Telegrammi. 540



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 540 del 29 aprile 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea smaschera e denuncia il colpo di stato razzista in Italia

2. Peppe Sini: E' l'ora di passare all'azione diretta nonviolenta per impedire il decollo dei bombardieri stragisti, per difendere la legalita' costituzionale, per difendere la vita degli esseri umani bersagli delle bombe

3. Movimento Nonviolento: Trentaquattresimo giorno di digiuno nonviolento collettivo a staffetta per opporsi alla guerra e al nucleare

4. Eve Ensler: All'Europa interessano le donne?

5. Il 30 aprile e il primo maggio a Viterbo due giorni per ricordare Alfio Pannega

6. Per Alfio

7. Stefano Rodota': L'imbroglio governativo contro il referendum

8. Lea Melandri: Un'altra economia o un altro rapporto tra uomini e donne?

9. L'"Associazione italiana medici per l'ambiente" ha inviato al Presidente del Tribunale di Viterbo specifica documentazione in merito all'arsenico nelle acque destinate a consumo umano

10. Per sostenere il Movimento Nonviolento

11. Segnalazioni librarie

12. La "Carta" del Movimento Nonviolento

13. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. LA CORTE DI GIUSTIZIA DELL'UNIONE EUROPEA SMASCHERA E DENUNCIA IL COLPO DI STATO RAZZISTA IN ITALIA

 

Riferiscono le agenzie di informazione che con un pronunciamento inequivocabile nella sostanza, la Corte di Giustizia europea ha dichiarato in contrasto con la Direttiva europea vigente l'architrave stesso della criminale e criminogena legge italiana 94/2009, ovvero l'introduzione nell'ordinamento italiano del "reato di clandestinita'", norma palesemente incostituzionale e fascista che implica che una persona innocente puo' essere perseguitata e incarcerata per il solo fatto di esistere e trovarsi con documenti insufficienti in un paese di cui non ha la cittadinanza.

*

Ricordando che anche varie norme dell'Unione Europea in materia di immigrazione sono scandalosamente complici di politiche razziste ed e' quindi necessaria una radicale riforma per addivenire a una normativa europea che finalmente rispetti quanto sancito nella Dichiarazione universale dei diritti umani, e' evidente che la misura imposta nell'estate 2009 dal governo italiano con un vero e proprio golpe razzista costituiva un tale scandalo che la stessa Corte di Giustizia europea ha dovuto seccamente bocciarla.

Sia quindi definitivamente abrogata in toto quella infame legge razzista; torni l'Italia al rispetto della legalita' costituzionale, della civilta' giuridica, dei diritti umani.

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Con piu' forza deve continuare l'impegno di ogni istituzione legale, di ogni associazione democratica, di ogni persona decente, contro il razzismo persecutore e contro la guerra assassina; con piu' forza deve continuare l'impegno dell'umanita' intera in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani.

 

2. EDITORIALE. PEPPE SINI: E' L'ORA DI PASSARE ALL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA PER IMPEDIRE IL DECOLLO DEI BOMBARDIERI STRAGISTI, PER DIFENDERE LA LEGALITA' COSTITUZIONALE, PER DIFENDERE LA VITA DEGLI ESSERI UMANI BERSAGLI DELLE BOMBE

 

Lo scrivo con la semplicita' e quindi con la solennita' che sono necessarie: e' l'ora di passare all'azione diretta nonviolenta per impedire il decollo dei bombardieri stragisti, per difendere la legalita' costituzionale, per difendere la vita degli esseri umani bersagli delle bombe.

 

3. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO: TRENTAQUATTRESIMO GIORNO DI DIGIUNO NONVIOLENTO COLLETTIVO A STAFFETTA PER OPPORSI ALLA GUERRA E AL NUCLEARE

[Dal Movimento Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e diffondiamo]

 

Sono piu' di 120 le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno finora aderito al digiuno promosso dal Movimento Nonviolento "per opporsi alla guerra e al nucleare".

Questa iniziativa nonviolenta prosegue dal 27 marzo scorso, e nuovi aderenti hanno gia' annunciato la loro partecipazione almeno fino a sabato 30 aprile. Ma altri ancora si stanno aggiungendo, e si proseguira' oltre. Si digiuna in ogni parte d'Italia, da Bolzano a Catania, da Torino a Venezia, da Verona a Bari.

