Telegrammi. 616



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 616 del 14 luglio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Quaranta vite assurdamente, scelleratamente sacrificate

2. Contro la guerra una proposta agli enti locali

3. Alcuni testi dei mesi di gennaio e febbraio 2006

4. Ingeborg Bachmann

5. Una cosa che sappiamo tutti

6. Della crudelta'

7. Dell'amore

8. Danilo, o dell'azione nonviolenta

9. Emily Dickinson

10. Primo Levi, o della dignita' umana

11. Noi ricordiamo

12. Cristina Campo

13. Due parole

14. Dell'ovvio e del necessario. Una postilla

15. Con la Palestina nel cuore, con Israele nel cuore

16. Una postilla

17. Bonjour, tristesse

18. Una postilla

19. Giovanni Gandini

20. Ibrahim Rugova

21. Robert Sheckley

22. Pietro Maria Toesca

23. Marforio Decafoni: Una dichiarazione di voto

24. Rino Tormesi: Una dichiarazione di voto

25. Segnalazioni librarie

26. La "Carta" del Movimento Nonviolento

27. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: QUARANTA VITE ASSURDAMENTE, SCELLERATAMENTE SACRIFICATE

 

I quaranta giovani militari italiani uccisi in questi ultimi anni in Afghanistan sono stati assassinati anche dai governanti e i parlamentari italiani che li hanno mandati a morire la', in una guerra alla quale l'Italia non doveva e non poteva partecipare in alcun modo, poiche' la legge fondamentale del nostro ordinamento giuridico, la Costituzione della Repubblica Italiana, ne fa esplicito divieto.

Quei quaranta giovani dovevano essere ancora vivi. Invece sono stati assassinati non solo dai loro immediati e mediati espliciti aggressori (chi depone una mina e' non meno assassino di chi spara una fucilata contro qualcuno), ma anche da chi illegalmente li ha fatti andare in Afghanistan.

Tra gli assassini di quei quaranta giovani c'e' anche il Presidente della Repubblica Italiana, il Governo italiano, il Parlamento italiano che da un decennio in qua hanno ripetutamente deciso che dei giovani nostri connazionali fossero inviati la' come carne da macello, come morituri in un folle colosseo, vittime tra le vittime.

L'unico modo umano di ricordarli con affetto e' di impedire che altri subiscano la loro atroce sorte.

L'unica cosa decente da fare e' far rispettare la legge italiana che vieta la partecipazione italiana a quella guerra.

Cessi quindi immediatamente l'illegale e assassina partecipazione italiana alla guerra. Cessi in Afghanistan. Cessi in Libia.

Torni l'Italia al rispetto della legge che salva le vite, torni l'Italia al rispetto della vita dei suoi stessi figli.

Si adoperi l'Italia per la pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per salvare le vite.

Quaranta vittime sacrificate alla criminale follia dei terroristi che dominano in Afghanistan e nel mondo, dei terroristi che governano in Italia.

Quaranta vittime che dovevamo salvare, che potevamo salvare semplicemente facendo rispettare la legge italiana.

Quaranta esseri umani assassinati.

Come innumerevoli altri, tutti affratellati nella comune umanita', nel medesimo dolore.

Che cessino le uccisioni.

I soldati italiani tornino tutti a casa subito, tornino tutti a casa vivi. Cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra assassina. S'impegni l'Italia contro la guerra, nemica dell'umanita'.

Solo la pace salva le vite.

 

2. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI

[Riproponiamo il seguente appello]

 

Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.

*

"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.

Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.

Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.

Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.

Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.

Solo la pace salva le vite".

 

3. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEI MESI DI GENNAIO E FEBBRAIO 2006

 

Riproponiamo alcuni testi apparsi sul nostro notiziario nei mesi di gennaio e febbraio 2006.

 

4. HERI DICEBAMUS. INGEBORG BACHMANN

 

Basterebbe aver scritto una poesia come Alle Tage. Ma l'opera di Ingeborg Bachmann reca molto di piu'. E invero, come ha scritto Laura Boella (ne Le imperdonabili, Tre Lune Edizioni, Mantova 2000, p. 82), "la figura di Ingeborg Bachmann concentra in se' quanto di piu' vivo e ardente il Novecento ha mostrato". E se qui si segnalano solo (e solo in traduzione, che e' gia' in qualche modo dimidiarli) alcuni versi, della sua vasta e poliedrica scrittura creativa e saggistica molto altro vorremmo ricordare, ed almeno quel testo radiofonico trasmesso dal Bayerischer Rundfunk nel '55 in cui colloquia con la figura e l'opera di Simone Weil (in Ingeborg Bachmann, Il dicibile e l'indicibile, Adelphi, Milano 1998, alle pp. 81-118). Ci interroga, ci convoca ancora Ingeborg Bachmann.

