Telegrammi. 669



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 669 del 5 settembre 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Dallo sciopero generale all'alternativa nonviolenta

2. L'Istituto Ernesto de Martino ricorda Alberto Mario Cirese

3. Antonio Fanelli ricorda Alberto Mario Cirese

4. Paolo D'Arpini: Lo spirito di Aldo Capitini, nonviolento e vegetariano, alla marcia Perugia-Assisi del 25 settembre 2011

5. Sette domande ad Anna Polo

6. Michela Marzano: Liberta' femminile

7. Giulio Vittorangeli: Nel decennale dell'11 settembre

8. Segnalazioni librarie

9. La "Carta" del Movimento Nonviolento

10. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: DALLO SCIOPERO GENERALE ALL'ALTERNATIVA NONVIOLENTA

 

E' di fondamentale importanza lo sciopero generale del 6 settembre contro la politica economica antipopolare del governo belligerante e razzista, il governo dell'illegalita' e della corruzione.

E dallo sciopero generale venga l'indicazione a forzare le dimissioni del governo golpista, e venga l'indicazione all'arco delle forze democratiche a coalizzarsi in un vero e proprio comitato di liberazione nazionale in difesa della legalita' e della democrazia, per andare al piu' presto alle elezioni con un programma di profonda alternativa politica, economica, sociale. Un programma che abbia tra i suoi elementi caratterizzanti la cessazione della partecipazione italiana alle guerre in corso; l'abrogazione di tutte le misure razziste introdotte illegalmente nel corpus giuridico e nella prassi amministrativa; il drastico taglio alle spese militari; la cessazione dello sperpero dei pubblici denari per le cosiddette "grandi opere" che devastano la biosfera, avvelenano le comunita' locali e favoreggiano l'economia illegale e i poteri criminali; la lotta alla corruzione; la scelta della conversione ecologica dell'economia per fermare la catastrofe ambientale che il modello di sviluppo dominante sta provocando a livello planetario.

Un programma per l'alternativa nonviolenta alla crisi strutturale del modo di produzione caratterizzato dal capitalismo finanziario e dalla globalizzazione neoliberista.

Un programma per l'alternativa nonviolenta: ovvero femminista, ecologista, socialista e libertaria.

Un programma su cui unificare lotte e movimenti, forze politiche e realta' associative, soggetti culturali e aree sociali in un blocco storico consapevole dell'assoluta necessita' di salvare ad un tempo la civlta' giuridica e la convivenza sociale, gli istituti della democrazia e il futuro dell'umanita'.

Lo sciopero generale del 6 settembre e' un passo in questa direzione.

Il passo successivo, ognuno lo vede, e' la marcia Perugia-Assisi del 25 settembre.

 

2. LUTTI. L'ISTITUTO ERNESTO DE MARTINO RICORDA ALBERTO MARIO CIRESE

[Dall'Istituto Ernesto de Martino Per contatti: Villa San Lorenzo al Prato, via degli Scardassieri 47, 50019 Sesto Fiorentino (Fi), tel. 0554211901, fax: 0554211940, e-mail: iedm at iedm.it, web: www.iedm.it, skype: istituto.ernesto.de.martino) riceviamo e diffondiamo]

 

Si e' spento giovedi' sera all'eta' di 90 anni Alberto Mario Cirese. Professore emerito di Antropologia culturale e figura di riferimento per molte generazioni di ricercatori e studiosi di tradizioni popolari.

Cirese e' stato nel 1966 il cofondatore assieme a Gianni Bosio dell'Istituto Ernesto de Martino per il quale scrisse l'importante Premessa allo Statuto di fondazione (vedi il nostro sito) dove venivano gettate le basi teoriche e metodologiche del nostro lavoro. Era legato da una lunga amicizia personale con Bosio, maturata ai tempi della militanza politica nella sinistra socialista che si riconosceva in Lelio Basso.

Ha collaborato a diverse attivita' di ricerca e spettacolo del Nuovo Canzoniere Italiano e per i Dischi del Sole curo' il lavoro sugli Aggius e quello dedicato alla Sardegna da Andreas Bentzon.

Presso le Edizioni del Gallo aveva la direzione della collana "Strumenti di Lavoro - Archivi del Mondo Popolare" incentrata sullo studio filologico della demologia ottocentesca.

Dopo la morte di Gianni Bosio la sua collaborazione con l'Istituto divenne piu' sporadica ma nel corso degli anni ha sempre mantenuto un dialogo con l'Istituto e con Cesare Bermani e negli appelli e nelle sottoscrizioni pubbliche lanciate alla fine degli anni '80 e nei primi anni '90 il suo nome era sempre tra le prime adesioni a nostro favore, al fianco di nomi come quelli di Pietro Ingrao e Vittorio Foa.

Anche nell'ultimo numero della nostra rivista "Il de Martino" (19-20) troviamo una suo contributo.

Nel 2008 ci fece pervenire una lettera di saluto, di auguri e di stimolanti critiche per il nostro Convegno in occasione del Centenario della nascita di Ernesto de Martino.