La nonviolenza e' contagiosa; abbiamo iniziato con un digiuno di 48 ore, che sta proseguendo da 33 giorni.

Chi desidera aderire al digiuno lo puo' comunicare a: azionenonviolenta at sis.it (indicare nome, cognome, citta', giorno o giorni di digiuno).

 

4. RIFLESSIONE. EVE ENSLER: ALL'EUROPA INTERESSANO LE DONNE?

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente intervento di Eve Ensler dell'aprile 2011.

Eve Ensler, drammaturga, poetessa, sceneggiatrice e regista, docente universitaria, attivista per i diritti delle donne, fondatrice e direttrice artistica di "V-Day", movimento globale che combatte la violenza alle donne e alle bambine, vive a New York. Tra le opere di Eve Ensler: I monologhi della vagina, Marco Tropea Editore, Milano 2000; Il corpo giusto, Marco Tropea Editore, Milano 2005. Come e' noto I monologhi della vagina ha ricevuto nel 1997 il prestigioso Obie Award, ed e' stato portato in scena con grande successo a Broadway (con star come Susan Sarandon, Glenn Close, Melanie Griffith e Winona Ryder), a Londra (con Kate Winslet e Cate Blanchett) e in diverse altre citta' del mondo. "V-Day", il movimento internazionale contro la violenza su donne e bambine, di cui Eve Ensler e' fondatrice, dal 1999 ad oggi ha raccolto oltre 60 milioni di dollari e finanziato piu' di 10.000 rifugi e programmi antiviolenza (per informazioni: www.vday.org)]

 

Mentre il cambiamento politico si diffonde attraverso il Medioriente, e dopo la celebrazione del centesimo anniversario del Giorno Internazionale della Donna il mese scorso, io ho passato un bel po' di tempo riflettendo ed apprezzando il ruolo eroico e cruciale delle donne attiviste di base in tutto il mondo. Ho riflettuto su come hanno lavorato instancabilmente e spesso sotto attacco per contrastare violenza ed ingiustizia, per fornire servizi ove i governi omettono di farlo, e per chiedere trasparenza e fine dell'impunita'.

In Europa, come in altre parti del mondo, e' grazie a costoro che la violenza contro le donne e' diventata una questione riconosciuta dai governi e dai politici. Con risorse risicate queste donne gestiscono rifugi, provvedono sostegno medico d'emergenza alle sopravvissute che fuggono da chi abusa di loro, chiedono politiche adeguate, forniscono consigli legali, insegnano autodifesa a donne e ragazze, suscitano consapevolezza su soggetti considerati tabu', ed aiutano donne e bambine/i a raccogliere i pezzi delle loro vite dopo che queste ultime sono state frantumate, a livello emotivo ed economico. E' grazie al loro coraggio ed alla loro perseveranza che un marito non ha piu' il diritto di stuprare la moglie, e che le molestie sessuali in ufficio non sono piu' uno sport legittimo.

Ad una prima occhiata, puo' sembrare che la politica in Europa abbia cominciato a considerare seriamente le richieste delle attiviste di base. Dal Consiglio d'Europa, i cui membri spaziano dall'Irlanda alla Russia, e' stato redatto il primo strumento internazionale legalmente vincolante diretto a contrastare la violenza contro le donne. L'Unione Europea (27 membri) ha pure preso molteplici impegni per mettere fine alla violenza contro le donne, incluse le Risoluzioni del Parlamento europeo che chiedono una direttiva legalmente vincolante: la piu' recente di tali Risoluzioni e' stata adottata il 5 aprile 2011. Gli stati membri dell'Unione Europea hanno fatto eco a questo richiamo e richiesto alla Commissione Europea di trovare una strategia europea, di creare un Osservatorio sulla violenza contro le donne e di migliorarne la prevenzione; l'anno scorso, la Commissione Europea ha dichiarato una strategia ed un piano d'azione per combattere la violenza contro le donne.

Ma cosa ha prodotto tutto questo? Ad oggi, la Commissione Europea non ha adempiuto alla maggior parte dei suoi impegni e dei suoi obblighi, mentre al Consiglio d'Europa, nelle ultime fasi prima dell'adozione della "Convenzione sulla prevenzione ed il contrasto alla violenza contro le donne ed alla violenza domestica" alcuni paesi, inclusi la Gran Bretagna e la Russia, stanno facendo ogni sforzo per togliere dalla bozza di trattato i finanziamenti chiave.

