Minime. 649



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 649 del 24 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Elogio dell'Idiota
2. Antonella Litta: L'impatto del trasporto aereo sulla salute
3. Pietro Ingrao ricorda Sandro Curzi
4. A Lucca il 25 novembre
5. Angelo d'Orsi: Il razzismo di Stato, le leggi del '38
6. Ilvo Diamanti: Come si fabbrica l'insicurezza
7. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009"
8. L'Agenda dell'antimafia 2009
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: ELOGIO DELL'IDIOTA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento]

A volte la tentazione e' forte. Gioire un po', celebrare qualche successo,
battere le mani alle 50.000 donne in corteo a Roma, lasciar andare per un
momento la tensione e il dolore. Ma fortunatamente il mondo e' pieno di
personaggi benintenzionati, decisi a non permettermi di mollare il punto
neppure per un attimo. Li ringrazio in anticipo, collettivamente: le teste
di pietra che non considerano esistente nessuna opinione tranne la propria;
i ninja pronti a menar le mani ogni volta che si e' in disaccordo con i loro
piani o si osa interferire con i loro desiderata; le ostriche che si
seppelliscono nella sabbia e rifiutano di affrontare la realta' o di
ammettere che ci sia un qualsiasi problema; gli accademici elefanti che
semplicemente bloccano qualsiasi strada con la loro mole messa di traverso
(fatta di lunghi, complicati, saggissimi discorsi); i "fichi" e le
pavoncelle di cosi' notevole statura e belta' da non poter guardare gli
altri se non dall'alto in basso; i finti miserabili colpiti dal destino
cinico e baro ed in costante bisogno di attenzione, simpatia, maternage,
compassione; i camaleonti pronti a cambiar colore a seconda del posto in cui
stanno, e a dire una cosa a me e il contrario a voi nello spazio di tre
minuti.
Tutti costoro hanno di recente esternato i loro pensieri sulla Giornata
internazionale contro la violenza sulle donne (25 novembre) o comunque sulla
violenza in genere. Cosi' ho saputo, per esempio, che "la violenza non ha
sesso", o che "il patriarcato e' un termine che indica la stanchezza delle
donne". Nel frattempo un'altra famiglia perfetta e' finita nel sangue a
Verona. Il marito era una persona meravigliosa che faceva collezione di armi
(il cui portato simbolico, notoriamente, e' far del bene agli altri), i tre
bambini erano felici come fringuellini e tutto il gruppo familiare andava in
chiesa regolarmente. C'e' il piccolo, scomodo, particolare del fatto che la
moglie stesse cercando un'altra casa in cui vivere, ma dio lo sa, a pentirsi
di una decisione a volte basta la canna di una pistola in faccia, e se
proprio si e' insuscettibili di ravvedimento chi non la pensa come te preme
il grilletto ed il problema e' risolto definitivamente.
Ogni tre giorni, in Italia, una donna muore di violenza maschile: gli
assassini, nell'oltre il 50% dei casi, sono mariti ed ex mariti, compagni ed
ex compagni. Tuttavia la violenza non ha sesso, volete mettere la sofferenza
psicologica di un uomo respinto o di un marito che deve affrontare una
separazione? E' molto peggio che morire, e le donne che la causano
dovrebbero proprio essere punite... infatti ci crepano. E poi "tutti gli
studi provano" (mai citati, mai controllati, mai visti, ma provano) che se
un uomo e' violento e' colpa della mamma che non lo ha tirato su bene.
Magari gli ha persino rifilato uno scappellotto quando strappava i capelli
della cuginetta, e questo devastante trauma ha fatto si' che il poveraccio
sia costretto a cercar vendetta sulle donne per tutto il resto della vita.
D'altronde, di fronte alla domanda "Perche' gli uomini hanno i raptus, o
perche' comunque ne hanno piu' delle donne", un celebre psicoterapeuta ha
risposto l'anno scorso: "Perche' hanno piu' muscoli".
Giusto. E difatti quando si ha un bastone la prima cosa che si deve fare e'
darlo con forza in testa a qualcun altro. Guai ad usarlo come appendiabiti,
come gruccia, come attrezzo per la ginnastica aerobica, mai buttarlo sul
