Minime. 801



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 801 del 25 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Non riconciliati
2. Piero Calamandrei: Il monumento a Kesselring
3. Franco Fortini: Canto degli ultimi partigiani
4. Primo Levi: Partigia
5. Alcuni riferimenti
6. Tre libri di Hannah Arendt
7. Virginia Del Re: Per Sitara Achakzai e per tutte le donne
8. Majora Carter: La poverta' e' violenza
9. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto
10. Aldo Capitini: Il manuale di Charles C. Walker sull'azione diretta
nonviolenta
11. Aldo Capitini: Principi dell'addestramento alla nonviolenza
12. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. PEPPE SINI: NON RICONCILIATI

No. Il 25 aprile non e' la festa di tutti.
Non e' la festa dei razzisti della Lega.
Non e' la festa dei golpisti berlusconiani.
Non e' la festa dei neofascisti in carriera e al governo.
Il 25 aprile e' il ricordo del giorno dell'insurrezione antifascista.
Il 25 aprile e' la Resistenza che continua.
Il 25 aprile e' l'appello alla lotta che oggi e' da condurre contro la
guerra e contro il razzismo, per il riconoscimento di tutti i diritti umani
a tutti gli esseri umani.
No. Il 25 aprile non e' la festa di tutti.

2. MEMORIA. PIERO CALAMANDREI: IL MONUMENTO A KESSELRING
[Da Piero Calamandrei, Uomini e citta' della Resistenza, Laterza, Roma-Bari
955, 1977, p. 249; e' il testo della lapide murata nel Palazzo Comunale di
Cuneo il 21 dicembre 1952]

LO AVRAI
CAMERATA KESSELRING
IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI
MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRA'
A DECIDERLO TOCCA A NOI

NON COI SASSI AFFUMICATI
DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO
NON COLLA TERRA DEI CIMITERI
DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI
RIPOSANO IN SERENITA'
NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE
CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO
NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI
CHE TI VIDE FUGGIRE

MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI
PIU' DURO D'OGNI MACIGNO
SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO
GIURATO FRA UOMINI LIBERI
CHE VOLONTARI SI ADUNARONO
PER DIGNITA' NON PER ODIO
DECISI A RISCATTARE
LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO

SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE
AI NOSTRI POSTI CI RITROVERAI
MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO
CHE SI CHIAMA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA

3. MEMORIA. FRANCO FORTINI: CANTO DEGLI ULTIMI PARTIGIANI
[Da Franco Fortini, Foglio di via, Einaudi, Torino 1946, 1999, p. 32,
riprendiamo questo testo del 1945 (da ultimo ristampato anche in Franco
Fortini, Versi scelti. 1939-1989, Einaudi, Torino 1990, p. 15)]

Sulla spalletta del ponte
Le teste degli impiccati
Nell'acqua della fonte
La bava degli impiccati.

Sul lastrico del mercato
Le unghie dei fucilati
Sull'erba secca del prato
I denti dei fucilati.

Mordere l'aria mordere i sassi
La nostra carne non e' piu' d'uomini
Mordere l'aria mordere i sassi
Il nostro cuore non e' piu' d'uomini.

Ma noi s'e' letta negli occhi dei morti
E sulla terra faremo liberta'
Ma l'hanno scritta i pugni dei morti
La giustizia che si fara'.

4. MEMORIA. PRIMO LEVI: PARTIGIA
[Da Primo Levi, Ad ora incerta, ora in Idem, Opere, Einaudi, Torino 1997,
vol. II, p. 561]

Dove siete, partigia di tutte le valli,
Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse?
Molti dormono in tombe decorose,
Quelli che restano hanno i capelli bianchi
E raccontano ai figli dei figli
Come, al tempo remoto delle certezze,
Hanno rotto l'assedio dei tedeschi
La' dove adesso sale la seggiovia.
Alcuni comprano e vendono terreni,
Altri rosicchiano la pensione dell'Inps
O si raggrinzano negli enti locali.
In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo.
Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna,
Lenti, ansanti, con le ginocchia legate,
Con molti inverni nel filo della schiena.
Il pendio del sentiero ci sara' duro,
Ci sara' duro il giaciglio, duro il pane.
Ci guarderemo senza riconoscerci,
Diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi.
Come allora, staremo di sentinella
Perche' nell'alba non ci sorprenda il nemico.
Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno,
Spaccato ognuno dalla sua propria frontiera,
La mano destra nemica della sinistra.
In piedi, vecchi, nemici di voi stessi:
La nostra guerra non e' mai finita.

