Voci e volti della nonviolenza. 67



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 67 del 19 giugno 2007

In questo numero:
1. Renato Parascandolo intervista Emmanuel Levinas
2. Et coetera

1. RIFLESSIONE. RENATO PARASCANDOLO INTERVISTA EMMANUEL LEVINAS
[Dal sito www.educational.rai.it riprendiamo la seguente intervista dal
titolo "La cattiva coscienza dell'Europa", parzialmente apparsa anche nel
quotidiano "Avvenire" del 13 dicembre 2000]

- Renato Parascandolo: Professor Levinas, lei ha affermato che l'Europa del
XX secolo, l'Europa che ha provocato due guerre mondiali e terribili
genocidi, ha una cattiva coscienza. Che cosa intendeva dire?
- Emmanuel Levinas: Io penso che il XX secolo in cui siamo entrati noialtri
europei con la piu' grande fiducia, come nel secolo in cui lo spirito
europeo avrebbe mostrato tutto il suo splendore, e' stato invece il secolo
di due guerre mondiali con tutto cio' che ha significato la seconda al di
la' delle cause abituali della guerra; e' stato il secolo in cui abbiamo
visto i campi, l'oppressione, lo sterminio di intere popolazioni e, al di
sopra di tutto, quello che e' stato chiamato Olocausto e gli altri genocidi
che lo hanno accompagnato. E in seguito alla guerra abbiamo avuto la
disoccupazione e viviamo, adesso, qualcosa che sarebbe apparso incredibile
nel tempo in cui gli uomini soffrivano di essere schiavi e di lavorare senza
pausa, mentre conoscono ormai una sofferenza quasi piu' grande, quella di
non poter lavorare. Penso anche all'apparizione di tutta la miseria del
terzo e del quarto mondo, perche' c'e' un quarto mondo.
*
- Renato Parascandolo: Qual e', in tutto questo, la responsabilita'
dell'Europa?
- Emmanuel Levinas: E allora - mi lasci continuare - questo succede nel
momento stesso in cui abbiamo preso coscienza, nel corso di questo secolo,
di tutto lo splendore della ragione, di tutte le innovazioni tecniche. Ma la
cosa piu' terribile e' che in questa cattiva coscienza dell'Europa non c'e'
soltanto la cattiva coscienza del secolo: attraverso la cattiva coscienza
del secolo, tutta la nostra storia prende un altro senso. Tutta la nostra
storia, dopo i messaggi che l'hanno aperta, il messaggio greco e il
messaggio religioso, e' una storia sanguinosa e tutto questo sangue prende
un altro senso alla luce del nostro secolo. E tutto cio' accompagna i
brillanti risultati dell'intelligenza teorica e del progresso tecnico, che
di per se' non mi sgomentano e il cui valore ho sempre riconosciuto. Penso
all'impresa clamorosa del primo uomo che ha messo piede sulla luna (sono
rimasto molto impressionato da quella notte) - e a tutte le altre cose di
cui ho parlato. Perche' c'e' una cattiva coscienza, come se la ragione fosse
stata usata male, come se la ragione avesse contribuito a questa storia
sanguinosa, determinando il crollo di molti valori. Ho parlato di tutto
questo senza menzionare la minaccia di cui tutti parlano, la minaccia di
guerre atomiche, di guerre nucleari, che noi dimentichiamo continuamente nel
corso delle nostre occupazioni quotidiane, senza che, per questo, la
minaccia diminuisca. Non e' affatto la minaccia dell'esplosione finale che
mi sembra apocalittica: credo che tutto il secolo sia apocalittico. Io non
ho mai concepito l'apocalisse sotto la forma di un'esplosione, per cosi'
dire, spettacolare, ma sotto la forma di una vita che si svolge, che sembra
avere un senso e che bruscamente e' interrotta dalla negazione di ogni
senso. Ho parlato dei campi perche' l'hitlerismo, il fascismo e lo
stalinismo non possono essere dimenticati.
*
- Renato Parascandolo: E adesso vediamo l'Europa cercare altrove, presso
altre civilta', il senso che ha perduto...
- Emmanuel Levinas: Questa e' una testimonianza della sua cattiva coscienza.
E' cio' che si chiama con umilta' la non centralita' dell'Europa e che si
traduce in interesse per tutte le civilta', che hanno molto da insegnare e
che potranno insegnare molto all'Europa, alla nostra Europa positiva,
all'Europa della ragione e dell'ordine, e la cui vita, le cui forme
culturali ci sono proposte come modelli.
La non centralita' dell'Europa e' una tesi che ci viene proposta nelle piu'
grandi universita' europee, la relativita' della nostra civilta' e'
insegnata dalle piu' alte cattedre. Cattiva coscienza significa che l'Europa
denuncia quello che nella sua concezione costituiva e garantiva la pace.
L'Europa vedeva sempre l'umanita' nel suo isolamento, nell'isolamento
dell'individuo, nell'ostilita' degli individui gli uni verso gli altri; e ha
scoperto che, con la sua saggezza, con la filosofia e con tutte le altre
scienze, con la razionalita' del suo sapere, gli individui, a causa della
loro ostilita', non ritroveranno la pace. E allora si scopre che questa
civilta' e' venuta meno alla sua vocazione.
