Minime. 737



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 737 del 20 febbraio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Al telefono. Una palinodia
2. Jose' Ramos Regidor: le norme disumane di un pensiero razzista
3. Gino Buratti: La paura e la politica
4. Sergio Dalmasso: Per esempio
5. Sepp Kusstatscher: "Pacchetto sicurezza". Populismo e finto attivismo
6. Anna Maffei: Una riflessione sulla sicurezza a partire dalla Bibbia
7. Lidia Maggi: I cristiani di fronte al decreto sicurezza
8. Carla Mariani: La lezione della Colombia
9. Roberto Musacchio: Disposizioni in contrasto con norme europee
10. Tiziana Plebani: Il peggio di noi
11. Raffaello Saffioti: Noi cittadini italiani, noi cittadini del mondo
12. Patrizia Toia: Il momento della ferocia
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. LE ULTIME COSE. AL TELEFONO. UNA PALINODIA

Sempre con questo muso lungo una quaresima
mi dicono gli amici di non poterne piu'.

Ma si', facciamoci due risate
davanti alla televisione.

Mentre i ragazzi sistemano i terroni
con un po' di benzina alla stazione.

Mentre le ronde dei casalesi
fanno un salto in tintoria.

Mentre ogni uomo che e' uomo fa sentire
alla sua donna i pugni quanto pesano.

Mentre il dottore pugnala il suo paziente
e il vigile tortura il senzatetto.

Mentre portiamo ai pecorai afgani
la civilta' squarciandogli le carni.

Mentre il governo ci offre altri spettacoli
migliori assai di quelli di Nerone.

Ma si', facciamocele due risate
davanti alla televisione.

Ora vi lascio, che bussano alla porta
con tanto impeto che quasi me la sfondano.
Arrivo, arrivo.

2. EDITORIALE. JOSE' RAMOS REGIDOR: LE NORME DISUMANE DI UN PENSIERO
RAZZISTA
[Ringraziamo Jose' Ramos Regidor (per contatti: pepe.regidor at tiscali.it) per
questo intervento]

Nel "pacchetto sicurezza" sono inserite alcune norme inaccettabili e
disumane: considerare reato la condizione di clandestinita', mentre e' solo
mancanza di documenti; ancora peggiore e' la possibilita' di denuncia da
parte dei medici della condizione di clandestinita' di quegli immigrati che
si rivolgono a loro, bisognosi di cure.
Trovo particolarmente odioso e ambiguo minimizzare la gravita' di queste
norme: infatti la destra sostiene che si tratta solo di una libera scelta,
quando in realta' si vuole che il medico come pubblico ufficiale sia
resposabile della mancata denuncia una volta che la clandestinita' sia
considerata reato.
Va sempre piu' aumentando un pensiero che nega l'accoglienza, profondamente
razzista e ovviamente antievangelico, che alza muri e discrimina sempre piu'
le persone.

3. UNA SOLA UMANITA'. GINO BURATTI: LA PAURA E LA POLITICA
[Ringraziamo Gino Buratti (per contatti: buragino at tin.it) per questo
intervento]

