Minime. 276



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 276 del 17 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
0. Una comunicazione di servizio
1. Dopo sei anni
2. Una lettera aperta al rettore dell'Universita' degli studi della Tuscia
3. "Una citta'" intervista Pietro Polito su Piero Gobetti
4. Marianne Barriaux: La lotta di Dora Akunyili
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'

0. UNA COMUNICAZIONE DI SERVIZIO
Per un grave problema tecnico, ancora non risolto, ed ovviamente non
dipendente dalla nostra volonta', ancora nei giorni scorsi sono andate perse
molte e-mail che ci sono state inviate, ma che non abbiamo affatto ricevuto.
Se si trattava di comunicazioni importanti saremo grati a coloro che le
hanno inviate se potessero inviarcele di nuovo tra qualche giorno. Speriamo
infatti di riuscire a trovare una soluzione al problema entro pochi giorni.
Ci scusiamo con tutte e tutti per l'inconveniente e confidiamo nella vostra
comprensione e pazienza.

1. EDITORIALE. DOPO SEI ANNI

Dopo sei anni di illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra
terrorista e stragista in Afghanistan nessuno qui ci fa piu' caso alcuno.
Finche' pazzi non meno e non piu' pazzi di noi non verranno ad ucciderci in
casa restituendoci l'orrore.
E quando chiederemo al terrorista chi gli ha insegnato a fare cio' che ha
fatto, in un beffardo riso o in un sussurro di tristezza infinita ci dira':
"Voi, voi m'insegnaste a menar strage, voi. Appresi bene la vostra
lezione?", e avra' detto il vero, il duro vero.
*
Cessi immediatamente la partecipazione illegale e criminale del nostro paese
alla guerra terrorista e stragista in Afghanistan.
Si torni subito all'integro rispetto del diritto internazionale, della
legalita' costituzionale.
Di tutti i crimini la guerra e' il massimo.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

2. DOCUMENTI: UNA LETTERA APERTA AL RETTORE DELL'UNIVERSITA' DEGLI STUDI
DELLA TUSCIA
[Riportiamo la lettera aperta al rettore dell'Universita' di Viterbo diffusa
il 16 novembre dal comitato]

Egregio rettore dell'Universita' della Tuscia,
lei dovrebbe gia' sapere che l'eventuale realizzazione a Viterbo di un
mega-aeroporto per voli low cost avrebbe effetti disastrosi per la salute
dei cittadini, per i beni ambientali e culturali della citta', per la
qualita' della vita di tutti.
In particolare:
a) il mega-aeroporto avrebbe un impatto devastante sull'area termale del
Bulicame, bene naturalistico, storico-culturale, terapeutico e sociale,
economico e finanche simbolico, fondamentale per la nostra citta';
b) l'inquinamento atmosferico prodotto dagli aerei aggiungerebbe un
ulteriore carico di avvelenamento in un'area, l'Alto Lazio, che gia' subisce
il gravosissimo peso delle emissioni inquinanti del polo energetico
Civitavecchia-Montalto;
c) per popolosi quartieri della citta' l'enorme inquinamento acustico
costituirebbe un fattore di nocivita' estremo;
d) la presenza di tale ennesima devastante servitu' provocherebbe altresi'
un danno economico immenso: togliendo valore ad aree, immobili ed esercizi;
danneggiando le autentiche vocazioni produttive del territorio; aggredendo
beni ambientali e culturali che vanno invece difesi e valorizzati.
Condifiamo che, sapendo tutto cio', anche lei vorra' ora prendere una
posizione meditata e responsabile, adeguata e coerente con il suo ruolo che
dovrebbe essere inteso al pubblico bene, e non supina alla propaganda
scandalosa e dissennata dei nuovi barbari della lobby politico-affaristica
che propugna il mega-aeroporto a vantaggio degli interessi speculativi di
ristrette cerchie di accaparratori e a danno della cittadinanza tutta e del
pubblico erario.
Confidiamo che anche lei vorra' dire una parola di verita', di gratitudine
per la citta' che ospita lei e l'Universita' di cui e' rettore, di rispetto
per la sua natura, la sua storia, la sua cultura; una parola in difesa
dell'area termale del Bulicame, della qualita' della vita nell'Alto Lazio,
del diritto alla verita' e alla salute per tutti i cittadini; una parola di
opposizione nitida e intransigente a un'opera distruttiva e nociva che solo
la barbarie saccheggiatrice di pochi e l'ipnotica ignoranza dei loro sodali
puo' voler imporre a danno di tutti i cittadini, a danno del pubblico
interesse, a danno dell'ecosistema locale e della biosfera, a danno della
dignita' e dei diritti di tutti.
