Nonviolenza. Femminile plurale. 146



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 146 del 20 dicembre 2007

In questo numero:
Monica Lanfranco: Le donne di Vicenza salveranno il mondo

ESPERIENZE. MONICA LANFRANCO: LE DONNE DI VICENZA SALVERANNO IL MONDO
[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: monica.lanfranco at gmail.com,
siti: www.monicalanfranco.it, www.mareaonline.it) per averci messo a
disposizione questo intervento.
Monica Lanfranco, giornalista professionista, nata a Genova il 19 marzo
1959, vive a Genova; collabora con le testate delle donne "DWpress" e "Il
paese delle donne"; ha fondato il trimestrale "Marea"; dirige il semestrale
di formazione e cultura "IT - Interpretazioni tendenziose"; dal 1988 al 1994
ha curato l'Agendaottomarzo, libro/agenda che veniva accluso in edicola con
il quotidiano "l'Unita'"; collabora con il quotidiano "Liberazione", i
mensili "Il Gambero Rosso" e "Cucina e Salute"; e' socia fondatrice della
societa' di formazione Chance. Nel 1988 ha scritto per l'editore PromoA
Donne di sport; nel 1994 ha scritto per l'editore Solfanelli Parole per
giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi, ristampato in due
edizioni. Per Solfanelli cura una collana di autrici di fantasy e
fantascienza. Ha curato dal 1990 al 1996 l'ufficio stampa per il network
europeo di donne "Women in decision making". Nel 1995 ha curato il libro
Valvarenna: nonne madri figlie: un matriarcato imperfetto nelle foto di fine
secolo (Microarts). Nel 1996 ha scritto con Silvia Neonato, Lotte da orbi:
1970 una rivolta (Erga): si tratta del primo testo di storia sociale e
politica scritto anche in braille e disponibile in floppy disk utilizzabile
anche dai non vedenti e rintracciabile anche in Internet. Nel 1996 ha
scritto Storie di nascita: il segreto della partoriente (La Clessidra).
Recentemente ha pubblicato due importanti volumi curati in collaborazione
con Maria G. Di Rienzo: Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli
2003; Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2005. Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne
strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento
delle donne e sulla comunicazione]

