Telegrammi. 729



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 729 del 4 novembre 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Un appello del Movimento Nonviolento, dell'Associazione per la pace, di Peacelink e del Centro di ricerca per la pace di Viterbo per il 4 novembre: Ogni vittima ha il volto di Abele

2. Gabriella Achilli: La guerra non e' mai la soluzione

3. Vittorio Bellavite: Dalla verita' sul passato la scelta della nonviolenza

4. Donatella Di Cesare: Shalom. La pace prima della guerra

5. Lorenzo Guadagnucci: Nulla da festeggiare

6. Flavio Lotti: E' tempo di cambiare

7. Simonetta Pellegrini: Dalla memoria delle vittime un rinnovato impegno per la pace

8. Brunetto Salvarani: Solo dialogando ci si aprira' al dialogo

9. Massimo Scalia: Commemorare le vittime

10. Il 3 novembre si e' svolto a Viterbo un incontro di riflessione contro il razzismo e contro la guerra

11. La "Carta" del Movimento Nonviolento

12. Per saperne di piu'

 

1. INIZIATIVE. UN APPELLO DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO, DELL'ASSOCIAZIONE PER LA PACE, DI PEACELINK E DEL CENTRO DI RICERCA PER LA PACE DI VITERBO PER IL 4 NOVEMBRE: OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".

Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.

Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.

*

Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.

Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.

Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.

Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.

*

A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.

Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.

Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

*

Movimento Nonviolento

per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Associazione per la pace

per contatti: tel. (+39) 348392146, e-mail: luisamorgantini at gmail.com, sito: www.assopace.org

Peacelink

per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it

Centro di ricerca per la pace di Viterbo

per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

2. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. GABRIELLA ACHILLI: LA GUERRA NON E' MAI LA SOLUZIONE

[Ringraziamo Gabriella Achilli (per contatti: g.achilli at provincia.milano.it) per questo intervento.

Gabriella Achilli siede nel Consiglio provinciale di Milano come capogruppo. Per quaranta anni ha svolto il proprio lavoro e il proprio impegno sociale nelle comunita' di San Giuliano Milanese, dove vive, e di San Donato Milanese, dove e' stata sindaco. Accanto all'impegno politico, si dedica da anni al volontariato, in particolare a sostegno delle persone disabili e delle loro famiglie]

 

La guerra non e' mai la soluzione, e' sempre una sconfitta della ragione e del dialogo. Purtroppo nel mondo sono ancora troppi i conflitti che ci dicono che c'e' ancora tanta strada da percorrere per fermarli. Ogni morte, ogni vittima delle guerre e' un richiamo per tutti noi, sulle nostre responsabilita' dirette e indirette. Sono convinta che oggi, in tempi di globalizzazione ma anche di poverta' sempre piu' diffusa e cambiamenti, occorra investire soprattutto nelle relazioni tra Paesi e nella diplomazia.

Insieme possiamo fare molto per fermare le ingiustizie sociali e la scarsita' di risorse che in alcune parti del mondo sono ancora la causa principale di lotte sanguinarie. Le conseguenze delle guerre rimangono nel tempo, trascinano con se' dolore e distruzione. Per questo mi auguro che il 4 novembre sia l'occasione per tutti noi di riflettere sul non senso della guerra e della morte che porta con se', sulla necessita' di percorrere la via della parola e del dialogo.

 

3. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. VITTORIO BELLAVITE: DALLA VERITA' SUL PASSATO LA SCELTA DELLA NONVIOLENZA

[Ringraziamo Vittorio Bellavite (per contatti: vi.bel at iol.it) per questo intervento.

Vittorio Bellavite, docente, coordinatore nazionale di "Noi Siamo Chiesa", da molti anni una delle figure piu' vive del movimento dei cristiani per il socialismo e dell'esperienza delle comunita' di base, e' da sempre impegnato nei movimenti di pace e di solidarieta']

 

Il 4 novembre, per quelli della mia generazione, ha significato, per l'educazione che abbiamo ricevuto, l'orgoglio nazionale, il patriottismo, la conclusione del Risorgimento,  i "medaglioni" (biografie degli "eroi" imparate a memoria a scuola). Ora la storiografia ha ribaltato questa immagine oleografica e patriottarda. La verita' e' venuta a galla, per chi la vuole conoscere. Ma tutti hanno il diritto di sapere, i nostri figli, i nostri nipoti. Come viene insegnata la Grande Guerra nelle nostre scuole? Per moltissimi di noi la presa di coscienza sulla guerra parte proprio dall'informazione sul '15-'18.