 

5. HERI DICEBAMUS. UNA COSA CHE SAPPIAMO TUTTI

 

E' la seguente: un pacifismo senza nonviolenza ormai e' null'altro che la complicita' con la guerra, appena mascherata dal saper parlare con garbo.

Puo' servire a fare qualche miserabile carriera che porti alla prebenda, o alla cattedra, o al laticlavio. Ma del sistema degli assassini e del regime della corruzione e della catastrofe resta in sempiterno complice. E l'ipocrisia costi' dispiegata non ha piu' neppure quel tratto di buone maniere e di segreto omaggio alla virtu' che La Rochefoucauld le attribuiva, ma solamente aggiunge infamia a infamia.

*

E' per questo che non abbiamo stima alcuna di quei sedicenti pacifisti "senza se e senza ma" (e gia' solo l'uso di una simile formula smaschera quanto di dittatoriale e alienato - e quindi intimamente fascista - in tal posizione s'incisti) che senza batter ciglio salmodiano la pace come assoluto e inneggiano ad un tempo ai caudillos, agli eserciti e alle guerriglie per cui nutron simpatie.

Ne' di quei democratici di sinistra (senza maiuscole, non parliamo di un partito ma dell'intera rappresentanza delle sinistre non totalitarie nelle istituzioni) che un giorno sventolano l'arcobaleno e il giorno prima o quello dopo veston la giubba e ordinano ai bombardieri di decollare, a seconda che si trovino all'opposizione o al governo.

Ne' della sinistra totalitaria e violentista che pretende di essere insieme addirittura nonviolenta e costitutivamente fin penosamente militarista e autoritaria, contro la guerra e a favore dei picchiatori, antifascista e insieme squadrista, che mentre avida s'inerpica agli assessorati e ai ministeri ad ogni compromesso rotta allucinatamente proclama che "siamo tutti sovversivi" e non s'avvede ne' della contradizion che nol consente ne' del disonestissimo delirio, ne' della turpe miseria di tutto cio', e che se ne infischia della coerenza tra mezzi e fini, della differenza tra verita' e menzogna, della distinzione tra il bene e il male.

Ne' di quei pezzi della cosiddetta societa' civile che campano del saccheggio del pubblico erario e dei subappalti che il ceto politico e burocratico e i poteri finanziari loro elargiscono per far qualche alata concione, installar l'intendenza dopo la strage, e dare una mano di calce sui muri irrorati dal sangue dei fucilati.

*

Se mai pote' esistere in passato, ormai non esiste piu' alcun movimento per la pace senza la scelta della nonviolenza.

Ormai non esiste piu' alcuna politica di pace senza la scelta della nonviolenza.

Non esiste piu' alcuna politica degna di questo nome, senza il ripudio della guerra, dell'uccidere, della violenza e della sua cultura e delle strutture sue; non si da' piu' politica tout court, che non sia lotta contro la violenza che distrugge il mondo: vale a dire, ancora una volta, che ogni impegno civile, ogni virtu' repubblicana, ogni decidersi e agire in pro della verita' e della giustizia, per il pubblico bene, sono oggi condannati a restare inani e sopraffatti, se non si fa la scelta della nonviolenza.

Poiche' solo la nonviolenza e' la scelta, la scelta di lotta e di responsabilita', adeguata ai compiti dell'ora. Solo la nonviolenza nel modo piu' nitido e piu' intransigente si oppone all'uccidere, salva le vite, istituisce convivenza, civilta', dignita'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

6. HERI DICEBAMUS. DELLA CRUDELTA'

 

Il parlamento che ier l'altro, sordo ad ogni sentimento di umana misericordia e di civile decoro, ha respinto la proposta di un provvedimento di clemenza per la piu' sofferente umanita'. Un bivacco di manipoli.

 

7. HERI DICEBAMUS. DELL'AMORE

 

Le persone, donne e uomini, che oggi cammineranno insieme, a Milano e a Roma. Una societa' civile.

 

8. HERI DICEBAMUS. DANILO, O DELL'AZIONE NONVIOLENTA

 

1. Passi

La nonviolenza e' lotta, ma e' quello specifico tipo di lotta che e' insieme dialogo ed educazione, ascolto e comunicazione, conflitto che costruisce ed invera, umanizzazione di tutte le parti coinvolte, trasformazione strutturale e reciproco disvelamento. E' quella lotta che istituisce umana relazione, creaturale e compartecipe, ordinata al convivere, all'esserci insieme, al conoscere insieme (consapevolezza, coscienza), al riconoscere e riconoscersi: speranza che si fa esperienza.