23 luglio 1981

5. 25 APRILE. ALCUNI RIFERIMENTI

Il sito dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia: www.anpi.it
Il sito dell'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti:
www.deportati.it
Il sito dell'Associazione nazionale perseguitati politici italiani
antifascisti: www.anppia.it
Il sito dell'Associazione nazionale ex internati: www.anei.it
Il sito dell'Associazione nazionale famiglie italiane martiri caduti per la
liberta' della patria: www.anfim.it
Il sito dell'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione
in Italia: www.italia-liberazione.it

6. 25 APRILE. TRE LIBRI DI HANNAH ARENDT

Con le Lettere dei condannati a morte della Resistenza, con le opere di
Primo Levi, con i testi odierni di Vandana Shiva, forse tre libri di Hannah
Arendt costituiscono gli strumenti migliori per la lotta contro la guerra e
contro il razzismo che e' oggi da condurre. La lotta nonviolenta per la
liberazione dell'umanita' e la difesa della biosfera. Sono: Le origini del
totalitarismo, Vita activa e La banalita' del male.
Anche leggere libri e' una forma di resistenza, di umanizzazione, di
riconoscimento di umanita'. Ed Hannah Arendt e' una delle nostre maestre
piu' grandi.

7. RIFLESSIONE. VIRGINIA DEL RE: PER SITARA ACHAKZAI E PER TUTTE LE DONNE
[Ringraziamo Virginia Del Re (per contatti: virdelre at tin.it) per questo
intervento dal titolo "I diritti negati: sull'assassinio di Sitara Achakzai,
consigliera provinciale a  Kandahar".
Virginia Del Re e' presidente dell'Associazione Casa della donna e fa parte
del Coordinamento provinciale dei movimenti e delle associazioni di donne di
Pisa]

Di fronte ai disastri naturali che travolgono cose e persone, e di fronte al
disastro permanente tutto umano e tutto italiano, con l'ennesima triste, e
indecentissima, teoria di costruttori, ingegneri, dirigenti pubblici che si
fanno ciechi e sordi e sottoscrivono atti fasulli su agibilita' e stabilita'
di costruzioni fragili e mal fatte, in terreni ad alto rischio sismico -
molte altre notizie passano in sordina.
Eppure dobbiamo parlare, denunciare altre tragedie che intanto accadono,
emblematiche di una porzione di mondo in cui si puo' mettere una taglia
sulla testa di una donna perche' sfugge all'antica soggezione e prende veste
e parola pubblica per battersi per il diritto di tutte a vivere da cittadine
e non da schiave. Il 12 aprile ci e' arrivata dai giornali la notizia che
Sitara Achakzai, consigliera provinciale a Kandahar, e' stata assassinata
appena prima di lasciare ormai l'Afghanistan, per espatriare. Questo eroico
atto di valore maschile e' stato subito rivendicato dai talebani. Per non
lasciarne ad altri la gloria, forse. Sembra una notizia lontana, che non ci
riguarda troppo, in fondo, un altro orrore quotidiano di quelle regioni.
Invece e' l'estrema, vistosa manifestazione di una mentalita' patriarcale
che non vuole cedere il potere, che non puo' tollerare l'offesa
dell'abbandono e che anche da noi si accanisce in violenze fisiche e
psicologiche. Perche', in realta', qualunque sia la retorica religiosa o
culturale dichiarata, di potere si tratta, e nelle forme piu' arcaiche e
piu' vili: potere come possesso di corpi, come asservimento di esseri umani,
ridotti a strumenti di piacere non condiviso, di procreazione non scelta, di
lavoro non pagato. E con il carico paradossale del ricatto, cosi' ben
spiegato da John Stuart Mill: "quella della donna e' l'unica schiavitu' al
mondo in cui lo schiavo deve amare il padrone...".
Da anni in prima linea nella difesa dei diritti delle donne, Sitara Achakzai
aveva gia' subito attentati e aveva ormai dovuto accettare l'idea di
continuare la battaglia fuori dal suo Paese, dalla sua citta', da sempre
centro della cupa guerra misogina talebana.
Nei giorni subito precedenti alla sua uccisione era passata, con la firma
del Presidente Karzai, l'oscena legge che, per compiacere la componente
sciita ultraortodossa, sancisce di nuovo - restaura! -, tra altre cose, il
divieto per le donne di uscire di casa - e figurasi viaggiare - senza
l'autorizzazione dei maschi di casa, padre o marito, e l'obbligo di
accettare rapporti sessuali almeno ogni quattro giorni - da cui l'implicita
"licenza di stupro" in famiglia -. Ecco, da qui si vede subito di che cosa
hanno paura i talebani, gli integralisti, sciiti o quanti altri in nome
della religione e/o della tradizione vogliono le donne sottomesse,
ignoranti, giuridicamente e politicamente incapaci. Insomma, prive dei
diritti fondamentali della persona.
C'e' stata una manifestazione di rivolta delle donne a questa legge, e sono
state prese a sassate; l'Occidente ne ha chiesto la revoca, vedremo cosa
permetteranno i giochi politici.
Per noi, al dolore per l'ennesimo femminicidio, si aggiunge lo sconforto per
la palese ripresa del potere fondamentalista nella regione, potere ben
armato ed evidentemente ben fornito di denaro...
Con risvolti tragicamente ironici: "La Stampa" (15 aprile 2009), nel
riportare la notizia, cita Mohammed Asif Mohseni, "uno dei principali leader
della minoranza sciita afgana", che pochi giorni fa, parlando
all'universita' di Kabul, aveva sostenuto che le critiche alla legge della
comunita' occidentale sono una "invasione culturale, che parte dal principio
che una cultura e' migliore di altre". Mohseni, mettendo il dito nella
piaga, ha fatto valere che la nuova legislazione e' stata "definita
democraticamente dai parlamentari afgani" secondo "i principi stessi che
l'Occidente difende". Ogni modifica governativa sarebbe "una violazione
costituzionale".
Dobbiamo, credo, parlare di piu' di questi aspetti del multiculturalismo,
fare riflessione e dibattito informato, chiederci fino a che punto possiamo,
tutti, uomini e donne, lasciar spazio a equivoci madornali per cui il nostro
giusto rispetto per le culture e le mentalita' diverse dalla nostra puo'
venir interpretato come sponda, come avallo alla feroce continua negazione
dei piu' basilari diritti (umani) delle donne nel mondo.