Continueremo a pensare al suo insegnamento e terremo sempre presente il suo rigore e il suo impegno civile e politico nel nostro lavoro futuro.

Alla moglie Liliana Serafini, al figlio Eugenio, ai nipoti, a tutti i familiari e ai suoi allievi piuì cari, la fraterna vicinanza del Presidente dell'Istituto, dei membri della Giunta esecutiva, del Comitato scientifico, di Clara Longhini, Dante Bellamio, Cesare Bermani, Sandro Portelli, Antonio Fanelli, Giovanna Marini, Rudi Assuntino e tutti i soci e i compagni del "de Martino".

Alberto Cirese riposera' da oggi a Castropignano, nel Molise di suo padre e di tanti preziosi studi.

 

3. LUTTI. ANTONIO FANELLI RICORDA ALBERTO MARIO CIRESE

[Dal quotidiano "Il Manifesto" del 3 settembre 2011]

 

Alberto Mario Cirese amava dire che l'unico modo per onorare uno studioso e' studiarne l'opera. Ed e' per questo che sarebbe stato sicuramente lieto, piu' di qualsiasi ulteriore carica o titolo, di un'attenzione per i propri scritti proiettata verso le nuove generazioni. Il decano dell'antropologia culturale italiana si e' spento ieri a 90 anni e lascia una mole imponente di lavoro testimoniata dalla ricca bibliografia edita da Olschki nel 2011 e curata da Eugenio Testa. Una complessa e variegata produzione che, oltre a migliaia di articoli e decine di monografie (tradotte in inglese, francese, spagnolo, tedesco, croato) include anche il suo fondamentale lavoro di traduzione e presentazione al pubblico italiano di alcuni scritti di Claude Levi-Strauss. L'anziano studioso, dopo una lunga carriera accademica come docente di Antropologia culturale (professore emerito alla "Sapienza" di Roma) era diventato anche un blogger. Il sito www.amcirese.it era il suo archivio in rete, con libera fruizione di molti dei suoi articoli e saggi scientifici e anche alcuni inediti. Una grande lezione di metodo e di etica del lavoro culturale, una formidabile capacita' di adattare alle tecnologie moderne il suo profondo amore per lo studio. Una passione coltivata sin da ragazzo in famiglia, grazie al padre, il poeta molisano Eugenio Cirese. Il computer (che lui chiamava "calcolatore") aveva iniziato a usarlo quando tale strumento era grande come una stanza e riusciva a fare una operazione alla volta. Siamo nei primi anni '60 e Cirese cercava dei modelli formali e logico-informatici da applicare alle tradizioni popolari (novelle, fiabe, canti, etc.), un tema che sara' anche al centro del suo ultimo prezioso libro: Altri se' (Sellerio, 2010).

Era nato ad Avezzano nel 1921 e si era laureato nel 1944 a Roma in Storia delle tradizioni popolari. E' stato per lunghi anni docente all'Universita' di Cagliari e poi a Siena e infine a Roma. Il suo manuale di antropologia di impronta gramsciana Cultura egemonica e culture subalterne (Palumbo, 1973) ha rappresentato per alcuni decenni il testo guida per tutti i ricercatori e gli studenti dell'universita' italiana, superando le concezioni romantiche e positiviste del folklore in nome della connessione aperta da Gramsci tra i fatti culturali e le condizioni socio-economiche.

Da giovane era stato anche un uomo politico della sinistra del Psi e del Psiup, e aveva spesso collaborato con quotidiani e riviste militanti come l'"Avanti!", "Mondo Operaio" e "Paese Sera". Nel 1966 aveva fondato assieme a Gianni Bosio l'Istituto Ernesto de Martino collaborando a spettacoli celebri del canto popolare come "Bella Ciao" e "Ci ragiono e canto" con Dario Fo. Da alcuni anni era diventato molto critico verso i partiti di sinistra e si considerava un "cane sciolto" ma non smetteva di riflettere in modo critico e con scrupolo filologico su alcuni nodi cruciali della cultura italiana del Dopoguerra, sulle polemiche del Pci verso Rocco Scotellaro, Carlo Levi e Pier Paolo Pasolini.

Diceva di avere "cinque patrie culturali", terre di vita e oggetti di studio che egli aveva scelto: l'Abruzzo, terra di sua madre; il Molise paterno, al centro di importanti lavori sulla storia locale e sulla musica tradizionale; la Sabina laziale, della giovinezza e dell'impegno politico; la Sardegna in cui raggiunse la piena maturita' di studioso e di maestro (tra i suoi allievi figure come Giulio Angioni, Pietro Clemente e Piergiorgio Solinas) e infine il Messico, con gli studi sulla parentela e sul Calendario Maya. Da molti anni risiedeva a Roma in Piazza Capri. Nelle stanze colme di libri, di vecchi "cervelli elettronici" e pionieristici registratori audio ha accolto con generosita' e rigore tanti giovani ricercatori, fornendo generosamente i suoi materiali per tesi e articoli. Era seguito dal figlio Eugenio, giornalista di "Repubblica" e dalla moglie Liliana Serafini, compagna preziosa e sodale in alcuni lavori (come la raccolta di fiabe di tutta l'Italia per la Discoteca di Stato negli anni 1968-72).

