Telegrammi. 243



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 243 del 6 luglio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Cos'e' la nonviolenza?
2. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Leila d'Angelo
3. Enzo Mazzi: I segni di questo tempo
4. Maria G. Di Rienzo presenta "Violenza e nonviolenza" di Giorgio Montagnoli
5. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
6. "Azione nonviolenta"
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
 
1. EDITORIALE. COS'E' LA NONVIOLENZA?
 
Cos'e' la nonviolenza? E' la lotta contro la violenza, o non e' nulla.
 

2. RIFLESSIONE. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO LEILA D’ANGELO

[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Leila D’angelo.

Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Per un sintetico profilo di Leila d'Angelo si veda la sua risposta alla penultima domanda di questa intervista]

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Leila d'Angelo: Nel 1997 ho partecipato ad un Campo di educazione alla pace organizzato a S. Anna di Stazzema dal "Gruppo Jagerstatter per la nonviolenza" di Pisa. Li' sono state particolarmente illuminanti le lezioni di Nanni Salio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?

- Leila d'Angelo: Sono entrata in contatto con gli amici della nonviolenza pisani, la citta' dove vivo, attraverso Rocco Altieri, che mi ha fatto capire molto della nonviolenza e di quanto sia difficile superare l'educazione alla violenza ricevuta da bambini.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Leila d'Angelo: Pat Patfoort, Difendersi senza aggredire, Ega, Torino 2006; M. B. Rosenberg, Le parole sono finestre (oppure muri), Esserci, Reggio Emilia 2003; Walter Wink, Rigenerare i poteri, Emi, Bologna 2003 (cominciando dal terzo capitolo, come suggeri' Alex Zanotelli); Mohandas K. Gandhi, Una guerra senza violenza, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze 2005.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?

- Leila d'Angelo: In Italia sarebbe importante un movimento piu' deciso contro le cosiddette "missioni di pace" e a favore di una politica estera cooperativa. Nel mondo, la lotta di Aung San Suu Kyi, in Birmania.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Leila d'Angelo: Per un modello economico che favorisca l'eguaglianza dei popoli e contrasti la concentrazione della ricchezza in pochissime mani.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalarebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Leila d'Angelo: Suggerirei di cercare quali sono i gruppi che operano nella sua citta'; tra le organizzazioni che operano a livello nazionale segnalerei Emergency, Amnesty International, Un ponte per...

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Leila d'Angelo: Potrebbe essere definita come un insieme di concetti e pratiche per la risoluzione dei conflitti che rispetti il principio del non uccidere e il principio della reversibilita', cioe' della scelta di azioni dalle quali si puo' tornare indietro nel caso di errore o ripensamento.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza, impegno per la pace e l’ambiente, e lotta per il riconoscimento dei diritti umani di tutti gli esseri umani?
- Leila d'Angelo: Credo che qualunque lotta possa sperare in un successo duraturo solo se condotta con i metodi della nonviolenza.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e psicoterapie?

- Leila d'Angelo: Vedo rapporti tra violenza e psicoterapie, per esempio quando i genitori dei miei allievi mi dicono che il ragazzo/a e' seguito dallo psicologo, come se il problema fosse dentro di lui e non nel suo ambiente.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e informazione?

- Leila d'Angelo: Quando i media danno notizia di una manifestazione a cui hanno partecipato decine di migliaia di persone, quello che si vede nei filmati sono solo i venti scemi che si sono abbandonati ad atti violenti: perche' la violenza e' piu' spettacolare della nonviolenza. Ecco, forse bisognerebbe che i giornalisti imparassero a saper vedere e a raccontare la nonviolenza.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione teorica e pratica?

