Archivi. 114



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 114 del 19 febbraio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di dicembre 2002 (parte prima)

2. Da una lettera di Misone all'amico suo Teofrasto

3. Benito D'Ippolito, agli imprigionati per la pace

4. Da un'altra epistola di Misone, questa volta all'amatissimo amico suo Eleandro

5. Rivoluzionari vs sovversivi

6. Chiamare golpe un golpe, e resistere. Con la nonviolenza

7. Una ragionevole proposta per far cessare le stragi di immigrati in mare: ingressi legali e trasporto pubblico e gratuito per tutti

8. Per farla finita con le cicalate su "impero" e "moltitudini"

9. Possiamo fermare la guerra. Ma non bastano le fiaccole e gli stendardi: occorre la nonviolenza

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI DICEMBRE 2002 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di dicembre 2002.

 

2. DA UNA LETTERA DI MISONE ALL'AMICO SUO TEOFRASTO

 

Carissimo Teofrasto,

a tutti gli amici, e massime a tutti gli amici anche della nonviolenza, mi permetto di chiedere un surplus di attenzione e di esattezza (l'attenzione di Simone Weil, l'esattezza di Danilo Dolci), di approfondimento delle questioni, di impegno a non semplificare cio' che e' complesso, confuso e fin contraddittorio; so che mi capisci, e credo che siamo d'accordo.

*

Gia' ho scritto a Timandro e a Eleandro in riferimento a gruppi che predicano e praticano la violenza: non sono nostri amici, non sono nostri vicini, sono nostri avversari. Sono nostri avversari. Nostri avversari sono. Ed abbiamo il dovere di dirlo, ed abbiamo il dovere di chiamare tutti a un esame di coscienza, ed abbiamo il dovere di cercare di persuadere tutti ad abbandonare ideologie e pratiche che idolatrano e riproducono e favoreggiano la violenza e la menzogna.

Proprio per il rispetto dovuto ad ogni persona, dobbiamo lottare contro ideologie e prassi della violenza; proprio per l'amore che rechiamo all'umanita' in ogni essere umano, le ideologie e le pratiche che l'umanita' altrui denegano dobbiamo contrastare senza esitazione.

E proprio perche' siamo amici della nonviolenza dobbiamo farla finita di essere subalterni noi stessi a quella immagine fasulla e caricaturale che pretende che gli amici della nonviolenza siano delle personcine beneducate ed ipocrite che lasciano che i violenti facciano i comodi loro magari predicando che bisogna essere comprensivi con tutti. Ne' Gandhi ne' Chico Mendes, ne' Martin Luther King ne' Oscar Romero, ne' Marianella Garcia erano personcine timide e distratte che lasciavano che i violenti facessero i comodi loro. Gli amici della nonviolenza sono persone che combattono davvero contro la violenza, ad essa opponendosi nel modo piu' limpido ed intransigente; credo sia per questo che spesso vengono uccisi (ad esempio tutti quelli che ho appena citato).

Perche' la nonviolenza e' lotta contro la violenza, o non e'. E la lotta contro la violenza o e' lotta contro tutte le violenze o non e'. Chi si accoda ai violenti ne e' complice, e complice disprezzato dagli stessi violenti cui si accoda. C'e' un solo modo per favorire l'evoluzione verso il ripudio della violenza di chi e' risucchiato e accecato in ideologie e pratiche della violenza: ed e' essere intransigenti contro la violenza. Non possiamo e non dobbiamo essere accomodanti con gli squadristi ed i provocatori; essi devono sapere che devono cambiare atteggiamento e condotta, che non si illudano di trovare in noi dei complici. Devono sapere che di quelle ideologie e pratiche siamo gli avversari i piu' intransigenti.

La scelta della nonviolenza e' impegnativa, certo. Ma almeno la scelta di non commettere violenza, ebbene, questa tutti hanno il dovere di farla coloro che vivono e vogliono vivere in uno stato di diritto e in una democrazia e che godono e vogliono godere dei diritti fondamentali che ivi si trovano riconosciuti rispetto ai regimi autocratici.

