Minime. 581



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 581 del 17 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Osvaldo Caffianchi: Si puo', si deve vincere a Vicenza
2. Quattro tesi sulla guerra e una sulla civilta'
3. Giulio Vittorangeli: Come le meduse
4. "La violenza domestica" a cura di Merete Amann Gainotti e Susanna Pallini
5. Marina Verzoletto: Glenn Gould
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. LE ULTIME COSE. OSVALDO CAFFIANCHI: SI PUO', SI DEVE VINCERE A VICENZA
[In vista del referendum del 5 ottobre a Vicenza per impedire la
realizzazione della nuova base di guerra "Dal Molin" il nostro buon amico
Osvaldo Caffianchi ha scritto queste righe di elogio e sostegno alle persone
vicentine impegnate per la pace, la legalita' costituzionale, il diritto
alla vita dell'umanita' intera]

Si puo', si deve vincere a Vicenza
e con la forza della verita'
fermare li' la guerra e la violenza
li' disarmare chi ammazzando va.

Si puo', si deve con la nonviolenza
far vincere l'umana dignita'
negando agli assassini l'acquiescenza
togliendo ai barbari complicita'.

Si puo', si deve col forte strumento
del voto di coscienza popolare
combattere la guerra e il suo tormento.

Si puo', si deve la guerra fermare
le armi ripudiare, e dal lamento
passare all'atto di vite salvare.

2. EDITORIALE. QUATTRO TESI SULLA GUERRA E UNA SULLA CIVILTA'

La guerra ha bisogno del riarmo, e il riarmo e' gia' la guerra, poiche' le
armi servono a uccidere, e rendere disponibili le armi e' gia' il primo
impulso ad uccidere.
La guerra ha bisogno di disumanizzare le persone, perche' solo
disumanizzando se' ed altrui un essere umano puo' indursi ad ucciderne un
altro; ogni propaganda ed ogni organizzazione che neghi anche a una sola
persona tutti i diritti e tutta la dignita' di essere umano, e' gia' guerra
all'umanita' intera.
La guerra e' nemica delle donne: essendo essa guerra il dispiegarsi della
potenza di uccidere chi ad essa si asserve prova un antagonismo radicale ed
un odio implacabile per chi continua a recare l'opposta potenza del
generare. Chi irroga la morte e' nemico di chi dona la vita. La guerra e'
sempra maschilista e patriarcale. Ed ogni ideologia ed ogni prassi ed ogni
struttura patriarcale e maschilista, quindi misogina e femminicida, e' gia'
la guerra in atto che l'umanita' aggredisce e divora.
La guerra uccide e devasta: uccide le umane vite, devasta la casa comune. La
guerra e' nemica della natura. Ed ogni atto di distruzione della natura e'
gia' cultura e gesto di guerra, di guerra nemica dell'umanita', di guerra
che vuole abolire il mondo: la guerra e' il nulla che cerca di cancellare
tutto cio' che esiste.
La civilta' e' questa coscienza del proprio e dell'altrui esistere. La
civilta' e' la lotta contro il nulla assassino. La civilta' e' il contrario
della guerra.

3. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: COME LE MEDUSE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento.
Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori di questo
notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre
nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Viviamo un'epoca difficile, di "orrorismo", come la definisce Adriana
Cavarero; in cui l'elemento dilagante e' la deumanizzazione. Eppure non
siamo nei tempi oscuri di cui scriveva Bertolt Brecht; quelli in cui era
negata qualsiasi forma di gentilezza.
"Voi che sarete emersi dai gorghi
dove fummo travolti
pensate
quando parlerete delle nostre debolezze
anche ai tempi bui
cui voi siete scampati.
Andammo noi, piu' spesso cambiando paese che scarpe,
attraverso le guerre di classe, disperati
quando solo ingiustizia c'era, e nessuna rivolta.
Eppure lo sappiamo:
anche l'odio contro la bassezza
stravolge il viso.
Anche l'ira per l'ingiustizia
fa roca la voce. Oh, noi
che abbiamo voluto apprestare il terreno alla gentilezza,
noi non si pote' essere gentili.
Ma voi, quando sara' venuta l'ora
che all'uomo un aiuto sia l'uomo,
pensate a noi con indulgenza".
(Da Bertolt Brecht, "A coloro che verranno", nelle Poesie di Svendborg,
traduzione di Franco Fortini).
Ogni giorno, mentre dilaga la violenza contro gli inermi, diventa sempre
piu' difficile il gesto elementare della pieta' e della cura dell'altro.
Cosi' scolorisce la consapevolezza dell'interdipendenza che ci lega gli uni
agli altri, che accomuna la popolazione del pianeta.
Conseguentemente, anche il nostro quotidiano si impoverisce ed imbruttisce.
Il punto e' che per essere davvero umani, non possiamo dimenticare la nostra
fragilita' e non farcene carico.
*
Avete presente le meduse? Vi fanno male, ma non lo fanno volontariamente.
Non sono animali aggressivi, che attaccano. Vi toccano senza volerlo,
infliggendovi il dolore.
Ecco, nei rapporti umani, molte volte, avviene lo stesso. Le persone non
sono cattive, ma possono provocare molta sofferenza.