- Leila d'Angelo: La nonviolenza invita a cercare soluzioni creative, adatte alle particolari circostanze in cui di volta in volta ci si trova, a sforzarsi di riconoscere quando la mente e' ingabbiata da pregiudizi, a coltivare il dubbio. Queste sono, a mio parere, le caratteristiche che deve avere la ricerca scientifica.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Leila d'Angelo: Come un metodo che mette in pratica tre principi: 1) Piu' menti sono piu' intelligenti di una sola mente; 2) Se sono persuaso che la decisione che abbiamo preso e' la migliore possibile, lavorero' meglio per realizzarla recuperando il tempo impiegato per decidere; 3) Posso fare un sacrificio personale se per gli altri e' importante e se so che loro saranno disposti a farlo quando sara' importante per me.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche operative della nonviolenza nella gestione e risoluzione dei conflitti quali ritiene piu' importanti, e perche'?

- Leila d'Angelo: Nei conflitti a livello personale, riformulare le ragioni dell'altra parte. Spesso ho l'impressione che il conflitto degeneri solo perche' si interpreta il desiderio dell'altro di realizzare un proprio bisogno come un attacco a noi stessi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe la formazione alla nonviolenza?

- Leila d'Angelo: Ci si forma alla nonviolenza soprattutto attraverso l'esempio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come caratterizzerebbe l'addestramento all'azione nonviolenta?

- Leila d'Angelo: Attraverso lo studio di casi e la messa in pratica non appena ci si ritrova in un conflitto.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali mezzi d'informazione e quali esperienze editoriali le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Leila d'Angelo: Mi sembra che le attuali pubblicazioni raggiungano un pubblico assai ristretto. Sarebbe assai interessante poter avere una rubrica fissa in un periodico a grande tiratura.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali esperienze in ambito scolastico ed universitario le sembra che piu' adeguatamente contribuiscano a far conoscere o a promuovere la nonviolenza?

- Leila d'Angelo: Formare e sensibilizzare i docenti, soprattutto per creare un clima nonviolento nei rapporti professionali, in classe, con le famiglie.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti presenti in Italia danno sovente un'impressione di marginalita', ininfluenza, inadeguatezza; e' cosi'? E perche' accade? E come potrebbero migliorare la qualita', la percezione e l'efficacia della loro azione?

- Leila d'Angelo: Vedo bene che c'e' questo problema, non ho idea della ragione. O forse la ragione e' che e' difficile praticare davvero la nonviolenza, essendo stati educati alla violenza.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: I movimenti nonviolenti dovrebbero dotarsi di migliori forme di coordinamento? E se si', come? E dovrebbero dotarsi di ulteriori strumenti di comunicazione? E con quali caratteristiche?

- Leila d'Angelo: Un convegno annuale? Una banca dati? Una rivista telematica settimanale e non pluriquotidiana?

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e organizzazioni sindacali: quali rapporti?

- Leila d'Angelo: Il sindacato e' nato per organizzare i lavoratori in azioni di lotta nonviolenta. Sarebbe importante che nei sindacati si parlasse di nonviolenza e si facesse formazione all'azione nonviolenta in modo sistematico: la possibilita' di azione dei sindacati ne uscirebbe rafforzata.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e amicizia: quale relazione? E come concretamente nella sua esperienza essa si e' data?

- Leila d'Angelo: L'amicizia offre la possibilita' di verificare quali progressi si sono fatti sulla strada della nonviolenza (ed io sicuramente ne ho fatti pochi). Nella mia concreta esperienza, sembra che l'impegno nella nonviolenza sia disgiunto da una migliore qualita' dell'amicizia.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e cura del territorio in cui si vive, e delle persone con cui si vive: quale relazione?

- Leila d'Angelo: Mi ha colpito leggere che Capitini diceva di aver imparato a prendersi cura attenta anche degli oggetti. Ecco, un atteggiamento nonviolento e' un atteggiamento di cura e coinvolgimento personale in tutte le relazioni.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: La nonviolenza dinanzi alla morte: quali riflessioni?

