Nonviolenza. Femminile plurale. 234



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 234 dell'11 febbraio 2009

In questo numero:
1. La Legge 9 gennaio 2006, n. 7, recante "Disposizioni concernenti la
prevenzione e il divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile"
2. Alcuni estratti da "Altri femminismi" a cura di Teresa Bertilotti,
Cristina Galasso, Alessandra Gissi, Francesca Lagorio
3. Giovanni Belardelli presenta "Per filo e per segno" a cura di Ginevra
Conti Odorisio e Fiorenza Taricone

1. DOCUMENTI. LA LEGGE 9 GENNAIO 2006, N. 7, RECANTE "DISPOSIZIONI
CONCERNENTI LA PREVENZIONE E IL DIVIETO DELLE PRATICHE DI MUTILAZIONE
GENITALE FEMMINILE"

Legge 9 gennaio 2006, n. 7, "Disposizioni concernenti la prevenzione e il
divieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile", pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 2006
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Art. 1. Finalita'
1. In attuazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione e di quanto
sancito dalla Dichiarazione e dal Programma di azione adottati a Pechino il
15 settembre 1995 nella quarta Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sulle
donne, la presente legge detta le misure necessarie per prevenire,
contrastare e reprimere le pratiche di mutilazione genitale femminile quali
violazioni dei diritti fondamentali all'integrita' della persona e alla
salute delle donne e delle bambine.
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Art. 2. Attivita' di promozione e coordinamento
1. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari
opportunita' promuove e sostiene, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di
bilancio, il coordinamento delle attivita' svolte dai Ministeri competenti
dirette alla prevenzione, all'assistenza alle vittime e all'eliminazione
delle pratiche di mutilazione genitale femminile.
2. Ai fini dello svolgimento delle attivita' di cui al comma 1, la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari
opportunita' acquisisce dati e informazioni, a livello nazionale e
internazionale, sull'attivita' svolta per la prevenzione e la repressione e
sulle strategie di contrasto programmate o realizzate da altri Stati.
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Art. 3. Campagne informative
1. Allo scopo di prevenire e contrastare le pratiche di cui all'articolo
583-bis del codice penale, il Ministro per le pari opportunita', d'intesa
con i Ministri della salute, dell'istruzione, dell'universita' e della
ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e
dell'interno e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, predispone appositi
programmi diretti a:
a) predisporre campagne informative rivolte agli immigrati dai Paesi in cui
sono effettuate le pratiche di cui all'articolo 583-bis del codice penale,
al momento della concessione del visto presso i consolati italiani e del
loro arrivo alle frontiere italiane, dirette a diffondere la conoscenza dei
diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle
bambine, e del divieto vigente in Italia delle pratiche di mutilazione
genitale femminile;
b) promuovere iniziative di sensibilizzazione, con la partecipazione delle
organizzazioni di volontariato, delle organizzazioni no profit, delle
strutture sanitarie, in particolare dei centri riconosciuti di eccellenza
dall'Organizzazione mondiale della sanita', e con le comunita' di immigrati
provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili
per sviluppare l'integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti
fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine;
c) organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in stato di
gravidanza, finalizzati ad una corretta preparazione al parto;
d) promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli insegnanti delle
scuole dell'obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza
nel campo della mediazione culturale, per aiutarli a prevenire le
mutilazioni genitali femminili, con il coinvolgimento dei genitori delle
bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza
dei diritti delle donne e delle bambine;
e) promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il
monitoraggio dei casi pregressi gia' noti e rilevati localmente.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa di 2
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.
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Art. 4. Formazione del personale sanitario
1. Il Ministro della salute, sentiti i Ministri dell'istruzione,
dell'universita' e della ricerca e per le pari opportunita' e la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di
Trento e di Bolzano, emana, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
della presente legge, linee guida destinate alle figure professionali
sanitarie nonche' ad altre figure professionali che operano con le comunita'
di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate le pratiche di cui
all'articolo 583-bis del codice penale per realizzare un'attivita' di
prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e delle bambine gia'
sottoposte a tali pratiche.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa di 2,5
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.
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Art. 5. Istituzione di un numero verde
1. E' istituito, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della
presente legge, presso il Ministero dell'interno, un numero verde
finalizzato a ricevere segnalazioni da parte di chiunque venga a conoscenza
della effettuazione, sul territorio italiano, delle pratiche di cui
all'articolo 583-bis del codice penale, nonche' a fornire informazioni sulle
organizzazioni di volontariato e sulle strutture sanitarie che operano
presso le comunita' di immigrati provenienti da Paesi dove sono effettuate
tali pratiche.
