Nonviolenza. Femminile plurale. 153



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 153 del 17 gennaio 2008

In questo numero:
1. Giuliana Sgrena: Da donne a merci
2. Claudia Nina intervista Claire Varin su Clarice Lispector
3. Barbara Romagnoli presenta "Filosofia delle donne" di Pieranna Garavaso e
Nicla Vassallo

1. MONDO. GIULIANA SGRENA: DA DONNE A MERCI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 29 dicembre 2007, col titolo "Dall'Iraq
alla Siria, da donne a merci" e il sommario "La prostituzione femminile e'
una delle principali attivita' tra i 500.000 iracheni fuggiti in Siria.
Oltre 50.000 donne sono costrette a vendere il proprio corpo, spesso sotto
la 'protezione' delle famiglie. Moltissime le minorenni: qui il mercato
apprezza soprattutto la verginita'. Anche quella dell'imene ricostruito".
Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e
pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane
dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande
importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe,
durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A
Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo,
sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in
cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo
liberatore Nicola Calipari. Dal sito del quotidiano "Il manifesto"
riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in
provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a
Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da
Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella
redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno
d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in
Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i
bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del
lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di
raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con
professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese.
Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le
fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a
parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista". Opere
di Giuliana Sgrena: (a cura di), La schiavitu' del velo, Manifestolibri,
Roma 1995, 1999; Kahina contro i califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola
dei taleban, Manifestolibri, Roma 2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma
2004; Fuoco amico, Feltrinelli, Milano 2005]

Damasco. Grandi edifici tutti uguali, color ocra, nuovi ma gia' fatiscenti,
sono i condomini costruiti dal governo siriano per risarcire i proprietari
di case e terreni espropriati per opere pubbliche. Ci troviamo all'estrema
periferia di Damasco, nel quartiere nuova Hussaniya, una scuola dell'Unrwa
indica la presenza di profughi palestinesi, accanto a molti iracheni. In uno
di questi appartamenti anonimi incontriamo la famiglia di Adnan Abdelkarim
Hassan. Come in tutte le case dei profughi iracheni non c'e' nessuna
suppellettile, ma qui ci sono delle sedie e non solo strapuntini per terra,
e come in tutte le case una televisione e' sempre accesa: in alcuni casi
serve per intrattenere i bambini, ma soprattutto per avere notizie
dall'Iraq. E anche Adnan, 65 anni, vestito con la tradizionale dishdasha e
con il subha (rosario) in mano, e' seduto davanti alla tv. Ma non si limita
a guardare le notizie su tutte le reti arabe - al Arabiya, al Jazeera, al
Iraqiya, al Hurra, al Sharqyia, meglio non fidarsi di una sola versione -, a
fine giornata annota in un quaderno tutte le notizie irachene del giorno.
"Questo e' il mio contributo alla resistenza - dice - c'e' chi usa le armi e
chi la penna", e mi mostra i quattro quaderni di grandi dimensioni dove e'
raccolta la sua cronaca dell'Iraq.
Ha lasciato il suo paese, dopo che era andato in pensione (lavorava al
ministero dell'edilizia) e il fratello era rimasto ucciso nella sua casa da
uno dei bombardamenti americani su Haditha, tristemente famosa per questo
tipo di massacri. Soprattutto e' fuggito per proteggere i figli: il piu'
grande si chiama Omar e basta un nome sunnita per essere ucciso dalle
milizie sciite a Baghdad, tant'e' vero che l'ultimogenito e' stato chiamato
Ali, inviso ai sunniti. La figlia invece l'avevano fatta sposare
giovanissima. Per proteggerla, dicono i genitori. Ma, dopo un mese di
matrimonio, il marito e' stato ucciso da un'autobomba mentre andava al
lavoro. Lei, giovane sedicenne, vedova e incinta, ha raggiunto i genitori a
Damasco e, dopo aver perso il bambino, ha ricominciato a studiare. Per lei
in fondo la vita e' ricominciata proprio quando quella dei genitori si e'
fermata. La sua aria dolce e schiva non nasconde la volonta' di continuare a
vivere una vita sua.
*
Una scuola per profughi
In Siria gli iracheni hanno il diritto di andare a scuola - un diritto
acquisito solo recentemente in Giordania -, ma solo il 10% dei ragazzi in
eta' scolare approfitta di questa opportunita'. Gli altri spesso lavorano
per mantenere la famiglia: il 10% delle famiglie dei profughi sopravvive con
il lavoro dei propri bambini. Anche bambine, che lavorano in fabbrica dieci
ore al giorno o sostano per strada con una bilancia per far pesare i
passanti in cambio di poche lire siriane. Anche la famiglia di Adnan
sopravvive con il lavoro del figlio piu' piccolo, dopo che l'introduzione
del visto non gli permette piu' di andare in Iraq a riscuotere la pensione
(180 dollari ogni due mesi) e a ritirare le razioni di cibo governative,
mentre all'affitto della casa di Baghdad ha gia' dovuto rinunciare quando e'
stata occupata dalle milizie sciite. Ali pero' a scuola ci va e lavora nelle
vacanze, mentre il fratello maggiore non trova un'occupazione qualsiasi, in
nero, naturalmente. Inoltre molti bambini soffrono di problemi psicologici
per la violenza vissuta in Iraq o semplicemente, perche' a causa della
guerra hanno perso due-tre anni di scuola, si sentono a disagio in classi
dove gli alunni siriani sono molto piu' piccoli. Infine poiche' il sistema
educativo siriano e' diverso da quello iracheno, l'inserimento e' difficile,
nonostante la lingua sia la stessa. L'inglese, per esempio, in Siria viene
studiato dal primo anno di scuola, in Iraq invece dal quinto.