E' possibile che nel 2011 siamo ancora qui a lottare per i piu' ovvi e basilari diritti delle donne? E' possibile che i decisori europei non abbiano alcun reale interesse a proteggere e rafforzare le donne? Qualcuno ha detto che il lassismo e la mancanza d'azione vengono dal convincimento che la violenza contro le donne non sia un'istanza urgente in Europa, o che la volonta' degli stati membri di dar priorita' ad altro e' semplicemente il riflesso del fatto che ci sono questioni piu' importanti. Questa idea e' assurda. Date solo un'occhiata ai fatti e ditemi se la violenza contro le donne non e' una faccenda urgente:

- includendo nella lista tutte le forme di violenza contro le donne, si stima che il 45% delle europee sono state soggette alla violenza maschile almeno una volta durante la loro vita;

- in Francia, ogni tre giorni una donna muore uccisa dal partner o dall'ex partner; in Gran Bretagna, ne muoiono due a settimana;

- una studentessa universitaria inglese su quattro ha subito un'esperienza sessuale non desiderata all'universita' o alle scuola superiore;

- fra il 40 ed il 50% delle donne europee hanno sperimentato molestie sessuali sul luogo di lavoro;

- il 79% delle vittime del traffico di esseri umani sono trafficate a scopo di sfruttamento sessuale; piu' dell'80% di esse sono femmine;

- mezzo milione di donne e bambine nell'Unione Europea vivono con i genitali mutilati;

- nell'area coperta dal Consiglio d'Europa, il costo annuale totale della violenza domestica e' di circa 33 miliardi di euro.

Per mettere tempo e danaro nella prevenzione e nelle misure per dare sicurezza a donne e ragazze, il momento e' ora. Se i governi europei sono seri nell'occuparsi di meta' delle loro popolazioni, l'adozione di una significativa Convenzione del Consiglio d'Europa e di una direttiva legalmente vincolante da parte dell'Unione Europea non dovrebbero essere cosi' difficili. La Risoluzione piu' recente del Parlamento europeo in merito alla violenza contro le donne fornisce la cornice per questo. Il dibattito che ha condotto alla sua adozione, fra i commenti decisamente inappropriati del Presidente, ha indicato il bisogno urgente di una delle misure che la Risoluzione chiede: lavorare contro "gli stereotipi e le credenze socialmente determinate che contribuiscono a perpetuare le condizioni che creano la violenza di genere e l'accettazione della stessa".

L'Unione Europea presto prendera' decisioni sul suo bilancio pluriennale dal 2013 in avanti. Che le spese siano "sensate" e' "l'ordine del giorno" per tutti. Uno studio recente ha rivelato che solo il costo della violenza relativa ai partner intimi, nell'Unione Europa, e' di circa 16 miliardi di euro l'anno. Cio' significa che ogni mezz'ora un milione di euro va perso perche' niente viene fatto per prevenire l'abuso delle donne da parte dei loro partner. Lo stesso studio mostra che se i fondi per la prevenzione di questa violenza fossero aumentati di un solo euro, ne salverebbero 87 sui costi. Incrementare i fondi per la prevenzione sarebbe una "spesa sensata", non e' vero?

Al momento le attiviste di V-Day stanno organizzando eventi in circa venti paesi europei (piu' di cento localita') per aumentare la consapevolezza e raccogliere fondi per le organizzazioni di base che lavorano per mettere fine alla violenza contro le donne. La Commissaria europea Reding conosce il potere dell'attivismo di base di V-Day: lei stessa ne fece parte nel 2004, quando sali' sul palco per partecipare alla rappresentazione di beneficenza de "I monologhi della vagina" nel suo paese, il Lussemburgo. L'attivismo di base copre alcuni dei buchi che attualmente esistono sia nella prevenzione sia nella fornitura di servizi, ma i decisori politici in Europa devono rendere lo stop alla violenza contro donne e bambine una priorita' reale.

Come le migliaia di donne che ho incontrato negli oltre sessanta paesi in cui ho viaggiato negli ultimi quindici anni, le donne europee sanno esattamente di cosa hanno bisogno e sanno esattamente come rispondere alle loro particolari necessita' all'interno delle loro particolari circostanze. Sta ai leader politici ascoltarle, e poi provvedere con cura piattaforme e vie che siano loro utili a dirigere i loro propri destini.

