Minime. 42



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 42 del 28 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Misero ai voti il prezzo della carne
2. Enrico Piovesana: I racconti dei civili vittime della guerra
3. Emanuele Severino ricorda Hans-Georg Gadamer
4. Gianni Vattimo ricorda Hans-Georg Gadamer
5. Carlo Augusto Viano ricorda Hans-Georg Gadamer
6. Maria G. Di Rienzo: Dei delitti e delle pene
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MISERO AI VOTI IL PREZZO DELLA CARNE

Misero ai voti il prezzo della carne
umana, e lo trovaron conveniente:
un ministero, qualche comparsata
televisiva, fondi e posti pubblici.

Votarono di uccidere gli afgani
(che tanto e' gente povera e lontana)
e qualche giovane in divisa se va male.

Votarono di uccidere. La guerra
votarono. Di uccidere votarono.
Per sempre
si resero assassini.

2. AFGHANISTAN. ENRICO PIOVESANA: I RACCONTI DEI CIVILI VITTIME DELLA GUERRA
[Dal sito di "Peacereporter" (www.peacereporter.net) riprendiamo il seguente
reportage del 27 marzo 2007.
Enrico Piovesana, giornalista, lavora a "Peacereporter", per cui segue la
zona dell'Asia centrale e del Caucaso; e' in Afghanistan in qualita' di
inviato]

Lashkargah, provincia di Helmand. Oggi, dopo i feroci combattimenti dei
giorni scorsi, la situazione e' tornata calma. Ma qui in citta' il clima e'
ancora molto teso. Per le strade, polverose e assolate, il traffico e' quasi
nullo e si vede pochissima gente a piedi. Abbondano invece i pick-up
dell'esercito afgano, carichi di soldati in mimetica con i lanciarazzi in
spalla e i kalashnikov spianati. In citta' le forze militari della Nato non
si vedono, ma si sentono, nella forma dell'incessante rumore degli
elicotteri da combattimento "Apache" che sorvolano ad alta quota il centro
abitato.
*
Per vedere gli effetti della guerra che in questi giorni ha infuriato nella
provincia basta fare un salto all'ospedale di Emergency - dove tutti sono in
terribile ansia per la sorte di Rahmatullah Hanefi, il manager della
struttura preso una settimana fa dai servizi segreti afgani. Le corsie sono
strapiene di feriti: civili vittime dei bombardamenti dell'aviazione e
dell'artiglieria della Nato e dei mitra dei soldati afgani. Le testimonianze
dei sopravvissuti e dei loro parenti sono infatti concordi: dopo aver messo
in fuga i talebani dai villaggi, i soldati del governo Karzai appoggiati
dalle forze Isaf hanno fatto il tiro a segno sulla popolazione civile,
sparando contro tutti: anziani, donne e bambini. Chiunque si trovasse a
tiro.
*
Zarghona ha 25 anni, ma ne dimostra almeno il doppio. Viene dal piccolo
villaggio di Malgir, a nord di Lashkargah. Ha il viso completamente
fasciato, la mascella fracassata da una pallottola. La stessa pallottola
che, prima di entrare nella sua guancia, e' entrata e uscita dalla testa del
suo bambino di un anno e mezzo, uccidendolo. Parla con un filo di voce,
fissando le lenzuola: "Prima hanno iniziato a sparare, poi sono iniziate a
cadere le bombe. Tutte le donne del villaggio, come me, sono uscite di casa,
fuggendo con i bambini in braccio. Io correvo e tenevo mio figlio stretto a
me, poi i soldati afgani ci hanno sparato. La stessa pallottola...". Il
pianto interrompe il bisbiglio della donna, che si copre il volto per non
farsi vedere.
*
Zadran ha 16 anni. Viene dal villaggio di Loi Manda, nei pressi di Grishk.
Gli hanno tolto dalla gamba cinque proiettili. "E' iniziata una sparatoria,
poi gli inglesi, dal deserto, hanno iniziato a prendere a cannonate il
villaggio. Sono corso fuori di casa, volevo scappare. I soldati afgani mi
hanno sparato con i mitra, colpendomi alla gamba. In questo modo sono morte,
nel mio villaggio, almeno quattro persone, tra cui due bambini e due uomini:
questi due sono stati giustiziati dai militari governativi dopo essere stati
arrestati senza alcun motivo. Li conoscevo, non erano talebani. Quelli se ne
erano gia' andati".
*
Rokhana, 32 anni, sempre di Loi Manda, conferma il racconto del ragazzino.
Anche lei e' ferita a una gamba, che nasconde sotto le coperte per pudore.
Per lo stesso motivo si copre anche il volto con le lenzuola mente parla.
"Fuori di casa la guerra si e' scatenata d'improvviso. Mi sono precipitata
in cortile per portare dentro i miei figli. Appena ho varcato la soglia mi
hanno sparato. Hanno sparato anche a mio figlio Askar, ferendolo a un
braccio. Due degli altri bambini con cui stava giocando sono morti. Erano i
soldati del governo a sparare contro la gente normale, quando i talebani
erano gia' scappati dal villaggio".
*
Mirwais ha 12 anni, viene dal villaggio di Choar Kuza, sempre vicino a
Grishk. Giace sdraiato su un fianco, immobile, e restera' cosi' per tutta la
vita. La scheggia di un proiettile di mortaio che ha centrato la sua casa
gli e' entrata nel collo, ledendogli la colonna vertebrale e condannandolo
cosi' alla tetraplegia. A parlare e' suo padre Zalmay, occhi tristi, pelle
scura e rugosa, barba sale e pepe e turbante nero. "Gli inglesi sparavano
sul nostro villaggio con i cannoni, da lontano, i soldati afgani sparavano
con i fucili, da vicino. Un colpo, forse di mortaio, e' caduto fuori dalla
nostra casa, uccidendo tutte le nostre bestie e ferendo mio figlio al collo
e mia moglie alla gamba. Siamo stati fortunati: un altro colpo e' caduto
sulla casa dei nostri vicini, radendola al suolo e uccidendo due persone".
*
Khan Gul di anni ne ha 13. Viene da Dehe Adam Khan, appena fuori Grishk. Una
scheggia di bomba aerea gli ha fracassato la gamba, ma con le stampelle e'
riuscito a trascinarsi fino alla corsia delle donne, dov'e' ricoverata sua
madre, Zibagul Jan, di 35 anni, che non parla piu'. Vuole tenerle compagnia.
Nessun familiare e' venuto a far loro visita, perche' sono tutti morti sotto
le macerie della loro casa, bombardata dall'aviazione Nato. "Eravamo in
casa, era sera tardi. Fuori sparavano, c'erano i talebani nel nostro
villaggio. A un certo punto e' scoppiato tutto. Mio papa' e i miei due
fratelli sono morti. Io, la mamma, le mie sorelle e i nonni siamo rimasti
feriti".
*
Sarwar ha 30 anni. E' di Lashkargah e fa il tassista: possiede, anzi
possedeva, un pulmino con cui trasportava la gente dal capoluogo a Grishk,
ogni giorno, avanti e indietro. "Stavo guidando verso Grishk con quattro
passeggeri. Ho incrociato un blindato Isaf, inglese o americano, non so. Ho
avuto paura e non mi sono fermato. Ci hanno sparato addosso con i
mitragliatori. Io sono stato colpito allo stomaco. Due dei passeggeri, due
uomini, sono morti. Il mio pulmino, la mia unica ricchezza, e' andato
distrutto, ridotto a un colabrodo".
*
Sadikha ha 22 anni. Viene dal villaggio di Zumbelay, a est di Grishk. La sua
triste storia la conosciamo gia': una bomba della Nato ha centrato e
distrutto la sua casa. Una scheggia le e' entrata in pancia, uccidendo il
bambino di cinque mesi di cui era incinta. La incontriamo nel reparto di
terapia intensiva, nascosta dietro una tenda. Sta seduta sul bordo del
letto, nonostante sia fasciata dalla testa ai piedi. Fissa il vuoto e
bisbiglia parole senza senso attraverso la maschera a ossigeno. Forse
racconta la storia di questa guerra schifosa.

