Nonviolenza. Femminile plurale. 268



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 268 del 13 agosto 2009

In questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Ballata per una Regina morta
2. Paola Bonatelli: Vietato sposarsi
3. Rory Cappelli: Peggio della galera
4. Marina Cassi: Storia di Karim, colpevole di esistere
5. Lorenza Pleuteri: Vittima due volte
6. Adriana Pollice: Storia di Evelyn, picchiata e insultata dai datori di
lavoro
7. Cinzia Sasso: La paura
8. Un appello urgente
9. Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di
reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94
10. Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello
squadrismo
11. Istruzioni per l'uso e indirizzi utili

1. LUTTI. BENITO D'IPPOLITO: BALLATA PER UNA REGINA MORTA
[Nuovamente riproponiamo questa "Ballata per una Regina morta ammazzata
sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno" che
l'autore scrisse il 3 agosto 2001, alla notizia del ritrovamento del
cadavere, scempiato dagli animali selvatici, di una giovane donna prima resa
schiava e poi assassinata]

Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.

Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.

Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.

Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).

E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.

E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'

e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.

E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.

2. UNA SOLA UMANITA'. PAOLA BONATELLI: VIETATO SPOSARSI
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 agosto 2009 col titolo "Matrimonio in
soggiorno" e il sommario "Una decina le cerimonie saltate nella citta' di
Giulietta e Romeo a causa delle nuove norme. Prime vittime della stretta di
Maroni, nozze vietate ai clandestini"]

Una delle dirigenti dell'ufficio anagrafe del comune li ha chiamati a casa
per informarli che dal giorno 8 agosto sarebbe entrata in vigore la nuova
legge che non permette i matrimoni di persone sprovviste di regolare
permesso di soggiorno. Cosi' quattro coppie di cittadini stranieri,
originari del Ghana e della Nigeria ma abitanti a Verona, che sabato scorso
dovevano sposarsi, non si sono presentate alla cerimonia. Evidentemente
uno/a dei due e' "clandestino". Lo stesso accadra' giovedi' prossimo, quando
si celebrera' un solo matrimonio sui quattro previsti, mentre il 15, il
giorno di ferragosto, i matrimoni negati saranno quattro su dieci.
A Verona, con l'applicazione del pacchetto sicurezza, non hanno perso un
minuto. La polizia municipale ha iniziato a multare gli automobilisti con le
nuove tariffe, ovviamente maggiorate, gia' subito dopo la mezzanotte tra
venerdi' e sabato scorsi. Nulla di strano, visto che la citta' e' governata
da una giunta molto leghista con un sindaco, Flavio Tosi, amico di lunga
data del ministro Maroni, che si e' detto "ispirato" proprio dal modello
Verona per l'istituzione degli "assistenti civici", volgarmente detti
"ronde", qui in funzione gia' dal novembre scorso. Una situazione che - ha
detto il sindaco - "non ha alcuna necessita' di essere modificata, a parte
gli adeguamenti previsti dalle nuove norme, per cui abbiamo sei mesi per
provvedere. I nostri assistenti e le loro associazioni di riferimento sono
gia' iscritti in una lista depositata in Prefettura".
Ma la piccola folla di giornalisti e operatori, che ieri affollava il
corridoio della prefettura scaligera, dove si e' tenuta una riunione del
Comitato cittadino per l'ordine e la sicurezza, era curiosa soprattutto di
avere notizie sui matrimoni negati. Anche perche', dalle dichiarazioni del
sindaco, sembrava che la nuova legge dovesse colpire solo i cosiddetti
"matrimoni di comodo", cioe' quelli organizzati per regolarizzare persone
clandestine, ovviamente a pagamento. L'Associazione nazionale dei
matrimonialisti calcola che in Italia le unioni di questo tipo siano state
almeno trentamila negli ultimi dieci anni, con la commissione di due
possibili reati, il favoreggiamento della permanenza di clandestini e la
circonvenzione di incapace, nel caso di anziani/e che convolano a nozze con
giovani stranieri/e. In realta' il pacchetto sicurezza vieta tutti i
matrimoni in cui siano coinvolte persone "irregolari" sul territorio
italiano. Una legge assolutamente civile, secondo il sindaco Tosi, che va a
sanare il fatto che l'Italia sarebbe rimasto l'unico Paese occidentale ad
offrire la possibilita' di sposarsi con "clandestini".
Ma le associazioni che lavorano con i migranti, l'Asgi (Associazione per gli
studi giuridici sull'immigrazione) in primis, stanno gia' valutando la
possibilita' di sollevare la questione della legittimita' costituzionale del
provvedimento: "Nutriamo - dichiara l'avvocato Marco Paggi - seri dubbi
sulla norma, in quanto la Costituzione tutela la famiglia in tutte le sue
manifestazioni, senza distinzioni tra cittadini e non cittadini. Siamo a
conoscenza di un caso segnalatoci da Brescia, di una coppia con un figlio,
che avrebbe dovuto sposarsi il 22 agosto. Uno dei due non e' in possesso di
regolare permesso di soggiorno e quindi, data anche la presenza del minore,
si sta pensando quale tipo di ricorso sia possibile portare avanti, data,
evidentemente, l'assenza di qualsiasi giurisprudenza su casi come questo".
Intanto moltissimi cittadini stranieri, che avrebbero potuto, con un'unione
civile, uscire alla luce del sole da condizioni di clandestinita' spesso
insopportabili - si pensi soltanto alle migliaia di lavoratori "in nero" che
affollano cantieri e campagne della penisola - sono costretti a rintanarsi,
di nuovo, nell'ombra. Anche se il loro sarebbe stato, in molti casi, un
matrimonio d'amore.
*
Postilla. La norma: vietato sposarsi
L'articolo 1 della legge sulla sicurezza, al comma 15, prevede che lo
straniero che voglia contrarre matrimonio in Italia deve esibire, oltre al
nulla osta delle autorita' competenti nel proprio paese, un documento che
attesta la regolarita' del soggiorno sul territorio italiano. La norma e'
una delle tante imposte dalle Lega contro gli immigrati con l'intento di
contrastare quelli il Viminale, senza fare alcuna distinzione, definisce
"matrimoni di comodo tra italiani e stranieri". In realta' penalizza tutte
le coppie, miste e no, e mira soltanto a rendere il nostro Paese invivibile
per uno straniero.

