Telegrammi. 597



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 597 del 25 giugno 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Peppe Sini: Cosa e' la nonviolenza qui e ora

2. Giobbe Santabarbara: Della Repubblica il Presidente

3. Filastrocca di mamma Nato

4. Il 30 giugno a Blera una conferenza di Paolo Arena su "Stalker" di Andrej Tarkovskij

5. Viktor Erofeev ricorda Elena Bonner

6. Marina Mastroluca: Elena Bonner

7. Marina Verna: Elena Bonner

8. Silvia Fumarola intervista Cristina Comencini

9. Adriano Prosperi: La politica dei respingimenti

10. Adriano Prosperi: Le carceri italiane dimenticate dalla legge

11. Per sostenere il Movimento Nonviolento

12. Segnalazioni librarie

13. La "Carta" del Movimento Nonviolento

14. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: COSA E' LA NONVIOLENZA QUI E ORA

 

La nonviolenza qui e ora e' l'insurrezione contro la guerra assassina, contro la persecuzione razzista.

La nonviolenza qui e ora e' l'insurrezione morale del popolo italiano per far cessare le stragi che lo stato italiano sta commettendo partecipando alle guerre e perseguitando i migranti.

La nonviolenza qui e ora e sempre e' la lotta per salvare la vita e la dignita' e i diritti di ogni essere umano e far restare vivibile l'unica casa comune che l'umanita' abbia.

La nonviolenza qui e ora e' l'opposizione concreta e coerente, nitida e intransigente, alla guerra e al razzismo, all'eversione dall'alto del governo golpista e assassino e dei suoi complici.

La nonviolenza qui e ora e' battersi per la legalita' che salva le vite.

La nonviolenza qui e ora e' questo, o non e' nulla.

 

2. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: DELLA REPUBBLICA IL PRESIDENTE

 

Il Presidente della Repubblica

che riapri' i campi di concentramento

per i piu' afflitti e inermi dei viandanti.

 

Il Presidente della Repubblica

che incita alla guerra, allo scannamento

dei libici, gli afgani ed i migranti.

 

Di qual Repubblica e' il Presidente?

Di quella di Salo' sicuramente.

 

3. PAROLE. FILASTROCCA DI MAMMA NATO

 

Ogni giorno stragi in Libia

mamma Nato lieve esegue:

teschio e tibia sopra tibia

sventolando e niente tregue.

 

Ogni giorno di massacri

mamma Nato fa raccolto:

gia' persone, simulacri

poi concime a ingrassar l'orto.

 

Ogni giorno ai beduini

mamma Nato fa sentire

come i suoi mordono uncini

quanto facile e' morire.

 

Ogni giorno il presidente

plaude plaude a mamma Nato:

"torni il mondo ad esser niente

si decrei tutto il creato".

 

Ogni giorno questo orrore

io lo vedo dispiegato

a negare ogni valore

ad uccidere ogni nato.

 

E mi chiedo con vergogna

perche' mai non so fermarlo

mi corrode questa rogna

mi divora questo tarlo.

 

Ogni giorno ed ogni notte

sangue e morte, morte e sangue

nulla resta oltre le grotte

dove il mutilato langue.

 

Ogni giorno stragi in Libia

mamma Nato lieve esegue:

teschio e tibia sopra tibia

sventolando e niente tregue.

 

4. INCONTRI. IL 30 GIUGNO A BLERA UNA CONFERENZA DI PAOLO ARENA SU "STALKER" DI ANDREJ TARKOVSKIJ

[Dalle amiche e dagli amici della cooperativa "Il Vignale" di Blera (per contatti: tel. 3475988431 - 3478113696, e-mail: ilvignale at gmail.com) riceviamo e diffondiamo.

Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali e comunicazioni di massa, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che da due anni si svolgono settimanalmente a Viterbo; nella seconda meta' del 2010 insieme a Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Recentemente ha tenuto una conferenza all'Universita' di Roma "La Sapienza" sul cinema di Tarkovskij.

Andrej Tarkovskij, straordinario regista cinematografico (1932-1986): "testimonianza di fervore stilistico altissimo e di grande impegno morale" (Fernaldo Di Giammatteo). Opere di Andrej Tarkovskij: Il rullo compressore e il violino (1961); L'infanzia di Ivan (1962); Andrej Rublev (1969); Solaris (1972); Lo specchio (1974); Stalker (1979); Nostalghia (1983); Sacrificio (1986). Tra le opere su Andrej Tarkovskij: Tullio Masoni, Paolo Vecchi, Andrej Tarkovskij, Il castoro cinema, Milano 1997, 2001]

 

Giovedi' 30 giugno 2011, alle ore 17,30, presso la biblioteca comunale di Blera (Vt), in via Roma n. 61, la cooperativa agricola "Il Vignale" promuove una conferenza sul film "Stalker" di Andrej Tarkovskij. Relatore il critico e saggista Paolo Arena, che su questo argomento ha tenuto recentemente una conferenza presso l'Universita' "La Sapienza" di Roma.

