Minime. 631



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 631 del 6 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Una sconfitta del razzismo, una vittoria per l'umanita'
2. Luca Celada: interviste a Cornel West
3. Stefano Liberti intervista Amiri Baraka
4. Michael Moore: Una lettera a Barack Obama
5. No war
6. "Peacereporter": Ancora una strage di civili in Afghanistan
7. Guido Olimpio: Esha Momeni, attivista per i diritti delle donne,
arrestata a Teheran
8. Fermiamo i barbari, salviamo il Bulicame
9. Cinzia Gubbini presenta "Lessico del razzismo democratico" di Giuseppe
Faso
10. Elena Loewenthal presenta "Ecolalie. Saggio sull'oblio delle lingue" di
Daniel Heller-Roazen
11. Elena Loewenthal presenta "Shanghai addio" di Angel Wagenstein
12. Elena Loewenthal presenta "Il giardino dell'Eden e la speranza
dell'immortalita'" di James Barr e "Contro l'aldila'" di Franco Crespi
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. UNA SCONFITTA DEL RAZZISMO, UNA VITTORIA PER L'UMANITA'

Un nero alla Casa bianca: un african-american presidente degli Stati Uniti.
Una dura sconfitta del razzismo, una vittoria per l'umanita'.
Indipendentemente da ogni altra considerazione, una grande, grande gioia.

2. RIFLESSIONE. LUCA CELADA: INTERVISTE A CORNEL WEST
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre 2008 col titolo "Il pastore e
filosofo Cornel West sul 'fratello nero'"]

Filosofo, intellettuale, pastore protestante, teorico critico e occasionale
rapper, Cornel West e' uno degli interpreti piu' lucidi dell'ethos
afroamericano contemporaneo. Militante infaticabile per la causa dei diritti
civili, e' cresciuto sotto l'influenza di Malcolm X e delle Pantere nere.
Applica oggi dalla cattedra di filosofia delle religioni a Princeton una
rigorosa analisi strutturale della dinamica razziale della societa'
americana. Pragmatico e mistico, recupera le tradizioni afroamericane - la
predica, la musica, il blues - come paradigma dell'esperienza nera
"allargata" alla nazione nell'era "catastrofica" inaugurata dall'11
settembre.
Nelle ultime settimane ha diviso il proprio tempo fra la campagna a favore
di Obama e la promozione del suo ultimo libro Hope on a Tightrope in cui
applica la sua critica senza sconti anche a Barack Obama, primo candidato
afroamericano forse sulla soglia della presidenza. Le dichiarazioni che
seguono sono state raccolte da interviste a Tavis Smiley della Pbs e Sonali
Kolhatkar di Pacifica radio.
*
- Domanda: Lei ha fatto campagna attiva per Obama...
- Cornel West: Ho promesso al caro fratello Barack Obama che avrei fatto
pressione a tutto campo per vederlo alla Casa bianca e ho voluto mantenere
la parola, facendo quattordici comizi in un giorno a Columbus e 16 a
Cleveland perche' l'Ohio e' naturalmente, con la Florida e la Virginia, uno
stato cruciale. Ho voluto fare tutto cio' che ho potuto perche' e' la nostra
migliore opportunita' per ridare potere alla gente di tutti i giorni, i
lavoratori, i poveri, ma anche la middle class. Allo stesso tempo la mia
critica proviene dallo stesso amore perche' in fin dei conti Barack Obama
non e' Gesu' Cristo, e' un vascello imperfetto, forte quanto lo saremo noi.
Quando di fatto vincera', l'ho detto al mondo: quella notte ballero' la
break dance, ma la mattina mi svegliero' critico. Perche'? Perche' e' una
questione di principio: lui e' un mezzo per ridare voce ai lavoratori e
credo che capisca anche la differenza fra il suo ruolo e uno come me che ha
una vocazione "profetica" e socratica. La sua missione e' un governo
liberale ma voglio che sia anche tenuto a una politica progressista.
*
- Domanda: C'e' entusiasmo fra gli afroamericani per la prospettiva di un
presidente nero?
- Cornel West: Da presidente Barack Obama potrebbe essere una meravigliosa
forza positiva, capace di contrastare in parte l'ingiustizia razziale del
paese. Ma badate bene, Obama non e' un leader nero ma un leader americano
che e' nero. Credo ad esempio che rappresentera' una forza positiva sui temi
della poverta' e degli abusi e della brutalita' della polizia ma non e' una
certezza perche' sicuramente dovra' far fronte a molte altre pressioni. E'
un'ottima cosa un presidente progressista di qualunque colore ed e' bene che
sia Barack ma questo non fa di lui un "leader nero". Obama si e'
consciamente plasmato come leader americano e giustamente, altrimenti non
avrebbe potuto essere eletto. Per questo continueremo ad avere bisogno dei
nostri leader, degli Al Sharpton e degli Jeremiah Wright (l'ex pastore di
Obama - ndr) a guidare la nostra gente. Barack Obama sapra' effettivamente
istituire i cambiamenti che ha promesso nella misura in cui l'opinione
pubblica si organizzera' e manterra' la pressione politica su di lui. Se noi
saremo forti lui lo sara', se saremo deboli invece potra' soccombere agli
interessi delle corporation o di altri.
*
- Domanda: Un presidente nero significhera' la fine del razzismo?
- Cornel West: No naturalmente, sara' un colpo a favore del progresso ma non
si cancella un retaggio di 400 anni con un colpo di spugna; e' una strada
lunga e dura percorsa da gente disposta a sacrificarsi e a lottare per
rendere accettabile anche l'idea di un nero nella massima carica politica,
ma la discriminazione, nella casa, nella scuola e nella strada resta. E'
vero che c'e' un nero alla testa della Time Warner e una nera che guida la
Brown University ma direi che c'e' stato un progresso disunito, da un lato
progresso da un altro stagnazione per la working class e perfino regressione
nel caso del complesso carcerario-industriale. Anche un marziano che
scendesse negli Stati Uniti e vedesse una popolazione nera dell'11% ma del
55% in carcere capirebbe che c'e' qualcosa che non va.
*
- Domanda: E quale sara' la reazione fra i bianchi?
- Cornel West: Esistono ancora fratelli e sorelle bianchi malati, che non
sapranno accettare l'idea di un presidente dalla pelle nera. Di buono c'e'
che si tratta di una minoranza. I numeri sono molto minori di 40 o di 20
anni fa ma ancora sufficienti per pesare e ci sara' sicuramente un
contraccolpo e avremo bisogno del coraggio dei bianchi per farsi carico di
questi "cugini" e dichiararsi contro la xenofobia, e allo stesso tempo gli
afroamericani dovranno capire la natura di questa reazione e non reagire
ingenuamente alle inevitabili provocazioni.
*
- Domanda: Quale sarebbe l'apporto concreto del presidente Obama?
- Cornel West: Rappresenta la fine di un'era, quella di Reagan e di Bush, il
quale, ricordiamolo, ha rifiutato di passare una legge da 1,8 miliardi di
dollari a favore dei bambini disabili dicendo che non c'erano fondi
sufficienti. Ora che le banche sono in crisi: 700 miliardi di dollari per
socializzare le perdite dei mercati finanziari si sono trovati. Questa e'
l'ipocrisia e la mendacita' cui siamo stati abituati. L'impero barcolla, la
democrazia americana traballa, il malessere culturale e il tracollo
economico minano la nostra societa' e dall'alto c'e' solo indifferenza verso
i deboli e i vulnerabili e la politica della paura dalla destra, ma non
funzionera'. La "strategia sudista" e' finita, il regno della destra si e'
concluso e anche l'egemonia conservatrice. Barack Obama e' il simbolo di
questo cambiamento; sta a noi assicurarci che continui ad esserlo una volta
insediato alla Casa bianca.