Questi i nostri punti fermi:

- nel giudizio sui 150 anni dell'Unita' d'Italia non si puo' fare un trionfalismo comodo che si ferma al 1870. Di tutto bisogna parlare, anche dei settantacinque anni successivi. Essere leali alla nostra Repubblica esige verita' sul passato;

- e il giudizio sul quattro novembre non puo' fermarsi asetticamente a quella vicenda drammatica e a quella vittoria disastrosa. Esso, connesso con i successivi ventisette anni, deve fondare una teoria e una pratica della nonviolenza attiva, che e' ora purtroppo di  ristrette minoranze;

- il pacifismo generoso, che pure esiste nel nostro paese, si scontra contro una logica bipartisan che, nel nostro paese, alimenta come cosa normale la permanenza e il rafforzamento di tutte le strutture militari (che sono esentate in questo periodo di grave crisi da qualsiasi taglio di risorse) e tanti interventi diretti (Kossovo, Iraq, Afghanistan, Libia) che non sono stati di pace, nonostante tutta la propaganda che li ha supportati;

- anche la Chiesa cattolica, nelle sue espressioni istituzionali, non sfugge, in questi anni, a silenzi o a espressioni di comodo sulle questioni della pace e della guerra. Mi riferisco all'enciclica Caritas in Veritate e al recente discorso di Benedetto XVI nell'incontro del 27 ottobre ad Assisi con tutte le religioni. Siamo ben lontani dalla Pacem in Terris e dall'intervento di Giovanni Paolo II contro la guerra in Iraq. In Italia, poi, il sistema dei cappellani militari e' piu' vivo e vegeto che mai ed ogni militare morto in Afghanistan viene celebrato come un "martire difensore dei diritti umani e della pace";

- si puo' fare qualcosa domani quattro novembre (e in seguito) anche di limitato ma che puo' avere una sua immagine e, forse, una qualche efficacia pedagogica, nella linea di quanto proposto dal Movimento Nonviolento. Per esempio, si puo' contestare, con le parole giuste, la retorica del ricordo, nei luoghi dove esso si celebra davanti agli innumerevoli monumenti ai caduti e durante le messe di suffragio. A Milano, per esempio, si sta proponendo di cambiare il nome di una piazza importante, quella intitolata al generale Cadorna. Sarebbe una proposta che la giunta Pisapia dovrebbe condividere.

 

4. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. DONATELLA DI CESARE: SHALOM. LA PACE PRIMA DELLA GUERRA

[Ringraziamo Donatella Di Cesare (per contatti: donadice at aol.com) per questo intervento.

Donatella Di Cesare, gia' allieva di Gadamer, docente di filosofia del linguaggio, e' acuta studiosa della riflessione filosofica contemporanea; dal sito dell'Universita' di Roma "La Sapienza" riportiamo la seguente notizia: "Donatella Di Cesare e' professore ordinario di Filosofia teoretica presso il Dipartimento di Filosofia dell'Universita' "La Sapienza" di Roma. Ha studiato a Roma, Tubingen e Heidelberg. Ha conseguito il Dottorato con Eugenio Coseriu nel 1982. Nel 1996 ha ottenuto la borsa di studio Alexander von Humboldt presso Hans-Georg Gadamer all'Universita' di Heidelberg; in questa universita' ha compiuto ricerche anche presso la Hochschule fur Judische Studien. E' stata professore ospite in diverse universita' tra cui Colonia e Friburgo (Germania); e' stata "Distinguished Visiting Professor of Arts and Humanities" alla Pennsylvania State University (Stati Uniti - 2007). Ha tenuto conferenze in numerose citta' europee (Madrid, Berlino, Parigi) e americane (Seattle, Washington, Chicago, Boston). Fa parte del comitato di redazione delle riviste: "Internationales Jahrburch fur Hermeneutik", "Philosophisches Jahrbuch"; e' membro Comitato scientifico della "International Wittgenstein-Society". Ha un Erasmus con Freiburg, Tubingen (Germania), Sevilla (Spagna), Stoccolma (Svezia). Gli ultimi libri pubblicati sono: Grammatica dei tempi messianici, Giuntina, Firenze 2011 (Grammaire des temps messianiques, Hermann, Paris 2011); Gadamer, Il Mulino, Bologna 2007 (Gadamer - Ein philosophisches Portraet, Mohr Siebeck, Tubingen 2009); Ermeneutica della finitezza, Guerini & Associati, Milano 2004; Utopia del comprendere, il nuovo melangolo, Genova 2003"]

 