fuoco e meno che meno scambiarlo con un album di figurine. Gli uomini non
riflettano sulla loro sconnessione dai processi emotivi, che permette la
mancanza di empatia e quindi l'uso della violenza, ne' costruiscano alleanze
responsabili con le donne per liberarsi di essa. Pestate duro, e' destino
biologico.
*
Provate a seguire con me questa sequenza temporale.
Sin dall'inizio della storia di Roma il picchiare le mogli e' legge dello
stato (753 a. C.). Si tratta della cosiddetta "regola del pollice", e cioe'
un uomo puo' battere la moglie con un bastone la cui circonferenza non sia
superiore a quella della base del suo pollice. Questa regola si propaghera'
in molte legislazioni europee nei secoli successivi. Dopo le guerre puniche
(202 a. C.) le donne guadagnano maggior liberta' all'interno della struttura
familiare, incluso il diritto di denunciare i mariti per pestaggi
ingiustificati (resta inteso che ve ne sono di giustificati, quindi).
Durante il medioevo in tutta Europa le leggi permettono ai nobili di
picchiare mogli, figli e servitori, ai servitori di picchiare mogli e figli.
La chiesa cristiana fa purtroppo la sua parte consigliando come unico
rimedio alle donne battute maggior devozione e obbedienza ai mariti. In
questo periodo si cristallizza la percezione delle donne come di una "specie
a parte", intrinsecamente non umana, non capace di provare gli stessi
sentimenti e le stesse sensazioni degli uomini. San Bernardino da Siena
suggerisce ai suoi parrocchiani di trattenersi un po' con le mogli, ovvero
di mostrar loro, picchiandole, almeno la stessa pieta' che mostrano ai loro
maiali e alle loro galline (1427).
Verso la fine del XVI secolo, in Russia, durante il regno di Ivan il
terribile, la chiesa di stato emette una specifica ordinanza che descrive
come e quando un uomo debba picchiare la moglie: questa ordinanza gli da' il
permesso di ucciderla (e di uccidere i suoi servi) qualora egli lo ritenga
necessario. Viceversa, una moglie che uccida il marito viene seppellita viva
con solo la testa fuori dal terreno e lasciata morire cosi'.
In Gran Bretagna l'assoluto potere del marito nel disciplinare la moglie
viene abolito legalmente nel 1829, ma cinquant'anni dopo Francis Power Cobbe
pubblica il testo "Tortura delle mogli in Inghilterra" in cui descrive le
storie delle donne di Liverpool, e dimostra che nel periodo di soli tre anni
in 6.000 hanno sofferto mutilazioni, sono rimaste cieche o zoppe o comunque
disabili dopo i pestaggi, e molte ne sono morte. La teoria di Cobbe e' che
l'abuso continuera' fintanto che i mariti crederanno le mogli loro
proprieta'. Grazie a questa denuncia passera' poi in Parlamento una legge
che permettera' alle vittime di violenza di separarsi dai mariti e di
ottenere la custodia dei figli: naturalmente, solo se viene dimostrato che
la loro vita e' in grave pericolo.
Durante il Novecento in varie parti d'Europa e in America vengono creati o
riconfermati i tribunali familiari, che stabiliscono una differenza
sostanziale per il trattamento dei casi di violenza domestica: estromessa,
qualora vi fosse, dal corpus delle leggi penali, la violenza contro le donne
deve restare un fatto privato, da non discutere nei tribunali.
Nel 1917, la rivoluzione aveva riconosciuto alle donne dei Soviet la piena
eguaglianza politica, dicendo di voler assicurare loro l'accesso a tutte le
aree economiche e culturali della societa' russa (verranno stabilite leggi
per abolire l'illegittimita' dei figli, creare asili e cliniche per il
benessere di madri e bimbi, eccetera), ma tutto questo non durera' neppure
vent'anni. Nel 1936 il partito comunista conduce una vigorosa campagna per
distruggere il concetto di matrimonio quale libero accordo fra due persone
libere ed eguali: le donne devono riprendere il loro posto nelle case e la
cosiddetta famiglia "tradizionale" deve essere restaurata.
Nel 1924 un tribunale francese stabilisce per la prima volta che un marito
non ha il diritto di picchiare la moglie, ma precedentemente a questo caso