La nonviolenza e' condivisione: della sofferenza, e del sentire, del sapere delle vittime. Chi non condivide la vita delle vittime, chi non si fa parte del loro patire, del loro cercare, del loro lottare, non pratica la nonviolenza. Ma la nonviolenza e' anche il rifiuto del perdurare di questo soffrire, e' anche protesta e indignazione contro la violenza e contro la rassegnazione e contro l'apatia: la nonviolenza e' infatti, gia' lo sappiamo, lotta: la lotta delle vittime della violenza per abolire la violenza in se' e nell'altro, dell'altro e propria. E per abolire altresi' quelle forme di violenza cristallizzata ed introiettata che sono la menzogna e la sottomissione, la protervia come la sudditanza: il consenso ad un ordine iniquo come l'azione che invece di trasformare ed evolvere tutto distrugge. La nonviolenza nel suo nocciolo e' questo: salvare le vite, e tutto il resto viene dopo.

La nonviolenza e' maieutica, e' ascolto reciproco e comune, e' autoanalisi popolare, e' progettazione dal basso, e' comunicazione, "palpitare di nessi".

La nonviolenza e' riconoscimento di umanita', prassi che umanizza, lotta benedicente e degnificante. Aiuto al mondo, "vittoria al mondo" dice Vinoba.

*

2. Sul digiuno, il silenzio, la sera

La nonviolenza sa che il digiuno di questo e' simbolo e traccia ed esperienza e appello: dell'assunzione di responsabilita', del riconoscimento della dialettica dell'io e del tu, del se' e dell'altro, che fin nell'interiorita' di ciascuno ha luogo e prende forma e sostanza.

Luogo della condivisione della fame e della ricerca, esperienza di esistenza nell'intreccio di solitudine e comunita', di apertura che scaturisce dall'intimo, radura e rilucere della creaturalita'.

La lotta contro l'ingiustizia, l'accostamento alla verita', comincia nel digiuno. E' nel digiuno che ti avvicini all'umanita'.

E la nonviolenza sa che anche il silenzio e' parola. Sa che tutto e' gesto, tutto e' azione, tutto e' relazione. E tutto e' musica. E tutto e' grazia.

E' solo nella propria capacita' di silenzio che si da' ascolto, che si restituisce altrui la parola. Chi non sa farsi silenzio non sa fare verita'.

Ma vi e' anche un silenzio che e' vile e complice della menzogna: e' il silenzio che non chiede, il silenzio che non da', il silenzio che non ascolta, il silenzio dell'indifferenza, e quello dell'ipocrisia.

La nonviolenza sa che la via e' nell'interrogare. Ma che l'interrogare non basta, occorre saper ascoltare, e li' e' la via. Ma non basta neppure saper ascoltare, occorre che quel cercare diventi agire, cercare insieme, insieme agire. Poiche' cercare e' gia' agire, ma solo agire e' cercare. E solo nell'insieme, nel considerare insieme, nel tenere insieme, nello stare insieme, e' la verita'. E la via.

A sera gli amici di Danilo e Danilo s'incontrano, parlano, ascoltano, raccontano storie, s'interrogano sulle cose e le cause, sui fatti e il da fare, cercano e trovano.

Senza questo parlarsi e ascoltarsi, non esiste nonviolenza.

*

3. Del comunicare

La nonviolenza e' comunicare, ma quale comunicare?

Il comunicare che e' prassi del nascere e del sostegno al nascere da parte della levatrice: la maieutica, ed equivalente in campo morale del rapporto persona-natura mediato dal lavoro come poesia: l'appercezione dell'esistere - proprio e dell'umanita' e dell'essere-nel-mondo - come creatura di creature.

Il comunicare che e' spinta integrativa come riconoscimento che e' inveramento, ed e' contributo alla creazione, e nel circolo (ontologico, ermeneutico) creaturalita'-creativita' e' uno dei nuclei del sentire, del fare, del progettare che Danilo ci ha insegnato.

Il comunicare che si oppone all'annientamento.

*

4. Ove scompaiono

Ha scritto Danilo: "ove scompaiono schiavi scompaiono padroni".

La nonviolenza e' questo: quando tu cessi di esprimere il consenso (sia pure solo passivo) al potere iniquo, quel potere - per forte che sia - gia' s'incrina e cede. Quando la vittima rifiuta di accettare la relazione sacrificale, si apre la via che puo' riscattare altresi' l'umanita' dell'oppressore.

Ha scritto Hannah Arendt: "si può sempre dire un si' o un no". Quando tu dici no alla violenza e alla menzogna, la lotta di liberazione e' gia' cominciata, l'ordine dell'orrore gia' vacilla.

Ove scompaiono schiavi, scompaiono padroni, esseri umani appaiono.

*

5. Nec nec, aut aut, et et

La nonviolenza non e' ne' stupida ne' furba, e' innocente. Rifiuta di nuocere. E poiche' rifiuta di nuocere, essa e' la resistenza piu' forte contro ogni violenza e ingiustizia, contro ogni menzogna e vilta'.