Entrare in contatto con le proprie paure, significa esplorarle ed elaborarle
per procedere in quel sentiero della conoscenza di se'.
Entrare in confidenza con la propria pancia, con il mondo e con il vissuto
delle emozioni e' sicuramente un processo di crescita e di consapevolezza,
cosi' difficile spesso per noi uomini, ma che e' realmente un'opportunita'
di crescita.
La politica puo' aiutare questi processi intimi, non entrandovi dentro, ma
pensando ad un ambiente, ad un territorio, ad un insieme di relazioni che li
renda possibili e praticabili: in questo senso la politica e' altro rispetto
alla pancia, ma non ne ignora l'esistenza.
Tutto questo assume ancora maggiore importanza quando quelle paure, intime e
profonde, si traducono in relazioni alterate con l'altro: allora si' che e'
necessario il dispiegarsi di un progetto alto di societa', nella quale si
articolano le diverse relazioni: quelle tra le persone, quelle tra le forze
sociali, quelle economiche, culturali, religiose, occupazionali...
A questo livello una politica alta deve essere in grado di dispiegare una
capacita' di interpretare queste paure e sgretolarle, disegnando un progetto
ed un orizzonte nel quale vengano costruiti sistemi di relazione piu' alti e
avanzati, nella direzione del rispetto dell'uomo, a prescindere del suo
sesso, passaporto, fede religiosa...
Il problema emerge, come ormai da troppi anni sta accadendo nel nostro
paese, quando la politica fa suoi i mal di pancia, e da politica che legge
la paura, diventa politica della paura, perche' solo in tale contesto trova
fonte di alimentazione di se stessa.
Una politica quindi che non ha nessun interesse ad elaborare le incertezze e
i sensi di insicurezza, perche' senza questi la sua stessa esistenza sarebbe
minata. Questa politica cosi' squallida e becera ha necessita' di aumentare
e dilatare la percezione di paura.
La storia e' costellata di esperienze di politiche della paura, e sempre
tutte finalizzate alla costituzione di un regime e di un sistema
autoritario, nel quale, di volta in volta, sia identificato un nemico, un
capro espiatorio verso il quale indirizzare la paura passiva delle persone
(leggi razziali, apartheid...).
Non elaborare la paura porta a chiudersi nel proprio castello fortificato,
sempre piu' omogeneo, convinti cosi' di evitare di essere travolti da tutto
quello che fuori precipita, incapaci di decodificare quanto accade intorno a
noi... ed ogni strumento (dall'economia, alla scuola e al sistema dei media)
deve essere orientato a non alimentare il senso critico.
In questo senso la politica della paura ha bisogno di passivita', di
accettazione del nemico verso il quale indirizzare rabbia e odio.
Hannah Arendt (ne Le origini del totalitarismo, La banalita' del male e in
altri scritti ancora) ha esplorato in maniera profonda questo mondo della
passivita', cogliendo come questo sia l'humus dentro il quale puo' radicarsi
sia un regime autoritario che quei sistemi che, in maniera "dolce", riducono
progressivamente gli spazi della democrazia reale ed efficace.
Che fare dinanzi a questo processo che da anni e' in atto nel nostro paese,
cosi' come in molti stati occidentali?
Occorrerebbe il coraggio di una politica altra, capace di non adattarsi alla
corrente, lasciandosi trascinare, ma costruire, lentamente, un sistema
culturale e di scelte di governo che indichino un percorso diverso, che ne
rendano manifesta la possibilita'.
Il coraggio di non inseguire il consenso, ma di costruire consenso su un
progetto e un orizzonte, del quale si comprenda la possibilita' di
realizzazione.
Il primo passo, tuttavia, e' quello di assumere la complessita' come
condizione che non puo' essere sfuggita con semplificazioni facili, proprio
perche' queste sono diventate lo strumento della politica della paura: per
costruire passivita' sono necessari messaggi semplici, che facciano parlare
la pancia senza esplorarla. Solo cogliendo la complessita' delle
contraddizioni sociali (dentro alle quali vivono anche i nostri timori e le
nostre insicurezze), posso fare in modo che l'agire politico e la
costruzione di processi di democrazia reale e vera dialoghino anche con la
paura e le emozioni, senza fare in modo che queste governino.
Solo la politica della complessita' e' in grado di arginare il degrado etico
e politico della politica della paura.
La politica della complessita' riconduce la pancia all'interno di una
poliedricita', in uno sforzo di far emergere le contraddizioni e le diverse
problematicita' e come queste si intersecano tra di loro, senza negarle, ma
anche senza ridurle a semplificazioni fuorvianti.
Una politica altra rispetto a quella che respiriamo quotidianamente, piu'
faticosa, forse piu' lenta, ma l'unica in grado di far crescere
consapevolezza e dilatare, non la paura, ma il sistema delle relazioni e dei
diritti.
Troppo spesso, anche tra le forze progressiste, si e' rinunciato ad
accogliere questa sfida, omologandoci, chi piu' chi meno, alle logiche della
politica della paura, con il risultato che si e' contribuito a far crescere
un sistema culturale dentro al quale non siamo piu' capaci di indignarci, di
decifrare le situazioni di degrado umano, di perdita o negazione dei
diritti, di riduzione degli spazi di agibilita' democratica... Qualcosa che
ha attraversato le nostre menti e i nostri cuori, e, grazie a cio', ora puo'
tradursi in norme e istituzioni.
Pensiamo al centro di Lampedusa: quello si chiama campo di concentramento e
se un italiano in un qualsiasi paese del terzo mondo fosse trattato cosi' ci
indigneremo, a prescindere della colpa commessa.
Eppure tolleriamo quel campo di concentramento e quelle condizioni, cosi'
come accettiamo che un barbone sia allontanato dai nostri centri storici per
evitare che la sua vista ci dia fastidio, o, come a Firenze, per evitare che
qualcuno ci inciampi.
Ma una politica altra puo' essere costruita proprio offrendo a quelle paure
e a quel senso di insicurezza (amplificato poi adesso dalla profonda crisi
economica che ci attanaglia) un percorso di uscita "altro" rispetto a quello
offerto dal pensiero dominante.
Per cui e' necessario partire proprio da quelle condizioni, senza slogan, ma
mettendo in atto un agire politico ed un percorso che segni realmente la
differenza e aiuti la costruzione di una cultura altra rispetto a quella
della semplice paura.
Se il messaggio che viene mandato (con i media ma anche nella formulazione
delle leggi) riduce lo stupro di una donna ad uno stupro semplicemente
"etnico" vengono messe in atto due mistificazioni profonde: spostare
l'attenzione sullo straniero e sull'etnia a cui esso appartiene, e occultare
l'esercizio del dominio di genere del maschio sulla donna come causa della
violenza.
Il soggetto non e' piu' la vittima e la violenza compiuta, ma il fatto che
il violentatore sia straniero... e su questa mistificazione si alimenta la
paura dell'immigrato, dell'estraneo.
La rabbia non e' cresciuta perche' da anni (le violenze non sono aumentate
particolarmente) ogni due ore una donna viene violentata (per lo piu' da
italiani: e familiari, o amici), ma perche', in questi ultimi tre casi,
questo odioso reato e' stato compiuto da stranieri.
Questa e' mistificazione.
Stare dentro la complessita' significa non lasciarsi trascinare dal bisogno
della politica della paura di dilatare il nemico, ma significa, veramente,
cogliere tutta la dimensione del fatto e la sua poliedricita'... centrare
l'attenzione sul reato di violenza, su tutti i reati di violenza, non solo
su quelli commessi dagli stranieri. Adeguare le pene, curare quando cio' e'
necessario, ma intervenire sul reato di violenza e intervenire su quella
cultura di dominio dell'uomo che si infrange su una crescita di
consapevolezza della donna.
Ancor piu' grave e' poi proporre, dinanzi ad un qualsiasi reato compiuto da
un immigrato, una reazione che vada a colpire l'intera comunita' degli
stranieri... fino a mettere in atto gli sgomberi dei campi e delle
abitazioni... Certe ritorsioni, purtroppo attuali, ricordano molto gli anni
dolosi vissuti dall'Europa.
Se dinanzi alla percezione di paura e al senso di insicurezza che si respira
nelle nostre citta', la politica che vuole ampliare gli spazi di
partecipazione non e' capace di leggere e decodificare i gesti di
microcriminalita' e le azioni delittuose che vengono compiute, comprendendo
come molte di queste nascano dalla emarginazione, dalla devianza,
dall'abbandono dei territori, dal degrado di un territorio, sotto l'aspetto
economico, urbanistico, commerciale... verranno offerte solo soluzioni
legate all'ordine pubblico, al maggiore controllo del territorio da parte
delle forze dell'ordine (fino a teorizzare le ronde), verra' operata una
semplificazione del problema, contribuendo ad alimentare la passivita' delle
persone.
Una politica altra e' capace, coinvolgendo le persone in un processo di
analisi e di crescita, di porre davanti alla poliedricita' del problema e
delle modalita' per affrontarla: adottando, ad esempio, politiche sinergiche
che tengano insieme le azioni di ordine pubblico, gli interventi sociali a
prescindere dalla cittadinanza, azioni culturali, interventi di decoro
urbano, di animazione del territorio, di illuminazione, di crescita del
commercio... in un processo non calato dall'alto ma che veda le diverse
comunita' coinvolte, in modo da far si' che ciascuno si senta parte di quel
pezzo di territorio.
Se la mia politica dinanzi alla "paura" si limita a materializzarsi
semplicemente con ordinanze che introducono il divieto a chiedere
l'elemosina, punire i lavavetri... e' il segnale di non aver colto in quella
realta' la complessita' che esprime, e non e' un contributo all'insieme
delle persone ad elaborare una cultura della complessita'; e' un intervento
che semplifica il tutto e serve solo ad eliminare la vista del problema, non
la sofferenza degli ultimi, dai quali, secondo me, nessuna politica altra
puo' prescindere.
Le azioni contro l'abusivismo commerciale, ad esempio, generalmente non sono
finalizzate a prevenire quel tipo di reato, ma sono semplicemente uno
strumento di azione poliziesca contro l'immigrato, un'azione per togliere a
noi un "fastidio"... perche' diversamente sarebbero altri gli oggetti
dell'intervento (come quando nell'azione contro lo spaccio di droga non si
interviene solo sul piccolo spacciatore, ma si cerca il grosso fornitore).
Questi piccoli esempi, ma tanti altri potrebbero essere fatti, chiedono alla
politica di non negare il disagio o la problematicita', ma di operare
dinanzi a quelle situazioni intervenendo da tutti i punti di vista,
cogliendo la poliedricita' ed offrendo soluzioni poliedriche: soluzioni
"altre" rispetto a quelle della paura.
Una politica capace di stare sulla realta' presente, avendo ben chiara la
storia passata e l'orizzonte nel quale camminare... solo cosi' forse
ricominceremo ad indignarci e a sognare.