8. CON VOCE DI DONNA. MAJORA CARTER: LA POVERTA' E' VIOLENZA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente testo di Majora
Carter.
Majora Carter ha fondato l'associazione Sustainable South Bronx nel 2001,
ottenendo nel 2007 il finanziamento al progetto che ha creato 11.000 miglia
di piste ciclabili e di marciapiedi per la comunita' del South Bronx. Lo
stesso anno ha ricevuto il Premo Martin Luther King dell'Universita' di New
York]

La poverta' e' violenza. E come per tutti i tipi di violenza, le donne sono
il numero maggiore delle vittime. Ma quando ti senti impotente, la cosa
migliore che puoi fare e' aiutare qualcun altro, perche' ognuno ha bisogno
di qualcun altro da amare, di qualcosa da fare e di qualcosa in cui sperare.
Se pensi di non aver niente da offrire, o se ti sembra che non abbia senso
essere parte della comunita' umana, stai pur certa/o che la violenza
accadra'. Un'ingiustizia, ovunque si dia, e' una minaccia alla giustizia
ovunque.
Se sei una donna e tenti di mettere in questione il dominio, non appena alzi
la testa qualcuno tentera' di buttartela giu': ma questo e' il segno che hai
fatto qualcosa di giusto, che il dominio teme il cambiamento che tu stai
operando. Capita di continuo anche a me, ovviamente, ma la forza che mi
danno le mie sorelle e' enorme. La societa' offre alle donne, come agli
uomini, due ruoli, l'aggressore e la vittima. Entrambi possono essere usati
efficacemente per sollecitare risposte, tuttavia il vero potere viene quando
trovi il punto diverso che sta fra i due. A questo punto sei in grado di
spiegare un problema, e di mettere insieme la gente per trovare una
soluzione. Non dico di riuscirci sempre, ma posso dirvi che sempre me ne
pento quando non ci riesco.

9. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO

Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo
particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il
sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili
informazioni e proposte.

10. MATERIALI. ALDO CAPITINI: IL MANUALE DI CHARLES C. WALKER SULL'AZIONE
DIRETTA NONVIOLENTA
[Riproponiamo ancora una volta il testo del capitolo dodicesimo, Il Manuale
di Charles C. Walker (1961), del libro di Aldo Capitini, Le tecniche della
nonviolenza, Libreria Feltrinelli, 1967 (poi ristampato da Linea d'ombra,
Milano 1989; e successivamente ripreso anche in Aldo Capitini, Scritti sulla
nonviolenza, Protagon, Perugia 1992). L'opuscolo di Walker, Manuale per
l'azione diretta nonviolenta, arricchito da ulteriori materiali, e' stato
successivamente pubblicato dalle Edizioni del Movimento Nonviolento nei
"Quaderni di azione nonviolenta", cui puo' essere richiesto; e' un materiale
di lavoro utilissimo (per richieste: tel. 0458009803, e-mail:
azionenonviolenta at sis.it); il solo testo dell'opuscolo di Walker abbiamo
anche piu' volte riprodotto sul nostro quotidiano elettronico, da ultimo ne
"La domenica della nonviolenza" n. 187]