 

5. INCONTRI. IL 30 APRILE E IL PRIMO MAGGIO A VITERBO DUE GIORNI PER RICORDARE ALFIO PANNEGA

[Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre 1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i  motti e le vicende trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel 1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a pubblicare pochi mesi prima dell'improvvisa scomparsa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava. Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il 30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti. Alcuni testi commemorativi sono stati piu' volte pubblicati sul nostro foglio, da ultimo negli "Archivi della nonviolenza in cammino" nn. 56, 57, 58, 60; cfr. anche il fascicolo monografico dei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 265]

 

Il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" di Viterbo promuove l'iniziativa "Ciao Alfio. 30 aprile e primo maggio: due giorni per Alfio Pannega".

Di seguito il programma dell'iniziativa.

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30 aprile 2011

Ore 10,30, in Via Pietra del Pesce (dinanzi al Due Righe Book Bar):

- Letture da "Allora ero giovane pure io. Travagliata e poetica vita di Alfio Pannega".

- Ricordo di Alfio Pannega a cura del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.

Dalle ore 18,30, presso il centro sociale occupato autogestito "Valle Faul" (in strada Castel d'Asso snc):

- Inaugurazione mostra fotografica permanente (opere fotografiche di Valentino Costa, Francesco Galli e Mario Onofri; opere pittoriche di Lella Biagi e Massimo De Giovanni).

- Cena sociale.

ore 22: Spettacolo teatrale, La Banda del Racconto in "Vittoria! Malinconica e avventurosa vita di Pietro Rossi Garibaldino".

- A seguire musica popolare e canti di lotta.

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Primo maggio 2011

Ore 13, presso il centro sociale occupato autogestito Valle Faul (in strada Castel d'Asso snc): Pranzo sociale.

Oe 17: Passeggiata per Castel d'Asso con raccolta di erbe selvatiche.

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Per ulteriori informazioni e contatti: Centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", area ex Cogema, strada Castel d'Asso snc, 01100 Viterbo, tel. 3288680551 (Alessio), 3315063980 (Luciano), e-mail: csavallefaul at autistici.org, sito: http://csavallefaul.noblogs.org/

 

6. AMICIZIE. PER ALFIO

[Riceviamo e diffondiamo]

 

A un anno dalla scomparsa di Alfio Pannega, figura storica della Viterbo popolare ed antifascista, molte persone che gli hanno voluto bene, e in modo particolare i suoi compagni di vita e di lotte del centro sociale occupato autogestito "Valle Faul", lo ricordano il 30 aprile e il primo maggio 2011 con due giorni di iniziative (tra cui mostre, spettacoli teatrali, un concerto), che cominceranno nel quartiere medioevale viterbese di San Pellegrino sabato mattina, proseguiranno presso il centro sociale nel pomeriggio di sabato e la mattina della domenica, e si concluderanno con una passeggiata a Castel d'Asso il pomeriggio della domenica.

Alfio Pannega e' stato generoso protagonista di molte esperienze di impegno culturale e civile, di solidarieta' concreta e di difesa dei diritti umani e dei beni comuni.

E' stato anche partecipe, fin dalla fondazione, del nostro comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti.

Cosi' come lo ricordiamo nelle iniziative in difesa dell'area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame, lo ricordiamo anche in tante altre iniziative contro la guerra e contro il razzismo, per l'acqua bene comune e diritto umano e contro la criminale follia nucleare.

E' anche in suo nome e nel suo ricordo che continueremo la lotta in difesa dell'ambiente, per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani, contro ogni forma di sfruttamento, di oppressione, di ingiustizia, di violenza.

Grati ad Alfio Pannega per l'esempio e la lezione di dignita', di civilta', di umanita', che con l'intera sua vita ci ha donato.

Nel primo anniversario della scomparsa ci associamo al ricordo e invitiamo tutti i cittadini di Viterbo a partecipare alle iniziative in sua memoria promosse dal centro sociale "Valle Faul".

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Il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti

Viterbo, 28 aprile 2011

 

7. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': L'IMBROGLIO GOVERNATIVO CONTRO IL REFERENDUM

[Dal quotidiano "La Repubblica" del 27 aprile 2011 col titolo "Sull'imbroglio decida la Consulta".

Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e' Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore delle riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al 2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano 2006, 2009; Perche' laico, Laterza, Roma-Bari 2009]

 

Sia lode al presidente del Consiglio. Con la disinvoltura istituzionale che lo contraddistingue ha svelato le vere carte del governo sul nucleare, carte peraltro niente affatto coperte. La frode legislativa, gia' evidente, diviene ora conclamata.

Berlusconi e' stato chiaro. Un tema tanto importante come il nucleare non puo' essere affidato a cittadini "spaventati" da quanto e' avvenuto in Giappone, che debbono "tranquillizzarsi". Meglio, dunque, non far votare un popolo emotivo, disinformato. Gli abbiamo scippato con uno stratagemma un referendum che avrebbe reso impossibile per anni il nucleare, e ora abbiamo le mani libere per tornare in pista gia' tra dodici mesi. Gabbati i cittadini, ma rassicurati gli imprenditori, poiche' il presidente del Consiglio si e' premurato di dire che i rapporti tra Enel e Electricite' de France andranno comunque avanti.

Un governo e una maggioranza senza dignita' accantonano uno dopo l'altro gli strumenti della democrazia, non hanno neppure il pudore della reticenza, teorizzano il silenzio dei cittadini.

Ma si puo' davvero restare passivi davanti a questo gioco delle tre carte istituzionali? Il famigerato emendamento approvato dal Senato diceva chiaramente quale fosse l'obiettivo che si voleva perseguire. Le parole di Berlusconi confermano l'interpretazione dei tanti che avevano sottolineato come la formale abrogazione delle norme sulle centrali nucleari fosse un espediente, anzi un imbroglio, per far si' che la politica nuclearista potesse continuare e per impedire che la partecipazione al voto di "cittadini emotivi" facesse raggiungere il quorum, consentendo cosi' anche il successo del temutissimo referendum sul legittimo impedimento.

E' bene ricordare i fatti. Quell'emendamento si presenta formalmente come una abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario. Ma il primo e l'ultimo comma dicono il contrario. Si comincia con lo stabilire che il governo si riserva di tornare sulla questione, una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea". E alla fine si dice che lo fara' entro dodici mesi adottando una "Strategia energetica nazionale", per la quale furbescamente non si nomina, ma neppure si esclude, il ricorso al nucleare, di cui peraltro si parla esplicitamente all'inizio dell'emendamento.

Il Parlamento ha trangugiato senza batter ciglio questa brodaglia, ennesimo esempio dell'incultura politica e istituzionale che ci circonda.

Una volta che il decreto nel quale e' stato infilato l'emendamento sara' stato convertito in legge, la parola passera' all'Ufficio per il referendum della Corte di Cassazione, che ha il compito di accertare se la nuova legge va nella direzione voluta dai promotori. Se la sua valutazione e' positiva, il referendum non si tiene. Nel caso contrario, il referendum e' "trasferito" sulle nuove norme e si va al voto.

Dopo la clamorosa confessione pubblica del presidente del Consiglio, e' dichiarato l'obiettivo di impedire il rispetto della volonta' dei promotori. A questo punto, pero', le cose si complicano assai. Che cosa accadrebbe, infatti, se la Cassazione, prendendo atto della frode ai danni dei cittadini, decidesse di far tenere il referendum facendo votare pro o contro l'abrogazione dell'emendamento-imbroglio? Se gli elettori votassero si' all'abrogazione, cancellerebbero certamente le norme con le quali il governo ha voluto riservarsi di riprendere la politica nucleare a proprio piacimento. Ma cancellerebbero pure la parte dell'emendamento che abroga le attuali norme sul nucleare. Queste tornerebbero in vigore, ridando al governo, da subito, il potere di procedere sulla strada della costruzione delle centrali nucleari.

