Telegrammi. 291



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 291 del 23 agosto 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Insorgere contro il colpo di stato razzista. Insorgere contro la guerra. Insorgere per la legalita' costituzionale. Insorgere per i diritti umani di tutti gli esseri umani
2. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Crispino Scotolatori
3. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Antonio Vigilante
4. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
5. "Azione nonviolenta"
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. INSORGERE CONTRO IL COLPO DI STATO RAZZISTA. INSORGERE CONTRO LA GUERRA. INSORGERE PER LA LEGALITA' COSTITUZIONALE. INSORGERE PER I DIRITTI UMANI DI TUTTI GLI ESSERI UMANI
 
Insorgere contro il colpo di stato razzista.
Insorgere contro la guerra.
Insorgere per la legalita' costituzionale.
Insorgere per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Con la forza della verita'.
Con la scelta della nonviolenza.
 
2. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO CRISPINO SCOTOLATORI

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Crispino Scotolatori.

Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Crispino Scotolatori e' un vecchio amico di questo foglio]

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Crispino Scotolatori: Negli anni Settanta del secolo scorso, per un insieme di esperienze e riflessioni.
Negli anni della strategia della tensione, negli anni delle stragi di stato, negli "anni di piombo", dinanzi alla diffusa allucinata banalizzazione, supina accettazione e fin infame adorazione della violenza, ed ai concreti tragici ed abominevoli esiti di cio', mi parve evidente la necessita' di scegliere la nonviolenza.
Come mi parve evidente la necessita' di scegliere la nonviolenza dinanzi ai cancelli del cantiere della centrale nucleare di Montalto di Castro, mentre lottavamo per difendere il pianeta dall'inquinamento e la societa' dalla militarizzazione.
Come mi parve evidente la necessita' di scegliere la nonviolenza nella lotta contro i manicomi e le altre istituzioni totali, e quindi per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Come mi parve evidente la necessita' di scegliere la nonviolenza nell'opposizione agli euromissili, perche' il disarmo e' l'unica via per costruire la pace.
E ancora: riflettendo sugli esiti delle rivoluzioni socialiste novecentesche e solidarizzando coi movimenti che si battevano per la liberazione dell'umanita' intera da ogni oppressione; riflettendo sull'orrore dei gulag, dei lager, di Hiroshima e Nagasaki, della guerra del Vietnam, dei regimi dittatoriali e dei poteri terroristici; riflettendo sul dovere di contrastare il colonialismo, l'imperialismo, il totalitarismo, e il militarismo, il maschilismo e il patriarcato: cosi' mi accostai alla nonviolenza.
*
- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?
- Crispino Scotolatori: E' difficile dirlo, anche perche' la mia interpretazione della nonviolenza e' articolata, complessa, contestuale ed aperta, cosicche' in essa colloco persone, esperienze e riflessioni che forse per altri (e soprattutto per chi riduce la nonviolenza a museo e canone, a sfilata di autorita' e ricettario di dogmi - ed e' evidente che la mia opinione e' esattamente opposta a tale impostazione) non sarebbero ad essa omogenei; e viceversa non condivido affatto talune esperienze e riflessioni di personalita' pur illustri e comunemente ritenute simboli della nonviolenza.
Inoltre alla scelta della nonviolenza non arrivai per cosi' dire come una tabula rasa, da ingenuo apprendista, ma da militante e dirigente politico gia' formatosi alla scuola del marxismo critico e antitotalitario, nella nonviolenza trovando non una conversione, ma un approfondimento e un inveramento dei miei stessi pensieri, una rigorizzazione delle mie stesse idee e pratiche e per cosi' dire un'apertura ulteriore, sperimentale, coerente e aggettante.
Detto questo, volendo pur rispondere, distinguerei tra autori che hanno influito su di me per averne letto le opere, come ad esempio Mohandas Gandhi e Vinoba Bhave, Martin Buber ed Erich Fromm, Herbert Marcuse e Gyorgy Lukacs, Ernst Bloch e Guenther Anders, Aldo Capitini e Lanza del Vasto, Virginia Woolf e Carla Lonzi, Ivan Illich e Murray Bookchin, Emmanuel Levinas e Gregory Bateson, Hans Jonas e Colin Ward; persone le cui lotte mi sono parse condivisibili ed esemplari, come ad esempio quelle di Rosa Luxemburg e di Martin Luther King; e persone che ho avuto la ventura di incrociare nel cammino della vita, e tra queste ultime i primi nomi che mi vengono in mente sono quelli di Tomaso Serra, Primo Levi, Ernesto Balducci, Rosanna Benzi, Franco Fortini, Alexander Langer, Vittorio Emanuele Giuntella, Benny Nato, Danilo Dolci, Norberto Bobbio...
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?
- Crispino Scotolatori: Se dovessi dire undici riferimenti che hanno contato nel mio personale accostamento: i tragici greci, Erasmo, Cervantes, Diderot, Leopardi, Melville, Dostoevskij, le lettere dei condannati a morte della Resistenza, Primo Levi, Franco Basaglia, il femminismo.