Il caso delle meduse e' interessante perche', malgrado la loro capacita' a
fare del male, sono animali aperti e senza difese. Sono trasparenti, si puo'
vedere attraverso il loro corpo. Sono vulnerabili e, al tempo stesso, fanno
male. E' facile ucciderle, ma sono pericolose.
Noi, esseri umani, siamo uguali; siamo allo stesso tempo aggressivi e
fragili.
Ma solo nostra e' la capacita' di provare empatia per l'altro, comprendere
le emozioni (positive e negative) che sta vivendo e viverle a nostra volta,
capendo le sue ragioni e le sue intenzioni. Sostanzialmente, creare nel
nostro mondo interiore uno spazio su misura per accogliere il mondo
dell'altro. Non e' una questione squisitamente interiore, quanto con forti
valenze etico-politiche. Come non pensare alla sfida del farsi carico della
sofferenza, della materialita' della sofferenza inflitta, che non riguarda
mai solo l'altro, perche' dal volto dell'altro implacabile ci guarda e ci
interpella.

4. LIBRI. "LA VIOLENZA DOMESTICA" A CURA DI MERETE AMANN GAINOTTI E SUSANNA
PALINI
[Dal sito della Libera universita' delle donne di Milano
(www.universitadelledonne.it) riportiamo la quarta di copertina del libro a
cura di Merete Amann Gainotti e Susanna Pallini, La violenza domestica.
Testimonianze, interventi, riflessioni, Magi Edizioni, 2008]

Merete Amann Gainotti, Susanna Pallini (a cura di), La violenza domestica.
Testimonianze, interventi, riflessioni, Magi Edizioni, 2008, pp. 144, euro
12.
*
In molti paesi della cosiddetta cultura occidentale avanzata, si continuano
a registrare violenze in famiglia: le umiliazioni, il ricatto economico,
l'abuso sessuale, il plagio, le percosse, addirittura l'omicidio. L'antica
sopraffazione maschile sulla donna non scompare con l'avanzare del
progresso, e' divenuta solo piu' subdola e multiforme, in un malefico
miscuglio di sesso, amore, dipendenza, colpa e potere. La famiglia e' luogo
costante di traumi e micro-traumi, perpetrati per lo piu' dagli uomini.
Il volume raccoglie una serie di contributi intenti a rievocare e illustrare
il percorso e i motivi culturali, sociali e politici che hanno portato alla
nascita dei Centri antiviolenza attraverso le testimonianze di chi, in
Italia, ha contribuito alla nascita di questi Centri e di chi vi ha lavorato
o tuttora vi lavora.
Uno spazio rilevante e' dedicato dagli autori alle riflessioni sul costo
sociale e psicologico, non solo per le donne, ma per l'intera societa',
della violenza di genere. Questo fenomeno trascende i tempi storici e le
condizioni socio-culturali, si esprime quotidianamente nell'ambito di tante
mura domestiche, e ha come vittime non solo le donne ma anche i bambini, con
conseguenze devastanti per tutti in quanto la violenza si trasmette e si
apprende.
Considerazioni sulle relazioni di genere concludono il volume lasciando il
lettore di fronte all'interrogativo con - per ora - poche risposte: perche'
tanti uomini di diversa eta', istruzione, estrazione sociale praticano
l'esercizio della violenza contro le donne?
*
Merete Amann Gainotti e' professoressa ordinaria di Psicologia dello
sviluppo e di Psicologia dell'educazione nella Facolta' di Scienze della
Formazione dell'Universita' di Roma Tre. Promotrice e coordinatrice del
Laboratorio "Storia e studi delle relazioni di genere" afferente al
Dipartimento di Scienze dell'educazione dell'Universita' di Roma Tre, ha
promosso studi e ricerche e organizzato convegni su problematiche attinenti
la differenza di genere e gli "Women's Studies". A questi temi si
riferiscono diverse sue pubblicazioni, tra cui Diventare uomo, diventare
donna (Guerini, 2001), Uscire dalla violenza. Risonanze emotive ed affettive
nelle relazioni coniugali violente (con S. Pallini, Unicopli, 2006), Gli
universi femminili di Roma Tre. Ricerca e didattica in ottica di genere (in
collaborazione con il Comitato Pari Opportunita' di Roma Tre, 2006/07).
Altri suoi interessi di ricerca e le conseguenti pubblicazioni riguardano lo
sviluppo affettivo e sociale nell'infanzia e nell'adolescenza, l'educazione
internazionale e l'educazione all'Europa. In questo ambito segnaliamo il
volume Essere insegnanti in classi di adolescenti (con V. Biasi, Guerini,
2004).
*
Susanna Pallini, psicologa clinica, e' Ricercatrice in Psicologia dello
sviluppo presso la Facolta' di Scienze della Formazione dell'Universita' di
Roma Tre, presso la quale insegna Psicologia dell'attaccamento nel ciclo di
vita. E' didatta della Societa' italiana di terapia
cognitivo-comportamentale (Sitcc) e socia dell'Arpas (Associazione per la
ricerca sulla psicopatologia dell'attaccamento). Autrice di numerosi
articoli e volumi tra i quali ricordiamo Lo psicologo clinico nei servizi
(con L. Isola, Franco Angeli, 1997), Uscire dalla violenza. Risonanze
emotive ed effettive delle relazioni coniugali violente (con M. Amann
Gainotti, Unicopli, 2006).