*

Non so cosa ne pensi ma credo che vorrai convenire con me che in certe vicende occorre anche un po' di misura e di prudenza: la propaganda urlata e fondata sull'elusione di cio' che non ci piace o non ci conviene (la propaganda intrisa di totalitarismo e di falsa coscienza di cui troppi hanno fatto uso ancora in questi giorni e da cui troppi si sono lasciati sedurre per ingenuita' o pigrizia) non ha mai fatto bene a chi lotta per la dignita' umana; penso che condividi questa mia modesta opinione. Misura e prudenza occorre, e la limpidezza che sempre e' necessaria.

E sono altresi' certo che l'esigenza della nonviolenza che pongo io e' anche la tua, e di Timandro e di Ipazia e di Eleandro e degli altri interlocutori tutti di questa nostra riflessione appunto tra amici della nonviolenza: magari diversamente sentita ed esposta e praticata, ma quel che conta e' esser concordi sull'essenziale, e l'essenziale e' la nostra comune opposizione alla violenza e alla menzogna.

 

3. AGLI IMPRIGIONATI PER LA PACE, NELLA GIORNATA IN CUI SI RENDE LORO ONORE

 

Fedeli alla coscienza, salvatori

del mondo che l'orrore della guerra

minaccia, nella cella che li serra

stanno sereni e forti gli obiettori

 

imprigionati perche' costruttori

di pace e di giustizia, e sulla terra

sono i piu' liberi perche' non erra

chi ha dato piu' che incensi e piu' che ori

 

in dono splendido alle genti tutte:

se stesso ha dato, ed un esempio forte;

li' tra le sbarre, le pupille asciutte,

 

nulla curando i ceppi e le ritorte,

si oppone a che altre vite sian distrutte

e sbarra il passo alle stragi e alla morte.

 

4. DA UN'ALTRA EPISTOLA DI MISONE, QUESTA VOLTA ALL'AMATISSIMO AMICO SUO ELEANDRO

 

Eleandro carissimo,

tu dai per certa una positiva e direi quasi pressoche' irreversibile evoluzione verso piu' miti consigli da parte dei settori folli, irresponsabili e violentisti del cosiddetto "movimento dei movimenti" da Genova in qua: ahime', mi permetto di dubitarne assai. Ancora un paio di mesi fa i soliti deliranti provocatori cianciavano di pazzesche azioni dirette nelle banche a Firenze, il cui risultato - come capisce perfettamente chiunque sia entrato almeno una volta in una banca (e persino io che non ho un conto in banca, anche perche' sono povero davvero e non avrei praticamente niente da metterci, qualche volta in una banca ci sono entrato) - sarebbe stato di esporre le persone che quella follia avessero commesso al rischio che una guardia giurata sparasse loro addosso prima di chiedere cosa lorsignori desiderassero mai.

Credo che il successivo dietro-front da quella ennesima provocazione di assoluta scempiaggine suicida sia dipeso anche dalla reazione finalmente ferma e secca di molti di noi (altri hanno continuato a fare i pesci in barile, e significhera' pur qualcosa).

*

Non voglio convertire nessuno, meno che mai i signori "disobbedienti"; non faccio ne' il maestro ne' il missionario (e neppure il giudice, e naturalmente ancor meno il giudice dei giudici); mi limito quindi a esprimere le mie fallibilissime opinioni, ma - come sai - parto dal principio che proprio perche' siamo tutti fallibili e' meglio non usare mai e poi mai violenza contro nessuno, proprio perche' a) la violenza compiuta e' irreversibile, la sofferenza inflitta a chicchessia non potra' essere mai piu' cancellata; e b) anche perche' nulla garantisce che noi abbiamo ragione e gli altri torto, puo' darsi benissimo che un domani noi si debba convincerci di aver sbagliato e quanto mortificante sarebbe, ed indicibilmente amaro, allora dover pensare di aver provocato iniquo ad altri dolore (e la sofferenza e' sempre iniqua) oltretutto sulla base di errate e ripudiate convinzioni; cosicche', nel dubitare di tutto il resto, tengo per fermo che occorre io conduca la mia lotta sempre e solo in modo rigorosamente nonviolento, senza mai rompere o far rompere o lasciar rompere teste o anime.