faceva testo la massima che affermava: "Le donne, come gli alberi di noce
vanno battute ogni giorno".
Una branca della psicoanalisi degli anni '20 e '30 sviluppa il mito del
masochismo femminile, propagando la concezione che il masochismo sia normale
per la psicologia femminile, e che quindi le donne ricevano gratificazione
sessuale dalle violenze che subiscono. Naturalmente diventa l'opinione piu'
divulgata in materia, anche se altre correnti psicoanalitiche ne hanno di
diverse.
Nel 1940, dopo che l'esercito rivoluzionario di Mao Tse-Tung ha conquistato
i villaggi del nord della Cina, le donne di questi stessi villaggi vengono
chiamate a testimoniare pubblicamente, nelle piazze, rispetto ai crimini che
hanno subito: potremmo definirli i primi gruppi di autocoscienza
storicamente noti. Durante questo cosiddetto "parlare amaro" (che e' la
traduzione del termine cinese) le donne raccontano gli stupri, i pestaggi e
l'essere vendute come concubine. Ho scelto di citare questo fatto per la sua
rilevanza politica: quelle che sino ad allora erano le private lamentele
delle donne diventano atti pubblici, ed e' una cosa che fa la differenza.
Nella seconda meta' degli anni '60 e nei '70 comincia quella che potremmo
definire l'onda contraria: in tutto il mondo il movimento femminista riesce
a portare il dibattito e la protesta a punti tali che i Parlamenti
legiferano, sanzionando la violenza domestica, cancellando gli sconti per i
cosiddetti "delitti d'onore", riformando i codici familiari eccetera. Anche
qui: passano a malapena vent'anni e comincia il contrattacco. Durante tutti
gli anni '80 e '90 si parla di post-femminismo, appaiono sedicenti studi e
inchieste in cui tutti i guai che una donna puo' incontrare vengono fatti di
nuovo risalire all'esercizio della sua liberta': responsabile di ogni male
e' il femminismo, che viene ossessivamente presentato dai media come finito,
come una scelta dannosa per le donne che stavano meglio quando stavano
peggio, il cui orologio biologico ticchetta impazzito, che non riescono piu'
a trovarsi un uomo perche' hanno messo in crisi gli uomini, eccetera
eccetera.
Come ogni altro tipo di violenza quella sulle donne si impara, e si impara
non solo dall'esperienza, ma dal portato storico. Pensate sul serio che
nulla di quel che vi ho sommariamente raccontato sino ad ora abbia influenza
su come ci comportiamo poi, che noi si sia donne od uomini?
*
Sapete, pur credendo solo nella dea Bast che protegge i gatti, io ho il
massimo rispetto per chi ha una fede. Purtroppo, all'interno di ogni fede
c'e' la stessa percentuale di personaggi benintenzionati che ho ringraziato
all'inizio. Uno di essi, testimone di Geova, tento' anni fa di convincermi
non solo ad aderire al suo credo ma ad ammettere l'innata inferiorita' delle
donne. In ragione della quale esse dovevano obbedire agli uomini, e
lietamente sottomettersi alla loro guida illuminata e alle botte se le
meritavano. "Perche' vedi, mi disse, una donna non correra' mai veloce
quanto un uomo".  "Okay, gli risposi, torna a parlarmene quando avrai
battuto Fiona May sui 200 piani. Fino ad allora, secondo i tuoi
ragionamenti, tu resti inferiore a quella donna".
Ehi, e se la cifra del vivere umano fosse un'altra? E se non avessimo
bisogno di sistematizzare le differenze in gerarchie valoriali, ma
apprezzassimo di ogni persona la volonta' di ascoltare, imparare, avere
relazioni, usare le proprie abilita' e competenze, gestire i conflitti in
modo nonviolento? Se il valore di una persona fosse semplicemente il fatto
che esiste e che nessun'altra uguale a lei c'e' stata prima o ci sara' dopo?
Va bene, non mi allargo. Niente niente se trovo qualcosa per cui essere
contenta salta fuori l'ennesimo idiota a cui poi devo esser grata per avermi
riportato alla realta'. Solo un'ultima precisazione: il patriarcato non e'
un sinonimo per la stanchezza femminile, ma un sistema di dominio che si
regge su abuso e violenza. Pero' e' vero, in molte donne e in molti uomini
ne siamo proprio stanche e stanchi.