2. Per l'attuazione del presente articolo e' autorizzata la spesa di 0,5
milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005.
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Art. 6. Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili
1. Dopo l'articolo 583 del codice penale sono inseriti i seguenti:
"Art. 583-bis. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili). - Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una
mutilazione degli organi genitali femminili e' punito con la reclusione da
quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come
pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia,
l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti
dello stesso tipo.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare
le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da
quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella
mente, e' punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena e' diminuita
fino a due terzi se la lesione e' di lieve entita'.
La pena e' aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al
secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto e'
commesso per fini di lucro.
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresi' quando il fatto
e' commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in
Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in
Italia. In tal caso, il colpevole e' punito a richiesta del Ministro della
giustizia.
Art. 583-ter. - (Pena accessoria). - La condanna contro l'esercente una
professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall'articolo 583-bis
importa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione da tre a
dieci anni. Della sentenza di condanna e' data comunicazione all'Ordine dei
medici chirurghi e degli odontoiatri".
2. All'articolo 604 del codice penale, al primo periodo, le parole: "da
cittadino straniero" sono sostituite dalle seguenti: "dallo straniero" e, al
secondo periodo, le parole: "il cittadino straniero" sono sostituite dalle
seguenti: "lo straniero".
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Art. 7. Programmi di cooperazione internazionale
1. Nell'ambito dei programmi di cooperazione allo sviluppo condotti dal
Ministero degli affari esteri e in particolare nei programmi finalizzati
alla promozione dei diritti delle donne, in Paesi dove, anche in presenza di
norme nazionali di divieto, continuano ad essere praticate mutilazioni
genitali femminili, e comunque senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato,
sono previsti, in accordo con i Governi interessati, presso le popolazioni
locali, progetti di formazione e informazione diretti a scoraggiare tali
pratiche nonche' a creare centri antiviolenza che possano eventualmente dare
accoglienza alle giovani che intendano sottrarsi a tali pratiche ovvero alle
donne che intendano sottrarvi le proprie figlie o le proprie parenti in eta'
minore.
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Art. 8. Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231
1. Dopo l'articolo 25-quater del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231,
e' inserito il seguente:
"Art. 25-quater. 1. - (Pratiche di mutilazione degli organi genitali
femminili). - 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui
all'articolo 583-bis del codice penale si applicano all'ente, nella cui
struttura e' commesso il delitto, la sanzione pecuniaria da 300 a 700 quote
e le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata
non inferiore ad un anno. Nel caso in cui si tratti di un ente privato
accreditato e' altresi' revocato l'accreditamento.
2. Se l'ente o una sua unita' organizzativa viene stabilmente utilizzato
allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei
delitti indicati al comma 1, si applica la sanzione dell'interdizione
definitiva dall'esercizio dell'attivita' ai sensi dell'articolo 16, comma
3".
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Art. 9. Copertura finanziaria
1. Agli oneri derivanti dagli articoli 3, comma 2, 4, comma 2, e 5, comma 2,
pari a 5 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2005, si provvede
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del
bilancio triennale 2005-2007, nell'ambito dell'unita' previsionale di base
di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero
dell'economia e delle finanze per l'anno 2005, allo scopo parzialmente
utilizzando, quanto a euro 5.000.000 per l'anno 2005, a euro 769.000 per
l'anno 2006 e a euro 1.769.000 a decorrere dall'anno 2007, l'accantonamento
relativo al Ministero della salute, quanto a euro 4.231.000 per l'anno 2006,
l'accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri e quanto a euro
3.231.000 a decorrere dall'anno 2007, l'accantonamento relativo al Ministero
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca.
2. Il Ministro dellíeconomia e delle finanze e' autorizzato ad apportare,
con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

2. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "ALTRI FEMMINISMI" A CURA DI TERESA BERTILOTTI,
CRISTINA GALASSO, ALESSANDRA GISSI, FRANCESCA LAGORIO
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro a cura
di Teresa Bertilotti, Cristina Galasso, Alessandra Gissi, Francesca Lagorio,
Altri femminismi, Corpi culture lavoro, Manifestolibri, Roma 2006]

Indice del volume
Introduzione, di Teresa Bertilotti, Cristina Galasso, Alessandra Gissi,
Francesca Lagorio; Tramanti non per caso: divergenze e affinita' tra
lesbo-queer e terzo femminismo, di Liana Borghi; Trans, donne e femministe,
coscienze divergenti e/o sincroniche, di Porpora Marcasciano; Sguardi e
movimenti di donne sul lavoro che cambia, di Adriana Nannicini; Il lavoro
sessuale nell'economia della (ri)produzione globale, di Beatrice Busi; Le
migranti, le reti, la mobilita': sguardi dislocati di ricerca sociale, di
Francesca Decimo; Femminismo e Islamismo. Pratiche politiche e processi di
identificazione in epoca post-coloniale, di Ruba Salih; Identita' forzate,
di Elena Laurenzi; Le autrici; Bibliografia.