3. RIFLESSIONE. STEFANO LIBERTI INTERVISTA AMIRI BARAKA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 novembre 2008 col titolo "Barack
cambiera' l'America. Il voto secondo il poeta black Amiri Baraka". Abbiamo
omesso le poche righe di introduzione all'intervista]

- Stefano Liberti: Signor Baraka, come mai ha deciso di intervenire
pubblicamente per sostenere Obama?
- Amiri Baraka: Sono intervenuto perche' diverse persone di estrema
sinistra, vicine a me politicamente, sostengono oggi la politica del "tanto
peggio tanto meglio". Dicono che il partito democratico e il repubblicano
sono la stessa cosa ed esortano quindi a votare per altri candidati, come
Cynthia McKinney dei verdi. Io dico loro: negli Usa, sono solo due le
persone che possono accedere alla presidenza, il candidato democratico o
quello repubblicano. Ogni altro voto e' un voto buttato. Ritengo che coloro
che sostengono di voler votare secondo i propri principi e appoggiano
candidati senza speranza siano solo degli egoisti che vogliono sentirsi in
pace con se stessi. Con questo non voglio certo dire che il mio e' un
sostegno incondizionato. Il giorno dopo le elezioni, quando Barack Obama
sara' stato eletto, comincero' a criticarlo se non fara' quello che ha
promesso di fare. A questo proposito voglio ricordare una cosa: io sono
stato fra i piu' strenui sostenitori dell'elezione dei primi due sindaci
neri di Newark, la citta' dove vivo. Quando i due sono stati infine eletti,
sono anche stato tra i loro critici piu' aspri, proprio perche' mi sentivo
responsabile nei confronti della mia comunita'. Lo stesso faro' con Obama.
*
- Stefano Liberti: Crede che l'America sia pronta per un presidente nero?
- Amiri Baraka: In America, in realta' e' molto radicato il concetto di
"supremazia bianca". L'eredita' della schiavitu' e' tutt'altro che
cancellata nella mentalita' collettiva. Fino ad ora, gli americani potevano
eleggere anche un assassino alla presidenza, ma mai un nero. Se Gesu' Cristo
fosse stato nero, sicuramente non sarebbe potuto essere eletto alla Casa
bianca. Per questo ritengo che la candidatura di Obama - e il grande
sostegno popolare che ha ottenuto - siano importantissimi. Credo che questo
voto cambiera' profondamente l'America. Sono le terze elezioni piu'
importanti della storia degli Stati Uniti, insieme a quella vinte da Abraham
Lincoln nel 1860 e da Franklin Delano Roosevelt nel 1932.
*
- Stefano Liberti: Durante la campagna elettorale, Obama si e'
progressivamente spostato verso il centro. La cosa non ha scosso il suo
entusiasmo?
- Amiri Baraka: Io credo che se ti candidi alla presidenza degli Stati
Uniti, non hai altra alternativa: tutti vanno verso il centro. In un certo
senso, anche la destra si muove verso il centro in occasione delle elezioni.
A me certo non e' piaciuto che Obama abbia approvato il piano di salvataggio
delle banche da 700 miliardi di dollari. Ma sono anche convinto che, se non
avesse votato quel piano, si sarebbe messo in una situazione difficile,
sarebbe stato accusato di essere un traditore della patria. Il punto e' un
altro: come ho detto prima, sta alle persone che lo hanno sostenuto fare le
adeguate pressioni affinche' mantenga le promesse elettorali e riesca
davvero a cambiare l'America.
*
- Stefano Liberti: Anche il discorso fatto alla Aipac, l'istituto
espressione della lobby filo-israealiana a Washington, e' frutto di
opportunismo politico?
- Amiri Baraka: In America non e' possibile vincere le elezioni senza
interagire con la lobby israeliana, cosi' come non e' possibile essere
eletto senza l'appoggio degli anti-castristi di Miami. La differenza e' che
Obama e' andato all'Aipac e ha parlato con i cubani di Miami, ma allo stesso
tempo ha detto che lui e' pronto a negoziare con gli iraniani ed e' pronto a
parlare con Fidel Castro. Io penso che anche sulla politica estera,
riuscira' a voltare la triste pagina dell'unilateralismo di Bush.
*
- Stefano Liberti: Quali sono le cose che si aspetta da un'eventuale
presidenza Obama, le cose su cui non e' disposto a transigere?
- Amiri Baraka: Tre cose: servizio sanitario nazionale per tutti, fine della
guerra, sostegno a una riforma dell'educazione pubblica. Io credo che su
questi punti non sia possibile negoziare. Su questi tre aspetti dovremo
insistere, perche' sono cruciali per il futuro dell'America.

