Voci e volti della nonviolenza. 196



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 196 del 27 giugno 2008

In questo numero:
1. Se giovasse ripetere le cose (10)
2. Da "Nei labirinti del silenzio" del 2 agosto 2000
3. Da "Nei labirinti del silenzio" dell'8 agosto 2000
4. Da "Nei labirinti del silenzio" del 23 agosto 2000

1. NOTA. SE GIOVASSE RIPETERE LE COSE (10)
Riproponiamo alcuni interventi gia' pubblicati nel notiziario "Nei labirinti
del silenzio" nel 2000.

2. MATERIALI. DA "NEI LABIRINTI DEL SILENZIO" DEL 2 AGOSTO 2000
[Da "Nei labirinti del silenzio", nuova serie, n. 1, 2 agosto 2000]

I. Editoriale. Venti anni dopo
Iniziamo oggi la terza serie di questo nostro bollettino di informazione e
collegamento. La prima serie, cominciata vent'anni fa, era un ciclostilato;
la seconda, circa una decina di anni fa, era realizzata con un Mac, una
stampante laser ed una fotocopiatrice, e spedita per posta; questa terza
serie adesso viene diffusa attraverso la rete telematica. Come passa il
tempo, e come mutano i costumi.
Non muta la violenza dei potenti, e la pretesa che le vittime tacciano. E tu
allora non tacere, tu non chinare il capo, tu non accettare tanta ferocia e
tanto dolore, e poni mano a lenire il dolore, poni mano a contrastare
l'oppressione. Dell'ingiustizia, della violenza e della menzogna non essere
complice.
*
II. Materiali
1. Una lettera al Ministro della Solidarieta' Sociale del 22 gennaio 2000
Risposta alla sua cortese lettera del 10 gennaio 2000:
a) occorre con legge ordinaria concedere subito il diritto di voto
amministrativo ad oltre un milione di immigrati legalmente residenti in
Italia;
b) occorre abolire i campi di concentramento istituiti dalla legge 40/98 in
quanto strutture antigiuridiche ed incostituzionali.
Gentile Ministro Livia Turco,
in primo luogo mi permetta di ringraziarla per la sua cortese lettera del 10
gennaio, con la quale ha voluto rispondere alla mia del 12 novembre scorso.
In secondo luogo mi conceda di rendere pubblica la sua lettera e la presente
mia risposta ad essa, poiche' l'oggetto del nostro carteggio e' appunto di
rilevante interesse pubblico.
Come ricordera' le questioni su cui avevo chiesto il suo parere e il suo
impegno sono due:
a) il riconoscimento del diritto di voto per le elezioni amministrative agli
stranieri legalmente residenti in Italia;
b) l'urgente necessita' dell'abolizione dei campi di concentramento per gli
immigrati, strutture antigiuridiche ed incostituzionali.
Sulla prima questione, la necessita' di riconoscere al piu' presto il
diritto di voto agli stranieri residenti in Italia per le elezioni
amministrative, quanto al fine siamo perfettamente d'accordo; cio' su cui mi
permetto di esprimere una preoccupazione e un dissenso e' sul fatto che la
via giusta per realizzare questo obiettivo possa essere quella presa dal
governo: ovvero un disegno di legge di modifica dell'art. 48 della
Costituzione.
Lei naturalmente si rende conto che la modifica della Costituzione e' la
piu' difficile delle strade, e si corre il rischio che, stanti le
particolari procedure previste per l'approvazione e gli attuali rapporti di
forza parlamentari tra schieramento piu' o meno democratico e schieramento
esplicitamente razzista (mi perdoni la semplificazione brutale), questa
strada sia hic et nunc pressoche' impraticabile.
Io credo che la via possibile ed opportuna sia quella di una legge ordinaria
che subito riconosca il diritto di voto a tutti i residenti per le elezioni
amministrative, come naturale sviluppo di esperienze concrete gia' in corso
e di precedenti legislativi sia italiani che internazionali (un riferimento
decisivo e' la Convenzione di Strasburgo del 5/2/1992; un precedente
rilevante e' il voto amministrativo riconosciuto dal 1996 agli stranieri
provenienti da altri paesi europei).
Sulla seconda e piu' drammatica questione, devo esprimere un netto dissenso
dall'impostazione cui nella sua lettera anche lei pare aderire: a mio parere
(ed anche secondo il parere di illustri giuristi) i centri di permanenza
temporanea istituiti dalla legge 40/98 sono a tutti gli effetti delle
strutture antigiuridiche ed incostituzionali, essi vanno quindi aboliti tout
court e sostituiti con luoghi di accoglienza in cui le persone siano
ospitate ed assistite restando libere e mantenendo tutti i loro diritti, in
quanto non abbiano commesso alcun reato.
Se all'elementare principio di civilta' giuridica, che nessuno puo' essere
privato della liberta' senza che sia stato giudicato colpevole di un reato,
si oppone (ed e' l'argomento invero assai debole che anche lei fuggevolmente
adombra nella sua lettera) che vi possono essere persone che si sottraggono
all'identificazione, ebbene, in questo caso non c'e' bisogno di strutture
extragiuridiche e procedure palesemente arbitrarie, ma basta applicare
l'ordinaria legislazione penale.