"Una vita sola non basta allo studio" - amava dire - e in una intervista per "Etnologie Francaise" su quali fossero le tappe fondamentali della sua carriera e della sua vita aveva risposto "Mio padre, il Musee de l'Homme di Parigi e i mezzadri socialisti della Piana di Rieti" ossia: l'amore per la poesia e la letteratura popolare, l'incontro con Claude Levi-Strauss e lo Strutturalismo, le lotte per la terra dei contadini nel Dopoguerra. Contadini poveri, questi ultimi, in grado di avere una forte dignita' e un protagonismo sociale che Cirese condensava in questo ricordo: "Mo' statte zitte professo', parla lu cafone".

 

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. PAOLO D'ARPINI: LO SPIRITO DI ALDO CAPITINI, NONVIOLENTO E VEGETARIANO, ALLA MARCIA PERUGIA-ASSISI DEL 25 SETTEMBRE 2011

[Ringraziamo Paolo D'Arpini (per contatti: circolovegetariano at gmail.com) per questo intervento, di cui riportiamo ampi stralci, in risposta a una richiesta di intervista.

 

Paolo D'Arpini e' animatore del Circolo vegetariano di Calcata (in provincia di Viterbo) e di rilevanti esperienze ecologiste, di spiritualita', di solidarieta', di incontro tra le persone, le culture, con la natura vivente; "scrittore bioregionale, esperto di erbe selvatiche, dinamizzatore di eventi culturali ed ecologisti", un suo profilo autobiografico e' nel sito www.circolovegetarianocalcata.it

Aldo Capitini e' nato a Perugia nel 1899, antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. E' stato il piu' grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti e' ancora quella a cura di Giovanni Cacioppo e vari collaboratori, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977 (che contiene anche una raccolta di testimonianze ed una pressoche' integrale - ovviamente allo stato delle conoscenze e delle ricerche dell'epoca - bibliografia degli scritti di Capitini); ma notevole ed oggi imprescindibile e' anche la recente antologia degli scritti a cura di Mario Martini, Le ragioni della nonviolenza, Edizioni Ets, Pisa 2004, 2007; delle singole opere capitiniane sono state recentemente ripubblicate: Le tecniche della nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989, Edizioni dell'asino, Roma 2009; Elementi di un'esperienza religiosa, Cappelli, Bologna 1990; Colloquio corale, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2005; L'atto di educare, Armando Editore, Roma 2010; cfr. inoltre la raccolta di scritti autobiografici Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991, L'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003; gli scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996; La religione dell'educazione, La Meridiana, Molfetta 2008; segnaliamo anche Nonviolenza dopo la tempesta. Carteggio con Sara Melauri, Edizioni Associate, Roma 1991. Presso la redazione di "Azione nonviolenta" (e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) sono disponibili e possono essere richiesti vari volumi ed opuscoli di Capitini non piu' reperibili in libreria (tra cui Il potere di tutti, 1969). Negli anni '90 e' iniziata la pubblicazione di una edizione di opere scelte: sono fin qui apparsi un volume di Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992, e un volume di Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998. Piu' recente e' la pubblicazione di alcuni carteggi particolarmente rilevanti: Aldo Capitini, Walter Binni, Lettere 1931-1968, Carocci, Roma 2007; Aldo Capitini, Danilo Dolci, Lettere 1952-1968, Carocci, Roma 2008; Aldo Capitini, Guido Calogero, Lettere 1936-1968, Carocci, Roma 2009. Opere su Aldo Capitini: a) per la bibliografia: Fondazione Centro studi Aldo Capitini, Bibliografia di scritti su Aldo Capitini, a cura di Laura Zazzerini, Volumnia Editrice, Perugia 2007; Caterina Foppa Pedretti, Bibliografia primaria e secondaria di Aldo Capitini, Vita e Pensiero, Milano 2007; segnaliamo anche che la gia' citata bibliografia essenziale degli scritti di Aldo Capitini pubblicati dal 1926 al 1973, a cura di Aldo Stella, pubblicata in Il messaggio di Aldo Capitini, cit., abbiamo recentemente ripubblicato in "Coi piedi per terra" n. 298 del 20 luglio 2010; b) per la critica e la documentazione: oltre alle introduzioni alle singole sezioni del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti si veda almeno: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Clara Cutini (a cura di), Uno schedato politico: Aldo Capitini, Editoriale Umbra, Perugia 1988; Fabrizio Truini, Aldo Capitini, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna 1991; Fondazione "Centro studi Aldo Capitini", Elementi dell'esperienza religiosa contemporanea, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1991; Rocco Altieri, La rivoluzione nonviolenta. Per una biografia intellettuale di Aldo Capitini, Biblioteca Franco Serantini, Pisa 1998, 2003; AA. VV., Aldo Capitini, persuasione e nonviolenza, volume monografico de "Il ponte", anno LIV, n. 10, ottobre 1998; Antonio Vigilante, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini, Edizioni del Rosone, Foggia 1999; Mario Martini (a cura di), Aldo Capitini libero religioso rivoluzionario nonviolento. Atti del Convegno, Comune di Perugia - Fondazione Aldo Capitini, Perugia 1999; Pietro Polito, L'eresia di Aldo Capitini, Stylos, Aosta 2001; Gian Biagio Furiozzi (a cura di), Aldo Capitini tra socialismo e liberalismo, Franco Angeli, Milano 2001; Federica Curzi, Vivere la nonviolenza. La filosofia di Aldo Capitini, Cittadella, Assisi 2004; Massimo Pomi, Al servizio dell'impossibile. Un profilo pedagogico di Aldo Capitini, Rcs - La Nuova Italia, Milano-Firenze 2005; Andrea Tortoreto, La filosofia di Aldo Capitini, Clinamen, Firenze 2005; Maurizio Cavicchi, Aldo Capitini. Un itinerario di vita e di pensiero, Lacaita, Manduria 2005; Marco Catarci, Il pensiero disarmato. La pedagogia della nonviolenza di Aldo Capitini, Ega, Torino 2007; Alarico Mariani Marini, Eligio Resta, Marciare per la pace. Il mondo nonviolento di Aldo Capitini, Plus, Pisa 2007; Maura Caracciolo, Aldo Capitini e Giorgio La Pira. Profeti di pace sul sentiero di Isaia, Milella, Lecce 2008; Mario Martini, Franca Bolotti (a cura di), Capitini incontra i giovani, Morlacchi, Perugia 2009; Giuseppe Moscati (a cura di), Il pensiero e le opere di Aldo Capitini nella coscienza delle giovani generazioni, Levante, Bari 2010; cfr. anche il capitolo dedicato a Capitini in Angelo d'Orsi, Intellettuali nel Novecento italiano, Einaudi, Torino 2001; e Amoreno Martellini, Fiori nei cannoni. Nonviolenza e antimilitarismo nell'Italia del Novecento, Donzelli, Roma 2006; c) per una bibliografia della critica cfr. per un avvio il libro di Pietro Polito citato ed i volumi bibliografici segnalati sopra; numerosi utilissimi materiali di e su Aldo Capitini sono nel sito dell'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini: www.aldocapitini.it; una assai utile mostra e un altrettanto utile dvd su Aldo Capitini possono essere richiesti scrivendo a Luciano Capitini: capitps at libero.it, o anche a Lanfranco Mencaroni: l.mencaroni at libero.it, o anche al Movimento Nonviolento: tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it o anche redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org]