La scelta della nonviolenza mi pare una necessita' non solo come esigenza psicologica, struttura relazionale e canale comunicativo, valore morale e civile, ma anche, per cosi' dire, come inferenza epistemologica, e direi persino come costitutivamente connessa alla nostra condizione esistenziale se rettamente intesa come costantemente e costitutivamente "esposta" (l'ex-sistere, appunto).

Capisci che muovendo da queste convinzioni non sono disposto ne' ad avallare, ne' a giustificare, e men che meno a coccolare chi ancora ieri le teste spaccava e faceva spaccare: e per essere chiari, la storia e la via dell'autonomia, padovana e non solo, e' lastricata di aggressioni e pestaggi e peggio; non facciamo finta di non saperlo; e non facciamo finta di essere cosi' tonti da credere che basti cambiar denominazione ogni qualche anno per non essere piu' gli stessi di ieri.

Non solidarizzo e non solidarizzero' giammai coi violentisti e i picchiatori, ne faccio una questione di principio; poi ovviamente spero che cambino opinioni e costumi, ma questa speranza - o questo auspicio - non e' un motivo sufficiente per ritenerli nostri amici: sono nostri avversari; lo ripeto: sono hic et nunc nostri avversari. Analogamente sarei felicissimo se - per esempio - i leghisti cessassero di essere razzisti, ma il semplice sperare che cambino opinioni e costume, non e' un motivo sufficiente per ritenerli nostri amici: sono nostri avversari. Solo dopo che avranno cambiato condotta, e solo dopo che si saranno riconciliati con le loro vittime chiedendo il loro perdono ed avendolo ottenuto, solo allora cambiera' il mio giudizio, perche' loro saranno cambiati e le loro vittime avranno acconsentito alla comune elaborazione del lutto ed alla riconciliazione necessaria (e' l'insegnamento grande dell'esperienza della "commissione per la verita' e la riconciliazione" sudafricana). Finche' perdurano le ambiguita', e peggio la propaganda, l'apologia e la realizzazione di violenze, non credo siano ammissibili giustificazionismi che costituiscono gia' di per se' effettuali complicita'.

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Non dirmi che dopo Firenze tutto e' cambiato: e' bastata questa vicenda cosentina (nella gestione politica e mediatica della quale certo sono evidentissimi numerosi aspetti di provocazione, tali che chiunque abbia un po' di sale in zucca subito capisce che in una siffatta provocazione non si deve assolutamente cadere) perche' in una sorta di reazione pavloviana un sacco di gente - non solo i soliti "leader massimi" col delirio di onnipotenza, anche persone di solito misurate - abbiano cominciato a esternare sciocchezze e peggio; ad esibire il solito armamentario basato sul cinismo e sulle mezze verita' ergo sulla menzogna; a lanciare slogan farneticanti e irresponsabili; a traviare tanti giovani generosissimi ed ingenuissimi su posizioni peggio che stupide, degradate e degradanti.

Ahime', la conosco la canzone: e' la solita solfa stalinista per cui quelli che "stanno con noi" (cioe' con loro) non sbagliano mai e se sbagliano hanno ragione lo stesso, anzi di piu'. Ho letto Orwell da giovane, e nella mia personale esperienza di militante politico e di pubblico amministratore mi e' capitato non una ma cento e forse mille volte di trovar persone che pretendevano come la cosa piu' naturale del mondo per i loro colleghi di partito o di lobby o di movimento l'irresponsabilita' e l'impunita' a priori, indipendentemente da qualunque cosa potessero aver fatto. E questa pretesa di irresponsabilita' e impunita' a priori e' gia' il totalitarismo.

Cosa apprendono decine di migliaia di ragazzi in questi giorni dagli striscioni dietro cui sono invitati a marciare, dagli slogan che sono pungolati a urlare? Apprendono a far propria la personalita' autoritaria che cosi' acutamente indago' Fromm. E lo trovo ripugnante. Io la penso come Gramsci e come Dolci: occorre innanzitutto studiare le questioni, cercare di capire la realta' nella sua complessita' e nelle sue contraddizioni; chi invece solo e' bramoso ed ebbro di slogan e cortei non fa un buon servizio ne' a se' ne agli altri.