La prospettiva di arrivare alla pace, alla pace della coscienza, attraverso
il sapere, e' in crisi e percio', invece della pace, abbiamo una coscienza
inquieta.
*
- Renato Parascandolo: Professor Levinas, secondo una efficace espressione
di Gadamer, che parla del "pathos del disincanto", c'e' una specie di
cinismo, di scetticismo, diffuso soprattutto tra i giovani dell'Occidente.
Chi guarda la televisione si aspetta da un filosofo una parola rassicurante
o almeno qualche spiegazione. Cosa puo' dire ai giovani contro il "pathos
del disincanto"?
- Emmanuel Levinas: Sarei felice di poter consolare, ma non e' possibile. Io
penso che il "disincanto", come lo chiama Gadamer, o la "cattiva coscienza",
come la chiamo io, sia soprattutto appannaggio della gioventu', che non si
sente troppo impegnata, mentre e' la vecchia generazione a sentire, ad
essersi assunta l'antica fierezza dell'Europa. Non so che cosa dire ai
giovani. Forse bisogna pensare a una riconsiderazione della stessa
antropologia, cioe' della struttura, dell'essenza dell'umano. Non so se
l'educazione vi arrivera', ma forse, da certe esperienze la gioventu'
ritrovera' - me lo auguro - la giusta misura di quella che mi sembra essere
una revisione possibile. Mi domando se sia giusto definire l'uomo proprio
mediante la potenza del sapere. Questo non comporta che si debba
raccomandare la stupidita' o che l'intelligenza non sia piu' un valore;
bisogna piuttosto richiamare l'attenzione sulla necessita' di definire
l'umanita' altrimenti che in questi due modi: come l'essere infinitamente
intelligente, cioe' che puo' dominare il mondo e, in secondo luogo, come
l'essere che deve essere a qualsiasi costo libero, libero quasi di puro
libero arbitrio - non denuncio, beninteso, la liberta', ma dico: libero in
un modo incontrollabile, libero di fare quello che vuole, di non essere
limitato da nulla...
*
- Renato Parascandolo: Liberta' per la liberta'?
- Emmanuel Levinas: Liberta' per la liberta', liberta' come l'elemento che
definisce l'uomo. Non denuncio ne' la liberta' ne' l'intelligenza, ma mi
domando se la definizione stessa dell'uomo non debba essere attinta da un
altro ordine. Mi domando, in particolare, se la relazione di un essere umano
all'altro essere umano, la relazione da uomo a uomo invece di essere
presentata - cosi' si insegna - come una conseguenza remota
dell'intelligenza, come una conseguenza della liberta', non debba essere
colta nella definizione stessa dell'uomo, nella vocazione stessa dell'uomo.
Con vocazione dell'uomo intendo che l'uomo riconosce la sua dignita' e il
suo posto nell'essere, nella possibilita' di uscire dalla necessita' e dal
compiacimento che ha nell'esistere, usando l'intelligenza e la liberta' come
le sole forme in cui egli puo' affermarsi.
Su questo bisogna richiamare l'attenzione della gioventu' (non so con quali
mezzi, ne' attraverso quale transizione), insistendo piuttosto sul fatto che
un essere puo' invece uscire dalla sua autoaffermazione per occuparsi, prima
di tutto, dell'altro essere umano e che questo e' stato l'avvento stesso
dell'umanita', e' l'essenza, e' la forma stessa dell'umanita'.
Bisogna insegnare tutto cio', richiamando l'attenzione sui dati immediati
del comportamento umano, insistendo sul fatto che da principio l'uomo prende
coscienza di se stesso in una elementare bonta' riguardo all'altro essere,
in una bonta' che persiste, che trionfa di molte cadute, che sussiste nelle
condizioni piu' atroci. E questo e' un paradosso solo in rapporto
all'antropologia corrente, mentre, al contrario, e' la struttura umana
iniziale. E se permette mi riferisco al mio libro preferito - non so se lo
conosce - il libro di Vasilij Grossman, scritto in Unione Sovietica, sotto
Stalin, sequestrato laggiu' e introdotto clandestinamente in Europa, il cui
contenuto consiste nella descrizione di un ordine che voleva organizzare la
societa' umana nella liberta', con il dominio intelligente sulla natura, ed
e' finito nell'infamia dei campi, che fossero hitleriani o staliniani - non
voglio dire sovietici, perche' su questo mi riservo il giudizio. Mentre
Grossman descrive quel mondo con la crudezza di un autentico reporter,
vediamo che, attraverso quelle atrocita', si producono degli atti di bonta',
da uomo a uomo, nelle circostanze piu' drammatiche. L'autore del libro ha
realizzato una sapiente composizione, a doppio fondo, e senza fare prediche
inutili, ma con una certa disperazione, si chiede se non sia questa
l'umanita' stessa dell'uomo - usa il termine di "antropologia" -, se non si
debba cercare qui la definizione stessa dell'uomo.
*
- Renato Parascandolo: Lei parla di bonta', di amore per l'altro, ma in nome
della bonta', si sa che sono stati commessi molti delitti, i buoni
sentimenti hanno provocato spesso dei disastri.
