Minime. 12



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 12 del 26 febbraio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Taluni
2. Brevissima parabola del bicchiere
3. Benito D'Ippolito: Un distico superstite
4. Franca Ongaro Basaglia: Man mano
5. Marco Revelli presenta "Lager italiani" di Marco Rovelli
6. Chiara Zamboni presenta "La diferencia sexual en la historia" di Milagros
Rivera Garretas
7. Letture: Claude Levi-Strauss, Razza e storia. Razza e cultura
8. Riletture: Albert Memmi, Il razzismo
9. Riletture: Renate Siebert, Il razzismo
10. Riletture: Pierre-Andre' Taguieff, Il razzismo
11. Riletture: Michel Wieviorka, Il razzismo
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. TALUNI

Taluni dimenticavano che la guerra uccide, uccide esseri umani.
Taluni pretendevano che degli assassini tutti fossimo complici.
Taluni credevano di poter chiamare pace la guerra, democrazia l'oppressione,
liberta' il razzismo, sicurezza il terrore, nonviolenza la violenza.
*
Diciamolo semplicemente: noi ci opponiamo a tutte le uccisioni.
Ci e' cara la vita e la dignita' di ogni essere umano.
Noi ci opponiamo ad ogni potere assassino.
E ci e' grato sapere che la Costituzione della Repubblica Italiana nei suoi
principi fondamentali afferma le nostre stesse convinzioni. Forse i signori
che siedono in parlamento farebbero bene a rileggerla.

2. MINUZIE. BREVISSIMA PARABOLA DEL BICCHIERE

Il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno. Di sangue.

3. LETTERE DA OSSIRINCO. BENITO D'IPPOLITO: UN DISTICO SUPERSTITE

Tu non temere altro male che il male.
Tu non cercare altro bene che il bene.

4. MAESTRE. FRANCA ONGARO BASAGLIA: MAN MANO
[Da Franca Ongaro Basaglia, Manicomio perche'?, Emme Edizioni, Milano 1982,
p. 27.
Franca Ongaro Basaglia, intellettuale italiana di straordinario impegno
civile, pensatrice di profondita', finezza e acutezza straordinarie, insieme
al marito Franco Basaglia e' stata tra i protagonisti del movimento di
psichiatria democratica; e' deceduta nel gennaio 2005. Tra i suoi libri
segnaliamo particolarmente: Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982; Manicomio
perché?, Emme Edizioni, Milano 1982; Una voce: riflessioni sulla donna, Il
Saggiatore, Milano 1982; Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate
scomodo narrate da lui medesimo, Editori Riuniti, Roma 1987; in
collaborazione con Franco Basaglia ha scritto La maggioranza deviante,
Crimini di pace, Morire di classe, tutti presso Einaudi; ha collaborato
anche a L’istituzione negata, Che cos'e' la psichiatria, e a molti altri
volumi collettivi. Ha curato l’edizione degli Scritti di Franco Basaglia.
Dalla recente antologia di scritti di Franco Basaglia, L'utopia della
realta', Einaudi, Torino 2005, da Franca Ongaro Basaglia curata, riprendiamo
la seguente notizia biobibliografica, redatta da Maria Grazia Giannichedda,
che di entrambi fu collaboratrice: "Franca Ongaro e' nata nel 1928 a Venezia
dove ha fatto studi classici. Comincia a scrivere letteratura infantile e i
suoi racconti escono sul "Corriere dei Piccoli" tra il 1959 e il 1963
insieme con una riduzione dell'Odissea, Le avventure di Ulisse, illustrata
da Hugo Pratt, e del romanzo Piccole donne di Louise May Alcott. Ma sono gli
anni di lavoro nell'ospedale psichiatrico di Gorizia, con il gruppo che si
sta raccogliendo attorno a suo marito Franco Basaglia, a determinare la
direzione dei suoi interessi e del suo impegno. Nella seconda meta' degli
anni '60 scrive diversi saggi con Franco Basaglia e con altri componenti del
gruppo goriziano e due suoi testi - "Commento a E. Goffman. La carriera
morale del malato di mente" e "Rovesciamento istituzionale e finalita'
comune" - fanno parte dei primi libri che documentano e analizzano il lavoro
di apertura dell'ospedale psichiatrico di Gorizia, Che cos'e' la psichiatria
(1967) e L'istituzione negata (1968). E' sua la traduzione italiana dei
testi di Erving Goffman Asylums e Il comportamento in pubblico, editi da
Einaudi rispettivamente nel 1969 e nel 1971 con saggi introduttivi di Franco
Basaglia e Franca Ongaro, che traduce e introduce anche il lavoro di
Gregorio Bermann La salute mentale in Cina (1972). Dagli anni '70 Franca
Ongaro e' coautrice di gran parte dei principali testi di Franco Basaglia,
da Morire di classe (1969) a La maggioranza deviante (1971), da Crimini di
pace (1975) fino alle Condotte perturbate. Nel 1981 e 1982 cura per Einaudi
la pubblicazione dei due volumi degli Scritti di Franco Basaglia. Franca
Ongaro e' anche autrice di volumi e saggi di carattere filosofico e
sociologico sulla medicina moderna e le istituzioni sanitarie, sulla
bioetica, la condizione della donna, le pratiche di trasformazione delle
istituzioni totali. Tra i suoi testi principali, i volumi Salute/malattia.
Le parole della medicina (Einaudi, Torino 1979), raccolta delle voci di
sociologia della medicina scritte per l'Enciclopedia Einaudi; Una voce.
Riflessioni sulla donna (Il Saggiatore, Milano 1982) che include la voce
"Donna" dell'Enciclopedia Einaudi; Manicomio perche'? (Emme Edizioni, Milano
1982); Vita e carriera di Mario Tommasini burocrate scomodo narrate da lui
medesimo (Editori Riuniti, Roma 1987). Tra i saggi, Eutanasia, in
"Democrazia e Diritto", nn. 4-5 (1988); Epidemiologia dell'istituzione
psichiatrica. Sul pensiero di Giulio Maccacaro, in Conoscenze scientifiche,
saperi popolari e societa' umana alle soglie del Duemila. Attualita' del
pensiero di Giulio Maccacaro, Cooperativa Medicina Democratica, Milano 1997;
Eutanasia. Liberta' di scelta e limiti del consenso, in Roberta Dameno e
Massimiliano Verga (a cura di), Finzioni e utopie. Diritto e diritti nella
societa' contemporanea, Angelo Guerrini, Milano 2001. Dal 1984 al 1991 e'
stata, per due legislature, senatrice della sinistra indipendente, e in
questa veste e' stata leader della battaglia parlamentare e culturale per
l'applicazione dei principi posti dalla riforma psichiatrica, tra l'altro
come autrice del disegno di legge di attuazione della "legge 180" che
diventera', negli anni successivi, testo base del primo Progetto obiettivo
salute mentale (1989) e di diverse disposizioni regionali. Nel luglio 2000
ha ricevuto il premio Ives Pelicier della International Academy of Law and
Mental Health, e nell'aprile 2001 l'Universita' di Sassari le ha conferito
la laurea honoris causa in Scienze politiche. E' morta nella sua casa di
Venezia il 13 gennaio 2005"]