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Su Lilliput, infine: suvvia, lo sai che vi voglio bene, che vi stimo e vi ammiro e per quanto posso - magari con un po' di disincanto - vi sostengo di tutto cuore; e che se sull'esperienza di Lilliput da inguaribile brontolone ho alcune riserve, esse derivano da una certa confusione che mi par di vedervi su questioni su cui credo che confusi non si dovrebbe essere, e su quella che mi pare essere una effettiva minimalita' e per piu' versi astrattezza e subalternita' (che sono la stessa cosa, come sapeva il vecchio Marx) di posizioni che vi regna (forse e' inevitabile che sia cosi', forse e' addirittura necessario, forse no; non so).

Cosi' mi pare che questa esperienza sia non quella novita' grande - e manco a dirlo epocale - sbandierata nella percussiva ma piuttosto stucchevole e persino poco scaltra propaganda dei comunicati stampa, bensi' - dal mio modesto punto di vista - una delle conseguenze ed uno dei riflessi di una sconfitta e di una ritirata: la sconfitta della sinistra novecentesca, e la ritirata consumatasi nell'arco di un ventennio di molti militanti politici, o possibili militanti politici, nella cosiddetta societa' civile (che non e' quel fiore, specchio e rocca di virtu' a fronte della politica corrotta e delle istituzioni decrepite, ma semplicemente l'altra faccia della medaglia di una crisi complessa e complessiva), nel cosiddetto terzo settore (dove c'e' tutto e il contrario di tutto, molte cose egregie e molte cose pessime), nelle onlus e nelle ong con tutte le ambiguita' che questo implica: in termini di trasparenza e di democrazia, di chiarezza nei bilanci e di controllabilita' e revocabilita' dal basso degli organigrammi, puo' darsi - a me pare - che la piu' sgangherata istituzione pubblica sia ancora meno oscura - e dico oscura, ma forse in riferimento a certi casi potrei usare l'aggettivo torbida - di qualche magnificata organizzazione privata che spesso campa dei soldi pubblici che e' riuscita a saccheggiare e poi sputa nel piatto in cui mangia.

Una ritirata che ovviamente tuttavia non puo' non reincontrare l'esigenza della politica, della politica grande, e lo fa, e fa bene a farlo, ma forse avrebbe potuto e potrebbe farlo ancor meglio, con piu' chiarezza, con meno confusioni, con minor (chiedo scusa) subalternita'. Mi limito a questo, capisco che dovrei fare degli esempi, ma quelli che ho in mente richiederebbero un davvero lungo e complesso discorso (che a voce ripeto quasi ogni giorno poiche' sovente ne sono richiesto), sara' per un'altra volta.

Inoltre, per quel che mi concerne non mi convince aver assunto come riferimento la proposta di Brecher e Costello - cosi' sintomatica della debolezza e delle confusioni e per piu' versi persino dell'infantilismo e della subalternita' del movement americano - e a dirsela tutta non mi convince nemmeno quella denominazione, che di tutte quelle desumibili dal capolavoro di Swift mi pare delle meno valide ed opportune sul piano dell'autopercezione ed autorappresentazione. Avessi dovuto dare un suggerimento avrei invitato piuttosto a rifarci ai saggi Houyhnhnms, ma naturalmente adesso sto scherzando.

Apprezzo molto la Rete di Lilliput ma non mi pare che sia la pietra filosofale.

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Il nocciolo della questione, dal modesto mio punto di vista e' il seguente: vorrei che il nostro movimento - che con tutte le sue ingenuita', tutti i suoi errori, tutte le sue collusioni col privilegio e con la menzogna, tuttavia vuole battersi contro l'ingiustizia e la guerra, e questa e' veramente cosa buona e giusta - ebbene, vorrei che non commettesse errori, vorrei che migliorasse se stesso, vorrei che sempre piu' si accostasse nella pratica concreta agli ideali che lo animano e che nei momenti di maggior lucidita' nitidamente enuncia. Vorrei che facesse la scelta dell'accostamento alla nonviolenza, cosi' come quel personaggio borgesiano si accosta ad Almotasim.