Se dovessi dire undici libri per un giovane d'oggi: Giuliano Pontara, L'antibarbarie; Vandana Shiva, Il bene comune della terra; gli atti del processo a don Lorenzo Milani, L'obbedienza non e' piu' una virtu'; l'antologia a cura di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia; Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza; Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza; di Hannah Arendt tutte le opere; tutti gli scritti di Simone Weil; la Bibbia (ebraica e cristiana) tradotta in francese da Andre' Chouraqui; l'Autobiografia di Bertrand Russell; Politica dell'azione nonviolenta di Gene Sharp.
Se dovessi dire undici libri che sarebbe bene fossero in ogni biblioteca: la storia della letteratura greca di Albin Lesky, quella della letteratura latina di Concetto Marchesi, quella italiana di Francesco De Sanctis; qualunque opera di Norberto Bobbio; la storia e il dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano e la storia del pensiero filosofico e scientifico di Ludovico Geymonat; i Quaderni del carcere di Gramsci; Arcipelago Gulag di Solzenicyn; Nato di donna di Adrienne Rich; tutti i racconti di Tolstoj; la Brevissima relazione di Bartolome' de Las Casas.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?
- Crispino Scotolatori: Quanto alle iniziative nel mondo: credo di non avere un'informazione sufficiente, e temo quindi di dire cose ovvie, o generiche. Tutte quelle per la pace, la smilitarizzazione e il disarmo; tutte quelle per la difesa della biosfera; tutte quelle per i diritti umani di tutti gli esseri umani; e comunque solo quelle che esplicitamente si oppongano al maschilismo e al patriarcato, che e' il criterio dirimente per decidere se una iniziativa meriti di essere sostenuta: dove non c'e' opposizione alla violenza maschilista e patriarcale, quell'iniziativa puo' essere molte cose ma comunque non e' nonviolenta.
In Italia: su molte cose spacciate per "nonviolente" ho opinioni alquanto critiche; e talune le ritengo scandalose mistificazioni. Due impegni che ritengo fondamentali sono quello contro la guerra e quello contro il colpo di stato razzista.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?
- Crispino Scotolatori: Cosa rispondere? In tutti.
Ma se si intende su cosa proporrei di concentrare oggi le forze qui in Italia, allora direi - lo ripeto - nell'opposizione alla guerra e nell'opposizione al colpo di stato razzista.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?
- Crispino Scotolatori: Il Movimento Nonviolento, che con tutti i suoi limiti resta un punto di riferimento fondamentale.
Poi questo notiziario.
E comunque solo quei centri, quelle organizzazioni e quelle iniziative che tra i criteri-valori di riferimento hanno l'opposizione al potere maschilista e patriarcale.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?
- Crispino Scotolatori: La nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
Poi: la nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
Infine: la nonviolenza e' la lotta contro la violenza.
E poi e' molte altre cose ancora: l'ascolto e il rispetto dell'altro; la compresenza dei criteri dell'empatia, della contestualita', del fallibilismo e della reversibilita'; la coerenza tra i mezzi e i fini; la responsabilita'; la misericordia.
Ad ogni dogmatismo e ad ogni astrattezza opporre l'amore per il particolare, il concreto, l'irriducibilmente singolare. Mai accettare la massima totalitaria "Fiat iustitia, pereat mundus".
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?
- Crispino Scotolatori: Il femminismo e' l'esperienza storica maggiore e decisiva della nonviolenza. Senza lotta contro il potere maschilista e patriarcale non si da' nonviolenza.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?
- Crispino Scotolatori: La nonviolenza essendo amore per la vita e prendersi cura del mondo, la difesa della biosfera e' suo compito primario.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Crispino Scotolatori: La nonviolenza e' esattamente questa impegno, questa lotta, questo riconoscimento.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?
- Crispino Scotolatori: Nonviolenza e antimafia sono esattamente la stessa cosa. La nonviolenza e' la lotta antimafia. Nonviolenza infatti significa: opposizione alla violenza. Antimafia infatti significa: opposizione alla violenza.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?
- Crispino Scotolatori: Dalla nascita del movimento operaio la nonviolenza e' la sua cassetta degli attrezzi. Altre forme di lotta si sono rivelate subalterne ed effettualmente complici dell'oppressione (e della sua riproduzione).
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte di liberazione dei popoli oppressi?
- Crispino Scotolatori: La nonviolenza e' l'unica risorsa dei popoli oppressi in lotta per la comune liberazione. Ogni altra via ha fallito, o provocato catastrofi.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo, tra nonviolenza e antimilitarismo, tra nonviolenza e disarmo?
- Crispino Scotolatori: Nell'opposizione alla guerra, agli eserciti e alle armi la nonviolenza e' l'unica scelta limpida, coerente ed efficace.
 
3. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO ANOTONIO VIGILANTE

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista ad Antonio Vigilante.

Per un breve profilo di Antonio Vigilante si veda la risposta all'ultima domanda di questa intervista]

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Antonio Vigilante: Durante l'adolescenza ho letto molto, in modo anche piuttosto disordinato: e molti dei libri letti erano classici delle religioni, o testi di filosofia orientale. Verso i sedici anni lessi la Bhagavad-Gita, nella interpretazione lirica di Giulio Cogni. Li' incontrai l'idea dell'ahimsa, che mi sembro' subito bellissima. Conoscevo la sofferenza animale - galline vendute al mercato e sgozzate nel tinello di casa, pecore ammazzate nelle masserie del Gargano e poi gonfiate per staccare il vello. All'improvviso tutto cio' mi risulto' inaccettabile. A sedici anni diventai vegetariano. Il passo dagli animali agli esseri umani non fu facile. Avevo un carattere non facile, chiuso, ostile. Avevo conosciuto, anche a scuola, la discriminazione classista, e cio' aveva influito non poco sul mio atteggiamento verso i professori e l'istituzione in generale. Avevo, da adolescente, una visione del mondo che si puo' cosi' sintetizzare: cio' che chiamano Dio non esiste; esiste pero' il Se', e per raggiungerlo occorre lanciarsi oltre i limiti dell'io. L'apertura alla vita animale mi sembrava una via per sperimentare questo sporgersi verso il Se'; un'altra era, per quello che riuscivo a vedere, la sofferenza stessa. Ma l'amore del prossimo, no. Provavo una rabbia molto forte verso le “autorita'”...

