Minime. 650



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 650 del 25 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Luigina Venturelli: Una rete di donne contro la violenza
2. "L'Unita'": L'assassino e' in famiglia
3. Giulio Vittorangeli: 25 novembre
4. Una rete internazionale delle donne per la pace
5. Da Torino la cittadinanza onoraria a Marisela Ortiz
6. La lotta di Amal Soliman
7. La testimonianza di Malalai Joya
8. Enrico Piovesana: I talebani sono tornati al potere in gran parte
dell'Afghanistan
9. Curzio Maltese: In classe il nazismo
10. Luca Benassi: Un convegno su Antonia Pozzi
11. Adele Cambria presenta "Femminicidio" di Barbara Spinelli
12. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
13. L'Agenda dell'antimafia 2009
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. INIZIATIVE. LUIGINA VENTURELLI: UNA RETE DI DONNE CONTRO LA VIOLENZA
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 21 novembre 2008 col titolo "Basta violenze:
le donne son tornate. E vanno in piazza" e il sommario "Il 25 novembre la
giornata mondiale. In Italia non c'e' ne' il reato di stalking ne' un piano
nazionale. Nasce la prima associazione dei centri anti-abusi. Sabato
manifestazione a Roma"]

Su 300 omicidi registrati nel 2007, il 21% e' di mogli o fidanzate. Il
Viminale li chiama "conflitti familiari e delitti passionali". In realta' e'
una strage silenziosa. Che le donne scelgono di combattere facendo da sole.
Perche' le donne italiane manifesteranno domani a Roma contro la violenza di
genere? Per rispondere un eufemismo vale piu' di mille parole. "Conflitti
familiari e delitti passionali" e' la definizione romanzesca usata dal
Viminale per oltre sessanta donne uccise tra le pareti di casa nel giro di
sei mesi.
Da luglio a dicembre 2007 - sono gli ultimi dati disponibili - il ministero
dell'Interno ha contato in Italia circa 300 omicidi: tra lotte nella
criminalita' organizzata e regolamenti di conti tra spacciatori, spunta un
21% di mogli e fidanzate, adulte e ragazzine massacrate da un partner, da un
amico, da un parente. Ma le forze dell'ordine non hanno il coraggio di
chiamarli con il loro nome, omicidi. Usano una bella perifrasi
pericolosamente simile a un'attenuante culturale, che fornisce un quadro
esatto dello stato dell'arte nel nostro paese, dove non esiste il reato di
persecuzione ossessiva (il cosiddetto stalking), non c'e' un piano nazionale
contro la violenza sulle donne, manca una legge quadro che riconosca e
finanzi i centri antiviolenza diffusi sul territorio.
Cosi', ancora una volta, le donne decidono di fare da se' e - alla vigilia
della giornata mondiale contro la violenza di genere del 25 novembre - si
mettono in rete per diventare riferimento e pungolo delle istituzioni. Per
questo e' stata costituita "D.i.Re" (Donne in Rete contro la violenza),
l'associazione nazionale che riunisce circa 50 centri antiviolenza di tutta
Italia, che da oltre vent'anni lavorano per prevenire e contrastare un
crimine diffuso ma spesso non riconosciuto come tale (gli altri 50 si
uniranno alla rete appena avranno maturato cinque anni d'anzianita' sul
campo).
"Le donne sono migliorate rispetto al passato, quando si presentavano anche
con quindici anni di maltrattamenti alle spalle" racconta Marisa Guarneri,
presidente della Casa delle donne maltrattate di Milano. "Oggi sono piu'
informate, piu' consapevoli, e si muovono prima". Nel frattempo, purtroppo,
e' peggiorata la qualita' della violenza maschile: "Si e' fatta piu' feroce:
una volta le donne sopportavano e questo conteneva il fenomeno. Adesso si
allontanano, se ne vanno per ricostruirsi una vita, e gli uomini non sono in
grado di accettare questo progredire della liberta' femminile". Nel 2007
circa 20.000 persone si sono rivolte ai centri antiviolenza D.i.Re e circa
7.000 donne sono state accolte per colloqui e consulenze. A questi dati
vanno poi aggiunte le 22.000 chiamate giunte al centralino 1522 del
ministero delle Pari Opportunita' e quelle ai servizi sociali, consultori e
ospedali. Manca all'appello il mondo sommerso delle donne che ancora
subiscono nel silenzio. Non esistono dati precisi, ma nel 2006 l'Istat ha
stimato quasi 7 milioni di episodi di violenza di genere.