Nel 1961 e' uscito il Manuale dell'organizzatore dell'azione diretta
nonviolenta, redatto da Charles C. Walker, direttore del Laboratorio della
nonviolenza (Cheney, Pa, USA). Jean Frémont lo ha tradotto in francese.
L'opuscolo e' edito dalla War Resisters' International, 88 Park Avenue,
Enfield, Middlesex, Inghilterra. E' un ampio e organico lavoro, e il
confronto con il Piano De Ligt mostra quanto l'esperienza dell'azione
nonviolenta si sia accresciuta negli anni, specialmente per le grandi
campagne gandhiane e per quelle degli Stati Uniti d'America e di altrove.
Del resto, il manuale integra spesso i suoi suggerimenti con indicazioni
bibliografiche. Metteremo in luce la struttura del lavoro, e i punti piu'
rilevanti e utilizzabili.
Il Manuale e' diviso in quindici sezioni.
*
1. Preparazione
Bisogna scegliere e presentare chiaramente gli scopi da raggiungere, dando
rilievo ad una situazione ingiusta e cercando di ottenere l'appoggio del
pubblico. La volonta' di resistenza viene sviluppata diffondendo
continuamente notizie, commentandole e facendo appello all'azione immediata,
indicando alle vittime anche una situazione migliore. Inoltre: assicurarsi
il nome e l'indirizzo di persone che possono cooperare, e consultare gruppi
e associazioni che possono simpatizzare.
Gia' in questa prima sezione si trovano i suggerimenti sempre dati per le
azioni nonviolente: cercare le piu' larghe solidarieta', diffondere
apertamente notizie sulla situazione e sulle prospettive di mutamento. Se ne
deduce: prima di un'azione impiantare un bollettino apposito da diffondere
largamente.
*
2. Lancio di un programma costruttivo
Il programma deve colpire un male alla radice, venire in aiuto alle vittime,
stimolare gli atteggiamenti nonviolenti. Reagire, quindi, attivamente
all'apatia, con pieno altruismo e ispirando fiducia. L'azione puo' essere
preparata da un lavoro costruttivo come campi di lavoro, cooperative,
assistenza alle vittime di ingiustizie, lavoro caritatevole, lavoro in
comunita'. Utile anche un lavoro fisico dopo un'estrema tensione nervosa.
*
3. Apprendimento del metodo
Anzitutto una ricerca sui fatti, sulle forze sociali, politiche, economiche,
implicate nella situazione (come abbiamo gia' visto), sull'atteggiamento dei
vari gruppi.
Impostare la possibilita' di negoziati (uno stadio molto importante prima di
ogni azione nonviolenta).
Appello vastissimo all'opinione pubblica, con tutti i mezzi possibili.
Giorni di digiuno e (oppure) di preghiera, rinuncia a distinzioni onorifiche
date dagli autori dell'ingiustizia; dirsi disposti ad una concessione
importante, purche' non leda il principio.
Presentare un "ultimatum" che espone le lagnanze, i tentativi fatti per
rimediare, le concessioni proposte, e fissare una data limite. Informare
tutti gli implicati nella cosa.
Infine, dopo aver tutto tentato, intraprendere l'azione diretta, senza
rompere definitivamente la possibilita' di riprendere i negoziati.
L'azione diretta ha questi aspetti:
- Veglia in un luogo simbolico;
- Picchetti di militanti;
- Digiuno o sciopero della fame;
- Noncooperazione;
- Boicottaggio;
- Arresto del lavoro per un certo periodo;
- Sciopero;
- Sciopero a rovescio (lavorando dove e quando non permesso);
- Intervento p. es. in un luogo proibito;
- Disobbedienza civile;
- Migrazione;
- Manifestazioni: riunioni, sfilate, proteste.
*
4. L'addestramento
Studiare la teoria e la messa in pratica della nonviolenza, le campagne
nonviolente; organizzare un laboratorio della nonviolenza, proiettare film,
fare riunioni e discussioni pubbliche e anche "scene drammatiche" di
realizzazione di iniziative nonviolente; meditare, cantare in coro,
raccontare fatti eroici, prendere pasti in comune, formare bene gli
individui per i compiti che saranno a loro affidati; distinguere tra
l'addestramento generale e quello per determinate azioni.
*
5. Il piano di campagna dell'azione diretta nonviolenta
L'organizzazione realizzatrice deve avere delle infrastrutture con un
comitato d'insieme e un comitato amministrativo, un direttore del progetto e
comitati speciali (per la pubblicita', per i mezzi di trasporto, per
stampare, per l'alloggio, il cibo ecc.), e deve fare un bilancio
preliminare.