Il primo incontro con un pensatore della nonviolenza risale all'universita'. Avevo deciso di studiare Rensi, un filosofo ateo che e' stato tra i pochi filosofi italiani del Novecento che si sia posto il problema della vita non umana. Studiando Rensi, allargai lo sguardo verso altri “minori” della filosofia italiana: e tra questi era Aldo Capitini. Scoprii che era stato anche vegetariano, anzi fondatore della Societa' Vegetariana: e questo me lo rese immediatamente simpatico. Lessi le sue opere solo molto tempo dopo, ma intanto sapevo di lui, conoscevo il nucleo del suo pensiero. A ventidue anni, dopo la laurea, non ebbi dubbi sulla scelta dell'obiezione di coscienza. Ricordo quando fui chiamato in caserma. Volevano sapere se le cause della mia obiezione erano morali o religiose. Provai a spiegare che puo' non essere cosi' facile distinguere la morale dalla religione, e che la questione era oziosa. Mi sentii rispondere: “Guaglio', voglio solo sapere se la tua domanda la devo mettere nel mucchio delle 'morali' o in quello delle 'religiose'”. “In quello delle 'morali'”, risposi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?

- Antonio Vigilante: Aldo Capitini, indubbiamente. E poi Danilo Dolci, Tolstoj, Gandhi. In Capitini c'e' una filosofia della nonviolenza che e' a mio avviso di altissimo valore anche filosofico. Mi spiace molto che sia praticamente sconosciuto all'estero. Dolci invece e' piu' conosciuto all'estero che in Italia. Ricordo il modo sbrigativo in cui il 30 dicembre del '97 il telegiornale diede la notizia della sua morte. Meno di un minuto, e nessun servizio, per un uomo che era stato candidato al Nobel per la pace, per una vita spesa interamente a favore degli ultimi. Il nostro e' un paese che onora i criminali di Stato, e che disprezza i grandi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Antonio Vigilante: Probabilmente La persuasione e la rettorica di Michelstaedter. Mi sembra che in quel libro vi sia tutto. Ma non sono sicuro che la nonviolenza sia qualcosa che si impara dai libri. Dai libri si impara a definirsi, a pensarsi come nonviolenti - o “amici della nonviolenza”, come diceva Capitini. Ma la prassi e' un'altra cosa.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?

- Antonio Vigilante: Ho studiato la resistenza nonviolenta in Birmania, sulla quale ho scritto un saggio che dovrebbe uscire in un libro collettivo. Mi sembra una lotta importante, anche se non priva di contraddizioni. Ma forse e' anche importante riprendere esperienze del passato. Penso, per l'Italia, ai Cos di Capitini ed ai gruppi maieutici di Danilo Dolci.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Antonio Vigilante: Danilo Dolci distingueva con cura due cose: il potere ed il dominio. Il potere e' possibilita' di fare, e come tale non e' negativo. Il dominio e' invece qualcosa che blocca la possibilita' di fare degli altri. Per Dolci, bisognava estendere il potere della gente combattendo il dominio. Questo mi sembra oggi il principale compito della nonviolenza. Esistono sistemi di dominio che diventano sempre piu' coriacei, difficili da scalfire, mentre il potere individuale - che non e' possibile se non attraverso forme di incontro, confronto, organizzazione dal basso - si riduce sempre piu'. Abbiamo una societa' disgregata, fatta di individui senza piu' vincoli, resi apatici e spaventati dalla televisione, che orientano la loro frustrazione verso i bersagli indicati dal dominio: i piu' deboli, i non conformisti, i diversi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Antonio Vigilante: Mi piacerebbe poter dire: la scuola. Ma purtroppo non e' cosi'. A scuola si dovrebbero imparare le cose essenziali della nonviolenza. Si dovrebbe imparare a comunicare, ad organizzarsi, a crescere insieme nella ricerca della verita', a far valere il proprio potere. Si impara invece l'ipocrisia, la genuflessione, la ripetizione vuota di nozioni, il tutti contro tutti. Il mio consiglio e' di guardarsi intorno, partire dal locale, cercare di capire nella propria citta' quali sono le forme di dominio, e quali le forze che le contrastano: ed associarsi a quelle forze.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Antonio Vigilante: Da qualche parte ho scritto: "Nonviolenza e' guardare il mondo dal punto di vista del debole, dello svantaggiato, dell'escluso, dello sconfitto. E' assumere quello stesso sguardo, quella stessa sofferenza come propria. E' rifiutare strenuamente qualsiasi giustificazione che possa essere addotta per la realta' della sofferenza umana".