Non-nocente, ripudia il far male, il mal fare, il farsi male, il rendersi, arrendersi al male, il cedere al male e lasciarsene insignorire; essa lotta contro l'alienazione: alienazione di cio' che e' piu' proprio di ogni essere umano: la propria - e comune - umanita'. La nonviolenza e' riconoscimento e quindi restituzione di umanita'. Di contro alla techne che aliena la psiche essa e' critica pratica delle ideologie e dello sfruttamento; e pratica critica, e appello, e moto, di liberazione ordinata al convivere in condizioni di riconoscimento di dignita', di condivisione e rispetto di se', degli altri, del mondo.

La nonviolenza sa che - come in quella visione di Alce Nero - ogni luogo e' il centro del mondo.

La nonviolenza sa che ogni parola, ogni gesto, e' esemplare. La nonviolenza sa che la sua lotta e' sempre anche educazione. Nutre, apre vie, sostiene, restituisce.

La nonviolenza e' compresenza dell'io e del tu, del singolo e dei tutti.

La nonviolenza e' l'umanita' in cammino.

*

6. Congedo

La nonviolenza e' lotta ed e' colloquio, comunica e restaura umanita'. Non e' concetto astratto ma pratica concreta, ed e' pensiero che solo nel conflitto si fa atto. Pensiero che si pensa solo insieme: di resistente e levatrice l'arte.

La nonviolenza non vuole che tu cambi i tuoi pensieri, ma che piu' in profondo li pensi; non ti chiede di rinunciare a te per qualcos'altro, ma di raggiungerti e cosi' trovare in te l'umanita', e negli altri te.

La nonviolenza non e' un corpo di regole, non ha ricette, sedi, probiviri, non vende nulla e nulla vuol comprare; la nonviolenza sei tu che ti apri al volto a un tempo sofferente e luminoso dell'altro, dell'altra persona.

La nonviolenza sa che tutti recano la verita', ed interroga incessante. A te lo chiede di salvare il mondo.

Ha scritto Danilo: "quanto non c'e' ancora va creato".

 

9. HERI DICEBAMUS. EMILY DICKINSON

 

Emily Dickinson e' un enigma e uno specchio (come ogni voce, come ogni persona). Volto, parola che convoca, alla meraviglia, all'infinito, alla responsabilita'.

 

10. HERI DICEBAMUS. PRIMO LEVI, O DELLA DIGNITA' UMANA

 

Cosa restera' del Novecento? Restera' l'opera di Primo Levi, la testimonianza di Primo Levi, l'appello di Primo Levi.

 

11. HERI DICEBAMUS. NOI RICORDIAMO

 

Noi ricordiamo le vittime delle foibe. Noi ricordiamo tutte le vittime.

Noi sappiamo che nessuna uccisione e' giusta. Noi sappiamo che ogni guerra e' omicida. Noi sappiamo che ogni vita umana deve essere salvata. Noi sappiamo che nessun assassinio mai puo' essere dimenticato, perdonato, legittimato.

Noi sappiamo che e' compito arduo ma fondamentale di ogni essere umano salvare le vite degli esseri umani, serbare memoria degli esseri umani, costruire un presente e un futuro in cui gli esseri umani che sono e che verranno possano vivere in dignita', solidarieta', felicita'.

Noi ricordiamo. Noi ricordiamo tutte le vittime.

 

12. HERI DICEBAMUS. CRISTINA CAMPO

 

Una delle voci piu' profonde e segrete, preziose e schiudenti, della letteratura e della spiritualita' del Novecento.

 

13. HERI DICEBAMUS. DUE PAROLE

 

Si avvicinano le elezioni e fioriscono gli appelli. Talora in buona fede, talora di fin commovente ingenuita', talora a mo' di alibi (della propria impotenza, subalternita', ambiguita', complicita').

Dipendesse da me, mi sentirei di approvare solo il seguente programma elettorale.

1. Abolire le armi. Poiche' le armi uccidono gli esseri umani, e' interesse degli esseri umani le armi abolire. E' questa l'unica forma intelligente e adeguata di esercizio della legittima difesa, che salva le vite invece di sopprimerle. Proibire la produzione, il commercio e la detenzione di armi nel territorio italiano: mi sembrerebbe un progetto politico finalmente realistico. Un buon inizio.

2. Realizzare la nonviolenza. Che e' la convivenza umana quando essa e' davvero umana; che e' la convivenza civile quando essa e' davvero civile. Informare alla scelta della nonviolenza le leggi e le istituzioni, la direzione politica e l'amministrazione della cosa pubblica: mi sembrerebbe un bel progresso civile, concreto e coerente. La strada giusta.

Tutto qui. I bolsi esercizi retorici e le funamboliche capriole dialettiche degli epigoni del machiavellismo degli stenterelli, invece, non mi appassionano punto.