- Leila d'Angelo: In Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004, c'e' un paragrafo intitolato "L'uomo nonviolento di fronte alla morte". Tra l'altro, Muller dice: "Al contrario di chi colpisce, l'uomo che sceglie la nonviolenza ha coscienza che, rifiutando di uccidere, si assume il rischio di essere ucciso. Non e' detto che questo rischio sia necessariamente piu' grande per il nonviolento che per il violento. La vera differenza non sta in questo. Cio' che cambia veramente e' che il nonviolento affronta direttamente il rischio di morire senza ricorrere a sotterfugi. Anche lui sente la paura della morte ma, scegliendo la nonviolenza, egli ha scelto di farle fronte senza barare. E' per questo che, in definitiva, solo colui che accetta di morire puo' assumere il rischio di essere ucciso senza minacciare di uccidere...".

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale e' lo stato della nonviolenza oggi in Italia?

- Leila d'Angelo: Mi sembra che sia poco conosciuta.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quale le sembra che sia la percezione diffusa della nonviolenza oggi in Italia?

- Leila d'Angelo: Credo che si tenda a confondere la nonviolenza con la disponibilita' a sopportare l'ingiustizia. Al di la' di un ristretto circolo, c'e' una grande disinformazione sulle proposte operative della nonviolenza per la risoluzione dei conflitti. Tra chi si occupa di politica la disinformazione e' palpabile ed evidente.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative intraprendere perche' vi sia da parte dell'opinione pubblica una percezione corretta e una conoscenza adeguata della nonviolenza?

- Leila d'Angelo: Trovare spazio nei media, per esempio una rubrica fissa su un quotidiano nazionale. Inserire voci in Wikipedia. Formare gli insegnanti.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e linguaggio (ed anche: nonviolenza e semiotica): quale relazione?

- Leila d'Angelo: Fare attenzione alle parole che si usano, sorvegliarne l'uso che se ne fa puo' essere utile per contrastare i pregiudizi e i luoghi comuni.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e stili di vita: quale relazione?

- Leila d'Angelo: Lo stile di vita diffuso nei paesi occidentali ha conseguenze distruttive sul pianeta Terra. Cambiare il proprio stile di vita significa ridurre la violenza.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza come cammino: in quale direzione?

- Leila d'Angelo: Come insegnava Gandhi, cambiare se stessi per poter cambiare il mondo.
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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Leila d'Angelo: Leila Lisa d'Angelo e' nata a Rionero in Vulture nel 1959. Vive a Pisa, dal 1978, dove si e' laureata in matematica. Insegna matematica nelle scuole secondarie superiori. Ha fatto parte del "Centro Gandhi" di Pisa dal 2002 al 2006. Da un anno fa parte del "Gruppo Jagerstatter per la nonviolenza" di Pisa. Riguardo alla nonviolenza ha scritto: Un modello matematico per le corse alle armi: le equazioni di Richardson, "L’insegnamento della matematica e delle scienze integrate", vol. 25B, n. 5, ottobre 2002 (pubblicato anche sul sito dell’Universita' Bocconi di Milano: http://matematica-old.unibocconi.it/richardson/home.htm); Uno strumento per la ricerca sulla pace: le raccolte di dati sui conflitti, “Quaderni Satyagraha”, n. 4, dicembre 2003, edita da Plus e Centro Gandhi.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: C'e' qualcosa che vorrebbe aggiungere?

- Leila d'Angelo: Vorrei lanciare un'idea: sostituire la parata militare del 2 giugno con una parata di tutte le componenti della societa': artigiani, operai, professionisti, docenti, studenti, artisti, volontari, etc., e anche militari. Le parate militari sono il retaggio di un passato in cui il sovrano doveva circondare l'esercito, agli occhi del popolo, di un'aura di gloria e trionfo per convincere i contadini a trasformarsi in soldati a difesa degli interessi del sovrano. Oggi in italia il sovrano e' lo stesso popolo che per di piu' ripudia la guerra come strumento di offesa. Mi sembra che manchino i presupposti legali e logici per giustificare la spesa di una parata militare. Sarebbe invece importante se, una volta all'anno, il popolo facesse l'inventario di tutto quello che si fa e si produce nel paese, beni materiali e beni immateriali.
 

