Voci e volti della nonviolenza. 58



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 58 del 24 aprile 2007

In questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo ricorda Kurt Vonnegut
2. Et coetera

1. MARIA G. DI RIENZO RICORDA KURT VONNEGUT
[Ringraziamo di cuore Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it)
per questo testo]

Non ricordo quale romanzo mi capito' in mano per primo: Mattatoio n. 5? Le
Sirene di Titano? Madre Notte? Ghiaccio Nove? Frugo in quel magazzino
strazeppo e disordinato che e' la mia memoria e trovo semplicemente una
storia, una storia lunga, di volta in volta bella e atroce come la vita
stessa, fatta di tanti racconti diversi. Io credo che Kurt Vonnegut abbia
narrato in questo modo il suo amore a denti stretti per l'umanita'. A
rendermi il sig. Vonnegut particolarmente caro ci sono tre cose. In primo
luogo gli strumenti che ha usato piu' spesso (perche' sono quelli che con
abilita' infinitamente inferiore uso anch'io): mitologia avveniristica,
tecnologie future, viaggi nel tempo, lontani pianeti con i loro alieni e via
cosi' (direbbe lui), il tutto innaffiato da un umorismo tenero e corrosivo
al tempo stesso. Nei necrologi letterari seguiti alla sua scomparsa ho letto
in tutte le salse il concetto che Kurt Vonnegut sarebbe un "vero" scrittore,
che ogni tanto si e' tolto il capriccio di usare la fantascienza per le sue
opere: basterebbe fare le percentuali su quali romanzi si possono
classificare come science fiction e quali no, per capire che e' stato
proprio un "vero" scrittore, ma di fantascienza. E' normale che il "genere"
possa piacere o non piacere, ma e' assurdo e arrogante sostenere che se si
sono usati i tali pennelli si e' dipinto un'opera d'arte, mentre se si sono
usati i tal'altri pennelli si e' fatta una crosta. Qualcuno con la
fantascienza fa idiozie, qualche altro, come Vonnegut, fa capolavori, punto
e basta. Uno dei suoi indimenticabili personaggi, Mr. Rosewater, dice ad una
riunione di scrittori di sf: "Siete tutto quello che leggo ancora. Siete gli
unici abbastanza folli da sapere che la vita e' un viaggio spaziale... che
durera' miliardi di anni. Siete gli unici che si accorgono veramente di
quello che le macchine ci stanno facendo, di quello che ci sta facendo la
guerra".
*
E in questa frase e' contenuto il secondo leit motiv che mi fa sentire la
voce di Vonnegut cosi' vicina: l'opposizione alla guerra, al militarismo, al
culto delle armi. Gia' ne Le Sirene di Titano (1959) la guerra, che Vonnegut
aveva vissuto, viene ridotta all'osso della sua crudele messinscena: "aveva
su Marte quei pochi esseri umani magnificamente guidati, ed era il loro
condottiero. Aveva abilita'. Era piacevolmente disposto a spargere il sangue
altrui. Aveva una religione nuova e plausibile da introdurre alla fine della
guerra. E aveva i metodi per prolungare il periodo di pentimento e orrore
che avrebbe seguito la guerra". Secondo i disegni del personaggio, uno
sterminio di "marziani" (in realta' sono coloni umani) viene compiuto. Gli
innocenti pagano il prezzo di ambizioni e contese altrui, e vengono
ammazzati "allegramente": "fino a che scoprirono che i loro bersagli erano
donne inermi e bambini. La gloriosa guerra era finita".
E come gli eserciti vogliono ridurre gli esseri umani che vi partecipano lo
simboleggia Unk, soldato di Marte. Costui ha un'antenna radio "sotto la
volta del cranio" che gli infligge dolore ogni qualvolta fa "qualcosa che un
buon soldato non deve mai fare. Avevano detto che non solo Unk ma anche
tutti gli altri avevano un'antenna come quella, compresi i medici e le
infermiere e i generali con quattro stelle. Era un esercito molto
democratico, avevano detto. Unk immagino' che fosse una bella cosa, per un
esercito, essere cosi'".