 

14. HERI DICEBAMUS. DELL'OVVIO E DEL NECESSARIO. UNA POSTILLA

 

Non e' consuetudine di questo foglio presentare appelli rivolti a forze politiche, ed ancor meno a dirigenti politici.

Non solo: chi scrive queste righe - che questo foglio giorno dopo giorno, anzi: notte dopo notte, cuce - ritiene peggio che illuso chi pensa di poter delegare alcunche' ai gruppi dirigenti dell'attuale ceto politico.

Chi scrive queste righe votera' ovviamente per la coalizione dell'Unione alle prossime elezioni politiche, poiche' gli sembra che sia l'unico modo per esprimere in quella circostanza un'opposizione efficace al blocco storico oggi al potere - fin negli organi esecutivo e legislativo dello stato - costituito dall'alleanza tra mafie, regime della corruzione, neofascismo, razzismo, bellicismo ed eversione dall'alto; e questa esigenza di togliere il potere statale dalle mani degli eversori e della criminalita' organizzata e' talmente urgente che non vale neppure la pena di discutere del resto.

Ma non ignora, chi queste righe scrive, che anche la coalizione oggi denominatasi Unione e' largamente infiltrata e in non picciola misura surdeterminata da personaggi, logiche, interessi e processi che a quel medesimo blocco storico afferiscono, e che al suo interno vaste sono le zone di complicita' col malaffare, e di non pochi dirigenti e candidati noi pensiamo che siano dei malfattori, responsabili di crimini per i quali ci auguriamo che un giorno siano chiamati a rispondere dinanzi a una corte di giustizia: che e' la forza dello stato di diritto, la forza della democrazia.

Sed de hoc, satis.

*

Con tutto cio', quell'appello - e sia pure formulato in quei termini - qui presentiamo (e presentandolo ipso facto ad esso esprimiamo un sostegno). E per il piu' semplice dei motivi. Che e' il seguente.

Che dal nostro punto di vista e' del tutto ovvio che la legislazione debba prevedere il riconoscimento delle unioni civili: e' un'imprescindibile esigenza di civilta' (di civilta' giuridica, come si usa dire, ma anche di civilta' tout court).

Chi scrive queste righe non aderisce a fedi religiose, la sua weltanschauung e' materialista (formatosi, il meschino, all'ascolto di Lucrezio e di Diderot, di Leopardi e di Feuerbach); ma fino a farsi venire una lunga barba bianca ha studiato le teologie e le canoniche giurisprudenze (e fin le lingue, ahilui, per leggere le fondative delle fedi scritture col rigore filologico ed esegetico che esse richiedono) connesse alle principali tradizioni religiose presenti nel nostro paese - in primis le tre religioni del libro - abbastanza da sapere che nulla di sostanziale osta sotto quei profili a che un ordinamento giuridico statuale, di uno stato di diritto che riconosca la pluralita' delle visioni del mondo e rispetti ed inveri - promuova, quindi, e positivamente sostenga - quei fondamentali diritti umani che furon proclamati dall'Assemblea delle Nazioni Unite nel 1948 e che la Costituzione della Repubblica Italiana gia' poneva tra i suoi principi fondamentali, possa ed anzi debba le unioni civili riconoscere e ad esse offrire quelle guarentigie e quella difesa de jure oltre che de facto che e' sua competenza disporre, scilicet: mettere a disposizione delle persone che vivono nel territorio della sua giurisdizione.

*

Il riconoscimento delle unioni civili, se vi si ragiona sopra con animo sereno e con sincerita' d'intendimenti, e' palesemente un atto dovuto, che rende migliore la vita di tutte - tutte - le persone che nel nostro paese vivono, che promuove il rispetto della dignita' umana, la solidarieta', la civile convivenza.

Dirlo e' cosa ovvia; legiferarlo e' cosa necessaria.

 

15. HERI DICEBAMUS. CON LA PALESTINA NEL CUORE, CON ISRAELE NEL CUORE

 

Quando gli europei parlano del Medio Oriente, sempre sentiamo una fitta nel cuore.

Quel Medio Oriente che e' stato vittima del colonialismo europeo rapinatore e assassino. Quel Medio Oriente che gli europei li ha conosciuti come sterminatori e deportatori in nome dell'impero romano, come predoni e massacratori in nome della croce, come razzisti, schiavisti e ladri in nome del "fardello dell'uomo bianco", come stragisti sempre.

E quando gli europei parlano del popolo di Israele, noi non possiamo dimenticare che gli europei quel popolo hanno incessantemente perseguitato con ferocia genocida dai tempi dell'impero romano, del potere temporale dei papi, dei pogrom, fino alla Shoah.

