Minime. 603



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 603 del 9 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Danilo Dolci: Sulla tomba di Gandhi
2. Ogni giorno la nonviolenza
3. Gabriele Aquilina: Nonviolenza e stili di vita
4. Paolo Farinella: La nonviolenza, l'asino e il cavallo
5. Angela Giuffrida: Un mondo nonviolento e' possibile?
6. Claudio Torrero: Con la forza della verita'
7. Il "Cos in rete" di settembre
8. Letture: Iginio Ariemma, Luisa Bellina (a cura di), Bruno Trentin. Dalla
guerra partigiana alla Cgil
9. Riletture: Flannery O'Connor, Sola a presidiare la fortezza
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. MAESTRI. DANILO DOLCI: SULLA TOMBA DI GANDHI
[Ringraziamo Amico Dolci (per contatti: amicodolci at libero.it) per averci
inviato come contributo per la Giornata della nonviolenza la poesia che suo
padre Danilo ha scritto sulla tomba di Gandhi (ora in Danilo Dolci, Il
limone lunare (1968-'69), Edizioni Martina, Bologna 1997).
Amico Dolci, musicista e amico della nonviolenza, figlio di Danilo Dolci, ne
prosegue l'opera educativa e di suscitamento e riconoscimento di umanita'.
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43
dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le
opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze
1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988
(sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo
Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un lavoro
fondamentale); Lucio C. Giummo, Carlo Marchese (a cura di), Danilo Dolci e
la via della nonviolenza, Lacaita, Manduria-Bari-Roma 2005; Raffaello
Saffioti, Democrazia e comunicazione. Per una filosofia politica della
rivoluzione nonviolenta, Palmi (Rc) 2007. Tra i materiali audiovisivi su
Danilo Dolci cfr. il dvd di Alberto Castiglione, Danilo Dolci. Memoria e
utopia, 2004. Tra i vari siti che contengono molti utili materiali di e su
Danilo Dolci segnaliamo almeno www.danilodolci.it, danilo1970.interfree.it,
www.danilodolci.toscana.it, www.inventareilfuturo.com, www.cesie.org,
www.nonviolenti.org
Mohandas K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo
pensatore e operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della
nonviolenza come proposta d'intervento politico e sociale e principio
d'organizzazione sociale e politica, come progetto di liberazione e di
convivenza. Nato a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra,
avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro
la discriminazione degli immigrati indiani ed elaboro' le tecniche della
nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne uno dei leader del Partito
del Congresso che si batteva per la liberazione dal colonialismo britannico.
Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando sempre piu' la
teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di organizzazione
economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu assassinato il
30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza di
quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va  mitizzato, e
che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni aspetti
discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua riflessione,
della sua opera. Opere di Gandhi:  essendo Gandhi un organizzatore, un
giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una
natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua
riflessione in continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede
significativamente il titolo Storia dei miei esperimenti con la verita'. In
italiano l'antologia migliore e' Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi; si vedano anche: La forza della verita', vol. I, Sonda; Villaggio e
autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la
liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta, Newton Compton;
Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento; La cura
della natura, Lef; Una guerra senza violenza, Lef (traduzione del primo, e
fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South Africa). Altri volumi
sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile raccolta di
frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita'; da
Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali
della drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono
stati pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi
massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda
il saggio in proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza
civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi:
tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente
accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro
di Yogesh Chadha, Gandhi, Mondadori. Tra gli studi cfr. Johan Galtung,
Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente
detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il
Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il
Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis Dalton, Gandhi, il
Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante testimonianza e'
quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la bibliografia
cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali esistenti
nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri particolarmente
utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto, William L.
Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica Collotti
Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto Balducci,
Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e' quella di
Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu' recenti
pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero
nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini,
L'amore politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con
la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini)
2005; Fulvio Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi
in un'eta' di terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara,
L'antibarbarie. La concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega,
Torino 2006]

E' qui sotto, il residuo del tuo corpo.

Sperimentavi come puo' deviare
la storia, richiedendo
risorse prima a te.
Chi ti ha assassinato, non comprendeva
si colpiva, suicida -
e ancora da te muove fiducia
e rimorso,
come da pochi vivi.