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Cerchiamo di fare quel che ci pare giusto e necessario; e piu' di ogni altra cosa mi pare che giusto e necessario sia opporsi alla violenza e alla menzogna (ed anche a quella forma di violenza che e' la tracotanza, e a quella forma di menzogna che e' l'ignoranza). Per amor delle persone e del mondo, e della dignita' propria ed altrui.

La scelta della nonviolenza veramente mi pare necessaria se vogliamo sperare di salvare l'umanita' dalla catastrofe. So che su questo, che e' cio' che in ultima analisi davvero conta, il nostro sentire e' il medesimo, e cosi' il nostro impegno. E mi conforta questo nostro sentirci ed essere vicini.

Misone

 

5. RIVOLUZIONARI VS SOVVERSIVI

 

Mi si chiedesse: e' forse ella un rivoluzionario? Risponderei: sicuramente si', mio buon signore, non sono altro da trent'anni in qua.

Mi si chiedesse: sarebbe putacaso un sovversivo? Risponderei: ma va' a magna' er sapone; sovversivo sara' il presidente del consiglio e tutta la P2.

Perche', si capisce, le parole hanno una storia. Cosi', quando sento l'espressione "sovversivo" e l'elogio del sovversivismo (magari fatto da persone che non farebbero del male a una mosca e non capiscono che col loro irresponsabile dire avallano in altri ben altro sentire) non posso non pensare a cosa e' stato il sovversivismo nella storia d'Italia: ovvero a quel sovversivismo che divenne poi regime sotto la guida del cavalier Benito Mussolini. Al seguito e sull'esempio del quale ando' poi al potere anche Hitler. Con tutto quel che ne segui'.

Dove e' la differenza? Il rivoluzionario pensa a piu' alti compiti, all'"internazionale futura umanita'", alla "riforma intellettuale e morale" di Gramsci e di Dolci. E' rivoluzionario Piero Gobetti ("la rivoluzione liberale", appunto), e' rivoluzionaria Rosa Luxemburg, e' rivoluzionaria Simone Weil, e' rivoluzionario Mohandas Gandhi, e' rivoluzionario anche papa Giovanni XXIII.

Sovversivo invece e' Pinochet, e' quel ministro che or non e' guari trucemente motteggiava all'incirca che la vita dei magistrati valeva il costo di una pallottola, e lo sono tutti gli adoratori della violenza, quale che sia il colore della casacca che indossano, che spesso anche se a prima vista si presenta rosso fuoco dopo un buon lavaggio si rivela una camicia bruna.

 

6. CHIAMARE GOLPE UN GOLPE, E RESISTERE. CON LA NONVIOLENZA

 

L'articolo 11 della Costituzione e' uno dei "principi fondamentali" di essa (artt. 1-12), ovvero consustanziali alla forma repubblicana del nostro ordinamento giuridico, e di essa forma repubblicana dell'ordinamento fondanti. Non vi e' possibile dubbio sul fatto che quanto codificato nell'art. 11 costituisca uno dei "valori supremi" della Repubblica.

E poiche' la Costituzione stessa prevede la possibilita' di introdurre si' modifiche ad essa Costituzione medesima (art. 138), ma proibisce di modificare la forma repubblicana dell'ordinamento (art. 139), ne consegue (ed e' questa, mi pare, nitida l'interpretazione autentica della stessa Corte Costituzionale in un non dimenticato pronunciamento di alcuni anni fa) che chi cancella o vuole cancellare de jure o de facto l'articolo 11 e' un golpista, cioe' il propugnatore e l'esecutore di un colpo di stato.

E la legge, la legge si', ci chiama a resistere contro i golpisti che vogliono abbattere, abbattendo il nostro ordinamento giuridico, le nostre comuni liberta'.

Cosicche' non c'e' proprio nulla da discutere: i governi che hanno precipitato il nostro paese in guerra negli ultimi anni sono stati governi golpisti, ne' piu' ne' meno; e con loro i parlamentari che li hanno sostenuti ed i capi dello stato che li hanno avallati, e la magistratura competente che ha fatto finta di niente.