Anni di guerra sono quelli in cui viviamo, sebbene la parola sembri troppo limitata per tutto cio' che dovrebbe designare. Eppure l'etimologia ci ricorda che "guerra" viene dal germanico *werra che significa "mischia". La parola non e' allora cosi' sbagliata per indicare quella situazione di scompiglio, frastuono, sconcerto, smarrimento, divenuta esperienza quotidiana. Da un pozzo vertiginoso, che l'umanita' della fine del novecento sembrava avesse per sempre sigillato, e' riemersa la barbarie prodotta dalla guerra, e insieme quella che della guerra si fa vanto e gloria. Bombardamenti, raid aerei, battaglie, attentati, assassinii, torture, decapitazioni, violenze, infanticidi, stupri, tradimenti sono parole subdolamente entrate nel nostro linguaggio quotidiano. E lo stesso si puo' dire per quelle parole di valore opposto e ben piu' elevato che tuttavia avremmo volentieri fatto a meno di sentire, e di sentire tanto spesso: piani strategici, gesti eroici, volontari, truppe di pace.

Forse il pozzo vertiginoso non era stato ben sigillato? E per quale funesto accidente va riaprendosi? Oppure quella vertigine fa parte dell'umanita' e della sua storia, ne e' anzi l'essenza o - come ci ripetono pensatori dell'ultima ora - il suo supremo destino?

Prima o poi la guerra scoppiera'. Male da evitare, la guerra e' ben lontana dall'essere considerata un male assoluto. Come se fosse anzi lo sbocco naturale della convivenza civile. Rimedio ineluttabile, farmaco piu' o meno amaro di una umanita' periodicamente malata, la guerra sembra imporsi nella sua naturalita'; sarebbe un "fatto fisiologico". Ma si puo' pensare altrimenti? Si puo' spezzare quel cerchio per cui si ricerca la pace preparando la guerra?

La cultura bellica trionfa, tenace e inarrestabile. Le tante guerre combattute per procura, attraverso corpi di soldati scelti e professionisti, dovrebbero contribuire - rimedi di rimedi - alla grande impresa bellica di pre-venire, pre-cedere, pre-correre (anticipare?) all'infinito l'apocalisse nucleare. Ma in un tale ordinamento, in un tale sistema, di mondo e di pensiero, mentre la pace, che seguita a definirsi in negativo, a partire dalla guerra, o dall'assenza di guerra, non puo' essere se non una "pace dei morti", la guerra - grande e piccola, quella del carro armato e del gesto violento della quotidianita' - resta il fulcro rovente e accecante della vita umana, impulso del suo essere e del suo divenire, piu' vitale della vita stessa, come se questa non potesse esistere senza la guerra.

Questa sembra essere, oggi piu' che mai, la concezione quasi ovvia. E la pace, d'altra parte, continua ad essere definita in negativo, come una sconfitta temporanea della guerra, una rivalsa provvisoria dell'etica sulla politica; percio' non potrebbe mai essere raggiunta in un tempo futuro, ma solo perseguita all'infinito. Anche Kant, che scrive sulla "pace perpetua", vede il male come condizione del bene, la guerra come condizione della pace.

Il "pacifismo" non fa eccezione e pensa sempre la pace come rifiuto della guerra - un rifiuto che appare ingenuo e volontaristico, perche' alla volonta' di potere che afferma la guerra oppone una volonta' (non meno violenta) di potere che afferma la pace. E' questo lo svantaggio del pacifismo: non uscire dal circolo per cui si cerca la pace preparando la guerra.

Ma si puo' pensare altrimenti? Il pensiero ebraico piu' recente ha cercato di rispondere a questa domanda che, dopo Auschwitz, ha assunto un rilievo del tutto diverso. Perche' la Shoah, il baratro che si apre tra le due grandi guerre del Novecento, ha mutato l'esperienza e il concetto di "guerra" che e' divenuta "guerra totale". L'annientamento del popolo ebraico ha mostrato - per Levinas - che non c'e' piu' un "Me al di la' della guerra". Nessuno sfugge piu' alla furia sterminatrice della nuova guerra totale e totalizzante.

Si dischiude allora un varco? Si apre una via d'uscita dalla logica totalitaria della guerra che, nella sua tragicita', ha ritmato la storia dell'occidente? Bastera' capovolgere la prospettiva, pensare cioe' che la pace viene prima della guerra, per scoprire che non e' l'io, ma e' l'altro a portare al di la' della guerra. Non e' la preoccupazione per me, ma e' la preoccupazione per l'altro il gesto etico dell'evasione e dell'esodo. Il che vuol dire anche che la pace non va rinviata ad una fine di la' da venire. Il circolo si spezza e la guerra e' interrotta da una pace altra, una pace piu' antica della guerra e del suo ordine: non la pace della non aggressione, ma la pace che non e' indifferente alla differenza dell'altro.