Se la finalita' che si vuol perseguire e' quella dichiarata, di garantire
sicurezza per tutti e reprimere i reati, allora le leggi in vigore valide
erga omnes bastano e avanzano, e di questi orribili ed ignobili campi di
concentramento per gli immigrati non vi e' proprio alcun bisogno; se invece
lo scopo e' quello di usare la crudelta' per dissuadere persone innocenti e
fuggiasche dal venire nel nostro paese, ebbene questa finalita' e' talmente
disumana e criminale che non merita commento: in ogni caso, i centri di
permanenza temporanea (rectius: campi di concentramento) devono essere
aboliti in quanto antigiuridici ed incostituzionali, lesivi della dignita'
umana, contrari allo stato di diritto, incompatibili con un ordinamento
democratico.
Ovviamente occorre altresi' riformare profondamente la legge 40/98 (e il
D.Lgs. 286/98, e il Dpr 394/99) non solo su questo punto, ma su tutta la
materia del respingimento e dell'espulsione, al fine di restaurare la
primazia della Costituzione, la certezza del diritto e la vigenza dei
diritti umani che quelle norme violano flagrantemente.
Altre osservazioni avrei da aggiungere, ma questa lettera e' forse gia' fin
troppo lunga.
Nuovamente la ringrazio per l'attenzione che ha voluto dedicarmi, e
nuovamente la esorto ad impegnarsi vieppiu' nel Consiglio dei Ministri e
verso il Parlamento in difesa dei diritti umani ed affinche' la politica
dell'immigrazione del nostro paese divenga una buona volta rispettosa della
dignita' di ogni essere umano.
Le auguro buon lavoro, e le porgo cordiali saluti,
Viterbo, 22 gennaio 2000
*
2. Una lettera aperta al Ministro dell’Interno del 25 gennaio 2000
Tre orrori che devono cessare
Signor Ministro,
aggiungendo la mia voce a quella di tanti altri, vorrei persuaderla di tre
cose.
La prima, che i campi di concentramento in cui sono reclusi immigrati che
non hanno commesso reati e che vengono proditoriamente e crudelmente privati
di ogni diritto, ebbene, quei campi di concentramento sono una infamia e un
orrore, assolutamente antigiuridici ed incostituzionali.
Quanti altri roghi umani ci vorranno prima che si capisca che occorre
abolirli?
La seconda, che la pratica dei respingimenti e' una oscena feroce barbarie:
essa viola de facto e de iure il diritto di asilo. Con i respingimenti nella
generalita' dei casi si riconsegnano nelle mani degli aguzzini le vittime
che agli aguzzini erano riuscite tra mille stenti a sfuggire.
Perche' cessi questa “internazionale del terrorismo di stato”, a quanti
altri omicidi occorrera' assistere?
La terza, che la tattica dei decreti di espulsione per le persone in
condizioni di irregolarita' amministrativa produce un unico risultato:
costringe persone innocenti alla clandestinita', le priva della solidarieta'
cui hanno diritto, le getta in preda ai poteri criminali.
Quando lo stato cessera' di aiutare stolidamente e scelleratamente le mafie;
quando cessera' di perseguitare le vittime invece di aiutarle?
Molti anni fa ebbi l'onore di coordinare per l'Italia una campagna di
solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime
razzista sudafricano. Oggi laggiu', grazie a Mandela ed ai suoi eroici
compagni, l'apartheid e' cessato: in Italia e' in virulenta crescita.
La saluto con infinita amarezza,
Viterbo, 25 gennaio 2000
*
3. Una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri del 12 luglio
2000
Non vedete di avere le mani sporche di sangue?
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,
leggo la notizia della morte di uno dei detenuti che domenica hanno preso
parte all’'ncontro con il papa nel carcere romano di Regina Coeli.
Quella morte poteva essere evitata. Dunque doveva essere evitata. Quindi
quella morte ha dei responsabili. Essa chiama in causa il governo ed il
Parlamento italiano.
Poiche' da mesi voi andate cianciando ma fin qui non vi siete affatto
impegnati per realizzare quell'atto legislativo di clemenza che il papa
sollecita e che se adottato per tempo avrebbe forse potuto impedire questa
morte.
E perche' da anni in Italia vige una legislazione sulle tossicodipendenze e
sulle sostanze psicotrope che e' semplicemente folle ed assassina. Questa
legislazione ha favoreggiato i poteri criminali ed ha distrutto innumerevoli
vite umane. E' una legislazione che va modificata radicalmente: non vedete
di avere le mani sporche di sangue?
Lo scrivo con strazio: quante altre persone lascerete morire prima di
adottare un provvedimento di clemenza, e meglio sarebbe dire: di umanita' e
di giustizia, assolutamente indispensabile ed urgente?
Lo scrivo con sdegno: quante altre persone lascerete perdersi e morire prima
di modificare profondamente la stolta e criminale legislazione sulle
sostanze psicotrope?
Lo scrivo con vergogna: il cinismo del Parlamento, la crudelta' del governo,
sono anche il riflesso e la conseguenza della nostra impotenza: di noi
cittadini che assistiamo attoniti e sbigottiti alle efferatezza che le
istituzioni violando esse per prime la legalita' costituzionale oggi in
Italia commettono e consentono; di noi cittadini che non siamo riusciti ad
impedirvi ne' di fare massacri (la guerra illegale e stragista dello scorso
anno), ne' di commettere mostruosi crimini contro l'umanita' (i campi di
concentramento, le norme scellerate di respingimento ed espulsione degli
immigrati).
Non si attenda che scorra altro sangue: al piu' presto si legiferi e si
salvino vite umane in pericolo.