3. UNA SOLA UMANITA'. RORY CAPPELLI: PEGGIO DELLA GALERA
[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'11 agosto 2009, col titolo "Ci mandano
via, ma qui e' peggio della galera" e il sommario "Caldo, disperazione e
sporcizia: viaggio nel Centro dei clandestini"]

"Vede queste lenzuola? Le vede? Sono di carta. Non le cambiano da venti
giorni. E li vede i
materassi in terra? Non ci sono reti, noi dormiamo qui. Stiamo cosi',
buttate in terra, senza
niente da fare, in mezzo ai rifiuti". "Quelli del Centro fanno sempre
visitare la prima stanza che ha l'aria condizionata e la tv al plasma, ma le
altre: guardi. Mi segua, mi segua. Guardi come sono".
Visita al Cie - il Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria,
a Roma - con il senatore del Pd Vincenzo Vita, nella canicola agostana che
anche qui, in un'isola di cemento in mezzo al nulla della Fiera di Roma di
questi tempi deserta, batte implacabile. Le "detenute" prendono per mano,
portano nelle altre "celle" di un centro che dovrebbe essere temporaneo, che
era stato immaginato come un luogo di transito per un soggiorno di qualche
giorno al massimo e che sta diventando sempre piu' simile a una galera. Con
i tempi della galera.
Ed e' il luogo in cui, all'indomani dell'entrata in vigore della legge
Maroni che tramuta in reato la clandestinita', i clandestini appunto
finiranno in attesa di essere identificati ed espulsi. Dodici militari
dell'Esercito, due della Finanza, 5 carabinieri e 5 poliziotti, piu' "i
Croci", come "gli ospiti" chiamano i volontari e non della Croce Rossa,
alcuni inservienti di una ditta esterna che fanno le pulizie e gli addetti
del catering: ecco tutto il personale che si occupa di questo centro che
pompa dalle casse dello Stato - dicono alla Croce Rossa - cinque milioni di
euro l'anno. E che e' destinato ad esplodere anche se, come spiega il
direttore Ermanno Baldelli, "noi abbiamo 176 posti letto per le donne, 176
posti letto per gli uomini, un'ala di 12 posti letto riservata ai
transessuali. Piu' di questi non possiamo accogliere. Oggi ci sono 129
uomini e 112 donne per un totale di 241 persone».
Sui numeri c'e' un piccolo giallo. Il garante dei detenuti del Lazio Angiolo
Marroni l'altro ieri aveva fatto sapere che "il Cie di Ponte Galeria e' al
limite del collasso: negli ultimi venti giorni, dopo l'annuncio
dell'inasprimento delle norme in tema di immigrazione, vi sono state
trasferite altre 80 persone, che sono passate da 246 a 319. Alcuni immigrati
fermati dalle forze dell'ordine sono stati addirittura trasferiti, per
mancanza di posti, direttamente in carcere". Marroni aveva parlato poi di
"situazione esplosiva dovuta al caldo, ai lunghi tempi di attesa per
ottenere i colloqui con le ambasciate di origine, alla scarsita' di
operatori assenti per ferie e al sovraffollamento".
Che la situazione sia esplosiva lo si e' visto l'8 agosto - il giorno di
entrata in vigore della legge sulla sicurezza - al Cie di Gradisca d'Isonzo
(Gorizia): in serata era scoppiata una protesta contro il sovraffollamento,
l'introduzione del reato di clandestinita' e l'allungamento sino a 180
giorni della permanenza nei Cie. 120 immigrati erano saliti sui tetti, dove
erano rimasti fino al giorno dopo, quando avevano poi danneggiato l'impianto
elettrico, divelto porte di sicurezza ed estintori, infranto vetri
antisfondamento e distrutto distributori automatici di bevande. E ieri la
segreteria provinciale del Sap (Sindacato autonomo di polizia) di Gorizia ha
dichiarato che al Cie "piu' di qualcosa non funziona. E' oggi necessario che
gli immigrati vengano sottoposti a normali ed elementari restrizioni delle
liberta' personali per impedire eventi di questo tipo. E' finito il tempo
del trattenimento in liberta'".
La vita al centro si svolge tra tre appuntamenti: alle 8 per la colazione,
alle 12 per il pranzo, alle 18 per la cena. In mezzo, il nulla di cemento e
sbarre di ferro. Le donne stanno sedute sui materassi buttati all'aperto, le
nigeriane si pettinano i capelli lasciando in terra matasse nere, le
clandestine dell'est fanno gruppo da una parte, si lamentano di non ricevere
carta igienica, mentre le moltissime rom raccontano storie tristi. "Io sono
nata qui" dice Susanna. "La mia famiglia viene dalla ex Jugoslavia. Ma io
sono nata qui. Ho due figli e un marito. Ma non ho documenti. Cosi' adesso
sono qua dentro. Dove mi manderanno? Perche' non posso avere una
nazionalita'?".
Nel reparto uomini e' pieno di amache. Stanno allungate tra una sbarra e
l'altra. Appena vedono gente estranea, al di la' delle sbarre, si bloccano,
guardano in cagnesco. C'e' un'aria tesa, elettrica. Poi si mettono in fila
per il pranzo: ci sono pochi volontari, non si puo' mangiare a mensa, ognuno
prende il suo contenitore, torna alla sua cella, al suo villaggetto di
cemento per mangiare. Anche qui storie strappalacrime, come quella di
Mohammed, un egiziano di 30 anni, occhi scuri, barba lunga, una tuta
sdrucita addosso: "Io da quando sono in Italia lavoro, ho sempre lavorato: e
sono ormai sei anni. Ma nessuno mi vuole mettere in regola. Mi hanno preso
in ospedale, dove ero andato per un'operazione all'orecchio, e cosi' com'ero
mi hanno trasferito al Centro: guardi, non mi posso neanche fare la barba.
Non mi posso cambiare. Non ho soldi, non ho niente. E' umiliante".

4. UNA SOLA UMANITA'. MARINA CASSI: STORIA DI KARIM, COLPEVOLE DI ESISTERE
[Dal quotidiano "La Stampa" dell'8 agosto 2009 col titolo ""Karim, 21 anni:
Da oggi quel che sono e' reato" e il sommario "Fino all'ultimo pensavo che
non lo facevano veramente e invece l'hanno fatto..."]