4. RIFLESSIONE. MICHAEL MOORE: UNA LETTERA A BARACK OBAMA
[Dal sito di "Pacereporter" (http://it.peacereporter.net/) riprendiamo il
seguente testo del 27 ottobre 2008 col titolo "Il cambiamento in cui noi
possiamo credere" e il sommario "Lettera aperta di Michael Moore a Barack
Obama: rispetti gli impegni presi in campagna elettorale"]

Caro senatore Obama,
le scriviamo per congratularci dei notevoli risultati ottenuti nella sua
campagna elettorale per la presidenza degli Stati Uniti.
La sua candidatura ha provocato un'ondata di entusiasmo politico come non se
ne vedeva da decenni in questo paese. Nei suoi discorsi, ha prospettato la
visione di un futuro migliore, nel quale gli Stati Uniti smantellano i loro
presidi militari sparsi per il globo e si concentrano sull'azione
diplomatica all'estero, e su una maggiore uguaglianza e liberta' dei loro
cittadini in casa propria; una visione che ha fatto palpitare gli elettori
attraverso tutto lo spettro politico.
Centinaia di migliaia di giovani hanno fatto il loro primo ingresso nella
vita politica, elettori afroamericani si sono radunati al suo seguito, e
molti di coloro che si erano sentiti alienati dalla "solita politica" si
sono impegnati di nuovo.
Lei e' oggi alla guida di un movimento che crede profondamente in quel
cambiamento che lei stesso ha elevato a simbolo della sua campagna. I
milioni di persone che partecipano ai suoi raduni, che contribuiscono con
donazioni alla sua candidatura e che visitano il suo sito web sono una
potente dimostrazione dell'energia e della passione di questo nuovo
movimento.
Questo movimento e' vitale per due ragioni. Primo, le assicurera' la
vittoria contro John McCain a novembre. La lunga notte di avidita' e
avventurismo militare dell'amministrazione Bush, che McCain vorrebbe
prolungare, non puo' finire cosi' in fretta. Una entusiastica schiera di
volontari e organizzatori fara' si' che gli elettori, nel giorno del voto,
chiudano il libro dell'era Bush. Secondo, dopo averla aiutata ad insediarsi
alla Casa Bianca, il sostegno di questo movimento rendera' possibili i
cambiamenti su cui poggia la sua piattaforma politica. Solamente una base
popolare ampia ed energica come quella che la sostiene puo' arginare il
potere dei soldi e contrastare i poteri precostituiti, che sono un peso
morto per coloro che perseguono un reale cambiamento nella politica
americana.
*
Le consigliamo quindi di prestare ascolto alla voce delle persone che
possono portarla alla presidenza e sostenerla nel corso del suo mandato.
A partire dalla sua storica vittoria alle primarie, ci sono stati
preoccupanti segni di un suo spostamento, riguardo gli impegni cardine
condivisi dai molti che hanno sostenuto la sua campagna, verso una posizione
piu' moderata e centrista - compreso il suo voto per la legislazione Fisa,
che garantisce alle compagnie di telecomunicazione l'impunita' per le
intercettazioni telefoniche illegali, cosa che ha fatto infuriare ed ha
costernato molti dei suoi sostenitori.
Riconosciamo che il compromesso e' necessario in qualsiasi democrazia.
Capiamo che le pressioni che deve sostenere chi cerca di raggiungere la piu'
alta carica sono molto forti. Ma ritrattare quelli che sono stati i punti
chiave della sua campagna, indebolira' quel movimento che le offre il
supporto necessario a vincere e a realizzare il cambiamento promesso.
*
Di seguito sono elencate le idee chiave che lei ha abbracciato e che noi
crediamo essenziali per continuare a sostenere questo movimento:
- Ritiro dall'Iraq secondo scadenze prefissate.
- Una risposta all'attuale crisi economica che riduca il divario tra i
ricchi ed il resto della popolazione, attraverso un sistema finanziario e di
sicurezza sociale piu' progressista; investimenti pubblici finalizzati alla
creazione di posti di lavoro e alla ricostruzione dell'infrastruttura del
paese, oramai al collasso; politiche di commercio basate su condizioni di
reciprocita'; ripristino della liberta' di associazione sindacale;
significativi interventi governativi in materia di legislazione del lavoro e
regolamentazione dell'industria.
- Assistenza sanitaria universalmente garantita a tutti i cittadini.
- Una politica ambientale che trasformi l'economia per mezzo di uno
spostamento di miliardi di dollari dal consumo di combustibili fossili verso
fonti di energia alternative, creando cosi' milioni di posti di lavoro nel
settore delle energie rinnovabili.
- Fine del regime di tortura, di violazioni delle liberta' civili e di
incontrollato potere dell'esecutivo, che ha prosperato durante l'era Bush.
- Un impegno per i diritti delle donne, compreso il diritto all'aborto ed un
piu' facile accesso ai servizi sanitari per le pratiche di aborto e di
trattamento della fertilita'.
- Un impegno per il miglioramento delle condizioni di vita delle comunita'
urbane e per porre fine alle discriminazioni razziali, incluse le disparita'
educative attraverso la riforma della legge "No Child Left Behind" ("Nessun
bambino lasciato indietro") e altre misure.
- Una regolamentazione dell'immigrazione che tratti umanamente coloro che
cercano di entrare nel nostro paese, e che fornisca un percorso di
integrazione culminante con il diritto di cittadinanza per coloro che sono
gia' qui.
- Una riforma della legge sulla droga che incarcera centinaia di migliaia di
persone che necessitano di aiuto, non della prigione.
- Una riforma del processo politico che riduca l'influenza dei soldi e delle
lobby delle corporations, e che dia maggiormente voce alla gente comune.
*
Questi sono i cambiamenti in cui possiamo credere. In altri ambiti - come ad
esempio l'uso delle forze armate e di truppe mercenarie in Iraq,
l'escalation della presenza militare Usa in Afghanistan, la risoluzione del
conflitto tra israeliani e palestinesi, e la pena di morte - le posizioni da
lei sostenute sono considerevolmente differenti da quelle assunte da molti
di noi, gli "amici della sinistra" a cui si e' rivolto durante i suoi ultimi
commenti. Se il prossimo novembre lei vincera', noi lavoreremo per sostenere
insieme a lei le posizioni che condividiamo e criticheremo quelle che non
condividiamo. Siamo impazienti di sviluppare con lei, dopo che sara' stato
eletto presidente, un dialogo costruttivo e duraturo.
Fermi restando i principi che lei ha articolato in maniera cosi'
convincente, ci auguriamo che riesca a portare in questo paese il
cambiamento che lei stesso ci ha incoraggiato a credere possibile.