4. UNA SOLA UMANITA'. SERGIO DALMASSO: PER ESEMPIO
[Ringraziamo Sergio Dalmasso (per contatti: oltresergio at lillinet.org) per
averci messo a disposizione questo intervento scritto per il notiziario del
Tavolo delle associazioni del Cuneese]

Tutti i media privati chiusi dal 2001, repressione di ogni forma di
opposizione politica, allontanamento o pesante limitazione delle
organizzazioni umanitarie. Il severissimo servizio militare ha durata
indefinita, e i renitenti alla leva non possono far altro che nascondersi e,
se possibile emigrare. Questa e' l'Eritrea, uno dei Paesi dal quale
provengono le persone che chiedono asilo in Italia.
Per loro e per molti altri, i provvedimenti voluti dalla maggioranza
parlamentare, come denunciato da Amnesty International, renderanno ancora
piu' difficile l'esercizio dei loro diritti.
*
Sorte diversa e' toccata ai cittadini colombiani che fra il 2000 e il 2007
sono entrati in Ecuador fuggendo dagli orrori causati dal conflitto interno.
Grazie a un accordo firmato fra il governo ecuadoriano e l'alto commissario
Onu per i diritti umani Martha Juarez, almeno 50.000 persone riceveranno lo
status di rifugiati.
Il provvedimento riguarda i civili che trovatisi in una situazione di
assoluto abbandono adesso necessitano di protezione e di un aiuto per il
reinserimento sociale in un nuovo Paese. Il costo dell'operazione di
riconoscimento dello status costera' quasi due milioni di dollari Usa. Poco
meno di un milione sara' finanziato dall'Onu, il restante
dall'amministrazione dello stato centroamericano.
Martha Juarez ha elogiato l'Ecuador, perche', nonostante il 40% degli
abitanti viva sotto la soglia di poverta', e' il primo Paese dell'America
Latina "in cui ai rifugiati, non solo si offre la possibilita' di ricevere
asilo, ma anche di beneficiare di una politica di integrazione".