 

Non molti sanno che in Italia il Movimento Nonviolento fu fondato da Aldo Capitini quasi contemporaneamente alla fondazione della Societa' Vegetariana Italiana (oggi Avi). Avvenne quando parlare di nonviolenza e di vegetarismo sembrava  un'utopia... Il mondo era appena reduce da una guerra mondiale e si viveva in piena guerra fredda, mentre il messaggio della bistecca facile cominciava ad imporsi come nuovo modello alimentare e sociale.

Aldo Capitini maturo' la sua esperienza vegetariana e nonviolenta attraverso lo studio e l'esempio di Gandhi, il liberatore pacifico dell'India dal giogo coloniale inglese...

Aldo Capitini fu consapevole che la sofferenza data agli animali e' la stessa cosa della sofferenza imposta agli uomini con la guerra, infatti la sofferenza che l'uomo subisce su di se' e' la diretta conseguenza di un atteggiamento violento, in generale, nei confronti della vita. Questa presa di coscienza forse potra' portare molti a cambiare abitudini alimentari e di costume ed a rispettare la vita degli animali che sanno dare gioia e amore all'uomo e cooperare nella vita del pianeta e nell'ecosistema di cui siamo parte. Diceva Carl G. Jung: "Negli istituti di fisiologia dove si indebolisce volutamente la capacita' di giudizio morale degli studenti attraverso sperimentazioni barbare e nocive e torture di animali contrarie a qualsiasi senso di umanita' si dovrebbe invece insegnare che nessuna verita' va cercata con mezzi immorali".

Aldo Capitini, percio', denuncia e condanna ogni forma di violenza, da quella brutalmente fisica a quella psicologica, da quella sugli uomini a quella sugli animali, all'inganno della disinformazione che rende tutti inconsapevoli e nello stesso tempo responsabili, convinto che ogni innovazione debba sempre ri-partire dal basso.

E' con queste premesse che si manifesta la marcia Perugia-Assisi che ogni anno si svolge a memoria dello spirito nonviolento e vegetariano del suo fondatore. Termino invitando tutte le persone nonviolente, ecologiste, spiritualiste laiche e vegetariane a partecipare alla  marcia che si svolge il 25 settembre 2011.

 

5. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE AD ANNA POLO

[Ringraziamo Anna Polo (per contatti: annapolo1 at gmail.com) per questa intervista.