- Emmanuel Levinas: Bisogna vedere come la si intende. Se non siamo capaci
di vedere, l'autore non ci parla. Grossman dice che il bene non ha vinto il
male, ma il male non ha vinto la bonta': fa una differenza tra bene e
bonta', tra un ideale di bene prescritto, che diventa ideologia, che diventa
movimento politico e poi istituzione, e questa bonta' iniziale, debole,
senza difesa, senza pensiero, in cui non c'e' ancora una ideologia della
bonta'. Il termine "bonta'" ci disarma, e' un modo per esprimere il fatto
che l'altro uomo non mi e' indifferente, l'altro uomo mi concerne, mi
riguarda nei due sensi della parola "riguardare". In francese si dice che
"mi riguarda" qualcosa di cui mi occupo, ma regarder significa anche
"guardare in faccia" qualcosa, per prenderla in considerazione. Io chiamo
appunto questa apparizione dell'altro "il volto umano". Il volto umano e' la
testimonianza non del trionfo istituzionale del bene, ma - indubbiamente -
della possibilita' del bene. Tutto il resto, cioe' la saggezza,
l'organizzazione dell'umanita', l'organizzazione delle istituzioni, deve
sempre ricordare il volto degli uomini, che spariscono spesso in questi
movimenti organizzativi, amministrativi, essi stessi indispensabili, in
questa giustizia che pure e' essa stessa indispensabile per esistere senza
predilezioni e senza pregiudizi, ma in cui il richiamo al volto umano e'
essenziale. Nei miei modesti scritti e' questo che sostengo.
*
- Renato Parascandolo: Qual e' la differenza tra la sua concezione della
relazione dell'uomo con l'altro uomo e la dialettica hegeliana di signoria e
servitu' dell'autocoscienza, fondata sul riconoscimento di se' attraverso
l'altro?
- Emmanuel Levinas: Lei mi vuol far entrare in polemica con gli hegeliani
che sono veramente molto forti e intervengono sempre trionfalmente nelle
discussioni, perche' hanno una teoria per tutto e anche per il sommo bene,
che chiamano "identita' dell'identico e del non identico". Ma io mi domando
se cio' che le guerre ci hanno insegnato, cio' che ci ha insegnato il XX
secolo, cio' che ci ha insegnato la visione della storia come storia
sanguinosa, non sia l'importanza di questa sofferenza immediata, anche se da
un punto di vista hegeliano non puo' essere razionale. E' qualcosa di
pericoloso per la priorita' del razionale [razionalita' del reale - ndt], e'
una follia nell'essere, e' la follia iniziale, che un ente che si occupa
soltanto di se' stesso si metta ad occuparsi di qualcun altro. Non e' una
confutazione dell'hegelismo: l'hegelismo non si puo' confutare. Ma, se si
vuole, la crisi dell'idealismo in seguito alle due guerre mondiali diventa
sempre piu' evidente: questo risponderei al trionfalismo hegeliano. E vorrei
dire una cosa che ho raccontato altrove (gli hegeliani l'hanno dimenticata:
anche questo fa parte del disincanto del mondo). Nella Bibbia c'e' una scena
in cui Giacobbe deve incontrare suo fratello Esau' che teme assai, perche'
sono in lite, dopo che ha preso la benedizione al suo posto. Dice il testo
che Giacobbe ebbe paura e angoscia. Paura e angoscia non sono la stessa
cosa. I commenti che ascolto, che a volte anche leggo - la gente pensa che
io non legga altro, ma io non leggo solo questo, leggo, oltre Rousseau,
anche questo - dicono che ebbe paura della guerra e si angoscio' per dover
uccidere.
*
- Renato Parascandolo: Lei polemizza con gli hegeliani, ma anche con
Heidegger, per il suo essere-per-la-morte, ed anche con gli altri
esistenzialisti. In un certo senso, lei sembra piu' ottimista.
- Emmanuel Levinas: Per il momento ho solo questa debole bonta', vinta,
debole, ma immortale. Non e' facile - e' terribile - lasciare un mondo che
e' alla vigilia di un inferno - che Dio ci protegga -, un mondo che in ogni
caso ha conosciuto i prodromi dell'inferno, affidandolo a qualche giusto, a
qualche santo, che farebbe la sua apparizione nell'umanita', o a qualche
atto giusto o atto santo che di tanto in tanto si potrebbe verificare nel
privato. Nel libro di cui parlo, Grossman, come ogni grande autore, si
contraddice, si smentisce - la realta' non si puo' esprimere semplicemente -
e dice: e' come voler spegnere l'incendio con un clistere.
*
- Renato Parascandolo: Lei parla della bonta' come se non si trattasse di un
valore, ma come di qualcosa di naturale, di un istinto...
- Emmanuel Levinas: Lei vuole estinguere il paradosso della bonta'
chiamandola istinto. Poco importa il modo in cui si manifesta. Nell'istinto
c'e' gia' la parola di Dio, perche' chiamo proprio cosi' questa possibilita'
per l'uomo di essere buono verso l'altro uomo o piuttosto la possibilita' di
leggere sul volto dell'altro uomo questo richiamo, che e' una vocazione, un
appello alla bonta'. Per me questa e' la parola di Dio. Dico anzi che e' il
momento in cui la nozione di Dio viene allo spirito, perche' bisogna
domandarsi di dove viene, in quali circostanze concrete una cosa, una parola
cosi' strana, che d'altronde si sente dappertutto, viene allo spirito. Io la
situo precisamente nel momento in cui guardo il volto dell'altro uomo.