3. MEMORIA. EMANUELE SEVERINO RICORDA HANS-GEORG GADAMER
[Dal "Corriere della sera" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente
articolo li' apparso col titolo "Socrate sulla spiaggia".
Hans-Georg Gadamer (Marburgo 1900 - Heidelberg 2002) e' il principale
esponente della cosiddetta ermeneutica filosofica ed uno dei pensatori piu'
influenti del secondo Novecento. Opere di Hans Georg Gadamer: nella sua
vasta produzione segnaliamo particolarmente l'opera fondamentale, Verita' e
metodo, del 1960 (nuova edizione italiana con testo a fronte, Bompiani,
Milano 2000); un recente libro-intervista utile per un'introduzione e'
L'ultimo Dio. La lezione filosofica del XX secolo, Reset, Roma 2000; la casa
editrice Marietti sta curando la pubblicazione in traduzione italiana delle
Opere di Hans-Georg Gadamer (Gesammelte Werke, Tuebingen 1976 e sgg.). Opere
su Hans Georg Gadamer: per la biografia, Jean Grondin, Hans-Georg Gadamer.
Eine Biographie, Tuebingen 1999; un volume di saggi brevi di autori vari in
omaggio al filosofo per il suo centenario e' AA. VV., Incontri con
Hans-Georg Gadamer, Bompiani, Milano 2000; Donatella Di Cesare, Gadamer, Il
Mulino, Bologna 2007. Dal sito dell'Enciclopedia multimediale delle scienze
filosofiche (www.emsf.rai.it) riprendiamo la seguente scheda: "Hans Georg
Gadamer nasce a Marburg l'11 febbraio del 1900. Studia a Breslavia (1918)
con Richard Hoenigswald e a Marburg (1919) con Nicolai Hartmann e Paul
Natorp, con cui si laurea, nel 1922, discutendo una tesi dal titolo:
L'essenza del piacere nei dialoghi di Platone. Nel 1923, a Freiburg, conosce
Husserl e Heidegger, del quale frequenta i corsi universitari a Marburg tra
il 1923 e il 1928. Diventa professore ordinario di filosofia nel 1937 e, nel
1939, ottiene una cattedra presso l'Universita' di Leipzig, di cui diventa
rettore nel 1946. Nel 1947 insegna a Frankfurt e nel 1949 ad Heidelberg,
dove succede a Jaspers. Divenuto professore emerito nel 1978, Gadamer ha
insegnato presso alcune universita' straniere e negli Stati Uniti. Nel 1979
entra a far parte del comitato scientifico dell'Istituto italiano per gli
studi filosofici di Napoli - citta' di cui diventa cittadino onorario nel
1990 - dove, da allora,  ogni anno, ha tenuto lezioni e seminari, vivendo
quella che egli stesso ha definito 'una seconda giovinezza'. Autorita'
indiscussa della filosofia contemporanea, l'illustre filosofo e' stato
recentemente onorato con la pubblicazione della sua Opera omnia della quale
sono usciti finora sette volumi (1986-1991) ed e' tutt'ora in corso di
stampa. E' morto all'eta' di 102 anni ad Heidelberg il 14 marzo 2002. Opere
di Hans Georg Gadamer: Platos dialektische Ethik (L'etica dialettica di
Platone), Leipzig, 1931; Plato und die Dichter (Platone e i poeti),
Frankfurt am Main, 1934; Volk und Geschichte im Denken Herders, (Popolo e
storia nel pensiero di Herder), ibid., 1942; Bach und Weimar (Bach e
Weimar), Weimar, 1946; Goethe und die Philosophie, (Goethe e la filosofia),
Leipzig, 1947; Ueber die Ursprunglichkeit der Philosophie (La nascita della
filosofia), Leipzig, 1948; Vom geistigen Lauf des Menschen, Godesberg, l949;
Wahrheit und Methode. Grundzuege der philosophischen Hermeneutik (Verita' e
metodo .Lineamenti di un'ermeneutica filosofica), Tuebingen, 1960;
Hermeneutik und Historismus (Ermeneutica e storicismo), 1962; Die
phaenomenologische Bewegung (Il movimento fenomenologico), 1963; Le probleme
de la conscience historique (Il problema della coscienza storica), Louvain,
l963; Ermeneutica e metodica universale, 1964; Dialektik und Sophistik im
siebenten platonischen Brief (Dialettica e sofistica nella Settima Lettera
di Platone), Heidelberg, l964; Kleine Scriften (Scritti minori), Tuebingen,
1967 sgg.; Idee und Zahlen (Idea e Numero. Studi sulla filosofia platonica),
1968; Sul mondo concettuale dei presocratici, 1968; Idea e realta' nel Timeo
di Platone, 1974; L'idea del bene tra Platone ed Aristotele, 1978; Studi
platonici, 1983; La dialettica di Hegel. Cinque studi ermeneutici, 1971;
Sentieri heideggeriani. Studi sull'opera tarda di Heidegger, 1983; Chi sono
io, chi sei tu?, 1973; Poetica. Saggi scelti, 1977; L'attualita' del bello,
1977; Poesia e dialogo, 1990".
Emanuele Severino e' un illustre filosofo, saggista e docente. Dal sito
www.emsf.rai.it riprendiamo la seguente scheda: "Nato il 26 gennaio 1929 a
Brescia, Emanuele Severino si laurea a Pavia nel 1950 con Gustavo Bontadini,
con una tesi su 'Heidegger e la metafisica'. Ottiene la libera docenza in
filosofia teoretica nel 1951. Dopo un periodo di insegnamento come
incaricato all'Universita' Cattolica di Milano, nel 1962 diventa ordinario
di Filosofia morale presso la stessa Universita'. Dal 1970 e' ordinario di
Filosofia teoretica presso l'Universita' di Venezia dove e' stato direttore
del Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze fino al 1989. Opere di
Emanuele Severino: Note sul problematicismo italiano, Brescia 1950; La
struttura originaria (1957), Milano 1981; Studi di filosofia della prassi
(1962), Milano 1984; Essenza del nichilismo, Milano 1972; Gli abitatori del
tempo, Roma 1978; Legge e caso, Milano 1979; Techne. Le radici della
violenza, Milano 1979; Destino della necessita', Milano 1980; A Cesare e a
Dio, Milano 1983; La strada, Milano 1983; La filosofia antica, Milano 1985;
La filosofia moderna, Milano 1985;Il parricidio mancato, Milano 1985; La
filosofia contemporanea, Milano 1988; Il giogo, Milano 1989; La filosofia
futura, Milano 1989; Alle origini della ragione: Eschilo, Milano 1989;
Antologia filosofica, Milano 1989; Il nulla e la poesia. Alla fine dell'eta'
della tecnica: Leopardi, Milano 1990; La guerra, Milano 1992; Oltre il
linguaggio, Milano 1992; Tautotes, Adelphi, Milano l995. A partire da
Platone una 'cosa' e' cio' che si mantiene in un provvisorio equilibrio tra
essere e non essere. Questa 'fede nel divenire' implica che l''ente' sia un
niente, quando non e' ancora nato o non e' piu'. E' questa, per Severino, la
'follia' dell'Occidente, il 'sentiero della notte', lo spazio originario in
cui sono venuti a muoversi e ad articolarsi non solo le forme della cultura
occidentale, ma anche le sue istituzioni sociali e politiche. Di fronte
all'angoscia del divenire, l'Occidente, rispondendo a quella che Severino
chiama la 'logica del rimedio', ha evocato gli 'immutabili' (Dio, le leggi
della natura, la dialettica, il libero mercato, le leggi etiche o politiche,
ecc.). La civilta' della tecnica sarebbe il modo in cui oggi domina il senso
greco della 'cosa'. All'inizio della nostra civilta' Dio - il Primo
Tecnico - crea il mondo dal nulla e puo' sospingerlo nel nulla. Oggi, la
tecnica - ultimo dio - ricrea il mondo e ha la possibilita' di annientarlo.
Nella sua opera Severino intende mettere in questione la fede nel divenire
entro cui l'Occidente si muove, nella convinzione che l'uomo vada alla
ricerca del rimedio contro l'angoscia del divenire innanzitutto perche'
crede che il divenire esista"]