5. UNA SOLA UMANITA': SEPP KUSSSTATSCHER: "PACCHETTO SICUREZZA". POPULISMO E
FINTO ATTIVISMO
[Ringraziamo Sepp Kusstatscher (per contatti:
sepp.kusstatscher at europarl.europa.eu) per questo intervento]

Il cosiddetto "pacchetto sicurezza" confezionato dal governo Berlusconi e'
la materializzazione di un finto attivismo e populismo spinto da singoli
casi che scuotono l'opinione pubblica. I media diventano sempre piu' i
propulsori ma anche le vittime di un'escalazione mediatica che inquina la
societa' e aiuta Berlusconi - fra l'altro potentissimo tycoon della
televisione e dell'editoria - a distogliere l'attenzione pubblica da
tematiche politicamente scottanti, autentici scandali di ogni sorta ed
importanti sfide da cogliere.
L'invito ai medici - qualcuno ipotizzava addirittura l'obbligo - di
denunciare i "clandestini" che hanno in cura mina direttamente i diritti
umani in quanto indurra' molti a non farsi curare per paura di essere
espulsi, rischiando la salute, e nel peggiore dei casi anche la vita. La
vita e l'incolumita' della persona sono diritti umani richiamati sia dalla
Costituzione Italiana che dall'Unione Europea e, in quanto tali, noi Verdi
crediamo che debbano prevalere sulle regole di permanenza sul territorio
italiano.
La schedatura delle persone senza fissa dimora, in quanto destinata a
riflettersi anzitutto sulle popolazioni di Sinti e Rom, e' anch'essa
nettamente da condannare, sia sotto il profilo della parita' di trattamento
sia sotto quello degli utilizzi che tale misura renderebbe ipotizzabili.
Anche l'istituzionalizzazione delle ronde di cittadini, purche' disarmati,
della cui collaborazione si potranno avvalere gli enti locali, ci pare una
misura inadatta a contrastare efficacemente gli atti di violenza, destinata
invece ad alimentare il clima di pubblica eccitazione e ad incentivare
quindi il rischio di una giustizia fai-da-te e di caccia all'untore.
Riteniamo che un apparato giudiziario dotato di maggiori risorse finanziarie
ed umane, in grado di produrre sentenze certe entro termini brevi,
affiancato da una "de-erotizzazione" del mondo mediatico possa costituire
una risposta molto piu' efficace rispetto ad un allarmismo ingigantito per
chiare finalita' repressive.

6. UNA SOLA UMANITA'. ANNA MAFFEI: UNA RIFLESSIONE SULLA SICUREZZA A PARTIRE
DALLA BIBBIA
[Ringraziamo Anna Maffei (per contatti: anna.maffei at ucebi.it) per questo
intervento]