2. RIFLESSIONE. ANTONELLA LITTA: L'IMPATTO DEL TRASPORTO AEREO SULLA SALUTE
[Anticipiamo una sintesi della relazione della dottoressa Antonella Litta
che verra' presentata al convegno sul tema "L'aeroporto di Ciampino e la
salute dei cittadini", che si svolgera' a Marino (Roma) il 29 novembre 2008]

Il problema
Nell'ultimo decennio il trasporto aereo ha registrato una costante crescita,
soprattutto per quanto riguarda il settore del trasporto delle merci e
quello dei voli low cost, solitamente legato al turismo definito anche
"mordi e fuggi".
Solo una minima parte della popolazione mondiale viaggia in aereo mentre le
drammatiche conseguenze del surriscaldamento climatico, derivanti anche dal
trasporto aereo, sono pagate dall'intera umanita' in termini di
desertificazione, alluvioni, cicloni, sconvolgimenti climatici cosi' gravi
che determinano distruzioni e carestie in aree sempre piu' estese del
pianeta.
Il trasporto aereo contribuisce in ingente misura alle emissioni di anidride
carbonica - le stime internazionali piu' accreditate vanno da un minimo dal
3% al 10% - contribuendo cosi' in maniera decisiva all'effetto serra e
all'inquinamento dell'aria. Le persone che vivono in prossimita' di scali
aeroportuali sono costrette a subire oltre all'inquinamento dell'aria anche
quello acustico ed elettromagnetico.
Secondo le stime di Eurocontrol, l'organizzazione cui partecipano 38 Stati
europei e il cui scopo principale e' di sviluppare e mantenere un efficiente
sistema di controllo del traffico aereo a livello europeo, il numero dei
voli nell'Unione Europea raddoppiera' nel 2020 rispetto al 2003 e cosi'
l'entita' delle emissioni nocive da trasporto aereo.
Il trasporto aereo si configura cosi' sempre piu' come un rilevante elemento
d'inquinamento ambientale e di danno alla salute.
Diverse sono le problematiche ambientali e sanitarie legate a questo
particolare tipo di mobilita'.
Nella presente relazione saranno esaminate le tematiche sanitarie ed
ambientali legate alle emissioni prodotte dai motori degli aerei,
l'inquinamento acustico ed elettromagnetico subito dai residenti in aree
prossime agli aeroporti.
*
Le emissioni dei motori degli aerei
Le emissioni prodotte dai motori degli aerei, alimentati con cherosene (una
miscela composta da diversi tipi di idrocarburi), sono simili per
composizione a quelle generate dalla combustione di altri carburanti fossili
ma contribuiscono fortemente all'effetto serra perche' sono rilasciate
direttamente nell'atmosfera: nella parte piu' alta della troposfera e in
quella piu' bassa della stratosfera e per questo sono ancora piu' dannose.
Queste emissioni, costituite da gas e polveri, alterano la concentrazione
dei gas serra naturali, a cominciare dall'anidride carbonica (CO2), l'ozono
(O3) e il metano (CH4); innescano la formazione di scie di condensazione e
aumentano gli addensamenti di nubi contribuendo fortemente anche in questa
maniera al surriscaldamento climatico.
Il particolato (PM) derivato dalle emissioni dei motori gioca un ruolo
sempre piu' importante nel dibattito sul danno da trasporto aereo
all'ambiente, agli ecosistemi e alla salute delle persone, soprattutto di
quelle che vivono in aree prossime agli aeroporti: infatti il quantitativo
maggiore di particolato viene prodotto proprio nelle fasi di decollo ed
atterraggio, e anche dall'attrito delle gomme e dei freni degli aerei nella
fase di atterraggio.
*
L'inquinamento acustico
Le zone prossime ad un aeroporto sono sottoposte all'inquinamento acustico
generato dalle fasi di avvicinamento, atterraggio e decollo degli aerei, e
dal connesso traffico veicolare.
Il rischio di contrarre patologie cardiovascolari, insonnia e disturbi delle
fasi del sonno, irritabilita', astenia, disturbi del sistema endocrino, del
sistema digestivo e dell'udito e' elevatissimo come ormai noto da moltissimo
tempo e dimostrato scientificamente.
Ben documentati anche i disturbi dell'apprendimento in studenti che
frequentano scuole ubicate in aree sottoposte ad inquinamento acustico.
*
L'inquinamento elettromagnetico
I sistemi radar delle torri di controllo e quelli a bordo degli aerei
insieme alle antenne di radiotrasmissione ed ai sistemi elettromagnetici
utilizzati per i controlli di sicurezza  producono inquinamento
elettromagnetico e i lavoratori e i residenti in aree prossime agli
aeroporti possono essere esposti ad effetti di sommazione di campi
elettromagnetici provenienti da piu' fonti: antenne di telefonia, cavi
elettrici ad alta tensione, linee elettriche delle ferrovie etc.
Questo particolare tipo di inquinamento, soprattutto quello legato alla
presenza degli aeroporti, e' sicuramente il meno studiato e se ne sa ancora
poco.
*
La difesa del diritto alla salute
Lorenzo Tomatis, gia' direttore dello Iarc e presidente dell'Associazione
italiana medici per l'ambiente Isde (International Society of Doctors for
the Environment - Italia) affermava: "tutti gli esseri umani sono
responsabili dell'ambiente, e i medici lo sono due volte".
Lorenzo Tomatis era un medico, scienziato e scrittore ma soprattutto un uomo
giusto ed onesto.
Un personaggio scomodo perche' capace di dire la verita' in ogni
circostanza. Egli ha sostenuto e dimostrato nella sua lunga attivita' di
ricerca che la maggior parte delle malattie deriva dall'interazione tra
fenomeni di inquinamento ambientale e genetica umana. Questa certezza e
consapevolezza e' stata recepita anche nel nuovo Codice di deontologia
medica che all'articolo  5 afferma: "Il medico e' tenuto a considerare
l'ambiente nel quale l'uomo vive e lavora quale fondamentale determinante
della salute dei cittadini... Il medico favorisce e partecipa alle
iniziative di prevenzione, di tutela della salute nei luoghi di lavoro e di
promozione della salute individuale e collettiva".
Quindi i medici sono chiamati ad un ruolo di responsabilita' nella tutela e
salvaguardia dell'ambiente proprio come primo intervento per la difesa della
salute di tutte le persone.
Il trasporto aereo rappresenta inconfutabilmente un fattore di rischio e
danno alla salute e all'ambiente, e pertanto deve essere costantemente
studiato, monitorato nei suoi effetti e  soggetto a programmi e politiche di
contenimento e riduzione.

3. LUTTI. PIETRO INGRAO RICORDA SANDRO CURZI
[Dal quotidiano "Liberazione" del 23 novembre 2008 col titolo "Sento ancora
il bisogno del tuo sorriso ironico di fronte all'avversario"]

