolenza; altrimenti anche una scelta giusta e necessaria, come la cessazione della partecipazione italiana all'occupazione militare straniera in Iraq restera' un gesto simbolico, certo importante come gia' quello spagnolo, ma non sara' utile per contrastare il terrorismo dei governi e degli eserciti, dei gruppi criminali, dei singoli: perche' per contrastare la guerra globale attuale non basta una ritirata - comunque doverosa, necessaria, urgente - che alcuni interpreteranno come meramente tattica e altri come ennesima ignominiosa fuga determinata da pura vilta', occorre invece la scelta della nonviolenza come proposta politica che ridefinisca le relazioni internazionali, come modello di difesa e cooperazione tra i popoli e le persone in un nuovo patto fondato sulla consapevolezza che il destino dell'umanita' e' ormai unificato, e che l'alternativa e' ancora una volta quella che con terminologia del secolo scorso fu detta tra socialismo o barbarie, e nei termini adeguati alla situazione odierna e' ormai quella tra nonviolenza o guerra onnicida. Finche' negli appelli si continuera' ad essere reticenti sulla necessita' della scelta - anche politica e istituzionale, giuriscostituente - della nonviolenza, essi purtroppo serviranno a ben poco, resteranno subalterni e quindi inani poiche' non indicheranno la via dell'alternativa necessaria: questa via e' la nonviolenza. E' da un bel pezzo che ce ne stiamo accorgendo tutte e tutti, peche' si continua a non dirlo? Quale complesso di colpa o di inferiorita', quale pusillanimita' ce lo impedisce? Non e' a tutte e tutti evidente che finche' non proclamiamo gridandola dai tetti la necessita' e l'urgenza della scelta nonviolenta (da parte delle persone, dei movimenti, delle organizzazioni, delle istituzioni e degli stati, e soprattutto da parte degli stati), restiamo comunque complici dei signori della guerra?

 

11. UNA LETTERA DA VITERBO A VERONA

 

Scriviamo queste righe qualora la nostra parola potesse trovare ascolto tra quante e quanti questo sabato 23 luglio manifesteranno a Verona contro il fascismo e la violenza.

E cio' che vogliamo dire e' che solo la scelta della nonviolenza invera l'antifascismo, il fascismo contrasta, salva le vite, promuove la convivenza, difende e realizza l'umana dignita'.

Chi pensa di poter ancora usare la violenza contro il corpo o contro l'anima di una persona agisce da criminale fascista quale che sia il colore del mantello che indossa.

*

Negli ultimi mesi anche a Viterbo si sono verificati ripetuti episodi di intimidazioni, aggressioni e pestaggi da parte di giovani neofascisti.

La Viterbo democratica ha risposto con una manifestazione convocata con il motto "contro la violenza e il neofascismo", che si e' tenuta il 24 giugno scorso, con un corteo snodatosi per le vie cittadine.

La manifestazione e' stata promossa dal centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", dal collettivo giovanile e studentesco "Cantiere aperto", dal circolo Arci "Orizzonte" che da anni e' luogo di incontro e amicizia di persone provenienti da molti diversi paesi e culture; hanno aderito molte associazioni e rappresentanti delle istituzioni, vi hanno preso parte non solo persone gia' impegnate ed abitualmente disposte a scendere in piazza in difesa dei diritti di tutti, ma anche ragazzi e genitori che per la prima volta partecipavano a un corteo.

Nell'appello di convocazione era scritto testualmente: "L'unica risposta che vogliamo praticare e' la nonviolenza".

*

Questo e' cio' che va detto, ora e sempre: contro la violenza e il neofascismo, l'unica risposta che vogliamo praticare e' la nonviolenza.

Questa e' l'eredita', la consegna, ineludibile il legato che ci lasciano le vittime di tutte le guerre e di tutte le dittature: contro la violenza e il neofascismo, l'unica risposta che vogliamo praticare e' la nonviolenza.

Questa e' l'alternativa dell'epoca presente, di questo momento apocalittico dell'umanita': o la nonviolenza o il fascismo.

Questa e' la resistenza che occorre: la resistenza nonviolenta.

Questo teniamo per vero. E alle persone tutte che a Verona manifesteranno questo sabato contro il fascismo, questa preghiera rivolgere vogliamo: sia la condotta vostra antifascista, sia quindi la vostra condotta nonviolenta.

 

12. HIROSHIMA IST UEBERALL

 

Hiroshima e' dappertutto, come spiego' una volta per sempre Guenther Anders.

Nel mondo della guerra e del terrore nessun luogo e' al sicuro.