"Un uomo, lo possiamo ben dire, che, fra quanti allora conoscevamo, fu il
migliore e anche il piu' sapiente e il piu' giusto". Platone si riferiva a
Socrate. Ma per molti aspetti sono parole che non sembra esagerato
pronunciare con convinzione anche per il filosofo Hans Georg Gadamer, morto
a 102 anni a Heidelberg. Celebre nel mondo, particolarmente amato in Italia,
della cui cultura, a differenza del suo maestro Heidegger, egli e' stato
sempre un grande conoscitore e ammiratore. L'idealismo aveva sostenuto che
l'orizzonte inoltrepassabile dell'uomo e' il pensiero. Gadamer propone di
considerare il linguaggio come il luogo essenzialmente abitato dall'uomo. Il
mondo e' come un testo: vivere e' interpretarlo, all'infinito. Una forte
valorizzazione del carattere storico dell'essere. La filosofia di Gadamer -
sulla linea Nietzsche, Dilthey, Husserl, Heidegger - e' pertanto un
passaggio obbligato della filosofia contemporanea.
Aveva conosciuto tutti i maggiori filosofi del XX secolo. Per la sua
lontananza dalla politica, alla fine dell'ultimo conflitto mondiale veniva
eletto primo rettore dell'Universita' Libera di Lipsia con il consenso delle
forze occupanti sovietiche, ma insieme difendeva Heidegger dall'accusa di
collusione col nazismo. Raramente Heidegger aveva lasciato la Germania.
Gadamer ha invece tenuto conferenze e seminari in tutto il mondo fino a
questi ultimi anni, sia pure riducendo il ritmo dei suoi impegni.
Recentemente ebbe a raccontarmi, scherzando, di essere stato invitato per
l'ennesima volta in Italia per una conferenza e che egli aveva risposto:
"Signori miei, grazie di cuore, ma, ormai, non ho piu' ottant'anni...".
Socratica, dunque, anche l'ironia con cui considerava la propria strepitosa
vecchiaia, sia pure coltivando qualche invidia bonaria per il grande
scrittore tedesco Ernst Juenger che il 16 febbraio 1998 era ancora in vita a
103 anni suonati - e sia pure compiacendosi con il maitre di un albergo di
San Benedetto del Tronto per avermi trovato invecchiato rispetto all'anno
precedente.
Trovava stupende le Marche nei mesi di marzo e febbraio. Di mattina presto
se ne usciva in spiaggia senza dir nulla a nessuno e si allontanava. Sentivo
allora le ragazze dell'albergo correre fuori preoccupate e chiamare a lungo
e gran voce: "Professor Gadamer, professor Gadamer!".
E' stato anche un gran signore, con la punta di civetteria che e' propria
dei gran signori. Gli avevo fatto notare l'impronta del tutto tedesca del
suo volto, molto bello. Ed egli, compiaciuto, mi aveva risposto che si', il
suo viso assomigliava proprio a quello di Hoelderlin.
Ancora una volta, questo marzo, se ne e' uscito tutto solo sulla Spiaggia.
Ma, a chi lo chiama, ora egli non risponde piu': "Sono qui".