Se anche fino a ieri di tutto cio' che concerne le reali conseguenze del
mega-aeroporto lei non avesse avuto contezza, e possa eventualmente aver
espresso in informali interlocuzioni delle opinioni non fondate su una piena
intellezione della situazione de quo, ora che ne e' informato crediamo che
non vorra' esimersi dall'assumere una posizione consona e coerente con i
suoi doveri di persona investita di una pubblica responsabilita', di persona
che regge un'istituzione di alta cultura, e - last, but not least - di
cittadino tout court: una posizione che si opponga alla barbarie, alla
devastazione dei beni di tutti, a un'opera nociva, distruttiva, speculativa;
una posizione che contribuisca al bene comune.
Distintamente,
Il comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la
riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della
democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 16 novembre 2007

3. RIFLESSIONE. "UNA CITTA'" INTERVISTA PIETRO POLITO SU PIERO GOBETTI
[Da "Una citta'", n. 151, 2007 riprendiamo la seguente intervista
(disponibile anche nel sito: www.unacitta.it) li' apparsa col titolo "Il
senso della lotta" e il sommario "Come in Piero Gobetti si intrecciarono
liberalismo e idea di rivoluzione. Un marxismo valido nel suo materialismo e
nell'idea di storia come storia di lotta di classi. Il grande valore
democratico del conflitto e della lotta nella societa'. Intervista a Pietro
Polito".
Pietro Polito (Forio d'Ischia, 1956), ricercatore al Centro studi Piero
Gobetti e all'Universita' di Torino, fa parte della redazione di "Teoria
Politica" e collabora con varie riviste, tra cui "Mezzosecolo" e "Nuova
Antologia"; ha pubblicato numerosi saggi sul pensiero politico novecentesco,
con particolare riguardo agli autori democratici, radicali e pacifisti del
Novecento italiano, ed ha curato diverse opere di Norberto Bobbio. Tra le
opere di Pietro Polito segnaliamo particolarmente L'eresia di Aldo Capitini,
Stylos, Aosta 2001.
Piero Gobetti, nato a Torino nel 1901 e deceduto a Parigi nel 1926, editore,
scrittore, organizzatore, una delle coscienze piu' lucide ed alte
dell'antifascismo. Opere di Piero Gobetti: le Opere complete sono edite da
Einaudi (Scritti politici, vol. I.; Scritti storici, letterari e filosofici,
vol. II; Scritti di critica teatrale, vol. III); l'edizione anastatica de
"La Rivoluzione Liberale" e' stata pubblicata da Guanda, Parma 1967 (ora
l'intera raccolta della rivista e' disponibile anche in rete all'indirizzo:
www.erasmo.it/liberale/); la ristampa anastatica de "Il Baretti" dalla
Bottega d'Erasmo, Torino 1977; una recente edizione economica e commentata
del fondamentale saggio gobettiano La rivoluzione liberale e' stata
pubblicata dalla Newton, Roma 1998. Opere su Piero Gobetti: si vedano
almeno - tra molti altri - i volumi di Festa, Pogliano, Spriano, e
naturalmente di Ada Gobetti. Di fondamentale utilita' il sito del Centro
studi Piero Gobetti: www.erasmo.it/centrogobetti/home.html]

Pietro Polito, curatore dell'archivio Norberto Bobbio, ricercatore per il
Centro Studi Piero Gobetti di Torino, ha lavorato a lungo con Norberto
Bobbio e curato diverse sue opere, come la riedizione del De Senectute
(2006). Tra i suoi scritti: Piero Gobetti e gli intellettuali del Sud
(1995), L'eresia di Aldo Capitini (2001), La democrazia alla prova (2005).
Nel 2007 ha pubblicato Il liberalismo di Piero Gobetti, edito dal Centro
Studi di Torino. Presso il Centro studi coordina il "Laboratorio della
democrazia", che con un gruppo di giovani ha avviato un percorso di ricerca
nella crisi delle democrazie contemporanee.
L'intera raccolta della "Rivoluzione Liberale", rivista storica settimanale
diretta da Piero Gobetti e uscita dal novembre 1918 al febbraio 1920, e'
disponibile in rete all'indirizzo internet: www.erasmo.it/liberale/
*
- "Una citta'": Piero Gobetti fu protagonista giovanissimo di un periodo
storico drammatico per il nostro Paese. L'intensita' e la lucidita' dei suoi
scritti sorprendono ancora, soprattutto se accostati alle leggerezze e alle
contraddizioni del presente. Pensi che sia utile rileggere Gobetti oggi?