*

Cooperativa agricola "Il Vignale"

Per informazioni: tel. 3475988431 - 3478113696; e-mail: ilvignale at gmail.com

Blera, 24 giugno 2011

 

5. LUTTI. VIKTOR EROFEEV RICORDA ELENA BONNER

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 20 giugno 2011 col titolo "Yelena e Andrej, due inguaribili romantici".

Viktor Erofeev (Mosca 1947) e' uno dei maggiori scrittori russi. Tra le opere di Viktor Erofeev disponibili in traduzione italiana: La bella di Mosca, Rizzoli, Milano 1991, 2004; I fiori del male russi, 2001; L'enciclopedia dell'anima russa, Spirali, Milano 2006; Il buon Stalin, Einaudi, Torino 2008; AA. VV., Russian attack, Salani, 2010.

Su Elena Bonner dalla Wikipedia, edizione italiana, riportiamo con minime correzioni la seguente notizia (assai inadeguata): "Elena Georgievna Bonner (Merv, 15 febbraio 1923 - Boston, 18 giugno 2011) e' stata una attivista russa e moglie di Andrei Sakharov. Inizialmente portava il nome di Lusik Alikhanova. Il padre, Alikhanov Gevork Sarkisovic, capo dell'ufficio del personale del Komintern, venne fucilato il 13 febbraio del 1938. La madre, Bonner Ruf' Grigorevna, fu arrestata il 10 dicembre del 1937 e sconto' 8 anni in un campo di lavoro correzionale nel Kazakistan. In seguito all'arresto di entrambi i genitori (che furono riabilitati nel 1954) nel 1937 la Bonner si trasferi' a Leningrado. Nel 1940 fini' la scuola ed inizio' a frequentare i corsi serali della facolta' di lingua russa e letteratura dell'istituto pedagogico "A. I. Gerzen" di Leningrado. Partecipo' alla guerra come volontaria nell'Armata Rossa come infermiera e subi' una grave contusione e una ferita, dopodiche' lavoro' come infermiera semplice e piu' tardi, nel 1943, come capo infermiera sul treno sanitario n. 122. Nel 1971 venne riconosciuta come invalida di seconda classe. Dal 1947 al 1953 Elena studio' all'Istituto di medicina di Leningrado. Dopo gli studi lavoro' come medico. Elena Bonner ha una figlia, Tat'jana (nata nel 1950) e un figlio, Aleksej (nato nel 1956); divorzio' dal loro padre, Semenov Ivan Vasilevic, nel 1965. Nel 1972 sposo' l'accademico dissidente Andrej Sakharov, che aveva conosciuto due anni prima a Kaluga nel corso di un processo contro dei dissidenti. Lo sostitui' nel 1975 alla cerimonia dell'assegnazione del Premio Nobel per la pace ad Oslo. Insieme a Sakharov fu relegata nella citta' di Gor'kij. Dall'inizio della partecipazione attiva di Elena Bonner nell'attivita' in difesa dei diritti umani fu soggetta a repressione, perquisizioni spesso illegali e furti di documenti inerenti a tale attivita' e non. I figli furono costretti ad emigrare. Alla fidanzata del figlio (Liza Alekseeva) fu negato il permesso di emigrare per raggiungere il fidanzato. Per fare in modo che le discriminazioni nei confronti della futura nuora finissero, i coniugi Sakharov (gia' relegati a Gor'kij) fecero uno sciopero della fame (22 novembre - 9 dicembre 1981). Tale forma di protesta ebbe il suo effetto e Liza Alekseeva fu lasciata emigrare". Tra le opere di Elena Bonner: Madri e figlie, Spirali, Milano 2003]

 

A Yelena Bonner non piaceva far parte di un branco, e persino la comunita' dei difensori dei diritti umani, che si battono in Russia fin dall'epoca sovietica, le sembravano una specie di consorzio autoritario. Meglio dunque definirla semplicemente una persona libera, un titolo davvero raro in Russia.

La ricordo a una cena dall'ambasciatore americano a Mosca nel 1988, offerta da Reagan. Era un momento storico eccezionale: Mikhail Gorbaciov si presento' agli americani con dei membri del Politburo, ostili alla perestrojka, e con grandi personalita' della Russia indipendente, primi fra tutti Andrej Sakharov e sua moglie Yelena, minuta ma determinata. Quella sera sembrava che sarebbe bastato togliere di mezzo i nemici della perestrojka e il paese sarebbe diventato un alleato dell'Occidente. La vittoria della ragione era vicina. Sakharov e la Bonner sono due pionieri del movimento dissidente, sono loro che hanno aiutato tutti noi a fare un passo avanti verso una nuova societa', verso una Russia libera. Intelligente e poliedrica, la moglie del grande Sakharov e' stata un critico spietato del sistema sovietico: per questo nel Politburo fu soprannominata "La belva con la gonna". Talvolta sembrava che per il suo impegno sociale superasse persino il marito e che lo guidasse nelle questioni di politica.