In Barbablu' (1987) il protagonista Rabo Karabekian tiene nascosto nel
magazzino delle patate il monumentale dipinto del giorno in cui la seconda
guerra mondiale in Europa fini': alla gamba del pittore ritratto fra le
5.129 immagini umane del quadro, nel mezzo di una bellissima vallata
primaverile, si aggrappa una seconda figura: "Sta morendo di polmonite e tra
due ore sara' morto. E' un bombardiere canadese, abbattuto in Ungheria sopra
un campo petrolifero. Non sa chi sono. Non riesce neanche a vedermi in
faccia... Mi sta chiedendo se siamo arrivati a casa". Per ognuna delle
figurine c'e' una storia, una vita devastata dalla guerra o per la guerra
perduta. In una delle case coloniche del dipinto sta nascosto un gruppo di
donne: hanno imparato dalle altre guerre che saranno violate, racconta il
protagonista. La critica d'arte a cui Karabekian mostra per la prima volta
il quadro, chiude il romanzo con l'attestazione di quell'amore "a denti
stretti" di cui parlavo: guardi gli esseri umani, dice al pittore, "guardi
quegli strani e bravissimi animali con amore e gratitudine e gli dica ad
alta voce: Grazie, carne".
Ne La colazione dei campioni (1973) Vonnegut da' una definizione caustica di
cio' che pensa delle armi. Descrivendo una pistola dice: "Si trattava di uno
strumento il cui unico scopo era di praticare buchi nei corpi degli esseri
umani. In quella parte del pianeta... chiunque ne volesse uno poteva
procurarselo nel negozio di ferramenta all'angolo. Tutti i poliziotti ne
erano forniti. E cosi' anche i criminali. E la gente che veniva a trovarsi
fra gli uni e gli altri". E ne Il grande tiratore (1982) vi aggiunge
l'appello di un personaggio: "Mia moglie e' stata uccisa da un arnese che
non sarebbe mai dovuto capitare tra le mani di alcun essere umano. Questa
'macchina' si chiama arma da fuoco. Essa permette al piu' nero di tutti i
desideri umani di avverarsi all'istante, e da distante: far morire qualcuno.
Eccolo, il male. Non possiamo eliminare i transeunti desideri malvagi
dell'umanita'. Possiamo bensi' sbarazzarci delle macchine, degli ordigni che
permettono loro di realizzarsi. Il mio accorato appello e': disarmare".
A questo punto Vonnegut, o il suo alter ego Kilgore Trout, mi avrebbero gia'
fermata. Per cortesia, signora, stia attenta a non farmi passare per un
santo, mi direbbe l'uno o l'altro. Ma sui santi la penso proprio come lei,
sig. Vonnegut: "Come ho scritto altrove... per 'santo' intendo una persona
che si comporta decentemente in un mondo indecente" (Cronosisma, 1997).
*
In svariate interviste e prefazioni ai suoi libri, lo scrittore ribadi'
spesso che i suoi testi erano "politici": concordo con Hitler e Mussolini
sul fatto che l'artista deve servire la societa' in cui vive, disse in una
delle interviste, dissento dai due dittatori sul modo in cui deve farlo.
Vonnegut riteneva che il suo compito quale scrittore fosse: "Suonare
l'allarme quando la societa' e' in pericolo". Per fare questo qualcuno "deve
essere male adattato", sentirsi abbastanza a disagio per chiedersi cosa sono
gli esseri umani, dove vanno e perche' ci vanno. E' il tema di Distruggete
le macchine (titolo italiano scarsamente evocativo per la trama di Player
Piano, 1952), in cui il protagonista si "disadatta" a poco a poco dal culto
dell'azienda e del profitto, e la sua denuncia della violenza gerarchica e
tecnocratica della societa' in cui vive viene rubricata come "odio edipico"
durante il processo che subisce. Qualcuno potrebbe forse avere altri motivi,
o qualsiasi motivo, per opporsi al "progresso"? Leggete la citazione
iniziale de Le Sirene di Titano e lo capirete: "Ogni ora che passa porta il
sistema solare 43.000 miglia piu' vicino all'ammasso globulare M13 nella
costellazione d'Ercole... eppure vi sono ancora certi incompetenti i quali
insistono che il progresso non esiste. Ransom K. Fern".