Mettere a punto il piano di esecuzione (utilizzando anche un consiglio
giuridico).
*
6. La preparazione dell'azione
Scegliere un quartiere generale delle operazioni, esponendo materiale
pubblicitario, inaugurandolo con una conferenza stampa. Lettere e visite ai
funzionari interessati; avvisi ai giornali. Raccogliere fondi. Fare riunioni
pubbliche. Tener pronto materiale indispensabile: macchina da scrivere,
anche per fare molte copie, letti e sacchi per dormire, materiale per
affissioni, automobili ecc. (e vedere quali servizi di trasporto sono nella
zona). Stabilire un indirizzo postale. Sviluppare i mezzi di comunicazione:
telefono, altoparlanti, bollettini giornalieri. Preparare istruzioni
appropriate per i capi di gruppi, fare l'elenco dei partecipanti, preparare
manifesti e volantini (da apprestare molto per tempo).
*
7. Studio preliminare della situazione dal punto di vista legale
Conoscere le disposizioni legali del luogo e cercar di avere assistenza
legale.
*
8. Messa a punto di una disciplina collettiva
Il comitato d'azione deve concretare i termini di questa disciplina.
*
9. Sviluppo di una campagna di propaganda
Esporre con grande chiarezza. Fare un "memorandum" generale, e brevi
biografie dei capi e dei partecipanti importanti, frequenti comunicati alla
stampa e alla radio, registrare sul nastro magnetico importanti discorsi,
visitare (o scrivere a) persone influenti della stampa, raccogliere ritagli
di giornali.
*
10. La riunione dei partecipanti all'azione
Farne l'elenco; tenere una riunione degli aderenti, esponendo il piano
dell'azione e discutendolo; scegliere un presidente adatto per le riunioni
(alcune questioni possono esser trattate non dalle riunioni generali, ma dai
comitati).
*
11. L'avvio dell'azione
Scegliere il gruppo che comincera' l'azione; e formare anche il secondo
gruppo d'urto. Recarsi sul luogo (sfilare o star seduti, sempre a testa alta
e tranquillamente). Esser pronti a rispondere ai giornalisti, alle guardie.
Seguire le istruzioni dei capi e non lasciare il proprio posto senza averli
avvisati. Distribuire i fogli (non disturbare mai il passaggio dei pedoni),
e se piove, tenere i fogli in un sacco di materia plastica. Conservare, in
quanto possibile, un silenzio assoluto.
*
12. Fronteggiare le rappresaglie
L'avversario puo' provocare a condursi in modo agitato, a farsi prendere dal
disordine, a lanciare insulti, a fare recriminazioni di un capo verso
l'altro, a far sorgere defezioni nelle file dei nonviolenti, a reagire con
la violenza. Percio' bisogna restare calmi e affabili, stare al proprio
posto disciplinati. Se ci sono urti, il capo fa allontanare i feriti.
In caso di arresto, non opporre resistenza, e accettare i regolamenti della
prigione in cio' che non siano contro la propria coscienza.
Le rappresaglie possono essere molto gravi (colpi, tortura, presa di
ostaggi, linciaggio, cacciata dal posto, proibizioni di assemblee ecc.), e
in tale caso insistere presso i responsabili della societa' perche' agiscano
e reprimano la violenza, chiedere un'inchiesta, aiutare le vittime (le
sofferenze redentrici possono liberare dal veleno della violenza
accumulatosi da tanto tempo).
*
13. Mantenere la vitalita' del movimento
Valersi di nuovi simboli (azioni eroiche, gli eroi di esse, le vittime delle
rappresaglie, gl'imprigionati, anniversari, saluti, vesti, insegne, ecc.).
Sforzi costanti di persuasione anche presso gli avversari, tenere al
corrente gli aderenti.
Incoraggiare e organizzare azioni di sostegno (dichiarazioni di personalita'
eminenti, di gruppi di simpatizzanti ecc.).
Trattare i dissidenti in modo paziente e leale; educare e allenare gli
aderenti, formare nuovi capi, incoraggiare il lavoro teorico e pratico; far
agire il maggior numero di volontari che sia possibile.
*
14. I capi
Sono dei primi tra eguali, sono dei coordinatori, abituati a lavorare in
gruppo.
*
15. Quando la lotta si fa lunga
Secondo Gandhi una campagna nonviolenta provoca cinque reazioni:
l'indifferenza, il ridicolo, l'insulto, la repressione, il rispetto. Per
arrivare al quinto punto talvolta ci vuole molto tempo.
Non si deve tendere alla "sconfitta" dell'avversario, ma ad una
trasformazione dei rapporti tra le parti interessate (una vittoria della
giustizia e dell'onesta' umana).