Un poeta dell'Ottocento, Nikolaj Nekrasov, scriveva che le donne russe erano in grado di "fermare un cavallo al galoppo ed entrare in un'izba in fiamme". Yelena Bonner era fatta cosi'. Cercava con tutte le forze di fermare la deriva autoritaria della nuova Russia. Rifiuto' di collaborare con Eltsin, quando scateno' la guerra in Cecenia trasformando il Caucaso in "un'izba in fiamme". Si oppose a Putin e alla guerra russo-georgiana del 2008. Credo pero' che negli ultimi anni Yelena Bonner abbia compreso che molto di cio' che sognava Sakharov era illusione. Due inguaribili romantici, Andrej e Yelena, chiamavano la Russia verso un futuro migliore, convinti che nell'epoca post-sovietica il guaio fosse la nostalgia dei soviet, mentre in realta' la Russia era mutilata di tutti i suoi arti. Abbiamo perso la parte migliore del nostro patrimonio genetico, con esso i concetti di onore e liberta'. Durante la guerra Yelena Bonner fu infermiera. Ricordava che il grido dei soldati al fronte, "Per la Patria, per Stalin", non era che una menzogna propagandistica. La verita' era nelle urla dei feriti che straziati dal dolore gridavano "Mamma!". E' questo che la Russia grida ancora oggi. Come aiutarla? Dove trovare gli arti perduti? Yelena Bonner e' sacra. Ha dimostrato che l'umanita' ha ancora onore, coscienza e cuore. Non sara' utile per la politica del Cremlino, ma servira' sempre a ricordare all'intellighenzia russa la sua splendida tradizione di amore per l'uomo.

 

6. LUTTI. MARINA MASTROLUCA: ELENA BONNER

[Dal quotidiano "l'Unita'" del 20 giugno 2011 riprendiamo presoche' integralmente il seguente articolo dal titolo "Scomparsa Elena Bonner. Con Sacharov difese la liberta'" e il sommario "Dissidente storica, ha combattuto per i diritti nell'era sovietica. E' stata a lungo la voce della dissidenza russa. E' morta Elena Bonner, moglie del premio Nobel Sacharov, con cui aveva condiviso il confino. Critica fino all'ultimo, nel 2010 aveva chiesto a Putin di dimettersi".

Marina Mastroluca e' giornalista de "L'Unita'"]

 

"La memoria storica si sta indebolendo, direi anzi che in Russia e' morta, e lo dimostra il fatto che il popolo russo abbia eletto presidente un colonnello del Kgb". Elena Bonner era fatta cosi', capace di andare dritta al dunque, la barra ferma sulla convinzione che diritti e liberta' non fossero un lusso occidentale. E' morta ieri a 88 anni a Boston, dove viveva, la storica dissidente russa, moglie del fisico Andrej Sacharov, premio Nobel per la pace nel '75, uno dei simboli dell'opposizione al regime sovietico. Con lui aveva diviso un piccolo appartamento di Mosca sempre sotto sorveglianza e la battaglia per far arrivare fuori dall'Urss la voce della dissidenza. Anche quando sembrava che non ce ne fosse piu' bisogno e l'epoca dei soviet era ufficialmente archiviata. La sua firma era tra le prime della lista l'anno scorso quando un gruppo di personalita' chiese a Putin di dimettersi.

... Elena Bonner non ha mai creduto alla teoria dell'ex colonnello del Kgb della "democrazia guidata", versione adattata alla peculiarita' della Russia. Con i suoi "siloviki", ex agenti dei servizi segreti divenuti la struttura portante dello Stato, Putin assomigliava troppo al potere dell'apparato di altri tempi, quelli che avevano visto la persecuzione dei suoi genitori prima che la sua. Suo padre Georgi, membro del Comintern, era stato arrestato e ucciso durante le purghe staliniane, la madre condannata a 8 anni di gulag, poi diventati 18. Eppure, malgrado le ferite private, Elena si era arruolata come infermiera volontaria durante la guerra al nazismo, era arrivata a Berlino con l'Armata rossa, era stata ferita alla testa e per tutta la vita ne avrebbe pagato le conseguenze. Una vita difficile gia' da quando era bambina, nata in Turkmenistan da una famiglia di ebrei comunisti, molto spesso si sentira' rinfacciare come una colpa la sua origine, fino ad essere accusata di essere una "spia sionista" tra gli anni '70 e '80. Solo per un breve periodo Elena ha creduto alla possibilita' di inserirsi in un sistema che aveva fatto di tutto per espellerla come un corpo estraneo. La destalinizzazione e la possibilita' di voltare pagina, l'avevano convinta a iscriversi al Partito comunista nel '56. "Il piu' grande errore della mia vita", avrebbe detto poi.