Vonnegut ha disegnato una leggenda molto divertente sull'origine e lo scopo
della presenza dell'umanita' nell'universo, rintracciabile in molti dei suoi
testi. Sostanzialmente, siamo portatori di un messaggio che non esiste e ci
inganniamo su noi stessi in modo clamoroso. Le super-intelligenze del
pianeta Tralfamadore, gli Anziani, hanno creato la Terra e la sua storia per
questo fine banale, consegnare un messaggio insignificante ad un'altra
galassia. "Sicche' la gente della Terra credeva di aver ricevuto dal
creatore dell'universo stesso l'ordine di mandarlo a catafascio. Se non che,
procedevano con troppa lentezza... Gli Anziani gli misero in testa l'idea
che erano proprio loro le creature destinate a diffondersi nell'universo.
Avevano provato con i Tralfamadoriani, che pero' avevano uno spiccato senso
dell'umorismo e sapevano di essere "quei citrulli estremamente limitati che
erano in realta'". Si misero a ridere al pensiero di essere la gloria
dell'universo destinata a colonizzare altri pianeti. Invece gli abitanti
della Terra, essendo privi di umorismo, trovarono l'idea del tutto
accettabile." (Hocus Pocus, 1990).
Nello stesso libro aggiunge: "Un altro difetto della natura umana e' che
tutti vogliono costruire ma nessuno provvedere alla manutenzione. E il
difetto peggiore e' che siamo semplicemente stupidi. Ammettiamolo! Vi pare
che fu una cosa intelligente, Auschwitz?".
La tragedia dell'Olocausto era stato il sostrato di Madre Notte (1966):
"Questo e' l'unico dei miei racconti di cui conosca la morale. Non e' una
morale meravigliosa, non credo; si da' soltanto il caso ch'io sappia di
quale morale si tratti: noi siamo quel che facciamo finta di essere, sicche'
dobbiamo stare molto attenti a quel che facciamo finta di essere... C'e'
un'altra morale, evidente, in fondo a questo racconto ora che ci penso:
quando sei morto, sei morto. E ancora un'altra me ne viene in mente adesso:
fai all'amore, quando puoi. Ti fa bene".
Il protagonista di Madre Notte, agente alleato americano, ha come identita'
di copertura quella di propagandista per il nazismo, un'identita' fittizia
che egli assume cosi' bene da non riuscire a liberarsene neppure dopo il
termine del conflitto. Si consegnera' alle autorita' israeliane come
criminale di guerra... il lieto fine non e' mai stata una caratteristica
delle opere di Vonnegut: "Ho sempre avuto problemi a concludere i racconti
in modi che potessero soddisfare un pubblico generico. Nella vita vera,
cosi' come nella replica conseguente ad un cronosisma, la gente non cambia,
non impara mai nulla dai propri errori, e non chiede scusa. In un racconto
debbono fare almeno due di queste tre cose, altrimenti conviene buttarlo nel
cestino dei rifiuti" (Cronosisma, 1997).
*
Il "cronosisma", ambientato nel 2001, viene causato da una "crisi
d'autostima" dell'Universo. "Devo continuare ad espandermi indefinitamente?,
si chiese, Che senso avrebbe?" Percio' l'universo si contrae di dieci anni,
riportando le persone al 1991, e costringendole a rivivere la propria vita
senza possibilita' di revisione, sapendo che non hanno alcuna possibilita'
di cambiare le scelte che hanno gia' fatto. I temi di Cronosisma erano gia'
presenti nell'opera teatrale Buon compleanno, Wanda June (originariamente
intitolata Penelope), che debuttera' sulle scene il 7 ottobre 1970:
"Quindici anni prima mia moglie ed io conducevamo un programma su 'i Grandi
Libri'. E quando leggemmo e discutemmo l'Odissea, il comportamento di Ulisse
al suo ritorno mi colpi' come crudele e insensato. Pertanto scrissi un
dramma sull'argomento e lo chiamai Penelope". Gli attori si lamentavano un
po' di Buon compleanno, Wanda June: "Mancavano parti capaci di valorizzarli,
ognuno aveva lo stesso numero di battute degli altri, nessuno cambiava
atteggiamento o parere e alla fine nessuno aveva torto o ragione... Avevo in
effetti scritto un romanzo sul fatto che ognuno possa comunque avere sempre
ragione: Le Sirene di Titano... (nel quale viene descritto) il punto
matematico in cui tutte le opinioni, non importa quanto contraddittorie, si
armonizzano: l'infundibolo cronosinclastico". La piece teatrale si apre con
questa battuta: "Buonasera, mi chiamo Penelope Ryan. Questa e' una commedia
alla buona in cui si parla di gente che ama uccidere, e di gente che invece
no". E si parla anche della socializzazione di maschi e femmine negli Usa,
dell'enfasi posta per gli uomini sul possesso e l'uso di armi, del mito
della violenza come eroismo... Forse nessuno ha torto e nessuno ha ragione,
nella commedia, ma cosa ci rende umani e cosa ci disumanizza e'
terribilmente chiaro.
