La domenica della nonviolenza. 224



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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 224 del 12 luglio 2009

In questo numero:
1. Clara Sereni: Al Presidente della Repubblica
2. Augusto Cavadi: Un quiz non particolarmente difficile
3. Consulta delle Cittadine del Comune di Venezia: Una raccomandazione al
Consiglio Comunale
4. Agnese Ginocchio: Al Presidente della Repubblica
5. Arianna Marullo: Al Presidente della Repubblica
6. Nadia Neri: Non rassegnarci
7. Primo Levi: Shema'
8. Primo Levi: Alzarsi
9. Primo Levi: Si immagini ora un uomo
10. Primo Levi: Che appunto perche'...
11. Primo Levi: Verso il mezzogiorno del 27 gennaio 1945
12. Primo Levi: Hurbinek
13. Primo Levi: Approdo
14. Primo Levi: La bambina di Pompei
15. Primo Levi: Non ci sono demoni...
16. Primo Levi: Partigia
17. Primo Levi: Il superstite
18. Primo Levi: Contro il dolore
19. Primo Levi: Canto dei morti invano
20. Primo Levi: Agli amici
21. Primo Levi: La vergogna del mondo
22. Primo Levi: Il nocciolo di quanto abbiamo da dire
23. Ordine del giorno da proporre all'approvazione delle assemblee elettive
(Comuni, Province, Regioni, etc.)
24. Ogni persona di retto sentire, ogni associazione democratica, ogni
istituzione fedele alla Costituzione scriva al Presidente della Repubblica
per confortarlo e sostenerlo nella difesa nitida e intransigente della
legalita' e dell'umanita' contro la violenza razzista e squadrista

1. UNA SOLA UMANITA'. CLARA SERENI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente,
non avrei voluto scriverLe questa lettera, ne' tanto meno permettermi di
interferire con la Sua alta responsabilita'. Ma proprio perche' in questo
momento mi sembra necessario che si valorizzi anche la responsabilita'
civica di ciascuno di noi in quanto cittadino, ritengo di dovermi rivolgere
a Lei per pregarLa di non firmare le norme in materia di immigrazione
approvate in questi giorni.
Davvero, non avrei mai pensato che dal nostro Parlamento uscisse un'offesa
cosi' grande ai diritti di liberta'. Anche gli antichi, in diverso contesto,
onoravano lo ius migrandi che nei nostri tempi ha avuto collocazione sia
nell'art. 13 della Dichiarazione universale dei diritti umani, sia nell'art.
35 della Costituzione italiana. Soprattutto, mi mortifica riandare ai
milioni di italiani che dalla fine del XIX secolo fino al secondo dopoguerra
sono emigrati nelle piu' diverse parti del mondo, soffrendo le stesse pene a
cui oggi questa legge condanna altri uomini e donne che, come i nostri
migranti, cercano di sfuggire alla miseria e all'oppressione. Con le nuove
norme neppure i rifugiati avranno garanzia di tutela, contro il dettato
dell'art. 10 della Costituzione che impone l'accoglimento di quanti non
godano nel loro paese i diritti di liberta', addirittura, secondo gli atti
della Costituente, senza reciprocita'. Non a caso, perche' tutti i partiti
che avevano redatto la Carta del '48 avevano avuto esuli dalle persecuzioni
fasciste. Compreso mio padre.
Il nostro paese non puo' accettare che sia reato non la condotta, ma
l'identita' di una persona, ne' che si violi l'uguaglianza discriminando gli
esseri umani sulla base di criteri nazionalisti e razzisti, ne' che si
verifichino respingimenti in forma crudele e illegale dal territorio
nazionale (intendendo come tale anche la nave italiana che abbia raccolto i
profughi).
Non vorrei mai avere sentito un ministro della Repubblica dire che dobbiamo
essere "cattivi". Ma vorrei anche che non solo i cittadini informati, ma
anche quanti restano ancora ignari della sostanza dei problemi non
corressero il rischio di venire sospinti da false paure verso sponde
razziste. Come donna, non vorrei mai che qualche bambino imparasse a non
ritenere cittadino come lui un bimbo nato da una mamma come la sua, ma
clandestina. Come figlia di uno dei Padri Costituenti, non vorrei che la
nostra Costituzione - la piu' bella del mondo, ma per tanti aspetti tuttora
inattuata - dovesse subire questa ennesima offesa.
Non firmi, signor Presidente, La prego.
Clara Sereni