E quando gli europei parlano dell'Islam, noi non possiamo dimenticare che quando nell'Europa cristiana chi diversamente pensava sulle cose ultime veniva messo al rogo, ebbene, nell'Europa islamica trovava invece scampo, rispetto, accoglienza; non possiamo dimenticare che se ancora abbiamo la grande cultura filosofica greca e' grazie ai filosofi arabi e musulmani che ce l'hanno tramandata; non possiamo dimenticare la barbarie del criminale e criminogeno razzismo europeo che tuttora perdura, fino alla condizione fatta qui e adesso alle persone di fede musulmana, fino al punto che un ministro - non nuovo ad atteggiamenti da cinico e stolto provocatore - si permette di pubblicamente impunemente bestemmiare le cose per altri piu' sacre, non ignorando peraltro che da questo suo agire possono derivare le piu' tragiche conseguenze.

Ma e' d'altro che qui vogliamo dire.

*

Il popolo palestinese ha diritto alla nostra piu' profonda solidarieta': affinche' al piu' presto sorga e sia riconosciuto uno stato palestinese, dotato di continuita' territoriale, non asservito ad altri, pienamente sovrano, libero e prospero. Uno stato democratico, uno stato di diritto, uno stato che rispetti i fondamentali diritti umani di tutti gli esseri umani, in primis il diritto a non essere uccisi.

E il popolo dello stato di Israele ha diritto alla nostra piu' profonda solidarieta': e' il minimo che possiamo fare, dopo la Shoah. Ed anche per Israele vale l'augurio che i suoi governi recedano da politiche incompatibili con uno stato democratico, uno stato di diritto, uno stato che rispetti i fondamentali diritti umani di tutti gli esseri umani, in primis il diritto a non essere uccisi.

Una solidarieta' strabica non aiuta nessuno. O si e' solidali con entrambi i popoli, e si afferma il diritto ad esistere per entrambi gli stati, o non si aiuta nessuno.

E non aiuta nessuno neppure una solidarieta' reticente.

Cosicche' la solidarieta' con due popoli che hanno diritto a due stati in cui vivere in pace e sicurezza implica anche la denuncia esplicita di tutte le violenze e le minacce: sappiamo bene che sia il governo dello Stato di Israele, sia la leadership palestinese, si sono macchiati di crimini. Occorre che quei crimini cessino. Occorre si affermi e pienamente si dispieghi la democrazia e il rispetto dei diritti umani.

*

Deve cessare l'occupazione israeliana dei territori palestinesi "occupati" per antonomasia, ed in quei territori deve sorgere al piu' presto lo stato di Palestina; deve cessare ogni atto di terrorismo: di stato, di gruppo, individuale; deve cessare ogni intenzione e minaccia di genocidio.

Sia tra gli israeliani che tra i palestinesi vi sono molte persone impegnate per la pace, il dialogo, il reciproco riconoscimento, la cessazione delle violenze, dei soprusi e delle minacce. Aiutiamo queste persone che con la forza della verita', con la scelta della nonviolenza, stanno operando per la pace, la giustizia, la riconciliazione.

Con la Palestina nel cuore, con Israele nel cuore.

 

16. HERI DICEBAMUS. UNA POSTILLA

 

Anche noi ci associamo alla richiesta che la realizzazione di un luogo deputato alla memoria delle vittime, all'impegno di verita', giustizia e riconciliazione, all'incontro fraterno e sororale tra le culture, i popoli, le persone, come dovrebbe essere il "Museo della tolleranza", non avvenga facendo scempio di sepolcri.

Si trovi altrove un'area in cui realizzarlo, e anche il gesto di volonta' buona della scelta di una diversa area, cosi' da non ledere la memoria e i sentimenti di alcuno, valga come esempio di coerenza ai fini dichiarati.

Anche questo e' un modo per essere fedeli alla figura, alla lotta, al messaggio di Simon Wiesenthal.

 

17. HERI DICEBAMUS. BONJOUR, TRISTESSE

 

L'Organizzazione delle Nazioni Unite si e' dunque accorta che Guantanamo e' un campo di concentramento in cui vengono atrocemente violati i fondamentali diritti umani delle persone li' detenute, e le fondamenta stesse dello stato di diritto, della civilta' giuridica, della civilta' umana tout court.

Anche Rip van Winkle dormi' lungamente, ma il suo sonno non favoreggio' crimini cosi' ripugnanti.

Ora che l'Onu si e' finalmente svegliata possiamo sperare in un'adeguata iniziativa della signora comunita' internazionale affinche' almeno tale orrore cessi?

 

18. HERI DICEBAMUS. UNA POSTILLA

 

L'iniziativa proposta nel testo che precede e' un'iniziativa nonviolenta: questo implica che essa: a) non deve mettere in pericolo la vita e l'incolumita' di esseri umani; b) deve essere fondata sulla verita'; c) non deve prestare il fianco all'opera di provocatori; d) deve avere una efficacia reale nel contrastare la violenza e nel promuovere la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.