Vi e' un solo modo per guadagnare la sicurezza per la nostra vita: guadagnarla per tutte le persone, per l'umanita' intera. Sconfiggendo la guerra e il terrore. Costruendo la pace e la fiducia, la solidarieta', la cooperazione, la convivenza, nella consapevolezza che vi e' un solo mondo, e una sola umanita'.

E vi e' un solo modo per riuscirvi, una sola e' la via da percorrere, una sola e' la scelta possibile ed efficace: la nonviolenza.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

13. AZIONI NONVIOLENTE CONTRO LA GUERRA: LA PROPOSTA DEL BOICOTTAGGIO ECONOMICO

 

Riproponiamo di seguito alcuni recenti interventi apparsi sul nostro foglio che propongono di utilizzare lo strumento nonviolento del boicottaggio economico per opporsi alla guerra in corso. Come e' noto su questo tema e' in corso da lungo tempo un dibattito che afferisce sia a questioni di principio che a questioni di efficacia.

Il boicottaggio economico e' una delle piu' conosciute tecniche della nonviolenza, ma come tutte le tecniche della nonviolenza essa puo' essere usata anche in modo violento ed a fini violenti da strutture e soggetti violenti: si pensi ai boicottaggi criminali organizzati ad esempio da organizzazioni antisemite e genocide; si pensi all'embargo decennale realizzato dall'Onu contro il popolo iracheno (ed effettualmente a sostegno della dittatura).

Quanto all'efficacia, vi sono casi storici di boicottaggio che hanno ottenuti risultati opposti a quelli previsti; vi sono casi di quasi assoluta ininfluenza; e naturalmente - e felicemente - vi sono molti casi in cui questa azione nonviolenta si e' rivelata straordinariamente efficace sia come forma di lotta sia come strumento di presa di coscienza e pratica educativa: si pensi alla campagna di boicottaggio dell'industria tessile dell'impero britannico - ma anche di conquista interiore e politica dell'indipendenza e dell'autonomia, swaraj - promossa da Gandhi con l'idea luminosa del farsi da soli i vestiti col filatoio a mano, una delle idee piu' grandiose della storia della nonviolenza (una idea decisiva anche nel prefigurare un modello di sviluppo sostenibile, autocentrato e con tecnologie appropriate, una politica di pace tra le persone e con la biosfera, un progetto di societa' solidale e responsabile).

Recentemente molta enfasi e' stata posta, dai movimenti del nord privilegiato e sfruttattore del mondo impegnati contro la globalizzazione, sul potere dei consumatori in quanto tali di opporsi ai crimini delle multinazionali boicottando i prodotti delle imprese che commettono delitti contro l'umanita' e la biosfera. C'e' il rischio anche in cio' di una subalternita', ma vi e' anche una consapevolezza decisiva, la rottura di una complicita'. Il motto "Voti ogni volta che vai a fare la spesa" puo' essere uno slogan narcotico se diventa il trucco con cui ci si salva a buon mercato la coscienza e si chiudono gli occhi sulle molte altre cose che occorre fare; ma e' anche un'affermazione irrinunciabile, una fondamentale presa di coscienza, una cruciale assunzione di responsabilita'.

Tra i molti punti di riferimento per un'adeguata riflessione sul boicottaggio economico nonviolento, sul consumo critico e responsabile, sul commercio equo e solidale, ovviamente segnaliamo particolarmente il Centro nuovo modello di sviluppo (sito: www.cnms.it) e la Rete Lilliput (sito: www.retelilliput.org).

*

Postilla: una minima bibliografia essenziale

- Centro nuovo modello di sviluppo, Ai figli del pianeta, Emi, Bologna 1998.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Boycott!, Macroedizioni, San Martino di Sarsina (Fo) 1992.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Geografia del supermercato mondiale, Emi, Bologna 1996.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Guida al consumo critico, Emi, Bologna 1996 e piu' volte riedito.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Lettera ad un consumatore del Nord, Emi, Bologna 1990 e piu' volte riedito.

- Centro nuovo modello di sviluppo, Nord/Sud. Predatori, predati e opportunisti, Emi, Bologna 1993 e piu' volte riedito.

- Francesco Gesualdi del Centro nuovo modello di sviluppo, Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli, Milano 1999.

- Francesco Gesualdi, Centro nuovo modello di sviluppo, Sobrieta', Feltrinelli, Milano 2005.

- Tonino Perna, Fair trade, Bollati Boringhieri, Torino 1998.

- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta. 2. Le tecniche, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 144 del 21 marzo 2013

 

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