La battaglia politica e sociale di Sandro Curzi comincio' presto,
prestissimo. Aveva appena tredici anni quando al liceo romano "Tasso"
impatto' con quel gruppo di studenti raccolti attorno a Alfredo Reichlin,
che presto si gettarono nella Resistenza romana e - ancora agri -iniziarono
a militare nel partito comunista. Come siamo stati avari di memorie e di
riconoscimenti di fronte a quell'evento singolare che nella Capitale stretta
nella tenaglia nazista vide quasi miracolosamente scendere in campo una leva
nuova di cospiratori poco piu' che adolescenti. Venivano per gran parte da
un mondo borghese, e nelle periferie romane (Torpignattara, Ponte Milvio,
Ostiense...) si mischiavano a un proletariato poverissimo attanagliato dalla
fame e dalla prepotenza nazifascista.
Cosi' anche a Roma iniziava a formarsi quel cemento nazionale che fu base
della grande ribellione antifascista, e pati' quei massacri che rimasero
amara memoria: i morti delle Ardeatine...
Tali furono le vicende e il ceppo a cui si cibo' Sandro.
Secondo me non bisogna assolutamente lasciare in ombra quell'inizio, per
poter cogliere le fonti lontane di quella vocazione di combattente, quella
passione dello stare in campo che poi segnarono tutta la vita di Sandro, e
anche la voglia sorridente, il mero gusto del cercare e del dibattere: il
suo gusto della battaglia civile, della iniziativa polemica, della parola e
dell'immagine che si facevano frusta, domanda, gusto della scoperta. E'
cosi' dura la sua morte anche perche' ci strappa non solo il suo agire
sociale, ma quella sua irrequietezza. E in queste ore sento l'angoscia per
quel fervore umano che ci viene tolto: proprio quando l'arroganza volgare
del berlusconismo ci fa torcere il muso.
E non si tratta solo dell'oggi. Ben piu' lunga e' la vicenda. Qui ora noi
diamo il nostro solenne saluto a un militante (e dirigente) di una battaglia
che ha attraversato tutto un secolo e che ha visto milioni di morti, e ci ha
fatto fremere nel midollo: quella tempesta che tu hai attraversato
combattendo, Sandro. Come tremammo di fronte ad Auschwitz! E ancora oggi
leggiamo con un nodo alla gola quelle pagine di Primo Levi, quella sua
domanda amarissima: "se questo e' un uomo...".
Sandro, compagno che hai chiuso gli occhi, noi salutiamo in te i tanti che
sono stati in campo in questa battaglia globale di salvezza. Essa e' mutata
oggi: nelle forme e nei livelli, e tuttavia e' ancora interminata. Sentite
come e' lontana ancora oggi dalla vita del mondo quella parola ardita:
"pace". E proprio in queste ore tornano a suonare nei continenti quelle
minacce tristi: crisi, disoccupazione, fabbriche che serrano i cancelli...
E tuttavia, Sandro, anche nei momenti piu' duri, io non ti vidi mai
disperato. Quanto bisogno sento ancora oggi della tua fede, e anche del tuo
sorriso ironico di fronte all'avversario.
Percio' ti chiameremo ancora. Ti chiederemo ancora una mano. Frugheremo
ancora ansiosamente fra le tue carte...
Caro compagno Sandro: cosi' lontano, cosi' vicino.

4. INCONTRI. A LUCCA IL 25 NOVEMBRE
[Dalla Scuola della pace di Lucca (per contatti:
scuolapace at provincia.lucca.it) riceviamo e diffondiamo]

Martedi' 25 novembre 2008, alle ore 17,30, presso la Sala ex Corte d'Assise
del Palazzo Ducale, a Lucca, si svolgera' la presentazione del libro di don
Sirio Politi, Una zolla di terra, in dialogo con la curatrice del libro
Maria Grazia Galimberti.
Saluto di Stefano Baccelli, presidente della Provincia di Lucca; introduce
Ilaria Vietina, coordinatrice della Scuola per la pace della Provincia di
Lucca; interventi di Andrea Antonioli, della Cgil di Viareggio, e di fratel
Arturo Paoli, piccolo fratello del Vangelo.
*
Don Sirio Politi (1920-1988) fu uno dei primi preti operai italiani. A
differenza di altre analoghe esperienze, la sua attivita' lavorativa nella
darsena del porto di Viareggio, non inquadrabile in schemi ideologici, fu
portata avanti in pieno accordo con il vescovo di Lucca, mons. E.
Bartoletti. Accanto a don Sirio, alla chiesetta del porto, si formo' una
comunita' che visse con lui gli ideali evangelici.
"Don Sirio e' stato e rimane, anzitutto, una zolla di terra. Una zolla della
Chiesa di Lucca con la sua Versilia. Ripubblicare il suo primo libro, Una
zolla di terra, a vent'anni dalla sua morte avvenuta il 19 febbraio 1988,
non e' solo rinnovare la memoria di un testimone appassionato e profetico
dell'amore di Dio e della causa dei poveri, ma e' trasmettere anche alle
nuove generazioni un mistero, una passione" (dalla prefazione di mons. M.
Brunini, vicario generale dell'Arcidiocesi di Lucca).
Scritto nel 1961 e ristampato nel 2008, Una zolla di terra testimonia la
profonda dimensione contemplativa che ha sempre animato la vita di impegno
di don Sirio.