3. RIFLESSIONE. ENZO MAZZI: I SEGNI DI QUESTO TEMPO

[Ringraziamo Enzo Mazzi (per contatti: emazzi at videosoft.it) per questo intervento nato da una sollecitazione di Paolo Arena e Marco Graziotti, che gli avevano rivolto varie domande per una intervista, ed ai quali Enzo Mazzi ha risposto: “Cari Marco e Paolo, non essendo in grado in questo momento di elaborare singole risposte alle vostre domande, vi invio alcune riflessioni sulle radici del percorso esistenziale e storico della nonviolenza. Sono riflessioni tratte da miei precedenti scritti. Apprezzo molto il vostro lavoro e vi saluto caramente”.

Ringraziamo altresi’ Paolo Arena e Marco Graziotti per averci messo a disposizione questo testo.

Enzo Mazzi, animatore dell'esperienza della comunita' dell'Isolotto a Firenze, e' una delle figure piu' vive dell'esperienza delle comunita' cristiane di base, e della riflessione e delle prassi di pace, solidarieta', liberazione, nonviolenza. Tra le opere di Enzo Mazzi e della Comunita' dell'Isolotto segnaliamo almeno: Isolotto 1954/1969, Laterza, Bari 1969; Firenze e Savonarola, Centrolibro, 1999; La forza dell'esodo, Manifestolibri, Roma 2001; Ernesto Balducci e il dissenso creativo, Manifestolibri, Roma 2002; Cristianesimo ribelle, Manifestolibri, Roma 2008; Giordano Bruno. Attualita' di un'eresia, Manifestolibri, Roma 2009; Il valore dell'eresia, Manifestolibri, Roma 2010]

 

"Quando vedete una nube levarsi all'occidente, voi dite subito: Viene la pioggia e cosi' avviene. E quando soffia il vento del sud, voi dite: Fara' caldo e cosi' succede.

Ipocriti! Voi sapete riconoscer l'aspetto della terra e del cielo, e non sapete comprendere i segni di questo tempo? ... Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto".

Sono i Vangeli che dicono queste cose con forza profetica in un tempo di grandi trasformazioni, il primo secolo. Potrebbero dirle oggi? E’ cresciuta enormemente la nostra capacita' di misurare e dominare terra e cielo ma ci sfugge il senso dei segni dei tempi che si dispiegano sotto i nostri occhi increduli. Dove ci sta portando la mostruosita' distruttiva dell’attivita' umana che per creare ricchezza sta uccidendo Gaia, la follia del modello di sviluppo fondato sulla divinizzazione della tecnica, del danaro e della competizione mercantile liberista che disgrega i rapporti umani, la incredibile potenza degli arsenali bellici che per dare sicurezza si apprestano a incenerire la terra intera con tecnologie sempre piu' avanzate? E al tempo stesso pero' che cosa annuncia la percezione nuova che ha l’umanita' di essere un’unica famiglia in una minuscola fragile casa, su di un pulviscolo vagante nello spazio infinito? L’attuale ampiezza del movimento per un “mondo nuovo possibile”, contro la guerra e contro la globalizzazione liberista e' una increspatura di superficie oppure siamo di fronte a un segno, sia pure contraddittorio, incerto e fluttuante, di un vero processo storico rivoluzionario, responsabile, lento e globale, che cioe' investe tutti i campi del vivere e del convivere? A volte sembra che la cultura dell’antagonismo avendo raggiunto l’apice della propria capacita' distruttiva stia declinando verso la crisi. Piu' ci avviciniamo alla catastrofe piu' cresce il bisogno di un taglio col pericoloso livello di inumanita' raggiunto. Ma la scure sta attaccando la radice o sta solo potando rami secchi consentendo all’albero della violenza di riprendere vigore? La crisi dell’antagonismo e' abbastanza penetrante da coinvolgere il profondo di ognuno di noi e l’intimo di tutte le istituzioni laiche e religiose, degli stati e delle chiese, la radice generativa dei rapporti umani a cominciare da quelli di genere, le potenze terrene e quelle celesti, l’universo del sacro e tutto cio' insomma che si e' costituito nella storia sull’asse della guerra?