2. UNA SOLA UMANITA'. AUGUSTO CAVADI: UN QUIZ NON PARTICOLARMENTE DIFFICILE

Domanda: chi e quando e in riferimento a chi ha dichiarato quanto segue?
"Sono fortemente contrario alla politica detta delle porte aperte. E'
arrivato il momento in cui chiunque abbia a cuore il futuro della nazione
deve preoccuparsi di questa poderosa ondata d'immigrati. A meno di qualche
seria iniziativa l'ondata avvelenera' le sorgenti stesse della nostra vita e
del nostro progresso. Ospitiamo nelle nostre citta' piu' grandi un numero
enorme di stranieri tra i quali proliferano il crimine e le malattie".
Risposta: la dichiarazione e' di Frank P. Sargent, Commissario Usa
all'Immigrazione; e' stata rilasciata nel 1905; si riferiva agli immigrati
italiani provenienti, in misura predominante, dal Sud e dal Nord-Est
dell'Italia.

3. UNA SOLA UMANITA'. CONSULTA DELLE CITTADINE DEL COMUNE DI VENEZIA: UNA
RACCOMANDAZIONE AL CONSIGLIO COMUNALE

Raccomandazione al Consiglio Comunale di Venezia.
Pochi giorni fa e' stato definitivamente approvato dal  Senato il "pacchetto
sicurezza": l'entrata o la permanenza "irregolare"  diventano, per legge,
reato.
E' una legge che ci fa scivolare indietro, ai tempi della discriminazione
razziale, negando i principi della Carta universale dei diritti umani, della
nostra Costituzione, della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.
Con la trasformazione in legge del "ddl sicurezza" sono ora clandestine le
nostre badanti (lavoratrici a tempo pieno) ma anche noi che siamo i loro
datori di lavoro, gli operai in nero e quelli con contratti in scadenza ma
anche gli imprenditori che li fanno lavorare.
L'accanimento contro chi fugge dalla miseria, dalla discriminazione,
dall'oppressione, dalle guerre va contro persone, prima che immigrati, che
chiedono di essere riconosciute e accolte nella legalita', nei diritti e
doveri di ogni cittadino.
Su una questione tanto cruciale come quella dell'immigrazione la politica e'
venuta meno al suo orizzonte ideale, quello di stimolare la promozione
culturale e sociale di un paese, trasformando in speranze le paure della
gente.
E' dimostrato che, laddove si e' lavorato con impegno, e' stato possibile
armonizzare il diritto con l'accoglienza, saldare il rispetto delle regole
con l'integrazione.
Alla luce di tutto cio' la Consulta delle Cittadine del Comune di Venezia
composta anche da donne straniere e da queste sollecitata si rivolge al
Consiglio Comunale affinche' chieda con fermezza il ritiro della normativa
che cosi' pesantemente inficia il lavoro di integrazione operato
dall'Amministrazione Comunale e dalla Consulta delle Cittadine con le donne
migranti.
Siamo in particolare preoccupate anche per i possibili effetti che il
decreto produce sulle famiglie costrette alla denuncia e nella possibilita'
di ritrovarsi da un giorno all'altro senza l'assistenza e il lavoro di cura
svolto da tante donne straniere che accudiscono i nostri bambini/e e i
nostri anziani/e.
La Consulta delle Cittadine del Comune di Venezia