Mani screpolate toccano la pietra
per esserti vicino:

scalza una fresca giovane medita
succhiata dal suo piccolo;

un campagnolo, con le scarpe nuove;

un'anziana ti parla senza voce.

Arriva gente che ha sentito dire
sapevi essere forte, senza odiare.

2. MATERIALI. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA

Proseguiamo la pubblicazione degli interventi ricevuti in occasione della
Giornata internazionale della nonviolenza che si e' celebrata il 2 ottobre.
Altri ne pubblicheremo nei prossimi giorni. E ringraziamo ancora tutte le
persone che ci hano inviato loro contributi.

3. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. GABRIELE AQUILINA: NONVIOLENZA E STILI DI
VITA
[Ringraziamo Gabriele Aquilina (per contatti: gabriele.aquilina at tin.it) per
questo intervento]

Da qualche anno a Narni (in provincia di Terni) una rete di associazioni
locali organizza cicli di incontri sulla nonviolenza e le sue implicazioni:
opposizione alle guerre, giustizia sociale ed economica, rispetto
dell'ambiente.
Quest'anno, su indicazione dei partecipanti ai precedenti cicli, abbiamo
pensato di mettere a fuoco il rapporto tra pratica della nonviolenza e stile
di vita. Siamo infatti convinti che il nostro impegno civile e politico puo'
essere efficace solo se e' coerente con il nostro comportamento quotidiano,
in base al principio gandhiano per cui possiamo chiedere agli altri (e alla
societa') solo quello che siamo pronti a realizzare in prima persona nella
nostra vita.
Affronteremo i diversi argomenti (consumi domestici, gestione dei rifiuti,
trasporto pubblico e privato, consumo critico, ecc.) in due momenti
distinti: un incontro di formazione/informazione con un esperto di ogni
settore; un "laboratorio delle idee" in cui noi partecipanti, con l'aiuto di
un facilitatore, saremo chiamati ad elaborare proposte concrete da
realizzare individualmente, collettivamente, o interagendo con istituzioni.
Vogliamo infatti che questo percorso non sia solo di autoformazione ma anche
di progettazione e di intervento.
Le associazioni coinvolte e le persone referenti sono: Narni per la pace
(Flora Scaia); Legambiente di Narni (Valeria Cerasoli); Arciragazzi di Narni
(Andrea Proietti); La Scintilena (Andrea Scatolini).

4. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. PAOLO FARINELLA: LA NONVIOLENZA, L'ASINO E IL
CAVALLO
[Ringraziamo Paolo Farinella (per contatti: paolo_farinella at fastwebnet.it)
per questo intervento, sintesi rielaborata di "Asino vs cavallo", articolo
piu' ampio apparso in "Missioni Consolata", anno 108, n. 4, 2006]