Per supplire a questo ritardo Faiza, una donna molto attiva (prima in Iraq e
ora in Siria, dove lavora spesso come fixer con i giornalisti) e madre di
due figli, ha deciso di aprire a casa sua un corso di inglese, gratuito, per
studenti fino ai 18 anni. Il corso si tiene di venerdi', dalle 10 alle 16,
con turni di due ore per ogni gruppo. Ad insegnare oltre a lei ci sono altre
insegnanti irachene, ora disoccupate, e giovani studenti di madrelingua
inglese che si trovano a Damasco per studi. Sono gia' 75 i ragazzi iscritti,
ma lo spazio e' ristretto, la piccola sala e' molto affollata, ognuno fa del
suo meglio per permettere a tutti di seguire le lezioni, ma occorrerebbero
delle aule. Le bambine sono le piu' vivaci, soprattutto quando sono piccole,
poi crescendo, assumono un ruolo piu' dimesso sotto il pesante velo nero.
Faiza organizza i turni di studenti e insegnati, si preoccupa se qualcuno
manca, chiama i genitori - il cellulare e' fondamentale per i contatti
quotidiani degli iracheni - se non vengono a prendere i figli.
In un angolo della stanza vi e' Dumua, una ragazza di 15 anni, analfabeta,
e' venuta un giorno ad accompagnare due sorelline piu' piccole che vanno a
scuola, gia' coperte da capo a piedi da un pesante velo nero, e Faiza l'ha
convinta a imparare a leggere e scrivere. Dumua e' arrivata qui da Kerbala
con la sua famiglia, genitori e otto figli. Ha fatto solo la prima
elementare perche' la sua famiglia si muoveva spesso e il padre, molto
conservatore e anche lui analfabeta, non si curava certo dell'educazione dei
figli e soprattutto delle figlie. Dumua pero' vuole imparare a leggere e
scrivere, perche', dice, non sa neanche riconoscere le insegne per strada e
deve sempre chiedere aiuto a qualcuno. Faiza l'ha affidata a Um Haidar, in
Siria dal novembre del 2006, perche' il marito ha dovuto scappare dall'Iraq.
Medico, specialista in cardiologia, specializzato in Gran Bretagna, aveva
diretto un dipartimento al ministero della sanita', ma era considerato un
"collaborazionista" e quindi ha dovuto lasciare il paese. Ora non puo' piu'
lavorare, sta chiuso in casa con una forte depressione e spesso e' violento
con i figli, racconta Um Haidar. Ma e' una storia che abbiamo sentito
raccontare da molti tra i profughi iracheni. Sono gli uomini i piu'
depressi: si chiudono in casa, spesso perche' hanno paura a uscire oppure
semplicemente perche' non hanno un motivo per farlo. Tra i profughi sono le
donne ad avere una reazione piu' positiva alla vita di stenti, sono loro ad
affrontare le situazioni piu' penose e anche a prestare aiuto a chi sta
peggio.
*
La tratta delle giovani
Ed e' spesso la disperazione anche a indurre molte giovani irachene sulla
strada della prostituzione. E non sempre consapevolmente: tra l'Iraq e la
Siria vi e' una vera e propria tratta di giovani donne che vengono poi
costrette a prostituirsi. A volte i trafficanti del sesso rapiscono le donne
e le narcotizzano per portarle via, altre volte fanno leva sulla loro
miseria per convincerle, altre ancora e' il padre a venderle per ottenere un
po' di soldi.
Sono giovanissime. Proveniva da Falluja la ragazza dodicenne incontrata da
Walid, volontario di una ong siriana, in un night club di Damasco. E'
arrivata in Siria con le sorelle dopo che tutti i maschi della famiglia
erano stati uccisi. "Voglio solo un tetto sulla mia testa e ho bisogno di un
lavoro. Non importa se buono o cattivo, devo aiutare la mia famiglia",
spiegava la ragazzina la cui testimonianza e' contenuta in un rapporto
dedicato dall'Unicef-Siria alle adolescenti irachene. I night club sono i
luoghi privilegiati per la prostituzione. A volte sono le madri ad
accompagnare le figlie e ad aspettare che finiscano il loro lavoro per
riaccompagnarle a casa, discretamente. Altre volte e' il padre di famiglia
che affitta un appartamento, soprattutto nel quartiere di Jaramana dove
vivono molti profughi cristiani, e poi invita i clienti ad avere rapporti
con figlie e moglie. In inverno i clienti sono soprattutto siriani e
iracheni, mentre in estate arrivano gli sceicchi del Golfo, che preferiscono
dare al loro rapporto una copertura con un "matrimonio di piacere"
(temporaneo), ma pretendono che le ragazze siano vergini e sono disposti a
pagare migliaia di dollari. Un business a cui non possono rinunciare i
"procuratori", tra di loro ci sono anche donne. Ma le ragazze, costrette a
prostituirsi molto giovani, spesso vergini non lo sono piu', cosi' si
ricorre alla ricostruzione dell'imene, attivita' fiorente in Siria come in
altri paesi dove la verginita' resta un tabu'. Difficile avere dati e
contatti con le donne che si prostituiscono perche' la prostituzione e'
illegale e chi la pratica rischia l'arresto. Secondo Hana Ibrahim dell'Iraqi
women's will organization in Siria ci sarebbero circa 50.000 prostitute
irachene, molte sotto i 18 anni.