*
- Renato Parascandolo: Lei ha nominato Dio. Io le chiedo...
- Emmanuel Levinas: Non abbia paura...
*
- Renato Parascandolo: Crede che sia possibile, che possa esistere un'etica
in senso forte senza Dio?
- Emmanuel Levinas: Io trovo Dio nell'etica, non ho alcuna altra idea di Dio
valida al di fuori del folklore. Lo trovo nel senso di qualcosa che
interrompe bruscamente il corso forte delle cose, nel fatto che uno si
occupi di un altro, dell'assolutamente altro, perche' e' il solo momento in
cui c'e' un'alterita' totale, un'alterita' che non rientra nell'ordine che
io controllo, che non diventa mia. Anche il mio schiavo sente, in quanto
uomo, il bisogno di fuggire la schiavitu' e percio' e' assolutamente altro.
Trovo che nel momento in cui sento questo come ordine, come ordine muto - la
prima parola che si sente e' questa parola muta dell'ordine, del
comandamento - non dico che parlo con Dio, ma ho sentito la piu' forte delle
parole, la prima...
*
- Renato Parascandolo: Puo' esistere una morale conforme alla religione,
senza il Dio delle religioni istituite, senza il Dio delle chiese; puo'
esistere una morale senza trascendenza, una morale puramente immanente?
- Emmanuel Levinas: No, no, qui l'evento stesso e' un evento di bonta', e'
la trascendenza. Penso al momento della Rivoluzione francese e al momento
della Rivoluzione russa. La Rivoluzione russa del 1917 e' un evento di
speranza, di abnegazione, ma dal momento che si organizza senza riguardo per
l'individuo, dal momento che si crea un'amministrazione di massa,
un'amministrazione di stato, lo stato diventa al tempo stesso la fonte delle
istituzioni, presso cui si puo' trovare giustizia, ma anche l'ordine in cui
l'individuo deve eclissarsi in modo totale, eclissarsi o perire. Lo stato,
come organizzazione di questi momenti trascendenti, diventa strumento di
mobilitazione e finisce nei campi di sterminio. Dico che questa attenzione
prestata a cio' che chiamo l'"unicita' dell'altro uomo", il rispetto
nell'altro uomo della sua unicita', cioe' la considerazione dell'altro come
fondamentalmente insostituibile, e' sempre un fatto di amore. Amare e'
appunto considerare l'altro come insostituibile, come unico. Forse una
maggiore attenzione a questo fatto ci permetterebbe di apportare alla
struttura dei nostri stati, che sono razionali [rationnels] o, meglio,
conformi alla ragione [raisonnables], una riforma. Per fare un esempio
concreto, cio' che occorre assolutamente negli stati "razionali" moderni
sono, come si sa, delle associazioni che si occupino in particolare dei
diritti dell'individuo, che noi chiamiamo "diritti dell'uomo". Ma io penso
che i diritti dell'uomo siano una istituzione extra-politica, che deve
sussistere nella societa' in modo del tutto indipendente dallo stato e dalle
sue necessita'. Questa era in altri tempi, se si vuole, la funzione del
profeta, che veniva a proclamare al re il suo torto - non a lavorare
clandestinamente contro il re, ma a dichiarargli ufficialmente il suo torto.
Oggi non ci sono profeti: forse la profezia puo' essere sostituita da una
piu' grande liberta' lasciata agli scrittori. E infine penso che la piu'
grande virtu' della nostra societa' liberale - che e' ancora la migliore -
sia la liberta' di opinione, di parola, di espressione, come garanzia per la
possibilita' di una riparazione. E' una modesta proposta. E come ultima cosa
raccomando l'attenzione di ciascuno verso tutti, indipendentemente
dall'organizzazione, che e' sempre una amministrazione.
*
In questo momento interviene il filosofo Adriaan Peperzak, presente al
colloquio:
- Adriaan Peperzak: Se posso sottolineare una cosa, vorrei dire che la
bonta' di cui parla il professor Levinas, e' anche umilta', e' una cosa
chiamata da lui "piccola bonta'". Per riprendere il termine di "disincanto",
che lei ha usato, mi sembra che questo disincanto, in rapporto al sapere,
alla tecnologia, alla morale europee, ha dapprima introdotto uno spirito
ancora molto europeo, che si e' incarnato in strategie politiche. I giovani
nelle universita' hanno creduto di potersi politicizzare in un senso del
tutto antipolitico, antimilitarista, anticolonialista, eccetera. Ora
constato un secondo disincanto in rapporto appunto a questa politica di
grande respiro che e' ancora, a mio avviso, una specie di imperialismo, che
si e' servita di menzogne, di violenze e che non ha condotto, praticamente,
a nulla. Cio' che constato inoltre nell'insegnamento - anche se la mia
esperienza e' limitata, conosco pero' diversi paesi - e' una grandissima
disponibilita' al raccoglimento e soprattutto sensibilita', nel senso
appunto di un desiderio di bonta'. Non dico che tutti praticano la bonta',
ma che c'e' un grande desiderio di tornare alle cose piu' profonde, piu'
radicali, che sono piccole. Una prova di cio' la trovo nel fatto che quando
insegno l'opera di Emmanuel Levinas incontro un'attenzione estrema e una
reale volonta' di scoprire il senso di tutto cio'.