4. MEMORIA. GIANNI VATTIMO RICORDA HANS-GEORG GADAMER
[Dal quotidiano "La stampa" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente
articolo li' apparso col titolo "Verita' contro metodo".
Dal sito www.giannivattimo.it riprendiamo la seguente scheda biografica di
Gianni Vattimo: "Gianni Vattimo e' nato nel 1936, a Torino, dove ha studiato
e si e' laureato in filosofia; ha poi seguito due anni i corsi di Hans Georg
Gadamer e Karl Loewith all'universita' di Heidelberg. Dal 1964 insegna
all'Universita' di Torino, dove e' stato anche preside della facolta' di
Lettere e filosofia. E' stato visiting professor in alcune universita'
americane (Yale, Los Angeles, New York University, State University of New
York) e ha tenuto seminari e conferenze in varie universita' di tutto il
mondo. Negli anni Cinquanta ha lavorato ai programmi culturali della Rai. E'
membro dei comitati scientifici di varie riviste italiane e straniere; e'
socio corrispondente dell'Accademia delle Scienze di Torino. Laurea honoris
causa dell'Universita' di La Plata (Argentina, 1996). Laurea honoris causa
dell'Universita' di Palermo (Argentina, 1998). Laurea honoris causa
dell'Universita' di Madrid (2003). Grande ufficiale al merito della
Repubblica italiana (1997). Attualmente e' vicepresidente dell'Academia de
la Latinidade. Nelle sue opere, Vattimo ha proposto una interpretazione
dell'ontologia ermeneutica contemporanea che ne accentua il legame positivo
con il nichilismo, inteso come indebolimento delle categorie ontologiche
tramandate dalla metafisica e criticate da Nietzsche e da Heidegger. Un tale
indebolimento dell'essere e' la nozione guida per capire i tratti
dell'esistenza dell'uomo nel mondo tardo moderno, e (nelle forme della
secolarizzazione, del passaggio a regimi politici democratici, del
pluralismo e della tolleranza) rappresenta per lui anche il filo conduttore
di ogni possibile emancipazione. Rimanendo fedele alla sua originaria
ispirazione religioso-politica, ha sempre coltivato una filosofia attenta ai
problemi della societa'. Il "pensiero debole", che lo ha fatto conoscere in
molti paesi, e' una filosofia che pensa la storia dell'emancipazione umana
come una progressiva riduzione della violenza e dei dogmatismi e che
favorisce il superamento di quelle stratificazioni sociali che da questi
derivano. Con il piu' recente Credere di credere (Garzanti, Milano 1996) ha
rivendicato al proprio pensiero anche la qualifica di autentica filosofia
cristiana per la post-modernita'. Una riflessione che continua nelle ultime
pubblicazioni quali Dialogo con Nietzsche. Saggi 1961-2000 (Garzanti, Milano
2001), Vocazione e responsabilita' del filosofo (Il Melangolo, Genova 2000)
e Dopo la cristianita'. Per un cristianesimo non religioso (Garzanti, Milano
2002). Recentemente ha pubblicato Nichilismo ed emancipazione (Garzanti,
Milano 2003). Con la volonta' di battersi contro i dogmatismi che alimentano
violenze, paure e ingiustizie sociali si e' impegnato in politica... [anche
come eurodeputato]. Collabora come editorialista a La Stampa, Il Manifesto,
L'Unita', L'Espresso, El Pais e al Clarin di Buenos Aires"]