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Da pagina 7
Introduzione, di Teresa Bertilotti, Cristina Galasso, Alessandra Gissi,
Francesca Lagorio
Con l'organizzazione del convegno "Nuovi femminismi, nuove ricerche" la
Societa' italiana delle storiche tentava, nell'aprile 2005, di avviare "una
riflessione sul femminismo, sia sul piano storico che su quello
concettuale", ritenendo che fosse giunto "il momento di confrontarsi con un
tema certamente spinoso per le implicazioni teoriche e metodologiche che la
Societa' non poteva piu' eludere".
L'intenzione era, innanzitutto, di soddisfare due esigenze: promuovere una
riflessione sul femminismo "storico" in un'ottica che non fosse piu'
esclusivamente quella della memoria, ma cercando di avviare una valutazione
storica, come era gia' avvenuto durante la scuola estiva promossa dalla Sis
nel 2004 dedicata al tema "La sfida del femminismo ai movimenti degli anni
Settanta". La seconda esigenza era quella "di tenere presente la prospettiva
attuale di un pensiero che non si e' fermato negli anni Settanta, che ha
seguito percorsi, suggestioni, binari forse diversi, forse convergenti ma
tutti da esplorare", nella convinzione che la ricerca e la riflessione
contemporanea "possano dare alle storiche spunti, categorie, concetti in
base ai quali interrogare in maniera nuova anche il passato".
Inoltre, il convegno voleva "essere anche una risposta a chi aveva, in
maniera piu' o meno argomentata, ritenuto che la Sis volesse rimanere
estranea ai temi della riflessione contemporanea o non volesse confrontarsi
con la riflessione politico-filosofica".
L'idea di mettere al centro la tematica dei "femminismi", ovvero i sistemi
di pensiero e le pratiche politiche che ha assunto via via il femminismo, ha
rappresentato, in seguito, il filo conduttore dell'intero convegno e ora di
questo volume. I contributi hanno dunque i1 compito di fornire indicazioni
su come il paradigma politico e culturale del femminismo "storico"
(occidentale, bianco, cristiano, eterosessuale, borghese) sia stato
declinato da nuovi soggetti (trans) o sia stato trasformato dall'incontro
con ulteriori movimenti e categorie di analisi (lesbismo/queer), dal sorgere
di campi di ricerca (studi post-coloniali) e temi nuovi (biotecnologie,
fondamentalismo religioso, immigrazione) e, infine, come quel paradigma
possa modificarsi allorche' i "vecchi" temi vengono affrontati alla luce di
"nuove" ottiche e prospettive (lavoro sessuale).
Altri soggetti, altri movimenti, altri rapporti tra donne, altri modi di
dirsi e farsi donna - e anche femminista -, altri percorsi di
autodeterminazione e liberazione, altri corpi e desideri. E' in particolare
dalla riflessione su queste ultime tematiche - corpo e desiderio - che il
convegno e questo volume prendono avvio, perche' corpo e desiderio
rappresentano due dei principali nodi irrisolti del femminismo e perche' da
essi, come osservava Laura Schettini, una delle discussant del convegno, si
dipanano altri fili, primo fra tutti quello della relazione
genere-sesso-sessualita' che, a sua volta, apre una questione "antica": il
rapporto tra lesbismo e femminismo.
"Le lesbiche rivendicano la loro presenza autonoma nell'ambito del movimento
[femminista], perche' tutte le donne sono coinvolte dalla questione del
lesbismo. I rapporti fra donne, fuori dalla tutela/sorveglianza maschile,
non sono una faccenda privata delle lesbiche, ma un nodo - il nodo - del
femminismo", affermava una donna del gruppo lesbico Phoenix di Milano ad uno
dei primi convegni lesbici d'Italia. E ancora: "Io, lesbica, non sento di
tradire l'Altra quando rivendico e costruisco un mio spazio: e', questa, una
tappa essenziale del mio 'venir fuori', il luogo e lo strumento di una mia
possibile felicita'. Non e' ne' vuole essere una contrapposizione; ma,
piuttosto, la pietra di fondazione di un rapporto tra donne senza
ambiguita', senza paure, senza reciproche deprivazioni. Io, lesbica,
condivido con le eterofemministe le battaglie contro cio' che ci colpisce
insieme: la violenza sul nostro corpo, l'oppressione del patriarcato. Ma non
posso dimenticare che la mia cultura, la mia alternativa di vita, e'
schiacciata da un silenzio di ventiquattro secoli: e' stata uccisa a
Mitilene. [...] Io, lesbica, non mi riconosco nell'omosessualita' maschile
ne' sono disposta a schierarmi con i maschi, qualunque sia la loro scelta
sessuale, in nome di una comune oppressione che viene, comunque, da loro.