Anna Polo e' membro di "Mondo senza guerre e violenza", associazione umanista internazionale il cui obiettivo e' la creazione di una coscienza nonviolenta mondiale, che porti alla creazione di un mondo libero da ogni forma di violenza - fisica, economica, razziale, religiosa, sessuale, psicologica e morale. "Sono nata a Milano nel 1956, negli anni Settanta ho partecipato con entusiasmo al movimento degli studenti e ho conosciuto poi il Movimento Umanista, di cui  faccio parte tuttora. Sono rimasta subito affascinata dalla proposta di un cambiamento personale e sociale da portare avanti insieme, senza contrapposizioni e da allora l'impegno sociale e quello per la mia crescita personale e spirituale mi hanno sempre accompagnata. Tra le tante attivita' che ho portato avanti in piu' di trent'anni, quella che piu' mi ha coinvolto e' stata la partecipazione alla Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza, che tra il 2 ottobre 2009, Giornata Mondiale della Nonviolenza, e il 2 gennaio 2010 ha coinvolto migliaia di persone in un centinaio di paesi, con innumerevoli iniziative per la pace, il disarmo e il dialogo tra le culture"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Anna Polo: Direi quello di fornire un'occasione a organizzazioni e singoli di unirsi in un grande evento pacifico, di denuncia della guerra e delle tante altre forme di violenza e anche ricco di proposte e immagini di futuro. Ricordo con particolare emozione la marcia del 2001, subito dopo l'invasione dell'Afghanistan e l'attentato dell'11 settembre.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

- Anna Polo: La Marcia si svolgera' in un periodo in cui la crisi del sistema provoca ingiustizie sempre piu' enormi nei confronti di milioni di persone, che vedono ridotto il loro tenore di vita e minacciati i loro diritti fondamentali mentre le spese militari non vengono toccate. La denuncia di questo scandalo dev'essere un punto irrinunciabile per ogni nonviolento.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Anna Polo: Occorre lavorare ancora molto per far crescere una cultura della nonviolenza che pervada ogni campo umano e contrasti la violenza crescente. Creativita', partecipazione e unione tra le persone al di la' delle differenze mi sembrano elementi fondamentali di ogni iniziativa che voglia dare un contributo in questo senso.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Anna Polo: Mi sembra fondamentale dare speranza nella possibilita' di un mondo diverso e nonviolento, contrastare le bugie e le manipolazioni che inducono alla rassegnazione e all'impotenza, e creare ambiti in cui chiunque possa lavorare per il cambiamento sociale, ma anche costruire e rafforzare relazioni, valori e uno stile di vita coerente e nonviolento.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Anna Polo: In Italia la vittoria elettorale delle amministrative di maggio e quella nei referendum a giugno hanno segnato un risveglio delle coscienze che non si vedeva da decenni, uno straordinario momento di partecipazione  e un profondo ripudio della "cultura" arrogante e violenta della destra. Nel mondo il dilagare del movimento degli Indignati fa ben sperare rispetto a un'affermazione della nonviolenza come metodologia di lotta e stile di vita.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Anna Polo: Bisogna far si' che lo straordinario patrimonio di entusiasmo, creativita', allegria e partecipazione che ha portato alle vittorie di questa primavera non si disperda, ma trovi nuovi canali di espressione.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Anna Polo: Innanzitutto preciserei che parlo di nonviolenza attiva, ossia di una metodologia di azione che ripudia ogni forma di violenza, di un'aspirazione e uno stile di vita basato su un principio profondo, presente in tutte le grandi religioni e filosofie, la cosiddetta "regola d'oro": Tratta gli altri come vuoi essere trattato.

 

6. RIFLESSIONE. MICHELA MARZANO: LIBERTA' FEMMINILE

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente pubblicato sul quotidiano "La Repubblica" del 3 agosto 2011 col titolo "Integrazione come valore" e il sommario "Dare via libera a una proposta di legge che vieta nei luoghi pubblici burqa e niqab?".

Su Michela Marzano dalla Wikipedia estraiamo la seguente scheda: "Maria Michela Marzano (Roma, 20 agosto 1970) e' una filosofa e docente italiana, residente in Francia. Nata nel 1970 a Roma, ha studiato all'universita' di Pisa e alla Scuola Normale Superiore. Dopo aver conseguito un dottorato di ricerca in filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, è diventata docente all'Università di Parigi V (Rene' Descartes), dove è attualmente professore ordinario. Autrice di numerosi saggi e articoli di filosofia morale e politica, ha curato il "Dictionnaire du corps" (Puf, 2007). Si occupa di filosofia morale e politica e in particolar modo del posto che occupa al giorno d'oggi l'essere umano, in quanto essere carnale. L'analisi della fragilità della condizione umana rappresenta il punto di partenza delle sue ricerche e delle sue riflessioni filosofiche. Ambiti di ricerca: il corpo umano e il suo statuto etico; etica sessuale; etica medica; aspetti teorici del ragionamento morale e delle norme e dei valori che possono giustificare una condotta. Bibliografia: a) in francese: Penser le corps, Presses universitaires de France 2002; La fidelite' ou l'amour a' vif, Hachette 2005; Alice au pays du porno (con Claude Rozier), Ramsay 2005; Le Corps: Films X : Y jouer ou y etre, entretien avec Ovidie, Autrement 2005; Je consens, donc je suis... Ethique de l'autonomie, Puf 2006; Malaise dans la sexualite', J.C. Lattes 2006; La philosophie du corps, Puf 2007; Dictionnaire du corps, Puf 2007; La mort spectacle, Gallimard 2007; La pornographie ou l'epuisement du desir, Buchet-Chastel, 2003, Hachette 2003, 2007; L'ethique appliquee, Puf 2008; Extension du domaine de la manipulation, de l'entreprise a' la vie privee, Grasset et Fasquelle 2008; Visage de la peur, Puf 2009; Le Fascisme. Un encombrant retour?, Larousse 2009). b) in italiano: Straniero nel corpo. La passione e gli intrighi della ragione. Milano, Giuffre' Editore, 2004; Estensione del dominio della manipolazione. Dalla azienda alla vita privata. Milano, Mondadori, 2009; Critica delle nuove schiavitu'. Lecce, Pensa MultiMedia, 2009 (con Yves Charles Zarka e Christian Delacampagne); Sii bella e stai zitta. Perche' l'Italia di oggi offende le donne, Milano Mondadori, 2010; La filosofia del corpo, Il Melangolo, 2010; Etica oggi. Fecondazione eterologa, "guerra giusta", nuova morale sessuale e altre questioni contemporanee, Edizioni Erickson, 2011"]