Nella giornata della nonviolenza i credenti non possono non interrogarsi
sull'atteggiamento di fondo che deve avere il discepolo di Gesu' riguardo a
questa condizione essenziale dell'esistere. La nonviolenza non e' solo un
metodo (e' anche questo) e non e' mai una concessione (non lo e' mai): essa
e' una disposizione dell'anima come profezia di un Dio che non viene tra gli
squilli di tromba di eserciti armati, ma  "maltrattato, si lascio' umiliare
e non apri' la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora
muta di fronte ai suoi tosatori, e non apri' la sua bocca" (Is 53,7). Nel
Nuovo Testamento c'e' una immagine che quasi mai viene meditata e
contemplata come icona pulsante della nonviolenza attiva: Gesu' che entra a
Gerusalemme a dorso di un asina col suo puledro.
Cavalcando l'asina, Gesu' realizza la profezia del profeta messianico
Zaccaria, citato espressamente nel racconto di Matteo: "Dite alla figlia di
Sion: Ecco, il tuo re viene a te mite, seduto su un'asina, con un puledro
figlio di bestia da soma" (Mt 21,5). Il Messia e' "il principe della pace"
(Is 9,5) e puo' entrare in Gerusalemme solo cavalcando un'asina, perche' uno
dei suoi compiti sara' quello di fare sparire i cavalli e i carri da guerra
(cf Zc 9,9-10). Cavalcando un'asina per il suo ingresso nella citta' di
"Davide, suo padre" (Lc 1,32) dove la folla lo acclama "figlio di Davide"
(Mt 21,9), Gesu' fa una scelta di campo e di metodo: sceglie i poveri e i
bambini come cittadini privilegiati del suo Regno messianico le cui
relazioni saranno guidate dal metodo della nonviolenza contro ogni forma di
sopraffazione e ogni forma di guerra simboleggiate nel "cavallo".
*
La tradizione biblica oppone i due animali.
L'asino e' simbolo del lavoro e della pace, e' bestia da soma (Gen 22,3.5;
42,27; 44,13; Es 4,20; 23,4-5; Nm 22,22-23; Dt 22,10; Gs 15,18; Gdc 1,14;
1Sam 25,20.23.42; 2Sam 17, 23; Lc 10,34), fa girare le macine dei mulini (cf
Is 30,24; 32,20; Mt 18,6) e in Egitto le ruote dei pozzi. L'asino non e' mai
usato come "arma" di guerra.
Il cavallo, al contrario, animale superbo e solenne non e' mai usato per i
lavoro dei campi, ma e' utilizzato solo per i combattimenti come una vera
macchina da guerra (Sal 20,8; 33,17; 76,7; 147,10; Pr 21,31; Is 31,3; Os
1,7). Il cavallo e' considerato arma pesante, specialmente se unito al carro
ed esprime la potenza di chi li possiede. L'espressione "cavallo e
cavaliere" diventa espressione tecnica per indicare una perfetta macchina da
guerra inarrestabile che solo Dio sa affrontare e distruggere (Es 15,1.21:
Gb 39,18: Ger 51,21). Carri e cavalli rivelano una supremazia bellica, un
forte deterrente contro eventuali attacchi. L'uomo che ostenta la sicurezza
dei suoi cavalli armati di carri e' il Faraone, il simbolo stesso del nemico
di Dio, l'emblema del persecutore, dell'oppressore (Es 14,9.23). Oggi
corrisponderebbe ad un carro armato missilistico.
Il profeta Zaccaria (citato espressamente da Mt 21,5) prosegue cosi': "Fara'
sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l'arco della guerra
sara' spezzato, annunziera' pace alle genti" (Zc 9,10). Carri e cavalli,
cioe' l'ignominia della guerra (cf Is 2,1-5). Di norma i figli d'Israele
combattono a piedi, risultando cosi' molto lenti di fronte a chi e' piu'
forte e potente, ma e' proprio questa la loro specificita'. Non e' Israele
che combatte e vince o perde, ma e' Dio che guida Israele se essi non
confidano nella potenza esteriore o nel numero, ma hanno fede in Yhwh che li
protegge da ogni pericolo e sopruso. Mose' prima di morire aveva messo in
guardia: "Quando andrai in guerra contro i tuoi nemici e vedrai cavalli,
carri e un popolo piu' numeroso di te, non ne avere paura: perche' il
Signore tuo Dio e' con te, lui che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto"
(Dt 20,1-4, qui v. 1), cioe' ti ha liberato dalla prepotenza del faraone
nonostante i suoi carri e i suoi cavalli.
Mose' puo' dire queste parole perche' aveva gia' sperimentato che la
vittoria sul feroce Amalek non e' dovuta alla forza del suo esercito, ma
alla sua preghiera: "Quando Mose' alzava le mani, Israele era il piu' forte,
ma quando le lasciava cadere, era piu' forte Amalek" (Es 17,9-15). La
preghiera e' lo scudo del credente in ogni avversita' della vita, fisica o
spirituale. I martiri di tutti i tempi hanno sempre vinto i loro aggressori
non con le spade, ma con la preghiera fino al dono della vita.
Nel 703/702 a. C. il re Ezechia invia un'ambasciata in Egitto a chiedere
aiuto contro l'Assiria di Sennacherib che era la potenza internazionale
dell'epoca: una piccola e insignificante nazione vuole schierarsi accanto
alla "grande potenza" per averne un tornaconto e non essere schiacciata. E'
come se l'Italia, emarginata dai tavoli diplomatici internazionali, per
contare qualcosa si fosse schierata a fianco della potenza degli Stati Uniti
nella guerra preventiva contro l'Iraq pur di avere uno scampolo di
visibilita' all'ombra del potente di turno.
Contro questa politica di alleanze di comodo si schiera il profeta Isaia che
profetizza: "Guai a quanti scendono in Egitto per cercare aiuto, e pongono
la speranza nei cavalli, confidano nei carri perche' numerosi e sulla