Gia' negli anni '60 infatti si era avvicinata ai movimenti per i diritti umani, un impegno che l'aveva allontanata dal primo marito, padre dei suoi due figli, Tatjana e Aleksei. Poi l'incontro con Sacharov, di cui sara' spesso la voce all'estero, in vece sua ritirera' nel '75 il premio Nobel, dopo che Mosca aveva negato al fisico l'autorizzazione ad uscire dal Paese. La loro casa era diventata un punto di riferimento per i dissidenti russi, malgrado le spie e la polizia davanti al portone. "Eravamo persone assolutamente libere in uno stato assolutamente non libero", raccontera' Elena.

La guerra contro l'Afghanistan sara' l'occasione per metterli a tacere. Sacharov, che aveva criticato l'intervento dell'Armata rossa, viene mandato al confino a Gorki, Elena cerca di mantenere i contatti facendo la spola fino a quando anche lei non viene condannata a seguirlo "per aver diffuso informazioni calunniose sull'Urss". Solo la perestroika di Gorbaciov li liberera' nell'86.

Morto Sacharov nell'89, Elena continuera' a battersi per i diritti umani anche dopo il crollo dell'Urss. Critichera' Eltsin, che inizialmente aveva appoggiato, per la guerra in Cecenia. E a Putin non concedera' mai il beneficio del dubbio: per lei l'ex agente del Kgb sara' sempre e solo una minaccia per i diritti umani.

 

7. LUTTI. MARINA VERNA: ELENA BONNER

[Dal sito del quotidiano "La Stampa" del 20 giugno 2011 riprendiamo il seguente ricordo, dal titolo "Addio a Elena, la musa di Sacharov " e il sommario "Pediatra, impegnata nell'editoria e er i diritti umani, aveva condiviso l'impegno col celebre marito. Icona della dissidenza sovietica, la Bonner, 88 anni, viveva a Boston dalla figlia".

Marina Verna, torinese, e' giornalista del quotidiano "La stampa"]

 

Elena Bonner, la vedova del dissidente russo Andrei Sacharov, e' morta ieri a Boston, dove viveva da anni con la figlia Tatiana.

Medico pediatra, 88 anni, e' stata una delle protagoniste della lotta per i diritti dell'uomo in Unione sovietica, da sola e al fianco del marito, fisico nucleare e premio Nobel per la Pace 1975. Era nata nel 1923 in Turkmenistan, allora Repubblica sovietica, da una famiglia di ebrei comunisti, che sarebbe stata vittima delle purghe staliniane: il padre, un dirigente del Comintern che aveva fatto la Rivoluzione, fu fucilato; la madre condannata a otto anni di gulag in quanto "moglie di un traditore".

Allo scoppio della guerra, Elena si arruola come infermiera volontaria e viene ferita due volte. Dopo la laurea lavora come pediatra e intanto comincia a scrivere ovunque, sulle riviste scientifiche come su quelle politiche. Nel 1965 sposa un compagno di studi, Ivan Semyonov, dal quale avra' due figli ma divorziera' nel 1965. Cinque anni dopo incontra Andrej Sacharov, uno dei padri della bomba all'idrogeno sovietica, come lei attivista per i diritti umani. Il matrimonio, celebrato nel 1972, cambia la sua vita: Elena abbandona il lavoro e si dedica a Sacharov e alla sua attivita', rappresentandolo anche negli impegni ufficiali, come la cerimonia di assegnazione del premio Nobel per la pace, alla quale lui non puo' partecipare perche' le autorita' sovietiche gli negano il visto.

Nel 1980 Sacharov viene esiliato a Gorkij, una citta' vietata agli stranieri a 500 km da Mosca, per aver criticato l'intervento in Afghanistan. Elena e' il suo unico legame con il mondo fino al 1984, quando anche lei viene processata per sovversione antisovietica e condannata all'esilio. Nel 1986 Mikhail Gorbaciov grazia entrambi. Tornano a Mosca ma tre anni dopo Sacharov muore, mentre lei continuera' a battersi e a scrivere. Spirali ha pubblicato nel 2003 il suo Madri e figlie. Elena e' ormai un'icona, e non ama essere considerata solo la vedova di Sakharov. Perche', ripete a tutti, "ho un'intera esistenza per conto mio".

 

8. RIFLESSIONE. SILVIA FUMAROLA INTERVISTA CRISTINA COMENCINI

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 19 giugno 2011 col titolo "Tornano le donne di 'Se non ora quando?' L'Italia si e' svegliata, la politica ci ascolti" e il sommario "La regista Cristina Comencini: dopo il milione in piazza di febbraio, il 9 e 10 luglio gli Stati generali della condizione femminile. C'e' stata una gigantesca mobilitazione popolare che ha influenzato le elezioni. Ora mettiamo al centro il lavoro".

Silvia Fumarola, gironalista, scrive sul quotidiano "La Repubblica".