4. UNA SOLA UMANITA'. AGNESE GINOCCHIO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Rispettabilissimo Presidente della Repubblica,
continuo a domandarmi: Dove stiamo andando? Dove sta andando l'Italia, dove
sta andando l'essere umano?
Il 2 luglio 2009 e' stata votata una legge che rompe l'unita' della famiglia
umana e ne offende la dignita'. Dove stiamo andando?
Con il "pacchetto sicurezza" si vuole che centinaia di migliaia di donne,
uomini e bambini vivano in clandestinita' e vivano sempre peggio. Nello
stesso tempo si introduce il reato di "clandestinita'". Cosi' si costruisce
un girone infernale di sofferenze di cui gli immigrati sono prigionieri.
Il "pacchetto sicurezza" in realta' e' un concentrato di norme disumane e
razziste che ci renderanno tutti quanti meno sicuri e meno liberi. Vengono
colpite in primo luogo le persone immigrate che sono prive del permesso di
soggiorno.
Nell'anno uscente abbiamo appena celebrato il sessantesimo anniversario
della Dichiarazione universale dei diritti umani. Il primo articolo della
Dichiarazione recita: "Tutti gli esseri umani nascono liberi e sono eguali
in dignita' e diritti". In questo "pacchetto sicurezza" non ci sembra che
questi diritti siano uguali per tutti, ma solo per alcuni.
L'impegno per la pace ci chiama a schierarci sempre dalla parte degli
indifesi e degli oppressi, degli schiavi e dei "clandestini". Sono nostri
fratelli, la nostra umanita', il nostro prossimo, quel prossimo che il Dio
dell'amore ci dice di amare e di rispettare come noi stessi.
Ancora in una parabola lo stesso Dio profeta di pace ci continua a dire:
"Ero forestiero e mi avete accolto". Quale forestiero dunque? Anche i nostri
genitori sono stati forestieri, immigrati all'estero. Se nazioni straniere
si sarebbero comportate alla stessa maniera di come oggi l'Italia si sta
comportando nei confronti dei migranti, che ne sarebbe stato dei nostri
nonni e dei nostri genitori? Perche' si dimentica cosi' facilmente la
storia? Perche' ci si ostina a dare la "colpa" di tutti i mali che
affliggono la societa' sempre e soltanto agli immigrati, visti e trattati
come dei "terroristi"? Essi sono invece i nuovi schiavi.
Proviamo una buona volta a metterci nei panni di queste persone che se
scappano dalle loro terre certamente non e' per darsi alla vita facile, per
fare un viaggio di piacere e quant'altro, bensi' scappano perche' costretti
dal bisogno di sopravvivenza: nelle loro terre c'e' la guerra, si patisce la
fame, c'e' poverta' estrema; nella loro terra non c'e' futuro. La poverta'
e' la piu' grossa violazione dei diritti umani. Nessuno vorrebbe scappare
dalla propria terra. Io ricordo che i miei genitori dicevano che fu grazie
all'ospitalita' dei paesi stranieri che riuscirono a scampare alla fame.
L'Italia nel dopoguerra era ridotta in pessime condizioni e non c'erano
sufficienti risorse.
Perche' dunque la guerra? Perche', Presidente, oggi si continua
ostinatamente a fare la guerra nel mondo? Perche', Presidente, si
discriminano gli uomini? Perche' solo ad una piccola parte vengono riservati
i primi posti nelle platee, e a tutto il resto no? Gli immigrati, i
"clandestini", sono considerati rifiuti, obbrobrio, solo perche' hanno la
colpa di avere un colore diverso dal nostro, ma essi in realta' sono nostri
fratelli, sono il nostro prossimo, sono la nostra stessa vita, il nostro
mondo.
Il "pacchetto sicurezza" viola i comandamenti di Dio. I forestieri vengono
trattati come merce, cosa da buttare, acerrimi nemici da annientare.
Schiavi, gli schiavi del terzo millennio, gli schiavi di questo sistema di
morte e di mafia che ammazza sogni e speranze dell'umanita'. Stiamo
ritornando ai tempi del faraone d'Egitto. Il calice e' ormai colmo!
Rispettabilissimo Presidente,
nel nome della pace che significa difesa dei diritti di ogni essere umano,
le domando di intervenire e di non promulgare il testo di legge deliberato
in via  definitiva dal Senato il 2 luglio 2009, noto come "pacchetto
sicurezza", perche' la stessa legge reca norme palesemente incostituzionali
e violatrici di fondamentali diritti umani: Le domando ancora, nel nome
della pace, che significa rispettare il prossimo come noi stessi, di
rinviare alle Camere la suddetta legge altamente discriminatoria e razzista,
con messaggio motivato, affinche' essa sia modificata conformemente al
dettato della Costituzione della Repubblica Italiana, alle norme di diritto
internazionale recepite nel nostro ordinamento e ai principi della civilta'
giuridica.
Oggi ci troviamo in una spaventosa crisi economica. In Italia, in Campania e
a Caserta molti lavoratori stanno perdendo il lavoro, dalla sera alla
mattina si trovano a convivere con una situazione insostenibile. Perche' il
nostro governo non pensa piuttosto a risolvere questi gravi problemi che
contribuiscono ad allargare la radice della crisi e a gettare la gente nella
disperazione? Se si continua con queste leggi razziali, non al servizio
della comunita' bensi' per il potere ed il benessere di pochi, l'Italia
precipitera' nel baratro della desolazione totale, la Babele, il caos del
nostro tempo.
Non ci sono parole per esprimere l'indignazione ed il profondo dolore che si
prova per quanto sta accadendo.
Solidarieta' e pace ai nostri fratelli immigrati.
No al "pacchetto sicurezza".
Il governo ponga un freno alle proprie decisioni che non sono al servizio
della vita ma contribuiscono allo sfascio totale dei valori, all'aumento del
disordine e della violenza criminale, alla barbarie razzista e xenofoba. Un
freno, prima che sia troppo tardi, prima che la piaga sociale degeneri in
cancrena, andandosi cosi' a trasformare in un male irreversibile e totale.
La ringrazio per quanto potra' fare a favore di questa infinita causa di
solidarieta' per la difesa dei diritti, della vita e dell'uguaglianza.
Shalom.
Con stima e riconoscenza,
Agnese Ginocchio,
del movimento internazionale per la pace e la nonviolenza