E la resistenza contro la guerra e' anche la resistenza in difesa della Costituzione. Che questa resistenza debba essere assolutamente nonviolenta e' la nostra convinzione ferma come una roccia. Se poi qualcuno vuol discutere con i golpisti di come abbattere la legalita' e sancire il trionfo del crimine e delle stragi, si accomodi. Ma non conti sul nostro silenzio, non conti sulla nostra complicita', non conti sulla nostra passivita'.

Agli assassini occorre opporsi. Ai golpisti occorre opporsi. Con la forza della nonviolenza: che contro la violenza e' la lotta piu' limpida ed intransigente.

 

7. UNA RAGIONEVOLE PROPOSTA PER FAR CESSARE LE STRAGI DI IMMIGRATI IN MARE: INGRESSO LEGALE E TRASPORTO PUBBLICO E GRATUITO PER TUTTI

 

C'e' un solo modo per mettere fini alle stragi di immigrati in mare e all'arricchimento delle mafie che gestiscono i trasporti clandestini di persone in fuga dalla fame e dalla persecuzione, dalle guerre e dalla morte: ed e' riconoscere a tutti gli esseri umani il fondamentale diritto umano a vivere, che in concreto significa anche il diritto di tutti gli esseri umani a muoversi sul pianeta che e' a tutti noi comune alla ricerca di un luogo in cui poter vivere in pace e dignita'.

Piaccia o dispiaccia, le migrazioni sono la conseguenza della feroce oppressione che il modello di sviluppo trionfante ed i sanguinari poteri dominanti hanno imposto sul mondo: nessuna misura repressiva potra' fermare i processi migratori finche' alla maggioranza del genere umano sara' reso impossibile di avere una vita sicura e degna nel proprio paese d'origine.

E quindi mentre occorre che tutti ci adoperiamo a contrastare il regime di apartheid planetario che ai quattro quinti dell'umanita' nega la stessa qualita' di esseri umani, occorrono azioni costruttive immediate per fermare le stragi e venire in socccorso delle sorelle e i fratelli in fuga dall'orrore e dalla morte.

E quindi una cosa da fare subito e senza esitazioni, lo predichiamo da anni, e' garantire a tutti - e diciamo tutti - gli esseri umani che nel loro paese non vedono riconosciuti i diritti che il nostro paese (e perlomeno il nostro ordinamento giuridico e la sua legge fondamentale) riconosce ai cittadini italiani, a venire qui. Ad entrare in Italia e in Italia trovare salvezza. Come recita il comma terzo dell'articolo 10 della Costituzione della Repubblica Italiana.

E' stabilito dalla legge su cui si fonda tutto il nostro ordinamento giuridico, il nostro stato di diritto, la nostra democrazia: sarebbe ora di cominciare ad applicarla.

E per fare questo occorre anche un provvedimento amministrativo urgente piu' di ogni altro: che lo stato italiano istituisca un servizio di trasporto pubblico e gratuito per quanti nel nostro paese vogliono venire fuggendo la fame, la guerra, le persecuzioni e  la morte. Non sara' facile organizzarlo, ma occorre muovere in questa direzione. Non sara' facile costruire il consenso su questo, ma occorre muovere in questa direzione.

E vadano alla malora gli accordi razzisti e assassini di Schengen; e vadano alla malora le leggi nazifasciste come quella che reca la firma di due prominenti ministri in carica. Si rinegozino gli accordi europei; e si abroghi la legge razzista e incostituzionale.

La scelta e' tra salvare vite umane, o esser nel novero degli assassini.

Ciascuno scelga quale e' la sua parte.

 

8. PER FARLA FINITA CON LE CICALATE SU "IMPERO" E "MOLTITUDINI"

 

Lo sappiamo: sono etichette di appartenenza per essere ammessi al club; e vezzi linguistici, ma di superficialita', ci si passi l'ossimoro, abissale.

Non sono strumenti ermeneutici ma maschere per far dimenticare con nuove corbellerie le corbellerie dette in passato e per occultare la banalita' sotto il velame delli versi strani.

Cosi' una parola poetica come "moltitudine" viene profanata da un uso scempio e irriflesso, e diventa ridicola (lo stesso accadde anni fa alla parola, anch'essa bellissima, "virtuale", che e' stata degradata all'equivalente di una cloaca).