2. DATI. "L'UNITA'": L'ASSASSINO E' IN FAMIGLIA
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 21 novembre 2008 col titolo "Una vittima ogni
tre giorni e l'assassino e' in famiglia"]

Ogni tre giorni, in Italia, una donna viene uccisa dall'uomo che diceva di
amarla: solo nel 2007 le vittime sono state 122. E il piu' delle volte
l'assassino non ha neppure bussato alla porta, perche' aveva gia' le chiavi
di casa: in tre casi su quattro era il convivente o il marito. A scattare
questa triste fotografia sono gli esperti dell'ospedale Fatebenefratelli di
Milano, durante la presentazione di un libro sul tema per i medici di
famiglia. "Nel 40% dei casi il carnefice e' mosso da motivi passionali, o
meglio da forme patologiche di gelosia e disturbi paranoici - spiega Claudio
Mencacci, direttore del dipartimento di Psichiatria - mentre il 34% degli
uxoricidi e' scatenato da liti e da una conflittualita' elevata". Cosi'
quattro donne su dieci sono vittime di un'arma da taglio, mentre tre su
dieci sono colpite da armi da fuoco. "Da diversi anni e' stato cancellato il
delitto d'onore nel nostro codice penale - aggiunge Mencacci - ma ancora
oggi rimane l'estrema incapacita' degli uomini di tollerare l'emancipazione
femminile". Non e' dunque un caso che proprio a Milano, dove lavora quasi il
60% delle donne, si abbia un elevato numero di uxoricidi: dal 2000 al 2006 -
specifica Alessandra Bramante, psicologa e criminologa - si sono registrate
48 vittime.

3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: 25 NOVEMBRE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento]

Il 25 novembre e' la giornata internazionale contro la violenza e lo
sfruttamento della donna.
La giornata e' stata sancita dall'Onu nel 1999, in ricordo delle tre sorelle
Mirabal, violentate e uccise il 25 novembre 1960 nella Repubblica
Dominicana.
In Italia, a Roma, sabato 22 novembre si e' svolta la manifestazione
nazionale contro la violenza maschile sulle donne; vera continuazione della
manifestazione che il 27 novembre 2007, contro ogni previsione, porto' in
piazza 150.000 donne.
Tutti i dati ci dicono che la violenza maschile e' la prima causa di morte e
di invalidita' permanente delle donne. In Italia quasi sette milioni di
donne, tra i 16 e i 70 anni, hanno subito violenza di genere almeno una
volta nella vita. Nel mondo sono milioni quelle vittime di violenze
domestiche, schiavizzate in matrimoni forzati, comprate e vendute per
alimentare il mercato della prostituzione, violentate come trofei di guerra,
molestate sul luogo di lavoro, mutilate nell'intimita' da pratiche
torturatrici.
Ancora oggi in molti paesi avviene la selezione sessuale prenatale e
l'infanticidio delle bambine, in molti altri la nascita di una figlia
femminina viene comunque vissuta come una sventura poiche' al momento delle
nozze bisognera' disfarsi in parte della fortuna di famiglia per cederla a
quella del marito: "Per mantenere la famiglia, perpetuarne il nome e
assicurarle continuita' sociale e biologica ci vuole un figlio maschio".
Questa violenza e' un problema universale, che non conosce confini
culturali, e che sotto diverse forme fa parte comunque della nostra vita
quotidiana; basta pensare alla attuale realta' italiana, al lavoro di cura
delle donne su cui si regge il mercato del lavoro disintegrato e il welfare
smantellato.
Il problema e' che nella storia dell'umanita' per lo piu' si e' sviluppato
un modello che consegna a uomini e donne ruoli fissi, che prevede per la
donna una posizione di subalternita'.
In questo e' chiamata in causa essenzialmente e fondamentalmente la cultura
patriarcale maschilista, che attribuisce caratteristiche di inferiorita' e
debolezza alle donne.
Senza una chiara rimessa in discussione del ruolo della figura maschile (non
a caso a infliggere la violenza spesso sono padri, mariti, compagni, amici o
conoscenti), difficilmente questo fenomeno puo' essere efficacemente
contrastato.
Con la consapevolezza che le donne non si lasciano certo ricondurre
unicamente al ruolo di vittime.
Non da oggi, sono tante le donne che contribuiscono giorno dopo giorno alla
realizzazione di un mondo migliore, lottando primariamente contro il
pregiudizio di genere che, anche nelle societa' e nelle aree piu'
insospettabili, rappresenta ancora un pesante condizionamento.
Sono storie di innegabile impegno nella costruzione di un mondo migliore
alla ricerca di un benessere collettivo senza distinzioni. La speranza e'
che nel mondo che queste donne tessitrici di speranza stanno contribuendo a
costruire, l'uguaglianza di genere non sia piu' un argomento di discussione,
ma un valore acquisito. Che le donne non siano piu' costrette a dover
dimostrare quello che sono.
Non a caso, l'unica rivoluzione vittoriosa sul campo nel Novecento e' stata
quella femminista.
*
Per concludere, una poesia di Gioconda Belli, poetessa nicaraguense: "Amo a
las mujeres...":
Amo le donne, a partire dallo loro pelle - che e' la mia.
Amo quella che si ribella e duella con la penna e la voce sguainate,
quella che si alza la notte a vedere il figlio che piange,
quella che piange un bambino che si e' addormentato per sempre,
quella che lotta intrepida sulle montagne,
quella che lavora - malpagata - in citta',
quella grassa e contenta che canta cucinando tortillas,
quella che cammina con il peso di una creatura nel ventre enorme e fecondo.
Le amo tutte e mi compiaccio di far parte della specie.
Mi rallegro perche' partecipo a un'epoca nuova
qui, sotto questo cielo, sopra questa terra tropicale e fertile,
ondeggiante ricoperta d'erba.
Mi compiaccio perche' partecipo a una nuova epoca
perche' comprendo l'importanza della mia esistenza,
l'importanza della tua esistenza, l'esistenza di tutti,
la vitalita' della mia mano unita ad altre mani,
del mio canto unito ad altri canti.