Hans-Georg Gadamer, che e' morto ieri nella sua casa di Heidelberg a 102
anni - un'eta' a cui era arrivato vitalissimo, produttivo e lucido fino
all'ultimo - e' stato il filosofo che non solo, come dice Habermas, ha
"urbanizzato la provincia heideggeriana". Molto di piu': ha interpretato e
sviluppato il pensiero del suo maestro con l'effetto di umanizzarlo.
Uno degli scritti di Heidegger che Gadamer ha sempre citato come decisivi
per la formazione della propria filosofia e' la conferenza del 1936 su
"L'origine dell'opera d'arte". In essa, Heidegger propone la celebre tesi
secondo cui l'arte apre un mondo, fonda un'epoca, inaugura una cultura,
perche' l'essere stesso delle cose non si da' alla nostra esperienza se non
in un linguaggio, e l'arte per l'appunto innova radicalmente il linguaggio.
Tutto bene, ma in fondo e' difficile capire che cosa questo davvero
significhi per l'esperienza di noi lettori e spettatori delle opere d'arte.
Gadamer legge la dottrina nel senso di mostrare che una esperienza estetica
e' tale solo quando e' "vera" esperienza, cioe' quando ci cambia: la lettura
di un grande romanzo, l'ascolto appassionato di una grande composizione
musicale sono come l'incontro con qualcosa o qualcuno che non si lascia solo
collocare nel mondo accanto alle altre cose, ma che si presenta come una
visione globale del mondo con cui dobbiamo fare i conti.
Anche la famosa dottrina heideggeriana dell'essere-per-la-morte, che da'
sempre tanto da fare agli interpreti, diventa in Gadamer una teoria della
finitezza e storicita' dell'esistenza: il linguaggio che parliamo e' una
eredita' storica densa di contenuti specifici, non e' la grammatica e
sintassi astratta di una ragione umana sempre uguale. Assumere
coscientemente la propria mortalita' significa sapere che stiamo dentro a
questo flusso di messaggi linguistici, e che non c'e' verita' che si possa
conoscere al di fuori del dialogo, sempre rinnovato proprio dal trascorrere
delle generazioni mortali, con questi messaggi.
E' proprio per questa attenzione alla storicita' e finitezza dell'esistenza
che Gadamer ha potuto essere un filosofo "popolare", comprensibile alla
gente comune perche' radicato nella concretezza del mondo della
comunicazione generalizzata.
La sua filosofia si chiama ermeneutica perche' intende l'esistenza come
interpretazione: l'esperienza non incontra il mondo rispecchiandolo
neutralmente, ma leggendolo (ossia interpretandolo) alla luce di attese,
progetti, paure, bisogni. Anche qui, e' fin troppo facile capire che, come
diceva Platone, non troveremmo mai la verita' se non sapessimo (gia') che
cos'e' quel che cerchiamo. Come nella lettura di un libro, anche la lettura
del mondo e' sempre mossa da un certo interesse: per chi e' l'assassino, nei
gialli; ma anche, piu' generalmente, per cio' che ci aspettavamo dalla
lettura quando abbiamo cominciato. Naturalmente, succede fortunatamente
spesso che troviamo cio' che non ci aspettavamo; ma anche questo e'
possibile solo sulla base di una certa aspettativa, che in questo caso viene
radicalmente messa in crisi - l'esperienza, come pensava Hegel, ci urta e ci
cambia.
Per quanto scandaloso tutto cio' possa apparire a chi pensa ancora che noi
prima incontriamo il mondo e solo dopo lo nominiamo e ordiniamo, sembra che
sia proprio questo che ci accade sempre piu' evidentemente nella societa'
tardo-moderna della comunicazione: la nostra vita e' un intrecciarsi di
messaggi, un gioco di interpretazioni, in cui la verita' si costruisce
nell'ascolto, nella discussione, nel consenso. Certo c'e' una realta'; ma
noi ne sappiamo con certezza solo cio' che ne "verifichiamo"; e verificare
significa usare un linguaggio e un metodo, su cui dobbiamo gia' essere
d'accordo con i nostri interlocutori.
*
Queste concezioni, Gadamer le ha elaborate anzitutto in dialogo con il suo
maestro Heidegger, e attraverso una riflessione costante sulla grande
tradizione filosofica, a cominciare da Platone e Aristotele. Cio' che fin da
principio caratterizzo' la sua personale interpretazione del grande
insegnamento heideggeriano e' proprio la profonda conoscenza della
tradizione classica e la fedelta' a quel lascito.
Cosi' mentre Heidegger pensa, in modo molto radicale, che gia' la concezione
platonica della verita' (come darsi obiettivo e visibile agli occhi della
mente di idee, strutture, modelli stabili delle cose) sia l'inizio di cio'
che lui chiama l'oblio dell'essere, cioe' dell'identificazione dell'essere
con l'oggettivita' (per cui anche la nostra esistenza dovrebbe essere sempre
piu' oggettiva: razionalizzazione del lavoro, societa' totalitarie,
manipolazione dell'uomo), Gadamer ritiene che l'errore sia cominciato solo
con lo scientismo moderno, che ha considerato le scienze sperimentali
matematiche come l'unica sede del vero, riducendo l'esperienza estetica, ma
anche quella religiosa e le "scienze morali" in genere, a puro affare di
sentimento e di sensibilita' soggettive.
Il risultato e' lo stesso a cui pensa Heidegger - una societa' che si
tecnicizza al punto di non far piu' posto alla liberta' e imprevedibilita'
dell'esistenza. Ma cambia molto l'atteggiamento nei confronti del'eredita'
umanistica, e forse anche la concezione di un possibile riscatto. Per la
radicalita' di Heidegger, un rinnovamento della nostra civilta' e' qualcosa
che non dipende (quasi affatto) da noi, ma dall'essere stesso. "Solo un Dio
ci puo' salvare", come egli dice nell'ultima famosa intervista allo
"Spiegel". Per Gadamer, la tradizione occidentale e' invece ancora ricca di
possibilita' emancipative, che si tratta di recuperare opponendo
all'obiettivismo tecno-scientifico una concezione della verita' come dialogo
sociale.
Cosi' nella disputa su cio' che le scienze possono o non possono fare, e'
decisivo ricordare che la ragione umana e' logos, cioe' discorso; e che
razionale e' cio' che si lascia dire entro il quadro del logos condiviso. In
concreto: gli scienziati stiano (anche) a sentire cio' che la coscienza
collettiva ha da dire sulle applicazioni dei loro saperi e sulla direzione
da dare alle loro ricerche. Non e' un invito al conformismo; e' l'idea che
si da' moralita' e razionalita' anzitutto nel rispetto degli altri e della
loro liberta'. Magari anche a scapito dello "sviluppo" a tutti i costi.
Questo forse non e' il Platone della mistica salita dell'anima alle idee, ma
quello del dialogo, del simposio; e', soprattutto, l'Aristotele della
filosofia pratica, che Gadamer ha contribuito in modo determinante a
rivalutare nella cultura contemporanea.
Il titolo della sua opera maggiore, Verita' e metodo, riassume in fondo
tutto questo. C'e' verita' anche la' dove non domina il metodo scientifico;
anzi, forse proprio la' dove non c'e' anzitutto il metodo, il quale vale e
funziona solo se lo si usa stando nella verita', nel logos fatto del
linguaggio che storicamente ci troviamo a parlare. Parlando della morte,
ricordo che Gadamer una volta mi disse: l'uomo e' un essere che talvolta e'
sveglio, talvolta dorme. La morte non e' molto piu' che un sonno prolungato;
che dunque non si deve temere piu' di tanto, finche' va avanti, anche senza
di noi, quel dialogo infinito che (come dice un verso di Hoelderlin)
costituisce l'essenza stessa della nostra umanita'.