In questa torsione dell'io verso l'altro si compie ogni volta, nel suo incondizionato valore etico, l'obbligo della Tora': "non ucciderai".

 

5. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. LORENZO GUADAGNUCCI: NULLA DA FESTEGGIARE

[Ringraziamo Lorenzo Guadagnucci (per contatti: guadagnucci at libero.it) per questo intervento.

Lorenzo Guadagnucci, giornalista, e' fra i fondatori del Comitato Verita' e Giustizia per Genova e del gruppo Giornalisti contro il razzismo. Ha pubblicato, fra l'altro, Noi della Diaz (Altreconomia 2002); Il nuovo mutualismo (Feltrinelli 2007); Parole sporche (Altreconomia 2010)"; L'eclisse della democrazia (con Vittorio Agnoletto, Feltrinelli 2011). Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 359]

 

La festa del 4 novembre non e' solo il frutto di una stucchevole retorica militarista, e' anche un estremo e violento paradosso storico. Si festeggia, o si pretende di festeggiare, una "vittoria", ossia la fine della prima guerra mondiale, che fu in realta' un odioso massacro, nel quale perirono masse di cittadini, appena arruolati - e' il caso di dirlo - nello stato italiano e inviati al fronte a sostenere inutili e sanguinose battaglie. Si celebra in questa data un evento tragico, che segno' anche il tramonto di grandi ideali di rinnovamento sociale e di fratellanza fra i popoli.

Il dilemma sull'entrata in guerra, all'inizio del secolo scorso, spacco' il socialismo internazionale, che pareva destinato a disegnare un nuovo modo di guardare al mondo, lontano dai nazionalismi che hanno segnato tragicamente la storia europea. Sappiamo come ando'. Le sinistre di ogni paese si allinearono ai poteri dominanti in nome dell'unita' nazionale e della difesa (o meglio della volonta' di potenza) della patria e si arrivo' a una guerra fratricidia che fece da premessa allo sfacelo delle societa' europee, aprendo la strada a fascismo e nazismo.

Non c'e' proprio nulla da festeggiare. Il 4 novembre e' una data che dovrebbe farci arrossire di vergogna e che puo' avere oggi un'unica utilita': ricordare ai cittadini che coltivano ideali di giustizia sociale, quali e quanti errori sono stati commessi per non "tradire la patria" e per seguire la logica militarista e violenta che i poteri costituiti indicano come "naturale" e che i piu' accettano per pigrizia e conformismo.

Il 4 novembre, al giorno d'oggi, puo' servire solo a ricordare che siamo un paese in guerra e che la guerra e' diventata una condizione pressoche' permanente della nostra societa', al punto che in piena crisi economica, alla vigilia di un possibile se non probabile fallimento delle finanze pubbliche, di tutto si parla meno che dei necessari (e benefici) tagli delle insensate spese militari che stiamo sostenendo.

Siamo alla paralisi delle coscienze, siamo all'annichilimento del pensiero critico. Per i cittadini coscienti di se', e' il momento di ribellarsi, di farsi sentire, di rivendicare il diritto di scegliere (e di rigettare la festa del 4 novembre e tutto cio' che rappresenta).

 

6. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. FLAVIO LOTTI: E' TEMPO DI CAMBIARE

[Ringraziamo Flavio Lotti (per contatti: tavola at perlapace.it) per averci inviato come contributo questo intervento dal titolo completo "Forze Armate: E' tempo di cambiare!".

Flavio Lotti e' coordinatore nazionale della Tavola della Pace, la principale rete pacifista italiana, organizzatrice della marcia Perugia-Assisi]

 