Su Cristina Comencini dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo per stralci la seguente scheda: "Cristina Comencini (Roma, 8 maggio 1956) e' una regista, sceneggiatrice e scrittrice italiana, figlia di Luigi Comencini e sorella di Francesca Comencini... sceneggiatrice, regista di film di successo e autrice di numerosi libri. Dopo la laurea in Economia e commercio, esordisce alla regia nel 1988 con Zoo, cui seguono I divertimenti della vita privata, La fine e' nota (dal romanzo di G. Holliday Hall), Va' dove ti porta il cuore (dal best seller di Susanna Tamaro), Il piu' bel giorno della mia vita e La bestia nel cuore. La Comencini e' anche un'apprezzata scrittrice di romanzi: oltre a Matrioska, sono da ricordare Pagine strappate, Passione di famiglia, Il cappotto del turco, L'illusione del bene... Negli ultimi anni si e' avvicinata alla scrittura di testi teatrali: Due partite, commedia in due atti scritta per quattro interpreti femminili, e' stata messa in scena nel 2006 al Teatro Valle di Roma, e poi ripresa con successo in tutta Italia. Dalla versione teatrale e' stato anche ricavato l'omonimo film di Enzo Monteleone, uscito in sala nel 2009. Il 13 febbraio 2011 ha partecipato alla manifestazione Se non ora, quando? per il rispetto e la dignita' delle donne...]

 

"Facciamo dell'Italia un paese per donne": piu' che uno slogan, un impegno. La regista Cristina Comencini racconta con passione la nuova iniziativa del movimento "Se non ora quando?" che portera' a Siena il 9 e il 10 luglio donne di tutta Italia per confrontarsi sul cammino fatto. Gli stati generali della condizione femminile, raccontata da donne del Sud e del Nord, di sinistra e di destra: tutte. "Tutte invitate", spiega la Comencini, "a raccontare cos'e' cambiato. E' stato un anno intenso, e di cambiamenti importanti: lo dimostrano i risultati delle ultime elezioni e del referendum. E' come se un'onda dal profondo avesse smosso il Paese. E non c'e' dubbio che a questo risveglio abbiano contribuito gli studenti e le donne".

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- Silvia Fumarola: Signora Comencini, parla di "risveglio" ma le donne non hanno fatto grandi passi avanti.

- Cristina Comencini: L'associazione e' nata un anno fa per iniziativa di un gruppo di donne, per capire cosa fosse accaduto in Italia. L'Istat racconta che facciamo ancora una fatica mostruosa e siamo rimaste indietro, nel 2011 la condizione femminile e' tornata al centro dell'interesse. Anche gli uomini si sono stancati di vedere rappresentate le donne solo come corpi: e' stato il primo passo.

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- Silvia Fumarola: Avete intercettato il malessere e la voglia di condividere un percorso comune: immaginava che il movimento sarebbe cresciuto cosi'?

- Cristina Comencini: No, ma l'onda e' cresciuta subito. Nessuno aveva il coraggio di esprimersi, come se il sentimento politico fosse ancora vivo, ma nessuno lo manifestava. Il tam tam e' partito sul web, il 13 febbraio e' stata una data storica: un milione di persone in piazza, l'Italia mobilitata. La nostra intuizione, partita con lo spettacolo "Libere", era giusta. Sono convinta che quest'onda gigantesca abbia influenzato anche le elezioni.

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- Silvia Fumarola: Avete mai pensato di diventare un movimento politico?

- Cristina Comencini: No. Ma il modo in cui e' avvenuta l'adesione indica che c'era voglia di cambiamento. La societa' civile chiede che nasca la politica delle persone, non dell'antagonismo, l´Italia vuole vivere meglio. Si sono mossi gli studenti e le donne, il risveglio ha coinvolto tutti. La politica deve lasciarsi contaminare, sarebbe un suicidio non ascoltare queste nuove voci. Il 13 febbraio ha preso vita una mobilitazione popolare; tra i politici c'era chi l'auspicava e chi la temeva. Nella politica delle donne vanno coinvolti anche gli uomini, e' una battaglia che si fa insieme.

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- Silvia Fumarola: A Siena cosa succedera'?

- Cristina Comencini: Il 9 e 10 luglio ci riuniremo nel complesso di Santa Maria della Scala, ringrazio il sindaco e la direttrice del museo che ci hanno messo a disposizione la citta' e la struttura. "Se non ora quando?" si pone un'altra domanda: e adesso? Continuiamo a lavorare. L'Italia non e' un paese per donne, vogliamo che lo diventi. Gli ultimi dati Istat dicono che il tasso di occupazione femminile e' sceso, che le donne abbandonano il lavoro, non possono permettersi di diventare madri. Un quadro che non e' da paese moderno, l'Italia non da' nulla alle donne: va rimesso al centro il lavoro femminile.

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- Silvia Fumarola: Ha girato l'Italia: che idea si e' fatta?