Dal mio punto di vista, esiste un nesso naturale ed essenziale tra nonviolenza ed anarchismo. Entrambi cercano una societa' di persone che abbiano un potere reale, senza gerarchie, senza dominio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?

- Antonio Vigilante: E' noto che Gandhi ha imparato molto dalla lotta delle femministe in Inghilterra. Meno note sono le idee di Gandhi in fatto di rapporti tra i sessi. Per Gandhi le donne non devono lavorare, il loro posto e' la casa; ne' sono concepibili cose come la contraccezione o l'aborto. Su quest'ultimo punto, in particolare, mi sembra che sia difficile che la tradizione nonviolenta e quella femminista si incontrino. Dal mio punto di vista, che come detto e' quello di chi e' attento soprattutto alla zona di confine tra nonviolenza ed anarchismo, trovo poi fastidiosa una certa riscoperta dell'autorita' da parte delle femministe italiane del gruppo di Diotima.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?

- Antonio Vigilante: Io penso che un aspetto centrale nella nonviolenza sia quella che chiamo "etica dell'attenzione", vale a dire la considerazione delle conseguenze vicine e lontane delle nostre azioni. E' importante, ogni volta che si fa qualcosa, chiedersi: di quale mondo favorisco la nascita, di quale mondo favorisco la morte con questa azione? E' evidente, ad esempio, il dovere morale del vegetarianesimo, non solo perche' la vita non umana ha valore, ma anche perche' la sarcofagia ossessivo-compulsiva dei paesi industrializzati e' causa diretta della morte per fame di milioni di persone nei paesi poveri.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno antirazzista e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?

- Antonio Vigilante: Il punto di partenza di ogni riflessione nonviolenta dovrebbe essere l'analisi attenta della violenza. Bisogna guardarsi dall'errore di rifiutare la violenza prima di averla interrogata e compresa. Io ho l'impressione che vi sia qualche relazione tra la cosiddetta sacralita' della persona umana e la violenza. Un dato di fatto e' che in ogni societa' esistono gruppi di persone che vengono considerate meno sacre delle altre: i paria nell'India di Gandhi, i rom ed i clandestini in Italia. Diciamolo apertamente: i rom sono gli intoccabili italiani, ed il sistema di segregazione razziale dei rom e' in tutto e per tutto simile alla segregazione dei paria. Perche' questo accade? E'' possibile che la violenza si annidi nella stessa sacralita' della persona. E' come se il riconoscimento dell'altro come sacro richiedesse, al tempo stesso, la dissacrazione di alcuni, quasi come uno sfogo necessario.

Uscire dalla violenza, se cosi' stanno le cose, vuol dire partire da li': dalla dissacrazione. Non escludo che cio' possa condurre a rivedere radicalmente il concetto di sacralita' della persona umana.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotta antimafia?

- Antonio Vigilante: Un rapporto essenziale. Danilo Dolci ha mostrato che la mafia si combatte costruendo dal basso una realta' sociale diversa; mettendo la gente a discutere, a confrontarsi sui problemi comuni; creando le possibilita' per una autentica democrazia. Combattere le mafie vuol dire combattere per una democrazia effettiva, cosa che in Italia - tra stragi di Stato, poteri occulti, corruzione, populismo mediatico eccetera - e' sempre mancata. Ma sono due lotte, quella contro le mafie e quella per la democrazia, estremamente difficili: e di certo oggi in Italia mancano le energie sia per la prima che per la seconda cosa.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e pacifismo?

- Antonio Vigilante: Si dice comunemente che il pacifismo si limita a rifiutare la guerra, mentre la nonviolenza pratica metodi alternativi per far prevalere il bene e la giustizia. Il pacifismo sarebbe una posizione passiva, che finisce per favorire il prevalere della violenza. Puo' essere che sia cosi', soprattutto in alcuni momenti storici, in cui fondamentale e' la lotta. Ma bisogna tener conto di una cosa: il mondo e' fatto anche di idee. Pensare in un certo modo, ed aiutare altri a pensare in un certo modo, vuol dire gia' trasformare il mondo, anche se non si digiuna, non si marcia, non si boicotta.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione filosofica?