*
Riprende la parola l'intervistatore:
- Renato Parascandolo: Vorrei sottolineare una cosa che lei ha detto a
proposito del mondo liberale. Ho l'impressione talvolta che il liberismo
economico conduca a un relativismo assoluto.
- Emmanuel Levinas: Tutto si puo' comprare.
*
- Renato Parascandolo: Si', e vorrei sapere che cosa lei pensa della
impossibilita' perfino di prendere in considerazione l'esistenza della
verita', di una realta' vera.
- Emmanuel Levinas: Neanche per questo ho un rimedio. In fin dei conti io
parlo sempre della "piccola liberta'", della "piccola bonta'", ma penso che
una pluralita' di opinioni vale piu' di una sola e che, di conseguenza ci
sono, malgrado tutto, delle cose, o delle verita', come lei dice - io direi
atti di benevolenza -, che trovano subito i loro imitatori, gente pronta a
condividerli. Non so se si puo' distruggere il disincanto, ma vorrei,
innanzitutto, impedire che esso venga costituito a ontologia ultima o a
metafisica ultima, dicendo che sia proprio questa la verita' delle
verita'...
*
- Renato Parascandolo: Allora lei crede che il problema della verita'...
- Emmanuel Levinas: Questa "piccola bonta'" comporta molto piu' di quello
che si dice ai bambini quando li si educa, quando si raccomanda loro di
essere buoni. Ci sono nei testi religiosi, nel contenuto etico dei testi
religiosi, prospettive che prolungano, che innalzano questa bonta'. La
bonta' non e' una cosa screditata. Lei mi ha chiesto se e' possibile vivere
senza trascendenza. Io dico di no. Lei mi chiede se e' possibile vivere
senza dogma. Rispondo: probabilmente. Ma la grande esperienza etica,
depositata nella letteratura religiosa, non e' ancora arrivata ad avere,
nella formazione letteraria della nostra gioventu', l'importanza che le
spetta. Quei testi non devono essere letti alzando le spalle, come dei testi
ingenui, che sono stati veri un tempo, come testimonianze del folklore,
nell'ambito del folklore universale. Non sono folklore. Questa e' la mia
posizione rispetto alle tradizioni religiose propriamente dette.
*
- Renato Parascandolo: Lei ha parlato nei suoi scritti del ruolo della
poesia, dell'importanza della poesia come forma di dialogo.
- Emmanuel Levinas: Era un problema particolare, il problema di sapere se la
riflessione sull'umano non distrugga sempre il contenuto dell'umano, quando
in presenza di un testo, invece di guardare quello che dice il testo, si
riflette sulle condizioni nelle quali e' stato composto. Si puo' trovare
allora la parte che ha avuto la grammatica, la parte che hanno avuto le
vicissitudini personali del suo autore, la parte che ha avuto, per esempio,
la deportazione babilonese nella composizione della Bibbia - tutto quello
che le scienze umane ci insegnano. Io dico invece che bisogna ascoltare il
testo, e che questa regola e' assoluta, e' la condizione stessa per
comprendere la poesia. Prima di analizzare la composizione del poema, per
individuare le contingenze e le regole che vi hanno presieduto, le influenze
che ha subito, bisogna in primo luogo ascoltare il testo stesso. Ho definito
la poesia come il dire umano in cui la riflessione in quel senso e' vietata.
*
- Renato Parascandolo: Le ho fatto questa domanda perche' penso che dopo la
seconda guerra mondiale la poesia e' morta - piu' di tutte le altre arti.
Non ci sono piu' poeti. Che cosa vuol dire?
- Emmanuel Levinas: Non so. Ma c'e' una verita' che risale ai Greci, a
Platone: una volta quando la quercia parlava, si ascoltava quello che diceva
la quercia; ora se un uomo parla ci si chiede da dove viene...
*
- Renato Parascandolo: Le vorrei porre un'ultima domanda sulla
responsabilita'. Secondo Lei, gli uomini che hanno una responsabilita'
pubblica, che hanno il potere di decidere anche per gli altri uomini, hanno
la stessa responsabilita' di quelli che possono decidere solo per se stessi?
Cioe' la responsabilita' non e' forse il lusso di alcuni?
- Emmanuel Levinas: E' risaputo che talvolta la responsabilita' pubblica e'
schiacciante. E' precisamente il caso in cui la politica, anche nel senso
buono del termine, falsa la responsabilita', perche' ci determina a punti di
vista che forse sono giusti, ma in cui l'unicita' di colui di cui si e'
responsabili non e' rispettata. La responsabilita' di cui parlo e' assai
piu' paradossale. Il punto su cui ritorno e' che in quanto lei risponde,
risponde sempre di un altro uomo. Lei puo', noi tutti possiamo lasciar
correre, possiamo ignorare, ma in realta' sappiamo che siamo responsabili
anche di cio' che e' successo poco fa, di colui che e' passato vicino a noi
poco fa. La responsabilita' e' questo. Noi siamo responsabili, come se
fossimo colpevoli di fronte a tutti gli altri. Cito a questo proposito per
l'ennesima volta il versetto, vorrei dire (perche' nei grandi scrittori le
proposizioni sono assai spesso versetti cosi' come i versetti sono le
proposizioni dei grandi autori), la frase di Dostojevskij: siamo tutti
colpevoli - non responsabili, colpevoli - di tutto verso tutti ed io piu' di
tutti gli altri. E' questa la famosa non reciprocita' delle coscienze. Non
arrivo mai a sottrarmi alla posizione di essere io il piu' responsabile di
tutti.