- Cristina Comencini: Mia sorella Francesca ha raccolto le storie, abbiamo visto donne di tutte le eta' e condizione, tante le avevamo contattate per e-mail: sono diverse e simili nella consapevolezza di sentirsi escluse. Chi si e' reso conto che le donne sono una ricchezza per l'Italia e' il presidente della Repubblica. Le donne sono lavoratrici efficienti, hanno un potenziale enorme. La forza del nostro movimento e' la trasversalita' - si e' visto dalla piazza -, siamo unite perche' contano i principi.

 

9. RIFLESSIONE. ADRIANO PROSPERI: LA POLITICA DEI RESPINGIMENTI

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 19 giugno 2011 col titolo "La politica dei respingimenti".

Adriano Prosperi, nato a Cerretto Guidi (Firenze) nel 1939, docente di storia moderna all'Universita' di Pisa, ha insegnato nelle Universita' di Bologna e della Calabria; collabora a riviste storiche tra le quali "Quaderni storici", "Critica storica", "Annali dell'Istituto italo-germanico in Trento" e "Studi storici"; si e' occupato nei suoi studi di Storia della Chiesa e della vita religiosa nell'eta' della Riforma e della Controriforma; negli ultimi anni ha rivolto un'attenzione particolare alle strategie di disciplinamento delle coscienze e di regolazione dei comportamenti collettivi, messe in atto dalle istituzioni ecclesiastiche nell'Italia post-tridentina. Tra le opere di Adriano Prosperi: Tra evangelismo e Controriforma: Gian Matteo Giberti (1495-1543), Roma 1969; (con Carlo Ginzburg), Giochi di pazienza, Torino 1975; Tribunali della coscienza: inquisitori, confessori, missionari, Torino 1996; L'eresia del Libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta, Milano 2000; Dalla Peste Nera alla guerra dei Trent'anni, Torino 2000; Il Concilio di Trento: una introduzione storica, Torino 2001; L'Inquisizione romana. Letture e ricerche, Roma 2003; Dare l'anima, Torino 2005]

 

Ci sono tanti luoghi ai quali l'osservatore delle cose italiane dovrebbe guardare in questi giorni: Milano e Napoli, per esempio, ma anche le piazze finanziarie e le capitali europee dove si affrontano i problemi del debito italiano e si dettano le regole che dovranno governare la nostra economia. Ma il luogo sul quale oggi si concentra l'attenzione dell'informazione politica e' un piccolo comune in provincia di Bergamo con un nome che risvegliava un tempo solo gli echi scolastici di una brutta poesia di Giovanni Berchet: Pontida.

E' dal raduno annuale della Lega, con elmi e spadoni di un Medioevo di carta, che si attende una risposta importante. Intanto i gruppi dirigenti dei partiti, ben lungi dal seguire il saggio consiglio del Presidente Napolitano di cercare di "ritrovarsi uniti su grandi obiettivi comuni", sembrano uniti solo nello star fermi - uno spasmodico "surplace" in attesa che sia l'altro a fare la prima mossa. Cosi' si e' creata una speciale atmosfera di attesa della parola del Bossi: gia', perche' a parlare sara' solo lui. Alla sua parola il compito di ricreare quell'unione mistica tra il capo e un popolo che - a detta dei dirigenti della Lega - ha pur dato di recente ai suoi capi una sberla clamorosa. Dal verbo di Pontida e' dunque lecito attendersi un segnale di svolta. Intanto qualcosa di nuovo c'e' pur stato: di nuovo, anzi d'antico. Parliamo delle misure recenti prese a caldo dal ministro Maroni, l'uomo forte della Lega, il vero candidato a gestire un possibile governo di fine legislatura col benestare dell'azzoppato Berlusconi. Recano il suo sigillo personale. Un decreto fulminato a tambur battente ha triplicato d'un sol colpo, da sei mesi a diciotto, il periodo di detenzione dei clandestini nei Cie e ha introdotto una durissima procedura per i "respingimenti".

Torneremo su questa parola. Ma intanto segnaliamo anche la proposta del ministro per la politica internazionale: in una intervista del 17 giugno Maroni ha chiesto che la Nato schieri le sue navi davanti alle coste libiche per impedire la partenza di profughi. Non sembra molto realistico agitare lo spettro dell'invasione di masse libiche in un paese dove alla data del 17 maggio scorso secondo l'Alto commissario Onu per i rifugiati erano arrivate dalla Libia circa 14.000 persone in tutto. Quanto al decreto contro gli immigrati, si tratta di una misura di una durezza terrificante ma del tutto irrealistica. Intanto e' basata su premesse false. Non e' vero, come ha dichiarato il ministro dell'Interno, che il decreto e' "coerente con le norme dell'Unione europea": la direttiva europea sui rimpatri chiedeva gradualita' nel percorso di rimpatrio dell'immigrato irregolare. Invece il decreto impone una espulsione immediata e colpisce chi non ottempera al primo ordine di espulsione con la galera da uno a quattro anni (da uno a cinque per i recidivi). Senza contare le sanzioni in danaro: l'immigrato irregolare dovrebbe pagare da tremila a diciottomila euro.