5. UNA SOLA UMANITA'. ARIANNA MARULLO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Egregio Presidente,
La prego di rimandare alle Camere il cosiddetto "pacchetto sicurezza",
approvato in Parlamento lo scorso 2 luglio.
Con l'autorevolezza del Suo ruolo respinga, a nome dei tanti cittadini che
rappresenta, una legge palesemente anticostituzionale, che vuole riportare
l'Italia ai tempi bui delle leggi razziali, quando si giudicava, e
condannava, una persona non per quel che faceva, ma per quello che era.
Una legge che tradisce la nostra storia di Paese nato dalla fusione di
popoli e culture diverse, di Paese che tanti figli ha visto partire in cerca
di una vita non piu' costretta dalla poverta' e dal bisogno.
Una legge che vorrebbe giungere alla vergogna della delazione verso i piu'
deboli, della separazione dei figli dalle madri.
Come me molti in queste ore sono angosciati nell'immaginare questa Italia
che vogliono imporci, giocando sulle paure e le incertezze della gente.
Siamo tanti, Signor Presidente, e tanti so che Le stanno scrivendo, come me,
meglio di me: faccia si' che le nostre voci non rimangano inascoltate.
Cordialmente,
Arianna Marullo

6. UNA SOLA UMANITA'. NADIA NERI: NON RASSEGNARCI

Considerare reato la clandestinita' a priori, prima che il clandestino
faccia o dica qualsiasi cosa, manifesta in modo esemplare il razzismo.
Si etichetta come colpevole una categoria in quanto tale, come e' stato per
gli ebrei, i mussulmani, i "negri" e cosi' via. La maggioranza degli
italiani aderisce perche' e' sottoposta ad uno scientifico lavaggio del
cervello attraverso tutti i mezzi di comunicazione di massa abilmente
manipolati.
Io sono una psicoanalista junghiana e sottolineo la componente psichica che
viene messa all'opera e cioe' il meccanismo della proiezione: il male, il
nemico e' sempre fuori di noi e mai in noi.
La situazione e' grave, io sono nata nel 1946 e mi sono sempre chiesta con
angoscia come sia stato possibile che nel 1938 gli italiani abbiano
accettato supinamente le leggi razziali e che cosa avrei fatto io. La mia
tesi di laurea era proprio sulle radici del pregiudizio, sulla personalita'
autoritaria (le ricerche di Adorno, Horkheimer e altri), e mai avrei
immaginato nel 1968 che dopo tanti decenni si riproponessero uguali
obbrobri.
Innanzitutto cerchiamo di non rassegnarci!