Sono questi gli interrogativi sulla cui positiva soluzione scommette chi ha desacralizzato un concetto ossificato e ormai inadeguato del vivere e del morire, del noto e dell’ignoto, e ha riaperto la ricerca sul senso dell'esistenza, sulla natura e su Dio.

Al fondo della crudelta' insensata che tutt’ora insanguina il mondo c’e', io penso e vedo, la persistenza di un senso alienato della vita derivante dalla penetrazione nella societa' moderna del dominio del sacro che e' una delle principali fonti di violenza. La vita e' sacra in quanto parte di un tutto in divenire che comprende finitezza e morte. La cultura sacrale invece separa la vita dalla sua finitezza. La vita viene sacralizzata come dimensione astratta contrapposta alla dimensione altrettanto astratta della morte. La sacralita', intesa come astrazione, separazione e contrapposizione fra le varie dimensioni della nostra esistenza, e' la proiezione di un’angoscia irrisolta, di una frattura interna, di una mancanza di autonomia e infine di una alienazione della propria soggettivita' nelle mani del potere. Sbaglieremmo se identificassimo il sacro solo con la sua espressione di tipo religioso. La sacralita' e' una funzione del potere, del dominio e dell'espropriazione dell'uomo e della donna. Ovunque si afferma lo spazio sacro ivi c'e' l'interdizione dell'uomo e della donna di gestire la propria esistenza con la ragione e con l’azione responsabile. E s’impone il potere assoluto di un dio, sia il Dio delle religioni tradizionali o il dio delle religioni profane, le religioni del danaro, della scienza, della tecnica, della guerra. Questo travaso del sacro dalla cultura religiosa tradizionale alla razionalita' moderna non andrebbe secondo me sottovalutato.

Sono tanti i laici che credono di essersi liberati del sacro perche' non si fanno piu' il segno della croce. Si dichiarano non-credenti, atei, agnostici e si voltano altrove. E cosi' le strutture del sacro che avvincono le regioni profonde delle persone e della societa' possono agire liberamente continuando a inquinare le nostre esistenze individuali e collettive, emergendo come sofferenza psichica, depressione, paura, insicurezza, insoddisfazione, bisogno di affidamento, delega e infine come violenza.

Se ci guardiamo un po’ dentro troviamo una percezione della vita separata dalla sua intrinseca finitezza, scorgiamo nella penombra oscura del nostro profondo il mito o il sogno inconfessato dell’immortalita' e troviamo parimenti una percezione della morte come realta' a se' separata dalla vita, come male assoluto, ipostasi o icona del nemico dietro a cui si celano tutte le inimicizie.

I germi del sacro come scissione e alienazione sono stati insinuati dal cristianesimo dogmatico per secoli nelle coscienze. Attraverso i catechismi siamo stati abituati fin da piccoli a considerare la morte come punizione per il peccato: una specie di condanna a morte dell’umanita' intera divenuta peccatrice, una esecuzione capitale che solo Dio ha il diritto di eseguire. La mostruosita' distruttiva della violenza nasce da li', dalla mostruosita' di quella “condanna a morte”, dalla violenta espropriazione della nostra responsabilita'.

Il dogmatismo cristiano non ha inventato di sana pianta il legame di causalita' fra peccato e morte. L’ha ereditata dai millenni, essa e' infatti una costante di molti antichi miti, e l’ha rielaborata compiendo un vero e proprio rovesciamento del messaggio di liberazione dalla violenza del sacro e di gioiosa speranza che promana dalle piu' antiche tradizioni dei Vangeli.