Viterbo, 12 luglio 2000

3. MATERIALI. DA "NEI LABIRINTI DEL SILENZIO" DELL'8 AGOSTO 2000
[Da "Nei labirinti del silenzio", nuova serie, n. 2, 8 agosto 2000]

I. Editoriale. Quello che tutti sanno (dialogo di Gorkij e di un amico)
Ad esempio: abolire la schiavitu'. Basterebbe un niente per far cessare la
schiavitu' a fini di sfruttamento sessuale in Italia: invece di perseguitare
le vittime, le istituzioni applichino quanto previsto dall'art. 18 del Testo
Unico (gia' articolo 16 della legge 40/98), e liberino ed assistano tutte le
vittime: a tutte offrano assistenza, casa, sostegno economico, difesa da
rappresaglie, e questo non per benevolenza, ma come vero e proprio
risarcimento per le violenze da esse subite nel nostro paese. Ed al racket
ed ai suoi complici (dai consolati fino ai "clienti" di sesso schiavo) si
applichi quanto disposto dagli artt. 600-602 del Codice penale concernenti
la schiavitu'. Basterebbe un niente: salvare le vittime e colpire i
carnefici. Ed invece le istituzioni ancor oggi prevalentemente infieriscono
sulle vittime, e brindano cogli schiavisti.
Ad esempio: il carcere. Siamo onesti: la gran parte dei detenuti si trovano
in carcere solo perche' poveri, o perche' vittime di leggi ingiuste e di
procedure discriminatorie. Per mesi capi di partito (o di fondazioni, che
pare siano "l'ultimo grido" dello strangolamento della partecipazione
politica democratica in Italia), ciarloni di professione (che, secondo un
vecchio adagio, non vogliono che la mamma sappia che fanno i giornalisti
poiche' la cara vecchina crede che suonino il piano in un bordello: ed in
effetti in molti casi non sapremmo dire che differenza c'e'), e certi
parlamentari che su tutto hanno da dire la loro (e che meno ne sanno, tanto
piu' avvertono il bisogno di urlarlo) hanno esternato in lungo e in largo
sulla opportunita' di un provvedimento di clemenza come giustamente
richiesto dal pontefice cattolico, e poi more solito non se ne e' fatto
nulla. Fermo restando che un provvedimento legislativo di clemenza resta
assolutamente necessario ed urgente, sarebbe bene cominciare a fare qualcosa
dal basso: ad esempio gli enti locali democratici potrebbero intrecciare e
promuovere piu' intensi e limpidi e condivisi rapporti tra realta'
territoriale e popolazione detenuta costruendo alternative alla detenzione e
sostenendo le attivita' e gli incontri anche dentro gli istituti di pena; ad
esempio si potrebbero destinare risorse per inverare cosi' le alternative
alla detenzione gia' previste dalla normativa vigente; ed ancora: ad esempio
si potrebbe garantire assistenza legale e sociale agli immigrati che il piu'
delle volte sono in carcere perche' privi di ogni forma di assistenza (chi
scrive ha personalmente assistito a processi in cui dei poveri cristi
venivano condannati praticamente senza neppure riuscire a capire di cosa li
si accusasse, e senza che l'accusa venisse in alcun modo dimostrata:
l'amministrazione della giustizia come pratica dell'apartheid, in Italia,
oggi); ad esempio si potrebbe realizzare una politica dell'ente locale che
si opponga alle crudeli sciocchezze criminogene del Dpr 309/90. Quante cose
Comuni e Province potrebbero fare, anche stante l'attuale quadro normativo.
E facendole potrebbero altresi' premere su governo e Parlamento affinche'
tanti ragazzi e tanti poveracci tornassero liberi e trovassero solidarieta'
ed assistenza, affinche' si lavorasse seriamente a promuovere alternative
giuste ed umane, affinche' le finalita' stabilite dalla Costituzione in
relazione alla pena si inverassero in pratiche adeguate di educazione,
reinserimento sociale e promozione di cultura, socializzazione e dignita'.
Ad esempio: la pena di morte. Quando devono fare i pavoni ad uso delle
telecamere e si parla di paesi da cui ci separa almeno un mare o piu' catena
montuose, quasi tutti i governanti ed i parlamentari italiani si stracciano
le vesti di sdegno per la pena di morte nel mondo, barbarie delle barbarie:
e dicono bene. Poi, per dimostrare all'elettorato di essere veri uomini, una
schidionata di bei gesti di cui elenchiamo una caotica rappresentanza:
primo, un anno si mandano i para' a torturare i somali per la loro
ingratitudine verso colonialisti e dittatori amici (e naturalmente per non
perdere l'allenamento ogni tanto si assassina qualcuno anche in caserma);
secondo, un anno si fa la guerra, che in buona sostanza consiste
nell'infliggere la pena di morte senza processo a persone del tutto
innocenti scelte a caso dai bombardieri tra popoli cui viene affibbiata
collettivamente l'etichetta di reprobi poiche' disturbano l'ordine mondiale
con la loro sofferenza di vittime di ingiustizie, razzismo e dittature e
democrature, di dittatori beninteso sovente longevi buoni amici e soci
fidati dei sordidi affari dei ricchi e potenti di casa nostra; terzo, in
questi giorni i deliri onnicidi e l'istigazione all'assassinio con mitra e
siluri (ma gia' nel '97 l’ordine era stato eseguito: speronando una
bagnarola di poveri cristi e facendo un eccidio). La pena di morte, bel tema
per esercitazioni retoriche.