4. MONDO. UNA RETE INTERNAZIONALE DELLE DONNE PER LA PACE
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo il
seguente articolo del 23 ottobre 2008 dal titolo "Nasce a Roma la Rete
internazionale delle donne per la pace"]

Si e' formalmente costituita la "Rete internazionale delle donne per la
pace", associazione che intende lavorare in rete con donne, associazioni e
reti di diversi Paesi.
Nata come semplice movimento nel 2005 a Roma, la Rete si e' attualmente
costituita come associazione grazie alla volonta' di un gruppo di donne
italiane, africane e immigrate, alcune in rappresentanza di associazioni o
istituzioni, tutte gia' attive da tempo nella difesa dei diritti umani e
nella realizzazione di progetti concreti a favore della promozione dei
diritti delle donne.
Le finalita' della Rete sono:
- promuovere l'empowerment delle donne e facilitarne l'accesso alle
risorse - economiche, sociali, culturali - in direzione di una effettiva
uguaglianza di genere;
- migliorare le condizioni sociali ed economiche delle donne grazie allo
scambio di conoscenze tra donne di paesi diversi, facendosi promotrice di
stimoli culturali e informativi e di azioni di sviluppo;
- combattere ogni forma di razzismo, di xenofobia e di discriminazione;
combattere ogni forma di violenza, in particolare quella contro le donne e
le bambine.
La Rete puo' essere considerata il punto di partenza di un cammino da
compiere insieme, durante il quale realizzare campagne e progetti, frutto di
scambi intensi, dialoghi e incontri che approfondiscano la reciproca
conoscenza e rafforzino la determinazione di ognuna nella costruzione di un
mondo piu' giusto e senza discriminazioni di alcun genere.
Vista la trasversalita' di finalita' e obiettivi, la Rete si propone,
sebbene nata in Africa, di coinvolgere le associazioni femminili di altri
Paesi.
Tutte le donne, siano esse riunite o meno in gruppi o associazioni, possono
quindi aderire al progetto: la Rete avra' infatti maggiore incisivita' e
possibilita' di crescita quanto piu' ampio sara' il contributo di idee e
competenze che ricevera'.
Recentemente la Rete ha organizzato a Kigali (Rwanda), grazie ad un
contributo economico del Comune di Roma, e in collaborazione con le
associazioni femminili rwandesi, la "Settimana della donna", un'iniziativa
che si e' svolta dal 2 all'8 marzo 2008 a Kigali, all'interno della Casa
della pace e della riconciliazione, primo progetto realizzato dalla Rete, e
che ha visto lavorare, insieme alla delegazione delle italiane, donne
provenienti da dieci paesi africani.
Si sta gia' lavorando al prossimo incontro del 2009, che dovrebbe svolgersi
in Burundi.
*
Per saperne di piu': Rete Internazionale delle Donne per la Pace, c/o la
Casa Internazionale delle Donne, via della Lungara 19, Roma, e-mail:
womenetworkforpeace at gmail.com, sito: www.womenetworkforpeace.net/spip
(ancora in costruzione).