- Antonio Vigilante: Restiamo in tema di pensiero e trasformazione del mondo. Per Marx la filosofia ha sempre pensato il mondo, mentre bisogna cambiarlo. Anche per la filosofia della nonviolenza - e mi riferisco soprattutto a Capitini - si tratta non piu' di pensare, ma di trasformare la realta'; o meglio: di pensarla attraverso la prassi. Se Gandhi, come ho cercato di mostrare in uno studio sul suo pensiero, resta ancorato agli schemi della fondazione metafisica dell'etica (c'e' Dio, dunque chi fa il bene finira' per vincere), Capitini segue la via interessantissima di una fondazione pratica della metafisica; cioe': io so che questo-ente-qui (questo uomo, questo animale, questo insetto) ha per me un valore assoluto, al punto che mi e' impossibile ucciderlo; questo vuol dire che questa realta', che ogni giorno uccide, schiaccia, umilia gli enti, e' inaccettabile; io, partendo dall'atto di rispetto verso questo-ente-qui, mi apro ad un'altra realta'.

Una osservazione ancora. Gandhi chiamo' il suo metodo satyagraha, una parola che condensa i tre concetti di forza (agraha), verita' (satya) ed essere (sat). In Italia questo termine e' tradotto con nonviolenza, una parola che ha una pregnanza semantica assolutamente non paragonabile a quella del termine adoperato da Gandhi. Sarebbe opportuno trovare un termine alternativo; ma quale? In un mio libro mi sono chiesto se non si possa tradurre satyagraha con filosofia. Filosofia e' amore della conoscenza e della verita'; e cos'altro e' il satyagraha? La ricerca nonviolenta e' una ricerca intrinsecamente filosofica, intesa come aspirazione alla verita' (amore della sapienza), ma anche come approfondimento della logica morale (sapienza dell'amore). Cio' che e' fondamentale e' che la verita' non diventi Verita', che l'aspirazione non porti al possesso - perche' non c'e' violenza piu' grande di quella di chi si ritiene in possesso della Verita'.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione delle e sulle religioni?

- Antonio Vigilante: Le religioni sono una brutta faccenda. Concepirsi come cristiano, musulmano, buddhista vuol dire porre dei limiti alla propria esperienza, alla comprensione del mondo, forse anche all'umanita'. Naturalmente nelle religioni, in mezzo ai mali del dogmatismo, della superstizione, dei rituali ossessivo-compulsivi, della giustificazione ideologica delle differenze sociali c'e' anche qualcosa di buono. Il punto e' che e' impossibile tenere solo il bene, senza uscire dalla religione. Si consideri la Bibbia: e' piena di violenze, di assurdita', di atrocita', di cose oscene e scandalose. Che farne? E' possibile tenere della Bibbia solo cio' che e' in accordo con la nostra visione morale, e continuare ad essere ebrei o cristiani? Mi sembra difficile: io, almeno, non vi riuscirei. Meglio mi sembra non parlare piu' di religioni, e recuperare quel che di buono c'e' nelle tradizioni religiose - penso al Discorso della montagna, o al Daridranarayana (Dio sotto forma di povero) dello hinduismo, o alla concezione della "bodhicitta" buddhista - in un'ottica laica. In questa direzione va, in Italia, la riflessione di Luigi Lombardi Vallauri, ed in questa direzione procede il pensiero di Aldo Capitini. Come ho cercato di mostrare studiando lo stesso Capitini, procedere in questa direzione vuol dire superare anche la distinzione tra fede ed ateismo.

In sintesi, il meglio che la nonviolenza possa fare e' lavorare per la distruzione delle religioni. Ed evitare di trasformarsi in religione essa stessa.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'educazione?