Difficile anche il tentativo di recuperarle da parte dell'Alto commissariato
delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e non solo per la loro
invisibilita' (spesso vivono ostaggio dei trafficanti, chiusi nelle loro
case dove vengono maltrattate e mantenute con poco cibo) ma anche perche' al
massimo con un lavoro normale (al nero visto che non hanno permesso di
lavoro) potrebbero guadagnare 60-80 dollari al mese, quanto guadagnano
prostituendosi in una notte. Se le autorita' le individuano vengono
deportate in Iraq, questo non impedisce che ritornino in Siria con documenti
falsi. Spesso e' la loro stessa famiglia a "rivenderle" se tornano a casa.
Ci sono state anche donne coraggiose che sono andate alla polizia per
denunciare lo sfruttamento sessuale, ma sono state deportate dopo aver
subito violenza anche dai poliziotti. In mancanza di una legislazione
adeguata (l'Organizzazione per la migrazione sta lavorando per una legge
contro la tratta), finora a Damasco l'unico modo per sfuggire al rischio di
essere uccise se sfuggono alle "regole" imposte dai loro "protettori" o di
essere rivendute dai loro familiari e' quello di rivolgersi alle suore del
Buon pastore che hanno costruito una casa rifugio per proteggere queste
donne a rischio. In febbraio, con l'aiuto dell'Unhcr, dovrebbe essere pronta
una nuova casa rifugio che ospitera' 120 donne. Naturalmente si tratta di
strutture che non sono in grado di soddisfare tutte le richieste. Di donne a
rischio sono il 20% delle domande di "resettlement" in un paese occidentale.
*
Rapite e stuprate
Tra gli iracheni in attesa di partire vi sono anche due famiglie che
incontriamo nel quartiere di Jaramana. Sono sabei, una setta religiosa
preislamica originaria della Mesopotamia, sperano di poter raggiungere i
parenti in Australia. All'inizio l'ambasciata australiana aveva accettato la
loro domanda ma poi l'ha respinta: la sorella che vive in Australia non
avrebbe le condizioni economiche richieste. Ma Zuheila e Mithaq, 33 e 28
anni rispettivamente, non possono tornare in Iraq. Il marito di Zuheila,
come e' tradizione dei sabei, aveva una gioielleria a Baghdad, ma nel giugno
del 2006 e' stata incendiata e distrutta. Da tempo erano minacciati perche'
non musulmani. Il marito aveva allora cominciato a fare l'autista tra
Baghdad e Bassora. "Una mattina, mentre mio marito era in viaggio, ero in
casa con i tre figli, la piu' piccola aveva solo cinque mesi, quando degli
uomini armati hanno fatto irruzione nell'edificio e mi hanno portata via. Mi
hanno narcotizzata, quando mi sono svegliata ero in un letto: per tre giorni
sono stata violentata da cinque uomini, mi hanno rilasciata dietro il
pagamento di 10.000 dollari", racconta Zuheila. Appena rimessasi dallo choc
e' fuggita con il marito e i figli. Dopo una ventina di giorni e' stata
raggiunta a Damasco dalla sorella Mithaq, che aveva subito la stessa sorte
perche' il marito vendeva alcolici. Sta ancora male ed e' costretta a
prendere antidepressivi, non riesce a raccontare quello che le e' successo,
si limita a piangere sommessamente. Come se non bastasse, il marito dopo il
rapimento e lo stupro la ignora, e' depresso e sta chiuso in casa. Non l'ha
lasciata solo perche' hanno tre figli, spiega la sorella, ma non si occupa
nemmeno dei bambini. E Zuheila e Mithaq non hanno piu' nemmeno la speranza
di poter partire per l'Australia.

2. RIFLESSIONE. CLAUDIA NINA INTERVISTA CLAIRE VARIN SU CLARICE LISPECTOR
[Dalla rivista on-line "Sagarana" n. 8, luglio 2002 (www.sagarana.it)
riprendiamo la seguente intervista dal titolo "L'opera di Clarice Lispector:
un gigante della letteratura universale" apparsa originariamente nel "Jornal
do Brasil" di Rio de Janeiro del 23 marzo 2002.
Claudia Nina, docente, giornalista, critica letteraria, e' acuta studiosa
dell'opera di Clarice Lispector e collaboratrice del "Jornal do Brasil".
Opere di Claudia Nina: A palavra usurpada: exilio e nomadismo na obra de
Clarice Lispector, Edipucrs, 2003.
Claire Varin, critica letteraria, docente, saggista e romanziera canadese,
studiosa dell'opera di Clarice Lispector. Tra le opere di Claire Varin:
Linguas de fogo. Ensaio sobre Clarice Lispector, Limiar, 2002.
Clarice Lispector (1925-1977) e' tra le piu' rilevanti scrittrici del
Novecento. Tra le opere di Clarice Lispector: La passione secondo G. H., La
Rosa, 1982, Feltrinelli, 1991; Legami familiari, Feltrinelli, 1986, 2006; La
passione del corpo, Feltrinelli, 1987; Vicino al cuore selvaggio, Adelphi,
1987, 2003; La mela nel buio, Feltrinelli, 1988; L'ora della stella,
Feltrinelli, 1989; Il mistero del coniglio che sapeva pensare, Mondadori,
1991, 1999; Un apprendistato o il libro dei piaceri, Feltrinelli, 1992; Dove
siete stati di notte?, Giunti, 1994; Le storie di Ulisse, Mondadori, 1996;
Acqua viva, Sellerio, 1997; Le storie di Ovidio, Mondadori, 1998; Il
segreto, La Tartaruga, 1999; La scoperta del mondo 1967-1973, La Tartaruga,
2001; Vicino al cuore selvaggio, Adelphi, 2003; Come sono nate le stelle.