5. MONDO. DA TORINO LA CITTADINANZA ONORARIA A MARISELA ORTIZ
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www.womenews.net/spip3) riprendiamo la
seguente notizia]

Con una mozione del 4 novembre 2008, il Consiglio Comunale di Torino ha
conferito la cittadinanza onoraria a Marisela Ortiz de Rivera, psicologa
messicana, attivista dei diritti delle donne e dei diritti umani
nell'associazione "Nuestras Hijas de Regreso a Casa", che combatte il
femminicidio di Ciudad Juarez, orribile fenomeno noto grazie alla denuncia
di Amnesty International e di numerose associazioni.
La proposta era stata avanzata da Tati Almeyda (delle Madres de Plaza de
Mayo e a sua volta cittadina onoraria di Torino), Patricio Bustos (direttore
nazionale dell'Istituto di medicina legale del Ministero della Giustizia del
Cile), da professori universitari ed esponenti della societa' civile, e da
diverse associazioni: Amnesty International, che da tempo appoggia la sua
causa, Sur, Arci, Donne di Sabbia, Casa delle Donne, Donne in Nero.
Marisela Ortiz sara' a Torino dall'8 al 10 dicembre: si stanno preparando un
convegno universitario e una iniziativa al Museo diffuso della Resistenza.
In quella occasione dovrebbe avere luogo anche la cerimonia di conferimento
della cittadinanza. Nella stessa seduta, il Consiglio comunale ha approvato
anche il conferimento della cittadinanza onoraria a Roberto Saviano.

6. MONDO. LA LOTTA DI AMAL SOLIMAN
[Dal sito di "Peacereporer" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il
seguente articolo del 21 novembre 2008 col titolo "La fede di Amal" e il
sommario "Una donna egiziana si batte per il diritto a celebrare matrimoni.
E vince"]

Amal Soliman, donna egiziana di 32 anni, sposata e madre di tre figli,
potrebbe entrare nella storia del suo Paese. Potrebbe, infatti, essere la
prima donna a diventare mazouna, il funzionario amministrativo che celebra i
matrimoni e sancisce i divorzi.
In un Paese islamico, la figura del celebrante e' a meta' strada tra il
religioso e il burocratico, e il ruolo di celebrante prevede la recita di
alcune sure del Corano e vidima i certificati ufficiali. Niente di che, ma
comunque il Committe of Egyptian Mazouns, l'organizzazione di categoria,
vieta ad Amal l'accesso alla professione.
"Nel 2007 uno dei due mazouns della mia zona e' morto. A me, che volevo
lavorare ma anche passare molto tempo con i miei figli, e' sembrata una
buona opportunita' di lavoro", ha raccontato Amal alla tv al-Jazeera, "mi
sono presentata alla Corte nei termini previsti per presentare la mia
candidatura. Ero sicura di vincere: su dieci candidati ero l'unica ad avere
un dottorato in diritto islamico. Ma non avevo fatto i conti con il mio
essere donna". Eppure, ai sensi della religione, questo non significa nulla.
"Nulla osta al fatto che una donna faccia questo mestiere, me l'ha
confermato anche un grande Mufti' (esperto giureconsulto islamico), secondo
cui e' un lavoro amministrativo e non religioso". Le cose, pero', non vanno
cosi'. "Quando mi sono presentata con mio marito presso la Corte, la mia
domanda non e' stata accettata. Il motivo: ero una donna e per il consiglio
dei mazouns la mia candidatura era irricevibile, nonostante gli stessi
giudici della Corte mi ritenessero qualificata. Il mio caso e' diventato
d'interesse nazionale, grazie anche all'aiuto di alcuni giornalisti e di
alcune organizzazioni femministe. Questa vicenda mi ha causato momenti
terribili: minacce, insulti a me a alla mia famiglia. Alla fine pero' ho
vinto, anche se aspetto la nomina definitiva del ministero della Giustizia
egiziana. Non saro' davvero contenta fino a quando non comincero' a
lavorare, anche se mi rendo conto di aver segnato un momento importante per
l'emancipazione dei diritti delle donne in questo Paese".

7. AFGHANISTAN. LA TESTIMONIANZA DI MALALAI JOYA
[Dal sito "Combonifem. Mondo donna missione" (www.combonifem.it) riprendiamo
il seguente articolo del 21 ottobre 2008 dal titolo "Malalai Joya: La
tragedia delle donne in Afghanistan" e il sommario "In Italia per ritirare
la medaglia d'oro conferitale dalla Regione Toscana, la giovane parlamentare
afghana denuncia la condizione femminile nel proprio Paese: 'La situazione
delle donne e' peggiore di sette anni fa'"]