Nella tenda si comincia a sentire l'effetto del riscaldamento, e le membra
all'inizio intirizzite si rilassano. C'e' anche piu' tepore perche' il
tendone e' colmo, di donne, in maggioranza, ma c'e' anche qualche uomo. La
piccola donna vestita di rosso, della quale non capisco il nome, apre due
fogli di carta scritti a mano, con la calligrafia grossa e un poco incerta.
Legge, a voce alta e chiara, una sorta di poesia, un lamento struggente per
quella sua porzione di terra, "la fontega" si chiama, che un tempo lontano,
durante la sua giovinezza, era dominata dalle vigne, dai fiori e dalle rane.
"Dove andranno ora le rane, che fine faranno i fiori, le viti, quel vino;
che cosa ne sara' di tutto questo, se ci costruiranno sopra una base
militare?" - si chiede, ci chiede.
Con un  momento mattutino di parole di donne, pervaso dalle musiche di uno
strumento a corda, dalla voce di un coro femminile che ha cantato una poesia
di Rosina, una ottantenne del posto, e l'intensa lettura del brano "Pensieri
di pace durante un'incursione aerea" di Virginia Woolf  si e' conclusa la
tre giorni di mobilitazione europea del Comitato No Dal Molin a Vicenza.
Difficile che i giornali ne parlino; gli occhi dei media erano tutti puntati
sul corteo del giorno prima, dal quale molti osservatori si aspettavano
degenerazioni, che invece, anche se annunciate da una minoranza mossa piu'
dal testosterone che dai contenuti, non ci sono state, e quindi perche'
restare e seguire una iniziativa di donne?
E invece ci sono tutte, puntuali nel tendone alle undici di domenica le
donne che da mesi animano con determinazione e coraggio il Comitato che non
vuole l'allargamento della base militare a Vicenza. Ci sono nonostante la
stanchezza sia tanta, e non solo per l'organizzazione della tre giorni, ci
mancherebbe. Nei mesi che hanno alle spalle queste donne hanno visto la
propria vita sconquassarsi, forse per sempre, per questa faccenda della base
militare Usa in piena citta'.
Anna, che abita in centro, si e' appassionata grazie al figlio di quindici
anni che un giorno e' arrivato con un volantino redatto da un centro
sociale, e tutto e' cominciato, magari solo per l'apprensione tutta
genitoriale di capire che posti frequentasse l'adolescente. Poi non si e'
mai fermata.
"Certo, - dice sorridendo come a scusarsi - questo No Dal Molin ha preso a
noi donne tutto il tempo libero, poco, che avevamo. Dimenticata la palestra
e qualche momento di riposo, io almeno sto cercando di salvare spazio per
imparare finalmente l'inglese, ma mi sa che anche questo diventera' sempre
piu' difficile". Anna continua a schermirsi per il presunto disordine di
casa, che invece e' impeccabile. Il Dal Molin fa capolino anche qui, perche'
al posto delle classiche riviste di una casa media spuntano dovunque
volantini, fly, adesivi, manifesti e materiali del Comitato. Mentre prepara
una colazione degna di un hotel a cinque stelle Anna dice che si sente come
se avesse dormito per cinquant'anni, e nel dirlo c'e' tutta l'importanza e
la definitivita' dell'irruzione di questo evento nella sua esistenza,
comunque vada a finire.
Antonella invece abita proprio al limite dell'area dove dovrebbe sorgere
l'ampliamento della base, chilometri e chilometri di verde e di terra in
ostaggio.
Racconta che quando Marco Paolini venne a vedere l'impressionante estensione
di verde destinata allo scempio sali' con l'operatore, per filmare meglio,
sulla piccola antenna da radioamatore di suo marito, antenna che si trova a
due metri dall'uscio di casa. "Nel giro di tre minuti sono arrivate quattro
camionette ñ racconta -. I militari hanno chiesto che cosa stavamo facendo,
e noi sconcertati abbiamo domandato se fosse anche vietano montare sulla
propria antenna e guardare il panorama".
Ma il fatto piu' straordinario che sta accadendo da mesi in questa ordinata
cittadina dell'operoso, chiuso e fortemente xenofobo nord-est e' quello che
salta subito agli occhi quando si percorre il quartiere che sorge accanto al
perimetro dove potrebbe nascere la futura base militare Usa, un ordinato e
ordinario quartiere le cui strade portano tutte, con sfrenata fantasia, i
nomi degli aeroporti italiani: via Ciampino, via Fiumicino, via Linate, via
Malpensa eccetera.
Ogni villetta di questo quartiere, nessuna esclusa, per la stragrande
maggioranza occupata da nuclei familiari che mai si sarebbero sognati di
aderire a qualsivoglia campagna politica, specialmente una campagna che puo'
essere annoverata dentro l'abusata categoria tutta giornalistica del
"no-global", ha nel giardino una bandiera sulla quale campeggia l'insegna No
Dal Molin. E anche ammesso che la maggior parte di queste persone sia
soltanto interessata al suo spazio privato, al non avere la rogna della
grave ed invasiva presenza inquinante socialmente, acusticamente e
ambientalmente di una base militare, e magari se si trattasse di un altro
luogo non muoverebbe un dito per impedirlo, il risultato ottenuto da questo
movimento, e da queste donne in particolare e' enorme.
La loro semplicita', la loro grazia nell'esporre le ragioni dell'essere
uscite dalle case tranquille per mescolarsi con i giovani dei centri
sociali, con i sindacalisti, con l'attivismo ambientalista nazionale e
internazionale, con le Donne in nero, con le femministe, per alcune di loro
soggetti fin qui estranei o comunque non facenti parte della formazione, e'
la vera e grande novita' che salta subito agli occhi. Assenti dal loro
percorso i tradizionali dispositivi ideologici (destra/sinistra,
nemico/amico, noi giusto / loro sbagliato) le donne No Dal Molin hanno
incluso la gente comune perche' si sono fatte capire non dalle minoranze
militanti, ma dei vicini di casa, spezzando il mortifero ciclo della
reclusione dei soli attivisti, perche' hanno parlato con il linguaggio del
quotidiano, della preoccupazione, della cura e dell'amore per lo spazio
comune e pubblico, dando prova di tenerci e di considerarlo altrettanto
importante cosi' come chiunque tiene e protegge quello privato.
C'e' molto di piu', in quello che si sta consumando a Vicenza, rispetto
all'opposizione pur giustissima alla costruzione di una ennesima base
militare: c'e' la ricerca di parole e modi inclusivi e non solo
contrappositivi per creare consenso sulle ingiustizie e i pericoli causati
della militarizzazione del territorio, e per traslato delle menti; c'e' il
superamento, rispetto al no necessario dell'inizio, della negazione per
costruire aperture, dei si' pieni di progetti, di comunita', di
sperimentazione e contaminazione di pratiche e linguaggi; c'e' la promessa
di pratica politica che lavora su obiettivi, che include e non separa su
base ideologica o di tessera. Fragile, certo, questa sperimentazione delle
donne del Comitato, e di incerto esito, visto l'entusiasmo con il quale il
governo di centrosinistra appoggia la costruzione della base militare a
Vicenza. Ma anche i fiocchi di neve sono lievi, uno per uno; eppure insieme
danno vita alle candide e solide coltri che qui, per molti mesi, coprono il
paesaggio.

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