Storie e leggende brasiliane, Donzelli, 2005. Cfr. il sito
www.claricelispector.com.br]

La canadese Claire Varin e' uno dei nomi piu' conosciuti tra i critici che
si occupano dell'opera di Clarice Lispector. E' stata lei che ha fatto -
nella sua tesi di dottorato "Lingue di fuoco: un saggio su Clarice
Lispector" (pubblicata in lingua portoghese dalla Casa editrice Limiar, del
Brasile) - i primi e piu' importanti studi sui rapporti tra la narrativa e
la biografia dell'autrice di Vicino al cuore selvaggio. Innamorata non solo
della letteratura di Clarice, ma anche del suo Brasile, quest'anno e'
infatti la settima volta che ci ritorna. In una di queste visite e' rimasta
per un anno e mezzo, tempo sufficiente per imparare la lingua portoghese e
scoprire nuovi aspetti del paese che ammira. Oggi, parlando fluentemente la
lingua, con un leggero accento francese di fondo, Varin si gode questa
vacanza nei tropici e il contatto con i suoi lettori brasiliani. In questa
intervista Claire racconta come ha cominciato ad essere coinvolta con il
mondo letterario e biografico della scrittrice di Recife e anche perche' ha
abbandonato l'ambiente universitario dove si trovava poco a suo agio. Gia'
professoressa dell'Universita' di Montreal, crede che i suoi metodi di
ricerca, e anche il suo principale oggetto di interesse, l'opera di Clarice,
non corrispondano con il formalismo dell'universita'. Claire Varin non teme
le possibili critiche riguardo al suo stile non accademico e scommette su
una critica che possieda lo stesso ritmo fluido e soggettivo dei testi di
Clarice, che lei considera "un gigante della letteratura universale". Varin
e' anche autrice, oltre a Profession: indien e Clair-obscur a' Rio, due
opere di narrativa ambientate in Brasile, di Rencontres bresiliennes, una
raccolta di interviste date da Clarice Lispector alla stampa brasiliana, e
anche del romanzo Desert desir, in cui ha scambiato le sabbie delle spiagge
di Rio per quelle delle dune del Sahara.
*
- Claudia Nina: Quale e' stato il suo primo contatto con la letteratura di
Clarice Lispector?
- Claire Varin: E' stato a Montreal, quando partecipavo alla conferenza di
Helene Cixous su poesie e politica. Ero allora una studentessa di lettere e
sono rimasta affascinata dalle cose che lei diceva, come per esempio la
constatazione e la meraviglia di essere allo stesso tempo contemporanei di
una rosa e di un lager nazista. In quel momento, per la prima volta, sentivo
parlare di Clarice Lispector. Ho sentito quel nome e sono andata a ricercare
chi vi si celava dietro. Allora sono andata a leggere la sua opera e ho
iniziato da La passione secondo G. H. in una splendida traduzione francese.
A partite da quel momento tutto e' cambiato nella mia vita. Il
coinvolgimento e' stato cosi' grande che ho deciso di fare la mia tesi di
dottorato sull'autrice, ho imparato il portoghese e sono venuta in Brasile.
*
- Claudia Nina: Quale e' stato precisamente l'aspetto della narrativa di
Clarice Lispector che piu' ha risvegliato la sua curiosit‡ di ricercatrice?
- Claire Varin: Il fatto dell'autrice di essere in grado di andare in fondo
alle sue osservazioni. E' una rara profondita' dello sguardo, un'intensita'
poetica che va al di la' del bene e del male. Un misticismo molto
sviluppato. Clarice e' senz'altro uno dei giganti della letteratura
universale.
*
- Claudia Nina: Per la sua tesi di dottorato lei ha realizzato le prime
ricerche in Brasile. Come e' riuscita a sciogliere i nodi della sua analisi?
- Claire Varin: Sono venuta in Brasile disposta a cercare innanzitutto la
famiglia e gli amici di Clarice. Ho trovato persone come Paulo, uno dei suoi
figli, che inizialmente mi e' sembrato un po' reticente nel parlare della
madre. Penso che fosse gia' stanco di parlare di questo argomento. Ho anche
trovato Elisa Lispector, la sorella. La domanda iniziale, che mi avrebbe
aiutato a trovare il filo della mia ricerca era molto semplice, anche se
tutti si rifiutavano di rispondere: che lingua parlava in casa Clarice
durante la sua infanzia? Dopo molte insistenze, sono riuscita a strappare
una confessione ad Elisa, che mi ha detto: l'yiddish. Testi sacri erano
letti a voce alta in casa sua e la lingua ebraica circolava dappertutto. A
partire da questa informazione sono riuscita a sviluppare la prima parte
della mia tesi, sul rapporto dell'autrice con le diverse lingue nelle quali
era immersa, contenuta nel capitolo "Il dono delle lingue".
*
- Claudia Nina: Oltre alla sua famiglia, chi altro l'ha aiutata in quel
viaggio?
- Claire Varin: Avevo in mano una lista di persone che dovevo conoscere e
che alla fine mi hanno offerto un'immagine di Clarice Lispector. Sono state
Bella Josef, Nelida Pinon, Lygia Fagunes Telles, Rubem Braga, Helio
Pelegrino, Otto Lara Resende, Autran Dourado e tanti altri. Io entravo nel
mondo di Clarice e tutto cio' mi sembrava un'esperienza molto forte.