"Dire che gli Stati Uniti abbiano portato l'affermazione dei diritti delle
donne in Afghanistan equivale a dire il falso. La situazione e' peggiore di
sette anni fa. L'invasione degli Stati Uniti e dei Paesi che li sostengono
ha gettato l'Afghanistan dalla padella nella brace. Il governo dell'Alleanza
del Nord e' tanto fondamentalista e violento quanto lo era quello dei
talebani. Continuero' la mia battaglia per raccontare la verita' a sostegno
della mia gente, contro i signori della guerra, anche se so che
probabilmente prima o poi riusciranno ad uccidermi".
Non usa giri di parole Malalai Joya, la giovane parlamentare afghana
allontanata dall'assemblea legislativa per aver criticato i potenti
manovratori al governo. In Italia per ritirare la medaglia d'oro conferitale
dalla Regione Toscana, Malalai continua a denunciare la condizione del suo
popolo. Soprattutto delle donne come lei, costrette a portare il burqa per
proteggersi.
"Le violenze in Afghanistan cominciano in famiglia. L'87% delle donne del
mio Paese lamenta violenze domestiche e sessuali. L'80% dei matrimoni sono
forzati. I casi di suicidio tra le donne sono in aumento, 250 quelli certi
nel primo semestre del 2007, ma certo i dati reali sono ben peggiori. Il 65%
delle 5.000 vedove di Kabul pensa al suicidio come unica possibilita' di
scampare alle sofferenze... per le donne l'aspettativa di vita e' di 44
anni. A questo si aggiunge - ha proseguito Malalai - che l'alfabetizzazione
femminile in tutto il Paese e' tra il 3 e il 4%".

8. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: I TALEBANI SONO TORNATI AL POTERE IN GRAN
PARTE DELL'AFGHANISTAN
[Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendamo il
seguente articolo del 24 novembre 2008 dal titolo "Afghanistan, talebani al
potere" e il sommario "Fuori dalle citta' governano loro, anche alle porte
di Kabul"]

I talebani sono tornati al potere in Afghanistan. Non nella capitale e nelle
principali citta' del Paese - dove la presenza delle guarnigioni Nato
garantisce ancora la sopravvivenza dell'autorita' del governo Karzai - ma in
quasi tutte le zone rurali, comprese quelle immediatamente fuori dalla
capitale. Qui i talebani hanno nominato i loro governatori locali, i loro
sindaci, i loro giudici, i loro esattori delle tasse, i loro comandanti di
polizia, i loro responsabili per l'istruzione.
*
Il fallimento del potere centrale
Se da tempo tutte le aree extraurbane delle province meridionali (Kandahar,
Helmand, Nimruz, Farah, Uruzgan, Zabul) e orientali (Paktika, Khost, Paktia,
Nangarhar, Kunar, Nuristan) sono tornate sotto l'autorita' dei talebani, da
alcuni mesi e' cosi' anche nelle province centrali vicine a Kabul come
Ghazni, Wardak e Logar, dove i barbuti governano rispettivamente 13
distretti su 18, 6 su 8 e 4 su 7.
Secondo l'analista politico Waheed Muzhda "i talebani stanno avanzando da
sud verso Kabul esattamente come fecero dodici anni fa, quando andarono al
potere la prima volta, ovvero guadagnandosi il sostegno popolare grazie alla
loro capacita' di garantire legge e ordine".
"I talebani - spiega Seth Jones, della Rand Corporation - stanno operando
uno 'state-bulding' alternativo a quello del governo e della Nato, tutto
centrato sulla sicurezza".
Esasperati dall'anarchia, dall'insicurezza, della paura e dalla corruzione
che hanno regnato sovrane negli ultimi anni, gli afgani rurali (che
costituiscono il 90% della popolazione) sono ben felici di barattare la
radio e la televisione in cambio della sicurezza e dell'ordine che i
talebani sanno bene come garantire.
La corrotta polizia afgana, impegnata a taglieggiare i commercianti e a
derubare la gente ai posti di blocco, non ha mai saputo proteggere la
popolazione dalle scorribande di ladri e predoni, con i quali spesso e' anzi
in combutta. L'inefficiente giustizia governativa non e' mai stata
minimamente in grado di amministrare i problemi quotidiani della gente.
I talebani, con i loro modi sbrigativi, sono molto piu' efficaci.
*
Il successo del contropotere talebano
Comandano i talebani, la sicurezza e' garantita dalle pattuglie della
"polizia talebana" che a bordo di pick-up sorveglia di giorno e di notte
strade e villaggi, tenendo lontani banditi e polizia.
La giustizia e' amministrata dalle corti talebane composte da due giudici
per distretto nominati da un mullah che, applicando la sharia, risolvono
"per direttissima" dispute sulla proprieta' dei terreni, sui diritti di
pascolo, su casi di divorzio e assegnazione di eredita'.
L'istruzione e' sotto il controllo degli "emiri dell'educazione e della
cultura", i quali vagliano i programmi d'insegnamento di ogni singola scuola
assicurandosi che essi prevedano lezioni di Corano e sharia. Se cosi' non
e', o se la scuola e' mista o addirittura femminile, scatta la chiusura
forzata. Nove scuole su dieci fanno questa fine.
"Per lungo tempo i villaggi di questa zona - racconta al "Christian Science
Monitor" un abitante della provincia di Logar - venivano terrorizzati da una
banda di ladri. Siamo andati decine di volte alla polizia per chiedergli di
arrestarli, dicendogli anche dove si nascondevano. Ma non hanno mai fatto
nulla. Alla fine ci siamo stancati e ci siamo rivolti ai talebani. Loro sono
andati a prenderli, li hanno processati, hanno cosparso i loro visi di
catrame e li hanno fatti sfilare cosi' per le strade, minacciando di tagliar
loro le mani se fossero stati beccati ancora a rubare. Da allora i ladri non
si sono piu' fatti vedere".
"Con i talebani non abbiamo piu' la tv, non possiamo piu' ascoltare musica e
non possiamo piu' ballare alle feste, e' vero - ammette Abdul Halim, della
provincia di Ghazni - ma almeno abbiamo sicurezza e giustizia".