cavalleria perche' molto potente, senza guardare al Santo d'Israele e senza
cercare il Signore" (Is 31,1). Il profeta pensa a quanto e' avvenuto in un
altro viaggio, dall'Egitto alla Terra Promessa, nell'esodo, quando il
Faraone si credeva forte perche' aveva un potente esercito che nulla ha
potuto contro gli ebrei inermi, privi di armi, ma guidati dal Signore che
camminava alla testa della colonna durante il passaggio del Mar Rosso: "Ha
gettato in mare cavallo e cavaliere. Mia forza e mio canto e' il Signore,
egli mi ha salvato... I carri del faraone e il suo esercito ha gettato nel
mare e i suoi combattenti scelti furono sommersi nel Mar Rosso. Gli abissi
li ricoprirono, sprofondarono come pietra" (Es 15,1-5).
*
In questo contesto, il profeta Zaccaria annuncia il Re-Messia che cavalca un
asino, anzi un puledro di asina, cioe' un animale mite, ma anche fragile e
debole come un puledro. Cavalcando un'asina per entrare in Gerusalemme, si
presenta come l'erede messianico del re Davide che viaggiava sulla mula e
non sul cavallo (cf 1Re 1,38) e come colui che ha del potere un concetto di
servizio e non di sopraffazione: "Voi sapete come coloro i quali sono
ritenuti capi delle nazioni le tiranneggiano, e come i loro principi le
opprimono. 43 Non cosi' dev'essere tra voi; ma piuttosto, se uno tra voi
vuole essere grande, sia vostro servo, 44 e chi tra voi vuole essere primo,
sia schiavo di tutti. 45 Infatti il Figlio dell'uomo non e' venuto per
essere servito, ma per servire e per dare la propria vita in riscatto per
molti" (Mc 10,42-45). Il suo regno veramente non e' di questo mondo (cf Gv
18,36). Un re che viene su un asino non incute terrore, ma ispira mitezza
perche' si presenta sulla cavalcatura usuale che i contadini utilizzano ogni
giorno: Il re-Messia e' uno di noi che sta dalla nostra parte. Non viene per
estorcere o per occupare, ma viene per servire il suo popolo e guidarlo con
una politica di pacifico governo: "su pascoli erbosi mi fa riposare, ad
acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome. 4 Se dovessi camminare in una valle oscura, non
temerei alcun male, perche' tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza" (Sal 23/22, 2-4).
Colui che si presentato a dorso di un'asina, re pacifico e nonviolento,
crocifisso per amore, non puo' difendersi con gli eserciti all'uso del
mondo: "Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero
combattuto  perche' non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non e'
di quaggiu'" (Gv 18,36). Egli al contrario e' capace di dare la sua vita in
cambio di un brigante. In aramaico "Barabba" significa "figlio di papa' /
Bar-Abba'", mentre Gesu' di Nazareth e' "il Figlio del Padre" (in aramaico:
Bar-Abba'), anzi "l'Unigenito" (Gv 1,14.18; 3,16.18; 1Gv 4,9) che e' venuto
per salvare tutti i "figli di papa'" smarriti nelle strade del mondo, anche
gli assassini, i terroristi, coloro che la "civilta' (?) occidentale e
cristiana" giudica come feccia e rifiuto dell'umanita' e quelli che noi
butteremmo tra le fiamme dell'inferno perche' abbiamo un senso della
giustizia che non e' nemmeno parente della giustizia di Dio. In Dio,
infatti, la giustizia e' sinonimo di misericordia.
Se il Re-Messia crocifisso fosse stato "giusto" alla maniera degli uomini,
avrebbe dovuto invocare da Dio la vendetta contro i suoi carnefici e non
avrebbe infranto la Torah: sarebbe dentro la logica legale dell'"occhio per
occhio" (Es 21,24). Il Figlio dell'Uomo pero' cavalca un'asina  e quando e'
crocifisso, prima di abbandonarsi totalmente nelle mani del suo "Abba", egli
invoca il perdono di Dio sui suoi carnefici come atto supremo di giustizia
perche' soltanto nel perdono avviene il superamento della colpa: "Padre,
perdona loro perche' non sanno quello che fanno" (Lc 23,34). Se fosse venuto
sul cavallo avrebbe impugnato la spada, ma poi non avrebbe potuto imporre a
Pietro di riporla nel fodero perche' la spada e' l'emblema della violenza
che chiama violenza (Mt 26,52) e non avrebbe potuto perdonare i suoi
uccisori, ma avrebbe dovuto massacrarli. Egli al contrario sconvolge ogni
sistema di ragionamento, capovolge la logica del "buon senso" e si presenta
a dorso di un'asina, mite e pacifico, ponendosi come modello e come pietra
di paragone: "imparate da me che sono mite ed umile di cuore" (Mt 11,29). In
questo modo s'identifica con tutti i poveri che lo avevano preceduto (cf Sof
2,3; Dn 3,87) e con tutti i poveri "figli di papa' / barabba", disperati,
che sarebbero venuti dopo di lui.
La discriminante della verita' di Gesu' e' un'asina, la cui presenza ci
rivela molto di piu' della sua personalita' di quanto non possiamo
immaginare. Non ci resta che andare anche noi nel villaggio vicino a cercare
un'asina con un puledro e farne un simbolo di credenti nel nostro re che
viene "mite, seduto su un'asina" (Zc 9,9; Mt 21,5), maestro di nonviolenza
che supera anche i confini della ragione e della sua logica: "Amate i vostri
nemici e pregate per coloro che vi perseguitano" (Mt 5,44). Al di fuori di
questi confini, vi e' la violenza, il sopruso, la guerra, cioe' la negazione
della coscienza evangelica "pietra d'inciampo" (Is 28,16; Mt 21,42).

5. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. ANGELA GIUFFRIDA: UN MONDO NONVIOLENTO E'
POSSIBILE?
[Ringraziamo Angela Giuffrida (per contatti: frida43 at inwind.it) per questo
intervento]

La domanda se un mondo nonviolento sia davvero possibile non puo' trovare
risposte soddisfacenti se non si riflette adeguatamente sul fatto che la
violenza riguarda la struttura stessa delle comunita' patricentriche,
"pensate" appositamente per realizzare una particolare idea di potere,
inteso come dominio. Per definire la nonviolenza cosi' scrive Francesca
Ciarallo nel suo intervento a proposito del 2 ottobre (in "Nonviolenza.
Femminile plurale", n. 211): "(nonviolenza) e' condivisione. Se vedi non
puoi far finta di nulla. Se vivi con l'altro non puoi non fartene carico.
Solo condividendo la nonviolenza diventa una scelta obbligata". Secondo me
la definizione e' corretta, ma se la violenza continua a dilagare
indisturbata, guadagnando terreno, forse bisogna soffermarsi ulteriormente e
prendere atto che "vedere" non equivale al semplice guardare e che non e'
sufficiente vivere con l'altro per farsene carico, altrimenti perche' tanti
uomini ucciderebbero cosi' spesso le donne con cui convivono o hanno
convissuto e "perche' i soldi rubati dalla casta dei politici ci indignano
piu' delle vite stroncate dalle azioni militari che hanno deliberato?"
(Carlo Gubitosa, in "Minime" n. 596). E ancora, come mai "il potere che
distrugge e saccheggia il mondo, che considera merce le persone e rifiuto i
poveri" (Antonella Litta, in "Minime" 595) continua ad imperversare? Come
mai si stenta a capire che nulla, neanche "il miglior governo del mondo"
puo' valere "una vita umana" (Norma Bertullacelli, ibidem)? Come mai una
specie di viventi quali noi siamo invece di sacralizzare la vita sacralizza
la distruzione e la morte, lavorando alacremente alla costruzione di "un
mondo necrofilo, nel quale la morte viene programmata e le cose stesse
nascono gia' morte dalle mani dei mercanti" (Aldo Antonelli, ibidem)?
Assimilare le persone alle cose, anteporre il potere alla vita, percepirsi
come atomi isolati non evidenzia preoccupanti deficit cognitivi su cui
dovrebbe focalizzarsi prioritariamente la nostra attenzione? E' chiaro come
la luce del sole che una persona, o in genere un vivente qualunque, eccede
di gran lunga una cosa inanimata, che il potere lo si puo' conseguire solo
se si e' vivi e tali si resta, che qualsiasi vivente esiste e si mantiene in
vita proprio grazie alla connessione; una mente che non "vede" tutto questo
ha percio' seri problemi di cui dovremmo prima di tutto occuparci, tenuto
anche conto del fatto indiscutibile che i tentativi rivoluzionari fin qui
agiti hanno finito per riprodurre lo stesso irrazionale oblio della vita, la
stessa insensata riduzione di una realta' complessa a coppie di contrari in
eterno conflitto. Mi chiedo come mai risulti cosi' difficile attribuire al
pensiero unico dominante - che intride in ogni sua parte il vivere sia
pubblico che privato - la responsabilita' di aver trasformato in un inferno
la vita sulla terra, e alla mente delle donne - che nella quasi totalita'
"sanno spendersi per una buona ragione senza guadagnarci niente" (Antonella
Litta, ibidem) - qualita' cognitive di prim'ordine quali apertura, capienza,
visualizzazione dei nessi, le sole in grado di impedire alla violenza di
manifestarsi.