11. MATERIALI. ALDO CAPITINI: PRINCIPI DELL'ADDESTRAMENTO ALLA NONVIOLENZA
[Riproduciamo ancora una volta il testo del capitolo ottavo, Principi
dell'addestramento alla nonviolenza, del libro di Aldo Capitini, Le tecniche
della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano s. d. (ma 1967).
Successivamente il libro e' stato ristampato nel 1989 da Linea d'ombra
edizioni, Milano (con minimi tagli nella nota bibliografica). E' stato poi
integralmente incluso in Aldo Capitini, Scritti sulla nonviolenza, Protagon,
Perugia 1992 (alle pp. 253-347)]

Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta
all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e'
necessaria questa parte sono queste:
a) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un
individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale;
b) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i
modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra;
c) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un
addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante;
d) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici; bisogna gia
sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso
improvvisamente con tutto il loro peso;
e) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora
una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in
minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia.
I maestri di nonviolenza si sono trovati davanti al problema
dell'addestramento, sia per riprodurre nel combattente nonviolento le
qualita' fondamentali del "soldato", sia per trarre dal principio della
nonviolenza cio' che essa ha di specifico. Si sa che le qualita' del
guerriero sono formate e addestrate fin dai tempi della preistoria e si
ritrovano perfino al livello della vita animale. Le qualita' del nonviolento
hanno avuto una formazione piu' incerta, meno consistente ed energica, per
la stessa ragione che la strategia della pace e' meno sviluppata della
strategia della guerra. Ma, prima che Gandhi occupasse il campo della
nonviolenza con il suo insegnamento, il piu' preciso e articolato che mai
fosse avvenuto, indubbiamente ci sono stati addestramenti alla nonviolenza,
contrapposti a quelli violenti; esempi di monaci buddisti, i primi
cristiani, i francescani, che hanno lasciato indicazioni preziose in questo
campo, che qui non e' possibile elencare. Ma basti pensare all'armonia della
posizione di Gesu' Cristo espressa in quella raccolta di passi che e' detta
"il discorso della montagna", dove e' il suscitamento di energia per
resistere, per incassare i colpi, ricordando il "servo di Dio" come era
stato espresso da Isaia (cap. LIII): "Maltrattato, tutto sopportava
umilmente"; l'enunciazione del rapporto con le cose, del valore della
prassi, ma anche l'elemento contemplativo, come un mondo migliore gia' dato
in vista all'immaginazione nelle beatitudini, messe giustamente in principio
perche' sono l'elemento piu' efficace nell'addestramento, anche piu' della
preghiera.
Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio, il fondatore della Compagnia dei
Gesuiti, sono un testo famoso di addestramento spirituale, e il loro esame
puo' essere utile per vedere il carattere di quell'addestramento incentrato
sulla persona di Gesu' Cristo, sull'istituzione della Chiesa romana,
sull'obbedienza assoluta come se si fosse cadaveri: tali caratteri vanno
posti insieme con quelli dell'addestramento militare, che e' chiuso
nell'immedesimazione con un Capo o Sovrano, nella difesa di un'istituzione
che e' lo Stato, nell'obbedienza che e' rinuncia a scelte e ad iniziative;
"chiuso", perche' il metodo nonviolento non discende da un Capo, ma e'
aperto a immedesimarsi con tutte le persone, a cominciare dalle circostanti:
non fa differenza tra compagni e non compagni, perche' e' aperto anche agli
avversari che considera uniti nella comune realta' di tutti; ne' puo' fare
dell'obbedienza un principio di assoluto rilievo, perche' l'addestramento
nonviolento tende a formare abitudini di consenso e di cooperazione,
riducendo l'obbedienza a periodi non lunghi per i quali essa venga
concordata, per condurre un'azione particolare.
I piu' grandi valori spirituali escono da una concezione aperta, non chiusa;
essi sono per tutti, non per un numero chiuso di persone. Cosi e' per es. la
musica; essa parla come da un centro, ma il suo raggio e' infinito, oltre il
cerchio di coloro che in quel momento sono presenti: ci sono altri che
l'ascoltano per radio e altri, infinitamente, che potranno ascoltarla. Cosi'
e' l'azione nonviolenta: essa e' compiuta da un centro, che puo' essere di
una persona o di un gruppo di persone; ma essa e' presentata e offerta
affettuosamente al servizio di tutti: essa e' un contributo e un'aggiunta
alla vita di tutti. Questo animo e' fondamentale nell'addestramento alla
nonviolenza: sentirsi centro rende modesti e pazienti, toglie la febbre di
voler vedere subito i risultati, toglie la sfiducia che l'azione non
significhi nulla. Anche se non si vede tutto, l'azione nonviolenta e' come
un sasso che cade nell'acqua e causa onde che vanno lontano. Questo animo di
operare da un centro genera a poco a poco il sentimento della realta' di
tutti., dell'unita' che c'e' tra tutti gli esseri, un sentimento molto
importante per la nonviolenza, che e' incremento continuo del rapporto con
tutti.
*
Elementi storici, ideologici, psicologici dell'addestramento
Entriamo ora nell'esame dei vari elementi che compongono l'addestramento.  E
vediamo come primi due elementi storici, uno particolare ed uno generale:
a) nella situazione storica in cui si vive bisogna accertare cio' contro cui