- Pietro Polito: E' difficile rispondere a questa domanda. Posso dire che
nel mio ultimo libro questa possibilita' rimane sullo sfondo, ma non e'
esplorata. Mi e' sembrato piu' interessante provare a fare un percorso a
partire da Piero Gobetti, uno degli autori studiati nei nostri seminari, non
per arrivare a una riflessione sulla democrazia oggi ma per un ragionamento
piu' storico, per arrivare a considerazioni piu' generali rispetto a quelle
che l'attualita' suggerirebbe. Il testo, nato da una serie di lezioni
all'Universita', si confronta sul rapporto fra Gobetti e la tradizione del
pensiero liberale, sul suo liberalismo, che Gobetti stesso chiamo'
"rivoluzionario", e sul suo illuminismo. Perche' il grande tema di Piero
Gobetti non e' la democrazia, ne' la politica in generale, ma e' il
liberalismo: l'eredita' e il rinnovamento del liberalismo.
Gobetti e' un intellettuale sui generis, che si colloca nella grande
tradizione del pensiero liberale italiano ed europeo, ma che da questa
tradizione si distacca per una elaborazione politica assolutamente nuova.
C'e' un articolo fondamentale nel suo cammino, "I miei conti con l'idealismo
attuale", del 16 gennaio del 1923. E' un articolo di svolta, in cui si
confronta con la sua formazione idealistica. Non se ne stacca completamente,
pero' si pone oltre, egli stesso ricostruisce la cronaca della sua
formazione intellettuale e dice a un certo punto: "Nel 1920 interruppi le
'Energie Nove' perche' sentivo bisogno di maggiore raccoglimento e pensavo a
una elaborazione politica assolutamente nuova, le cui linee mi apparvero, di
fatto, nel settembre al tempo dell'occupazione delle fabbriche". Poi
aggiunge: "Devo la rinnovazione della mia esperienza salveminiana al
movimento dei comunisti torinesi da una parte, vivi di un concreto spirito
marxista, dall'altra agli studi sul risorgimento e sulla rivoluzione russa
che ero venuto compiendo in quel tempo". Mi interessava rispondere a questa
domanda: che cos'e' questa elaborazione politica assolutamente nuova e a
cosa allude Gobetti quando evoca quest'idea?
La questione e' importante. Gli anni di Gobetti vanno dal 1918 al 1925,
sette anni incandescenti come incandescente fu la sua biografia. Sono gli
anni dall'affermazione della rivoluzione russa mentre in Italia si andava
dal socialismo possibile al fascismo reale. Cioe', dalla possibilita' che
l'Italia, dopo l'occupazione delle fabbriche, vivesse una rivoluzione, si
arrivo' all'avvento del fascismo e al consolidamento del suo potere. Fu un
periodo storico e politico arroventato e complesso, i paragoni col presente
possono essere fatti solo con grande precauzione. E poi bisogna saper
leggere la realta' nel suo complesso. Nel periodo fra il 1918 e 1920 a
Torino era attivo anche l'"Ordine Nuovo" di Gramsci, c'era una grande
vitalita' culturale e democratica. Tutto questo evaporo' nel giro di sette
anni: prima l'affermazione del fascismo, poi nel 1925 il consolidamento
della dittatura, l'anno successivo l'esilio di Gobetti a Parigi e poi la sua
morte, il 16 febbraio 1926.
Questi sono i sette anni di Gobetti, quelli della piu' o meno contemporanea
vittoria del comunismo e del fascismo. Successe veramente cosi'. Il
comunismo si affermo' in Russia nel 1917, divenne il faro di tutte le
rivoluzioni immaginarie e immaginate, ma contemporaneamente si ebbe anche
l'affermazione del fascismo. Gobetti si pose di fronte a tutto questo
inizialmente come un liberale che rifiuta la rivoluzione, ma successivamente
come un liberale che si confronta con quella rivoluzione e soprattutto con
l'ideologia di quella rivoluzione: il marxismo. Non a caso riconosce il
debito del suo rinnovamento "al movimento dei comunisti torinesi, vivi di un
concreto spirito marxista"; si tratta di Antonio Gramsci, Palmiro Togliatti,
Umberto Terracini, Angelo Tasca.
*
- "Una citta'": Quanto fu forte in Gobetti l'ispirazione marxista?
- Pietro Polito: Non vorrei sopravvalutare il posto del marxismo nel
pensiero di Gobetti, pero' un certo marxismo almeno ha un posto importante.
C'e' un articolo, "L'ora di Marx", che Gobetti scrisse nel 1924, uscito
prima su "La liberta'", il giornale dei giovani socialisti vicini a Carlo
Rosselli, e poi sulla "Rivoluzione liberale". Fu Carlo Rosselli, il teorico
del socialismo liberale, a chiedere questo articolo. Avrebbe pubblicato nel
1929 "Socialismo liberale", ma gia' in quegli anni Rosselli veniva
elaborando e predicando un rinnovamento del socialismo in senso liberale.