5. LE ULTIME COSE. NO WAR

Opporsi alla guerra e' il primo dovere.
Qui in Italia significa: opporsi alla guerra terrorista e stragista in
Afghanistan cui le forze armate italiane stanno partecipando in violazione
del diritto internazionale e della legalita' costituzionale.
Opporsi alla guerra e' necessario per difendere la Costituzione, la
democrazia, i diritti umani.
Opporsi alla guerra e' necessario per contrastare il terrorismo e il
razzismo, il totalitarismo e i poteri criminali.
Opporsi alla guerra e' necessario per difendere il diritto alla vita di ogni
essere umano, per affermare la legalita' che salva le vite, per resistere
contro la barbarie e l'onnicidio.
Opporsi alla guerra e' il primo dovere.

6. GUERRA. "PEACEREPORTER": ANCORA UNA STRAGE DI CIVILI IN AFGHANISTAN
[Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net/) riprendiamo la
seguente notizia del 5 novembre 2008 col titolo "Afghanistan, bombardamento
Usa su festa di matrimonio uccide decine di civili"]

E' successo lunedi' notte. Tra le vittime almeno 23 bambini e 10 donne.
Almeno 40 civili afgani, tra cui 23 bambini e 10 donne, sono stai uccisi
lunedi' notte in un bombardamento aereo statunitense nel sud
dell'Afghanistan. Lo ha denunciato oggi lo stesso presidente afgano Hamid
Karzai, chiedendo al neoeletto presidente Usa Barack Obama di fermare questi
massacri.
I bombardieri Usa hanno colpito una festa di matrimonio che era in corso nel
villaggio di Wech Baghtu, distretto di Shah Wali Kot, provincia meridionale
di Kandahar. Tra le vittime pare ci sia anche la sposa. Secondo alcune
testimonianze locali, il bilancio dei morti sarebbe ancor piu' pesante.
L'agenzia di stampa "Afghan Islamic Press" parla addirittura di 90 morti.
I caccia Usa hanno colpito la casa di Haji Roozi Khan, dove erano in corso i
festeggiamenti, dopo che i guerriglieri talebani si erano nascosti nei
pressi in seguito a uno scontro a fuoco con truppe Nato.
Un portavoce del comando militare Usa in Afghanistan ha ammesso
"l'incidente": "Ci scusiamo ed esprimiamo le nostre condoglianze".
Le stragi di civili afgani causate dagli indiscriminati bombardamenti aerei
Usa sono sempre piu' frequenti. "La prima richiesta che faccio al nuovo
presidente degli Stati Uniti e' di porre fini all'uccisione di civili
innocenti", ha detto Karzai.