si deve lottare nonviolentemente: un'oppressione, uno sfruttamento,
un'ingiustizia, un'invasione ecc.; questo accertamento e' uno stimolo per
raccogliere le energie e per indurre ad un attento esame della concreta
situazione;
b) l'elemento storico generale e' la persuasione del posto che oggi ha la
nonviolenza nella storia dell'umanita': se si tiene presente il quadro
generale attuale si vede che ai grandi Stati-Imperi politico-militari che si
stanno formando, bisogna contrapporre, come al tempo dei primi cristiani, un
agire assolutamente diverso, una valutazione dell'individuo, una fede che
congiunge persone diverse e lontane. Sentire che questo e' il momento per
l'apparizione e il collegamento del mondo nonviolento fa capire che oggi non
valgono piu' le vecchie ideologie che assolutizzavano la patria: oggi la
patria suprema e' la realta' di tutti, da cui viene il rifiuto di
divinizzare gli Stati e i loro Capi, di bruciare il granello d'incenso in
loro onore.
Anche gli elementi ideologici sono essenziali nell'addestramento:
a) lo studio delle teorie della nonviolenza, la lettura dei grandi episodi e
delle grandi campagne, l'escogitazione di casi in cui uno potrebbe trovarsi
per risolverli con la nonviolenza; l'informazione su cio' che e' stato
finora fatto con il metodo nonviolento e le frequenti discussioni con gruppi
nonviolenti e anche con estranei alla nonviolenza, per ricevere obbiezioni,
critiche, disprezzo o ridicolo;
b) il mutamento della considerazione abituale della vita come
amministrazione tranquilla del benessere: il sapere bene che in questa
societa' sbagliata i nonviolenti sono in un contrasto, che la loro vita
sara' scomoda, che e' normale per loro ricevere colpi, essere trattati male,
veder distrutti oggetti propri.
Da questi due elementi ideologici conseguono due tipi di esercizi:
1. il primo e' la meditazione (che puo' essere fatta dalla persona singola o
dal gruppo nonviolento in circolo silenzioso) di qualche evento culminante
delle passate affermazioni della nonviolenza.  Esempi: Gesu' Cristo al
momento dell'arresto, quando riaffermo' chiaramente la sua differenza dal
metodo della rivolta armata; la marcia del sale effettuata da Gandhi; la
visita di San Francesco al Sultano per superare le crociate sanguinose;
l'angoscia dell'aviatore di Hiroshima;
2. il secondo e' la scuola di nonviolenza istituita appositamente (come
hanno fatto i negri d'America) per abituarsi a ricevere odio, offese,
ingiurie, colpi (esempi: parolacce, percosse, oggetti lanciati; essere
arrestato, legato).
Vediamo ora alcuni elementi psicologici:
a) il nonviolento e' convinto che la cosa principale non e' vincere gli
altri, ma comportarsi secondo nonviolenza; nelle dispute il nonviolento non
vuota tutto il sacco delle critiche, delle accuse, degli argomenti a proprio
vantaggio, e lascia sempre qualche cosa di non detto, come un silenzioso
regalo all'avversario; naturalmente evita le ingiurie, quelle che si
imprimono per sempre come fuoco nell'animo dell'avversario, e che pare
aspettassero il momento adatto per esser dette. Il nonviolento pensa che
l'avversario e' un compagno di viaggio; e puo' avere fermezza e chiarezza,
senza amareggiarlo;
b) il nonviolento e' convinto che non e' la fretta a vincere, ma la tenacia,
l'ostinazione lunga, come la goccia che scava la pietra, come la cultura che
cresce a poco a poco, come il corallo (il paragone e' del Gregg) si forma
lentamente ed e' durissimo. La pressione nonviolenta e' lenta e
instancabile: e' difficile che se e' cosi, non riesca. Perde chi cede, chi
si stanca, chi ha paura;
c) il persuaso della nonviolenza, formandosi, viene collocando la
nonviolenza al contro delle passioni, degli altri affetti, dei sentimenti;
cioe' non e' necessario che egli faccia il vuoto nel mondo dei suoi
sentimenti, perche' il vuoto potrebbe inaridire la stessa nonviolenza; ma
egli stabilisce, con un lungo esercizio di scelte e di freni, la prospettiva
che mette al centro lo sviluppo della nonviolenza, e tutto il resto ai lati;
d) l'interno ordine psicologico puo' essere aiutato dalla persuasione che la
nonviolenza conta su una forza diversa da quella dei meccanismi naturali (la
scienza non dice di aver esaurito l'elenco delle forze che agiscono sulla
realta'): questa forza diversa puo' essere chiamata lo Spirito, puo' essere
personificata in Dio, e la preghiera e' uno dei modi per stabilire e
rafforzare il proprio ordine interno;
e) un altro elemento di forza interiore e' quello conseguito con decisione
come voti, rinunce, digiuni: sono eventi importanti che influiscono sulla
psiche, le danno il senso di una tensione elevata, la preparano a situazioni
di impegno.
Da questi elementi psicologici conseguono importanti modi di comportamento:
1. la costante gentilezza e pronta lealta' verso tutti; la gentilezza e'
un'espressione della vita nonviolenta, come una volta l'eremitismo era una
posizione della vita religiosa; gentilezza vuol dire anche tono generalmente
calmo e chiaro della voce;
2. la cura della pulizia personale, degli abiti, delle cose circostanti;
essa suscita rispetto verso se stessi e rispetto negli altri verso il
nonviolento, mentre e' facile destare violenza contro chi e' sporco, puzza,
non si lava ed e' trascurato nel vestito e nelle sue cose;
3. un buon umore e spesso lo humor (dice giustamente il Gregg che
corrisponde alla "umilta'" raccomandata un tempo). Insomma il nonviolento
lascia ridere gli altri su di se', e si associa spesso a loro;
4. l'attenzione a mantenersi in buona salute e capaci di resistere agli
sforzi, mediante la sobrieta', regole igieniche, cure, e' utile al
nonviolento per possedere una riserva di energia per affrontare prove