Io, lesbica, scelgo le altre donne a tutti i livelli: psicologicamente,
sessualmente, economicamente e politicamente. A loro riferisco la mia vita,
confrontando senza angoscia le diversita' dentro la diversita'".
Come spiega Liana Borghi il rapporto tra lesbiche e femministe e' antico e
ancora oggi tormentato, ma "se il lesbismo funziona come 'altro' del
femminismo, come suo rimosso, suo impensabile, suo non-simbolizzato, proprio
per questo l'uno non si muove senza l'altro, per quanto disgiunto possa
apparire il percorso della loro ridefinizione, come ad esempio nel
cyberfemminismo e nel queer".
E' proprio nella categoria genere e nel binomio genere-sessualita' che
Borghi individua una prima criticita' in quelle che chiama le "intramature
di lesbismo e femminismo". Se l'assunzione del genere come categoria di
analisi politica ha segnato profondamente femminismo e lesbo-femminismo,
oggi il genere - e con esso l'allineamento sesso biologico-genere e il
significante donna - sembra avere "ormai perso parte del suo monopolio
prospettico". Sotto la spinta del queer, del terzo femminismo e delle
teorizzazioni postmoderne, il genere "almeno in teoria e' diventato una
performance: qualcosa che si fa, e che facendo si riproduce". Tuttavia,
avverte Liana Borghi, "resta sempre quel nodo spinoso della materialita' dei
corpi".
Un nodo che Porpora Marcasciano stringe, allenta e quindi attraversa
raccontandoci di corpi costretti, liberati, desiderati, manipolati,
decostruiti e quindi ricostruiti, punti di partenza e punti di arrivo,
sostanza e identita'. Corpi che giocano con gli stereotipi sessuali, che
"esagerano" modelli e rappresentazioni per essere finalmente se stessi,
visibili e riconosciuti.
"Con i loro tacchi a spillo, con la loro esagerata femminilita' le trans si
presentavano al mondo: cosi' e' se vi pare! Se fossero entrate in scarpe da
ginnastica, con i camicioni o le gonne lunghe fiorate delle compagne
femministe di loro non si sarebbe accorto nessuno... neppure le stesse
femministe".
Porpora Marcasciano racconta come le trans con i loro tacchi a spillo siano
entrate in collisione con le femministe e i loro zoccoli, ma anche con gay e
lesbiche, e come si possa essere un soggetto liberato senza passare dalla
lettura di Non credere di avere dei diritti ma partendo "dalla scrittura sul
proprio corpo del diritto a essere se stesso". Ripercorrendo i momenti piu'
salienti della storia del movimento transessuale, il saggio s'interroga
anche sulle sue trasformazioni interne, ad esempio l'ingresso sulla scena
pubblica dei trans FtM (Female to Male) che, rispetto alle MtF (Male to
Female), "focalizzano l'attenzione su questioni diverse e, da un certo punto
di vista, piu' delicate".
Il tema del corpo resta primario. Filo rosso che lega tra loro i diversi
contributi, punto di partenza delle narrazioni e delle riflessioni teoriche;
ben individuabile, ad esempio, nei "discorsi" sul lavoro - in particolare
quello dell'era postfordista - dove, pure, il corpo sembra comparire in
dissolvenza dal momento che, nell'organizzazione del lavoro, il linguaggio e
i processi di comunicazione non sono soltanto rilevanti, ma costituiscono un
elemento direttamente incluso nel processo produttivo, "perche' il processo
produttivo ha per 'materia prima' il sapere, l'informazione, la cultura, le
relazioni sociali".
Negli ultimi vent'anni la quota delle donne occupate a livello mondiale e'
salita dal 36 al 40%, ma la crescita va di pari passo con una generale
informalizzazione dei rapporti di lavoro che riguarda sia i paesi
industrializzati, sia i paesi soglia, sia i paesi in via di sviluppo:
aumento del lavoro a tempo parziale, passaggio fluido tra il settore
informale e quello formale, lavoro a domicilio, rapporti di lavoro non
regolati giuridicamente.