5. PROFILI. MARINA VERZOLETTO: GLENN GOULD
[Dal mensile "Letture", n. 636, aprile 2007 col titolo "Glenn Gould" e il
sommario "Un mitico disco d'esordio, la solitudine tecnologica, la fine
precoce, la leggenda postuma: a settantacinque anni dalla nascita e
venticinque dalla morte, Glenn Gould rimane un'icona della musica
contemporanea"]

Di se stesso diceva: "I live by long distance". Long distance call e' la
chiamata in teleselezione: Glenn Gould incontrava parenti e amici quasi solo
per telefono. A trentun anni smise di dare concerti e comunico' con il
pubblico solo attraverso la tecnologia, fisicamente isolato nello studio
discografico, radiofonico o televisivo. Eppure il pianista che si rapportava
agli altri solo "a lunga distanza" e' ancora, a venticinque anni dalla
morte, oggetto di devozione appassionata.
Glenn Herbert Gould nacque nel 1932 a Beach, zona di Toronto che Kevin
Bazzana descrive come "il quartiere piu' inglese della piu' inglese delle
principali citta' della provincia piu' inglese di una ex colonia
britannica". Gli altri luoghi dell'infanzia e giovinezza, ma anche dell'eta'
adulta, furono Uxbridge, il paese d'origine del padre, fondato all'inizio
dell'Ottocento dai quaccheri sull'altopiano tra il Lago Ontario e il Lago
Simcoe; e Uptergrove, villaggio presso il quale i Gould possedevano una
villetta sullo stesso Lago Simcoe. Per quanta suggestione naturalistica si
possa intuire in questo vasto e silente idillio pastorale, se non fosse per
Gould, alla domanda sul contributo del Canada alla storia della musica
seguirebbe il silenzio imbarazzato dei piu'. L'anonimato culturale della
classe media white, anglosaxon, protestant forni' lo sfondo neutro sul quale
maturare una personalita' assolutamente originale. Piu' tardi si preoccupo'
di costruirsi un lignaggio: attribui' alla madre, Florence Greig, la
discendenza da un antenato scozzese che avrebbe dato origine anche alla
famiglia norvegese dei Grieg. Fosse o meno cugina all'ennesimo grado
dell'Edvard Grieg autore di un celebre Concerto che a Glenn non piaceva,
Flora era solo una pianista e organista dilettante: ne sapeva quanto bastava
per cantare e suonare in chiesa (era fervente presbiteriana) e per dare
lezioni ai bambini del vicinato, indirizzando poi i migliori al
conservatorio. Secondo un testimone, suonava in modo "imbarazzante". Il
padre, Russell Herbert, di ascendenza inglese e metodista, in gioventu'
aveva studiato violino e condivideva con la moglie la passione per il canto.
L'unica tradizione musicale di Toronto erano le societa' corali; i coniugi
Gould vi prendevano parte con il fervore discreto della loro adesione alla
United Church of Canada.
La madre scopri' le doti del piccolo Glenn - orecchio assoluto, attitudine a
leggere la scrittura musicale prima di imparare quella alfabetica - e gli
imparti' le prime lezioni. Fino a dieci anni, quando fu iscritto al
Conservatorio di Toronto anche per il pianoforte (due anni prima vi aveva
cominciato le lezioni di teoria), Gould non ebbe formazione sistematica. Non
fu esposto come bambino prodigio, ma si esibiva in pubblico in contesti poco
piu' che familiari.
*
Questione di tatto
Imparo' anche a suonare l'organo e intorno ai quindici anni esito' tra le
due specializzazioni. Dalla pratica organistica serbo' il ripudio del pedale
di risonanza e l'attenzione per la chiarezza delle linee polifoniche;
l'attitudine a pensare la melodia del basso (pedaliera dell'organo) come una
parte autonoma (tanto piu' che era mancino); l'espressivita' realizzata non
con la dinamica (crescendo-diminuendo), ma attraverso il fraseggio e
l'articolazione del tocco. Alla fine Gould scelse il pianoforte, tornando
solo una volta e con esiti discussi all'organo, in un'incisione parziale
dell'Arte della fuga, e sperimentando sporadicamente il clavicembalo. Il suo
ideale di suono non era quello tradizionalmente ricercato nel pianoforte, ma
non per questo intendeva rinunciare alla sensibilita' "tattile" della
tastiera pianistica; anzi, voleva che alle sue dita fosse consentito il
massimo controllo e la massima precisione su tutti i parametri sonori.
Cercava pianoforti particolari: meccanica scorrevole, breve corsa del tasto,
timbro chiaro, suono subito smorzato. Il suo ideale era la tastiera
leggerissima e il suono pulito, nitido nei gravi e asciutto nell'acuto, del
suo vecchio Chickering (una ditta di Boston che per qualche tempo tra Otto e
Novecento rivaleggio' con la Steinway), costruito nel 1895 e improponibile
in pubblico. I pianoforti che uso' per quasi tutta la carriera furono gli
Steinway CD174 e CD318, costruiti rispettivamente nel 1928 e prima del 1945.