7. MONDO. GUIDO OLIMPIO: ESHA MOMENI, ATTIVISTA PER I DIRITTI DELLE DONNE,
ARRESTATA A TEHERAN
[Dal "Corriere della sera" del 4 novembre 2008 col titolo "Esha, arrestata a
Teheran perche' difendeva le donne" e il sommario "La giovane, 28 anni, ha
la cittadinanza Usa e iraniana. E' stata rinchiusa nel terribile carcere di
Evin. La giovane e' detenuta in isolamento nel braccio gestito dalla polizia
segreta. Silenzio del regime"]

Washington - Esha Momeni non ha mai invocato la lotta armata, ne' ha
complottato per rovesciare i mullah iraniani. La sua unica battaglia e'
stata in difesa dei diritti alle donne. Una rivoluzione rosa che spaventa
gli uomini in nero, gli ayatollah. Che per questo l'hanno fatta arrestare
oltre due settimane fa, alla vigilia della sua partenza per gli Stati Uniti.
Esha, 28 anni, cittadina americana e iraniana, e' stata fermata per un
"controllo stradale" a Teheran. Agenti in borghese l'hanno accusata di una
violazione del codice e l'hanno poi portata alla famigerata sezione 209, il
braccio nel carcere di Evin gestito dalla Vevak (la polizia segreta). Da
allora e' in isolamento. Un arresto arbitrario che ha suscitato sdegno e
spinto Amnesty International a lanciare un appello rivolto alla comunita'
internazionale forse un po' troppo distratta.
Il profilo di Esha e' diverso da quello di tanti iraniani che non
condividono le scelte della Repubblica islamica. Il papa', Reza, sorpreso
dalla rivoluzione del 1979 negli Usa (studiava in California), aveva deciso
di tornare in patria l'anno seguente per mettersi al servizio del suo paese
in guerra con l'Iraq. E' cosi' che Reza Momeni, pur possedendo la
cittadinanza americana, ha partecipato a lavori di ricostruzione a Bandar
Abbas e Busher.
La figlia Esha, carattere sensibile, con grande passione per la musica e la
poesia, si e' sposata dopo la laurea. Ma, come ha raccontato il padre, il
matrimonio e' naufragato in quanto il genero era "un maschio sciovinista"
con seri problemi psichici. Inevitabile il divorzio. Una brutta esperienza
che non solo ha sconvolto la vita familiare di Esha ma l'ha spinta ad
occuparsi in maniera piu' convinta dell'emancipazione femminile. La ragazza
si e' unita alla campagna "Cambio per l'uguaglianza" insieme a poche
coraggiose decise a sovvertire tabu' e tradizioni. Il loro obiettivo e'
quello di raccogliere un milione di firme per sostenere la svolta. Una
lotta, condotta con l'appoggio di organizzazioni occidentali, che le
autorita' iraniane considerano alla stregua della sovversione. E per questo
non e' facile agire all'interno dei confini iraniani.
Cosi' due anni dopo - siamo nel 2005 - Esha ha deciso di trasferirsi negli
Stati Uniti, dove si e' unita a un gruppo di professori e volontari scesi in
campo anche loro per il "Cambio". Una scelta che ha accresciuto i sospetti
di Teheran che ritengono gli attivisti il lungo braccio di operazioni che
hanno come reale obiettivo il rovesciamento del regime islamico.
Accuse politiche respinte dai familiari di Esha. Ad animarla, hanno
ribattuto, e' la difesa delle donne. Ed e' per loro che la ragazza, due mesi
fa, e' rientrata in Iran munita di una videocamera per registrare delle
interviste. Gli amici hanno cercato di dissuaderla mettendola in guardia sui
pericoli che correva. Ma Esha e' partita lo stesso per essere al fianco di
altre iraniane poi finite nel mirino della sicurezza. Sussan Tahmasebi
doveva lasciare il 28 ottobre l'Iran, ma le e' stato confiscato il
passaporto e la sua abitazione e' stata perquisita. Parastoo Alahyaari, che
aveva organizzato alcune manifestazioni pacifiche, e' stata convocata molte
volte dalla Vevak. Infine, quattro attiviste sono state denunciate perche'
avevano osato raccogliere firme per il "Cambio": saranno processate a
gennaio.