*
- Claudia Nina: Il suo lavoro affronta infatti diverse questioni
biografiche. Secondo la sua opinione, in quale misura queste questioni hanno
influenzato l'opera dell'autrice?
- Claire Varin: Molti aspetti della sua vita hanno avuto un'immensa
ripercussione nella sua opera. Il rapporto con la madre paralitica, per
esempio. La madre, sempre seduta e taciturna, che non arriva mai alla
figlia, e' stato un costante punto di riferimento. Non posso non ricordare
questa madre paralitica, quando Clarice scrive ne La passione secondo G.H.:
"Tutto cio' che e' femminile e' bloccato attorno al girovita". Credo che si
tratti di un collegamento diretto alla figura della madre. Un altro aspetto
e' quello delle lingue, le molteplici lingue che Clarice ascoltava,
l'yiddish, il portoghese, e poi tutti gli idiomi che ha imparato, che hanno
formato una sorta di dualita' occulta e che hanno segnato profondamente la
sua vita e la sua opera. Infine, lei credeva che tutto questo si
indirizzasse verso una strada ancora da percorrere. Io stavo scoprendo
qualcosa di nuovo.
*
- Claudia Nina: Anche lei crede che, contrariamente alle letterature di
lingua spagnola, la letteratura brasiliana non raggiunga l'universalita'?
Mancherebbe ai nostri autori qualche elemento universale? Sarebbe la
letteratura brasiliana troppo legata a una realta' strettamente nazionale?
- Claire Varin: Io non condivido affatto questo punto di vista. C'e'
sicuramente un grande contenuto universale nella letteratura brasiliana, che
non e' affatto inferiore a quello della letteratura di lingua spagnola. Il
problema e' che lo spagnolo e' in grado di diffondersi molto di piu' nel
mondo rispetto al portoghese, mentre il Brasile e' un continente dentro un
continente. In questo senso, esso e' piu' isolato e le opere hanno
difficolta' ad uscirne fuori.
*
- Claudia Nina: Lei crede che il suo lavoro abbia contribuito a far
conoscere di piu' la letteratura brasiliana?
- Claire Varin: Senz'altro. Parlo sempre della letteratura brasiliana nelle
radio, nei corsi, e scrivo su di essa nelle riviste. Parlo sempre di Clarice
Lispector, che a poco a poco diventa piu' conosciuta. Recentemente ho
partecipato all'allestimento di una piece teatrale nella quale erano
inseriti alcuni brani dell'opera dell'autrice, come delle cronache presenti
ne La scoperta del mondo. Il pubblico l'ha apprezzato ed e' stata una serata
magica. Penso che la letteratura brasiliana dovrebbe essere molto piu'
diffusa ed io stessa ho gia' proposto la pubblicazione di opere di autori
brasiliani ad alcune case editrici del mio paese. Gli scambi sono anch'essi
importanti. L'anno scorso e' venuta in Canada Lucia Cherem, che mi ha
aiutato nella traduzione dal portoghese. Lucia e' venuta per studiare la
ricezione dell'opera di Clarice in Canada, che sara' il tema della sua tesi.
*
- Claudia Nina: Lei continua ad insegnare all'universita'?
- Claire Varin: No. L'ambiente accademico non mi e' mai piaciuto. Ho gia'
insegnato sull'opera di Clarice nell'universita' di Montreal, soprattutto
per quel che concerne le difficolta' della traduzione delle sue opere. Ma,
sinceramente, mi ha stancato. Non desidero piu' lavorare nell'ambiente
accademico.
*
- Claudia Nina: La sua tesi, infatti, presenta uno stile non accademico. Lei
crede di essere compresa anche da questo ambiente, dal quale si e' esclusa?
- Claire Varin: Molte volte no. Cio' che piu' mi disturba dell'universita'
e' che i professori e gli intellettuali pretendono di sapere tutto. Si
collocano su un piedistallo come se fossero la saggezza in persona. In
Canada la situazione e' molto peggiore di quella del Brasile. Il mio
interesse va in una direzione totalmente diversa: credo che siamo sempre in
cerca del sapere e il nostro lavoro di ricerca e' un eterno scoprire.
*
- Claudia Nina: Anche Helene Cixous va in questa direzione, rifiutandosi di
fare delle analisi puramente accademiche delle opere di Clarice. Per questo
motivo anche lei e' molto criticata.
- Claire Varin: Si', e' vero. Lei e' criticata da quelli che non capiscono
la sua proposta. La Cixous, nonostante a volte esageri un po', incorporando
addirittura brani dell'autrice ai suoi scritti, senza che il lettore capisca
chi li abbia scritti, fa una lettura "antropofagica" dell'opera di Clarice.
Chi non capisce questo non puo' apprezzarla.
*
- Claudia Nina: Lei viene sempre in Brasile, ha acquisito un'ottima
padronanza della lingua. Cos'e' che piu' l'affascina in questo paese?
- Claire Varin: Qui le persone sono piu' umane. Non funzionano solo con la
testa. Sono anche corpo, spirito e cuore. Il sentimento invade tutto. Voi
siete piu' integri. Dico sempre ai canadesi: abbiamo tantissimo da imparare
dai brasiliani. Sto facendo una dichiarazione d'amore al Brasile.

3. LIBRI. BARBARA ROMAGNOLI PRESENTA "FILOSOFIA DELLE DONNE" DI PIERANNA
GARAVASO E NICLA VASSALLO
[Dal sito www.recensionifilosofiche.it riprendiamo la seguente recensione
del libro di Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo, Filosofia delle donne,
Laterza, Roma-Bari 2007, pp. 174, euro 10.