Oggi e' la Festa delle Forze Armate, ma, coi tempi che corrono, non c'e' proprio nulla da festeggiare. Anzi e' arrivato il tempo di ripensare un'istituzione pubblica che ci costa ventisette miliardi di euro all'anno, dove si spende male e si spreca moltissimo. Domandiamoci: A che ci serve mantenere 178.600 militari in servizio quando ne impieghiamo al massimo trentamila? Perche' accettiamo che nel frattempo la polizia continui ad essere gravemente sotto organico? A che ci serve avere un generale ogni 356 soldati e un maresciallo ogni tre militari in servizio (in tutto 500 generali e 57.000 marescialli)? A cosa ci servono due portaerei, 131 cacciabombardieri, 400 carri armati e centinaia di altre armi che non potranno e dovranno essere mai utilizzate? Perche' vogliamo costringere i giovani a pagare il conto delle armi che vogliamo ancora costruire? Perche' continuiamo a mantenere quattromila soldati in Afghanistan quando tutti sanno che dieci anni di guerra non hanno risolto alcun problema? E ancora (sono le domande puntuali del generale Fabio Mini): perche' illudiamo i giovani sulle prospettive d'impiego e buttiamo i soldi facendoli giocare alla guerra? Perche' arruoliamo volontari per un anno quando abbiamo sempre detto che non basta per addestrare, non basta per mandarli all'estero e uno di loro costa complessivamente come uno in servizio permanente? Perche' continuiamo a reclutare ufficiali e sottufficiali e li promuoviamo come se in futuro dovessimo avere dieci corpi d'armata? Perche' diciamo di avere un esubero di marescialli che comunque sono gia' addestrati e una vita operativa futura di pochi anni e li vogliamo rimpiazzare con un ugual numero di sergenti da formare, addestrare e tenere in esubero per i prossimi 40 anni? Perche' avevamo uno "scandalo" di comandi centrali e periferici ridondanti e oggi li abbiamo moltiplicati senza migliorarne l'efficienza? Perche' dobbiamo lasciare alla speculazione e all'abusivismo gli immobili militari dai quali sappiamo di non ricavare nulla di significativo? Perche' facciamo gravare gli oneri della crisi sul personale e non tocchiamo i contratti esterni, gli appalti, le forniture e gli sprechi?

La risposta a tutte queste (e a molte altre) domande e' un atto dovuto a tutti i giovani che non riescono a trovare un lavoro, a chi lo sta perdendo, a chi pur lavorando tantissimo non riesce a vivere dignitosamente, a tutti quelli a cui i tagli del governo stanno rendendo la vita impossibile.

In poche parole: non possiamo tollerare uno spreco cosi' enorme, non ce lo possiamo piu' permettere. Dobbiamo programmare un taglio radicale delle spese. Dobbiamo ripensare in che modo e con quali strumenti vogliamo garantire la sicurezza del nostro paese e dell'Europa. E' un dovere improrogabile!

Post scriptum. Oggi, 4 novembre, ricordiamo le vittime innocenti di tutte le guerre e di tutte le nazionalita', dai seicentocinquantamila italiani che sono stati ammazzati "nell'inutile strage" della prima guerra mondiale ai quarantacinque militari italiani che hanno perso la vita in Afghanistan, i feriti, i mutilati, gli invalidi e tutti i loro familiari. Con questo spirito oggi rinnoviamo il triplice appello di Assisi: Mai piu' guerra! Mai piu' terrorismo. Mai piu' violenza!

 

7. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. SIMONETTA PELLEGRINI: DALLA MEMORIA DELLE VITTIME UN RINNOVATO IMPEGNO PER LA PACE

[Ringraziamo Simonetta Pellegrini (per contatti: simonetta.pellegrini at provincia.siena.it) per questo intervento.

Simonetta Pellegrini e' assessore all'Istruzione e alle Politiche sociali della Provincia di Siena. Dal sito della Provincia di Siena riprendiamo la seguente scheda: "Nata a Siena il 7 marzo 1950, laureata in Pedagogia, insegnante. Il mondo della scuola e l'impegno nel sociale sono sempre stati al centro delle sue attivita'. Fin dai primi anni d'insegnamento e' attiva nel sindacato della Cgil scuola, con incarichi negli organismi dirigenti, fino a diventare segretaria provinciale nel 1985. Nel 1989 viene eletta nella segreteria nazionale della Cgil scuola, e si occupa in particolare dei settori della scuola dell'infanzia e della scuola primaria. Dal 1996 al 2003 fa parte della segreteria confederale della Cgil Toscana, con incarichi nell'ambito della sanita', del sociale, delle politiche dell'ambiente. Ritornata all'attivita' d'insegnamento, che attualmente svolge in una scuola secondaria di primo grado, si impegna in associazioni politiche e culturali legate ai temi delle donne, dei diritti, dell'ambiente; fa parte del coordinamento dell'associazione degli ecologisti democratici. Nel giugno 2006 viene eletta nel Consiglio comunale di Siena ed e' presidente della commissione Cultura e scuola. Proveniente dal partito Ds, nel quale ha ricoperto incarichi negli organismi dirigenti comunali e provinciali, si e' impegnata per la costruzione del Partito Democratico senese e fa parte attualmente della direzione provinciale e dell'esecutivo dell'unione comunale di Siena"]

 

Il 4 novembre rappresenta per la nazione italiana una data importante quanto drammatica. Novantatre anni fa, infatti, con la fine della prima guerra mondiale, si concludeva un ciclo storico, quello dell'Unita' d'Italia.