 

Adesso ci si mette anche il Governo italiano. Come se, in piena crisi economica, i parlamentari non avessero altro da fare che dare via libera a una proposta di legge che vieta nei luoghi pubblici burqa e niqab.

Come se l'esempio della Francia e del Belgio dovesse in questo caso essere necessariamente seguito, laddove in altre circostanze ci si inalbera non appena qualcuno osi fare un paragone tra quello che succede in casa propria e quello che invece accade all'estero... Certo, la giustificazione della legge e' intrisa di buoni propositi. Si parla della liberazione delle donne segregate e senza diritti. Si invoca l'umiliazione di tutte coloro che non possono riappropriarsi del proprio destino. Ci si scaglia contro questa forma di "aberrante imposizione". Burqa e niqab sarebbero un mezzo di oppressione per le donne, un modo per metterle al margine della societa' rendendole anonime e trasparenti. Si puo' tuttavia veramente vietare l'utilizzo per strada del velo integrale, punendo coloro che lo portano? Non e' sempre pericoloso quando, nel nome della liberta', si decide di legiferare sul modo in cui ci si possa o debba vestire in pubblico?

Molte donne musulmane sono ostili al velo integrale e mettono chiaramente in rilievo come il Corano non lo preveda: il fatto stesso di indossarlo significherebbe accettare la possibilita' di restare fuori dalla societa'. Tante altre pero', come hanno spiegato alcune francesi davanti alla Commissione parlamentare (la Commission Gerin), sostengono che portare un niqab e' oggi un modo per proteggersi dallo sguardo maschile, una maniera per esprimere la fierezza di essere musulmane in un mondo occidentale considerato decadente e corrotto. Nascondendo cio' che copre, il velo, per definizione, riesce contemporaneamente a mostrare e a distogliere lo sguardo. Da questo punto di vista, e' in genere utilizzato per proteggersi dalla vista degli altri, per sottrarsi alla logica della vergogna. Per mostrarsi e farsi vedere, bisogna volerlo: permettere allo sguardo altrui di posarsi su di noi senza ferirci. Il velo puo' allora essere un riparo per colei che lo porta, a patto, pero', di non chiudersi mai completamente. Se serve a proteggere il mistero del corpo, deve anche lasciar intravedere qualcosa - gli occhi, una caviglia, una ciocca di capelli. Il rischio, altrimenti, e' quello di diventare un "sudario". A seconda del contesto, del luogo e dell´identita' di colei che lo porta, indossare un velo puo' essere un gesto religioso come un atto di conformita' a un costume; puo' essere il frutto della sottomissione a minacce o intimidazioni, oppure un atto provocatorio e di sfida identitaria. Se alcuni veli sono in grado di dar forma al corpo femminile, il velo integrale, pero', non lascia intravedere proprio nulla. E trasforma il corpo della donna in una "macchia cieca". Al punto da rendere incomprensibile il fatto che alcune donne accettino di portarlo. Si puo' tuttavia anche solo immaginare di risolvere un problema di questo genere a colpi di legge, soprattutto quando si sa che di donne col niqab ce ne sono veramente poche? Non e' del tutto assurdo pretendere di liberare qualcuno attraverso un divieto? Non sarebbe meglio ascoltare cio' che dicono le donne velate - invece di affermare perentoriamente che non sono mai libere - e offrire loro degli strumenti critici per valutare meglio il peso e le conseguenze delle proprie scelte?