2. ET COETERA

Emmanuel Levinas e' nato a Kaunas in Lituania il 30 dicembre 1905 ovvero il
12 gennaio 1906 (per la nota discrasia tra i calendari giuliano e
gregoriano). "La Bibbia ebraica fin dalla piu' giovane eta' in Lituania,
Puskin e Tolstoj, la rivoluzione russa del '17 vissuta a undici anni in
Ucraina. Dal 1923, l'Universita' di Strasburgo, in cui insegnavano allora
Charles Blondel, Halbwachs, Pradines, Carteron e, piu' tardi, Gueroult.
L'amicizia di Maurice Blanchot e, attraverso i maestri che erano stati
adolescenti al tempo dell'affaire Dreyfus, la visione, abbagliante per un
nuovo venuto, di un popolo che eguaglia l'umanita' e d'una nazione cui ci si
puo' legare nello spirito e nel cuore tanto fortemente che per le radici.
Soggiorno nel 1928-1929 a Friburgo e iniziazione alla fenomenologia gia'
cominciata un anno prima con Jean Hering. Alla Sorbona, Leon Brunschvicg.
L'avanguardia filosofica alle serate del sabato da Gabriel Marcel.
L'affinamento intellettuale - e anti-intellettualistico - di Jean Wahl e la
sua generosa amicizia ritrovata dopo una lunga prigionia in Germania; dal
1947 conferenze regolari al Collegio filosofico che Wahl aveva fondato e di
cui era animatore. Direzione della centenaria Scuola Normale Israelita
Orientale, luogo di formazione dei maestri di francese per le scuole
dell'Alleanza Israelita Universale del Bacino Mediterraneo. Comunita' di
vita quotidiana con il dottor Henri Nerson, frequentazione di M. Chouchani,
maestro prestigioso - e impietoso - di esegesi e di Talmud. Conferenze
annuali, dal 1957, sui testi talmudici, ai Colloqui degli intellettuali
ebrei di Francia. Tesi di dottorato in lettere nel 1961. Docenza
all'Universita' di Poitiers, poi dal 1967 all'Universita' di
Parigi-Nanterre, e dal 1973 alla Sorbona. Questa disparato inventario e' una
biografia. Essa e' dominata dal presentimento e dal ricordo dell'orrore
nazista (...)" (Levinas, Signature, in Difficile liberte'). E' scomparso a
Parigi il 25 dicembre 1995. Tra i massimi filosofi contemporanei, la sua
riflessione etica particolarmente sul tema dell'altro e' di decisiva
importanza. Opere di Emmanuel Levinas: segnaliamo in particolare En
decouvrant l'existence avec Husserl et Heidegger (tr. it. Cortina);
Totalite' et infini (tr. it. Jaca Book); Difficile liberte' (tr. it.
parziale, La Scuola); Quatre lectures talmudiques (tr. it. Il Melangolo);
Humanisme de l'autre homme; Autrement qu'etre ou au-dela' de l'essence (tr.
it. Jaca Book); Noms propres (tr. it. Marietti); De Dieu qui vient a' l'idee
(tr. it. Jaca Book); Ethique et infini (tr. it. Citta' Nuova); Transcendance
et intelligibilite' (tr. it. Marietti); Entre-nous (tr. it. Jaca Book). Per
una rapida introduzione e' adatta la conversazione con Philippe Nemo
stampata col titolo Ethique et infini. Opere su Emmanuel Levinas: Per la
bibliografia: Roger Burggraeve, Emmanuel Levinas. Une bibliographie premiere
et secondaire (1929-1985), Peeters, Leuven 1986. Monografie: S. Petrosino,
La verita' nomade, Jaca Book, Milano 1980; G. Mura, Emmanuel Levinas,
ermeneutica e separazione, Citta' Nuova, Roma 1982; E. Baccarini, Levinas.
Soggettivita' e infinito, Studium, Roma 1985; S. Malka, Leggere Levinas,
Queriniana, Brescia 1986; Battista Borsato, L'alterita' come etica, Edb,
Bologna 1995; Giovanni Ferretti, La filosofia di Levinas, Rosenberg &
Sellier, Torino 1996; Gianluca De Gennaro, Emmanuel Levinas profeta della
modernita', Edizioni Lavoro, Roma 2001. Tra i saggi, ovviamente non si puo'
non fare riferimento ai vari di Maurice Blanchot e di Jacques Derrida (di
quest'ultimo cfr. il grande saggio su Levinas, Violence et metaphysique, in
L'ecriture et la difference, Editions du Seuil, Parigi 1967). In francese
cfr. anche Marie-Anne Lescourret, Emmanuel Levinas, Flammarion; Francois
Poirie', Emmanuel Levinas, Babel. Per la biografia: Salomon Malka: Emmanuel
Levinas. La vita e la traccia, Jaca Book, Milano 2003.