Ad esempio: la dignita' umana. I campi di concentramento che i nipotini di
Hitler hanno riaperto in Italia da due anni, sara' o no il caso di abolirli?
Le pratiche di respingimento e di riconsegna agli aguzzini dei poveracci che
fuggono in Italia per scampare alla morte, sara' o no il caso di denunciarle
come crimini contro l'umanita', e quindi cassarle dal nostro ordinamento? Il
delirante provvedimento amministrativo che impone la clandestinizzazione
coatta a persone che in Italia sono venute a vivere ed a lavorare
onestamente e proficuamente per se' e per noi, la follia dell'emissione a
raffica degli insensati e criminogeni provvedimenti di espulsione che hanno
come unico certo effetto di gettare le loro vittime nelle grinfie
dell'economia illegale e dei poteri criminali, di danneggiare gravemente la
fiducia nelle istituzioni e nella civile convivenza, di impedire l'accesso
ai pubblici servizi, di vulnerare sciaguratamente la democrazia, sara' il
caso che questo "delirio del cartellino rosso" come supremo regolatore delle
relazioni sociali cessi una buona volta?
Ad esempio: le armi. Lo sapeva gia' Omero: da se stesse le armi tentano gli
uomini (da qualche parte nel XIX dell'Odissea). Ci vuole tanto a capire che
occorre smettere di produrle? Che occorre proibirne ogni uso e commercio,
che occorre sequestrare e distruggere tutte quelle che si trovano? Che meno
armi circolano e meno omicidi ci sono? Che se non si realizza una politica
rigorosamente disarmista, i poteri criminali saranno sempre piu' forti, le
guerre non cesseranno mai, l'apocalissi ci strangolera' tutti? Ancora
attendo di vedere un governo che su questo si impegni; ancora attendo di
vedere un ente locale che sul suo territorio pratichi una politica contro le
armi (e sarebbe possibile farla, anche senza alcuna modifica del quadro
normativo vigente).
Ma tu, caro il mio Gorkij, sempre sei cosi' amaro? Gia'.
*
II. Materiali
1. Lettera aperta al Presidente della Repubblica del 24 febbraio 2000
Occorre abolire subito i campi di concentramento tragicamente in funzione
oggi in Italia
Signor Presidente,
le forti giuste parole di condanna delle ideologie dell’odio che Lei ha
pronunciato a Trieste , e l'omaggio reso alle vittime della violenza e del
razzismo, Le fanno onore e La impegnano.
Poiche' tali parole, tale impegno, devono valere altresi' per l'oggi.
Ed oggi purtroppo in Italia esistono dei cosiddetti "Centri di permanenza
temporanea e assistenza" (istituiti e cosi' definiti dall'art. 12 della
legge 40/98, ora art. 14 del Testo Unico sull'immigrazione D. Lgs. 286/98)
che sono a tutti gli effetti sotto il profilo giuridico ed amministrativo
dei campi di concentramento. In essi sono recluse persone immigrate che non
sono imputate di alcun reato, persone che vengono private della liberta'
personale in violazione dei princìpi fondamentali dello stato di diritto e
della democrazia.
Questi "centri di permanenza temporanea" sono strutture palesemente
antigiuridiche ed incostituzionali.
Occorre che questi "centri", luoghi di dolore e di barbarie, luoghi visitati
dalla piu' atroce delle morti, siano aboliti. Che siano aboliti per
ripristinare la vigenza della Costituzione della Repubblica Italiana. Che
siano aboliti per ripristinare il rispetto dei diritti umani. Che siano
aboliti in nome dello stato di diritto e della democrazia, della civilta'
giuridica e del senso di umanita'. Che siano aboliti proprio per quei
principi che Lei ha solennemente riaffermato in questi giorni di contro al
razzismo, di contro alle ideologie dell'odio, di contro alla disumanita'.
Signor Presidente,
faccia un passo ufficiale in tal senso. La medesima legge 40/98, ed il
conseguente Testo Unico, in altre sue parti (di segno opposto all'art. 14)
prevedono ad esempio l'istituzione di veri e necessari "centri di
accoglienza" in cui le persone immigrate in condizioni di difficolta' siano
assistite senza essere private della liberta' (art. 40 del Testo Unico); si
cassi pertanto l'incostituzionale art. 14 e si potenzi quanto previsto
dall'art. 40.
Signor Presidente,
faccia sentire la sua voce, chieda a governo e Parlamento un impegno
coerente col dettato costituzionale e con quei diritti umani che cosi'
solennemente ed opportunamente Lei ha riaffermato a Trieste.
Distinti saluti,
Viterbo, 24 febbraio 2000
*
2. Lettera aperta al Ministro dell'Interno del 25 luglio 2000
Proposta di prevedere la formazione e l'addestramento ai valori, le
strategie e le tecniche della nonviolenza per tutti gli operatori pubblici
addetti alla pubblica sicurezza
Signor Ministro,
la crescita della violenza va contrastata nel modo piu' rigoroso e coerente:
ovvero promuovendo quanto piu' possibile la nonviolenza.
La nonviolenza, intervento attivo per promuovere diritti e dignita' di tutti
La nonviolenza e' il portato delle scelte assiologiche e giuriscostituenti
inscritte nei principi fondamentali della Costituzione della Repubblica
Italiana.
La nonviolenza e' l'applicazione dei principi etici e giuridici promulgati
dalla Dichiarazione universale dei diritti umani.