Pura irrealta' per l'economia degli immigrati: ma anche per il ministro. Lo dimostra il fatto che tutta la procedura dovrebbe passare attraverso il giudice di pace. Secondo l'avvocato Livio Cancelliere dell'Asgi (Associazione studi giuridici sulle immigrazioni) nessun giudice di pace applichera' mai queste sanzioni. Dunque, si tratta solo di propaganda pre-Pontida.

Ma proviamo a leggere queste norme con lo sguardo dei disperati: quella parola "respingimento" e' una bestemmia, come hanno ben compreso per primi molti commentatori del mondo cattolico, concordi nel condannarlo senza esitazione. E' la cancellazione brutale di una tradizione antichissima ancora viva nelle nostre culture, quella che vedeva nell'esule, nel supplice una figura sacra agli dei. Oggi "respingimento" significa essere ributtati nell'inferno senza che nessuno ti chieda se sei un perseguitato politico o religioso o se lo diventerai una volta respinto. Intanto, gli "irregolari" chiusi nei Cie penseranno a quel che li aspetta la' dove saranno rimandati. Conosciamo i loro pensieri: saranno come quelli di Nabruka Mimuni, l´immigrata quarantenne da trent'anni in Italia (ma non italiana per la legge) che circa due anni fa si uccise impiccandosi nel Cie di Ponte Galeria a Roma.

Dunque, niente di piu' vecchio di queste novita': e' ancora l'antica politica della paura. Colpire l'immigrazione, trattare il clandestino come un delinquente, vuol dire riproporre al Paese la ricetta usata finora per farne salire la febbre xenofoba. Per un po' questa ricetta ha funzionato. Ma la massa di cittadini che ha riempito le piazze e si e' messa ordinatamente in fila davanti ai seggi del referendum ha mandato un segno molto chiaro: le cose sono cambiate, il Paese sta guarendo. Ci vogliono paraocchi speciali per non vederlo. Le risposte plebiscitarie alle quattro domande hanno inviato ai governanti una richiesta di diritti e di solidarieta', contro l'appropriazione privatistica dei beni comuni, contro l'impunita' per i potenti, contro scelte che mettono a rischio l'ambiente e il futuro delle giovani generazioni. E anche questo e' stato, a suo modo, un "respingimento".

 

10. RIFLESSIONE. ADRIANO PROSPERI: LE CARCERI ITALIANE DIMENTICATE DALLA LEGGE

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 24 giugno 2011 col titolo "Le carceri italiane dimenticate dalla legge"]

 

"Quello della giustizia e della sua appendice carceraria e' il tema principe della crisi del Paese": cosi', parola piu' parola meno, sembra che abbia detto il ministro Angelino Alfano a Marco Pannella ricoverato per le conseguenze di un durissimo sciopero della fame e della sete sui problemi del carcere. Dispiace non poter essere d'accordo col ministro. Le sue parole sono un bell'esempio dell'arte del politico di mestiere di cambiare le carte in tavola. Il "tema principe" del Paese, cioe' il problema dei processi di Berlusconi, non ha niente a che spartire con la questione carceraria. No, il carcere non e' un'appendice del problema della giustizia, e' "il" problema. Lo e' in assoluto: noi non abbiamo per fortuna la pena di morte, ma abbiamo carcerazioni di una lunghezza tale da esserne l'equivalente. Eppure si dice che la gente chiede pene sempre piu' dure: sara' vero? Di fatto c'e' solo che nel Paese non c'e' un'emergenza criminalita'. Tutte le statistiche dicono che in Italia il numero dei reati e' fermo da anni. Eppure cresce di continuo l'affollamento delle prigioni.

I numeri sono impressionanti: la capienza delle carceri e' di circa 45.000 posti, i numeri reali sfiorano i 70.000. Capienza: e' il termine in uso per le discariche. Il carcere e' la discarica della societa', la sua pattumiera, il luogo dove i rifiuti umani vengono chiusi, dimenticati, distrutti moralmente o fisicamente. Quei settantamila per oltre il 60% appartengono alle "fasce deboli" della societa': immigrati, tossicodipendenti, gente senza dimora, sofferenti psichici. Chi sono i veri responsabili della situazione? Il resoconto del "Gruppo Abele" di fine 2010 li indica senza incertezze: sono le leggi. Questo nostro Paese non ha ancora una legge che punisca la tortura: e da cio' l'imbarazzo su come punire le alte e basse cariche responsabili del massacro del G8 di Genova. Ma ha fior di leggi per mettere la gente in galera: per esempio la Bossi-Fini sull'immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle droghe e la ex-Cirielli sulle recidive. E non parliamo dei Cie, dove Maroni vuol tenere i profughi e i clandestini per diciotto mesi. In galera si vive e soprattutto si muore: centosettanta i morti del 2010 di cui sessantacinque per suicidio. E il 2011 si avvia a battere il record. Ci sono quelli che vengono, per cosi' dire, lasciati morire: la cronaca della mia citta' ha registrato il caso di Mario Santini, sessant'anni, un uomo definito "a bassa pericolosita'", morto in cella nel pomeriggio del 18 maggio scorso. Era malato, aveva bisogno di cure, e' stato trovato morto. E ci sono quelli che in carcere entrano vivi e ne escono morti perche' qualcuno li ammazza - qualcuno che dovrebbe essere responsabile della loro esistenza e dei loro diritti: si veda alla voce "Stefano Cucchi", si leggano le altre storie come la sua che ci interpellano dai capitoli del libro di Luigi Manconi e Valentina Calderone, Quando hanno aperto la cella. Sono tutte storie dello stesso genere: appartengono a una umanita' minore, residuale e per questo ritenuta non degna di essere difesa.