Non sapeva che farsene degli Steinway piu' recenti, con la loro meccanica
potente, i loro bassi rombanti e la loro cantabilita' grassa e corposa.
Simili preferenze resero burrascosi i suoi rapporti con la celebre ditta,
anche a prescindere dal clamoroso incidente medico-legale occorso quando nel
1960 Gould accuso' il capo dei tecnici, Hupfer, di avergli lesionato una
spalla.
*
Musica e maieutica
In un'intervista disse: "La musica per pianoforte non mi interessa affatto".
Non amava i compositori il cui valore consiste essenzialmente nella
pertinenza della scrittura strumentale (Scarlatti, Chopin), o peggio nel
virtuosismo. Il docente cui Gould fu affidato al conservatorio era Alberto
Guerrero, un pianista cileno nato nel 1886 e stabilitosi a Toronto nel 1918
per lo stesso motivo che indusse Gould a restarvi: "Qui ti lasciano in
pace". Guerrero fu l'insegnante ideale: era piu' un maestro di musica che di
tecnica pianistica e sapeva, socraticamente, indirizzare l'allievo a trovare
dentro di se' la propria verita' artistica. Specialisti della didattica e
della fisiologia hanno cercato relazioni precise tra la sonorita'
"divisionista" di Gould e l'insegnamento di Guerrero. Ma Piero Rattalino,
che e' un'autorita' in materia, si rassegna: "La tecnica di Gould era di
sicuro strepitosa. Come se la fosse procurata e quale esattamente fosse
resta per noi un mistero". In questo, Gould non ha avuto maestri ne'
discepoli, tutt'al piu' cattivi imitatori. Guerrero fu invece una risorsa
preziosa per il ragazzo provinciale, in quanto gli fece conoscere vasti e
diversi mondi musicali: la musica "antica", non solo Bach e Scarlatti ma
anche i virginalisti inglesi e i clavicembalisti francesi (Guerrero era
ammiratore e amico di Wanda Landowska, ma Gould preferiva il Bach pianistico
di Rosalyn Tureck), e i contemporanei, compreso l'amatissimo Schoenberg.
Forni' alimento alla sua curiosita' e sensibilita', ed ebbe l'intelligenza
di ritrarsi non appena il giovanotto, a diciannove anni, dimostro' di non
aver piu' bisogno di maestri. In quel momento, Gould senti' di possedere
"l'insopportabile quantita' di sicurezza di se'" necessaria a stabilire
"quel genere di solidita' dell'io che, in ultima analisi, e' l'unica cosa
importante del bagaglio di un artista". Poco prima aveva smesso di
frequentare la chiesa, anche se rimase uno spirito religioso dichiaratamente
ostile alle filosofie materialistiche e immanentistiche.
*
La scimmia di Gibilterra
Non passo' attraverso la trafila dei concorsi che, allora come oggi, si
dovevano inanellare e possibilmente vincere tra i quindici e i venticinque
anni. Non aveva potuto evitare quei festival giovanili nei quali, come
scrive il suo "biografo autorizzato" Geoffrey Payzant, "solo gli inglesi
potevano presentare come un pregio il fatto di suonare in pubblico alle
medesime condizioni di una gara di atletica". L'esperienza si limito' ai tre
anni consecutivi (1944-'46) in cui partecipo', riportando vari premi, al
Kiwanis Music Festival, di cui il padre, membro del Club, era fra gli
organizzatori: modesta manifestazione provinciale, che gli lascio'
un'ostilita' insuperabile verso ogni forma di competizione. Gli dava
angoscia l'idea stessa di competere, "con tutta quella violenza che si
portava dietro", e si convinse "che la competizione e non il denaro sia la
radice di tutti i mali".
Senza il lancio promozionale dei concorsi, solo grazie ai primi concerti,
con il sostegno finanziario dei genitori che ne coprivano le spese, tra il
1947 e il 1954 guadagno' una certa fama. Quanta bastava per approdare negli
studi radiofonici e discografici. Aveva accettato la carriera di concertista
(concertare, gareggiare con qualcuno) come ripiego transitorio, un sistema
per far soldi e potersi cosi' dedicare a quello che amava davvero. Non
voleva restare per tutta la vita un "pianista": il virtuoso che da'
spettacolo come un animale da circo, come una "scimmia di Gibilterra".
La sua "storia d'amore con il microfono" comincio' una domenica mattina del
dicembre 1950, in uno studio della Canadian Broadcasting Corporation, dove
registro' in presa diretta ("alla radio si era ancora affetti dalla sindrome
da sala da concerto,
dalla-prima-all'ultima-nota-e-al-diavolo-le-conseguenze") la Sonata Kv 281
del Mozart giovanile che sempre predilesse e la Sonata n. 3 di Hindemith,
uno dei "suoi" autori novecenteschi. La Cbc era un'istituzione importante
nella vita culturale canadese; per i musicisti fu, come scrive Bazzana, "una
fonte vitale di entrate, di promozione e di ispirazione artistica". Se c'era
un campo nel quale il Canada non sfigurava sulla scena culturale
internazionale era proprio quello dei nuovi media elettronici: McLuhan non
era canadese per caso. La politica editoriale della Cbc si caratterizzava,
fin dagli anni Trenta, per la volonta' di distinguersi dal taglio
commerciale tipico dei potenti vicini statunitensi, scegliendo
un'impostazione "colta" che si rifaceva al modello della Bbc. Il diciottenne
Gould fece subito della radio l'altro filone fondamentale della sua
attivita', accanto ai concerti: il repertorio era simile, ma la Cbc gli
consentiva piu' spesso di concentrarsi sulla musica "antica", da Sweelinck a
Bach, e su quella contemporanea. Le sue prime esecuzioni della Sonata di
Alban Berg del Concerto di Schoenberg (una novita' assoluta per il Canada)
furono radiofoniche, cosi' come, il 21 giugno 1954, quella delle Variazioni
Goldberg.