La nonviolenza e' proposta operativa fondamentale e fondante per la civile
convivenza in un'epoca, come quella attuale, di grandi conflitti, di grandi
opportunita' evolutive come di immani pericoli di regresso e catastrofe.
La nonviolenza ovviamente non e' passivita', ma opposizione alla violenza la
piu' nitida, intransigente ed efficace; non e' un sottrarsi ai conflitti ed
alle situazioni di crisi, ma un farvi fronte e gestirli con chiaroveggenza
ed energia affinche' essi producano acclaramento e ricomposizione, evolvano
in esiti di maggiore giustizia, di maggiore umanizzazione; la nonviolenza
non e' contemplazione atterrita o inerme ritrarsi, ma presenza viva e
operante per affermare sempre ed ovunque, e quindi in primo luogo ove piu'
occorra, la dignita' della persona e i diritti umani; la nonviolenza e' il
dispiegarsi del principio di legalita' in quanto esso fonda la convivenza e
difende e promuove i diritti di tutti.
Una proposta pratica: formare e addestrare tutto il personale addetto alla
pubblica sicurezza ai valori, le strategie e le tecniche della nonviolenza
E' necessario che tutto il personale addetto alla pubblica sicurezza conosca
e sia in grado di utilizzare nello svolgimento delle sue mansioni le
tecniche, le strategie, i valori, e dunque le acquisizioni e gli strumenti
conoscitivi, ermeneutici ed operativi della nonviolenza.
E' infatti assai penoso che proprio le persone che, per il lavoro di
altissima responsabilita' che svolgono, piu' hanno bisogno di disporre di
una formazione, un addestramento ed una strumentazione (teorica ed
applicativa) adeguati a difendere e promuovere sicurezza, convivenza,
rispetto dei diritti delle persone tutte, proprio queste persone siano
private di una opportunita' formativa massimamente adeguata all'incombenza
che la legge e le istituzioni loro attribuiscono.
E' assurdo che proprio quegli operatori dei pubblici servizi che devono
intervenire in situazioni di massima crisi ed emergenza, non abbiano a
disposizione gli strumenti piu' adatti alla bisogna: le tecniche operative,
le strategie comunicative, gli strumenti interpretativi, i valori di
riferimento che la nonviolenza propone.
E', quello qui segnalato, un paradosso gravido di conseguenze pericolose: e'
un paradosso che deve cessare. Si ponga rimedio istituendo al piu' presto la
prassi e l'obbligatorieta' della formazione e dell'addestramento alla
nonviolenza per tutti gli operatori addetti alla sicurezza pubblica.
Beninteso: questa non e' una panacea, ma senza ombra di dubbio costituirebbe
un contributo di grande valore e di sicura utilita'.
Benefiche ricadute
Non vi e' dubbio, infatti, che la formazione e l'addestramento alla
nonviolenza per il personale addetto alla difesa e promozione della
sicurezza e dei diritti di tutti avrebbe immediati effetti benefici sia per
i lavoratori destinatari di tale formazione e addestramento, sia per gli
utenti tutti del loro intervento, includendo tra gli utenti anche le persone
oggetto dei loro interventi: persone che anche quando commettono crimini  e
pertanto debbono essere perseguiti e puniti ai sensi di legge, restano
comunque esseri umani ed in quanto tali non possono essere fatti oggetto di
trattamenti degradanti, di minacce, di violenze e lesioni.
La Costituzione e' chiara: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo" (art. 2); non sono ammessi "trattamenti contrari al
senso di umanita'" (art. 27, comma secondo); e naturamente "non e' ammessa
la pena di morte" (art. 27, comma quarto).
La nonviolenza, e' una constatazione empirica e non un'asserzione ideologica
o fideistica, degnifica le parsone che vengono in contatto con essa; la
conoscenza della nonviolenza, dei suoi valori e concetti, come delle sue
strategie comunicative e delle sue tecniche relazionali, umanizza le persone
e i rapporti, adegua l'agire a valori e fini che sono quelli fondanti la
civilta' giuridica, che sono quelli sanciti dalla Costituzione, che sono i
valori ed i fini che rendono degna la vita e civile la convivenza.
A tutti andrebbe garantita, fin dalle scuole di base, la conoscenza e la
formazione alla nonviolenza; ebbene, che si cominci intanto a mettere questo
patrimonio di risorse a disposizione almeno di chi, per il lavoro che
svolge, piu' ne ha bisogno.
Che le istituzioni democratiche si adoperino affinche' proprio nelle
situazioni in cui di contrastare la violenza si tratta, si abbia a
disposizione la ricchezza di strumenti teorici e pratici che la nonviolenza
offre.
Signor Ministro,
le saremmo grati se, preferendo riconoscersi nella Costituzione della
Repubblica Italiana e  nella civilta' giuridica, anziche' nelle correnti
obbrobriose ideologie della violenza, del delirio, della barbarie, lei
volesse prendere in considerazione tale proposta e farne oggetto di un
intervento operativo in forma o di decreto, o di disegno di legge da
proporre con la maggior tempestivita' all'organo legislativo.
Distinti saluti,
Viterbo, 25 luglio 2000
*
3. Una lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al
Ministro dei Trasporti del 26 luglio 2000
Una semplice proposta: togliere ai poteri criminali schiavisti il monopolio
del servizio di trasporto pubblico lungo la rotta Albania-Italia
Egregi signori,
consentiteci di trasmettervi queste franche considerazioni.