"La liberta'" stava promuovendo un dibattito sulla vitalita' del marxismo,
uno dei primi su questo tema, e fra gli altri fu chiamato a esprimere la sua
opinione anche Piero Gobetti. "La Rivoluzione liberale" era una delle sedi
piu' attente alla critica e revisione del marxismo. Nel suo articolo "L'ora
di Marx" Gobetti spiega quali sono gli aspetti del pensiero di Marx che
ritiene attuali, e che forse sono attuali ancora oggi. Dice Gobetti: "In
Marx mi seduce lo storico, gli studi sulle lotte di classe in Francia e
l'apostolo del movimento operaio. L'economista e' morto con il plusvalore,
con il sogno dell'abolizione delle classi, con la profezia del
collettivismo. In filosofia il suo hegelianismo e' un progresso rispetto ad
Hegel. Il materialismo storico e la lotta di classe sono strumenti acquisiti
per sempre alla scienza sociale e che bastano alla sua gloria di teorico".
Gobetti distingue una parte caduca che e' l'economia, il Marx come critico
dell'economia politica. Egli ritenne sempre che l'economia politica
classica, leggi capitalistica, fosse superiore, anche come strumento
ermeneutico, di interpretazione del fatto economico, alla economia
collettivistica. E poi ritenne dall'inizio alla fine che il sogno
dell'abolizione delle classi fosse una chimera non realizzabile ne'
auspicabile. La parte viva del marxismo consiste secondo Gobetti in tre
cose: il materialismo storico, cioe' la concezione materialistica della
storia; la lotta di classe, che esprime una concezione realistica della
storia superiore a quella idealistica, perche' la storia e' il teatro della
lotta di classe; infine, l'indicazione del movimento operaio come futuro
soggetto della rivoluzione. Solo che la rivoluzione auspicata da Gobetti era
di tipo liberale e non socialista.
*
- "Una citta'": Ma líaggettivo "rivoluzionario" a cosa fa riferimento con
precisione? e' un aggettivo che sembra stonare col sostantivo "liberalismo".
- Pietro Polito: Liberalismo e rivoluzione sono termini in contraddizione
solo se guardiamo al liberalismo odierno e a quello della tradizione
conservatrice italiana, da cui Gobetti si distacca. Questa osservazione su
rivoluzione-liberale come un ossimoro fu sollevata anche allora, dai suoi
collaboratori. Si tratta di intendersi su che cosa si intende per
liberalismo e cosa per rivoluzione, cosa c'e' dentro queste due scatole.
Va ricordato che da un certo punto in poi il liberalismo di Gobetti e' nuovo
rispetto a quello dei maestri Einaudi e Croce. Per liberalismo si possono
intendere fondamentalmente due cose: una e' la teoria politica, cioe' la
teoria dello Stato limitato, altrimenti detta dello Stato garantista dei
diritti dell'individuo. Questo concetto e' nella grande tradizione del
pensiero liberale europeo, da Locke a Kant a Hobbes, ma non ha cittadinanza
o ne ha scarsa in Italia. Altra cosa e' il liberalismo a cui guarda Gobetti,
quello che rimanda una concezione conflittualistica della societa' e della
storia. E' una teoria del conflitto - cosi' anche era inteso sia da Einaudi
che da Croce. Ma mentre il liberalismo conflittuale dei maestri si arresta
di fronte alla teoria della lotta di classe e la nega, Gobetti la inserisce
all'interno della propria visuale, e in questa svolta non segue piu' i
maestri e i maestri non avrebbero piu' potuto seguire l'allievo. Si puo'
sostenere che la revisione liberale da lui auspicata e intrapresa, sia pure
in modo frammentario e a-sistematico, passa attraverso la diversa
considerazione del pensiero di Marx. Una volta superato l'iniziale
antimarxismo ereditato dai maestri, Gobetti tende ad accogliere alcune
istanze provenienti dalla tradizione culturale vicina al movimento operaio.
Sul piano teorico la revisione consiste nell'accettazione della lotta di
classe come concetto fondamentale per la comprensione della societa'
moderna, sul piano politico nell'assunzione del movimento operaio come
soggetto storico della futura rivoluzione italiana.