*
Guanti, sciarpa e seggiolina
Nel gennaio del 1955 Gould tenne i suoi primi concerti all'estero, negli
Stati Uniti. Alla Phillips Gallery di Washington e alla Town Hall di
Manhattan il programma gia' tipicamente gouldiano non era tale da attirare
le folle: il tardo Rinascimento di Sweelinck e Gibbons, Bach, l'ultimo
Beethoven (op. 109), la scuola atonale e dodecafonica (Variazioni di Webern
e Sonata di Berg). Spiccava l'assenza dell'Ottocento romantico, fulcro del
repertorio piu' amato da esecutori e pubblico. Tuttavia andarono a sentirlo
alcuni addetti ai lavori, ebbe buone critiche e soprattutto impressiono'
favorevolmente il direttore artistico della Columbia Masterworks, David
Oppenheimer, presente al concerto newyorkese. La Columbia mise subito Gould
sotto contratto, offrendogli la possibilita' di debuttare, e rimanere per
sempre, con una major i cui dirigenti (lo stesso Oppenheimer, Goddard
Lieberson) possedevano quel misto di idealismo artistico e spregiudicatezza
imprenditoriale indispensabile a lasciargli completa liberta' di iniziativa.
Gould scelse come incisione d'esordio le Variazioni Goldberg di Bach, con
gli esiti ben noti: un immediato e duraturo successo. Il disco fu registrato
tra il 10 e il 16 giugno e lanciato con un capolavoro di comunicato stampa,
che contiene gia' tutti gli ingredienti del mito gouldiano: l'arrivo in
studio con cappotto, berretto, sciarpa e guanti alle soglie dell'estate; la
montagna di asciugamani per il rito d'immersione delle braccia in acqua
calda per venti minuti prima di suonare; l'acqua minerale personale, i
biscotti per l'infanzia e latte, le molte pillole dell'ipocondriaco; infine
la sedia adattata dal padre per sedersi all'altezza "giusta", ossia
trentacinque centimetri da terra, meno ancora rispetto al pianoforte
rialzato su zeppe. La posizione di Gould, accucciato con il naso sulla
tastiera e i gomiti al di sotto, e' antitetica all'icona del virtuoso
ottocentesco, Liszt troneggiante dall'alto dello strapuntino, con gli
avambracci "in discesa" verso le dita. La posizione di Liszt era ideale per
ottenere la potenza del "fortissimo" e la pienezza del "cantabile legato".
La posizione da cui Gould controllava la sua fantastica varieta' e
precisione di tocco "sgranato" era ideale solo per lui; e forse neppure per
lui, visti i malanni ricorrenti alla schiena e alle spalle.
*
Un repertorio puritano
Il disco delle Goldberg usci' all'inizio del 1956 e lancio' Gould nell'elite
concertistica. Una carriera breve e non particolarmente intensa: meno di
trecento concerti in tutto. L'accoglienza era entusiastica nei confronti del
pianista e del musicista, anche se i critici mostravano spesso insofferenza
per le bizzarrie del personaggio.
Le Goldberg gli guadagnarono fama universale di interprete bachiano. Ma
c'erano altri autori indicativi della sua poetica; gli illustri esclusi
erano numerosi e altrettanto significativi. Era un repertorio che copriva
quattro secoli; ma la selezione interna era severissima.
Amava citare il virginalista Orlando Gibbons come il suo "compositore
preferito", ma eseguiva ben poca musica inglese dell'epoca Tudor; e dei
tedeschi prima di Bach, solo un brano di Sweelinck. Da studente aveva in
repertorio una Passacaglia di Couperin trascritta da Guerrero, ma poi non si
trova piu' traccia di clavicembalisti francesi: troppo frivoli? Alla fine
degli anni Sessanta la Cbs gli propose un disco scarlattiano, ma il progetto
venne interrotto: "Ritengo vi sia piu' sostanza spirituale in due minuti di
Bach che in tutta la raccolta di seicento e passa Sonate di Scarlatti". Era
il nordico puritano che si ribellava alla colorita vivacita' meridionale.
Neppure Bach gli andava sempre a genio: non gli piaceva la rapsodica e
destrutturata Fantasia cromatica e fuga e faceva le pulci persino alle
Goldberg. Dopo Bach c'era per lui "una zona buia che copre un secolo,
all'incirca dall'Arte della fuga al Tristano": nella "zona" troviamo Haydn,
Mozart, Beethoven, Schubert, Mendelssohn, Chopin, Schumann... Affermava di
preferire Haydn a Mozart ma solo nel 1980-'81 incise un disco con sei sonate
haydniane. Su Mozart pronuncio' i giudizi piu' provocatori, come la boutade
secondo cui non sarebbe morto troppo presto, ma troppo tardi: se fosse morto
prima di andare a Vienna non si sarebbe "contaminato" con l'opera italiana.