Nei paesi occidentali, i caratteri di precarieta' e flessibilita' che
caratterizzano il mercato del lavoro si accompagnano a trasformazioni
demografiche e all'affermarsi di nuovi modelli familiari, che ripropongono
la questione del rapporto tra mutamenti economici e ruoli tradizionali delle
donne. Nel momento, cioe', in cui cambiano i due fondamenti (il lavoro e la
famiglia) sui quali - pure in modi e tempi diversi in diverse realta'
nazionali e in virtu' di diverse ideologie sociali - si era formato il
welfare novecentesco e la sua organizzazione, si mantengono, e anzi
aumentano, i tradizionali compiti di cura affidati alle donne.
Parallelamentc la ridefinizione del welfare conduce a una messa in
discussione dei diritti di cittadinanza sociale, a cominciare dal diritto a
mantenere il posto di lavoro in caso di maternita'.
Come si pone il pensiero femminista di fronte a questi mutamenti?
Accusato di aver tradito alcuni ideali, e fra questi in primo luogo proprio
il carattere emancipatorio del lavoro, per anni nascosto dalla costruzione
della categoria "postfemminismo", il pensiero femminista sembra esprimere al
contempo una profonda rottura e alcuni aspetti di continuita' con le
riflessioni e le pratiche del femminismo degli anni Settanta.
Come scrive il gruppo Sconvegno, "se allora avere un'occupazione retribuita
era sinonimo di emancipazione, oggi - quantomeno per noi - questo non vale
piu'. Lavorare non e' piu' una conquista, ma un dato acquisito, una
necessita'. Se allora si trattava di emanciparsi con il lavoro, oggi per noi
diviene centrale emanciparci dal lavoro!".
Come spiega Adriana Nannicini, infatti, si e' affermato "il desiderio di
innovare la prospettiva", di mettere al centro non il mercato del lavoro ma
il mondo del lavoro, cioe' le "condizioni dell'esistenza", il cui spazio e
il cui valore "si misurano in una pluralita' di relazioni e di intrecci, non
investiamo di eros la relazione con il lavoro, non ci domandiamo piu' se sia
un piacere negato, come dicemmo alcuni anni fa".
Una prospettiva che si e' venuta definendo all'interno di gruppi di donne
dalle "forme fluide, fluttuanti, flessibili" animati da una "passione
conoscitiva [che] ha strutturato pratiche politiche, ha dato corpo a
desideri di riconoscimento, e sempre piu' spesso comincia a misurare
l'articolazione di un lessico e di un linguaggio". Una "passione
conoscitiva" che diventa una pratica, come ha osservato Iaia Vantaggiato,
"pressoche' coincidente con quel 'partire da se'' messo letteralmente in
parola dal pensiero della differenza sessuale ma che nei 'discorsi' sul
lavoro - in particolare sul lavoro che cambia - assume particolare
pregnanza".
Una pratica fatta propria anche dal gruppo Precarias a la deriva, un
laboratorio di "narrazione cartografica e collettiva" sulle trasformazioni
del lavoro, dalla cui esperienza prende avvio la riflessione di Beatrice
Busi sul "nesso tra lavoro sessuale e lavoro di riproduzione,
femminilizzazione globalizzata dei lavoro e globalizzazione del lavoro di
riproduzione". Con il postfordismo la realta' della forza-lavoro combacia
pienamente con l'originario concetto marxiano: il "corpo vivente" e'
diventato "l'oggetto privilegiato della governamentalita' perche' e' il
sostrato delle diverse facolta' umane: non solo la potenza di parlare, di
pensare, di ricordare, di agire, ma anche di fare l'amore, di costruire reti
di relazioni, di prendersi cura dell'altro".
La "plausibilita' di quest'ipotesi biopolitica" e' indagata da Busi
attraverso un'analisi del recente dibattito sulla femminilizzazione del
lavoro, condotta a partire dagli studi e dal dibattito sul lavoro domestico
degli anni Settanta. Una prospettiva che permette all'autrice di sfuggire
alle "pastoie dell'opposizione tra il paradigma 'liberazionista' e quello
'vittimizzante'", nelle quali era rimasto bloccato il dibattito femminista
su pornografia e prostituzione, e di affrontare il tema del lavoro sessuale
portandone alla luce numerosi nessi e molteplici implicazioni.
Come si e' detto, l'organizzazione del convegno muoveva anche dalla
convinzione che la ricerca e la riflessione contemporanea potessero fornire
a noi storiche utili sollecitazioni.
E' stato di recente sottolineato che "grazie alla categoria del genere e'
stato possibile abbandonare 'il punto di vista endogeno' in base al quale il
lavoro veniva isolato rispetto alle altre traiettorie esistenziali, in modo
tale che le attivita', i bisogni, gli interessi, le culture degli uomini e
delle donne finivano per essere declinati esclusivamente a partire dalla
figura del lavoratore e della lavoratrice, col rischio di smarrire la
complessita' della vita degli individui".