Ed un termine di onusta tradizione ma di eccessiva polivalenza come "impero" si cerca di sostituire con una sorta di mentale e ideologico gioco delle tre carte all'inadeguatezza di categorie consolidate per descrivere gli sviluppi ultimi del capitalismo e dell'imperialismo: ma noi abbiamo bisogno di piu' chiarezza analitica ed ermeneutica e non di maggior genericita' e confusione; invece di scrivere nuovi e tanto logorroici quanto sfocati libri forse sarebbe piu' utile rileggere quelli vecchi ma sempre nutrienti di Marx e della Luxemburg e di Mariategui, o le analisi queste si' nuove e feconde che ci vengono dal sud del mondo: da Enrique Dussel a Vandana Shiva.

Forse se cominciassimo anche a rispettare le nostre stesse parole ci verrebbe piu' facile rispettare le parole e i pensieri altrui, e le altre persone.

 

9. POSSIAMO FERMARE LA GUERRA. MA NON BASTANO LE FIACCOLE E GLI STENDARDI: OCCORRE LA NONVIOLENZA

 

La guerra in Iraq e la partecipazione italiana ad essa vengono preparate con accelerazione crescente. Ma opporci al suo scatenamento e' possibile oltre che necessario. il nostro potere di oppositori della guerra e' grande, ma dobbiamo deciderci a usarlo.

Le iniziative in programma nei prossimi giorni sono buone e giuste, e' importante che siano partecipate quanto piu' possibile. Ma non bastano.

Occorre uscire dalla subalternita': non dobbiamo sentirci minoranza lagnosa che impotente protesta, ma forte maggioranza che puo' e deve sconfiggere i guerrafondai stragisti e fuorilegge.

Ma per uscire dalla subalternita' dobbiamo uscire anche dalle ambiguita'.

E per uscire dalle ambiguita' che ci indeboliscono, screditano e persino ridicolizzano, occorre fare una scelta preliminare e indispensabile: la scelta di essere non solo oppositori della guerra, ma anche costruttori di pace e di giustizia.

Ma per inverare questa scelta occorre un passo decisivo: la scelta della nonviolenza.

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Se, e solo se, facciamo questa scelta, la scelta della nonviolenza, e ridefiniamo il sentire e l'agire del movimento per la pace intorno a questa scelta, la scelta della nonviolenza, allora e solo allora la nostra azione puo' essere concreta ed efficace.

Siamo onesti: fare i cortei o appendere le bandiere servira' pur a qualcosa, ma e' poco.

Nel '91, nel '99 e nel 2001 ci spolmonammo a furia di cortei, con esito risibile (anzi: molti cortei furono decisamente controproducenti ed autolesionistici).

E le bandiere e gli stracci di pace sono una buona trovata pubblicitaria, un buon promemoria collettivo, ma nulla piu'. Beninteso: la pubblicita', ovvero il rendere pubblico il nostro sentire, va benissimo, ma rischia di essere recuperata assai facilmente dalla societa' dello spettacolo.

Occorre altro, e per realizzare questo altro che occorre, occorre la scelta della nonviolenza.

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E l'altro che occorre e' questo:

1. Addestrarci tutti alla nonviolenza: subito, a livello di massa, investendo tutti i nostri formatori, per malmessi e inadeguati che siano, in un lavoro che deve cominciare subito dove non e' cominciato, e continuare a marce forzate dove cominciato e' gia', di formazione di massa ai valori, alle tecniche, alle strategie della nonviolenza: tutte e tutti, qui e adesso.

2. Studiare e preparare delle azioni dirette nonviolente vere (non le sciocchezzuole spacciate sotto questo nome che della nonviolenza non hanno ne' il rigore morale ne' la forza materiale) per contrastare l'apparato bellico.

Nel '99 l'unica azione che fu pensata e realizzata in Italia con questa logica di contrasto nonviolento concreto della macchina bellica fu quella delle mongolfiere della pace, ovvero il progetto di bloccare i decolli dei bombardieri ostruendo lo spazio aereo di decollo antistante e sovrastante le piste di partenza degli aerei stragisti. Se avessimo persuaso migliaia di persone a quell'azione, avremmo potuto materialmente bloccare per giorni e forse per settimane i bombardieri che partivano dal territorio italiano, e dare una indicazione a livello internazionale di come la nonviolenza puo' (valorizzando favorevoli circostanze come quelle date in Italia dalla vigenza dell'art. 11 della Costituzione e da un ancor vasto sentire democratico) affrontare e sconfiggere operativamente, sul terreno, la macchina bellica piu' potente del mondo.