Barbara Romagnoli, giornalista professionista, e' nata a Roma nel 1974 e da
gennaio 2006 vive a Leiden in Olanda; si e' laureata in filosofia con una
tesi su "Louise du Neant: esperienza mistica e linguaggio del corpo", si e'
sempre interessata di studi di genere e femminismi, ha partecipato a
seminari e incontri sulla storia e i movimenti politici delle donne in
Italia e all'estero; ha lavorato per diversi anni alla rivista "Carta", ora
collabora come freelance con varie testate (tra cui "Liberazione", "Marea",
"Peacereporter", "Amisnet", "Aprile"). Fa parte del collettivo A/matrix con
cui condivide la passione per la politica, il femminismo e la buona tavola.
Pieranna Garavaso e' docente di filosofia all'universita' Morris del
Minnesota; le sue aree di ricerca comprendono la filosofia della matematica,
la filosofia del linguaggio, le epistemologie femministe e la critica
femminista della filosofia della scienza. Tra le opere di Pieranna Garavaso:
Filosofia della matematica. Numeri e strutture, Guerini e associati, Milano
1998; (con Nicla Vassallo), Filosofia delle donne, Laterza, Roma-Bari 2007.
Nicla Vassallo (Imperia, 1963) ha studiato filosofia all'Universita' di
Genova e al King's College London dell'Universita' di Londra. Dopo aver
conseguito il dottorato di ricerca in filosofia della scienza, ha lavorato
prima come Research Fellow e poi come ricercatrice. Risale al 2002 la sua
idoneita' da professore associato in logica e filosofia della scienza presso
l'Universita' di Catania e al 2004 la sua idoneita' da professore ordinario
in filosofia teoretica presso l'Universita' di Bergamo. Dal 2005 e'
professore ordinario presso il dipartimento di filosofia dell'Universita' di
Genova dove insegna filosofia della conoscenza ed epistemologia, e fa parte
del corpo docente del dottorato in filosofia. In qualita' di Visiting
Professor, insegna epistemologia anche nella facolta' di psicologia
dell'Universita' Vita-Salute San Raffaele di Milano. Responsabile in passato
di sette progetti di ricerca del Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche),
membro del Board della Sifa (Societa' Italiana di Filosofia Analitica),
membro dell'Editorial Board della rivista "Iride: Filosofia e discussione
pubblica" e del dizionario on-line Foldop, esperto del Civr (Comitato di
Indirizzo per la Valutazione della Ricerca) per la Vtr (Valutazione
Triennale della Ricerca), e' al presente: membro affiliato del Cresa (Centro
di Ricerca in Epistemologia Sperimentale e Applicata), Book Review Editor di
"Epistemologia: Rivista Italiana di Filosofia della Scienza", membro
dell'Advisory Board dell'Institute for Scientific Methodology, membro
dell'Editorial Board dell'"European Journal of Analytic Philosophy", membro
dell'Editorial Board della rivista on-line "Nordicum-Mediterraneum", membro
dell'Editorial Board della rivista on-line "Res cogitans", membro dello
Scientific Committee di OspedaleDonna, membro dello Scientific Committee di
"The Journal of Philosophical Reviews", membro dello Scientific Committee
del Festival per l'Economia Interculturale, membro dello Scientific
Committee di "Iris: European Journal of Philosophy and Public Debate",
membro dello Scientific Committee di Onda (Osservatorio Nazionale sulla
Salute della Donna), membro dello Scientific Committee di Readings - The
Swif's series of E-books. Ha svolto o svolge attivita' di Referee per le
seguenti case editrici, pubblicazioni e conferenze: Breve Dizionario di
Filosofia - Carocci, Codice Edizioni, "Dialectica: International Journal of
Philosophy", Editori Laterza, "Epistemologia: Rivista Italiana di Filosofia
della Scienza", "European Journal of Analytic Philosophy", Giulio Einaudi
Editore, "Iride: Filosofia e discussione pubblica", "Iris: European Journal
of Philosophy and Public Debate", "Nordicum-Mediterraneum", Ulisse
Biblioteca, "Wittgenstein Today" (Bologna 2001), "Representing and
Inferring" (Bergamo 2002), "Philosophy and European Culture" (Genova 2004),
"Brain, Persons, and Society" (Milano 2006). Ha scritto piu' di sessanta
articoli in italiano e in inglese, che sono apparsi in riviste
specialistiche, in volumi collettanei, in proceedings di conferenze e in
enciclopedie. Ha pubblicato sei libri in qualita' di autrice, tre in
qualita' di curatrice e cinque in qualita' di co-curatrice: Teoria della
conoscenza (Laterza, Roma-Bari 2003) e' il suo ultimo libro da autrice,
Filosofia delle donne (Laterza, Roma-Bari 2007) il suo ultimo libro da
co-autrice, Filosofia delle conoscenze (Codice Edizioni, Torino 2006) il suo
ultimo libro da curatrice, Filosofia della comunicazione (Laterza, Roma-Bari
2005; seconda edizione 2006) il suo ultimo libro da co-curatrice. Gli
articoli di Nicla Vassallo vengono ampiamente segnalati e recensiti in vari
giornali, riviste e siti web: Ha tenuto conferenze nelle Universita'
italiane piu' importanti (Bergamo, Bologna, Cagliari, Firenze, Genova,
Messina, Milano Cattolica, Milano San Raffaele, Milano Statale, Padova,
Pisa, Reggio Emilia, Roma La Sapienza, Roma Tre, Salerno, Sassari, Torino,
Trieste, Trento, Urbino, Venezia) e all'estero in Francia, Danimarca, Gran