7. PRIMO LEVI: SHEMA'
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre Se questo e'
un uomo), ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 525]

Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo e' un uomo,
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un si' o per un no.
Considerate se questa e' una donna,
Senza capelli e senza nome
Senza piu' forza di ricordare
Vuoti gli occhi e freddo il grembo
Come una rana d'inverno.

Meditate che questo e' stato:
Vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
Stando in casa andando per via,
Coricandovi alzandovi:
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
La malattia vi impedisca,
I votri nati torcano il viso da voi.

10 gennaio 1946

8. PRIMO LEVI: ALZARSI
[Da Primo Levi, Ad ora incerta (ma e' anche l'epigrafe che apre La tregua),
ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. II, p. 526]

Sognavamo nelle notti feroci
Sogni densi e violenti
Sognati con anima e corpo:
Tornare; mangiare; raccontare.
Finche' suonava breve sommesso
Il comando dell'alba:
"Wstawac":
E si spezzava in petto il cuore.

Ora abbiamo ritrovato la casa,
Il nostro ventre e' sazio,
Abbiamo finito di raccontare.
E' tempo. Presto udremo ancora
Il comando straniero:
"Wstawac".

11 gennaio 1946

9. PRIMO LEVI: SI IMMAGINI ORA UN UOMO...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino
1997, vol. I, p. 21]

Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti
la sua casa, le sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente
tutto quanto possiede: sara' un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno,
dimentico di dignita' e discernimento, poiche' accade facilmente, a chi ha
perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potra' a cuor leggero
decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinita'
umana; nel caso piu' fortunato, in base ad un puro giudizio di utilita'. Si
comprendera' allora il duplice significato del termine "Campo di
annientamento"...

10. PRIMO LEVI: CHE APPUNTO PERCHE'...
[Da Primo Levi, Se questo e' un uomo, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino
1997, vol. I, p. 35]

Che appunto perche' il Lager e' una gran macchina per ridurci a bestie, noi
bestie non dobbiamo diventare; che anche in questo luogo si puo'
sopravvivere, e percio' si deve voler sopravvivere, per raccontare, per
portare testimonianza; e che per vivere e' importante sforzarci di salvare
almeno lo scheletro, l'impalcatura, la forma della civilta'. Che siamo
schiavi, privi di ogni diritto, esposti a ogni offesa, votati a morte quasi
certa, ma che una facolta' ci e' rimasta, e dobbiamo difenderla con ogni
vigore perche' e' l'ultima: la facolta' di negare il nostro consenso.

11. PRIMO LEVI: VERSO IL MEZZOGIORNO DEL 27 GENNAIO 1945
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I,
pp. 205-206]

La prima pattuglia russa giunse in vista del campo verso il mezzogiorno del
27 gennaio 1945. Fummo Charles ed io i primi a scorgerla (...).
Erano quattro giovani soldati a cavallo, che procedevano guardinghi, coi
mitragliatori imbracciati, lungo la strada che limitava il campo. Quando
giunsero ai reticolati, sostarono a guardare, scambiandosi parole brevi e
timide, e volgendo sguardi legati da uno strano imbarazzo sui cadaveri
scomposti, sulle baracche sconquassate, e su noi pochi vivi (...).
Non salutavano, non sorridevano, apparivano oppressi, oltre che da pieta',
da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro
occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella
che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere
o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero,
quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli
rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo
delle cose che esistono, e che la sua volonta' buona sia stata nulla o
scarsa, e non abbia valso a difesa.

12. PRIMO LEVI: HURBINEK
[Da Primo Levi, La tregua, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997, vol. I,
p. 216]

Hurbinek, che aveva tre anni e forse era nato in Auschwitz e non aveva mai
visto un albero; Hurbinek, che aveva combattuto come un uomo, fino
all'ultimo respiro, per conquistarsi l'entrata nel mondo degli uomini, da
cui una potenza bestiale lo aveva bandito; Hurbinek, il senzanome, il cui
minuscolo avambraccio era pure stato segnato col tatuaggio di Auschwitz;
Hurbinek mori' ai primi giorni del marzo 1945, libero ma non redento. Nulla
resta di lui: egli testimonia attraverso queste mie parole.