I pacchetti si ammonticchiano sul bancone di marmo quando Karim ordina
qualche altro merguez. Gli ingredienti per il calorico e poco estivo piatto
ci sono gia' tutti, ma il ragazzo ha dei dubbi: "Voglio che sia un cous cous
indimenticabile quello di domani. Forse per me sara' l'ultimo". Karim e' un
berbero marocchino di 21 anni. Parla uno strano italiano arrotato da un bel
francese e ha paura: "Poche ore e divento un clandestino, divento uno che
per voi e' cattivo, fa un reato". Da oggi il suo essere in Italia da
irregolare e' reato come stabilisce il decreto sulla sicurezza.
Non ci crede ancora. C'e' un fatalismo antico nelle sue parole: "Fino
all'ultimo pensavo che non lo facevano veramente e invece l'hanno fatto.
Adesso neanche mio fratello mi vuole piu'. Ha troppa paura. Rischia troppo".
E' questo, forse, il tormento piu' profondo. Racconta mentre intorno a lui,
nel piccolo locale, altri come lui ascoltano tristi, smarriti. "Mio fratello
e' a posto. E' grande, ha quasi trent'anni. Ha moglie, due figli. Lavora. E'
messo bene". Appena Karim e' arrivato - nove mesi fa con un visto turistico
scaduto dopo tre - e' stato felice di ospitare il fratello piu' piccolo.
"L'appartamento di corso Vercelli non e' piccolo; io dormo in cucina, ma
c'e' una stanza per mio fratello e mia cognata e una per i bambini. Ci
stavamo senza problemi".
Il lavoro poi, malgrado la crisi che assedia Torino, l'ha trovato: "A Porta
Palazzo c'e' sempre bisogno di uno come me che e' forte, fa di tutto. Non
guadagnavo tanto, ma 400 euro negli ultimi mesi li ho messi insieme. Persino
in un cantiere ho lavorato per qualche giorno". Con quei soldi Karim si
mantiene e manda 100 euro al mese a casa, ai genitori. Ma due sere fa
davanti a un te' alla menta versato dalla cognata il fratello Hakmed glielo
ha detto chiaro: "Devi andartene da casa mia". Cosi' gli ha detto e Karim e'
disperato: "Tutto il mio mondo finisce. Ma non do' la colpa a lui. Lui e'
responsabile verso la sua famiglia".
Il ragazzo e' vestito come i ragazzi di tutto il mondo: jeans stazzonati,
maglietta a righine, un piccolo tatuaggio, forse una tartaruga, al polso
destro. Vuole restare a Torino: "Non sono un delinquente. Vengo da
Khouribga. Da li' tutti veniamo qui in Italia, a Torino, lo dovete sapere.
Ma non sono un poveraccio; ho studiato, sono perito meccanico. Pensavo che
qua trovavo un lavoro cosi', volevo uscire dal Marocco, vivere in un posto
piu' libero, piu' adatto ai giovani. Lo so: ho sbagliato a venire quando
c'era gia' la crisi". Ma poi si ricorda che in ogni caso lui qui non ci
poteva stare.
Quasi si vergogna quando racconta che da un ballatoio all'altro si e' anche
innamorato: "Lei e' la figlia di un marocchino di Casablanca che e' a Torino
da piu' di vent'anni; lei ci e' proprio nata a Torino". Non e' che la
famiglia di Amel abbia visto di buon occhio il legame della figlia con un
ragazzo senza lavoro fisso e clandestino. E, infatti, di matrimonio neanche
a parlarne. "Lei voleva, io anche. Ma come si fa se la famiglia non e'
d'accordo. Da adesso tanto neppure sposarmi posso piu': una regolare non
puo' sposare un clandestino. Neanche questo ci fate fare".
Karim parla e piu' parla e piu' la sua disperazione cresce: "Ma perche'
succede questo? Che male faccio? Io Amel tra un po' potevo sposarla, il
padre si convinceva. E invece ci negate tutto". Ha un bersaglio per la sua
rabbia: "Quel vostro ministro Maroni mi fa paura, mi rovina la vita, la
butta via la mia vita". E come chi gli sta intorno nel locale ha anche
un'altra paura: "Adesso ci saranno quelli che vanno in giro, le ronde le
chiamate mi sembra, Magari mi prendono". Non sara' cosi', ma Karim guarda la
sua vita dissolversi e ha paura anche dei fantasmi.

5. UNA SOLA UMANITA'. LORENZA PLEUTERI: VITTIMA DUE VOLTE
[Dal quotidiano "La Repubblica", cronaca di Torino, dell'11 agosto 2009, col
titolo "Io clandestino, vittima due volte" e il sommario "La storia. Il caso
assurdo del bengalese rapinato in casa e poi costretto a lasciare l'Italia
per effetto della nuova legge. I connazionali: Chi avvisera' piu' le forze
dell'ordine se ti picchiano o ti accoltellano?"]