E’ un compito immane la liberazione del profondo dalla cultura della violenza. Richiede tempi troppo lunghi per la nostra impazienza. Puo' scoraggiare. Il lavoro di liberazione sociale e politica puo' essere considerato piu' gratificante. Eppure il lavoro sul profondo e' indispensabile. Il ritorno del sacro come radice della violenza e' sempre incombente. Lo costatiamo ogni giorno. E’ necessario opporsi all’ingiustizia e alla guerra ma il nostro impegno non sara' efficace se non c’incurveremo in un grande sforzo collettivo per individuare e sradicare il gene della violenza dal Dna culturale e religioso, creando e diffondendo una cultura nonviolenta, impastata di saggezza e di responsabilita', illuminata da un senso di felicita' reale non illusoria.

"Ci sono quelli che non si rendono conto che noi tutti siamo esseri finiti ma quelli che se ne rendono conto mettono fine all’ostilita'".

Sta scritto nel Dhammapada (I, 6) che e' una raccolta di aforismi tramandati quali parole di Buddha, compilata parecchi anni dopo la sua morte. Trovo una mirabile consonanza fra questo messaggio e quello del Vangelo dei “segni dei tempi” citato all’inizio. Il “seme che solo se muore fruttifica” cosi' come il Dhammapada della consapevolezza sono un concentrato di saggezza umana che illumina il cammino di oggi. Non va dogmatizzato ma contestualizzato e confrontato col presente. Dobbiamo domandarci se e in che senso vale anche per il tempo presente il legame fra la consapevolezza della finitezza dell’esistenza (il seme che deve morire per dare frutto) e la fruttificazione della cultura nonviolenta, fra il rendersi conto che “noi tutti siamo esseri finiti” e il “metter fine all’ostilita'”.

Sono spunti scarni questi pochi accenni ma a mio avviso importanti per orientare il cammino. Mentre portiamo ogni giorno la responsabilita' dell’impegno politico e sociale per la giustizia e la pace, contro la violenza e la guerra, al tempo stesso il nostro pacifismo ci deve portare oltre la dimensione socio-politica della lotta. E questo vale anche per l’impegno intraecclesiale che non puo' limitarsi a qualche abbellimento di superficie, a qualche buonismo pacifista, a qualche critica verso scelte inopportune o errate dei poteri religiosi o delle gerarchie. Bisogna andare finalmente alle radici, individuare e tentar di sradicare il gene della violenza che cova in tutto l’apparato mummificato, simbolico e normativo, delle culture del sacro tanto laiche che religiose.

Ognuno deve fare la sua parte, dovunque si trova ad operare, usando gli strumenti di conoscenza e di saggezza che gli sono stati forniti dall’esperienza di vita e dalla rete delle relazioni che ha potuto intrecciare.
 

4. LIBRI. MARIA G. DI RIENZO PRESENTA "VIOLENZA E NONVIOLENZA" DI GIORGIO MONTAGNOLI

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per il seguente articolo.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81.
Giorgio Montagnoli (Genova, 23 giugno 1937), chimico e docente fuori ruolo di chimica e biochimica alla facolta' di Medicina veterinaria dell'Universita' di Pisa, fa parte del Cisp, Centro interdipartimentale di ricerca sulle scienze per la pace della stessa universita', ed e' garante di due insegnamenti ai due corsi di laurea in Scienze per la pace (nel corso di laurea triennale Scienze molecolari della vita, e nella specialistica Controllo delle armi chimiche e biologiche); e' autore di pubblicazioni e testi scientifici sul tema del "Riconoscimento molecolare" (ad esempio: Molecular Models of Photoresponsiveness, G. Montagnoli and B. F. Erlanger editors, Plenum Press, New York 1983), ma anche di divulgazione, in particolare sulle armi chimiche e biologiche, e infine di testi letterari indirizzati alla pace: Tre raccolte per regalo, Lucca libri, Lucca 1998, e A lato delle favole e nei sogni, Titivillus, S. Miniato 2003; il suo piu' recente libro e' Violenza e nonviolenza, Costruzioni culturali o produzioni dell'io?, Pazzini, Villa Verucchio (Rn) 2010]