*
E adesso vengo al terzo punto per cui mi sono affezionata a questo signore
da poco scomparso, che qualcuna delle mie amiche ha bollato come "misogino"
per le sue battute velenose, chiedendo a me come mai una vecchia femminista
potesse apprezzarlo tanto. Non ha piu' niente a che fare con il sistema di
scrittura o la denuncia sociale e politica. Si tratta dell'amore che ha
portato a sua sorella, celebrato in quello che per me e' il piu' bello dei
suoi libri, Comica finale (1976). Alice Vonnegut morira' di cancro a 41
anni, pochi giorni dopo la morte del marito in un incidente; tre dei suoi
quattro figli verranno adottati dal fratello. "Non glielo avevo mai detto,
ma la persona per la quale avevo sempre scritto era lei. Lei era il segreto
di qualsiasi unita' artistica io avessi mai raggiunto. Lei era il segreto
della mia tecnica. Ogni creazione che sia dotata di un certo grado di
completezza e armonia e' opera, sospetto, di un artista o inventore che
mentalmente si sia rivolto ad un pubblico composto da una persona sola".
I protagonisti del romanzo sono una coppia di gemelli fisicamente mostruosi
("neaderthaloidi"), alti piu' di due metri gia' da bambini, che insieme sono
"un unico genio" e proprio percio' verranno separati dagli adulti, che non
possono accettarli perche' quando la loro intelligenza combinata si rivela
in tutta la sua magnificenza non possono piu' averne pieta'. Prima che
questo accada, e durante l'unica fortuita riunione che avviene dopo molti
anni, i due gemelli danno pero' dei contributi decisivi alla sopravvivenza
di un'umanita' sconvolta da "crisi gravitazionali", epidemie e conflitti
armati. Il sottotitolo del romanzo e' infatti "Non piu' soli!": i due
protagonisti giungono al convincimento che gran parte dei problemi umani
derivi dalla solitudine, percio' creano il concetto di enormi famiglie
allargate, concetto che diverra' vita reale quando sara' preso come primo
provvedimento dal maschio della coppia diventato presidente degli Stati
Uniti. Grazie all'acquisizione di un secondo nome (di fiore, frutto,
animale, ecc. seguito da un numero) gli americani del romanzo si trovano ad
avere ciascuno qualcosa come diecimila tra fratelli e sorelle e
centonovantamila cugini. "Parlai ai soldati e a qualche passante dalla
scalinata del palazzo. Dissi che Nixon e i suoi complici erano stati
squilibrati dalla solitudine, una solitudine di un genere particolarmente
virulento... In sostanza non erano dei criminali, dissi, ma anelavano
partecipare alla fratellanza che vedevano nella criminalita' organizzata...
Poiche' siamo semplici famiglie, e non piu' una nazione, ci sara' molto piu'
facile usare misericordia e riceverla". Circa un anno dopo l'uscita
dell'edizione italiana di Comica finale mi capito' di vedere un ragazzo con
un distintivo identico a quelli descritti nel romanzo: sul petto aveva una
"medaglia" rotonda con l'allegra scritta: Non piu' soli!