Come uscire da questo pasticcio? Facciamo un passo indietro. Nel 1978 la Corte costituzionale dovette affrontare appunto il problema di norme che, abrogando le disposizioni alle quali si riferiva il referendum, non rispettavano la volonta' dei promotori. La soluzione fu trovata dichiarando l'incostituzionalita' della norma della legge sul referendum che non prevedeva questa eventualita', e prevedendo il trasferimento del referendum sulle nuove norme. Ma, di fronte all'imbroglio attuale, questa strada non e' praticabile, poiche' produrrebbe l'esito paradossale di un voto referendario che si ritorce ancora di piu' contro l'intenzione dei proponenti. La Cassazione, allora, potrebbe sollevare la nuova questione, investendone la Corte costituzionale che, come nel 1978, dovrebbe cercar di porre riparo all'ennesima torsione alla quale il governo attuale sottopone le istituzioni.

Una parola sul modo in cui Berlusconi considera i cittadini, ai quali sarebbe precluso il diritto di votare in situazioni di "emotivita'", di "sostanziale incompetenza". Gia' in occasione del referendum sulla legge sulla procreazione assistita, nel 2005, uno degli argomenti adoperati per indurre all'astensione fu quello che sottolineava la complessita' tecnica di taluni quesiti, che avrebbe impedito ai cittadini di esprimere una valutazione adeguata. Tutti questi sono argomenti pericolosissimi dal punto di vista democratico, perche' subordinano la possibilita' di votare al giudizio che qualcuno esprime sulla competenza di ciascuno di noi e mettono cosi' "sotto tutela" la stessa sovranita' popolare. In questi casi la via non e' quella del silenzio forzato, ma dell'informazione adeguata, quella che produce lo "scientific citizen", il "cittadino biologico", cioe' persone dotate dei dati che le mettono in condizione di formarsi una opinione critica. E' un caso che la Commissione di vigilanza della Rai non abbia ancora approvato il regolamento sulle trasmissioni per i referendum, precludendo ai cittadini proprio quell'accesso all'informazione che li riscatterebbe dall'emotivita'?

 

8. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: UN'ALTRA ECONOMIA O UN ALTRO RAPPORTO TRA UOMINI E DONNE?

[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente pubblicato sul quotidiano "Gli Altri" dell'11 aprile 2011.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi'"]

 

"Sono soprattutto le donne che hanno voglia di avere un lavoro che consenta di fare altre cose nella vita. Gli uomini riescono a vivere di solo lavoro perche' hanno qualcuno che pensa al resto". Con questa riflessione si chiude una delle tante interviste che Paola Zappaterra, esperta di storia orale, ricercatrice presso l'Associazione Orlando di Bologna, sta raccogliendo su esperienze di un'"altra economia". Il seminario a cui siamo state invitate insieme a Ravenna e' lo stesso a cui hanno partecipato il 4 marzo 2011 Serge Latouche e Antonella Picchio. In un articolo, pubblicato su "Gli Altri" (18 marzo 2011), Picchio scrive: "Fino a quando gli uomini adulti non porteranno nello spazio pubblico e politico il loro disagio del corpo e della mente e non collegheranno in modo piu' sano tempi di vita e di lavoro, desideri e realta', beni e relazioni, partendo dai loro corpi, insicurezze, emozioni, non c'e' speranza di arrivare a una buona vita liberata dalle devastazioni del lavoro salariato, della crescita insana, del consumo alienante".

A Latouche, che nella sua teoria della decrescita non sembra tener conto del rapporto tra produzione di beni e riproduzione sociale della popolazione, l'economista femminista ricorda l'enorme massa di lavoro non pagato domestico e di cura, la cui qualita' "etica e relazionale" sarebbe in grado di "spostare la visione economica svelandone il riduttivismo mistificante". Pur nella radicalita' del suo assunto  - la fuoriuscita dall'economia -, la sfida di Latouche resterebbe dunque interna a un sistema produttivo che si e' costruito storicamente sull'esclusione di esperienze essenziali dell'umano, identificate col ruolo "naturale" della donna, custode degli interessi della sessualita' e della famiglia.