Forse sarebbe opportuno considerare che la pretesa di condurre una guerra
contro l'immigrazione di persone disperate non puo' che provocare vittime
innocenti.
Forse sarebbe opportuno considerare che quelle persone disperate che fuggono
dalla morte, dalle torture, dalla fame "frusta dei popoli", sarebbe bene
accoglierle ed assisterle, non cacciarle nelle grinfie degli schiavisti e
degli assassini.
Forse sarebbe bene uscire dalla sindrome della fortezza assediata e fare una
politica internazionale che tenga conto della compiuta unificazione del
mondo.
Forse sarebbe bene cercar di salvare delle vite umane, invece di
sopprimerle.
Sarebbe bene che fossero le istituzioni italiane, e non gli imprenditori
criminali, a gestire i trasporti nel canale d'Otranto e ad avere la concreta
gestione della politica italiana per l'immigrazione.
Avere di fatto subappaltato al racket in forma monopolistica il trasporto
pubblico di persone tra Albania ed Italia, e peggio: aver delegato al racket
la gestione della vita (e della morte) di tanti esseri umani, e' una colpa
che come italiani non potremo mai perdonarci.
Occorre porre rimedio, nell'unico modo ragionevole e legittimo:
- riconquistando all'ordinamento giuridico ed alla pubblica amministrazione
il compito di accogliere ed assistere donne e uomini costretti all'esilio;
- difendendo davvero con tutte le nostre forze i diritti umani di tutti;
- contrastando il racket schiavista con strumenti efficaci: liberare tutte
le persone dal dramma della clandestinita'; liberare ed assistere tutte le
persone in condizione di schiavitu';
- sequestrare e distruggere tutte le armi che sia possibile, e fermarne la
produzione  e il traffico;
- sequestrare e confiscare e destinare a fini di utilita' sociale tutte le
ricchezze dei mafiosi;
cosi' e con analoghi interventi si puo' sconfiggere un racket forte
soprattutto dell'inadeguatezza e talvolta addirittura dell'insensataggine
dell'intervento pubblico.
Non servono guerre: serve umanita' e legalita', serve umana solidarieta' con
i perseguitati ed i fuggiaschi, serve una politica dell'accoglienza e
dell'assistenza per chi piu' ha bisogno di aiuto.
Siamo onesti: per contrastare davvero il traffico di esseri umani gestito
attualmente dal racket, e' necessario consentire l'ingresso legale in Italia
di chi lo desidera e ne ha bisogno, ed a tutti gli immigrati offrire la
protezione delle leggi. E solo facendo questo si puo' anche efficacemente
condurre la lotta contro le mafie che oggi arricchiscono gestendo esse (ed
in regime monopolistico, e con la ferocia orribile che le connota) un
servizio di trasporto, nella effettuale latitanza, e stolta e pusillanime,
dello stato di diritto.
Vi pregheremmo di pensarci.
Distinti saluti,
Viterbo, 26 luglio 2000

4. MATERIALI. DA "NEI LABIRINTI DEL SILENZIO" DEL 23 AGOSTO 2000
[Da "Nei labirinti del silenzio", nuova serie, n. 3, 23 agosto 2000]

I. Editoriale. Un frammento postumo di Misone di Oinopoli
Soleva dire quel Misone (di cui un autorevole studioso ebbe a rilevare che
"gode della rara fortuna d'essere annoverato tra i Sette Sapienti, qualora
il numero di questi venga portato a quattordici") che gli stati, come le
fedi e i partiti, gli parevano fenomeni transeunti, portati e trascinati e
travolti dalla storia degli uomini, e che in ultima analisi era agli uomini
che occorreva essere fedeli, ed aggiungeva: all'umanita' tutta, quella
passata perche' quanto da essa realizzato di buono non sia stato vano e le
sue speranze non vadano deluse e la sua memoria cancellata non sia; a quella
presente che insieme a noi si trova a trarre questa fatica del vivere che io
assomiglio al duro lavoro del bove sul campo ed il sottrarmi mio accresce la
fatica tua che gia' e' cosi' grande che a stento la sostieni; ed a quella
futura, che dipendera' da noi se esistera' o meno e che, per quanto aspra la
vita sia, ha diritto di fare questa esperienza ove certo si soffre d'assai
ma altresi' ci s'illustra, e si puo' attingere una felicita' grande in una
conchiglia, in una cipollina, in un abbraccio. E quindi non chiedere a me di
negare altrui la vita in nome di un dio o di un regime, ché ne avrei
vergogna grande e sputerei su quella oscena richiesta; poiche' io credo che
solo per l'umanita' mette conto di agire, e l'umanita' tutta e' intera ed
integra in ogni essere umano, e cosi' ogni essere umano e' mio amico, mio
figlio, mio padre, fratello a me. Cosi' dicevano dicesse Misone di Oinopoli.
E dicono aggiungesse col poeta triestino dal nome buono come il pane: "esser
uomo tra gli umani, io non so piu' dolce cosa"; e dicono aggiungesse con la
frase del grande Leone che mori' in una stazione ferroviaria: "Non credero'
mai alla buona fede di chi si fa pulire il vaso da notte da un altro".
*
II. Materiali
(...)
2. Una lettera al Ministro della Giustizia del 28 gennaio 2000
Egregio signor Ministro, Lei deve intervenire.