Il bisogno di sicurezza e' posto al centro di tutto in questo nostro tempo.
E' un ritornello che ci stordisce e che risuona spaventando fin nel profondo
le coscienze anche dei/delle piu' giovani fra noi.
Siamo incerti su tutto, il lavoro specialmente - non c'e' sicurezza sul
lavoro e non c'e' sicurezza del lavoro. Siamo incerti sul futuro del
pianeta, siamo precari nei nostri affetti, non ci sentiamo sicuri a
camminare per strada nelle nostre periferie, il nostro futuro economico e'
incerto e incerto e' il futuro dei nostri risparmi, per chi ancora ce li ha.
In risposta a questo bisogno di sentirsi al sicuro si propongono a livello
governativo delle norme che vengono riassunte nell'espressione "pacchetto
sicurezza", ma in queste norme sono presentate soluzioni che non creano
sicurezza ma inimicizia, divisioni, diffidenze, conflitto sociale e quindi
maggiore insicurezza.
Vorrei proporre per una volta un approccio diverso a questo tema, che parta
dalla fede e dalla Bibbia.
C'e' un versetto biblico che risuona nella mia testa molto spesso, una frase
che ho cercato di insegnare al mio nipotino per il momento in cui va a
letto: "In pace mi corichero', in pace dormiro', perche' tu solo Signore mi
fai abitare al sicuro" (Salmo 4, 8). Questa e' la sicurezza di cui parla la
Bibbia: fiducia in Dio anche quando dormiamo, cioe' quando siamo
completamente senza difese. E' anche l'esperienza di Giacobbe fuggiasco da
un fratello che minacciava di ucciderlo quando, solo, con una pietra per
guanciale, dormiva e sognava di una presenza rassicurante. Al suo risveglio
esclamava: "Dio era in questo posto e io non lo sapevo!".
Fede e' fiducia in Dio che si fa presente e ci protegge in situazioni senza
luce.
La fiducia, e il tipo di sicurezza che ne deriva, non e' naturale, e'
rivelazione, va appresa vivendola. E va appresa proprio nell'incontro con
l'Altro per eccellenza, con lo Sconosciuto che imprevedibilmente ci
incontra.
In che modo puo' questa intuizione biblica venirci incontro mentre parliamo
delle nostre concrete insicurezze e delle nostre paure?
Il Dio biblico non ci incontra soltanto nella visione luminosa in una notte
buia ma ci incontra nell'altro, il fratello prima ostile. Dio aveva detto a
Giocobbe: "Io sono con te e ti proteggero' dovunque andrai". E poi dopo
molti anni Giacobbe dice al fratello Esau' che lo accoglie superando
inimicizia e desiderio di vendetta: "Io ho visto il tuo volto come uno vede
il volto di Dio".
Il volto s-conosciuto di Dio e' ri-conosciuto nel volto del nemico ritrovato
come fratello.
Non c'e' sicurezza e non c'e' futuro se ci si chiude a questo incontro.
Paradossalmente il "pacchetto sicurezza" contrabbanda come sicurezza
l'istituzionalizzazione della paura del diverso, rende piu' difficile
l'incontro fra italiani e stranieri, nega la fraternita' e l'uguaglianza di
diritti, sacralizza il concetto di nazionalita', mina alle radici la fiducia
reciproca indispensabile alla convivenza pacifica cercando di trasformare
perfino i medici da coloro che si prendono cura a possibili delatori di
identita' "clandestine".
Nessuna persona e' clandestina perche' la terra non e' proprieta' esclusiva
e definitiva di un popolo, di nessun popolo, la terra e' eredita' promessa
ai miti e i miti sono coloro che accolgono l'altro cosi' com'e', con il suo
bisogno di amore, di protezione, con la sua fame di vita e di dignita'.
Nell'ambito della Conferenza mondiale dei battisti per la pace che si e'
tenuta a Roma e si e' conclusa il 14 febbraio scorso abbiamo esplorato e
analizzato molti fra i cinquanta conflitti armati che infuriano oggi nel
mondo. Abbiamo anche considerato le scie di sangue che percorrono paesi che
si credono pacificati, abbiamo ascoltato testimonianze drammatiche di
persone provenienti da popoli umiliati da governi autoritari e corrotti,
abbiamo udito le grida soffocate dei popoli falcidiati dalla guerra per il
pane che manca, dalla pandemia dell'aids, dalla malaria, dal colera per
l'acqua inquinata.
Oh, se si riuscisse a vivere e a combattere per un'idea, un obiettivo di
sicurezza che abbracciasse tutti questi popoli, tutti i bambini, tutte le
donne, quelle violentate nelle nostre case e nelle nostre strade e quelle
stuprate ed esibite come trofei di guerra o come conquiste nei bordelli
delle terre esotiche visitate da ricchi turisti!
La sicurezza si costruisce con la giustizia e non con la pseudogiustizia
privata, nazionale ed armata. Ne' le ronde, ne' gli eserciti per le strade
ci faranno sentire piu' sicuri. Le mani intrecciate, le storie ascoltate, i
diritti riconosciuti, la presa in carico delle responsabilita' storiche che
portiamo tutti insieme, il ri-conoscerci nella fraternita' e
nell'uguaglianza qualunque sia la terra dove siamo nati, questo potrebbe
farci scoprire che Dio era proprio qui in mezzo al buio della nostra cecita'
e noi non ce ne eravamo accorti.

7. UNA SOLA UMANITA'. LIDIA MAGGI: I CRISTIANI DI FRONTE AL DECRETO
SICUREZZA
[Ringraziamo Lidia Maggi (per contatti: lidia.maggi at ucebi.it) per questo
intervento]