- Antonio Vigilante: Questo e' un tema molto importante per me. La storia dell'educazione e' anche, se non principalmente, una storia di violenze: fisiche, psicologiche, culturali. L'educazione e' stata per secoli la prassi sociale che ha mutilato delle creature per farle entrare docilmente nel recinto chiuso d'un ambiente sociale, di contesti spesso estremamente artefatti, privi di liberta', di gioia, di dignita'. Cio' non appartiene al passato. Ancora oggi, alla luce del sole e con la convinzione di fare qualcosa di buono, i cosiddetti educatori programmano la loro attivita': scrivono prima come vogliono che diventino le persone affidate loro, e specificano addirittura i tempi entro i quali prevedono che quelle persone diventino come loro hanno deciso. Se le cose non vanno come hanno previsto, ricorrono alla punizione. Che cio' sia violenza, non appare immediatamente evidente. Sfugge che nessuno ha il diritto, nemmeno con le migliori intenzioni, di programmare quel che dovra' diventare un altro essere umano.

Siamo talmente abituati a pensare in modo violento l'educazione, che al di fuori di questo progettare la vita altrui ci sembra che non sia possibile alcunche' che sia caratterizzabile come educazione. E invece qualcosa c'e'. C'e' la creazione, qui ed ora, di situazioni educative. Educare, non far in modo che qualcuno diventi come vogliamo, ma offrire situazioni umane nelle quali le persone possano star bene, crescere, sperimentare, comunicare. Educare vuol dire creare contesti sani. Basta una considerazione anche superficiale delle scuole che abbiamo, per accorgersi del loro devastante carattere diseducativo. Le scuole sono ambienti malati, in cui l'umanita' soffre. Nelle chiacchiere infinite sulle riforme scolastiche, il problema reale non e' mai stato neppure sfiorato. Si discute di indirizzi, di curricula, di soldi da investire o da risparmiare, di strumenti burocratici. Non si discute delle relazioni umane, della comunicazione, della liberta', della possibilita' reale di esprimersi, di creare, di partecipare ad esperienze sociali reali. Quando si scopre che la nostra scuola e' tra le peggiori d'Europa, c'e' perfino chi chiede piu' durezza, piu' severita', piu' rigore: mentre e' evidente, e viene notato anche dagli osservatori internazionali, che il limite strutturale della scuola italiana e' la sua rigidita', il suo essere ancora fondata sulla struttura lezione-interrogazione, che non consente alcun apprendimento reale.

Lo sguardo nonviolento sull'educazione consente di superare alcuni miti consolidati, come quello del carattere asimmetrico della relazione educativa, e porta l'attenzione sul tema fondamentale dell'empowerment. Educare nell'ottica nonviolenta vuol dire aiutare le persone ad acquisire coscienza del proprio potere personale e della possibilita' di accrescerlo attraverso la collaborazione con altri.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sul diritto e le leggi?

- Antonio Vigilante: Le leggi da sempre sono fatte dai potenti, e spacciate prima per volonta' di Dio e poi, quando cio' non e' piu' stato possibile, come espressioni di una presunta volonta' generale. Ancora oggi nel nostro parlamento abbiamo solo rappresentanti della classe borghese, eppure si pretende che le leggi valgano per tutti - e che il parlamento sia il parlamento italiano, e non il parlamento della borghesia italiana. Delle leggi fatte da soli rappresentanti della borghesia (per giunta spesso pessimi rappresentanti) non possono incarnare il bene o il giusto; quando accade, accade quasi per caso. Di qui il diritto e anche il dovere della disobbedienza. L'obiezione di coscienza, con la scoperta della fallibilita' delle leggi, e' una delle grandi conquiste dell'umanita'. Comporta tuttavia un rischio, quello di fondare ancora una volta verticalmente la propria obiezione, di ricorrere a Dio per opporsi alle leggi dello Stato - vale a dire opporre ad una verita' presunta una Verita' indubitabile. C'e', in altri termini, il rischio di agire come detentori della Verita', piu' che come ricercatori. Ma e' un rischio che viene superato agevolmente dalla discussione pubblica che segue all'atto di obiezione di coscienza. La coscienza dell'obiettore va intesa etimologicamente come cum-scientia, sospende l'obbedienza alla legge per aprire una discussione pubblica sul suo valore.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?