Lei che e' Ministro della Giustizia, Lei che e' conoscitore del diritto, Lei
che sa bene che la Costituzione della Repubblica Italiana demanda alle
istituzioni di promuovere la dignita' umana e di intervenire per impedire
soprusi e violenze, per sostenere chi e' leso nei suoi diritti, per
costruire una societa' giusta e solidale in cui la vita non sia una continua
pena, una incessante strage.
Lei sa che esistono nel nostro paese luoghi in cui vengono recluse persone
che non hanno commesso alcun reato, luoghi in cui si e' spogliati di ogni
diritto, luoghi in cui recentemente sono tornati ad ardere roghi umani.
Questi luoghi sono i campi di concentramento in cui vengono precipitati gli
immigrati cosiddetti "clandestini", solo perche' i loro documenti si trovano
in condizioni di irregolarita': vengono reclusi senza aver commesso reati,
senza aver diritto a un processo, senza quella protezione ed assistenza che
le leggi oltre che il civile sentire accordano ad ogni essere umano.
Questi campi di concentramento, ipocritamente denominati "centri di
permanenza temporanea", sono strutture del tutto antigiuridiche e
palesemente incostituzionali, strutture disumane, strutture assassine. Lei
lo vede, Lei lo sa.
Li abolisca. Abolisca i campi di concentramento. Trovi la forza e l'orgoglio
di intervenire nell'interesse del diritto e dell'umanita', ripristini la
Costituzione violata, affermi la democrazia e la vigenza dei diritti umani.
Lei ne ha il potere, Lei ne ha il dovere.
*
3. Una lettera al Ministro del Lavoro del 21 agosto 2000
Occorre un provvedimento amministrativo immediato (ed un coerente cambio di
politica) per sconfiggere le mafie degli "scafisti" e salvare tante vite
umane: che il nostro paese istituisca un servizio di trasporto pubblico per
far arrivare in Italia, accogliere ed assistere in condizioni di piena
legalita' tutti i migranti in stato di necessita'.
Signor Ministro,
le scriviamo per sottoporre alla sua attenzione alcune riflessioni ed una
precisa proposta che, qualora lei la trovasse degna di approfondimento e
discussione, le saremmo grati se volesse farne oggetto di un confronto con i
suoi colleghi del Consiglio dei Ministri e di una iniziativa legislativa da
proporre al Parlamento.
1. Scrive opportunamente l'illustre economista e cattedratico britannico
Nigel Harris ne I nuovi intoccabili (Il Saggiatore, Milano 2000; ma l'ed.
orig. inglese e' del 1995), alle pp. 274-275:
“"La popolazione mondiale e' costituita per lo piu' da stranieri, e tutti
noi siamo parte di questa grande maggioranza. Anche per un cinese il 79%
della popolazione mondiale e' fatto di stranieri, e questa proporzione sale
all'84% per un cittadino dell'altro gigante del panorama demografico,
l'India. Dal punto di vista di un paese piccolo come l'Inghilterra, oltre il
99% della popolazione mondiale e' formato da stranieri. Questi dati servono
a collocare in una prospettiva concreta lo spaventoso egoismo di paesi che
si considerano il centro dell'universo conosciuto.
Le discussioni sull'immigrazione non partono dall'universale, l'interesse
del mondo intero, bensi' dal particolare, l'interesse della minoranza, e
cioe' del paese".
E lo studioso prosegue: "Tutte le discussioni della politica
dell'immigrazione partono dalla posizione di monopolio degli stati, senza
fare alcun cenno all'interesse universale. Nel dibattito pubblico si da' per
scontato un livello di egoismo e di particolarismo dello stato che non
verrebbe mai tollerato in un individuo. A nessuno stato si chiede di
giustificare la sua politica dell'immigrazione dal punto di vista
dell'interesse mondiale". E ancora: "Sembra che per gli stati gli uomini
siano molto meno importanti delle merci scambiate".
Ma questa condotta meschina ed egoistica degli stati e' insostenibile ed
irragionevole.
2. Illustri studiosi e rapporti ufficiali hanno evidenziato da tempo cio'
che ormai e' coscienza comune di chiunque si occupi di questi temi con
ragionevolezza e lungimiranza, ovvero che:
2.1. Dal punto di vista dell'economia:
a) la forza-lavoro immigrata sostiene anche l'economia del paese di arrivo,
cui offre un contributo relativo rilevante;
b) le rimesse degli emigrati sostengono l'economia e possono favorire lo
sviluppo dei paesi di origine;
c) in termini demografici l'arrivo degli immigrati e' un toccasana per i
paesi europei cosiddetti altamente sviluppati il cui tasso di natalita' va
sempre piu' presentando un saldo altrimenti negativo;
d) in termini di sostegno immediato e contingente al sistema previdenziale
la presenza dei lavoratori immigrati sta dando respiro al sistema italiano
di protezione sociale.
2.2. Dal punto di vista del diritto:
a) e' bene che le presenze reali siano tutte regolarizzate affinche' nessuno
sia costretto alla clandestinita' coatta che lo espone al rischio di
divenire vittima dell'economia illegale e dei poteri criminali;
b) e' bene che tutte le persone presenti nel territorio nazionale possano
avere un rapporto positivo e trasparente con le istituzioni ed i servizi
pubblici;
c) e' bene che i principi universalistici proclamati dalla Costituzione
della Repubblica Italiana abbiano piena vigenza nel territorio in cui essa
e' fonte di diritto e che quindi essa sia protezione giuridica per tutte le
persone nel territorio presenti e per tutte le persone cui essa
esplicitamente si rivolge (cfr. in particolare il comma terzo dell'art. 10);
d) per contrastare i poteri criminali e' fondamentale che lo Stato tuteli i
diritti fondamentali di tutte le persone.