straordinarie.
*
Gli elementi sociali
Gli elementi sociali hanno importanza preminente nell'addestramento.
Vediamone alcuni:
a) Una prova di apertura sociale e' la nonmenzogna. E' noto quanta
importanza abbia la veracita' nei voti gandhiani, nei voti francescani.  San
Francesco una volta accetto' che fosse messo un pezzo di pelliccia
all'interno della tonaca dove questa urtava sulla sua piaga, purche' un
identico pezzo di pelliccia fosse messo all'esterno, nella parte
corrispondente. La nonmenzogna rende gli altri potenzialmente presenti alla
propria vita, stabilisce che cio' che uno pensa, e' potenzialmente di tutti.
b) Un addestramento di alta qualita' sociale e' l'unirsi con altri per
costituire assemblee periodiche per la discussione dei problemi locali e
generali, per esercitare il controllo dal basso su tutte le amministrazioni
pubbliche. I nonviolenti sono i primi animatori di questa attivita' aperta
che comprende tutti, e fa bene a tutti, e che si realizza con la regola del
dialogo di "ascoltare e parlare".
c) Un'attivita' particolare esercitano i nonviolenti per diffondere tra
tutti la lotta contro la guerra, la sua preparazione e la sua esecuzione.
d) I nonviolenti impiantano un'attivita' continua di aiuto sociale nel mondo
circostante, sia associandosi nei Pronti Soccorsi, sia realizzando
iniziative di visite ai carcerati, di aiuto agli ex-carcerati, di visitare
malati, di educazione e ricreazione dei fanciulli, di educazione degli
adulti, di cura dei vecchi, di aiuto alla salute pubblica, di amicizia con i
miseri. I nonviolenti fanno le loro campagne nonviolente, movendo da una
normale attivita' di servizio sociale precedente alla campagna e tornando ad
essa, appena finita la campagna con successo o no: e' anche un modo per
ritemprare le forze, per non incassare inerti una sconfitta.
e) Il Gregg ha molto insistito, anche in un saggio speciale, sull'importanza
del lavoro manuale nell'addestramento alla nonviolenza perche' crea un senso
di fratellanza nel fare qualche cosa con gli altri ben visibilmente, e
abitua alla disciplina, a sottomettersi pazientemente ad uno scopo.
f) Un altro elemento sociale e' il cantare insieme, fare balli popolari,
passeggiate ed esecuzioni e sport collettivi, mangiare insieme.
g) Qualcuno suggerisce anche di sostituire a quello che e' l'orgoglio dei
soldati per le glorie del loro "reggimento", l'affermazione di cio' che il
gruppo nonviolento ha fatto. Ma fondamentale e' far comprendere che le
azioni nonviolente sono per tutti, e, non soltanto per il centro che le
promuove.
h) Affiancata all'addestramento nella nonviolenza, e' la conoscenza di
leggi, per il caso dell'urto con la polizia o lo Stato, con arresti,
processi, prigionia.
L'addestramento e' necessario per dare una solida preparazione alle
situazioni. I nonviolenti debbono avere una serie di abitudini consolidate e
possedere una serie di previsioni di probabili conseguenze delle loro azioni
nonviolente. Il Gregg cita l'utilita' dell'imparare a nuotare come segno dei
passaggio al possesso di un'abitudine, della paura iniziale e dell'aiuto
venuto anche da altri nell'addestramento. Chi ha provato che cosa sia la
prigione per un notevole periodo, sa quanto sarebbe utile prepararsi a.
sdrammatizzare l'avvenimento nel proprio animo, visitando le prigioni,
aiutando gli ex-carcerati ecc. Anche la nonviolenza e' certamente
danneggiata dagli improvvisatori, da coloro che pretendono di creare tutto
sul momento; che sono quelli che si stancano prima. E la nonviolenza, se per
un quarto e' amorevolezza, e per un altro quarto e' conoscenza, per due
quarti e' coraggiosa pazienza.
E' stato detto giustamente che gli iniziatori del metodo scientifico non
potevano prevedere quali risultati esso avrebbe dato; e cosi' sara' del
metodo nonviolento.

12. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile
sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di
promozione sociale).
Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente
soldi gia' destinati allo Stato.
Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e'
facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il
numero di codice fiscale dell'associazione.
Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235.
Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille.
Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non
fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola
quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato,
la gratuita', le donazioni.
I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del
Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la
Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la
generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la
promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi
estivi, eccetera).
Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre
quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della
nonviolenza. Grazie.
Il Movimento Nonviolento
*
Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del
commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite
chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento.
Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261
(corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle
Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a
tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno.
*
Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito:
www.nonviolenti.org

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 801 del 25 aprile 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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