Su Renato Parascandolo dal sito www.mediamente.rai.it riprendiamo la
seguente scheda: "Renato Parascandolo, giornalista, gia' direttore di Rai
Educational, ha insegnato alla Facolta' di lettere e filosofia
dell'Universita' di Siena, corso di laurea in Scienze della comunicazione;
alla Lumsa, Facolta' di scienze della formazione; all'Universita' Roma Tre,
corso di laurea in scienze della formazione; all'Universita' La Sapienza di
Roma, master in giornalismo; all'Universita' Federico II di Napoli, Facolta'
di sociologia. Attualmente e' assistente del direttore generale della Rai e
membro del consiglio d'amministrazione di Rai Trade. E' membro del Comitato
tecnico-scientifico del Ministero dell'Universita' e della Ricerca per la
diffusione della cultura scientifica. Premiato con il "Compasso d'oro" 2001
per la serie televisiva "Storia del design italiano dal 1920". Per la
qualita' dei programmi di Rai Educational, ha ottenuto nel 2000 il Premio
Saint Vincent, diretto da Jader Jacobelli. Dal 1998 al 2002 ha rappresentato
la Rai nel Consiglio scientifico dell'Istituto della Enciclopedia Italiana
(Treccani). Programmi televisivi e progetti multimediali: teorico della
"intermedialita'" (1987) - intesa come interazione e integrazione dei media
per una sistematica e capillare diffusione di saperi e conoscenze - ha
ideato numerose opere multimediali e programmi televisivi. Tra questi:
Cronaca (1974-1984), rubrica televisiva d'inchiesta di RaiDue realizzata con
la partecipazione dei protagonisti delle realta' sociali a tutte le fasi
della produzione, dall'ideazione alle riprese, fino al montaggio; Prima
Pagina (1976-1981), rubrica televisiva di RaiDue sul funzionamento degli
apparati dell'informazione e il sistema mondiale dei media; Enciclopedia
Multimediale delle Scienze Filosofiche (1987), piu' di duemila
interviste-lezioni televisive di filosofi, scienziati, storici, economisti e
uomini di cultura di 35 paesi dei cinque continenti. Un'opera realizzata
dalla Rai e dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, che gode del
patrocinio dell'Unesco, del Parlamento Europeo, del Consiglio d'Europa e del
Presidente della Repubblica italiana (www.filosofia.rai.it); MediaMente
(1994), un programma televisivo di alfabetizzazione informatica e conoscenza
dei nuovi media. Il sito Web di MediaMente e' stato il primo in assoluto
della Rai (www.mediamente.rai.it); Mondo3, per un museo digitale dell'uomo
(1995), un museo virtuale che raccoglie quattrocento tra le opere piu'
significative dell'ingegno umano di tutti i tempi e di tutte le discipline,
indicate da quaranta prestigiose personalita' della cultura e della scienza
dei cinque continenti. Mondo3 gode del patrocinio dell'Unesco; Mosaico, una
mediateca per le scuole (1997), un 'video on demand' a disposizione degli
insegnanti delle scuole italiane per rendere le lezioni piu' pregnanti e
significative (il catalogo di Mosaico comprende oltre settemila documenti
audiovisivi); La Storia siamo noi (1998), il primo esempio di serialita'
televisiva applicato alla storia. 800 puntate dal 1998 al 2002 per
raccontare la storia d'Italia dal Risorgimento ad oggi: un format originale
basato sul confronto tra inchieste attuali e documentari televisivi e
cinematografici del passato; La "Rai a' la carte" (1999), un servizio di
'video on demand' che offre ai telespettatori la possibilita' di scegliere
da un catalogo on line oltre 3000 ore di programmi culturali della Rai. I
programmi prescelti dai telespettatori sono trasmessi sui canali satellitari
in chiaro della Rai; Idea, musei virtuali dell'arte in Italia (2000), un
progetto per la valorizzazione del patrimonio artistico italiano che nasce
dalla consapevolezza che, nell'epoca della riproducibilita' digitale
dell'opera d'arte, la tutela dei beni culturali deve riguardare non solo
l'opera in quanto tale, ma anche la sua riproduzione; RaiLab (2001), un
sistema intermediale per la formazione a distanza basato su una rete di
settemila Centri pubblici d'ascolto attrezzati con antenna parabolica e
dislocati uniformemente nelle scuole pubbliche delle diverse regioni
italiane. Un laboratorio per l'apprendimento che sfrutta l'interazione tra
televisione satellitare, internet, supporti didattici multimediali e corsi
tradizionali in aula; RaiLibro (2001), un progetto intermediale per la
promozione della lettura e la diffusione del libro di qualita' realizzato in
collaborazione con oltre cento case editrici e la Federazione dei librai; Le
mostre impossibili (2003), riproduzioni ad altissima definizione, in formato
reale, dell'opera omnia di un artista. La prima esposizione Tutta l'opera
del Caravaggio, una mostra impossibile, presentata a Napoli nel 2003 e,
successivamente a Salerno, Roma, Malta, Porto Ercole, Chicago, Santa Cruz
(California) e' stata visitata da oltre mezzo milione di persone. Altre
'mostre impossibili' realizzate o in via di realizzazione: Raffaello, Piero
della Francesca, Giotto, Boccioni, ecc. (www.caravaggio.rai.it -
www.raffaello.rai.it); Dizionario d'ortografia e di pronunzia della lingua
italiana in versione digitale (2005), un'edizione accresciuta e aggiornata
del Ddp per apprendere in viva voce, su Internet e Dvd, la corretta
pronunzia di oltre centotrentamila parole della lingua italiana; Un'Idea per
la Campania (2003), un sistema intermediale per la comunicazione della
cultura, la valorizzazione del patrimonio artistico della Campania, lo
sviluppo dell'industria culturale e il potenziamento dell'identita'
pubblica; Il Portale Web dell'arte, della cultura e della storia della
Regione Campania (2004), un sito che raccoglie 136 luoghi d'arte, oltre 300
biblioteche, decine di archivi e istituzioni culturali e scientifiche della
Campania (www.culturacampania.rai.it); Storia della Campania dal Settecento
a oggi (2005), un format didattico per raccontare la storia su Internet. Un
progetto multimediale ispirato ai principi pedagogici che informano l'Orbis
pictus di Comenio (www.culturacampania.rai.it); Il museo dei musei della
Campania (2005), un museo digitale che raccoglie oltre duemila opere
conservate nei musei della Campania che il visitatore puo' ricombinare
indefinitamente secondo svariati criteri: gli artisti, la datazione, gli
oggetti, la tecnica di esecuzione, la simbologia ecc.