La strada per l'emancipazione e' lunga e difficile. Non si puo' sottovalutare l'impatto della ghettizzazione sociale in cui vivono molte donne. E' per questo che si dovrebbe fare attenzione a non passare troppo velocemente dalla logica della "repressione" a quella della "gentile indifferenza". Come se portare un velo integrale fosse sempre il risultato di una decisione libera e matura. Talvolta e' una scelta. Altre volte, come e' stato mostrato da recenti casi giudiziari in Francia, e' il frutto di un'imposizione. La realta' e' sempre piena di sfumature e si dovrebbe evitare non solo di strumentalizzare i valori delle lotte femministe, ma anche di banalizzare le difficolta' dell'integrazione.

In un'epoca come la nostra, in cui la questione della laicita' va di pari passo con l'aumento non solo degli integralismi religiosi, ma anche dell'intolleranza e del razzismo, forse bisognerebbe interrogarsi di nuovo sul significato dell'espressione "integrazione" e cercare di capire come il rispetto delle differenze non implichi necessariamente una rinuncia ai valori in cui si crede, come l'uguaglianza, la liberta' e la pari dignita'. Ogni Paese ha certamente un proprio patrimonio culturale specifico, che va di pari passo con la storia della propria unita', con le contraddizioni e le difficolta' che si sono di volta in volta incontrate per imparare a vivere insieme. Ma erigere barriere o promulgare leggi che, nel nome della liberta' e della dignita', interferiscono con le scelte dei singoli individui non serve a pacificare una societa'. Questo tipo di strategie non fa altro che spingere alla radicalita'. Invece di contribuire a organizzare le condizioni reali che possono permettere alla liberta' femminile di non restare solo un valore astratto.

 

7. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: NEL DECENNALE DELL'11 SETTEMBRE

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento.

Giulio Vittorangeli, nato a Tuscania (VT) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Donne in America latina, Celleno, luglio 1997; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; La cultura del nuovo impero: l'uomo a dimensione di merce, Celleno, luglio 2002; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003; America Latina: l'alternativa al neoliberismo, Viterbo, aprile 2004; Mulukuku: un progetto di salute mentale in Nicaragua, Viterbo, novembre 2010. Ha coordinando il Gruppo di approfondimento "Vivere nel nord  impegnati nel sud", all'interno del Convegno "Vivere e amare attraverso le contraddizioni", promosso dall'Associazione Ore Undici, e svolto a Trevi nell'Umbria (Pg), 25-30 agosto 2001. Ha partecipato alla trasmissione di "Rai Utile", del 24 gennaio 2006, dal titolo "America Latina e' sviluppo". Ha contribuito alla realizzazione, stesura, pubblicazione e presentazione di tre libri: Que linda Nicaragua!, Associazione Italia Nicaragua, Fratelli Frilli editori, Genova 2005; Nicaraguita, la utopia de la ternura, Terra Nuova, Managua, Nicaragua, 2007; Nicaragua. Noi donne le invisibili, Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, Davide Ghaleb editore, Vetralla 2009. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Attualmente cura il notiziario "Quelli che solidarieta'"]

 

Nel decennale dell'11 settembre non mancheranno le commemorazioni.

Sarebbe utile riflettere sul quel momento come passaggio chiave per lo scenario internazionale: la legittimazione della guerra come lotta preventiva al terrorismo, la crociata del bene contro il male; per la giurisprudenza: principi di diritto sono stati scardinati, come per Guantanamo o per Abu Ghraib, da un'onda emotiva e repressiva; ed ancora, sulla traccia di continuita' tra passato e presente dell'11 settembre, da quello del 1973 data del golpe in Cile a quello del 2001 di Ground Zero, come ascesa del neoliberismo, che assomiglia alla risacca di un uragano o di uno tsunami: progressivamente si ritira da ogni continente, portando via ogni forma di stato sociale, per lasciare posto al libero mercato. Infine sulla morte di Bin Laden (non e' stata fatta giustizia, si e' praticata una vendetta secondo le modalita' del far west), che avrebbe dovuto comunque chiudere il ciclo, mettere fine alla guerra e all'occupazione in Afghanistan, combattuta ufficialmente per la sua cattura e che, nel frattempo, ha causato un numero di morti tra la popolazione civile di quattro o cinque volte superiore ai morti delle Twin Towers.

Nel decennale, molto probabilmente, non assisteremo a nulla di questo; rivivremo la stucchevole riproposizione di un Occidente detestato ed attaccato dal terrorismo perche' difende la democrazia, i diritti umani, la separazione fra stato e chiesa, ecc., dimenticando che "ci" detestano perche', come occidentali, abbiamo ostacolato la democrazia e lo sviluppo economico, appoggiando regimi brutali, o addirittura terroristici. Basta osservare la politica estera statunitense, anche con Obama continua a non curarsi degli effetti a lungo e medio termine, conseguentemente all'usare qualsiasi mezzo per imporre al mondo la propria supremazia. Tanto e' vero che ospita e protegge terroristi accertati come Luis Posada Carriles, ex dipendente della Cia, veterano della fallita invasione della baia dei porci a Cuba, la mente dei peggiori attentati terroristici avvenuti nel continente latinoamericano.