9. RIFLESSIONE. CURZIO MALTESE: IN CLASSE IL NAZISMO
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 24 novembre 2008 col titolo "L'onda
anomala del professor Jones. Cosi' in classe si costruisce il nazismo" e il
sommario "In concorso lo sconvolgente film tedesco 'Die Welle' tratto da una
storia vera. L'esperimento di un insegnante con gli studenti: la creazione
di una dittatura. All'uscita in Germania qualche mese fa scateno' un fiume
di polemiche e divise l'opinione pubblica. C'e' chi lo ha definito il piu'
importante film degli ultimi anni perche' spiega il fascino del
totalitarismo"]

Torino. La trama e' fedelissima al fatto reale, l'esperimento ideato dal
professor Ron Jones nel liceo Cubberley di Palo Alto, California, nel 1967.
Lo scopo era di capire come si diventa nazisti. "La domanda degli studenti
e' stata: come ha potuto il popolo tedesco tollerare, anzi aderire in massa
al totalitarismo, accettare i campi di sterminio, obbedire ciecamente a
Hitler?" scrive Jones nel suo diario.
La lezione di storia naturale si rivela inadeguata. Gli studenti prendono
un'aria annoiata, del genere: "Ok, abbiamo capito, oggi da noi non potrebbe
succedere". Il professore allora propone un esperimento. Per qualche giorno
i ragazzi dovranno sottomettersi alla sua autorita', chiamarlo "signor
professore" e seguire le lezioni con la testa dritta e il petto all'infuori.
La risposta degli studenti e' dapprima divertita, poi entusiasta. Sono loro
stessi a proporre i sistemi per rendere compatto e disciplinato il gruppo.
Si danno un nome, "l'Onda", con un logo e un saluto: una mano tesa
all'altezza del cuore. Quindi una divisa, jeans e camicia bianca, per
diventare tutti uguali. Si alzano in piedi all'ingresso del signor
professore, compiono esercizi ginnici, urlano slogan ad alta voce: "La forza
e' nella comunita'".
Il professor Jones e' stupito del suo successo e anche affascinato. Confida
alla moglie: "In un certo senso, ho scoperto un metodo di insegnamento che
funziona. I ragazzi imparano in fretta e alla grande. E' assurdo, ma prima
non avevano neppure posti fissi in classe, e ora che non c'e' piu' liberta'
stanno seduti ai loro posti, rispondono a tutte le domande e si aiutano a
vicenda".
Dopo i primi giorni, compaiono alcuni effetti collaterali. Gli studenti
isolano e denunciano i compagni che esprimono dubbi. Gli alunni delle altre
classi si dividono, alcuni chiedono di far parte dell'Onda, altri sono
disgustati e reclamano la fine dell'esperimento.
Scoppiano le prime violenze. Un mattino Jones viene affiancato da un suo
studente che si qualifica come guardia del corpo. Capisce che l'esperimento
gli e' completamente sfuggito di mano, ha creato un nucleo perfetto di
nazisti, ma e' troppo tardi. Si corre verso l'epilogo, dal gioco al
massacro.
La storia vera racchiusa nel diario di Ron Jones, il bel libro di Morton
Ruhe ("Die Welle") divenuto un classico della letteratura per ragazzi, e il
notevole film di Dennis Gansel presentato a Torino, hanno in comune una
doppia lettura. Una antropologica, il bisogno primordiale della scimmia
umana di sottoporsi al comando di un capo. Un bisogno tanto piu' emergente
nell'eta' della crisi, nell'adolescenza in cui non si sa chi si e' e quindi
si puo' diventare qualsiasi cosa. L'altra lettura e' l'attualita'. A meta'
dell'esperimento il professore protagonista del film, ambientato nella
Germania di oggi, scrive sulla lavagna, sotto dettatura degli studenti,
l'elenco delle cause che possono portare a un regime. Nell'ordine: la
globalizzazione, la crisi economica, la disoccupazione, l'aumento
dell'ingiustizia sociale, la manipolazione dei mezzi di informazione, la
delusione della politica democratica, il ritorno del nazionalismo e la
xenofobia. Sono le sementi che negli anni Venti hanno fecondato il terreno
del fascismo e del nazismo in Europa. Sono gli stessi problemi, qui e ora.
All'uscita in Germania, nella primavera scorsa, Die Welle ha scatenato un
prevedibile fiume di polemiche. "Der Spiegel" l'ha definito uno dei film
piu' importanti degli ultimi anni, perche' racconta l'eterno fascino del
totalitarismo. Un fascino reale e in definitiva anche semplice da capire,
quasi naturale, per quanto negato da un eccesso di politicamente corretto.
"Die Welt" ha opposto l'opinione che i meccanismi totalitari, cosi'
inesorabili sulla pellicola, troverebbero oggi enormi resistenze nella
realta'. Una parte della stampa ha mosso un'obiezione etica: i giovani
neonazisti dell'Onda, nel loro solidarismo, possono risultare al pubblico
delle sale assai piu' simpatici e normali degli studenti anarcoidi degli
altri corsi.
L'obiezione sarebbe giustificata, se non fosse che nella realta' funziona
quasi sempre cosi'. Fra molte brave persone del Nord, per rimanere dalle
nostre parti, i protagonisti delle ronde padane risultano assai piu' vicini
degli intellettualoidi difensori di rom e immigrati. Ron Jones, la cui vita
e' stata sconvolta per sempre dal gioco dell'Onda, ha scritto:
"L'esperimento ha funzionato perche' molti di quei ragazzi erano smarriti,
non avevano una famiglia, non avevano una comunita', non avevano un senso di
appartenenza. E a un certo punto e' arrivato qualcuno a dirgli: io posso
darvi tutto questo".