6. OGNI GIORNO LA NONVIOLENZA. CLAUDIO TORRERO: CON LA FORZA DELLA VERITA'
[Ringraziamo Claudio Torrero (per contatti: c.torrero at interdipendenza.it)
per questo intervento]

Come molti cominciano a sapere, il 2 ottobre, anniversario della nascita del
Mahatma Gandhi, e' la Giornata mondiale della nonviolenza. Quando lo scorso
anno le Nazioni Unite stabilirono questa ricorrenza, in realta' quasi
nessuno se ne accorse: fu soprattutto il Movimento umanista a prendere
l'iniziativa, organizzando manifestazioni in molte citta' del mondo. Non ci
vuole molto tuttavia per capire che questa data e' destinata a diventare
assai significativa in quel calendario laico delle radici spirituali
dell'umanita' che sta lentamente prendendo forma per la coscienza dell'uomo
contemporaneo.
E' destinata, per capirci, a diventare non meno importante della Giornata
della memoria. Con la differenza che, mentre quest'ultima rievoca le tenebre
piu' profonde di un secolo come quello da poco trascorso, piu' di ogni altro
segnato dallo scatenarsi di terrificanti potenze distruttive, la Giornata
della nonviolenza rievoca la luce che, nonostante tutto, proprio questo
secolo ha sprigionato.
La figura di Gandhi merita di essere universalmente riconosciuta quale
esempio luminoso di quanto puo' fare l'uomo per amore della verita', della
giustizia e della pace. Cittadino a pieno titolo della comunita' degli
uomini giusti e santi, che in ogni tempo e cultura hanno offerto se stessi
in dono ai loro simili, egli ha meritato di diventare il simbolo di una via
in cui l'umanita' ripone le sue speranze piu' profonde.
Questa e' innanzitutto la ragione per cui, come associazione
Interdependence, abbiamo lanciato un appello affinche' quest'anno il 2
ottobre non passasse inosservato. Sono dunque lieto che l'appello sia stato
raccolto, e che in particolare a Torino abbia preso forma un'iniziativa di
notevole livello, anche per la sede istituzionale in cui si svolge: il
Consiglio regionale del Piemonte.
A patrocinarla e' un complesso di associazioni che gia' hanno collaborato
nel sostegno del Tibet e della Birmania: mi riferisco in particolare
all'Associazione di Comuni, Province, Regioni per il Tibet, l'Associazione
Italia-Tibet, Amnesty International, l'Associazione radicale Adelaide
Aglietta. Ma soprattutto prenderanno parte all'incontro esponenti delle
principali tradizioni religiose presenti sul territorio. Abbiamo voluto che
l'incontro avesse questa componente, non solo perche' tale aspetto e' alla
base dell'esperienza di Interdependence, ma perche' qualificante rispetto al
significato che la persona di Gandhi riveste.
Ci piace ricordare alcune sue parole che tanto valore possono avere oggi,
dopo l'esperienza dei fondamentalismi e in genere dell'uso della religione a
scopo identitario.
"La cosa strana e' che quasi tutti i fedeli delle grandi religioni del mondo
mi ritengono come uno dei loro. I jaina mi prendono per un jaina. Molti
amici buddhisti mi prendono per un buddhista. Centinaia di amici cristiani
mi considerano tuttora un cristiano... Molti dei miei amici musulmani
pensano che, sebbene io non mi dica un musulmano, io sia uno di loro in
tutti i miei intenti ed i miei scopi... Tutto questo e' molto lusinghiero
per me e lo considero un segno del loro affetto e della loro stima. Io mi
considero comunque come il piu' umile degli indu', ma piu' studio l'induismo
piu' forte cresce in me la convinzione che l'induismo e' vasto quanto
l'universo e che abbraccia tutto cio' che c'e' di buono al mondo".
Dopo che nei giorni scorsi in India, nella patria stessa di Gandhi, le
violenze dei fondamentalisti indu' contro i cristiani hanno fatto percepire
il lato oscuro che ogni cultura porta in se', contro il quale e' chiamata a
fare argine, questa e', tra le tante immagini con cui Gandhi puo' essere
ricordato, quella che forse soprattutto vorremmo richiamare: l'immagine
dell'uomo di fede nel senso piu' alto e piu' profondo, che fa della propria
apertura al trascendente lo spazio in cui le altre prospettive possono
venire accolte e custodite. Questa e', in fondo, la radice della
nonviolenza. O meglio di cio' che Gandhi intendeva con satyagraha, cioe'
forza della verita'.
Possa il riferimento a Gandhi essere fonte d'ispirazione per l'umanita'
odierna.

7. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI SETTEMBRE
[Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti:
l.mencaroni at libero.it) riceviamo e diffondiamo]

Cari amici,
vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di settembre 2008 del Cos in rete,
www.cosinrete.it
Ricordando il Cos - Centro di orientamento sociale - di Capitini, il primo
esperimento di partecipazione democratica alle decisioni del potere locale e
nazionale, raccogliamo e commentiamo una scelta di quello che scrive la
stampa sui temi capitiniani della nonviolenza, difesa della pace,
liberalsocialismo, partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso,
religione aperta, educazione aperta, antifascismo.
Tra gli altri,  in questo numero ci sono: Le ovvieta' degli intellettuali;
Caterina da Siena e le veline in tv; Vie nuove per le religioni; ecc.
La partecipazione al Cos in rete e' libera e aperta a tutti mandando i
contributi a: capitini at tiscali.it o al blog del Cos: http://cos.splinder.com
Il sito con scritti di e su Aldo Capitini e': www.aldocapitini.it

8. LETTURE. IGINIO ARIEMMA, LUISA BELLINA (A CURA DI): BRUNO TRENTIN. DALLA
GUERRA PARTIGIANA ALLA CGIL
Iginio Ariemma, Luisa Bellina (a cura di), Bruno Trentin. Dalla guerra
partigiana alla Cgil, Ediesse - "Nuova iniziativa editoriale", Roma 2008,
pp. 330, euro 7,50 (in supplemento al quotidiano "L'Unita'). Un bel libro
dedicato al combattente antifascista e leader sindacale recentemente
scomparso. Con alcune interviste e uno scritto di Trentin, molti contributi
di riflessione e di testimonianza, e un'ampia sezione di documenti
fotografici.

9. RILETTURE. FLANNERY O'CONNOR: SOLA A PRESIDIARE LA FORTEZZA
Flannery O'Connor, Sola a presidiare la fortezza. Lettere, Einaudi, Torino
2001, pp. XX + 170, euro 9.30. Nell'epistolario, tra 1948 e 1964, la voce
della grande scrittrice americana: nel cerchio delle amicizie, alla prova
del dolore. Con una premessa di Ottavio Fatica.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 603 del 9 ottobre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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