I fatti di Vittorio Veneto segnarono la fine della guerra sul fronte italiano e, a detta di molti storici, in quella terribile circostanza (poiche' terribili sono tutte le guerre e le battaglie che con le armi vengono combattute) si videro unire gli sforzi e i sentimenti patriottici del popolo italiano, al punto da poter dire che proprio la', a Vittorio Veneto, si compi' l'ultimo atto del nostro Risorgimento.

Ma tutto cio', purtroppo, fu pagato, su ambedue i fronti (quello italiano e quello austriaco) con il prezzo di tante, troppe vite umane, con sacrifici e condizioni di vita davvero tremendi. Questi, solo per l'Italia, sono i tristi numeri: furono mobilitate 5.615.000 persone, 650.000 i morti, 947.000 i feriti, 600.000 dispersi o prigionieri, 31.000 le vittime civili.

Oggi il pensiero va giusto a costoro. Quasi fossero pensati ad uno ad uno, con il loro volto, le loro paure, il loro coraggio, i lori affetti, i loro pensieri.

La storia opera necessariamente delle sintesi, fornisce dei numeri, fa dei singoli un insieme. Ma a noi, oggi, piace fare memoria di quelle persone, come per onorarle singolarmente, come ci fossero padri, madri, fratelli, figli, amici carissimi.

In nome loro, dunque, va rinnovato un impegno per la pace, perche' i conflitti non si risolvano mai piu' con le guerre, ma con gli strumenti del confronto, del dialogo, della diplomazia, del buon senso.

Proprio quest'anno che ci ha visto celebrare i 150 anni dell'Unita' d'Italia, credo sia significativo ridefinire, nell'attuale frangente storico, un corretto senso di patria e di Stato ispirato alla civile convivenza, al bene comune, e non certamente a bieche chiusure ed egoismi. Nella consapevolezza che si e', al contempo, cittadini di una nazione (di cui andiamo orgogliosi e che vogliamo unita) e cittadini del mondo intero. Consapevoli che debba comunque ritenersi irrinunciabile il valore dell'unita' di una nazione, cosi' come il valore della "inclusione" (e non della esclusione). Tali sono le premesse della pace.

 

8. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. BRUNETTO SALVARANI: SOLO DIALOGANDO CI SI APRIRA' AL DIALOGO

[Ringraziamo Brunetto Salvarani (per contatti: brunetto at carpinet.biz) per questo intervento.

Brunetto Salvarani, nato a Carpi (Mo) il 14 luglio 1956 e ivi residente. Teologo, giornalista e scrittore, dirige il mensile di educazione interculturale "Cem Mondialita'" e il periodico del dialogo cristiano-ebraico "Qol". Si occupa da tempo di dialogo interreligioso, teologia narrativa, interculturalita' e cultura popolare. E' stato a lungo responsabile del Centro Studi Religiosi della Fondazione San Carlo di Modena, fa parte del comitato editoriale della trasmissione di Rai 2 "Protestantesimo" ed e' presidente dell'Associazione italiana degli "Amici di Neve' Shalom - Waahat as-Salaam". Da molti anni collabora con "Settimana" (Edb), ed ha fatto parte della redazione de "Il Regno" (Edb). Fra le sue numerose pubblicazioni: C'era una volta un re... Salomone che scrisse il Qohelet (Paoline '98), In difesa di Giobbe e Salomon. Leopardi e la Bibbia (Diabasis 1998), Per amore di Babilonia (Diabasis 2000), Religioni in Italia (Emi 2001), A scuola con la Bibbia (Emi 2001), Vocabolario minimo del dialogo interreligioso (Edb 2003; 2008 seconda ed. aggiornata e aumentata), In principio era il racconto (Emi 2004), Educare al pluralismo religioso (Emi 2006),  Morte (Emi 2005) e Gesu' (Emi 2006), per la collana interreligiosa "Parole delle fedi", di cui e' ideatore e curatore. Gli ultimi suoi libri sono: Di questa cosa che chiami vita. Il mondo di Francesco Guccini (Il Margine, seconda ed. aumentata e aggiornata 2008, con O. Semellini), Da Bart a Barth. Per una teologia all'altezza dei Simpson (Claudiana 2008), Il muro di vetro (Emi 2009, con P. Naso) e Terra in bocca. Quando i Giganti sfidarono la mafia (Il Margine 2009, con O. Semellini), Renzo Fabris (Emi 2009) e Il vangelo secondo Leonard Cohen (Claudiana 2010, con O. Semellini). Sono usciti a maggio 2011 Il dialogo è finito? Ripensare la Chiesa nel tempo del pluralismo e del cristianesimo globale (Edb 2011) e Gli ebrei cristiani. Sul divino confine, di Renzo Fabris, curato da Salvarani (Qiqajon 2011). E' dottore in Teologia nell'ambito del dialogo cristiano-ebraico e docente di Missiologia e Teologia del dialogo presso la Facolta' Teologica dell'Emilia Romagna di Bologna e presso l'Issr "Beato Contardo Ferrini" di Modena. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 359]