Le pagine di Francesca Decimo ci mettono di fronte a nuove piste di indagine
che, partendo da queste acquisizioni della ricerca femminista e
intrecciandole a una critica degli studi sull'emigrazione femminile che
mettono al centro il lavoro, offrono un'originale lettura dell'emigrazione
"come riarticolazione delle sfere produttive e riproduttive del gruppo
familiare", che consente di individuare le "cruciali trasformazioni sociali
inerenti i ruoli femminili e i sistemi della trasmissione familiare.
Trasformazioni sociali che hanno modo di realizzarsi anche attraverso
traiettorie femminili apparentemente piu' tradizionali, conservative".
Una direzione di ricerca, quella percorsa da Decimo, attraverso la quale
"giungiamo finalmente a riconoscere nella divisione di genere del lavoro
materiale e morale necessario a nutrire la continuita' sociale tra i luoghi
e le generazioni, l'effettivo nodo problematico di un approccio femminista
allo studio dei processi migratori che voglia essere intelligibile e
significativo per le migranti stesse".
Il convegno, e ora questo volume, intendono contribuire alla rivisitazione
di una - ormai riconosciuta - impostazione eurocentrica del femminismo.
Noircir le feminisme e' il suggerimento che Sueli Carneiro offre in un
recente numero della rivista internazionale "Nouvelles Questions Feministes"
nel senso di dare significato e legittimare le esperienze - diverse
storicamente - delle donne, valutare come il sessismo si combina con il
razzismo, gli stereotipi di genere con quelli culturalmente assegnati in
tutte le societa'. Nel nostro caso, ancora piu' che colorare di nero sembra
appropriato il tentativo di complicare il pensiero femminista.
D'altro canto, quanto l'elaborazione teorica femminista sia stata
fondamentale per gli studi postcoloniali e' ormai un elemento consolidato
tanto e' vero che il dominio patriarcale e' uno dei temi essenziali del
discorso postcoloniale. Le lotte di emancipazione dalla dominazione
coloniale, di fatto, sono state declinate al maschile, i movimenti
anticoloniali hanno spesso mutuato gli strumenti retorici e istituzionali
dei nazionalismi europei con l'inevitabile portato di una standardizzazione
culturale. Il femminismo postcoloniale, in seguito, e' stato quanto mai
prolifico avendo esercitato necessariamente la critica della riproduzione
dei rapporti di dominio di genere all'interno dei movimenti di emancipazione
anticoloniale.
Si e' cercato dunque di fornire una serie di spunti che aiutino ad
attualizzare discorsi e pratiche femministe secondo il mondo che abitiamo,
le trame parallele e taciute che lo attraversano, i paradossi, le
ambivalenze, le tensioni e i conflitti che lo caratterizzano. Puo' essere
preso ad esempio l'acceso dibattito suscitato dalla proposta di praticare
una "sunna soft" del medico somalo Omar Hussen Abdulcadir, responsabile del
Centro di riferimento regionale per la prevenzione e cura delle complicanze
delle mutilazioni genitali femminili (Mgf) dell'Ospedale Careggi di Firenze.
Elena Laurenzi ripercorre quel dibattito sottolineando che "la questione
delle Mgf viene posta esclusivamente in termini culturali, sia da parte di
chi si schiera a favore del rispetto delle differenze e delle pratiche
simboliche, credenze e habitus che fanno parte delle culture di altri
gruppi, sia da chi le bolla come il portato di una tradizione insensata e
disumana o addirittura barbara [...]. Da questa rappresentazione tetragona
viene eliminata qualsiasi considerazione riguardo alle relazioni sociali
interne ai gruppi minoritari, e alle trasformazioni determinate dalla
migrazione".
La vicenda fiorentina fa emergere la tensione dinamica tra diritti
individuali e diritti culturali specifici e ci porta nel cuore di quello che
e' stato definito il paradox of multicultural vulnerability. Politiche
multiculturali, come il riconoscimento di autonomia per i gruppi minoritari,
possono operare sistematicamente a svantaggio di certi membri del gruppo,
fino alla violazione di diritti e liberta' soggettive.