"E' un bravo ragazzo, chiedetelo a tutti, in quartiere, nei locali dove va a
vendere i fiori. Ma lo trattano come se il cattivo fosse lui. Non ha fatto
nulla. In tre anni che sta Torino non e' mai stato fermato, neanche dai
vigili. I delinquenti sono i romeni, i cinque che lo hanno rapinato". Corso
Vercelli, casa di ringhiera, la denuncia della polizia e il decreto di
espulsione sul tavolo. Jahangir Chaklander, 27 anni e un sorriso aperto,
dell'italiano conosce e parla le venti parole che gli servono per piazzare
le sue rose e sopravvivere.
"Adesso lui ha paura, come quelli di noi senza permesso di soggiorno. E chi
la chiama piu', la
polizia, se ti picchiano o ti violentano? Il rischio e' che finisci tu nei
guai, che ti cacciano dall'Italia, ti processano". I connazionali che
dividono con lui l'alloggio - scrostato e decadente, ma pulito e dignitoso,
come questi giovani uomini - traducono pensieri e timori di Jahangir. Il
ragazzo, con moglie e due figli piccoli da mantenere in patria, annuisce. E
ripete, sempre tradotto dagli amici, la storia che lo ha trasformato da
vittima di rapina a colpevole di clandestinita'.
"Domenica notte ho fatto tardi, per i fiori. Sono tornato a casa in
bicicletta. C'erano cinque persone. Mi hanno detto 'aspetta, collega'. E mi
hanno colpito, portandomi via tutto, le rose, i soldi, i piccoli oggetti che
cerco di vendere nei locali. Hanno preso a calci la mia bici, distrutta".
Qualcuno si è affacciato alle finestre, lui ha suonato agli amici. "Il
cellulare l'avevo dimenticato. Ero come intontito. La polizia l'ha chiamata
un italiano. Ha fatto bene. Avrei telefonato io, se avessi avuto il
portatile". Gli agenti sono riusciti ad acciuffare tre dei cinque aggressori
e a recuperare parte del bottino, "venti euro, solo i soldi di carta".
Pure Jahangir e' stato portato in questura, per "gli atti dovuti". "Mi hanno
preso le impronte e fotografato". Poi gli hanno messo in mano quei fogli,
che ancora non gli sono ben chiari, che apparentemente si contraddicono e
contraddicono i diritti dovuti dai codici alle parti offese. La denuncia per
il reato di clandestinita', esplicitata nel verbale di nomina dell'avvocato
d'ufficio, per altro paradosso lo stesso assegnato a un rapinatore. E il
decreto prefettizio di espulsione, cinque giorni di tempo per lasciare
d'Italia, pena l'arresto.
Maghrebini e asiatici della casa di ringhiera, melting pot di razze e di
vite, tifano tutti per lui. "Toto' da Palermo", immigrato da un altro Sud,
davanti al portone fa da portavoce: "Lo Stato prima dovrebbe garantire
l'esercizio dei diritti a chi subisce un reato, dopo pensare alla
clandestinita'. E' giusto tartassare gli stranieri che delinquono. Ma la
tutela dell'integrita' e della sicurezza, parole con cui i politici si
sciacquano la bocca, dovrebbero essere assicurati a tutti, anche ai
venditori di fiori non regolari". L'assessore comunale alle Politiche per
l'integrazione, Ida Curti, concorda: "La nuova legge ha effetti perversi.
Purtroppo il nostro e' un Paese in cui essere senza permesso di soggiorno
equivale a commettere un crimine. Di questo passo tanti stranieri non
andranno piu' in ospedale, non manderanno i figli a scuola, non denunceranno
i reati di cui sono testimoni o vittime".

6. UNA SOLA UMANITA'. ADRIANA POLLICE: STORIA DI EVELYN, PICCHIATA E
INSULTATA DAI DATORI DI LAVORO
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'11 agosto 2009 col titolo "Sporca negra,
ti facciamo cacciare dall'Italia" e il sommario "Originaria di Santo
Domingo, viene picchiata e insultata dai datori di lavoro che non vogliono
pagarle lo stipendio"]