5. CONVEGNI. ANGELO D'ORSI: IL RAZZISMO DI STATO, LE LEGGI DEL '38
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 novembre 2008 col titolo "Il fiume
carsico del razzismo di stato" e il sommario "Memoria. Tra presente e
passato, le leggi speciali del 1938"]

Si e' recentemente svolto a Catania un bel convegno organizzato da Giuseppe
Speciale, della Facolta' di Giurisprudenza, sui settant'anni dalle leggi
razziali. Invece dell'occasione anniversaria e memorialistica, e' stato
scelto un taglio scientifico e critico.
Giuristi, storici del diritto, storici, operatori della giustizia hanno
fornito non solo elementi nuovi di conoscenza, ma hanno aperto squarci
problematici: questo per le urgenze del presente, cosa assai diversa dal
"bisogno di ricordare", espressione ormai quasi insopportabilmente retorica,
che lasciamo volentieri agli amministratori alle inaugurazioni di questo
genere di raduni. Accanto al bisogno di riportare sotto l'attenzione quelle
leggi sciagurate e la loro per fortuna non univoca applicazione, vi e' un
bisogno morale: come hanno ricordato molti degli intervenuti, l'urgenza
dello studio dell'aberrante fenomeno del razzismo deriva dal suo ritorno
sulla scena pubblica e nella stessa agenda politica. Michael Stolleis ha
parlato di un "impeto morale" che induce lui, e altri studiosi tedeschi, a
studiare il nazismo e l'Olocausto, per "comprendere l'incomprensibile". In
effetti, si possono studiare quegli avvenimenti per decenni, e rimanere
lontani dalla loro comprensione. Come e' possibile capire per qual via nella
"civile Europa", a cominciare da Germania e Italia, si sia giunti a
"infrangere tutte le barriere della morale, del diritto e della civilta'"?
Un'altra "civilta'", Hitler e Mussolini volevano costruire, a partire,
magari, dalla trasposizione dell'idea di comunita' militare, partorita dalla
Grande Guerra (madre di entrambi i movimenti), su un piano di comunita'
razziale. Opportunamente v'e' chi, come Ruggero Taradel, ha ricordato un
quadro internazionale, comprendente Romania, Slovacchia, Ungheria, Croazia,
Francia, Polonia: nazioni che adottarono fra la fine degli anni Trenta e
l'inizio dei Quaranta, una legislazione di tipo razziale. E la Santa Sede
ebbe responsabilita' non irrilevanti.
L'intero continente fu dunque attraversato e travolto da ideologie e
pratiche razziste, e in cio' gli apparati giuridici ebbero un peso cospicuo.
Ma se il legislatore, asservito ai regimi fascisti e fascistoidi, si
affanno' a sancire, sulla base di pretese dottrine scientifiche, diversita'
e gerarchie "naturali" tra i popoli e i cittadini (suddivisi in razze); se
gli intellettuali abdicarono facilmente al loro ruolo di custodi della
ragione e sacerdoti della verita'; la magistratura non fu cosi' prona al
potere politico, difendendo, con l'autonomia del proprio giudizio, quella
dell'istituzione. Su questa tesi ha insistito Giuseppe Speciale, suscitando
qualche perplessita', anche se gli esempi da lui portati (da Domenico
Peretti Griva ad Alessandro Galante Garrone: per inciso, suocero e genero!),
sono stati convincenti.
Diversi contributi hanno posto l'attenzione sugli aspetti giuridici
(puntuale l'analisi di Ferdinando Treggiari, che soffermandosi sull'articolo
1 del Codice Civile ne ha svelato l'insidioso inquinamento razzista), e
sulle incredibili vicende dei mancati o tardivi risarcimenti alle vittime.
Michele Sarfatti e il magistrato della Corte dei Conti Silvano Di Salvo
hanno fornito una disamina che ha mostrato come alla fine il diritto al
risarcimento era subordinato a imperscrutabili ragioni burocratiche o a
petulanti cavilli giuridici, dietro cui v'erano sostanziose ragioni
economiche.
Certo il processo che porta alla promulgazione della legislazione del 1938,
rimane in buona parte ancora da chiarire. Per tanti versi il Manifesto della
razza colse di sorpresa (vi ha insistito Aldo Mazzacane) l'intero partito
fascista, compreso il segretario Starace. Iniziativa tutta di Mussolini,
come il successivo ingresso nella guerra che si illudeva l'Italia avrebbe
vinto con minimo sforzo e massimo risultato. Le cose non andarono cosi', e
la guerra, l'ultima guerra del Duce, fu con la sua tragica uscita di scena,
anche l'inabissarsi del razzismo di stato. Ma idee e uomini che le
partorirono e le diffusero rimasero in circolazione, dopo che in realta' si
era compiuto tutto un lavorio di preparazione ideologica: basilare il ruolo
della rivista "La vita italiana" fondata nel 1913, da un prete spretato,
Giovanni Preziosi, e durata fino al 1943, principale incunabulo del razzismo
italico. E decisiva fu la sperimentazione (experimentum in corpore vili) di
leggi, pratiche e atti concreti a danno dei "popoli coloniali" nelle guerre
africane: in particolare in quella d'Etiopia, conclusasi con la
"proclamazione dell'Impero" nel maggio '36. Da allora il razzismo fascista
ebbe una straordinaria impennata, che si valse delle leggi del '38, oliate
sul piano della comunicazione di massa dal Minculpop, costituitosi nel 1937,
e da una pletora di iniziative non soltanto giuridiche, ma "scientifiche" e
didattiche.
Si colloca qui una rivista repellente come "La difesa della razza" di
Telesio Interlandi, della quale Francesco Cassata ci fornisce ora una
ricostruzione esaustiva nel volume "La difesa della razza". Politica,
ideologia e immagine del razzismo fascista (Einaudi, pp. 413, euro 34). Non
solo antisemitismo, dunque, ma un complesso apparato propagandistico che
oggi rimane come un repertorio di nefandezze, scempiaggini, volgarita': un
semenzaio di odio, che fece migliaia di vittime. Cassata non si limita a
rileggere le annate (uno sforzo pesante quanto encomiabile), ma ricostruisce
la fitta trama che sta dietro la pubblicazione, tra intellettuali e
istituzioni del regime e, in una serie di cerchi concentrici, altri
giornali, altre imprese dei nostri razzisti. Rimane comunque il fatto che
pur - come ha ricordato Alessandro Somma al convegno catanese - essendo
lecito e corretto comparare la Shoa' (troppo spessa definita
"incomparabile"), allargando lo sguardo e stabilendo connessioni e analogie,
continuita' e discontinuita', l'antisemitismo fascista ebbe specificita'
proprie. Unitamente agli altri razzismi, appare uno dei connotati
fondamentali di un totalitarismo ahime' tutt'altro che "imperfetto".