E' lo stesso Gobetti, consapevole dell'allontanamento dal liberalismo dei
maestri, che in un articolo intitolato "Revisione liberale" del 1923, spiega
il significato del termine rivoluzionario. "Il nostro liberalismo, che
chiamammo rivoluzionario per evitare ogni equivoco, si ispira ad una
inesorabile passione libertaria, vede nella realta' un contrasto di forze
capace di produrre sempre nuove aristocrazie dirigenti a patto che nuove
classi popolari ravvivino la lotta con la loro disperata volonta' di
elevazione", e aggiunge: "lo Stato non e' se non e' lotta". L'attenzione va
messa sulla "passione libertaria", le "nuove aristocrazie dirigenti", le
"nuove classi popolari", che sono i soggetti di un liberalismo
rivoluzionario inteso come contrasto di forze.
A me pare che questo sia un passaggio decisivo. Politicamente la differenza
fondamentale fra il liberalismo tradizionale e il liberalismo rivoluzionario
e' nel diverso atteggiamento nei confronti dello Stato e della societa'. Il
liberalismo tradizionale, conservatore, si pone di fronte al problema
politico dal punto di visto dello Stato e dall'alto. Il liberale
rivoluzionario si pone di fronte al problema politico dal basso e dal punto
di vista della societa'. La passione libertaria, cioe', e' un processo dal
basso, e' un'iniziativa continua che si rinnova attraverso il conflitto, il
contrasto di forze che si genera permanentemente nella societa'. Questo e'
il processo rivoluzionario del liberalismo. Gobetti dice che il momento
liberale della storia, o della dinamica politica, non e' quello dell'unita'
o in cui i contrasti si compongono in un nuovo ordine, ma e' il momento in
cui si liberano energie nuove che rinnovano costantemente l'equilibrio
politico dal basso.
"Lo Stato non e' se non e' lotta" significa che lo Stato e' la continua
armonizzazione di questi contrasti che si liberano nella societa'. Questo
processo e' stato ben colto da Umberto Morra, uno dei collaboratori di
Gobetti, che ha chiarito che nel caso piu' che di liberale bisogna parlare
di "liberato", ancor meglio di "liberantesi". Liberale e' cio' che si libera
nella societa', e piu' che di liberta' si tratta di liberazione.
*
- "Una citta'": Sotto questo punto di vista il paternalismo e' uno degli
equivoci in cui siamo caduti. Ci si pone l'unita' sociale come obiettivo
guidato dall'alto, mentre le dinamiche dal basso sono bloccate e la spinta
al cambiamento soffocata con ogni mezzo...
- Pietro Polito: Questo aspetto che sottolinei e' importante, pero' siamo
oltre Gobetti e non mi attrae molto l'idea di parlare di attualizzazione. Si
puo' invece provare a vedere se questa nozione di conflitto che abbiamo
visto come centrale nel liberalismo di Gobetti puo' - e come - interagire
con la democrazia. Io penso di si', nel senso che l'interpretazione della
realta' come contrasto di forze rimanda a un'idea di democrazia conflittuale
e quindi alla democrazia come un equilibrio che dal conflitto deriva e col
conflitto si rafforza. Di piu', e' ordine, nella misura in cui e'
espressione di un conflitto reale, effettivo. La democrazia e' il tentativo
ordinato di comporre conflitti reali. Si puo' fare un ragionamento proprio
su questa frase: "Il nostro liberalismo vede nella realta' un contrasto di
forze". Significa che la democrazia, il conflitto democratico e'
effettivamente tale se la gara elettorale misura un effettivo contrasto,
un'effettiva opposizione di forze nella realta' sociale.
Allora, torniamo all'idea di lotta di classe. Sviluppando alcuni aspetti di
Gobetti, si puo' alludere a un'idea di lotta di classe non piu' nel senso di
lotta fra formazioni sociali espressioni di una determinata posizione
economica nella realta'. Le classi di Gobetti non denotano una relazione con
la stratificazione economica della societa', ma sono delle forze, dei
soggetti collettivi, che si sprigionano nella realta' e vengono tenuti
insieme, prima ancora che da un nesso con la struttura economica, da un
progetto ideale e politico. Queste forze (Gobetti spesso parla di dialettica
delle forze intendendo dialettica delle classi), possono trovare una loro
composizione in parlamento. Se le forze rappresentate in parlamento
rappresentano solo interessi stratificati e non sono piu' espressione di una
dinamica conflittuale reale nella societa', il parlamento viene meno al suo
ruolo. Con espressione un poco trita, possiamo ricordare che i partiti in
parlamento senza le forze nella societa' sono vuoti e le forze nella
societa' senza i partiti in parlamento (o le elite che le orientano) sono
vuote. Uno dei motivi per cui la democrazia e' in crisi e' dovuto a questa
scissione fra forze e partiti o, se vuoi, fra societa' e politica. La
societa' non esprime piu' politica, non esprime piu' elite forti in grado di
rappresentarla, e la politica rappresenta solo se stessa. Ma questo e' ben
oltre Gobetti.