In questi giorni l'esecutivo italiano ha approvato un decreto sicurezza che,
a giudizio mio e di molti, risulta estremamente discriminatorio, frutto
avvelenato di un'ideologia che fa leva sulla paura e induce ad essere
cattivi nei confronti degli stranieri ritenuti tutti, senza distinzioni,
minaccia per la societa'.
Oltre alla denuncia della gravita' del provvedimento e alla manifestazione
della propria personale vergogna, penso sia urgente compiere dei gesti di
coscienza civile nei quali ogni singola persona si assuma la responsabilita'
di dire che "obbedire a questa legge non e' una virtu'". Molti medici lo
hanno gia' fatto in riferimento all'esortazione a denunciare i clandestini
che a loro si rivolgono. Come responsabile di una comunita' cristiana, mi
interrogo sulle possibili forme di manifestazione di un dissenso che non
nasce tanto da un'opzione politica divergente con l'attuale maggioranza, ma,
piu' profondamente, dall'ascolto della parola evangelica.
Al di la' delle dichiarazioni, vorrei provare ad offrire un contributo per
un dibattito al quale partecipino altri responsabili di chiese, di qualunque
confessione, a cui sta a cuore "abitare la terra e vivere di fede".
Per semplicita', propongo alcuni punti sintetici, titoli di argomenti su cui
aprire una discussione ed avanzare delle proposte.
1. Ritengo prioritario promuovere una riflessione all'interno della
comunita' cristiana su una lettura evangelica della situazione presente.
Perche' anche i credenti rischiano di far proprie le affermazioni rubate ai
talk show, invece di provare a giudicare il proprio tempo a partire
dall'evangelo.
2. Le chiese, lungo la loro storia plurisecolare, sono state luoghi di
asilo, spazi di tutela per coloro che venivano ingiustamente discriminati.
Come possano svolgere anche nel presente una tale funzione andra' discusso.
In ogni caso qui si gioca una precisa vocazione delle chiese che rispondono
ad un appello evangelico a tutelare i soggetti deboli, in balia di una
politica che persegue i propri fini anche contro le esigenze della
giustizia.
3. Le Scritture ebraico-cristiane ci insegnano che il pensare "secondo Dio"
mette in discussione il comune pensare "secondo gli uomini". Per questo la
Parola biblica prova ad "urtare" i propri interlocutori in molteplici modi.
Una strategia evidente nella predicazione profetica come anche nelle
parabole di Gesu': gesti e parole che vogliono provocare un salutare
"effetto d'urto". Anche noi dobbiamo osare azioni simboliche che annuncino
come si avvicina il Regno, ovvero il mondo come Dio lo vuole. Penso,
soprattutto, a gesti concreti di ospitalita'; all'intensificazione di scambi
di conoscenza.
4. abbracciare il lebbroso: colui che veniva escluso perche' "infettava" la
societa'. L'andarlo a cercare, l'abbracciarlo, il reinserirlo nel circuito
delle relazioni umane, e' segno eminente dell'evangelo.
5. C'e' un problema di informazione. I mass-media danno voce alle chiese
solo su alcuni argomenti. Se, pero', le chiese denunciano il discriminante
trattamento delle persone straniere, la notizia non buca lo schermo. Come
far udire una voce critica? Come farsi promotrici presso l'opinione pubblica
delle ragioni dei piu' deboli?
6. L'ecumenismo della carita'. In nome di quella logica di comunione
inclusiva, che ha fatto incontrare le chiese dopo secoli di inimicizia, e'
importante favorire interventi sociali a favore dei "clandestini" pensati e
gestiti in modo interconfessionale.
7. Non dimentichiamo, infine, che, in quanto credenti, siamo cittadini; e in
quanto cittadini abbiamo una responsabilita' civile. Ed anche una
responsabilita' penale nei confronti delle leggi dello stato. Il nostro
stato di diritto prevede la possibilita' di esprimere la propria obiezione
di coscienza nei confronti di leggi ritenute ingiuste. Ma questo non
significa che, nel presente, il proprio motivato dissenso possa essere
perseguito penalmente. Cosa siamo disposti a pagare in nome di una diversa
giustizia?
8. E ancora, in quanto cittadini, ci muoviamo in un agone pubblico che vede
all'opera precisi soggetti, portatori di diversi progetti politici. Ci
sentiamo particolarmente chiamati in causa perche' tali progetti non sono
avanzati unicamente in nome del consenso politico, ma in nome di valori
cristiani. Come responsabili di chiesa, non possiamo non denunciare
l'ipocrisia di chi si appella al cristianesimo per compiere azioni contrarie
al comandamento divino.
Ho solo provato a stendere un personalissimo ordine del giorno che preveda
sia la concretezza dei gesti di accoglienza sia l'impegno interno alle
chiese nella formazione e nell'educazione delle comunita'. Quest'ultimo, a
dispetto delle apparenze, mi sembra prioritario, dal momento che prende
piede una generazione di cristiani che, pur confessando l'amore universale
del proprio Dio, soprattutto nell'attuale situazione di crisi economica, in
cui prevale il panico, e si scatena la classica guerra fra poveri, fanno
affidamento alle vecchie botti incapaci di contenere il vino nuovo
dell'evangelo.

8. UNA SOLA UMANITA'. CARLA MARIANI: LA LEZIONE DELLA COLOMBIA
[Ringraziamo Carla Mariani (per contatti: carlamariani at comune.narni.tr.it)
per questo intervento]