In quest'ultimo decennio, segnato da un rapporto drammatico tra nord e sud
del mondo e da migrazioni massicce e stabili, il dibattito teorico e
politico sui problemi dell'identita' (sessuale, razziale, religiosa,
generazionale...) e sull'identity politics e' assai acceso. I contributi
femministi sul multiculturalismo sono stati numerosi, diversificati, e
provenienti da ambiti disciplinari molto diversi. Sulle questioni poste dal
tentativo di superare un'unica epistemologia femminista per avviare una
nuova concezione del femminismo, che sia in grado di cogliere le
specificita' culturali all'interno delle quali una molteplicita' di
movimenti femminili in diverse societa' avanzano richieste di diritti e di
riconoscimento, si interroga Ruba Salih: "il presupposto e' che mai come ora
e' necessario trovare delle concettualizzazioni di femminismo che si pongano
in un'ottica di superamento nei confronti di quell'approccio etnocentrico
con cui molta parte del pensiero femminista occidentale ha per lungo tempo
guardato ad altre esperienze di emancipazione, soprattutto nel mondo
islamico".
E' in questa ottica che si e' scelto di affrontare un tema come quello dei
rapporti fra femminismo e Islam che per lungo tempo sono apparsi come
pratiche e discorsi incompatibili. Nel corso dell'ultimo ventennio, come
illustra nel suo saggio Ruba Salih, il cosiddetto femminismo islamico ha
guadagnato "una crescente legittimita', sia in Europa che nel mondo
musulmano, come terreno attraverso cui le donne musulmane aspirano a
rivendicare i propri diritti, senza deviare da quello che e' considerato il
proprio retaggio culturale e religioso, seppur soggetto a negoziazioni e
rinegoziazioni spaziali e temporali inevitabili e continue".
Il contributo di Salih si muove all'interno di un tema complesso: l'emergere
delle donne come testimoni della nascita di una nuova moderna soggettivita'
musulmana in opposizione a un femminismo di stampo laico, occidentale,
elitario, composto prevalentemente da donne delle classi medio alte, e "che
ha fatto sua la retorica occidentale e coloniale della modernizzazione,
concepita come acquisizione di un modello di societa' occidentale".
Il saggio si propone di mostrare alcuni tratti di questo complesso dibattito
e soprattutto di render conto di tutta una serie di posizioni intermedie le
quali, affrontando il tema da un punto di vista storico-antropologico, si
collocano tra due atteggiamenti mentali contrapposti ma che spesso hanno in
comune un'inclinazione a privilegiare un registro ideologico nella
discussione sulla compatibilita' tra Islam e femminismo.
Come afferma Salih, queste posizioni intermedie "condividono una
impostazione che vede la produzione di 'discorsi' e 'pratiche' come il
femminismo e lo stesso islam non tanto come 'dati' ma piuttosto come frutto
di quell'interminabile flusso di prestiti, di intrecci tra culture e
societa' a cui, pur in un contesto di totale asimmetria di potere, la
modernita' (e lo stesso colonialismo che ne e' un aspetto centrale) ha dato
luogo. Il femminismo islamico non e' visto semplicemente come un percorso
piu' culturalmente autentico e incontaminato attraverso cui rivendicare
determinati diritti, ma come frutto di una dinamica post-coloniale".
Certamente non possiamo piu' ritenerci distanti da simili questioni. Per di
piu', il potenziale generativo e relazionale di cui molte donne immigrate
sono portatrici custodisce il futuro italiano multiculturale e
pluriconfessionale che pone in agenda quotidianamente continui ripensamenti,
nuove valutazioni, ripropone tematiche che il femminismo nostrano sembrava
aver archiviato che necessitano invece di uno sguardo rinnovato.
Di nuovo, si tratta di osare, impostare analisi inedite. Proprio Francesca
Decimo suggerisce di avviare "uno spazio di riflessione in cui le diverse
dimensioni dell'analisi - economica e giuridica, sociale e culturale,
storica e territoriale - si rinnovano e si combinano in tempi brevi e in
maniera significativa, sollecitando una re-integrazione del piano teorico
con quello analitico-descrittivo". Dando cosi' spazio ad alcune domande
oltremodo significative, ad esempio, "come articolare e arricchire la nostra
capacita' interpretativa in modo da cogliere la complessita' fenomenologica
che viene a delinearsi con migranti diverse per provenienza e eta',
estrazione e condizione sociale, cultura e religione, progetti e esperienze
vissute? Come leggere le molteplici forme che la mobilita' territoriale
delle donne assume senza necessariamente dipendere da paradigmi che troppo
spesso, ancorando la ricerca sulla casistica piu' drammatica, rappresentano
le straniere univocamente nei termini dell'oppressione e dell'esclusione?".
Il tema della mobilita' femminile, riconcettualizzata come componente
strutturale delle economie contemporanee, ha portato a una generale
revisione dei tradizionali paradigmi interpretativi delle migrazioni
femminili.