"Ti facciamo cacciare dall'Italia", e giu' botte. Il reato di clandestinita'
e' diventato legge e gli italiani si sono adeguati. Originaria di Santo
Domingo, Evelyn ha 19 anni e risiede con i genitori nella periferia
occidentale di Napoli, ha una figlia di sette mesi, per vivere fa la
cameriera. Un'amica le ha procurato il lavoro presso una signora in via
Carlo De Marco, nella zona dei Ponti Rossi, cioe' nel quartiere segnato
dagli archi dell'acquedotto romano, oramai completamente fagocitati
dall'abusivismo edilizio. Il compenso stabilito per un mese e mezzo di
lavoro e' di 500 euro, quattro ore a giorni alterni, ma quando sabato
pomeriggio si e' presentata a riscuotere la prima mensilita' tutto quello
che ha ottenuto e' meta' della cifra: "Ho solo chiesto perche', senza
gridare, semplicemente volevo quello che mi era stato promesso e invece sono
stata aggredita in modo selvaggio". Morsi, graffi, schiaffi, calci, colpi al
viso, alle braccia, alle gambe mentre le urla rabbiose dei parenti presenti
in casa risuonano nel palazzo: "Sei una negra, accontentati altrimenti ti
facciamo cacciare via dall'Italia".
Ma l'Italia e' il paese di Evelyn, la madre ha sposato un italiano, ha preso
la cittadinanza da piu' di dieci anni e "una cosa come questa non mi era mai
successa, nemmeno a scuola all'inizio", racconta. In casa c'e' anche la
cameriera napoletana dei genitori della padrona di casa, "invece di
proteggermi mi tratteneva, facendomi subire tutte le percosse". Le urla sono
talmente forti che una vicina chiama il 113. Sul posto arriva una volante
dei carabinieri: "Non mi stavano a sentire - ricorda ancora Evelyn -, come
se non esistessi, mentre la signora gridava che ero stata io ad aggredirla e
che dovevano arrestarmi perche' ero clandestina. Solo che i segni addosso li
avevo solo io. Ho dovuto protestare energicamente per riuscire a dire la
mia, ma mi hanno risposto che non volevano prendere le parti di nessuno". La
carnagione scura, i capelli mossi, e i diritti sembrano svanire:
"Continuavano a dire che ero clandestina e mi dovevano arrestare, allora i
carabinieri mi hanno chiesto i documenti. Quando ho tirato fuori la carta di
identita' la signora ha cambiato idea, voleva darmi i miei 500 euro, ma io
non li volevo piu', volevo giustizia".
Cosi', percossa e umiliata, Evelyn e' riuscita ad andare via, prendere un
taxi da sola per farsi medicare all'ospedale San Giovanni Bosco, il referto
descrive contusioni multiple guaribili in quattro giorni salvo
complicazioni, per andare poi a sporgere denuncia in Questura: "Anche li' si
sono limitati a ricevere l'esposto senza chiedermi niente. Il mio avvocato
dice che se ne parla a settembre. Spero che li condannino, perche' imparino
a trattare le persone, per togliere loro un po' di arroganza". Intanto non
si sente tranquilla, le hanno consigliato di non dire ai giornalisti in
quale quartiere vive: "Alla ragazza che mi ha procurato il lavoro - dice -
l'hanno gia' chiamata per minacciarla".

7. UNA SOLA UMANITA'. CINZIA SASSO: LA PAURA
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 9 agosto 2009 col titolo "La paura delle
badanti ucraine: Ora chiuse in casa fino a settembre. E nonna Margherita
domanda: chi mi fara' la spesa?" e il sommario "Tra gli stranieri di Milano
che rischiano l´espulsione. La resa di Salem: stavolta vado via davvero. La
sfida di Faruk: In Italia non cambia mai niente, possono fare le leggi che
vogliono"]