*
- "Una citta'": Rimane un ultimo punto: l'idea del nuovo illuminismo, in
cosa consiste?
- Pietro Polito: L'illuminismo e' un punto importante, perche' l'idea del
contrasto di forze potrebbe dar adito a derive nella direzione del
darwinismo sociale. Invece, questa rappresentazione della realta'
conflittuale, questo marxismo rivisitato, e' esente da derive darwiniane
perche' viene corretto da un antidoto illuministico. L'interpretazione di
questo liberalismo e' fondata, da un lato, sul conflittualismo, ma,
dall'altro, su un'idea di nuovo illuminismo che Gobetti venne gradatamente
sviluppando nell'arco della sua breve parabola. Questo lo possiamo dire
richiamando due momenti importanti di questo cammino. Uno e' l'articolo
"Illuminismo" che Gobetti pubblico' nel 1924 come editoriale della sua terza
rivista, "Il Baretti". Forse ancor piu' chiaramente questo passaggio lo
possiamo cogliere richiamando uno degli articoli piu' belli di Piero
Gobetti, intitolato "Elogio della ghigliottina". E' un articolo che esce il
23 novembre del 1922, piu' o meno un mese dopo la marcia su Roma; in esso
Gobetti prende posizione contro la nuova tirannide ed e' il luogo piu'
emblematico in cui esprime questa idea di un nuovo illuminismo.
La sostanza qual e'? Che non si tratta di vincere. Proviamo ad attualizzare
questa analisi. Qual e' il difetto principale della mentalita' di sinistra
degli ultimi tempi? La sinistra degli ultimi tempi si e' posta
esclusivamente il problema di come vincere. Si chiede come vincere e propone
programmi, regole, uomini che facciano vincere. Nel programma di Gobetti il
progetto non e' vincere, anzi e' la lotta in se stessa, e' la lotta in
quanto tale che da' il senso al nuovo illuminismo. Nel momento in cui uno
vince e l'altro soccombe il liberalismo viene meno. Non e' quello il momento
liberatorio. Ci si libera prima, nel momento della lotta. E poi, non si
tratta solo di vincere ma di lottare. E non e' neanche la lotta per la
lotta, ma e' una lotta educativa, che ha uno scopo. Oggi il problema della
bonta' della lotta non si pone neppure. Ma non e' importante solo lottare,
bisogna anche avere delle opinioni, qualcosa per cui lottare. Altrimenti
vinci per fare che cosa? Gobetti nel momento in cui aveva di fronte la
"nuovissima tirannide" fu capace di dire intanto quali erano gli attori
della lotta, e questo non e' del tutto chiaro neppure oggi, e soprattutto
quali erano gli obiettivi. Affermo': "La salvezza verra' dal movimento
autonomo che gli operai contrapporranno alla presente tirannide. In mezzo
alle orge dei vittoriosi riaffermiamo che lo spirito della liberta' e della
rivoluzione non si potra' uccidere. Si possono bruciare le camere del
lavoro, non si distrugge un movimento operaio che e' nato insieme col
risorgimento nazionale, prepariamo i quadri le correnti gli ideali. Mentre
gli scimmiotti della setta gentilesca pensano ad azzuffare cattedre e
cattedre, per noi il problema e' tutto qui, riuscire ad essere i nuovi
illuministi dell'89".
Il senso della lotta non e' la vittoria - vedi i nostri politici corifei
della vittoria ad ogni occasione, politica o sportiva come mondana,
mediatica o non so cos'altro - e non e' neanche la sopraffazione. Il senso
della lotta non e' il fatto che uno vince sull'altro, o addirittura
distrugge l'altro. Il senso della lotta e' che in essa si preparano i nuovi
quadri, le nuove correnti ideali, si educa e ci si auto-educa.

4. NIGERIA. MARIANNE BARRIAUX: LA LOTTA DI DORA AKUNYILI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente articolo dal
titolo "La guerra delle medicine" apparso sul "Guardian" del 9 novembre
2007.
Marianne Barriaux e' giornalista del prestigioso quotidiano britannico "The
Guardian"]

Dora Akunyili appare molto serena, per essere una donna che e' scampata ad
un tentativo di assassinarla, la cui famiglia e' perseguitata, e che ora ha
otto guardie armate attorno a se' tutto il giorno. Ma, come lei stessa
sottolinea: "Se lascio il mio lavoro, i falsificatori di medicine ne
usciranno vittoriosi". Nei sei anni da quando e' stata nominata direttrice
generale dell'"Agenzia nazionale nigeriana per il controllo e la
somministrazione di cibo e medicinali" (Nafdac), Akunyili ha portato avanti
una lotta senza sosta contro la contraffazione di medicine nel suo paese. La
sua battaglia e' anche personale: nel 1988, sua sorella mori' perche' le fu
data dell'insulina fasulla per il suo diabete. Dora ricorda: "Non solo non
c'era insulina, ma la sostanza era anche contaminata, e le causo' degli
ascessi. Il suo organismo non rispondeva piu' agli antibiotici e tutto
quello che abbiamo potuto fare e' stato guardarla morire".