Al di la' dell'infondatezza storica, la battuta e' rivelatrice: a parlare
era ancora il puritano, ostile alle grazie rococo', al teatro e alla
competizione concertante. Tuttavia incise tutte le Sonate mozartiane,
professando preferenza per le prime, piu' "contrappuntistiche", e
scandalizzo' i devoti di Amadeus con una Kv 331 - l'abusata sonata con la
"Marcia turca" - del tutto irrispettosa delle velocita' prescritte. Per
Beethoven ebbe qualche riguardo in piu', purche' non fosse quello titanico e
agonistico: incise un'Appassionata "al rallentatore" per dimostrarne la
poverta' di contenuto musicale.
Schubert gli piaceva solo suonato da Richter. Su Schumann rimase memorabile
la velenosa insinuazione secondo cui doveva tutta la sua fama all'opera
promozionale della scaltra mogliettina. Riteneva Chopin l'autore che aveva
meglio scritto per il pianoforte, ma questo ai suoi occhi era un difetto:
sensualita' sonora, peccaminosa quanto lo spirito competitivo. Censura,
quindi, per Liszt e per gli epigoni del virtuosismo romantico come
Rachmaninov. Dell'Ottocento salvava, ma poco frequentava, Mendelssohn. Tolse
dalla naftalina lo sconosciuto Bizet pianistico, ma perlopiu' la Francia era
terra straniera: l'avversione alla sensualita' sonora e all'uso del pedale
destro gli rendeva impossibili Debussy e l'impressionismo; realizzo' invece
una sorprendente trascrizione della Valse di Ravel. Detestava il Novecento
percussivo di Bartok e Stravinskij, mentre apprezzava il rigore costruttivo
di Hindemith e il misconosciuto Krenek. Fece incursione nel repertorio
dell'acerrimo rivale Horowitz "rubandogli" la Settima sonata di Prokof'ev,
del quale aveva grande considerazione, e la Terza e Quinta di Skrjabin.
Il "suo" Ottocento era quello tardo dell'introverso, intimistico Brahms, ma
soprattutto di Wagner e dei post-wagneriani, che pero' avevano trascurato il
pianoforte. Gould coltivava questi autori eseguendo trascrizioni proprie:
amava la trascrizione in quanto tale, non gli piaceva la musica "fatta
apposta" per il pianoforte. Nonostante la moda montante di Mahler, preferiva
il nordico e antisensuale Sibelius e soprattutto il demode' Richard Strauss,
che non esitava a indicare come il massimo compositore del Novecento. Questo
giudizio non contraddice la passione per Schoenberg e la dodecafonia, in
quanto Gould rifiutava l'idea di "progresso" nell'arte: la valutazione della
grandezza non poteva essere subordinata a presunte patenti di "modernita'".
Accostava Strauss a Bach: la loro musica "arricchisce la propria epoca
perche' non le appartiene e parla per ogni generazione perche' non si
identifica con nessuna".
*
Tra McLuhan e il Rinascimento
All'inizio degli anni Sessanta Gould dava sempre meno concerti e rilasciava
interviste nelle quali preannunciava il ritiro dalle scene, che avvenne
nella primavera del 1964. Horowitz aveva fatto una scelta simile (ma non
definitiva) per ragioni personali: non reggeva lo stress. Anche Gould cadeva
in depressione o malato durante le tournees; ma non volle che il suo gesto
fosse interpretato in chiave psicopatologica e lo inquadro' entro una
razionalizzazione storico-teorica. Diagnostico' come danno grave la
separazione post-rinascimentale tra compositore, interprete e ascoltatore:
l'ascoltatore e' diventato un fruitore passivo e l'interprete un ripetitore
del repertorio, l'uno e l'altro perdendo la dimensione attiva, creativa. Il
concerto pubblico e' l'esito di questa scissione dei ruoli, un rito inadatto
a una vera "comunicazione".  I media elettronici rimescolano le carte: Gould
allude "al modo in cui i ruoli del compositore e dell'esecutore
s'intrecciano ora automaticamente nella messa a punto di una registrazione
elettronica", ma anche, circostanza piu' quotidiana, "al modo in cui
l'ascoltatore, fra le pareti di casa sua, puo' ora tradurre in pratica parte
dei suoi giudizi tecnici o anche critici grazie ai comandi piu' o meno
sofisticati del suo impianto stereo". Con sorprendente preveggenza di futuri
media interattivi, Gould constatava, da mcluhaniano "integrato", che "l'idea
di partecipazione su piu' livelli al processo creativo e' implicita nella
civilta' elettronica". La registrazione non e' la "cartolina illustrata" del
concerto; nulla e' lontano da Gould quanto la mitizzazione dei dischi live
come "piu' autentici". Montaggio e manipolazione dei nastri sono mezzi
perfettamente leciti e Gould ne divenne uno specialista tecnicamente
competentissimo. All'obiezione che suonare in studio sia "piu' facile"
rispetto ai rischi del concerto, rispondeva: "Sono totalmente refrattario
all'idea che la difficolta' sia di per se' qualcosa di onorevole e di
buono".