(www.culturacampania.rai.it); La Rai per la cultura (2006), un'enciclopedia
dei migliori programmi culturali della Rai su Dvd. Un catalogo comprendente
oltre cinquecento titoli raccolti in 39 collane tematiche di storia,
letteratura, filosofia, scienze, economia, cinema, teatro, arti visive,
sociologia. Un progetto volto a valorizzare l'enorme patrimonio di cultura
prodotto dalla Rai in cinquant'anni (www.perlacultura.rai.it). Cenni
bibliografici: a) Libri: Televisione e ricerca sociale, Cnr, Roma 1980;
Appunti sul lavoro di fabbrica, Franco Angeli, Milano 1981; Professioni
contro la poverta', Regione Campania, Napoli 1984; Il sistema
dell'Informazione e il mercato dell'editoria multimediale, Ministero per i
beni e le attivita' culturali, 1997; Scienza e Informazione, Laterza, Bari
1997; La televisione oltre la televisione, Editori Riuniti, Roma 2000; Rai
Educational: annuario 1998-2002 , RaiEri, Roma 2002; b) Articoli: Cultura e
televisione, MediaMente 1995; Il paradosso multimediale e l'inganno
interattivo, MediaMente, 1995; Mondo3. Per un museo dell'Uomo digitale,
"Telema", Fond. Bordoni, Roma 1996; Sulla televisione commerciale;
"L'Avvenire", 1997; L'inchiesta televisiva e il suo declino; "Gulliver",
1998; Opinione pubblica e opinione di massa, "Iter", Treccani, 2001; La Rai
e la Scuola: Un'alleanza possibile, "Il Veltro", 2001; Come si privatizza la
Rai senza privatizzarla, "L'Unita'", 2003; Il servizio pubblico televisivo
tutelato da un articolo della Costituzione. A proposito del rapporto di C.
Clement sull'audiovisivo pubblico francese, "Gulliver" 2004; Rai:
dall'organizzazione "per media" all'organizzazione "per generi", "Script",
2004; Se i talk show camminassero per strada, "L'Unita'" luglio 2006; Se la
Rai avesse un solo telecomando, "L'Unita'" marzo 2006".
Su Adriaan Peperzak dal sito www.mediamente.rai.it riprendiamo la seguente
scheda: "Adriaan Theodor Peperzak e' nato il 3 luglio 1929 a Malang in
Indonesia, da genitori olandesi. Ha insegnato, tra l'altro, nelle
universita' di Nimega e Amsterdam; attualmente e' professore ordinario
presso l'Universita' Loyola di Chicago. Tiene regolarmente corsi presso
l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici". Tra le opere di Adriaan
Peperzak: Le jeune Hegel et la vision morale du monde, L'Aja 1960; Gronden
en Grenzen (Fondamenti e limiti), Haarlem 1967; Verlagen. De huidige mens en
de vraag naar heil (Desiderio. L'uomo contemporaneo e la questione della
felicita' vera), Utrecht 1971; Emmanuel Levinas, Ambo 1971; Vrijheid.
Inleiding in de ur jagerige antropologie (Liberta'. Introduzione ad una
antropologia filosofica), Ambo 1972; Weefels. Een inleiding in het
Filosoferen (Introduzione al pensiero filosofico), Ambo 1974; Religion,
Ethique et Politique, in "Archivio di filosofia", 1978; Filosofia e
politica. Commentario alla "Prefazione alla Filosofia del diritto" di Hegel
(1987), Guerini e Associati, Milano 1991; Autoconoscienza dell'assoluto.
Lineamenti della filosofia dello spirito hegeliana, Bibliopolis, Napoli
1988; (con Emmanuel Levinas), Etica come filosofia prima, Guerini e
Associati, Milano 1989, 1993.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 67 del 19 giugno 2007

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