5. MEMORIA. CARLO AUGUSTO VIANO RICORDA HANS-GEORG GADAMER
[Dal "Corriere della sera" del 15 marzo 2002 riprendiamo il seguente
articolo li' apparso col titolo "L'ultimo maestro dell'Europa".
Carlo Augusto Viano ha insegnato storia della filosofia nelle Universita' di
Milano, Cagliari e Torino; e' stato membro del Comitato nazionale di
bioetica, fa parte del comitato direttivo della "Rivista di filosofia",
dell'Accademia europea e dell'Accademia delle scienze di Torino. Tra le sue
ultime pubblicazioni, Le imposture degli antichi e i miracoli dei moderni
(Torino 2005). Dal sito www.emsf.rai.it riprendiamo la seguente scheda:
"Carlo Augusto Viano e' nato ad Aosta il 10 luglio 1929 e si e' laureato in
filosofia nella Facolta' di Lettere dell'Universita' di Torino nel 1952. In
questa Facolta' e' stato allievo e assistente di Nicola Abbagnano; poi ha
insegnato nelle Universita' di Milano e Cagliari. Attualmente e' professore
ordinario di Storia della filosofia nella Facolta' di Lettere
dell'Universita' di Torino. E' anche membro del Comitato direttivo della
'Rivista di filosofia', del Comitato Nazionale di Bioetica, dell'Accademia
Europea e socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di Torino. Carlo
Augusto Viano ha dedicato i propri studi alla storia della filosofia e
all'etica. Nel primo campo si e' occupato di filosofia antica e di filosofia
moderna classica. Al mondo antico ha dedicato i volumi: La logica di
Aristotele, Torino 1954 e La selva delle somiglianze. Il filosofo e il
medico, Torino, 1985, oltre a numerosi saggi; ha inoltre tradotto la
Metafisica, la Politica e la Costituzione di Atene, di Aristotele. Frutto
degli studi sulla filosofia moderna sono stati la monografia John Locke, Dal
razionalismo all'Illuminismo, Torino 1960, l'edizione di inediti e la
traduzione di scritti di Locke, la cura dell'edizione italiana delle opere
di Condillac e parecchi contributi minori. All'etica Carlo Augusto Viano ha
dedicato il volume Etica, Milano 1975 e molti saggi, soprattutto sulle
teorie utilitaristiche; ha anche curato il volume Teorie etiche
contemporanee, Torino 1990. Attualmente sta dirigendo in collaborazione con
Pietro Rossi, per l'editore Laterza, la pubblicazione di una grande Storia
della filosofia in sei volumi. Nel volume sull'antichita' Carlo Augusto
Viano ha scritto numerosi capitoli, sui filosofi presocratici, i sofisti,
Socrate, Platone, Aristotele ed Epicuro. Dalla sua esperienza di storico
della filosofia ha ricavato una serie di lavori sulla filosofia come
istituzione culturale, quale si e' venuta delineando nella tradizione
occidentale, con particolare attenzione per il linguaggio dei filosofi e il
loro pubblico. Come membro del Comitato nazionale di bioetica e nella
propria attivita' accademica Carlo Augusto Viano continua a interessarsi di
etica, con particolare riguardo alla bioetica, alla quale ha dedicato
diversi saggi"]