 

La storia, la passione e le esperienze mostrano che se la nonviolenza e' un sogno, si tratta di un sogno molto concreto. E' qualcosa che ha toccato (e spesso salvato) la vita di milioni di persone, e che ha prodotto mutamenti epocali grazie ad una sinergia umana assolutamente unica fra cuore e intelletto, fra emozione e razionalita'. Storia, passione ed esperienza sono gli ingredienti di cui e' fatto l'ultimo libro di Giorgio Montagnoli: Violenza e nonviolenza, Costruzioni culturali o produzioni dell'io? (Pazzini Editore, 2010).

Per chi non lo conoscesse, diro' in breve che ha lavorato come ricercatore e docente universitario, che e' autore di testi di divulgazione scientifica, che e' un attivista, un poeta e un narratore, ma temo di non esser capace di dirvi come tutte queste cose (e molte altre) formino quell'insieme armonioso in cui fluiscono l'una nell'altra, si nutrono l'una dell'altra, e comunicano all'esterno: dovrete scoprirlo da voi, ed io vi propongo di farlo leggendo quel che Montagnoli scrive.

Contrariamente al solito, spiega l'autore nell'introduzione, le sue parole sono disposte in liberta' e progettate per la nostra riflessione di lettori. Niente schemi e note e grafici; parliamo, facciamoci domande, rimuginiamoci su, camminiamo insieme, studiamo noi stessi e i nostri simili, e se in questo percorso dovessimo trovarci improvvisamente confusi, o incerti, torneremo saldi sui nostri piedi grazie a quei due sostegni forniti da sempre all'umanita' dalla grazia o dal fato: la forza dell'amore, la forza della verita'.

Sulla nonviolenza Montagnoli esercita un pensiero critico e profondo, ma sembra non scordare mai di essere “amante” e “amato” nella relazione che ha con essa, soprattutto quando i principi nonviolenti cosi' bene richiamano il radicale messaggio cristiano delle origini, purtroppo oggi in gran parte nascosto, perduto o dimenticato.

“Da subito dobbiamo smettere di procurare sofferenza e distruzione, perche' l'odio e' limitante, e si oppone al nostro desiderio di completezza. (...) Per arrivare alle assurdita' del nostro vivere, abbiamo messo in difficolta' il nostro cuore; ora dobbiamo ripercorrere a ritroso l'intero cammino percorso, e riassumerci completamente la responsabilita' verso la vita” (p. 71).

Cosi' l'autore ci conduce con se' nel creare parole di pace, esaminando la natura dei conflitti e della politica, e le loro connessioni con l'uso della violenza, interrogando le sue stesse convinzioni ed invitandoci con cio' ad imitarlo.

Ma al di la' delle sfide intellettuali, o delle diverse teorie a confronto, o delle brillanti intuizioni sul “possibile”; al di la' di cio', in questo libro, per cui provo immediata affinita' e di cio' su cui ho opinioni o visioni differenti, quel che potrei rileggere all'infinito sono i ricordi dell'autore. Affiorano qua e la' un po' dappertutto, e a volte li ho “sentiti” piu' che leggerli, ma ad essi e' esplicitamente dedicato l'ultimo capitolo. Credo che li', fra fiabe e rocchetti di filo, ci sia una chiave, la chiave di cosa ci fa umani, di cosa ci tiene insieme, la chiave di quella nostra “liberazione” che come l'autore afferma: “... aprira' il cammino della pace” (p. 91).

 
5. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
6. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Adriana Cavarero, Orrorismo. Ovvero della violenza sull'inerme, Feltrinelli, Milano 2007, pp.174.
- Enzo Paci, Idee per una enciclopedia fenomenologica, Bompiani, Milano 1973, pp. 608.
- Amedeo Vigorelli, Piero Martinetti. La metafisica civile di un filosofo dimenticato, Bruno Mondadori, Milano 1998, pp. VI + 426.
 
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
9. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 243 del 6 luglio 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).
 
L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:
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