6. RIFLESSIONE. ILVO DIAMANTI: COME SI FABBRICA L'INSICUREZZA
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 23 novembre 2008 col titolo "Come si
fabbrica l'insicurezza"]

Sono passati dodici mesi appena, un anno, ma l'Italia sembra un'altra. Meno
impaurita e meno insicura. Infatti, l'inverno e' vicino, ma il clima
d'opinione registra un disgelo emotivo evidente. Come testimonia il secondo
rapporto - curato da Demos e dall'Osservatorio di Pavia per Unipolis - sulla
rappresentazione della sicurezza nella percezione sociale e nei media. Pochi
dati, al proposito (d'altronde, ieri "Repubblica" gli ha dedicato molto
spazio).
Nell'ultimo anno, si e' ridotta sensibilmente la percezione della minaccia
prodotta dalla criminalita' a livello nazionale e soprattutto nel contesto
locale. E' calato in modo rilevante anche il timore dei cittadini di cadere
vittima di reati. Da un recentissimo sondaggio di Demos (concluso venerdi'
scorso) emerge, inoltre, che il problema piu' urgente per il 31% degli
italiani (se ne potevano scegliere due) e' la criminalita' comune. Un anno
fa era il 40%. Mentre il 21% indica l'immigrazione: 5 punti meno di un anno
fa. Gli immigrati, peraltro, sono considerati "un pericolo per la sicurezza"
dal 36% degli italiani: quasi 15 punti percentuali meno di un anno fa e 8
rispetto allo scorso maggio. Il legame fra criminalita' comune, sicurezza e
immigrazione che, negli ultimi anni, e' apparso inscindibile, agli occhi dei
cittadini, oggi sembra essersi allentato. Cosa e' successo in quest'ultimo
anno, in questi ultimi mesi di cosi' importante, significativo e profondo da
aver scongelato il clima d'opinione? L'andamento dei reati, in effetti,
rileva un declino che, peraltro, era cominciato a meta' del 2007. Tuttavia,
nel corso degli ultimi anni, si e' sviluppato senza variazioni tali da
giustificare mutamenti di umore tanto violenti. Invece, l'immigrazione e'
cresciuta in misura molto rilevante, come segnalano le principali fonti, dal
Ministero dell'interno alla Caritas. Gli sbarchi di clandestini sono
anch'essi aumentati. Quasi raddoppiati. Non sono i fatti ad aver cambiato le
opinioni. Al contrario: le opinioni si sono separate dai fatti. Per effetto
di un complesso di fattori.
D'altronde, il clima d'opinione riflette una pluralita' di motivi, spesso
non prevedibili e, comunque, non controllabili. In questa fase, in
particolare, la crisi economica e finanziaria ha spostato il centro delle
paure e delle preoccupazioni dei cittadini. Non solo in Italia: anche negli
Usa, prima del collasso delle borse, la campagna delle presidenziali era
concentrata sull'immigrazione. Poi tutto e' cambiato, con grande beneficio
per Obama. Tuttavia, la preoccupazione economica, in Italia, e' da tempo
molto alta. Destinata a deteriorarsi ancora. Nell'ultimo anno, pero', non e'
peggiorata. Era gia' pessima.
Il profilo delle "persone spaventate" presenta alcuni tratti particolari,
utili a chiarire l'origine di questo collasso emotivo. Due fra gli altri:
guardano la tivu' per oltre 4 ore al giorno e sono vicine al centrodestra;
nel Nord, alla Lega. L'analisi dell'Osservatorio di Pavia sulla
programmazione dei tg di prima serata, peraltro, rileva una forte crescita
di notizie sulla criminalita' comune nell'autunno di un anno fa e un
successivo declino, particolarmente rapido dopo maggio. Peraltro, il peso
delle notizie "ansiogene" e' nettamente piu' elevato sulle reti Mediaset, ma
soprattutto su Studio Aperto e Canale 5. Seguiti, per trascinamento, dal Tg
1, il piu' popolare e autorevole presso il pubblico. Il sondaggio di Demos
osserva come l'insicurezza sia molto piu' alta fra le persone che
frequentano prevalentemente le reti e i notiziari Mediaset. Cio' suggerisce
che i cicli dell'insicurezza siano favoriti e scoraggiati, in qualche
misura, dal circuito fra media e politica.
D'altra parte, la sicurezza, l'immigrazione e la criminalita' comune sono
temi "sensibili" negli orientamenti degli elettori. "Spostano" i voti degli
incerti. Rendono incerti molti cittadini certi. Peraltro, come abbiamo gia'
visto, il tema della sicurezza non e' politicamente "neutrale". La
maggioranza degli elettori (anche di centrosinistra) ritiene la destra piu'
adatta ad affrontare questi problemi, trasformati in emergenze (Indagine
Demos, luglio 2007).
Cosi', per creare un clima d'opinione favorevole, al centrodestra basta
sollevare il tema della sicurezza. Cogliere e rilanciare episodi e argomenti