13. PRIMO LEVI: APPRODO
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 542]

Felice l'uomo che ha raggiunto il porto,
Che lascia dietro se' mari e tempeste,
I cui sogni sono morti o mai nati;
E siede e beve all'osteria di Brema,
Presso al camino, ed ha buona pace.
Felice l'uomo come una fiamma spenta,
Felice l'uomo come sabbia d'estuario,
Che ha deposto il carico e si e' tersa la fronte
E riposa al margine del cammino.
Non teme ne' spera ne' aspetta,
Ma guarda fisso il sole che tramonta.

10 settembre 1964

14. PRIMO LEVI: LA BAMBINA DI POMPEI
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 549]

Poiche' l'angoscia di ciascuno e' la nostra
Ancora riviviamo la tua, fanciulla scarna
Che ti sei stretta convulsamente a tua madre
Quasi volessi ripenetrare in lei
Quando al meriggio il cielo si e' fatto nero.
Invano, perche' l'aria volta in veleno
E' filtrata a cercarti per le finestre serrate
Della tua casa tranquilla dalle robuste pareti
Lieta gia' del tuo canto e del tuo timido riso.
Sono passati i secoli, la cenere si e' pietrificata
A incarcerare per sempre codeste membra gentili.
Cosi' tu rimani tra noi, contorto calco di gesso,
Agonia senza fine, terribile testimonianza
Di quanto importi agli dei l'orgoglioso nostro seme.
Ma nulla rimane fra noi della tua lontana sorella,
Della fanciulla d'Olanda murata fra quattro mura
Che pure scrisse la sua giovinezza senza domani:
La sua cenere muta e' stata dispersa dal vento,
La sua breve vita rinchiusa in un quaderno sgualcito.
Nulla rimane della scolara di Hiroshima,
Ombra confitta nel muro dalla luce di mille soli,
Vittima sacrificata sull'altare della paura.
Potenti della terra padroni di nuovi veleni,
Tristi custodi segreti del tuono definitivo,
Ci bastano d'assai le afflizioni donate dal cielo.
Prima di premere il dito, fermatevi e considerate.

20 novembre 1978

15. PRIMO LEVI: NON CI SONO DEMONI...
[Da Primo Levi, La ricerca delle radici, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino
1997, vol. II, p. 1519]

Non ci sono demoni, gli assassini di milioni di innocenti sono gente come
noi, hanno il nostro viso, ci rassomigliano. Non hanno sangue diverso dal
nostro, ma hanno infilato, consapevolmente o no, una strada rischiosa, la
strada dell'ossequio e del consenso, che e' senza ritorno.

16. PRIMO LEVI: PARTIGIA
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 561]

Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
Quelli che restano hanno i capelli bianchi
E raccontano ai figli dei figli
Come, al tempo remoto delle certezze,
Hanno rotto l'assedio dei tedeschi
La' dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
Altri rosicchiano la pensione dell'Inps
O si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
Lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
Con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sara' duro,
Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
La mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.

23 luglio 1981

17. PRIMO LEVI: IL SUPERSTITE
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 576]

a B. V.

Since then, at an uncertain hour,
Dopo di allora, ad ora incerta,
Quella pena ritorna,
E se non trova chi lo ascolti
Gli brucia in petto il cuore.
Rivede i visi dei suoi compagni
Lividi nella prima luce,
Grigi di polvere di cemento,
Indistinti per nebbia,
Tinti di morte nei sonni inquieti:
A notte menano le mascelle
Sotto la mora greve dei sogni
Masticando una rapa che non c'e'.
"Indietro, via di qui, gente sommersa,
Andate. Non ho soppiantato nessuno,
Non ho usurpato il pane di nessuno,
Nessuno e' morto in vece mia. Nessuno.
Ritornate alla vostra nebbia.
Non e' mia colpa se vivo e respiro
E mangio e bevo e dormo e vesto panni".