E' vissuto per piu' di un secolo Hans Georg Gadamer e per quasi mezzo
secolo, almeno dal 1960 in poi, ha goduto di una posizione di primo piano
nella filosofia contemporanea. Verso la fine della prima guerra mondiale,
nelle universita' di Breslavia e di Marburgo, aveva intrapreso gli studi di
filologia e filosofia, come li offrivano le piu' tradizionali scuole
tedesche: molto Platone e Aristotele, molto Kant e molto Ottocento tedesco.
Il mondo che andava dissolvendosi nella guerra era sentito come l'eredita'
diretta dei filosofi ateniesi e la cultura scientifica e industriale della
Germania moderna era filtrata attraverso i concetti kantiani. Ma all'inizio
degli anni Venti, proprio sul filo dei suoi studi su Platone e Aristotele,
Gadamer scopri' Heidegger, che trattava la filosofia classica in modo molto
piu' drammatico di quello che facessero filologi agguerriti o filosofi
neokantiani. In lui il senso che qualcosa si era rotto era ben vivo e
Nietzsche, l'imbarazzante filosofo che i professori delle universita'
avevano cercato di purgare e assorbire o di censurare, era il simbolo della
rottura. Gadamer era attratto dalla filosofia aspra di Heidegger, dal suo
linguaggio profetico, dalla sua tendenza a introdurre nei concetti armonici
della filosofia accademica vigorose categorie della filosofia medievale. Chi
tra i cauti e dotti filosofi delle universita' aveva il coraggio di parlare
dell'essere, di porre domande sull'essere, sulla morte, sul destino
dell'uomo?
Ma Gadamer non era fatto per le esperienze forti: Heidegger lo imbarazzava;
e cosi' cautamente se ne allontano'. E pote' non essere al suo fianco quando
Heidegger si imbarco' nell'avventura nazista. Ma Gadamer non apparteneva
neppure alla cultura liberale, che nella Heidelberg di Jaspers e di Weber
avrebbe fatto qualche tentativo di resistere all'imposizione nazista.
Gadamer si sarebbe poi vantato di non aver fatto concessioni importanti al
nazismo e di avere utilizzato nel modo migliore la liberta' accademica che
il regime consentiva. E cosi' una tranquilla carriera lo porto' a insegnare
a Lipsia nello stesso anno in cui scoppiava la seconda guerra mondiale. Qui
lo colse l'occupazione sovietica, sotto la quale egli fu rettore
dell'universita' dal 1945 al 1947. Gadamer credeva di poter contare sulla
relativa neutralita' del regime comunista, verso il quale avrebbe potuto
tenere lo stesso atteggiamento che lo aveva tutelato da quello nazista. Ma
non fu cosi' e Gadamer dovette rendersi conto che i comunisti non avevano
per la filosofia il disprezzo dei nazisti: per loro il marxismo era una
faccenda seria.
Gadamer torno' nella Germania occidentale, a Heidelberg, dove dal 1949 tenne
la cattedra che era stata di Jaspers. Di li' Gadamer intraprese un'opera di
ricostruzione della filosofia tedesca. Mentre Heidegger continuava a
interrogare l'essere, a sostenere che quella dell'Occidente era una storia
di decadenza, nella quale il progresso della scienza e della tecnica aveva
fatto perdere il senso dell'essere e la capacita' di pensare davvero,
Gadamer presentava una versione piu' dolce della faccenda. Era vero che
scienza e tecnica sono ingannevoli, ma non tutto e' perduto. Se, invece di
coltivare impossibili nostalgie dell'essere, si guarda a cio' che di meglio
il passato ci ha trasmesso, ai suoi testi letterari e religiosi, se invece
di formulare domande estreme, si interpretano quei testi, si scopre che c'e'
una grande tradizione unitaria, che va dai filosofi greci classici a Goethe
e alla filosofia classica tedesca. Habermas avrebbe detto che quella di
Gadamer era una "urbanizzazione della provincia heideggeriana". Aveva
ragione: Gadamer era urbano e sembrava piu' facile includerlo nella famiglia
filosofica internazionale del dopoguerra. La filosofia antiscientifica
diventava sempre piu' popolare, mentre aumentava l'insofferenza per il
primato della scienza e per il suo linguaggio preciso e attendibile. Nella
sua opera piu' celebre, Verita' e metodo, Gadamer avrebbe detto, ma con
garbo, che il metodo scientifico non conduce affatto alla verita' e che non
al linguaggio dei matematici bisogna guardare, ma a quello dei poeti e dei
profeti religiosi: essi rivelano la verita', che sta non nelle cose o nella
natura, ma nella tradizione. Nella Heidelberg del dopoguerra i germi di un
liberalismo spregiudicato e coraggioso erano stati pur sempre uccisi dalla
crisi degli anni Trenta: Gadamer rappresentava un tradizionalismo ecumenico
ed edificante, che poteva integrarsi con il ritorno alla tradizione ormai
dominante in tutto l'Occidente.