Ed ancora, come non ricordare la genesi dello stesso gruppo fondamentalista di Bin Laden, tanto incoraggiata all'inizio dagli Stati Uniti. Zbigniew Brzezinski, segretario alla sicurezza nazionale dell'amministrazione Carter, si era ufficialmente felicitato della trappola tesa ai sovietici nel 1978, manovrando gli attacchi dei mujaheddin (armati e addestrati dalla Cia) contro il regime di Kabul; una manovra che ha spinto alla fine dell'anno successivo i sovietici ad invadere il territorio afgano. Solo dopo il 1990 e dopo l'installazione di base americane permanenti in Arabia Saudita, questi combattenti sono diventati nemici degli Stati Uniti.

Vale anche la pena ricordare come reagi' l'America Latina, che ha avuto un'esperienza considerevole di terrorismo internazionale, all'11 settembre del 2001. I crimini furono aspramente condannati, ma insieme al ricordo delle proprie esperienze. Si possono descrivere le atrocita' dell'11 settembre come un "Armageddon", osservava la rivista di ricerca dell'Universita' dei gesuiti di Managua, ma il Nicaragua "ha vissuto la sua Armageddon in uno straziante ritmo rallentato" con l'assalto degli Usa e "ora e' sommerso dalle sue nefaste conseguenze". Proprio il caso del Nicaragua illustrava la posta in gioco ed allo stesso tempo evidenziava il rispetto per il diritto internazionale e i vincoli derivanti dai trattati.

Washington minava gli sforzi per raggiungere una soluzione politica, come gli Accordi di Esquipulas del 1987; e secondo Geroge Schultz (il "moderato" dell'amministrazione): gli Stati Uniti dovevano "estirpare il cancro nicaraguense" con la forza. Liquidando con disprezzo coloro che difendevano "mezzi utopistici, legalistici come la mediazione esterna, le Nazioni Unite e la Corte internazionale di giustizia, ignorando il fattore potere nell'equazione". Era accaduto che il Nicaragua aggredito, invece di bombardare Washington, si era rivolto alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja e questa, nel giugno 1986, aveva ingiunto agli Stati Uniti di cessare il loro "illegittimo uso della forza" e di pagare sostanziosi risarcimenti. Nel silenzio pressoche' generale delle cosiddette democrazie, la condanna resto' sulla carta, e attenendosi alla dottrina Schultz, gli Stati Uniti intensificarono ed ampliarono il ricorso a crimini internazionali, ordinando all'esercito mercenario della "contra" di prendersela con i civili indifesi...

 

8. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Harold Bloom, Come si legge un libro. E perche', Rcs, Milano 2000, 2001, pp. 384.

- Harold Bloom, Il canone occidentale, Rcs, Milano 1996, 1999, pp. X + 490.

- Harold Bloom, Il genio, Rcs, Milano 2002, 2004, pp. 946.

- R. S. Crane, Figure e momenti di storia della critica, Feltrinelli, Milano 1967, pp. 380.

- Leslie A. Fiedler, Il ritorno del pellerossa. Mito e letteratura in America, Rizzoli, Milano 1972, pp. 192.

- Antonella Francini (a cura di), Antologia della poesia americana, E-ducation - Gruppo editoriale L'Espresso, Firenze-Roma 2004, pp. 864.

- James D. Hart, Dizionario Oxford della letteratura americana, Gremese Editore, Roma 1993, pp. 464.

- Carlo Izzo, La letteratura nord-americana, Edizioni Accademia, Milano 1967, 1979, pp. 708.

- F. O. Matthiessen, Le responsabilita' del critico, Feltrinelli, Milano 1966, pp. XVI + 256.

- Sergio Perosa (a cura di), Da Frost a Lowell. Poesia americana del Novecento. Epica, avanguardia, poesia dell'io, Edizioni Accademia, Milano 1979, pp. 574.

- Tommaso Pisanti, Poesia del Novecento americano, Guida, Napoli 1978, pp. 296.

- Tommaso Pisanti, Storia della letteratura americana, Newton Compton, Roma 1994, pp. 98.

- Fernanda Pivano, Beat hippie yippie, Bompiani, Milano 1972, 1977, pp. 304.

- Fernanda Pivano, Viaggio americano, Bompiani-Rcs, Milano 1997, 2001, pp. 400.

- Fernanda Pivano (a cura di), Poesia degli ultimi americani, Feltrinelli, Milano 1964, 1980, pp. 372.

- Beniamino Placido, Le due schiavitu'. Per un'analisi dell'immaginazione americana, Einaudi, Torino 1975, 1978, pp. IV + 156.

- Heinrich Straumann, Cinquant'anni di letteratura americana, Cappelli, 1958, pp. 260.

- Elio VIttorini, Americana, Bompiani, Milano 1941, 1984, 2 voll. per complessive pp. XXX + 1060.

- Marshall Walker, La letteratura degli Stati Uniti, Sellerio, Palermo 1997, pp. 460.

*

Riedizioni

- Isabel de Madariaga, Caterina di Russia, Einaudi, Torino 1988, Mondadori, MIlano 2011, pp. XXII + 848, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori).

- Mauro Minardi (a cura di), Perugino, Skira'-Rcs, Milano 2004, 2011, pp. 192, euro 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").

 

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

10. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 669 del 5 settembre 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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