che alimentano l'insicurezza sociale. Farli rimbalzare sui media. Il che
avviene senza troppe difficolta'. Non solo perche' il suo Cavaliere ha una
notevole conoscenza del settore, sul quale esercita un certo grado di
influenza. Ma perche' la paura e' attraente. Fa spettacolo e audience. E
perche', inoltre, in campagna elettorale, la tivu' costituisce la principale
arena di lotta politica, su cui si concentrano l'attenzione dei partiti e la
presenza dei leader.
Cosi', l'insicurezza cresce insieme ai consensi per il centrodestra. Senza
che il centrosinistra riesca a opporre una resistenza adeguata. Frenato da
divisioni interne, particolarismi e personalismi che non gli permettono di
proporre e imporre un solo tema capace di spostare a proprio favore il
consenso. Il lavoro, i prezzi, le tasse, l'etica: nel centrosinistra c'e' la
gara a distinguersi e a smarcarsi. Tutti contro tutti.
La recente campagna elettorale di Veltroni, irenica, tutta protesa a marcare
la distanza dal passato (Prodi), non ha scalfito l'insicurezza del presente.
La morsa della sfiducia e dell'insicurezza si e' allentata solo dopo le
elezioni politiche e le amministrative di Roma. Non a caso. Il risultato,
senza equivoci, non lascia scampo alle speranze dell'opposizione: restera'
opposizione a lungo. Cosi', la campagna elettorale, dopo anni e anni,
finisce. E il centrodestra si dedica a controllare, in fretta, il clima di
insicurezza che aveva contribuito ad alimentare negli anni precedenti.
Propone e approva provvedimenti ad alto valore simbolico: l'impiego dei
militari contro la criminalita', l'aumento di vincoli e controlli
all'immigrazione. La liberalizzazione delle polizie e delle milizie locali,
padane, private. Gli stessi episodi di razzismo hanno prodotto la condanna
"pubblica" dell'intolleranza, con l'effetto di inibirne, in qualche misura,
il sentimento. In quanto gli stranieri, percepiti perlopiu' come "colpevoli"
di reati e violenze, ne diventano vittime.
Cosi' gli immigrati continuano a fluire, i clandestini a sbarcare e il
numero dei reati non cambia, ma l'attenzione dell'opinione pubblica e dei
media nei loro confronti si ridimensiona. La paura declina. Un po' come
avvenne nel periodo fra il 1999 e il 2001. Anche allora criminalita' e
immigrazione divennero priorita' nell'agenda delle emergenze degli italiani.
Spaventati da aggressioni e rapine a orefici e tabaccai; dall'invasione
degli stranieri. Che conquistavano i titoli dei quotidiani e dei tg. Poi,
l'inquietudine si cheto'. Sopita dall'attacco alle Torri Gemelle e dalla
vittoria elettorale di Berlusconi. Capace, come nessun altro, di navigare
sulle acque dell'Opinione Pubblica. E di domare le tempeste che la turbano
dopo averle evocate.

7. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009"

Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni
nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano
per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita',
per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla
forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione
tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno
dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della
nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata.
E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009".
- 1 copia: euro 10
- 3 copie: euro 9,30 cad.
- 5 copie: euro 8,60 cad.
- 10 copie: euro 8,10 cad.
- 25 copie: euro 7,50 cad.
- 50 copie: euro 7 cad.
- 100 copie: euro 5,75 cad.
Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi
(Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946,  e-mail: info at qualevita.it,
sito: www.qualevita.it

8. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009

E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne
nella lotta contro le mafie e per la democrazia.
E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di
Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani.
Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro
Impastato o all'editore.
*
Per richieste:
- Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa
Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail:
csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it
- Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax:
923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito:
www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 649 del 24 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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