6. MONDO. MARIA G. DI RIENZO: DEI DELITTI E DELLE PENE
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
queste notizie.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005]

Shadi Sadr e Mahboobeh Abasgholizadeh sono libere. Dopo quindici giorni di
carcere, in isolamento, le due attiviste iraniane per i diritti umani delle
donne sono state rilasciate dietro il pagamento di una cauzione. Erano state
arrestate il 4 marzo, assieme ad altre trentuno donne, durante una
dimostrazione che chiedeva la liberta' per cinque femministe detenute
dall'anno scorso (il reato? manifestare a Teheran durante il Giorno
internazionale della Donna). Il governo assicura che Sadr e Abasgholizadeh
verranno chiamate in tribunale a rispondere delle accuse mosse contro di
loro, ma ha omesso di specificare quali siano.
*
Quattromila donne, duecento bambine, centinaia di organizzazioni non
governative e rappresentanti di quarantacinque paesi: sono i numeri della LI
sessione della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne che
si e' tenuta a New York in marzo. Il tema era provvedere metodi efficaci per
proteggere donne e bambine dalla violenza. Volete sapere quanti giornalisti
erano presenti? Dieci. Vi risulta che la stampa italiana abbia coperto
l'evento? A me no, ma in caso fatemelo sapere... Sottolineo che la
Commissione non e' semplicemente un luogo in cui si discute, ma il forum che
ha portato le Nazioni Unite alla risoluzione sui diritti umani di donne e
bambine. Milioni delle quali vengono ancora uccise, stuprate e vendute
unicamente perche' sono femmine, ma non fanno notizia.
*
Il Tribunale europeo per i diritti umani ha riconosciuto alla polacca Alicja
Tysiac 33.000 dollari di indennizzo per la perdita della vista. I medici
rifiutarono di praticarle un'interruzione di gravidanza, sebbene l'avessero
avvisata che portarla a termine avrebbe potuto renderla cieca. Dopo aver
partorito, nel 2000, Alicja ha avuto un'emorragia alle retine; oggi porta
occhiali dalle lenti molto spesse che le permettono un raggio visivo di
circa un metro e mezzo. La donna porto' il suo caso dinanzi al Tribunale
europeo argomentando che la legge vigente in Polonia sull'interruzione di
gravidanza aveva violato i suoi diritti umani.
*
Una corte tedesca ha invece respinto, in gennaio, la richiesta di una donna
musulmana di velocizzare il procedimento di divorzio da un marito che la
picchia. La motivazione addotta e' che picchiare le mogli sarebbe
giustificato dal Corano, e quindi la richiedente poteva tranquillamente
aspettare i dodici mesi usuali. Il vespaio di critiche che e' seguito a
questa decisione ha portato alla rimozione dalla carica del magistrato, per
aver emesso una sentenza illegale.
*
Due donne sudanesi sono state condannate alla lapidazione per adulterio da
un tribunale religioso che ha condotto il dibattimento in arabo. L'arabo non
e' la lingua parlata delle donne, alle quali non e' stato permesso di avere
avvocati, e quindi non hanno neppure potuto difendersi dalle accuse. Una
delle donne, Sadia Idriss Fadul, ha il figlioletto piu' piccolo in cella con
se'. Nel suo caso, l'uomo accusato insieme a lei e' stato rilasciato per
mancanza di prove.
*
Fonti: Payvand Iran News, The Guardian, The New York Times, Sidney Morning
Herald, The Associated Press, Reuters.

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

8. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 42 del 28 marzo 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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