8. INIZIATIVE. FERMIAMO I BARBARI, SALVIAMO IL BULICAME

Si e' svolta il 5 novembre a Viterbo un'iniziativa di informazione dei
cittadini sul tema "Salviamo il Bulicame" promossa dal "Centro di ricerca
per la pace" di Viterbo.
La struttura pacifista, che partecipa al movimento che si oppone al
mega-aeroporto che devasterebbe irreversibilmente l'area del Bulicame, ha
diffuso materiale informativo ed interloquito con i cittadini.
Tutte le persone raggiunte dall'iniziativa di informazione e
sensibilizzazione hanno espresso il loro sostegno al movimento che si batte
per difendere l'ambiente, i beni comuni, i diritti e la salute dei
cittadini.
Di seguito il testo dell'appello diffuso.
*
Fermiamo i barbari, salviamo il Bulicame
La realizzazione a Viterbo di un devastante mega-aeroporto per voli low cost
del turismo "mordi e fuggi" per Roma sarebbe per Viterbo e per l'Alto Lazio
una sciagura insostenibile.
Oltre alla nocivita' per la salute delle persone (come rigorosamente
documentato dall'Associazione italiana medici per l'ambiente - International
Society of Doctors for the Environment Italia) la dissennata opera
provocherebbe un enorme danno ambientale, economico e sociale.
Particolarmente devastata ne risulterebbe in primo luogo l'area termale del
Bulicame, un bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico e sociale,
economico e simbolico di fondamentale importanza per Viterbo e i viterbesi.
La realizzazione del devastante mega-aeroporto danneggerebbe
irreversibilmente l'area del Bulicame.
Per contrastare questa minaccia diversi mesi fa molti cittadini viterbesi
hanno sottoscritto un appello che di seguito riproponiamo.
*
"Quale del Bulicame esce ruscello"
(Dante, Inferno, canto XIV, v. 79)
L'area termale di Viterbo, l'area del Bulicame, un bene ambientale, storico,
culturale, terapeutico, sociale ed economico di straordinario pregio, e' in
pericolo.
L'intenzione di realizzare in quell'area un mega-aeroporto per voli low-cost
avrebbe un impatto devastante su di essa.
Difendiamo l'area del Bulicame.
Difendiamo la natura, la storia e la cultura di Viterbo.
Difendiamo i diritti di tutti dall'assalto degli speculatori.
Si' alla difesa del Bulicame.
No al mega-aeroporto distruttivo, inquinante, nocivo.
Facciamo appello a tutte le persone che amano Viterbo, la sua natura, la sua
storia, i suoi monumenti, affinche' sia fermato lo scempio voluto dai nuovi
barbari.
*
Salviamo il Bulicame.
Impediamo la realizzazione del nocivo e distruttivo, illegale e folle
mega-aeroporto a Viterbo.

9. LIBRI. CINZIA GUBBINI PRESENTA "LESSICO DEL RAZZISMO DEMOCRATICO" DI
GIUSEPPE FASO
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 27 maggio 2008 col titolo "Voci ed
equivoci sull'immigrazione" e il sommario "Per DeriveApprodi il Lessico del
razzismo democratico di Giuseppe Faso"]

E' nato come una sorta di diario il Lessico del razzismo democratico
pubblicato di recente da DeriveApprodi (pp. 140, euro 10): da anni infatti
l'autore, Giuseppe Faso, cura una rubrica sulla rivista delle autonomie
toscane "aut/aut", appunti che nascono dall'ascolto dei "rumori di fondo"
quotidiani e che nel libro sono stati riorganizzati in ordine alfabetico. Ma
la nuova tassonomia non fa perdere la freschezza dell'idea originaria: una
pausa di riflessione nello scorrere quotidiano delle parole, la voce di un
amico che ti chiede "ma hai sentito cosa hai detto?".
Perche' le parole razziste che Faso mette sotto la lente di ingrandimento
sono quelle che ciascuno di noi usa tutti i giorni per descrivere il mondo:
ci sono termini come "legge" o "vendetta" insieme a quelli piu' direttamente
riferiti all'immigrazione, da "mediatore" a "tolleranza zero", da
"clandestino" a "sicurezza". E se lo spunto per riflettere sull'uso di
quelle parole arriva sempre dal racconto - non di rado spassoso - di come
insigni osservatori o la maestra di scuola o l'uomo in fila al supermercato
abbiano parlato di un certo episodio che aveva come protagonista un
immigrato o un'immigrata, Faso risale poi al vero significato del termine
analizzato, alla sua origine e alla sua storia, svelandone gli incredibili
slittamenti semantici (andate a guardare la parola "degrado").
Si comprende cosi' che la clava del linguaggio utilizzata contro gli
immigrati nasconde un'altra malattia, piu' profonda, che colpisce gli
autoctoni: la malattia della semplificazione, l'illusione che se "parliamo
tutti uguale" ci capiamo meglio, che se evitiamo di fermarci a pensare siamo
piu' al passo con i tempi che - e' il caso di dirlo - corrono. Succede
invece che piano piano cominciamo a perdere il contatto con cose e persone
creando una metarealta' evanescente, e paurosa.
Per esempio, alla voce "cibo": che c'e' di male a organizzare una settimana
di "cucina etnica" nelle scuole, come ha fatto con le migliori intenzioni
una Asl toscana? Certo, per far partire il progetto ci sono voluti mesi, in
cui di fatto si e' combinato poco. Cosi' quando il tempo stringe, si chiama
una mediatrice culturale che in poco tempo deve buttare giu' un progetto con
la dietologa. Alle due donne, pero', viene un dubbio: e se il couscous fosse
poco "digeribile"? Si', in effetti, meglio il riso, riso con pollo,
ovviamente carne non halal, perche' a questo non ha pensato nessuno. E
quindi alla fine i bambini marocchini - quegli ingrati - non mangeranno il
cibo cucinato per loro. Con effetti a catena strabilianti: maestre
inviperite, che parlano male dei genitori marocchini pronti a rimpinzare i
figli di cibi poco "digeribili", bambini che tornano a casa raccontando ai
genitori che in Marocco si mangiano cose che fanno male, lettera firmata da
un gruppo di insegnanti in cui si chiede che venga ripristinato nelle mense
scolastiche in periodo di quaresima il digiuno del venerdi'.
Ma Lessico del razzismo democratico e' interessante anche sotto un altro
aspetto: Faso vive in Toscana, uno dei territori "zoccolo duro" della
sinistra. Qui come altrove le ultime elezioni hanno mostrato le prime crepe:
gli elettori di sinistra migrano a destra. Gli appunti di Faso rappresentano
una diagnosi credibile. Il problema e' trovare la cura.

10. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "ECOLALIE. SAGGIO SULL'OBLIO DELLE
LINGUE" DI DANIEL HELLER-ROAZEN
[Da "Tuttolibri", supplemento librario del quotidiano "La stampa", del 30
agosto 2008 col titolo "In principio tutti poliglotti" e il sommario
"L'oblio nella lingua: dal bambino che smarrisce il naturale talento
fonetico all'Alef ebraico di cui piu' non si conosce il suono"]

Come tutti sanno, i bambini all'inizio non parlano. Eppure si esprimono: la
cosiddetta lallazione e' una sorta di pre-linguaggio, un puro esercizio di
voce apparentemente insensato.
In realta', il linguista Roman Jakobson ha dimostrato che insensato non lo
e' affatto, rappresenta piuttosto una fase cruciale. In un suo saggio
scritto fra il 1939 e il 1941 (durante l'esilio in Norvegia e Svezia) lo
studioso spiega il fatale transito dal balbettio alla parola: quando si
avvicina il momento in cui impara a formare le prime parole, il bambino
dispone di straordinarie capacita', e "puo' accumulare delle articolazioni
che non e' dato trovare in nessuna lingua particolare". Poi impara a
conoscere la propria, che "non tollera l'ombra di un'altra" e gli impone di
dimenticare il suo talento fonetico naturale, l'innato "poliglottismo" del
suono.
In sostanza, spiega Jakobson e da qui prende le mosse Daniel Heller-Roazen
nel suo Ecolalie. Saggio sull'oblio delle lingue (accurata traduzione di
Andrea Cavazzini per Quodlibet, pp. 260, euro 24), l'apprendimento della
lingua comporta necessariamente un atto di amnesia. Tale approccio di studio
conduce su un cammino decisamente interessante. Il fenomeno del linguaggio
assume una luce nuova. Soprattutto, la lingua si rivela portatrice di un
ruolo attivo, nel suo rapporto con l'umanita': non e' piu' semplicemente
"parlata", piuttosto "si fa parlare".
Heller-Roazen, che insegna letteratura comparata a Princeton, affronta
diversi casi di "oblio" nella lingua, a testimonianza della sua capacita'
dinamica di interagire con il soggetto parlante: la cosiddetta "e" instabile
del francese, ad esempio. E certamente l'Alef dell'ebraico: consonante
primigenia, principio del tutto ma anche distillato della "rivelazione
divina ridotta al suo elemento minimale" (ha detto un maestro della
tradizione che tutta la dottrina di Dio sta racchiusa nell'Anokhi, cioe'
"Io", con cui iniziano i comandamenti), l'Alef ha perduto il suo suono, non
l'ha piu' e nessuno lo conosce. O forse l'Alef e' proprio l'articolazione di
quel silenzio di fondo che veglia su tutto il creato?
Chissa'. Heller-Roazen percorre diversi contesti in cerca di queste
dinamiche. Quasi nessuna lingua si estingue per un cataclisma (e' capitato
allo yiddish, persosi nella Shoah), pero' tutte sono destinate a morire e,
prima ancora, a portare in se' gli echi di altre, gia' perdute: "Nessuna
lingua - nemmeno quella considerata sacra - puo' sottrarsi alla propria
caducita'". Emblema di questa mortalita' della parola, ma anche del suo
talento di vita e rinascita, ee' la torre di Babele, perche' in fondo
l'esilio e' "la vera patria della parola, e puo' ben darsi che si possa
accedere al segreto di una lingua solo nel preciso istante in cui la si
dimentica".

11. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "SHANGHAI ADDIO" DI ANGEL WAGENSTEIN
[Da "Tuttolibri", supplemento librario del quotidiano "La stampa", del 13
settembre 2008 col titolo "Un violino in fuga da Dachau"]

C'e' una vecchia storiella ebraica che inizia con una domanda (qui persino
l'umorismo si fonda sull'interrogazione e non sulle certezze) piu' o meno
cosi': "Come mai ci sono tanti ebrei che suonano il violino?". Tanto per
cambiare, anche la risposta e' una domanda, e niente affatto retorica: "Hai
mai visto qualcuno scappare con un pianoforte in spalla?".
A dire il vero, in queste ultime generazioni la storia, quella della musica
e quella degli ebrei messe insieme, ha regalato anche dei pianisti
talentuosi, come a dire che finalmente ci si puo' permettere di non pensare
a levar le tende in fretta e furia. Ottimismo e/o prudenza a parte, con la
musica il popolo ebraico ha una confidenza antichissima, almeno da re Davide
e dalla sua arpa in poi. E la lettura sinagogale del testo sacro, cosi' come
la voce della preghiera, sono musica da sempre. Complice anche il divieto
biblico di fare immagini, la musica e' sempre stata l'arte prediletta dai
figli d'Israele in diaspora, e non a caso la giornata europea della cultura
ebraica da poco trascorsa aveva scelto proprio lei come filo conduttore, per
quest'anno.
Filo conduttore, la musica lo e' anche di un romanzo appena pubblicato in
italiano da Baldini Castoldi Dalai: s'intitola Shanghai addio e ne e' autore
Angel Wagenstein (traduzione dal bulgaro di Roberto Adinolfi, pp. 293, euro
18). Classe 1922, Wagenstein ha trascorso l'infanzia a Parigi, e' stato
partigiano in Bulgaria, il suo Paese, e dopo la guerra ha fatto il regista e
lo sceneggiatore. In effetti, il romanzo ha spesso i tratti del copione:
scene che si susseguono rapide, ritmo incalzante. Vi si narra una vicenda
calcata sulla realta', una storia di lontananze estreme. Pochi sanno,
infatti, che fra i luoghi ai quattro angoli del mondo dove gli ebrei si
rifugiarono in fuga dagli orrori nazisti, ci fu anche la citta' cinese che
questo romanzo porta nel titolo.
Ventimila ebrei tedeschi e austriaci approdarono nel "degradato quartiere di
Honk Yu". Non si tratto' certo di un esilio dorato, tutt'altro. Ma almeno fu
salvezza. Fra questi profughi c'era il grande violinista Theodor Weissberg,
che nella Notte dei Cristalli suona con l'orchestra di Dresda la sinfonia
degli Addii di Haydn. Da quel giorno, anzi quella notte, quando viene
arrestato con gli altri colleghi ebrei e poi internato a Dachau, la musica
per lui e il suo violino diventa anche qualcosa d'altro, di terribilmente
nuovo.
La cifra di un "odio mortale": "A loro Hans canticchiava allegramente il
motivetto servendosi, per scandire il tempo, di un bastone con cui ogni
tanto, dimostrando un preciso senso del ritmo, percuoteva la schiena degli
sventurati ritardatari". Weissberg esce poi dal campo grazie all'arianissima
moglie, e i due partono per la Cina. Come Hilde Braun, attrice e modella,
anche se quasi nessuno sapeva di lei che era ebrea. Insieme a loro, altri
personaggi, piu' o meno ambigui, affollano il romanzo.