 

La grande sfida dei nostri giorni cattivi e' di evitare una lettura delle differenze esistenti, talora profonde, come uno scontro apocalittico tra Bene e Male, e di rifiutare sempre la demonizzazione dell'altro. Con i credenti chiamati a guardare le diversita' che da sempre accompagnano l'esistenza umana su questo pianeta non come a idoli da adorare, ma potenziali arricchimenti reciproci verso una vita piena d'amore, quell'amore che per tutti i cristiani caratterizza l'essenza di Dio. Processo lungo, difficile, faticoso, sicuramente a caro prezzo: eppure necessario. Solo dialogando ci si aprira' al dialogo...

Del resto, come si legge nella Mishna', trattato Pirke' Avot, in due detti attribuiti a rabbi Tarfon: "La giornata e' corta e il lavoro e' tanto; gli operai sono pigri, il compenso e' abbondante e il padrone di casa incalza. Ma non e' tuo il compito di completare l'opera, ne' sei libero di esentartene".

Ecco perche' il 4 novembre non e' giornata di festa, ma di lutto. La guerra, ce l'ha insegnato un grande papa come Giovanni XXIII, e' fuori da ogni razionalita' umana. Nostro dovere e' tenerlo a mente ogni giorno. Perche' ogni vittima ha il volto di Abele.

 

9. OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE. MASSIMO SCALIA: COMMEMORARE LE VITTIME

[Ringraziamo Massimo Scalia (per contatti: Massimo.Scalia at uniroma1.it) per questo intervento.

Massimo Scalia, docente universitario di fisica matematica, tra i promotori del movimento antinucleare e dell'ambientalismo scientifico in Italia, gia' parlamentare. Dal sito di Greenpeace (www.greenpeace.org) riprendiamo la seguente scheda: "Massimo Scalia, nato a Roma il 27 maggio 1942, e ivi residente, si e' laureato in Fisica nel 1969. E' titolare del corso di Modelli di Evoluzione nelle Scienze Applicate (Fisica Matematica) e insegna Fisica Ambientale presso la Facolta' di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Universita' di Roma "La Sapienza". E' titolare di un programma di ricerca sulla teoria dei sistemi dinamici e sulle applicazioni alla Meccanica (sistemi lagrangiani e hamiltoniani), alla Fisica e alla Biologia. La sua ricerca, dopo gli esordi nella Fisica Teorica Nucleare (decadimenti b, "materia nucleare") , si e' orientata, da trent'anni, sugli aspetti qualitativi dell'evoluzione dei sistemi dinamici (stabilita', turbolenza, caos). Nello stesso periodo, dalla meta' degli anni Settanta, inizia lo studio delle questioni energetiche: impatto ambientale dei diversi tipi di produzione energetica (in particolare del ciclo del combustibile nucleare e aspetti di sicurezza), innovazione tecnologica, bilanci energetici su scala paese e su scala mondo, aspetti economici connessi. E' stato invitato come relatore alle conferenze regionali sull'energia - Basilicata (1978), Piemonte (1979), Puglia (1984) - e alle conferenze sull'ambientalizzazione del carbone di Brindisi e di Lignano Sabbiadoro (entrambe nel 1984). Subito dopo l'incidente di Chernobyl (1986), due periodici nazionali, "Espresso" e "Airone", richiesero dei volumetti divulgativi, per un'ampia tiratura, sul nucleare e sull'energia, che vennero redatti da lui insieme al prof. Gianni Mattioli, e pubblicati. Viene chiamato dal Governo a far parte della Commissione Energia/Economia presieduta da Paolo Baffi (1987), per la preparazione della Conferenza Nazionale sull'Energia. Viene invitato a far parte di varie commissioni scientifiche, attivate da enti locali e territoriali per la valutazione dell'impatto ambientale di impianti di produzione industriale e di energia; in tale contesto sviluppa e pubblica un modello fisico-matematico per descrivere la diffusione in atmosfera di inquinanti (1989). Dal 1981 al 1993, come direttore editoriale del periodico "Quale Energia" - la rivista sull'energia del movimento ambientalista italiano - cura, nelle rubriche piu' strettamente scientifiche della rivista, le analisi di valutazione del rischio di incidenti nucleari, la critica rigorosa ai diversi piani energetici del Governo ("I conti sbagliati del Piano energetico nazionale") e l'innovazione tecnologica legata all'uso efficiente dell'energia e alle fonti rinnovabili. Nel 2003-2004 ha fatto parte del gruppo di ricercatori che ha messo a punto il "Progetto Arese" per una mobilita' sostenibile, commissionato all'Enea dalla Regione Lombardia, curando in particolare l'analisi energetica e dei costi per i diversi modi di produzione da fonti rinnovabili dell'idrogeno insieme ai professori Gianni Mattioli ("La Sapienza") e Vincenzo Naso (direttore del Cirps). Nel luglio 2004 e' stato nominato, su indicazione della Regione Basilicata, componente della Commissione tecnico-scientifica per l'emergenza sulla sicurezza nucleare (Dpcm 3355/04, prorogata con Dpcm del 17/2/06). In relazione a tali problemi ha pubblicato: "Una strategia per la gestione delle scorie nucleari" (Geologia dell'Ambiente, n. 2, 2004), dove si illustra la ricerca fisica fondamentale in corso (Ads, laser) per affrontare la questione delle scorie radioattive di emivita lunghissima. E' stato deputato del Parlamento italiano nella X, XI, XII e XIII legislatura (1987-2001). Nella XII e XIII legislatura e' stato presidente della Commissione di inchiesta sui rifiuti. Nei lavori che tale Commissione ha realizzato nella XIII legislatura (1996-2001) ha, tra l'altro, redatto come relatore il primo documento parlamentare che affrontava organicamente la questione delle scorie nucleari, tenendo conto di inderogabili vincoli fisico-geologici e biologici, oltre che normativi, e predisponeva una strategia per la gestione dei rifiuti. Le linee essenziali del documento, approvato all'unanimita' nell'aprile 1999, venivano condivise dal Governo di allora con vari atti conseguenti. Quella strategia e' stata gravemente disattesa (purtroppo, vedi "Decreto Scanzano") nella successiva legislatura (2001-2006)". Tra le opere piu' recenti di Massimo Scalia: con Gianni Mattioli, Nucleare: a chi conviene? Le tecnologie, i rischi, i costi, Edizione Ambiente, Milano 2010]