Al contrario e' la societa' che bisogna difendere da loro: o almeno cosi' pensa chi relega queste notizie nella categoria degli incidenti inevitabili. Bisogna che qualcuno muoia perche' sulle condizioni delle carceri si accenda per un momento la luce della cronaca. Cosi' come bisogna che le strade di Napoli trabocchino di immondizia perche' qualcuno si preoccupi. Ebbene, e' evidente che cosi' non si puo' continuare: come per le discariche dei rifiuti anche per gli esseri umani rifiutati e lasciati marcire in galera c'e' chiaramente qualcosa di sbagliato nelle leggi. Occorre promuovere una presa di coscienza nella classe dirigente del Paese che imponga una revisione legislativa delle norme criminogene accumulatesi negli anni.

Non bastano le pur meritorie iniziative di gruppi isolati e l'impegno di associazioni come quella che ha promosso il pellegrinaggio a piedi di un gruppo di carcerati raccontato in un bell'articolo di "Avvenire" di qualche giorno fa. Il problema del carcere e' iscritto nella contraddizione tra la funzione di strumento "reintegrativo" dell'individuo nella societa' che la nostra Costituzione gli ha affidato e la realta' che ne ha fatto una macchina criminogena. Il carcere deve essere concepito come un luogo di passaggio e non come uno stato senza alternative. Una pena certa e un diritto penale minimo, secondo la proposta di Luigi Ferrajoli, debbono sostituire il calvario imposto da norme dettate dalla paura del "nemico della societa'".

Cosi' l'Italia non farebbe che tornare alle sue tradizioni storiche remote, quando intorno alle carceri si mobilitavano le migliori energie di una popolazione ben consapevole del fatto che li' si trovavano i piu' poveri e i meno tutelati della societa'. Quando, alla meta' del Seicento, il vescovo modenese Gian Battista Scanaroli pubblico' il suo monumentale trattato su come doveva funzionare l'istituzione dei visitatori delle prigioni lo defini' un libro nato "tra le catene dei carcerati", "in mezzo alle tenebre dei poveri". Nell'Italia dei consumi affluenti su quelle tenebre diventate impenetrabili deve accendersi finalmente la luce della ragione.

 

11. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

12. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Alain, Cento e un ragionamenti, Einaudi, Torino 1960, 1975, pp. XLIV + 258.

- Alain, Elements de philosophie, Gallimard, Paris 1941, 1967, pp. 384.

- Maurice Blanchot, Da Kafka a Kafka, Feltrinelli, Milano 1983, pp. 192.

- Maurice Blanchot, La follia del giorno. La letteratura e il diritto alla morte, Elitropia, Reggio Emilia 1982, pp. 126.

- Maurice Blanchot, L'attesa, l'oblio, Guanda, Milano 1978, pp. 124.

- Maurice Blanchot, Lautreamont e Sade, Dedalo, Bari 1974, pp. 280.

- Maurice Blanchot, L'infinito intrattenimento, Einaudi, Torino 1977, pp. XXVI + 582.

- Maurice Blanchot, Lo spazio letterario, Einaudi, Torino 1967, 1975, pp. XXII + 248.

- Albert Memmi, Il razzismo, Costa & Nolan, Genova 1989, pp. 176.

- Albert Memmi, La statua di sale, Costa & Nolan, Genova 1991, pp. 320.

- Marthe Robert, L'antico e il nuovo, Rizzoli, Milano 1969, pp. 288.

- Marthe Robert, Da Edipo a Mose'. Freud e la coscienza ebraica, Sansoni, Firenze 1981, pp. 176.

- Marthe Robert, Solo come Kafka, Editori Riuniti, Roma 1982, pp. X + 214.

- Marcel Roland, La grande lezione dei piccoli animali, Rizzoli, Milano 1949, II ed. s. d., pp. 160.

- Marcel Roland, Vita e morte degli insetti, Rizzoli, Milano 1952, IV ed. s.d., pp. 184.

 

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

14. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 597 del 25 giugno 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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