- Antonio Vigilante: L'Italia ha dato alla nonviolenza grandi maestri come Capitini, Dolci, don Milani, Lanza del Vasto, Balducci. Gli anni Cinquanta e Sessanta hanno visto il fiorire di esperienze straordinarie, tra le migliori manifestazioni di civilta' degli ultimi cento anni di vita politica del nostra disgraziato paese. Ma erano esperienze osteggiate in mille modi: Capitini era uno schedato politico, Dolci per i giudici italiani (quelli che applicano le leggi della borghesia italiana) nulla piu' che un "individuo con spiccata attitudine a delinquere", don Milani e' stato processato. Le forze reazionarie hanno cercato di soffocare sul nascere quelle espressioni di politica autentica. Si direbbe che vi sono riuscite. Cio' che accomuna questi grandi maestri della nonviolenza e' la ricerca di strutture alternative a quelle del dominio - potremmo chiamarle contro-strutture. Penso ai Cos ed ai Cor di Capitini ed ai gruppi maieutici ed al Centro per lo sviluppo creativo di Dolci, strutture che si opponevano alla politica partitocratica e clientelare; o alla scuola di Barbiana, che si opponeva alla scuola della borghesia. Mi sembra che nei decenni successivi sia venuta a mancare la capacita' di creare queste contro-strutture, di contestare in modo forte il dominio mostrando alternative praticabili. Si e' creata una nonviolenza della testimonianza, centrata sulle manifestazioni piu' che sulle strutture.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Antonio Vigilante: Sono nato a Foggia, dove vivo, nel '71. Insegno scienze sociali nei licei e collaboro con l'universita' di Bari. Circa dieci anni fa ho cominciato a studiare con qualche sistematicita' la nonviolenza ed i suoi problemi. Ho cominciato scrivendo un libro su Capitini, La realta' liberata. Escatologia e nonviolenza in Capitini (Edizioni del Rosone, Foggia 1999), poi una presentazione d'insieme del pensiero nonviolento (Il pensiero nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004), infine due libri su Gandhi: nel primo, Il Dio di Gandhi. Religione, etica e politica (Levante, Bari 2009), analizzo criticamente le sue convinzioni religiose, mentre nel secondo, La pedagogia di Gandhi (Edizioni del Rosone, Foggia 2010), studio le sue convinzioni e le sue pratiche educative. Attualmente sono impegnato in uno studio su Danilo Dolci.

Ho un blog personale all'indirizzo: http://minimokarma.blogsome.com
 
4. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
5. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Letture
- Rene' Girard, Prima dell'apocalisse, Transeuropa, Massa 2010, pp. 96, euro 8. Il volume contiene l'intervista di Robert Doran a Rene' Girard, "Pensare l'apocalisse dopo l'11 settembre" (pp. 13-42); e il saggio di Jean-Pierre Dupuy, "Pre-vedere l'apocalisse. Per un catastrofismo razionale" (pp. 43-81).
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Riedizioni
- Franco Basaglia, L'utopia della realta', Einaudi, Torino 2005, Fabbri - Rcs Libri, Milano 2007, pp. LVIII + 326, euro 9,90.
- Werner Heisenberg, Mutamenti nelle basi della scienza. Fisica e oltre, Bollati Boringhieri, Torino 1978 e 1984, Mondadori, Milano 2010, pp. VIII + 642, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Il volume contiene anche, alle pp. 415-642, il testo di Mario Fabbrichesi, Pensare in formule. Newton, Einstein e Heiseberg (ed. or. Bollati Boringhieri, Torino 2004), qui mutilato della indispensabile bibliografia.
- Eugene Minkowski, Il tempo vissuto. Fenomenologia e psicopatologia, Einaudi, Torino 1971, 2004, Fabbri - Rcs Libri, Milano 2007, 2010, pp. XL + 404, euro 9,90.
 
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
8. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 291 del 23 agosto 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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