Sicurezza, brutta parola.
Sara' perche' da circa dieci anni accompagno, insieme alla Rete italiana di
solidarieta' "Colombia Vive!", la costruzione dei processi di pace dal basso
delle Comunita' in resistenza civile nonviolenta in Colombia, sara' per
questo che ho iniziato ad aver paura della parola "sicurezza". La "politica
di sicurezza democratica" messa in atto dal 2002 dal presidente  colombiano
Alvaro Uribe Velez ha avuto conseguenze terribili soprattutto su quella
parte di popolazione civile che ha disegnato dinamiche di resistenza civile
alla guerra che da oltre cinquant'anni insanguina la Colombia e della quale
Alvaro Uribe nega con vigore l'esistenza, trasformandola in "lotta al
terrorismo" giustificando cosi' ogni sorta di violazione dei diritti umani.
Fra il 2002 ed il 2007 13.634 civili sono morti, vittime della violenza
politica, oltre 1.200 indios sono stati uccisi nel corso degli ultimi sei
anni, 4 milioni sono i desplazados, sfollati interni, della Colombia. Questo
il risultato della "politica di  sicurezza democratica". Prima si costruisce
il terrore, la paura di essere violati, uccisi, sfollati o espropriati, poi
si costruisce il nemico, che di solito risponde alla logica del "chi non sta
con me, e' contro di me", e dopo si vuole un attimo a promuovere e
legittimare certe "politiche di sicurezza".
Non la uso piu' questa parola, mi mette paura. Perche' ho imparato dalla
Colombia che e' una parola pericolosissima: il Governo dice che vuole
aumentare la sicurezza dei contadini, dando cosi' attuazione a quanto
dettato dalla Corte interamericana per i diritti umani e, sotto questo
mantello, prima li scheda e mette posti di blocchi per aumentare la loro
"sicurezza", e poi - quando ha i loro nomi e cognomi, sa dove vivono e cosa
fanno , li uccide (piu' precisamente: li fa uccidere), perche' dice che
collaborano con la guerriglia.
La Colombia ci insegna tante cose: i casi di "falso positivo" vanno in
questa direzione, e se continua cosi' ne avremo tanti anche in Italia, basta
sostituire il contadino a un extracomunitario, ma che dico: basta un rumeno
che extracomunitario non e'. Il Governo deve combattere, battere la
guerriglia delle Farc, e attraverso la "sicurezza democratica" che fa? mette
una divisa a un contadino, lo uccide, e lo fa passare come guerrigliero
ucciso in combattimento: cosi' raggiunge due scopi: aAumenta il numero dei
guerriglieri uccisi e taglia la testa ai movimenti sociali di opposizione,
"dimostrando" che in realta' nelle aree rurali i contadini organizzati in
comunita' di resistenza civile nonviolenta sono "guerriglieri".
In Colombia dal 1994 sono stati creati i "contadini soldato", civili che
avevano il compito di segnalare e denunciare, si e' poi legittimato che si
unissero in "cooperative", cosi' sono nati i primi  gruppi paramilitari.
Sara' perche' recentemente mi sono dedicata, come ricerca storica, al
periodo della resistenza a Narni (dall'8 settembre 1943 al 13 giugno 1944),
ed ho letto tanti documenti sulle ronde e la milizia fascista, sulla
delazione, la denuncia, il sollecitare i cittadini a far parte integrante
del sistema, attraverso appunto la segnalazione e la denuncia.
La politicizzazione del problema della sicurezza e' funzionale alla
costruzione del nemico. Ed e' a questo lavoro che la nostra classe di
governo sta dedicando la maggior parte del suo tempo: lo straniero come
nemico, ti toglie il tuo lavoro, viola le tue donne, ti porta via la tua
casa, i tuoi servizi e chissa' che altro.
Purtroppo ormai la maggior parte dei cittadini sono pronti: accettano
limitazioni di liberta', violazione della propria vita privata, perche' in
nome della "sicurezza" si puo' anche rinunciare a qualcosa; l'occhio del
Grande Fratello, in ogni via, in ogni luogo: guarda caso, qui a Narni,
proprio davanti agli uffici e ai servizi tenuti per legge alla tutela della
persona, come Ufficio di cittadinanza, Invalidi civili, Sportello
immigrazione, Unita' di alcologia della Asl, il Consultorio, e cosi' via.
Logicamente i piu' poveri, gli emarginati e gli immigrati, che io con
rispetto amo chiamare migrantes, sono considerati i piu' pericolosi, forse
e' per questo che  muoiono prima.
E' pericolosissimo questo pacchetto sicurezza, non dobbiamo cedere un
millimetro a questa classe di politici se non vogliamo ritrovarci, a colpi
di "politica di sicurezza democratica", in un periodo piu' scuro del
ventennio fascista.
Non mi piace il "pacchetto sicurezza". Mi sento in piena resistenza.

9. UNA SOLA UMANITA'. ROBERTO MUSACCHIO: DISPOSIZIONI IN CONTRASTO CON NORME
EUROPEE
[Ringraziamo Roberto Musacchio (per contatti:
roberto.musacchio at europarl.europa.eu) per questo intervento]

Piu' volte abbiamo sollevato il problema di disposizioni italiane in
contrasto con principi e norme europee. Torniamo a farlo sul pacchetto
sicurezza almeno su tre punti. Le indicazioni ai medici di "denunciare" i
"clandestini", contro ogni principio di diritto alla salute. La schedatura
dei clochard, discriminatoria e portatrice di stigma. Le ronde, fuori dalle
funzioni democratiche dell'ordine pubblico.

10. UNA SOLA UMANITA'. TIZIANA PLEBANI: IL PEGGIO DI NOI
[Ringraziamo Tiziana Plebani (per contatti: tiplebani at libero.it) per questo
intervento]

Questo governo e soprattutto il suo presidente da tempo va legittimando il
lato oscuro dell'umano, dando fiato a ogni pubblica esternazione di
sentimenti ed emozioni incontrollate e irragionevoli.
Ciascuno cosi' e' autorizzato a dire male degli stranieri, a ridicolizzare
le vittime, a non prendere sul serio gli altri, a esprimere senza alcun
pudore e mediazione un linguaggio xenofobo, sessista e impietoso. Oggi in
Italia ognuno puo' dire cose tremende, puo' insultare o ancor peggio
decidere di agire, dando corso alla violenza, perche' lo spazio pubblico e'
divenuto irrilevante e piu' precisamente lo sfogatoio dei lati oscuri, dei
retroterra razzisti e fascisti, ancora annidati negli animi.
Le misure di sicurezza premono l'acceleratore su questo processo di
ottenebramento delle coscienze, di deresponsabilizzazione delle parole e del
sentimento. Fanno leva direttamente sulla paura, senza alcun passaggio di
elaborazione, di riflessione; ci restituiscono un'immagine di citta' come
giungle, uomini come lupi, ci estirpano la convinzione e la speranza che
sappiamo vivere insieme con solidarieta', amicizia e amore.
Bisogna invertire rapidamente la rotta convincendosi che il peggio di noi e'
anch'esso un immaginario e come tale e' modificabile ed e' il lavoro della
cultura che puo' ridarci in mano il meglio di noi.