Che cosa significa uscire dall' "imperialismo dell'economia" per ritrovare "il sociale e il politico" - come si legge ne suo ultimo libro, Come si esce dalla societa' dei consumi (Bollati Boringhieri, 2011) -, se non si nomina l'atto fondativo della polis, la scissione originaria che ha contrapposto e complementarizzato, subordinando un polo all'altro, non solo i ruoli del femminile e del maschile, ma anche natura e cultura, sentimenti e ragione, individuo e societa', infanzia e storia? Come si puo' pensare che si possa ristabilire, fuori da conflitti, una "continuita'" la' dove c'e' stata una differenziazione violenta e la nascita di un dominio cosi' duraturo, come quello di un sesso sull'altro? La "decolonizzazione" dell'immaginario non puo' che cominciare da quella guerra mai dichiarata che ha visto la civilta' comportarsi, rispetto al suo retroterra - la donna, la famiglia, l'amore - come "una stirpe o uno strato di popolazione che ne abbia assoggettato un altro per sfruttarlo" (Freud). Se e' vero che non esistono una crescita e uno sviluppo senza limiti, una natura cosi' prodiga da offrire vantaggi infiniti all'uomo, anche quella "risorsa" che e' il lavoro femminile di cura - il maternage incondizionato che oggi si vorrebbe estendere come "valore aggiunto" al maggior rendimento delle imprese - ha toccato, con il risveglio della coscienza femminile, una soglia di non ritorno.

Il rapporto tra vita e lavoro, sfera privata e sfera pubblica, e' oggi al centro di un cambiamento sostanziale che non interessa solo l'economia, il delirio produttivistico, la tirannia del consumo e delle merci, ma l'idea stessa di "sociale" e di "politica" cosi' come e'  stata tradizionalmente intesa dalla comunita' storica degli uomini. Criticate da Latouche, le esperienze di un'"altra economia", un "altro sviluppo", appaiono da questo punto di vista piu' rivelative di quanto non lo sia la decrescita, riguardo alle contraddizioni e alle ambiguita' a cui va incontro il superamento dei confini tra la casa e la citta', il tentativo di creare legami non violenti tra il corpo e la polis.

Nella ricerca di Paola Zappaterra colpisce l'eta' delle intervistate - tra i trenta e i quarant'anni -, la condizione sociale, la prima generazione nata da famiglie contadine inurbate negli anni '60, l'alto livello di istruzione e il passaggio attraverso un'occupazione garantita e ben remunerata, che a un certo punto decidono di lasciare. Rosalinda Triggiani, per fare un esempio, gestisce oggi a Bologna una bottega di commercio equosolidale assieme a un'amica. Laureata in economia e commercio, ha lavorato prima per dieci anni come manager in una multinazionale, che si occupava di articoli sportivi. Poi sono venuti i dubbi, i ripensamenti su cosa significa lavorare con certi fornitori, certi paesi, fare straordinari che non ti vengono pagati, vedere i livelli decisionali riservati agli uomini. Ma, soprattutto, rendersi conto che "l'azienda e' strutturata su persone senza figli". Come molte altre, Rosalinda attribuisce al lavoro fatto in precedenza un valore formativo che ha potuto trasferire nel progetto di un'"altra economia", cosi' come riconosce che la sua scelta e' stata dettata dal desiderio di "avere tempo per il negozio e per i bambini". Ma se la maternita' e' per alcune la spinta piu' forte al cambiamento, per tutte l'alternativa sta nell'aprirsi di un ventaglio impensato di manifestazioni di vita: "riappropriarsi della produzione di energia, non essere solo utenti, fruitori. E' come se tu dovessi reimparare ad alimentarti, a parlare"; "ripresa del controllo sulla propria sopravvivenza, su cosa fai per mangiare, per vivere. Non una via di fuga dal mondo, ma un rientrare nel mondo"; "un'economia intesa non tanto come il fare denaro, ma come il modo in cui ci sosteniamo, viviamo"; "partecipazione a livello di territori, societa', reti relazionali, coscienza di quello che consumi, preferibile al buttarsi in politica. Una conquista quotidiana lenta, contraddittoria, un altro modo di fare la rivoluzione, seminare e aspettare che i semi diano frutti".