Milano. Oggi niente passeggiata. Marina, la badante ucraina che e' gli occhi
e il bastone di Maddalena, 94 anni, una sorella di 92 e nessun altro al
mondo, non ha voluto uscire: "Se mi fermano? Io non ho le carte, non ho
niente. La tivu' dice che se sono clandestina sono cattiva e qui non posso
stare". Il piano di Maddalena potrebbe funzionare: "Ha detto che fino a
settembre stiamo in casa. A me va bene, ma chi fara' la spesa?".
Eppure, la Milano dell'8 agosto, e' una citta' di clandestini che hanno
deciso di rischiare: lungo le strade senza traffico, la' dove le serrande
dei negozi sono chiuse, nel deserto di una metropoli che chi puo', per eta'
o per soldi, ha lasciato, gli unici che vedi passeggiare sono i vecchi e chi
li accompagna. Ragazze ucraine, moldave, peruviane. Ragazze che da oggi
hanno una nuova compagnia: la paura.
La nuova legge che fa diventare un reato la mancanza dei documenti regolari
rimbalza come un tam tam declinato in mille lingue; e non importa che non ci
si capisca tanto neppure in italiano. Nessuno sa quello che sara', pero'
qualcosa e' cambiato e il tam tam dice che e' in peggio, che c'e' da stare
attenti, che forse e' meglio non farsi vedere troppo in giro. Non subito,
almeno. Faruk, che e' turco ed e' qui da sette mesi, ride: "Tanto in Italia
non cambia mai niente, possono fare tutte le leggi che vogliono". E pero' e'
l'unico: al garage di porta Romana Armando, 35 anni, arrivato dall'Ecuador
quando ne aveva ventotto, 14 ore di lavoro al giorno per 1.400 euro al mese,
perfino una casa comprata nella cintura milanese, una moglie e una figlia
regolari, va in giro con la richiesta di ricongiungimento familiare:
"L'avvocato mi ha detto di stare tranquillo, ma io non lo sono. Cosa mi
fanno se mi trovano?".
Forse, come dice spavaldo Ernesto, dal Salvador, gia' processato perche' non
aveva alcun documento, gia' cacciato dall'Italia, eppure qui, in coda
davanti alla mensa dell'Opera San Francesco che da' da mangiare agli ultimi,
"e' meglio, cosi' mi mandano a casa ma mi pagano loro il viaggio". O forse,
come pensa Salem, tunisino, venuto qui a fare il saldatore e diventato
spacciatore, uscito di galera sei mesi fa con il foglio di via, "stavolta e'
meglio pensare davvero di cambiare paese". Tra l´umanita' disperata che
aspetta un piatto in viale Piave, c'e' anche Alina, bionda lituana. Non ha
piu' un lavoro, "c'e' la crisi anche da voi, non si trova piu' niente", ed
e' gia' stata fermata quattro volte: "Capitera' ancora, e allora? Cosa devo
fare?". Il gruppo di cinesi non scambia una parola: non in italiano, non in
inglese; ma scappa via appena qualcuno si avvicina.
A Milano, nella notte, la nuova legge e' gia' stata rispettata: un
peruviano, un ghanese e un equadoregno sono stati controllati e denunciati
per clandestinita'. Gli hanno fatto le foto segnaletiche, li hanno portati
in questura. E adesso, come si procede? Dovrebbero finire davanti al giudice
di pace, ma gli otto del settore sono in vacanza.
Potrebbero finire al Cie, uno dei nuovi centri di identificazione ed
espulsione, ma in tanti posti non esistono. E poi a Milano, i clandestini,
sono piu' di 40.000. Lachi, eritreo, in attesa di asilo politico, si
dispera: "Adesso siamo tutti uguali, quelli che rubano e quelli che
lavorano; quelli che sono scappati dalla guerra e quelli che volevano solo
fare soldi". Ahmed, che aveva un posto da saldatore, spera: "A settembre ci