12. LIBRI. ELENA LOEWENTHAL PRESENTA "IL GIARDINO DELL'EDEN E LA SPERANZA
DELL'IMMORTALITA'" DI JAMES BARR E "CONTRO L'ALDILA'" DI FRANCO CRESPI
[Da "Tuttolibri", supplemento librario del quotidiano "La stampa", del primo
novembre 2008 col titolo "Pro e contro l'aldila'" e il sommario "Pensiero
religioso e pensiero laico, due saggi a confronto sulla ricerca e la
speranza dell'immortalita'"]

Qualche giorno fa un'immagine straziante si e' affacciata al mondo degli
internauti: una madre di scimpanze' che teneva fra le braccia il suo
cucciolo morto, gridando dolore. La foto diceva: "Guardate che io so bene
cos'e' la morte, anche se (o proprio perche') sono solo un animale". Gli
etologi ci hanno spiegato che i primati hanno consapevolezza della morte
altrui. Ma non della propria.
Forse, anche per l'uomo sarebbe cosi' se non fosse stato per un episodio
tanto increscioso quanto cruciale. Secondo James Barr (un grande biblista
inglese scomparso nel 2006), infatti, la biblica cacciata dal giardino
dell'Eden non fu l'invenzione della colpa primigenia, bensi' la dissipazione
di un sogno: il "racconto della possibilita' dell'immortalita', per un breve
momento accessibile all'umanita', ma perduta rapidamente". Se Adamo ed Eva
fossero rimasti laggiu', non avrebbero saputo che cos'e' la morte.
Barr affronta questo risvolto biblico in un libro per addetti ai lavori ma
ricco di interessanti riflessioni anche per il lettore curioso: Il giardino
dell'Eden e la speranza dell'immortalita' (Morcelliana, pp. 176, euro 15).
L'acribia filologica, l'affondo nelle tematiche teologiche, non esclude
pero' un'ermeneutica piu' prosaica, una banale immedesimazione nei due
protagonisti della storia, sconvolti e presumibilmente anche storditi
dall'incalzare degli eventi. Possibile che la conoscenza fosse una cosa
cosi' rischiosa? "E adesso?", debbono aver pensato, di fronte al futuro che
per la prima volta presentava loro i conti. E non solo l'immediato domani,
anche l'avvenire remoto che sta oltre la morte e la realta'.
*
Contro l'aldila'. Per una nuova cultura laica proclama invece il libro di
Franco Crespi, professore di sociologia a Perugia (il Mulino, pp. 125, euro
11). In questo caso, l'aldila' e' tutto cio' che sta oltre l'orizzonte.
Sogno, chimera, meta irraggiungibile? Secondo Crespi, questo slancio verso
l'ignoto dentro il tempo e' un'invenzione della fede, ed e' stato
storicamente e culturalmente controproducente. Egli invoca infatti non un
semplice hic et nunc, ma una rassegnazione consapevole
all'"inconciliabilita' dell'esistenza": vano e anzi dannoso e' tentare di
capire e arrivare a tutto. Questa moderazione ermeneutica costituisce il
sano cardine del pensiero laico: non e' abulia mentale, anzi. E' l'unico
modo per far pace con l'inconoscibile senza dover postulare l'esistenza di
Dio e dei suoi misteri. E' pur vero che una cultura ha il (sacrosanto)
diritto di ignorare la fede, ma non se si definisce "laica", perche' questo
aggettivo implica necessariamente una contrapposizione rispetto a cio' che
"laico" non e'.
Questo libro offre una quantita' di spunti interessanti, ma soffre di una
certa chiusura nei confronti del fenomeno religioso. "Impossibile fare qui
l'elenco dei crimini commessi in nome della fede", si dice. Ma vale anche il
contrario: le fedi sono state e sono tanto voce di barbarie quanto motore di
progresso. Perche' sono specchio di umanita', del suo bene e del suo male:
l'ateo dira' che i testi sacri sono umane creazioni, il credente sa che per
comunicare quaggiu' Dio adatta il suo linguaggio ai nostri limiti. Mentre
fra queste pagine il fenomeno religioso e' ridotto a un cumulo di inutili
macerie da spazzar via con qualche dritta freudiana.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 631 del 6 novembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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