10. INCONTRI. LUCA BENASSI: UN CONVEGNO SU ANTONIA POZZI
[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) col titolo "... e di cantare non
puo' piu' finire..." e il sommario "Poesia. Antonia Pozzi. 24-26 novembre, a
Milano un convegno in tre giornate nel settantesimo anniversario della morte
della poetessa, intellettuale e fotografa milanese"]

In occasione del settantesimo anno dalla morte di Antonia Pozzi (1912-1938),
poetessa, intellettuale e fotografa milanese, l'Associazione Phos onlus ha
promosso una serie di iniziative volte a diffondere la conoscenza di questa
straordinaria figura di donna e di artista. Evento culminante, dopo varie
manifestazioni, e' il convegno che si svolgera' presso l'Universita' degli
Studi di Milano, a cura dei Dipartimenti di Filologia Moderna e Filosofia
(con il contributo della Regione Lombardia e della Provincia di Milano).
Il convegno si articolera' in tre giornate. Lunedi' 24 novembre (presso la
Sala Napoleonica, via S. Antonio 12), a partire dalle ore 15 interverranno
Fulvio Papi, Gabriele Scaramazza, Onorina Dino, Graziella Bernabo', Ludovica
Pellagatta con il coordinamento di Silvia Morgana. Martedi' 25 novembre
(presso la Sala Napoleonica, via S. Antonio 12) a partire dalle ore 9,30
interverranno Claudio Milanini, Liana Nissim, Gabriella Rovagnati, Stefano
Raimondi, Chiara Cappelletto con il coordinamento di Claudio Milanini;
mentre nel pomeriggio, dalle ore 15,00 e sotto la presidenza di Liana
Nissim, si ascolteranno gli interventi di Cristiana Dobner e Eugenio Borgna.
I lavori si concluderanno mercoledi' 26 novembre (presso la Sala di
rappresentanza del Rettorato, via Festa del Perdono 7). Dalle ore 9,30
interverranno Tiziana Altea, Michele Beatrice Ferri, Ida Travi, Giuseppe
Sergio, Matteo Mario Vecchio con il coordinamento di Gabriella Rovagnati.
Alle ore 15 i lavori ripartiranno sotto la presidenza di Graziella Bernabo'
e con gli interventi di Adriana Mormina, Marina Santini e Gemma De
Magistris.
Il convegno, oltre all'intervento dei numerosi studiosi, vedra' la
realizzazione di uno spettacolo teatrale a cura dell'attrice Elsa Fonda
(martedi' 25), la proiezione di alcune anticipazioni dal film inedito su
Antonia Pozzi Poesia che mi guardi per la regia di Marina Spada, produzione
di Renata Tardani per Miro Film (mercoledi' 26) e una mostra fotografica a
cura di Ludovica Pellegatta e Filippo Bianchi (da lunedi' 24).
Graziella Bernabo', studiosa e biografa di Antonia Pozzi fin dagli anni
Ottanta, e tra i responsabili scientifici del convegno, ha commentato
l'evento: "l'opera di Antonia Pozzi e' talmente ricca sul piano dello stile
e delle forme che ha consentito un'analisi e uno studio condotti con rigore
scientifico attraverso diversi approcci metodologici. Per questo al
convegno, risultato di due anni di lavoro di preparazione, saranno presenti
intellettuali di diversa estrazione: letterati, medici, teologi, interni ed
esterni all'ambiente accademico, uomini e donne, cattolici e laici. Non e'
stato trascurato un approccio artistico all'opera della poetessa milanese:
saranno quindi presenti fotografe, registe, attrici. Si tratta di un
tentativo, sicuramente non esaustivo, di mettere in luce nel suo complesso
l'attivita' della Pozzi poetessa, fotografa e intellettuale".
Per ulteriori informazioni: Michela Beatrice Ferri, tel 3386892218, e-mail:
michelabeatrice.ferri at gmail.com, sito: www.antoniapozzi.it