 

I genocidi delle guerre, che nella storia contemporanea hanno addirittura presieduto alla costituzione di Stati moderni, le stragi di vittime innocenti operate da armi e da armi di distruzione di massa, la violenza armata ma anche la violenza quotidiana senz'armi, il sopruso sui piu' deboli richiamano azioni di morte o di dominio sull'altro, che trovano la loro massima e piu' negativa espressione quando avvengano nel contesto e nell'esercizio del potere statuale. E inarrestabile ed enorme e' il flusso di soldi che ogni Stato dedica alle armi. Per protrarre decine, centinaia di guerre che ogni giorno tormentano l'umanita', per arricchire un capitalismo criminale, per confermare nella violenza il potere degli Stati.

Per questo il 4 novembre, e ogni data che celebra le guerre, va utilizzata invece per commemorare le vittime, momento alto della pieta' civile, ma anche per smascherare pretese neutralita' dell'organizzazione armata dello Stato.

Ogni vittima ha il volto di Abele, ma non tutta la violenza e' riconducibile allo Stato o al Capitale. La nonviolenza deve anche saper fare i conti col lato "oscuro" dell'evoluzione della specie. Quella umana e' infatti l'unica specie che si e' dotata sin dagli albori ancestrali di una capacita' artificiale di offesa, di un di piu' - dal sasso ad arte scheggiato, alla clava - sconosciuto alle altre specie. La commemorazione delle vittime e' piu' vera, la condanna e il ripudio della guerra e della violenza piu' forti, se vengono integrate dalla consapevolezza delle responsabilita' individuali, prima ancora che di quelle collettive.

 

10. INCONTRI. IL 3 NOVEMBRE SI E' SVOLTO A VITERBO UN INCONTRO DI RIFLESSIONE CONTRO IL RAZZISMO E CONTRO LA GUERRA

 

Il 3 novembre 2011 si e' svolto a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace" un incontro di riflessione contro il razzismo e contro la guerra.

L'incontro faceva parte della settimana di iniziative al cui centro vi sara' la commemorazione nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele" del 4 novembre.

 

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

12. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 729 del 4 novembre 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it