L'"altra economia" sembra dunque in consonanza con quell'"abc dell'impegno" che Miguel Benasayag, nel libro omonimo (Feltrinelli 2005), ha indicato come argine "contro il niente" di una societa' che ha smesso di interrogarsi sul senso e sulla qualita' della vita. Occuparsi del proprio agire, trovare il mondo nelle nostre singolarita': l'azione ristretta, la modificazione del quotidiano, sono gli unici modi non astratti, non volontaristici di incontrare gli altri e di "accedere al generale". Nel suo "strano radicalismo", Benasayag mostra anche la strada per sottrarsi al rischio, che si avverte nella scelta di un'"altra economia", di un ritorno al passato, alla natura buona, al comunitarismo rurale: "solo le pratiche in cui ciascuno sviluppi la sua attivita' permettono la costruzione di una base comune". Vista dall'ottica di una cultura femminista che ha messo in discussione entrambi i poli della dualita', l'"altro mondo possibile" che si delinea all'orizzonte appare ancora molto confuso, pieno di contraddizioni. Desta giustamente sospetto il fatto che la riscoperta e la valorizzazione di tutto cio' che e' stato identificato e confuso con il "femminile" avvenga nell'inconsapevolezza o quantomeno senza nominare il rapporto di potere tra i sessi; e, inoltre, il fatto che le donne stesse, presenti in numero rilevante nel volontariato, nell'ambientalismo, nelle cooperative sociali, nel commercio equosolidale, incontrino anche in questi luoghi la difficolta' "a farsi rispettare", far riconoscere il proprio lavoro, assumere ruoli direttivi, senza che questo sia, almeno all'apparenza, ragione di conflitto, di ribellione. Non e' difficile capire che, se per un verso si sta eclissando il volto autoritario del patriarcato, non si puo' dire altrettanto dell'androginismo o femminilizzazione del maschile, che si fa strada nella new economy come nelle alternative all'economia capitalistica, lasciando intravedere parentele insospettabili tra realta' che si pensavano radicalmente diverse.

 

9. INIZIATIVE. L'"ASSOCIAZIONE ITALIANA MEDICI PER L'AMBIENTE" HA INVIATO AL PRESIDENTE DEL TRIBUNALE DI VITERBO SPECIFICA DOCUMENTAZIONE IN MERITO ALL'ARSENICO NELLE ACQUE DESTINATE A CONSUMO UMANO

[Dall'Associazione italiana medici per l'ambiente (per contatti: tel. 3383810091, e-mail: isde.viterbo at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]

 

L'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) ha inviato per opportuna conoscenza al Presidente del Tribunale di Viterbo una specifica documentazione inerente le problematiche sanitarie determinate dalla presenza di arsenico, elemento tossico e cancerogeno, nelle acque destinate a consumo umano; le proposte d'intervento per una rapida ed efficace soluzione del problema; un recente appello-denuncia della sottovalutazione di questo grave problema sanitario e del ritardo nell'applicazione delle vigenti disposizioni di legge nazionali ed europee a tutela della pulizia e salubrita' delle acque ad uso potabile e quindi della salute umano.

Di seguito l'elenco dei documenti inviati:

1)  documento del 6 novembre 2010 "L'arsenico nelle acque destinate a consumo umano nell'Alto Lazio: problematiche sanitarie, ambientali e proposte d 'intervento" redatto dall'Isde di Viterbo;

2) documento del 20 novembre 2010 "Gli interventi immediati e necessari per ridurre l'esposizione delle persone all'arsenico e per il rispetto di quanto stabilito dalla Commissione europea" redatto dall'Isde di Viterbo;

3) comunicato stampa del primo dicembre 2010 della Federazione italiana medici di medicina generale di Viterbo;

4) comunicato stampa del 24 febbraio 2011 dell'Ordine dei medici-chirurghi ed odontoiatri di Viterbo;

5) appello -denuncia del  22 aprile 2011 "Dall'Associazione italiana medici per l'ambiente un appello-denuncia: subito acqua dearsenificata  per rispettare il diritto alla salute delle popolazioni" redatto dall'Isde di Viterbo.

*

Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) di Viterbo

Viterbo, 28 aprile 2011

Per comunicazioni: tel. 3383810091, e-mail: isde.viterbo at gmail.com

 

10. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

11. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Guenther Anders, Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990, pp. 112.

- Guenther Anders, Essere o non essere. Dario di Hiroshima e Nagasaki, Einaudi, Torino 1961, pp. XVIII + 216.

- Guenther Anders e Claude Heaterly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'ombra, Milano 1992, pp. 224.

- Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale, Il Saggiatore, Milano 1963, pp. 336.

- Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino 1992, pp. VI + 430.

- Guenther Anders, Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995, pp. 112.

- Guenther Anders, Stato di necessita' e legittima difesa. Violenza si' o no: una critica del pacifismo, Edizioni cultura della pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997, pp. 80.

- Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca per la pace, Viterbo 1991, pp. 16.

 

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

13. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 540 del 29 aprile 2011

 

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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