Le analisi che ne discendono, infatti, non si attengono semplicemente a
tematizzare entro quali forme di produzione di reddito le migranti saranno
costrette a conformare le loro esistenze. Piu' specificatamente,
ricostruendo in che modo le straniere subentrano alle native in quell'ampia
gamma di ruoli che esse hanno abbandonato, osservano come sono di fatto
rianimate antiche mansioni, sofisticati desueti lavori, riassunte asservite
posture, spostando il fuoco dell'analisi dalle traiettorie sociali che le
migranti percorrono alle asimmetrie di genere che il loro lavoro incorpora.
Mantenendo come centrale ambito di riflessione il complesso di assetti
relazionali e costrizioni societarie che subordina il lavoro delle donne,
queste studiose "adottano" le migranti come soggetti delle loro indagini
fintantoche' queste con le loro gesta e i loro ruoli, inconsapevolmente
perpetuano quei sistemi di relazioni e costrizioni oggetto di critica. Cio'
che interessa, quindi, e' l'anello di trasmissione che in una complessa
catena di relazioni di genere tra donne di diversa origine viene a
congiungersi.
Ma, suggerisce Decimo, "cosi' facendo i diversi vissuti delle donne
straniere sono assemblati e sussunti nel solco gia' tracciato da una storia
locale delle relazioni di genere a cui loro, con le diverse appartenenze e
le altre trame di significato di cui sono portatrici, non possono che
partecipare lateralmente".
Occorre fare uno sforzo ulteriore, uno scarto che permetta di comprendere
meglio. All'interno del suo saggio Decimo propone piuttosto di "predisporre
un'agenda che in maniera sistematica e problematica osservi come le migranti
scompaginano e trasformano quei ruoli riproduttivi che tradizionalmente
svolgevano entro contesti geograficamente circoscritti". E, ancora, "di
riconoscere in che modo il genere in emigrazione plasmi le forme piu'
complesse della riproduzione sociale, osservando come si realizzano,
adattano o sovvertono quegli eventi del ciclo familiare - come l'uscita
dalla casa natale, la scelta del coniuge, la maternita', la cura degli
anziani - che sostanziano la continuita' culturale, sociale e demografica
dei gruppi".
Una delle tante sfide a cui un'odierna rielaborazione del pensiero
femminista non puo' piu' sottrarsi.

3. LIBRI. GIOVANNI BELARDELLI PRESENTA "PER FILO E PER SEGNO" A CURA DI
GINEVRA CONTI ODORISIO E FIORENZA TARICONE
[Dal "Corriere della sera" del 30 gennaio 2009 col titolo "L'emancipazione
femminile: un cammino non concluso" e il sommario "Un'antologia di scritti
su istruzione, lavoro e voto"]

Secondo uno studio dell'Istituto medico legale dell'Aeronautica militare, le
donne pilota sarebbero adatte al comando piu' degli uomini. Di fronte a
notizie del genere, ormai sempre piu' frequenti, possiamo ben valutare il
cammino percorso dall'emancipazione femminile attraverso un libro come Per
filo e per segno di Ginevra Conti Odorisio e Fiorenza Taricone (sottotitolo:
Antologia di testi politici sulla questione femminile dal XVII al XIX
secolo, Giappichelli editore, pp. 304, euro 29), vera e propria "summa" di
testi politici sulla questione femminile scritti nell'arco di tre secoli e
piu', da donne e non solo (spiccano tra le eccezioni maschili Condorcet,
Mazzini, John Stuart Mill).
Si va dalla veneziana Moderata Fonte, che alla meta' del Cinquecento
aspettava che il fratello tornasse da scuola per farsi ripetere tutto cio'
che aveva imparato, alla nutrita pattuglia emancipazionista dell'Otto e
Novecento: dalla socialista Anna Kuliscioff a Teresa Labriola, figlia del
filosofo marxista Antonio.
Da un'autrice all'altra, i temi sono spesso simili: anzitutto, la
dimostrazione dell'eguaglianza tra i sessi e la rivendicazione degli stessi
diritti degli uomini. Fulminante l'osservazione dell'inglese Harriet
Martineau che alla meta' dell'Ottocento, richiamandosi alla dichiarazione
d'indipendenza degli Stati Uniti, si chiedeva (tra l'altro) come si potesse
pretendere che le donne ubbidissero a leggi che, prive del diritto di voto,
non avevano concorso ad approvare.
L'insieme dei testi ci racconta l'origine e le prime fasi di
un'emancipazione che si e' enormemente accelerata negli ultimi decenni, ma
che ha tuttora il vistoso limite d'essersi potuta dispiegare (si pensi alla
condizione della donna in gran parte dei Paesi islamici) soltanto o quasi
nell'Occidente giudaico-cristiano.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
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Numero 234 dell'11 febbraio 2009

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