4 febbraio 1984

18. PRIMO LEVI: CONTRO IL DOLORE
[Da Primo Levi, L'altrui mestiere, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 675]

E' difficile compito di ogni uomo diminuire per quanto puo' la tremenda mole
di questa "sostanza" che inquina ogni vita, il dolore in tutte le sue forme;
ed e' strano, ma bello, che a questo imperativo si giunga anche a partire da
presupposti radicalmente diversi.

19. PRIMO LEVI: CANTO DEI MORTI INVANO
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 615]

Sedete e contrattate
A vostra voglia, vecchie volpi argentate.
Vi mureremo in un palazzo splendido
Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco
Purche' trattiate e contrattiate
Le vite dei vostri figli e le vostre.
Che tutta la sapienza del creato
Converga a benedire le vostre menti
E vi guidi nel labirinto.
Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi,
L'esercito dei morti invano,
Noi della Marna e di Montecassino
Di Treblinka, di Dresda e di Hiroshima:
E saranno con noi
I lebbrosi e i tracomatosi,
Gli scomparsi di Buenos Aires,
I morti di Cambogia e i morituri d'Etiopia,
I patteggiati di Praga,
Gli esangui di Calcutta,
Gl'innocenti straziati a Bologna.
Guai a voi se uscirete discordi:
Sarete stretti dal nostro abbraccio.
Siamo invincibili perche' siamo i vinti.
Invulnerabili perche' gia' spenti:
Noi ridiamo dei vostri missili.
Sedete e contrattate
Finche' la lingua vi si secchi:
Se dureranno il danno e la vergogna
Vi annegheremo nella nostra putredine.

14 gennaio 1985

20. PRIMO LEVI:  AGLI AMICI
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 623]

Cari amici, qui dico amici
Nel senso vasto della parola:
Moglie, sorella, sodali, parenti,
Compagne e compagni di scuola,
Persone viste una volta sola
O praticate per tutta la vita:
Purche' fra noi, per almeno un momento,
Sia stato teso un segmento,
Una corda ben definita.

Dico per voi, compagni d'un cammino
Folto, non privo di fatica,
E per voi pure, che avete perduto
L'anima, l'animo, la voglia di vita.
O nessuno, o qualcuno, o forse un solo, o tu
Che mi leggi: ricorda il tempo
Prima che s'indurisse la cera,
Quando ognuno era come un sigillo.
Di noi ciascuno reca l'impronta
Dell'amico incontrato per via;
In ognuno la traccia di ognuno.
Per il bene od il male
In saggezza o in follia
Ognuno stampato da ognuno.

Ora che il tempo urge da presso,
Che le imprese sono finite,
A voi tutti l'augurio sommesso
Che l'autunno sia lungo e mite.

16 dicembre 1985

21. PRIMO LEVI: LA VERGOGNA DEL MONDO
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino
1997, vol. II, pp. 1157-1158]

E c'e' un'altra vergogna piu' vasta, la vergogna del mondo. E' stato detto
memorabilmente da John Donne, e citato innumerevoli volte, a proposito e
non, che "nessun uomo e' un'isola", e che ogni campana di morte suona per
ognuno. Eppure c'e' chi davanti alla colpa altrui, o alla propria, volge le
spalle, cosi' da non vederla e non sentirsene toccato: cosi' hanno fatto la
maggior parte dei tedeschi nei dodici anni hitleriani, nell'illusione che il
non vedere fosse un non sapere, e che il non sapere li alleviasse dalla loro
quota di complicita' o di connivenza. Ma a noi lo schermo dell'ignoranza
voluta, il "partial shelter" di T. S. Eliot, e' stato negato: non abbiamo
potuto non vedere. Il mare di dolore, passato e presente, ci circondava, ed
il suo livello e' salito di anno in anno fino quasi a sommergerci. Era
inutile chiudere gli occhi o volgergli le spalle, perche' era tutto intorno,
in ogni direzione fino all'orizzonte. Non ci era possibile, ne' abbiamo
voluto, essere isole; i giusti fra noi, non piu' ne' meno numerosi che in
qualsiasi altro gruppo umano, hanno provato rimorso, vergogna, dolore
insomma, per la colpa che altri e non loro avevano commessa, ed in cui si
sono sentiti coinvolti, perche' sentivano che quanto era avvenuto intorno a
loro, ed in loro presenza, e in loro, era irrevocabile. Non avrebbe potuto
essere lavato mai piu'; avrebbe dimostrato che l'uomo, il genere umano, noi
insomma, eravamo potenzialmente capaci di costruire una mole infinita di
dolore; e che il dolore e' la sola forza che si crei dal nulla, senza spesa
e senza fatica. Basta non vedere, non ascoltare, non fare.