metteranno a posto tutti, e' che adesso non si trova piu' lavoro. Prendevo 5
euro l'ora; ne hanno preso uno che ne vuole 3,50".
Dentro la casbah al numero 275 di via Padova, un interno che e' un alveare
di case di ringhiera, l'acqua col cartello "non potabile", i sacchi di
immondizia accatastati, sedie di plastica rotte impilate, stendini con la
biancheria che sembra di essere in caserma, le paraboliche fuori da ogni
alloggio, Mohamed guarda la prova del cuoco su Elhaya's Channel. Ha 29 anni,
e' egiziano, fa il muratore a Magenta per 1.000 euro al mese, vive con altri
sette in 50 metri quadri, offre il chai e riflette: "Io esco solo per andare
in cantiere o per andare alla moschea. Li' ci aiutano. E comunque:
Inshallah, io credo solo in Dio, sara' quello che Dio vuole". Dio ha voluto
che Akmahad, arrivato in Libia dopo un viaggio nel deserto, salpato su una
carretta e sbarcato a Lampedusa, in fuga dalla fame, finisse dietro questo
portoncino grigio che nasconde al mondo fuori quello che c'e' dentro:
romeni, brasiliani, egiziani, marocchini, che pagano affitti da mille euro
al mese per trovarsi adesso a vivere nascosti come topi.
Anche Valy, che e' rumeno, oggi preferisce non uscire: "Un mio amico mi ha
detto che dobbiamo stare dentro, ha detto che adesso ci portano in
prigione". Ma quanto si puo' "stare dentro?". A Genova gli avvocati del
"soccorso clandestini" hanno suggerito di stare nascosti fino a settembre:
qualche settimana passa alla svelta, dal primo settembre, almeno badanti e
colf, potranno essere regolarizzate. La vecchia Maddalena, per non perdere
Marina, ha visto giusto: oggi, e anche domani e anche lunedi', niente
passeggiata. E pazienza se si resta anche senza il latte.

8. UNA SOLA UMANITA'. UN APPELLO URGENTE

A tutte le persone che ci leggono chiediamo di presentare esposti alle
magistrature e ad altre istituzioni affinche' siano abrogate le misure
razziste e squadriste contenute nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" e siano
processati i colpevoli del tentativo di colpo di stato da esse misure
configurato.
*
Vorremmo che nel lasso di tempo piu' breve possibile migliaia di esposti
raggiungano tutte le Procure d'Italia e numerosi altri pubblici ufficiali ed
attivino cosi' le procedure che portino con la massima tempestivita'
possibile all'intervento della Corte Costituzionale che abroghi le illegali
e criminali misure razziste, squadriste e golpiste contenute nella legge 15
luglio 2009, n. 94.
*
Vorremmo che si sviluppasse un movimento di dimensioni massive, corale, di
popolo, in difesa della Costituzione e dell'umanita', in difesa della
legalita' e della civilta', un movimento che si opponga al razzismo e allo
squadrismo, che si opponga al tentativo di colpo di stato del governo
dell'eversione dall'alto.
*
Proponiamo di utilizzare come modello gli esposti che abbiamo presentato noi
stessi e di seguito riportiamo, oppure di formularne, presentarne,
diffonderne di piu' elaborati e dettagliati ancora; in ogni caso di agire
tempestivamente nel richiedere che le competenti magistrature intervengano
per ripristinare la legalita' violata dai golpisti razzisti.
Agire tempestivamente, poiche' ogni giorno che passa il razzismo miete
vittime.
Agire tempestivamente, per la legalita' e i diritti umani di tutti gli
esseri umani.
Con la forza della verita'.
Con la forza del diritto.
Con la forza dell'ordinamento giuridico.
Con la forza della nonviolenza.