Bretagna, Grecia, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia. Collabora
con diverse riviste di divulgazione filosofica e scientifica, e' contributor
del blog Variabili Libere, scrive occasionalmente sulle pagine culturali del
quotidiano "Il Secolo XIX" e scrive regolarmente sul supplemento culturale
del quotidiano "Il Sole - 24 Ore". Lavora principalmente nell'area della
filosofia analitica. I suoi interessi primari di ricerca e di insegnamento
riguardano la filosofia della conoscenza e l'epistemologia, settori in cui
ha pubblicato lavori significativi sulla definizione di conoscenza, sulle
teorie della giustificazione, sull'epistemolgia della testimonianza, sullo
scetticismo epistemico, sul naturalismo epistemologico, sulle epistemologie
femministe. Altri suoi seri settori d'interesse sono rappresentati dalla
filosofia femminista, la storia e la filosofia della logica, la metafisica,
il naturalismo filosofico e lo scetticismo. Opere di Nicla Vassallo: a)
Libri in qualita' di autrice: La depsicologizzazione della logica: un
confronto tra Boole e Frege, Franco Angeli, Milano 1995; La naturalizzazione
dell'epistemologia: contro una soluzione quineana, Franco Angeli, Milano
1997; Teorie della conoscenza filosofico-naturalistiche, Franco Angeli,
Milano 1999; Teoria della conoscenza, Laterza, Roma-Bari 2002; Conoscenza e
natura, De Ferrari Editore, Genova. 2003; con P. Garavaso, Filosofia delle
donne, Laterza, Roma-Bari 2007. b) Libri in qualita' di curatrice: (con E.
Agazzi), George Boole. Filosofia, logica, matematica, Franco Angeli, Milano
1998, (con E. Agazzi), Introduzione al naturalismo filosofico contemporaneo,
Franco Angeli, Milano 1998; (con A. Bottani), Identita' personale. Un
dibattito aperto, Loffredo Editore, Napoli 2001; (con F. D'Agostini), Storia
della filosofia analitica, Einaudi, Torino 2002; La filosofia di Gottlob
Frege, Franco Angeli, Milano 2003; Filosofie delle scienze, Einaudi, Torino
2003; (con C. Bianchi), Filosofia della comunicazione, Laterza, Roma-Bari,
2005, 2006; Filosofia delle conoscenze, Codice Edizioni, Torino 2006]

Un saggio scritto a quattro mani con l'intento di farsi carico di quel
dovere di cui parlava Virginia Woolf nel secolo scorso, ossia continuare a
porre domande e ricercare risposte che possano trasformare e migliorare "la
vita di tutti gli uomini e di tutte le donne". Per farlo e' necessario che
si tenga conto dell'autorevolezza della parola femminile e soprattutto che
la "filosofia delle donne" sia presa in seria considerazione da quella
tradizionale affinche' possa nascere un dialogo fecondo e costruttivo per
entrambe le prospettive di ricerca.
Pieranna Garavaso e Nicla Vassallo in una sorta di introduzione al loro
agile testo spiegano chiaramente, gia' dalle prime righe, in che maniera
intendono dipanare e sciogliere la tela di Penelope, quel lento fare e
disfare che e' divenuto simbolo di un lavoro che non ha mai fine. Bastano
poche parole alle due autrici per mostrare perche' ha senso parlare di
filosofia delle donne, in che modo si fa e quali sono gli spunti piu'
interessanti e costruttivi.
"Una filosofia delle donne e' una filosofia in cui le donne parlano da
protagoniste, e' un discorso fatto da loro e che a loro appartiene; in essa
le donne sono i soggetti del dialogo. E' anche una filosofia sulle donne,
che parla delle donne e degli argomenti che a loro interessano, in cui il
mondo femminile diviene oggetto del discorso", perche' "e' necessario
produrre una filosofia delle donne, una filosofia che presti attenzione a
come e a cosa pensano molte donne" (pag. 4-7).
Se infatti e' indubbio che alle donne e' stata preclusa per secoli la
possibilita' di dire la loro, e' altrettanto evidente che "per cambiare un
ambito di studio e renderlo piu' accessibile a gruppi sociali finora esclusi
non basta aggiungervi qualche rappresentante degli esclusi e mescolare il
tutto. Per un cambiamento autentico e' necessario che si metta in atto un
ripensamento profondo della disciplina stessa, chiedendosi se le metodologie
usate finora siano accessibili a tutti e ugualmente fruibili e, se non lo
sono, essere disposti a sostituirle o modificarle" (pag. 7).
Questo mutamento dello sguardo sulla e nella filosofia tradizionale, fatta a
immagine e somiglianza degli uomini, e' avvenuto certamente grazie alla
moderna critica femminista che ha segnato un distacco con il pensiero
precedente. Anche se non mancano nella storia dell'umanita' figure di donne
che hanno tentato di prendere parola sul mondo, si e' dovuto aspettare la
"rivoluzione" femminista per vedere agire un radicale distacco dalle
opinioni filosofiche che hanno forgiato la modernita', almeno quella
occidentale. Come sottolineano le due autrici cio' e' avvenuto perche' una
delle novita' delle filosofie femministe e' la loro "interdisciplinarieta'",
che e' anche uno dei motivi per cui sembra difficile studiarle. Le
riflessioni femministe muovono critiche feconde all'etica, introducendo la
nozione di relazioni di cura, e alla filosofia del linguaggio, mettendo in
luce i pregiudizi sessisti e patriarcali che sottendono il linguaggio.