11. UNA SOLA UMANITA'. RAFFAELLO SAFFIOTI: NOI CITTADINI ITALIANI, NOI
CITTADINI DEL MONDO
[Ringraziamo Raffaello Saffioti (per contatti: rsaffi at libero.it) per questo
intervento]

Una domanda che mi accompagna ormai da molti anni.
Come si spiega il largo consenso degli italiani per il Governo Berlusconi,
sostenuto da una larga maggioranza di un Parlamento eletto democraticamente?
Il Disegno di legge sulla sicurezza approvato dal Senato va inserito nel
processo legislativo di questo Parlamento: non e' il primo atto e non sara'
l'ultimo, purtroppo, di un programma che stravolge la nostra Costituzione.
Allora io sposto l'attenzione dagli eletti agli elettori. Che popolo e'
questo che vota per il partito di Berlusconi?
La nonviolenza e' in cammino, ma il cammino della nonviolenza e' molto lungo
e dobbiamo saperlo. Alla base del mio impegno personale in una associazione
costituita per promuovere la cultura della nonviolenza sta la convinzione
che i cambiamenti non piovono dal cielo e che la cultura della nonviolenza
e' alternativa a quella oggi dominante. Siamo immersi in una profonda crisi
della politica e della democrazia e per uscirne c'e' bisogno di una nuova
cultura e di una nuova educazione.
Puo' servire qui il richiamo a cio' che abbiamo imparato da maestri della
nonviolenza. "Ormai si dovrebbe sapere: non cambia la vita del mondo finche'
la gente non si sveglia a conquistare nuovi rapporti, anche
economico-politici (personali, di gruppo, strutturali)" (Danilo Dolci). "Una
cosa e' tendere a sostituirsi al vecchio potere e altro e' creare nuovo
potere in ciascuno" (Danilo Dolci). "Il potere e' di tutti e ciascuno ha il
suo" (Aldo Capitini).
Per affrontare il dibattito sul "pacchetto sicurezza" ci soccorre la Carta
costituzionale e la Dichiarazione universale dei diritti umani.
Io sono cittadino italiano, ma mi sento anche cittadino del mondo.
Come non citare in questo dibattito don Lorenzo Milani? "Se voi avete il
diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io vi dico che,
nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo
in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dallialtro.
Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il
diritto (...) di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi
eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che
anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta
dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili
macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche
armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto".
Ma per me la citazione piu' bella rimane quella del Vangelo: "ho avuto fame
e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero
forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete
visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi".
Mentre si sta diffondendo il virus del razzismo e dell'intolleranza, serve
la mobilitazione delle coscienze e l'uso delle molteplici tecniche della
nonviolenza dei cittadini singoli e associati, per un movimento di
resistenza dal basso, con assunzione personale di responsabilita' che non
ammette delega.
Dalla forza di un movimento popolare di resistenza e protesta dipendera' il
percorso in Parlamento del disegno di legge sulla sicurezza approvato dal
Senato il 5 febbraio scorso.

12. UNA SOLA UMANITA': PATRIZIA TOIA: IL MOMENTO DELLA FEROCIA
[Ringraziamo Patrizia Toia (per contatti: patrizia.toia at europarl.europa.eu)
per averci messo a disposizione questa sua dichiarazione rilasciata alcuni
giorni fa]

E' giusto che l'indignazione si manifesti, che i medici protestino
ricordandosi la loro funzione e gli obblighi della loro professione cosi'
particolare, che la Chiesa e le associazioni cattoliche o laiche si facciano
sentire in merito all'emendamento proposto dalla Lega Nord in Senato al Ddl
sicurezza, che elimina il principio di non segnalazione dei clandestini da
parte degli operatori del Servizio sanitario nazionale - ma adesso dobbiamo
darci un obiettivo molto preciso: bocciare questa norma alla Camera.
Chiedo a tutti i cittadini, soprattutto gli elettori di centro-destra, di
raggiungere i loro rappresentanti, mandando e-mail e scrivendo lettere, per
invitarli a una riflessione di coscienza, di civilta' e anche di convenienza
per abolire quella norma. Occorre uno scatto di coscienza perche' si tratta
veramente di un problema di rispetto dei diritti delle persone e soprattutto
delle piu' deboli, cioe' i bambini e le donne. Le principali cure fornite
sono infatti quelle nell'ambito materno-infantile.
Occorre uno scatto di civilta' perche' in qualunque societa' e qualunque
cultura degna di questo nome le cure sanitarie vanno prestate: lo dice la
civilta' umana, prima che la civilta' giuridica, che lo ha sancito nella
Costituzione Italiana, nelle principali direttive europee e nella Carta dei
diritti dell'uomo.
Una riflessione sulla convenienza: non e' vero che c'e' contrasto tra la
prestazione delle cure e la sicurezza, in quanto piu' persone si curano,
meno malattie si propagano nella societa'. Quindi e' interesse della nostra
sicurezza sanitaria che chi e' malato si faccia curare. Ci rendiamo conto
che e' partita l'operazione "cattiveria", per usare le parole di un
ministro. A quando il momento della ferocia?

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 737 del 20 febbraio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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