Prima che Dora Akunyili si facesse carico del lavoro, i decessi correlati a
medicine fasulle erano comuni in Nigeria. Si stima che almeno il 41% dei
medicinali in circolazioni fossero contraffatti. E questa, dice Dora, era
una stima prudente. Alcuni rapporti suggerivano percentuali attorno all'80%.
L'anno scorso, una ricerca su 600 campioni di medicinali in Nigeria ha
mostrato che la proporzione e' calata al 16,7%: e' solo un indicatore, ma
mostra che Dora sta avendo qualche successo.
Il problema dei medicinali finti non e' un'istanza da paesi in via di
sviluppo, ma e' un problema globale. L'Organizzazione mondiale per la
sanita' (Oms) stima che le vendite di queste sostanze ammontino ad una somma
totale di 32 miliardi di dollari annui. Questo costa 46 miliardi di perduto
profitto all'industria farmaceutica e mette in pericolo la vita di milioni
di individui.
Dora Akunyili e la sua squadra (Dora dirige 3.000 persone che parlano piu'
di 300 lingue) hanno suscitato la consapevolezza dell'opinione pubblica
tramite campagne e concorsi scolastici, hanno creato centri di controllo nei
porti marini e negli aeroporti, ed hanno pubblicamente dato fuoco a finte
medicine per un valore di 150 milioni di dollari. Le azioni dell'Agenzia
hanno portato a 45 arresti e 60 casi ancora pendenti nei tribunali.
Come dice una delle sue colleghe all'Oms: "Se il continente africano fosse
pieno di Dore, sarebbe facile sbarazzarci dei contraffattori". Ma la lotta
ha un suo prezzo. Dora Akunyili ha ricevuto innumerevoli minacce di morte e
teme costantemente per la propria vita. Nel 2003, uno dei suoi figli e'
scampato di un soffio al rapimento sostenendo che Dora non era sua madre, ma
sua zia. Alcuni uffici del Nafdac sono stati bruciati o distrutti da atti
vandalici. Tutto cio' e' culminato nel tentativo di uccidere Dora stessa,
alla fine del 2003, quando le fu sparato addosso mentre tornava al suo
villaggio. "Le pallottole infransero il lunotto posteriore della mia auto,
traforarono il fazzoletto che portavo in testa e mi bruciarono il cuoio
capelluto come acqua bollente. Un conducente di autobus mori' sul colpo a
causa della raffica"". Sposata e con sei bambini, nata nel 1954, Dora
racconta che la sua famiglia l'ha ripetutamente supplicata di licenziarsi.
La maggior parte dei figli sono stati mandati a vivere negli Usa dopo che la
famiglia ha ottenuto una "carta verde", e Dora e il marito avevano
trattenuto con loro solo il piu' piccolo. A seguito dell'attentato del 2003,
il bimbo ha raggiunto i suoi fratelli. Ne vale la pena?, le chiedo. "Se
mollo, i delinquenti penseranno di aver vinto. Se mollo, cio' scoraggera'
tutte le persone che lavorano con me, e scoraggera' ogni persona onesta dal
prendere il mio posto. E la faccenda diventera' ancora piu' pericolosa di
quanto lo e' per me". Oggi Dora ha una scorta e un'automobile a prova di
proiettile, ma evita di recarsi in alcuni luoghi, come Lagos: "Non e'
sicuro", dice.
*
Dora Akunyili e' cresciuta in una famiglia della classe medio-alta, figlia
di un famoso uomo d'affari e politico. Poiche' era una bambina brillante, il
padre decise che non si sarebbe occupata dei lavori di casa, e li lascio'
tutti ai suoi fratelli e sorelle: "Pranzava con me, e non con loro. Mi
trattava come se fossi figlia unica. Mia madre non era contenta, e le mie
sorelle e i miei fratelli ancor meno". All'eta' di dieci anni, fu mandata
dal padre al villaggio della nonna, nel sud, dove un suo zio insegnante
avrebbe potuto darle un'istruzione. "La vita del villaggio era l'inferno in
terra, per me. Ero scioccata, perche' avevo l'abitudine di mangiare buon
cibo e di avere a disposizione l'acqua corrente, e mi trovavo in un posto
senza gabinetti e senza acqua corrente".