Sono teorie che nascono dalla consapevolezza della differenza di genere, non
in chiave essenzialista, ma piu' nel senso "performativo" suggerito da
Judith Butler. Ossia considerare la differenza sessuale non come qualcosa di
dato e fissato una volta per tutte - e magari riproporre una
rappresentazione del sesso femminile speculare a quello maschile - ma invece
tenere conto dei codici sociali e culturali che influenzano la costruzione
del genere stesso e che producono "aspettative, reazioni e comportamenti".
Questo nuovo posizionamento rispetto alle dinamiche tra i sessi, permette di
mettere in discussione due ambiti fondamentali della riflessione filosofica
generale: la metafisica o scienza dell'essere e l'epistemologia o scienza
del sapere. Nel primo caso le teoriche femministe si chiedono se esista o
meno una essenza donna e come e' possibile conciliare una essenza comune con
la singola identita' di ognuna. Sul piano epistemologico invece si tratta di
considerare le donne come soggetti conoscenti e cercare di capire se e'
possibile avere una prospettiva oggettiva.
Il testo di Garavaso e Vassallo, nella seconda e terza parte, interroga
questi due ambiti sia attraverso una rilettura delle tematiche della
tradizione sia analizzando le critiche e i nuovi concetti ai quali hanno
lavorato diverse teoriche femministe. In particolar modo le autrici si sono
mosse nella prospettiva analitica della filosofia di matrice anglosassone,
ma hanno accolto anche diverse altre suggestioni (a riguardo e' molto utile
sia la bibliografia che i percorsi di lettura suggeriti a fine saggio).
Nel ragionare attorno alle tematiche della percezione del se' e della
costruzione dell'identita', si evidenzia come la maggiore rottura del
femminismo contemporaneo sia stata determinata dall'aver introdotto nella
definizione del se' il suo essere corporeo, relazionale e narrativo. Al
dualismo e individualismo del cogito cartesiano si risponde con una nozione
che tiene conto della fondamentale importanza della materialita' del corpo
nella costruzione di se' e di un soggetto che pur autonomo e autodeterminato
e' fortemente radicato nel contesto sociale in cui vive e in cui si
sviluppa.
Diventa cosi' essenziale il se' narrativo, riferendosi al fatto che "la
nostra identita' sia costituita da una narrazione diacronica dei fatti della
nostra vita", quasi una sorta di autobiografia dove il se' costruisce se
stesso "narrando la propria storia" (pag. 40). Muovendo da questa
prospettiva le autrici affrontano la questione della conoscenza, di come la
filosofia tradizionale abbia trattato le donne sotto il profilo conoscitivo
ma anche di come sia necessario e possibile dare rilievo alle "dimensioni
sociali della conoscenza", cosi' come e' stato maggiormente evidenziato
dalle teoriche femministe.
Garavaso e Vassallo entrano nel merito di alcune domande cruciali che
sorgono nel dibattito contemporaneo, ad esempio ci si chiede che valore dare
alle epistemologie femministe. Secondo le autrici, queste hanno senso se la
nozione di genere diviene "l'ingrediente di primaria importanza, o perlomeno
uno dei principali, nella affermazioni di conoscenza". Cio' significa da un
lato tenere conto, per evitare derive essenzialiste, che possono esistere
molteplici generi; dall'altro, per scartare semplici generalizzazioni e dare
spessore alle differenze, si tratta di ribadire che "nonostante siano
differenti, le donne rimangono accomunate dal fatto di vivere in societa'
sessiste, maschiliste e patriarcali" e che se e' vero che "donne diverse
hanno esperienze cognitive diverse (...), e' altrettanto vero che ogni donna
sperimenta su di se' una qualche forma epistemica di sessismo, maschilismo e
patriarcato". Questo puo' essere rivendicato solo a partire dalla tesi di
fondo delle epistemologie femministe, ossia la socialita' del soggetto
conoscente, sia esso maschio o femmina, e l'interdipendenza epistemica, che
non puo' essere sottovalutata, anzi "il contributo originale che una
filosofia delle donne puo' apportare alla filosofia tradizionale consiste in
una difesa piu' argomentata e in una comprensione piu' profonda della
dimensione sociale dell'esistenza umana" (pag. 98).
Garavaso e Vassallo, in un'epoca complessa in cui si parla anche di morte
dei femminismi, hanno messo a confronto con cura, facendole financo
dialogare dove era possibile, la tradizione filosofica con le nuove correnti
di pensiero femministe, utilizzando uno stile narrativo insolito per un
saggio di filosofia. Il testo e' infatti popolato di "protagonisti e
protagoniste" che appaiono, mediante l'uso di nomi propri di donne e uomini,
a mo' di esempio non tanto di "eccezionalita'" quanto per stimolare la
voglia di conoscenza e la curiosita' di entrare in contatto con altre storie
di vita.
Accanto al noto Immanuel (Kant) c'e' Vita (Sackville West), conosciuta forse
solo dagli addetti ai lavori, ma soprattutto altre donne, comprese le
autrici, che hanno avuto quella "stanza tutta per se'", necessaria per
conoscere e riflettere a partire dal proprio posizionamento di genere,
perche' "c'e' bisogno di una filosofia delle donne innanzitutto per le
donne, per l'altra meta' del genere umano. Ma c'e' anche bisogno di una
filosofia delle donne per la filosofia stessa, perche' essa necessita di
rappresentare la piu' ampia varieta' possibile di punti di vista".

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 153 del 17 gennaio 2008

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