Gia' troppe tragedie sono accadute.

E' compito delle persone amiche della nonviolenza essere sempre piu' rigorose, limpide e intransigenti nell'opporsi ad ogni violenza e ad ogni menzogna. Solo con la scelta della nonviolenza si puo' operare per la pace.

*

Sono cose ovvie, si dira'. Ma giova ripeterle.

Proprio perche' troppe volte si sono scandalosamente qualificate come "nonviolente" iniziative che invece erano l'esatto contrario: ambigue, furbesche e ipocrite, corrotte e subalterne, e quindi complici della guerra e della violenza.

Proprio perche' troppe volte si e' prostituita la parola "nonviolenza" a designare follemente pratiche e atteggiamenti che ne sono l'opposto assoluto.

E proprio perche' e' da tempo giunta l'ora che la nonviolenza smascheri e contrasti quanti anche nel cosiddetto movimento per la pace riproducono la stessa cultura di sopraffazione, le stesse logiche di dominio, la stessa menzogna e la stessa ferocia che dicono di voler contrastare (e questi messeri cosi' facendo falsificano, degradano e rendono inane l'impegno di pace che pure quel movimento proclama).

Ebbene, occorre essere chiari, e  non stancarsi di ripetere che la scelta della nonviolenza richiede rigore morale e intellettuale; rispetto assoluto della vita, della dignita' e dei diritti di ogni essere umano; nitida e salda coerenza tra mezzi e fini.

*

La pace si costruisce con la pace, le armi sono sempre nemiche dell'umanita', solo la nonviolenza contrasta la violenza, solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

Crediamo che l'iniziativa sopra segnalata possa, voglia e debba avere queste caratteristiche, di ripudio di ogni menzogna e ogni violenza: poiche' azione diretta nonviolenta questo significa, se alle parole che diciamo diamo un valore, se amiamo la verita' e vogliamo esserne testimoni.

*

Coloro che invece pensano che le guerre siano buone o cattive a seconda di chi le fa, o di chi si trova al governo; coloro che pensano che sia lecito minacciare, ferire o uccidere, ovvero mettere delle persone in condizioni di essere minacciate, ferite o uccise; coloro che hanno costruito le loro carriere sull'altrui sangue versato; coloro che accecati dall'ideologia persistono nel gioco infame di scimmiottare i soverchiatori e gli assassini cosi' riproducendo ed eternando la violenza: ebbene, tutti costoro nulla hanno a che vedere con la nonviolenza, nulla hanno a che vedere con la costruzione della pace, nulla hanno a che vedere con la salvezza, la liberazione, l'affermazione dell'umanita' cosi' come essa esiste: esistendo l'umanita' solamente in quanto incarnata in singole persone che tutte devono essere rispettate nel loro essere ciascuna titolare e portatrice di tutti i diritti umani.

*

Che il 19 marzo, tutte le iniziative del 19 marzo, siano occasione di illimpidimento, di riconoscimento di umanita'; siano passi verso la sempre piu' consapevole e cogente scelta della nonviolenza, siano passi sul cammino della nonviolenza. Altrimenti non solo non serviranno a nulla di buono, ma saranno per l'ennesima volta ancora una forma di complicita' col male.

*

E per concludere, breve una postilla a questa postilla di dimensioni forse gia' eccessive.

Non basta chiedere il ritiro delle truppe di occupazione straniere dall'Iraq: occorre che vi sia anche un autentico vasto intervento umanitario internazionale di aiuto alla popolazione gia' vittima della dittatura, del decennale embargo stragista, delle guerre succedutesi e in corso, della criminalita' organizzata (politica e comune) comunque essa si travesta; ed occorre altresi' un vastissimo dispiegamento di interventi di interposizione nonviolenta e di sostegno nonviolento all'affermazione dal basso del riconoscimento della dignita' e dei diritti umani - in primis il diritto alla vita e all'integrita' fisica e psichica - di tutte le persone cola' residenti; un intervento cosi' come prefigurato nella riflessione e nelle esperienze dei Corpi civili di pace: che sia azione coerente ed efficace di solidarieta', impegno concreto e verificabile di disarmo, costruzione autocentrata della civile convivenza, democrazia edificata nell'unico modo in cui si puo' edificare: nell'inculturazione e nel dialogo, nella volonta' buona e nella critica fraterna e sororale, nel sincero discutere e nella comprensiva apertura, nell'affermazione della legalita' che si oppone ad ogni lesione e ad ogni uccsione e ad ogni devastazione; nel reciproco riconoscersi e prestarsi benigna assistenza muovendo dal principio del diritto alla vita - e alla ricerca della condivisa felicita' - di tutti e di ciascuno: di ogni uomo, di ogni donna.