Tuttavia la giovane Dora si mise d'impegno a studiare e ottenne la licenza
per frequentare il liceo. Dopo l'interruzione dovuta alla guerra civile
nigeriana ne ottenne un'altra per andare all'universita' dove studio'
farmacia e, dopo aver lavorato per un po' in un ospedale, si laureo'. Sali'
fra i ranghi accademici come docente e lettrice in varie universita', mentre
portava avanti le sue ricerche. Nel 1997 fu incaricata dal governo locale di
coordinare i progetti del Petroleum Trust Fund (Ptf) volti a migliorare le
infrastrutture nella Nigeria del sudest. L'occasione di contrastare i
contraffattori di medicinali venne quando Dora si ammalo' nel 1999 e fu
mandata a Londra per essere operata. Il Ptf copri' tutte le sue spese, e le
diede 12.000 sterline per l'operazione. Dopo gli esami, i dottori scoprirono
che il suo problema poteva essere risolto senza intervenuto chirurgico, con
delle semplici medicazioni. Cosi' Dora restitui' il denaro al Ptf. E cio'
non manco' di essere notato, in un paese piagato dalla corruzione. Allo
stesso presidente Obasanjo fu narrata la storia della donna che aveva
restituito 12.000 sterline al suo datore di lavoro. Il presidente volle
incontrarla e le offri' il difficile compito di dare una ripulita all'ambito
del controllo sui medicinali. Ci fu una dura opposizione alla sua nomina.
"Non avevo una tessera politica", spiega Dora, "Non appartenevo al partito
di governo. Non avevo un padrino politico e il mio genere era anche un
problema. Oltretutto, io sono Igbo, di una tribu' Igbo. L'allora Ministro
della salute era Igbo, e un bel poí dei contraffattori sono Igbo".
Dora Akunyili ricorda che si sentiva insicura ad assumersi il rischio di
quell'incarico: "La gente che faceva parte del Nafdac non credeva che io
potessi combattere la mafia, che era rimasta priva di contrasto per almeno
tre decenni. Per i contraffattori fu un brutale shock lo scoprire che
rifiutavo ogni discussione o negoziazione rispetto al fatto che i loro
affari potessero continuare come sempre". Dora doveva anche eliminare la
corruzione interna, rimuovere il personale corrotto ed assumerne di nuovo.
Il lavoro e' stato duro per tutti, ma ha dato risultati positivi per tutti.
Come lei stessa fa notare: "Non e' solo il fatto che i delinquenti sono al
palo, ma dagli ospedali mi arrivano rapporti che le percentuali di decessi
stanno calando, i medici sono felici, e gli affari stanno prosperando
perche' ora c'e' un nuovo terreno pulito su cui giocare: le industrie locali
sono passate dalle 70 del 2001 alle 150 di oggi. Le ditte estere che avevano
lasciato la Nigeria a causa della frustrazione stanno tornando, perche'
l'ambiente ora ha delle regole. Il bando sulle medicine prodotte in Nigeria,
che esisteva in diversi paesi dell'Africa occidentale, e' stato tolto".
*
Dora tuttavia ammette che la lotta e' lungi dall'essere finita e che,
globalmente, la situazione sta invece peggiorando: "Ogni anno il problema
aumenta, in modo tremendo. Nei paesi in via di sviluppo l'acquisto di
medicinali via internet sta alimentando il problema".
Persino da noi in Gran Bretagna, in cui vi e' una regolamentazione
capillare, le medicine contraffatte hanno avuto un giro d'affari di tre
milioni di sterline durante l'anno finanziario 2006/2007. E si stima che
cio' si ripetera' l'anno prossimo.
Dora enfatizza il suo punto di vista al proposito: "Questa malvagita' delle
finte medicine e' peggio della piaga della malaria, dell'Hiv/Aids, delle
rapine a mano armata e delle droghe: la malaria puo' essere prevenuta o
curata, l'Hiv/Aids puo' essere evitato, i rapinatori possono non uccidere e
la cocaina la compra chi puo' permettersela, ma le medicine contraffatte le
prendono tutti e chiunque puo' esserne vittima". Ma dietro al suo coraggio
c'e' anche la paura. "I contraffattori continuano a giurare che non importa
quanto tempo ci metteranno, ma arriveranno ad uccidermi. Io prego, perche'
non voglio morire. Voglio rivedere i miei figli, e voglio vedere i miei
nipoti".
Dora Akunyili intende completare il suo secondo ciclo quinquennale al
Nafdac. "E credo fortemente che terminero' su una nota alta, se saro' ancora
viva per arrivarci".

5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

6. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 276 del 17 novembre 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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