Ahime', non fummo ascoltati, e quell'iniziativa potemmo realizzare solo per poche ore e con un piccolissimo numero di partecipanti. Ma questa e' la via: azioni dirette nonviolente fatte da amici della nonviolenza preparati e adeguati, consapevoli e saldi, che contrastino concretamente la macchina bellica e la sconfiggano sul terreno.

Le iniziative meramente simboliche non servono a granche' se non a soddisfare il narcisismo, le facciano altri. Gli amici della nonviolenza devono essere capaci di condurre la loro lotta contro la violenza con efficacia reale.

3. Preparare una campagna di disobbedienza civile di massa in difesa della pace e della legalita' costituzionale che miri a bloccare la catena di comando del potere politico e amministrativo che la partecipazione italiana alla guerra decidesse. Anche qui, occorre assoluta chiarezza e disciplina nell'iniziativa: tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente tutti i termini della campagna che deve essere anch'essa rigorosamente nonviolenta, tutti devono aver partecipato alla sua elaborazione discussione e preparazione, tutti devono aver partecipato a incontri di preparazione e chiarimento e addestramento di se stessi, tutti essere coscienti dei rischi che personalmente si corrono, tutti accettare di attenersi rigidamente alle regole condivise, tutti essere disposti a personalmente subire rappresaglie e persecuzioni, tutti persuasi ad agire esclusivamente in modo nonviolento. Occorre anche per questo un forte addestramento alla nonviolenza.

4. Lanciare subito la parola d'ordine dello sciopero generale contro la guerra e in difesa della legalita' costituzionale, e iniziare a prepararlo, nelle menti e negli animi, ma anche organizzativamente e logisticamente. Si tratta di porsi l'obiettivo di paralizzare il potere politico fuorilegge e stragista, di sollevare il paese in una serena ma ferma prova di forza radicata nel rispetto della legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, in difesa della pace e della vita di tutti gli esseri umani; in esplicita e dichiarata difesa della legalita' costituzionale e del diritto internazionale; in esplicita e dichiarata difesa dell'umanita'.

5. Denunciare quel governo, quel parlamento e quel capo dello stato che decidessero la partecipazione italiana alla guerra come golpisti e stragisti, per aver violato (e non sarebbe la prima volta, per molti di loro) l'articolo 11 della Costituzione; chiedendo il loro arresto per violazione della Costituzione (cui hanno giurato fedelta' e di cui il capo dello stato dovrebbe essere supremo garante) e crimini contro l'umanita'. Ma anche per realizzare questa iniziativa, che deve essere di massa e non simbolica ma concretamente effettuata da piu' persone possibile, rivolta a tutte le forze dell'ordine e a tutte le istanze del potere giudiziario, occorre che il movimento per la pace abbia una posizione limpida, senza ambiguita' alcuna: una posizione nonviolenta di difesa della legalita' democratica, di difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani, di difesa della pace, della verita' e della giustizia, di difesa della (e fedelta' alla) Costituzione della Repubblica Italiana. Gli sciocchi e i vanesi che fanno l'elogio dell'illegalitarismo sono effettualmente complici dei guerrafondai. Nessuna ambiguita' e gigioneria sono ammissibili se vogliamo davvero cercar di fermare la guerra.

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Ma perche' tutto cio' sia possibile occorre una scelta preliminare, che a tutti coloro che vogliono battersi contro la guerra dobbiamo chiedere di fare, adesso, e veramente "senza se e senza ma": la scelta della nonviolenza, senza di cui si restera' impotenti a fare le sfilate, i tedofori e gli sbandieratori, o peggio i manichini nei salotti televisivi, mentre gli aerei porteranno l'orrore e la morte in Iraq.

E' questa l'ora della decisione.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 114 del 19 febbraio 2013

 

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