 

19. HERI DICEBAMUS. GIOVANNI GANDINI

 

E cosi' anche Giovanni Gandini se ne e' andato.

Saranno trent'anni che non leggo "Linus", ma il nome del suo fondatore non lo ho mai dimenticato, e non ho dimenticato cosa fu la sua creatura per la mia generazione: quale vivida apertura a una pluralita' di linguaggi, quale palpitante accostamento a una fruizione non consumista, non alienante, delle forme di comunicazione di massa. "Linus" conto' forse piu' dei francofortesi e di Opera aperta e Apocalittici e integrati nel fornire strumenti atti a consentirci di leggere criticamente e per cosi' dire metalinguisticamente alcuni tratti decisivi della realta' che ci opprimeva, e della dimensione estetica come esperienza relazionale di liberazione. Se fu beata ingenuita', fu tuttavia un'ingenuita' beata.

E penso ancora che nella koine' dei movimenti giovanili di contestazione tra '68 e '77 quella rivista di fumetti abbia contato molto piu' di tanti fogli paludati, e di tante gesticolazioni e coazioni verbali la cui illeggibilita' ed il cui dereismo oggi ci sorprendono ancora (ed erano correlativo oggetto dell'astratto che disumanizza, dell'ideologia come falsa coscienza che reifica e uccide). Invece il ricordo di quel "Linus" ci commuove ancora. Forse anche perche' reca l'aroma di un tempo e un'eta' piu' felici - non perche' meno tragici, ma perche' meno vili, piu' generosi di oggi.

 

20. HERI DICEBAMUS. IBRAHIM RUGOVA

 

In un attimo e' stata rimossa la figura e la vicenda di Rugova. Noi invece lo ricordiamo ancora come il promotore della decennale resistenza nonviolenta, che fu sconfitta dal triplice terrorismo delle mafie e delle democrature, dell'est e dell'ovest.

Ma che Rugova sia stato sconfitto, e che dopo il '99 la prospettiva nonviolenta in Kosovo sia stata duramente repressa e quasi annichilita dal congiurare di molte violenze e complicita', e che forse anche la figura, la persona di Rugova ne sia stata logorata - ed offesa e offuscata dallo stato delle cose ancor piu' che dalla malattia, ebbene, tutto cio' non toglie valore a quell'esperienza, a quella scelta, a quella speranza, che e' ancora la nostra: poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

21. HERI DICEBAMUS. ROBERT SHECKLEY

 

Chi sbigottisce oggi dinanzi al fascismo televisivo (e per essere chiari: la televisione non porta al fascismo, la televisione e' il fascismo) evidentemente non aveva letto Sheckley cinquanta, quaranta, trent'anni fa.

Ora che Robert Sheckley non e' piu', almeno noi qui gli rendiamo omaggio, e lo ricordiamo come un maestro e un compagno di lotte.

 

22. HERI DICEBAMUS. PIETRO MARIA TOESCA

 

Pietro Maria Toesca e' stato uno dei maggiori filosofi della nonviolenza in Italia.

E lo e' stato nel senso piu' forte e profondo: cercatore, sperimentatore di verita', la verita' che rispetta e unisce le persone, e le libera.

Con gratitudine qui lo ricordiamo, e lo indichiamo a esempio.

 

23. HERI DICEBAMUS. MARFORIO DECAFONI: UNA DICHIARAZIONE DI VOTO

 

Alle prossime elezioni politiche andro' a votare per cacciare dal governo i manipoli e i manutengoli della mafia, del duce e del klan.

 

24. HERI DICEBAMUS. RINO TORMESI: UNA DICHIARAZIONE DI VOTO

[Ringraziamo il nostro buon amico Lazzarino Tormesi per questo intervento]

 

Alle prossime elezioni politiche andro' a votare per difendere - ovvero ripristinare - la separazione dei poteri necessaria perche' vi sia uno stato di diritto in cui vivere non sia un'ingiuria alla dignita' propria e di tutti: affinche' vi sia un potere esecutivo che non possa imporre le sue basse voglie al potere legislativo; un potere legislativo orientato al bene comune nel fare le leggi; e un potere giudiziario che nell'amministrare la giustizia obbedisca alle leggi e a nessun altro.

 

25. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Letture

- Luciana Castellina, La scoperta del mondo, Nottetempo, Roma 2011, pp. 300, euro 16,50.

- Gene Sharp, in collaborazione con Jamila Raqib, Liberatevi! Azioni e strategie per sconfiggere le dittature, Add, Torino 2011, pp. 128, euro 7.

*

Riletture

- Juergen Habermas, Charles Taylor, Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli, Milano 1998, 2008, pp. 120.

 

26. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

27. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 616 del 14 luglio 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it