2.3. Dal punto di vista della morale:
a) ogni essere umano ha diritto di vivere;
b) un ordinamento giuridico in tanto ha valore in quanto e' ordinato a
garantire vita e convivenza delle persone che sotto la sua giurisdizione si
trovano ed adempie efficacemente a tale suo compito;
c) i migranti sono persone che un cogente stato di necessita' spinge a
fuggire dai luoghi di origine per salvare le proprie vite e migliorare la
propria condizione, ed e' dovere ineludibile di ogni comunita' umana civile
e di ogni ordinamento democratico garantire accoglienza ai fuggiaschi che
esercitano il loro diritto di legittima difesa, il loro diritto a salvare la
propria vita, ed hanno quindi diritto all'asilo ovunque vi sia un consesso
civile;
d) nell'espletare la funzione di legislatore e di governante occorre
assumere il punto di vista del bene pubblico, dell'interesse generale,
dell'umanita'.
3. Poste tali premesse, ed intervenendo nel merito del dibattito in corso
sul quid agendum in riferimento alla politica italiana ed europea relativa
all'accoglienza dei migranti, ed avendo di fronte la drammatica situazione a
tutti ben nota delle persone che hanno perso la vita e dei poteri criminali
che lucrano enormi ricchezze gestendo il mercato illegale del trasporto di
esseri umani disperati verso l'Italia, da alcune settimane ci siamo permessi
di interpellare alcuni suoi colleghi di governo ed i capigruppo parlamentari
affinche' prendano in considerazione la seguente proposta: che lo Stato
italiano istituisca e gestisca un servizio di trasporto pubblico per far
arrivare in Italia, accogliere ed assistere in condizioni di piena legalita'
tutti i migranti in stato di necessita'.
4. Il contesto in cui si colloca tale proposta e' quello drammatico a  tutti
noto:
4.1. Gli obiettivi che tale proposta conseguirebbe sono evidenti: a)
stroncare il mercato illegale del trasporto di esseri umani; b) salvare
tante vite umane in pericolo (in primo luogo quelle dei migranti, ma anche
quelle degli operatori delle forze dell'ordine che devono fronteggiare le
mafie degli scafisti); c) colpire i poteri criminali e ripristinare
legalita' e diritto.
4.2. I problemi che tale proposta aprirebbe sono indubbiamente grandi e
degni di una adeguata riflessione: si tratterebbe certo anche a) di
rinegoziare accordi comunitari; b) di valutare l'impatto globale che tale
proposta avrebbe; c) di studiare le forme normative ed organizzative
necessarie; ed altre questioni ancora che qui non elenchiamo ma che ci sono
ben presenti. Ma per quanti possano essere i problemi, non si puo' far finta
di niente di fronte alla tragedia attuale, occorre dunque intervenire con
coerenza e coscienza, ed i problemi conseguenti ad una iniziativa innovativa
e di grande valore umanitario, e probabilmente esemplare a livello mondiale,
occorre decidersi a porseli concretamente e ad affrontarli sperimentalmente.
5. La necessita' di avviare al piu' presto una riflessione e discussione
pubblica su questo approccio e questa proposta crediamo sia del tutto
evidente: la politica fin qui adottata ha avuto effetti gravi in termini di
vite umane distrutte ed in termini di effettuale favoreggiamento de facto
dei poteri criminali; occorre dunque cambiare direzione al piu' presto,
praticare una politica del diritto e dell'accoglienza, della legalita' e
dell'umanita' che sia efficace, coerente con la Costituzione, inveratrice
dei diritti umani.
6. Chiediamo infine:
6.1. in un mondo in cui la globalizzazione e la libera circolazione
planetaria delle merci e dei capitali e' un dato di fatto, un essere umano
vale meno di uno scrigno?
6.2. lo Stato di diritto deve arrendersi ai poteri criminali?
6.3. l'affermazione dei diritti umani deve ridursi ad una mera esercitazione
retorica?
7. Prima di concludere questa lettera richiamiamo qui alcuni nostri
precedenti interventi sul medesimo argomento, e precisamente:
- una lettera al Presidente del Consiglio ed al Ministro dei Trasporti del
26 luglio 2000;
- una lettera al Ministro dei Trasporti del 4 agosto 2000;
- una lettera al Ministro della Solidarieta' Sociale del 9 agosto 2000;
- una lettera ai Presidenti dei gruppi parlamentari del 16 agosto 2000;
- richiamiamo altresi' la nostra Lettera all'Alto Commissariato delle
Nazioni Unite per i Rifugiati dell'11 agosto 2000.
Signor Ministro,
abbiamo voluto fornirle alcuni elementi di riflessione e presentarle una
proposta operativa, che riteniamo sia peraltro praticabile anche stante
l'attuale quadro normativo con interventi amministrativi adeguati, ma che
certo riteniamo possa e debba essere anche sollecitatrice di una riflessione
e di un mutamento di politica, e quindi oggetto di un dibattito adeguato sia
in sede di organo esecutivo sia in sede di organo legislativo; le saremmo
pertanto grati se volesse esaminare quanto sopra esposto ed eventualmente
farne oggetto di una riflessione ed una iniziativa investendone il Consiglio
dei Ministri ed il Parlamento.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 196 del 27 giugno 2008

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