11. LIBRI. ADELE CAMBRIA PRESENTA "FEMMINICIDIO" DI BARBARA SPINELLI
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 22 novembre 2008 col titolo "Tanti delitti.
E' femminicidio" e il sommario "Tra le mura di casa gran parte delle
brutalita'. Il marito o il convivente e' spesso l'aguzzino. All'origine ci
sono sessismo e misoginia"]

Cosi' Barbara Spinelli, una giovane giurista bolognese che collabora con
l'Associazione Giuristi Democratici, descrive nel suo libro Femminicidio
(Franco Angeli) la strage di donne scoperta alla meta' degli anni Novanta in
Messico. Le domande su quella discarica di corpi femminili nel deserto sono
tante.
Quanti corpi vi furono seppelliti? C'era una organizzazione che convogliava
gli assassini verso quel cimitero clandestino? "Si calcola che ne furono
seppelliti oltre 4.500. Purtroppo non e' stata provata l'esistenza del reato
di associazione a delinquere nei processi che si sono svolti. Nonostante che
Patricia Gonzales, il Pubblico Ministero speciale nominato dal Governo,
abbia chiesto l'incriminazione di 231 funzionari corrotti che tendevano a
coprire gli assassinii".
Le ipotesi piu' credibili sulla strage di Ciudad Juarez sono, nell'ordine:
vendette tra bande rivali di narcotraffico, tentativi di immigrazione
clandestina attraverso il confine con gli Usa, "punizioni esemplari" per
scoraggiare le rivendicazioni sindacali delle donne indigene che lavorano
nelle multinazionali Usa delocalizzate in Messico. "Queste donne erano
pagate un dollaro al giorno" - mi dice Barbara. E conclude: "La vita di
giovani donne povere, spesso indigene, non ha nessun valore in una cultura
machista".
Ed e' proprio qui il nodo - la cultura machista - che, alla luce del termine
"femminicidio", da poco immesso anche nel femminismo militante italiano,
consente di collegare l'horror del cimitero clandestino messicano con le
cifre degli assassinii di donne in Italia. Secondo le statistiche compilate
dalla Casa delle Donne di Bologna, dal primo gennaio 2007 al 31 gennaio 2008
le donne assassinate in Italia sono state 126. In testa, tra gli autori dei
delitti, il marito (35%), quindi l'ex marito (8%),seguono gli altri ex:
convivente, fidanzato, amante(7%).
La prima parte del libro di Barbara e' dedicata alla genesi della parola
"femminicidio". Vi si analizza l'antologia curata dalla sociologa e
criminologa femminista statunitense Diana Russell ed intitolata The politics
of women killing (1992). L'autrice identifica la caratteristica
dell'uccisione di una donna nella misoginia o nel sessismo.
Nel primo caso e' l'odio per il genere femminile ad armare la mano
dell'assassino, nel secondo il virus "femminicida" si scatena dalla
convinzione maschile della propria superiorita'. Piu' o meno inconsciamente,
l'assassino vuole punire chi, donna, "non sta al proprio posto".
Chiedo ancora a Barbara: che cosa si sta facendo in Italia per ottenere il
riconoscimento politico e giuridico del femminicidio? Pensate di sviluppare
anche una azione diretta a introdurre nel nostro Codice Penale il reato di
"femminicidio"? "Non credo che si debba pensare alla formulazione di un
nuovo reato. Abbiamo invece proposto che misoginia e sessismo siano
considerati, al pari del razzismo, una aggravante nell'assassinio di una
donna".

12. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

13. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 650 del 25 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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