*
Aspettando l'Opera 2
Secondo molti critici e colleghi, la sua originalita' e profondita' di
interprete consisteva nel "suonare come un compositore". In effetti aspirava
a una pienezza creativa che non poteva trovare solo nella ricreazione di
opere altrui. Voleva essere un compositore e ci provo' per tutta la vita.
All'inizio degli anni Cinquanta divenne un adepto fanatico della dodecafonia
e compose una serie di brani dodecafonici, poi ripudiati. Ma la sua op. 1,
frutto di laboriosa gestazione tra l'aprile del 1953 e l'ottobre del 1955,
fu un quartetto per archi in un unico lunghissimo movimento, in fa minore e
in un linguaggio tardoromantico che sta tra Bruckner, Richard Strauss e il
primo Schoenberg: un brillante esercizio, con tutti i difetti di un
principiante di talento. Se alla tastiera gli era bastata la maieutica di
Guerrero, per la composizione all'autodidatta Gould mancavano le basi; ma
dopo i diciott'anni era troppo orgogliosamente consapevole della sua
genialita' per chiedere aiuto. Proprio lui che detestava Stravinskij, il
grande rifacitore di stili altrui, licenzio' come unico opus un collage di
stilemi degli ultimi tre secoli. In un'epoca dotata di un linguaggio
condiviso avrebbe forse potuto cavarsela; non nel labirinto del Novecento,
che, dodecafonia a parte, presentava tendenze che non apprezzava, dal
minimalismo all'alea, per non parlare del disgusto nei confronti del rock e
della sostanziale indifferenza al jazz.
Sapeva che "quello che conta e' l'opera 2": non la scrisse mai. Annunciava,
millantandone l'avanzato sviluppo, sempre nuovi progetti, di cui sono
rimasti abbozzi lontani da una fisionomia definita e mai all'altezza delle
intenzioni. Sono i fantasmi di una sonata per clarinetto e pianoforte, di un
ciclo di Lieder su testi di John Donne, di un'aria per soprano e orchestra
sulla lettera di un soldato tedesco da Stalingrado, di un'opera sulla
Metamorfosi di Kafka, di un'altra avente per protagonista Richard Strauss e
cosi' via. Completo' solo due spiritosi lavori d'occasione, So You Want to
Write a Fugue, un brano dimostrativo per il programma tv Anatomia della
fuga, e Lieberson Madrigal, un "biglietto d'auguri" per il suo produttore
discografico.
*
Voci dal Nord
I fallimenti come compositore lo convinsero a dubitare che "la musica seria
sia destinata a vivere indefinitamente nella sua forma attuale", ossia
quella ereditata dalla tradizione tedesca del XVIII-XIX secolo. E prefiguro'
un futuro nel quale "si vedra' una sorta di melange del suono musicale e di
quello della parola, non nel senso del melodramma" ma, pro domo sua, dei
documentari radiofonici. Gould si considerava l'inventore di un nuovo genere
artistico, la "radio contrappuntistica". Nei suoi programmi radiofonici dopo
il 1964 si allontano' dal modello concertistico, proponendo raffinati e
complessi montaggi di musiche e testi, su autori (Schoenberg, Richard
Strauss), interpreti (Stokowski, Casals), questioni teoriche
(l'improvvisazione) e persino musica pop (The Search for "Pet" Clark). La
ricerca di un nuovo linguaggio radiofonico culmino' in una serie di tre
documentari che non hanno per oggetto la musica: una "Trilogia della
solitudine" o "Trilogia del Nord".
Uomo delle solitudini nordiche per nascita e per carattere, nel giugno 1965
Gould fece un viaggio in treno da Winnipeg a Churchill, nel Manitoba, sulla
Baia di Hudson. Converso' a lungo con compagni di viaggio nei quali intui'
qualita' di narratori spontanei. Tornato a casa inizio' a documentarsi sul
Nord e immagino' un programma radiofonico sull'argomento. All'inizio del
1967 il progetto prese forma come documentario sulle regioni artiche in
occasione del centenario del Canada: The Idea of North, un'"opera di stati
d'animo". Contatto' cinque degli ex compagni di treno e li intervisto'; poi
costrui' un copione, una ricostruzione allegorica del suo viaggio, vagamente
ispirata al romanzo La nave dei folli di Katherine Anne Porter (uscito nel
1962 e trasformato in film da Stanley Kramer nel 1965). Elaboro' i nastri
delle interviste, creando dialoghi mai avvenuti, con un uso
"cinematografico" del montaggio che fa pensare a Ejzenstein.
Le voci sono spesso sovrapposte in duetti e trii, proprio come in una
polifonia; l'unica musica, nel senso tradizionale, e', nei nove minuti
finali (la durata totale e' circa un'ora), un estratto della Quinta sinfonia
di Sibelius nell'incisione di Karajan, modificata nella dinamica. Nel 1969 a
The Idea of North fece seguire The Latecomers, dedicato all'isola di
Terranova: era arrivata la stereofonia e al montaggio aggiunse una
dimensione "spaziale", facendo "muovere" i personaggi l'uno rispetto
all'altro e sullo sfondo sonoro. La "Trilogia" si completo' con The Quiet in
the Land, dedicato alle comunita' mennonite, realizzato tra il 1974 e il
1975 ma messo in onda solo nel 1977. In queste "composizioni radiofoniche"
profuse una quantita' straordinaria di tempo, entusiasmo ed energie,
esprimendo la sua piu' intima sensibilita'.