I due gemelli, Wilbur ed Eliza, per la cui riunificazione facciamo il tifo
durante tutta la lettura, si troveranno finalmente insieme solo dopo la
morte di entrambi: un fisico ha scoperto che l'aldila' esiste davvero, e lo
chiama in modo molto appropriato "l'allevamento di tacchini"... perche' ci
si annoia terribilmente, nel mondo dei morti, ed Eliza non vede l'ora che
suo fratello arrivi per ricreare quel genio unico che di sicuro sara' in
grado di migliorare un po' le condizioni del luogo.
E c'e' infine, sempre in Comica finale, un consiglio di assoluta sensatezza:
"Vorrei che le persone che si amano, nel modo in cui e' visto
tradizionalmente l'amore, si dicessero, quando bisticciano: Per piacere...
un po' meno d'amore, e un po' piu' di civilta'".
*
Per tutto questo il sig. Vonnegut mi manca e mi manchera', anche se credo
che se lo dicessi a lui mi risponderebbe al modo di Kilgore Trout: "La vita
continua!". Vero, e quando apro uno dei suoi libri trovo in essa anche un
po' piu' di piacere, e di senso.

2. ET COETERA
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005.
Kurt Vonnegut (Indianapolis, 1922 - New York, 2007) e' uno dei maggiori
scrittori del Novecento; nel 1944 prigioniero di guerra in Germania
assistette alla distruzione di Dresda. Per tutta la vita ha lottato contro
la guerra e contro ogni fascismo con le armi della poesia. Opere di Kurt
Vonnegut: romanzi: Player Piano,1952; The Sirens of Titan, 1959; Mother
Night; 1961; Cat's Cradle, 1963; God Bless You, Mr. Rosewater or Pearls
Before Swine, 1965; Slaughterhouse-Five or the Children's Crusade, 1969;
Breakfast of the Champions or Goodbye Blue Monday!, 1973; Slapstick or
Lonesome No More, 1976; Jailbird, 1979; Deadeye Dick, 1982; Galapagos, 1985;
Bluebeard, 1987; Hocus Pocus, 1990; Fates worse than death, 1991; Timequake,
1997; God Bless You, Dr. Kevorkian, 1999; raccolte di racconti: Welcome to
the Monkey House, 1968; raccolte di saggi: Wampeters, Foma & Granfalloons,
1974; Palm Sunday: An Autobiographical Collage, 1981; A Man without a
Country, 2005; opere di Kurt Vonnegut in traduzione italiana: Mattatoio n. 5
o la crociata dei bambini, Mondadori, 1970, Feltrinelli, 2003; La colazione
dei campioni. Ovvero addio triste lunedi', Rizzoli, 1974, Eleuthera, 1992,
1999, Feltrinelli 2005; Le sirene di Titano, Nord, 1981, Eleuthera, 1993,
Feltrinelli, 2006; Un pezzo da galera, Rizzoli, 1981, Feltrinelli 2004;
Madre notte, Rizzoli, 1984, Bompiani 2000, Feltrinelli 2007; Il grande
tiratore, Bompiani, 1984, 1999; Ghiaccio nove, Rizzoli, 1986, Feltrinelli,
2003; Comica finale. Ovvero non piu' soli, Eleuthera, 1990, 1998; Galapagos,
Bompiani, 1990, 2000; Perle ai porci. Ovvero Dio la benedica Mr. Rosewater,
Eleuthera, 1991, 1998, poi col titolo Dio la benedica, Mr Rosewater o perle
ai porci, Feltrinelli, 2005; Benvenuta nella gabbia delle scimmie, SE, 1991;
Hocus pocus, Bompiani, 1991, 2001; Il potere, il denaro, il sesso secondo
Vonnegut, Eleuthera, 1992; Barbablu', Bompiani, 1992; Piano meccanico,
Mondadori, 1994, SE, Feltrinelli, 2004; Catastrofi di universale follia,
Mondadori, 1994; Buon compleanno Wanda June, Eleuthera, 1995; Cronosisma,
Bompiani, 1998; Dio la benedica dott. Kevorkian, Eleuthera, 2000; Divina
idiozia. Come guardare al mondo contemporaneo, E/O, 2002; Destini peggiori
della morte. Un collage autobiografico, Bompiani, 2003; Un uomo senza
patria, Minimum Fax, 2006.

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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 58 del 24 aprile 2007

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