9. UNA SOLA UMANITA'. ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE VARIE
FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA LEGGE 15 LUGLIO
2009, N. 94

Alla Procura della Repubblica di Viterbo
Al Presidente del Tribunale di Viterbo
Al Presidente della Corte d'Appello di Roma
Al Presidente della Corte di Cassazione
Al Presidente della Corte Costituzionale
Al Sindaco del Comune di Viterbo
Al Presidente della Provincia di Viterbo
Al Presidente della Regione Lazio
Al Questore di Viterbo
Al Prefetto di Viterbo
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura
Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Parlamento Europeo
Al Presidente della Commissione Europea
Al Presidente del Consiglio d'Europa
Al Segretario generale delle Nazioni Unite
Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie
di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94
Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di
attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa
obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis
concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante
"Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come
"pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art.
1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico
riferimento a:
a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla
Costituzione della Repubblica Italiana;
b) violazione dei diritti dei bambini;
c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione
esistenziale;
d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui
all'art. 10 Cost.;
e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge.
Si richiede il piu' sollecito intervento.
Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare
che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei
confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che
riterranno sussistere nella concreta fattispecie.
L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da
parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p.
Giuseppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 8 agosto 2009

10. UNA SOLA UMANITA'. ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE IL
FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO

Alla Procura della Repubblica di Viterbo
Al Presidente del Tribunale di Viterbo
Al Presidente della Corte d'Appello di Roma
Al Presidente della Corte di Cassazione
Al Presidente della Corte Costituzionale
Al Sindaco del Comune di Viterbo
Al Presidente della Provincia di Viterbo
Al Presidente della Regione Lazio
Al Questore di Viterbo
Al Prefetto di Viterbo
Al Presidente del Consiglio dei Ministri
Al Presidente della Camera dei Deputati
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura
Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Parlamento Europeo
Al Presidente della Commissione Europea
Al Presidente del Consiglio d'Europa
Al Segretario generale delle Nazioni Unite
Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento
dello squadrismo
Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di
attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa
obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis
concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante
"Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come
"pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3,
commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura
il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie
di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed
iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene
il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed
anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza
privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita'
e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali
dell'ordinamento giuridico vigente.
Si richiede il piu' sollecito intervento.
Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare
che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei
confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che
riterranno sussistere nella concreta fattispecie.
L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da
parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p.
Giuseppe Sini
responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 8 agosto 2009

11. AGENDA. ISTRUZIONI PER L'USO E INDIRIZZI UTILI

Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso
gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione
dei carabinieri.
Puo' essere anche inviato per posta.
Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve
recare un indirizzo per ogni comunicazione.
Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di
presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura
competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli
espsoti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad
altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo
di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre
istituzioni statali centrali).
Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si
risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente
della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel
capoluogo di provincia).
Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere ampliati, o
resi piu' dettagliati, se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente
gli esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni.
*
Diamo di seguito gli indirizzi delle istituzioni centrali cui inviare gli
esposti; gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano ovviamente da
Comune a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione.
Al Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza
Cavour, 00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito:
www.cortedicassazione.it
Al Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187
Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it;
sito: www.cortecostituzionale.it
Al Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370,
00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it
Al Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza
Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito:
www.camera.it
Al Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel.
0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it
Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza
dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it;
sito: www.csm.it
Al Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma;
fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito:
www.quirinale.it
Al Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60,
B-1047 Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 -
+32(0)22307555; sito: www.europarl.europa.eu
Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito:
http://ec.europa.eu/index_it.htm
Al Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg
(France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito:
www.coe.int/DefaultIT.asp
Al Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters,
Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York
(Usa); sito: www.un.org
Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei
siti non sostituiscono l'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi di
inviare sempre comunque anche copia cartacea degli esposti per posta (con
raccomandata).
Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo
per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it

==============================
NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 268 del 13 agosto 2009

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