Artista radiofonico e anche televisivo, con esiti meno interessanti a
dispetto dei suoi istrionici travestimenti che facevano il verso a
personaggi famosi, era inevitabile che Gould venisse tentato dal cinema. Nel
1971 George Roy Hill, il regista di Butch Cassidy, gli chiese di realizzare
la colonna sonora per Mattatoio 5, tratto dal romanzo di Kurt Vonnegut. Fu
accontentato con un montaggio di registrazioni bachiane (con interpolata una
sua cadenza originale per clavicembalo), suggestivamente associate alle
situazioni ed elaborate sul movimento delle immagini secondo
un'"orchestrazione acustica" memore delle tecniche sperimentate alla radio.
La seconda esperienza fu una consulenza per lo sceneggiato televisivo
Mandelstam's Witness di John McGreevy, basato sulle memorie di Nadezda
Mandel'stam, vedova del poeta vittima di Stalin: suggeri' di immaginare un
violoncellista che nell'appartamento accanto, mai inquadrato, si eserciti su
frammenti del tempo lento del Concerto di Sostakovic e solo alla fine, sui
titoli di coda, lo esegua per intero. Infine, nel 1982 realizzo' la colonna
sonora per The Wars, film di Robin Phillips basato sul romanzo di Timothy
Findley. Ancora una volta, arrangio' brani preesistenti, classici (Brahms e
Strauss), canzoni popolari e inni protestanti.
Il film fu un flop, ma Gould mostrava talento per le colonne sonore. Forse,
se fosse vissuto abbastanza da entrare nell'era del multimediale digitale,
avrebbe trovato il terreno ideale per la sua creativita'.
*
Un uomo di molte parole
Gould scrisse moltissimo: note di copertina ai dischi, programmi di sala,
conferenze, articoli, interviste, diari, sceneggiature, lettere, raccolti da
curatori ed editori in selezioni antologiche. In italiano: L'ala del turbine
intelligente. Scritti sulla musica, Adelphi, 1988; No, non sono un
eccentrico, Edt, 1989; L'emozione del suono. Lettere 1956-1982, Archinto,
1993; La Serie Schoenberg, Archinto, 2001.
La bibliografia su Gould e' forse la piu' vasta che sia mai stata dedicata a
un interprete classico. Segnaliamo: la recente e documentatissima biografia
di Kevin Bazzana, Mirabilmente singolare. Il racconto della vita di Glenn
Gould, Edizioni e/o, 2004; il piccolo, appassionato saggio del
musicologo-psicanalista francese Michel Schneider, Glenn Gould. Piano solo,
Einaudi, 1991; due competenti studi critici italiani, di Carmelo di Gennaro,
Glenn Gould. L'immaginazione al pianoforte, Libreria musicale italiana,
1995, e di Piero Rattalino, Glenn Gould. Il bagatto, Zecchini Editore, 2006.
Una discografia completa e aggiornata si puo' trovare nel libro di Piero
Rattalino e sul sito www.glenngould.com. A parte alcune registrazioni live,
che avrebbe ripudiato date le sue teorie sul concerto e sulla registrazione,
il suo intero catalogo discografico, gia' Columbia, poi Cbs, e' oggi della
Bmg-Sony. Si attende in dvd il vasto lascito video, che la Sony aveva
pubblicato in vhs e laser disc. Per il momento e' reperibile il nuovo film
di Bruno Monsaingeon, Glenn Gould. Hereafter (dvd Ideale Audience Dvd9Dm20).
*
Cinquant'anni di solitudine
1932 Nasce a Toronto (Canada) il 25 settembre.
1935 Riceve dalla madre le prime lezioni di pianoforte.
1945 Primo concerto pubblico, all'organo dell'Eaton Auditorium di Toronto.
1946 Si diploma e debutta con l'orchestra del Conservatorio di Toronto
(Concerto n. 4 di Beethoven).
1947 Primo concerto al pianoforte solo.
1950 Primo recital radiofonico alla Cbc.
1952 Debutto alla Cbc-Tv, primo pianista in tv in Canada.
1953 Prima registrazione commerciale (Sonata di Berg).
1955 Debutto negli Stati Uniti. Immediato contratto in esclusiva con la
Columbia. Quartetto op. 1.
1956 Esce il disco delle Variazioni Goldberg di Bach.
1957 Tournee in Unione Sovietica.
1959 Ultimo concerto in Europa, a Lucerna con Karajan.
1964 Il 10 aprile da' il suo ultimo recital, a Los Angeles.
1967 Documentario radiofonico The Idea of North.
1972 Colonna sonora per il film Mattatoio 5.
1982 Esce la nuova incisione delle Goldberg. Colpito da ictus il 27
settembre, muore a Toronto il 4 ottobre.

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 581 del 17 settembre 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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