22. PRIMO LEVI: IL NOCCIOLO DI QUANTO ABBIAMO DA DIRE
[Da Primo Levi, I sommersi e i salvati, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino
1997, vol. II, pp. 1149-1150]

L'esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti e'
estranea alle nuove generazioni dell'Occidente, e sempre piu' estranea si va
facendo a mano a mano che passono gli anni (...).
Per noi, parlare con i giovani e' sempre piu' difficile. Lo percepiamo come
un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici,
di non essere ascoltati. Dobbiamo essere ascoltati: al di sopra delle nostre
esperienze individuali, siamo stati collettivamente testimoni di un evento
fondamentale ed inaspettato, fondamentale appunto perche' inaspettato, non
previsto da nessuno. E' avvenuto contro ogni previsione; e' avvenuto in
Europa; incredibilmente, e' avvenuto che un intero popolo civile, appena
uscito dalla fervida fioritura culturale di Weimar, seguisse un istrione la
cui figura oggi muove al riso; eppure Adolf Hitler e' stato obbedito ed
osannato fino alla catastrofe. E' avvenuto, quindi puo' accadere di nuovo:
questo e' il nocciolo di quanto abbiamo da dire.

23. MATERIALI. ORDINE DEL GIORNO DA PROPORRE ALL'APPROVAZIONE DELLE
ASSEMBLEE ELETTIVE (COMUNI, PROVINCE, REGIONI, ETC.)

Il Consiglio ... di ...,
fedele alla Costituzione della Repubblica Italiana,
impegnato per la difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani cosi'
come sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani approvata
dall'Assemblea generale dell'Onu nel 1948;
chiede al Presidente della Repubblica, in virtu' del potere attribuitogli
dall'art. 74, comma 1, della Costituzione ("Il Presidente della Repubblica,
prima di promulgare la legge, puo' con messaggio motivato alle Camere
chiedere una nuova deliberazione"):
- di non promulgare il testo di legge deliberato in via definitiva dal
Senato il 2 luglio 2009, noto come "pacchetto sicurezza", in quanto recante
norme palesemente incostituzionali e violatrici di fondamentali diritti
umani;
- di rinviarlo alle Camere con messaggio motivato affinche' esso sia
modificato conformemente al dettato della Costituzione della Repubblica
Italiana, alle norme di diritto internazionale recepite nel nostro
ordinamento e ai principi della civilta' giuridica.
Da' mandato al proprio presidente di trasmettere il presente ordine del
giorno al Presidente della Repubblica e di renderlo noto alla popolazione
attraverso i mezzi d'informazione e nelle altre forme abitualmente usate per
comunicare ai cittadini le deliberazioni del Consiglio.

24. AGENDA. OGNI PERSONA DI RETTO SENTIRE, OGNI ASSOCIAZIONE DEMOCRATICA,
OGNI ISTITUZIONE FEDELE ALLA COSTITUZIONE SCRIVA AL PRESIDENTE DELLA
REPUBBLICA PER CONFORTARLO E SOSTENERLO NELLA DIFESA NITIDA E INTRANSIGENTE
DELLA LEGALITA' E DELL'UMANITA' CONTRO LA VIOLENZA RAZZISTA E SQUADRISTA

Per scrivere al Presidente della Repubblica l'indirizzo postale e':
Presidente della Repubblica, piazza del Quirinale, 00187 Roma; il fax:
0646993125; l'indirizzo di posta elettronica e':
presidenza.repubblica at quirinale.it ; nel web:
https://servizi.quirinale.it/webmail/
Ci si ricordi che, ovviamente, le lettere devono recare nome, cognome e
indirizzo preciso del mittente.

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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 224 del 12 luglio 2009

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