La violenza e la pericolosita' si riducevano man mano che si riducevano le
costrizioni e le minacce, e man mano che aumentavano le possibilita' di vita
e di espressione.

5. LIBRI. MARCO REVELLI PRESENTA "LAGER ITALIANI" DI MARCO ROVELLI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 febbraio 2006.
Marco Revelli, storico e saggista, figlio di Nuto Revelli, e' docente di
scienza della politica all'Universita' del Piemonte Orientale. Opere di
Marco Revelli: Lavorare in Fiat, Garzanti, Milano 1989; (con Giovanni De
Luna), Fascismo/antifascismo, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1995; Le due
destre, Bollati Boringhieri, Torino 1996; La sinistra sociale, Bollati
Boringhieri, Torino 1997; Fuori luogo, Bollati Boringhieri, Torino 1999;
Oltre il Novecento, Einaudi, Torino 2001; La politica perduta, Einaudi,
Torino 2003; (con Fausto Bertinotti e Lidia Menapace), Nonviolenza. Le
ragioni del pacifismo, Fazi, Roma 2004; Carta d'identita', Intra Moenia -
Carta, Napoli-Roma 2005. Ha anche curato l'edizione italiana del libro di T.
Ohno, Lo spirito Toyota, Einaudi, Torino 1993; un suo importante saggio e'
in Pietro Ingrao, Rossana Rossanda, Appuntamenti di fine secolo,
Manifestolibri, Roma 1995.
Marco Rovelli, scrittore, musicista (cantante e autore nel gruppo musicale
Les Anarchistes), ricercatore sociale, insegna storia e filosofia nei licei.
Tra le opere di Marco Rovelli: Atlante storico, Garzanti, Milano 2003; Lager
Italiani, Bur-Rcs, Milano 2006]

Appena una "e", cioe' un nulla - una semplice vocale su dodici lettere - mi
distingue da Marco Rovelli. Per questo mi accade a volte che qualcuno mi
attribuisca per errore la paternita' del suo libro, Lager italiani (Bur
Rizzoli, pp. 283, euro 9,80). Il che non mi dispiace affatto perche' il suo
e' davvero un libro che avrei voluto scrivere. Un libro - come dire? -
"giusto".
Intanto e' un libro di storie. Questa e' la sua forza. Tante vite che
prendono la parola e si raccontano. Volti. Persone. Biografie che graffiano
come lame.
*
Le fogne della coscienza
C'e' Ali', algerino. E Carlos, equadoregno ("Il mio paese e' terra libera...
Qui, invece... tutta l'Italia e' una galera"). E Abdelali, marocchino, che
quando l'hanno messo nel Cpt stava gia' morendo, vomitava sangue e nessuno
lo guardava ("Sono un giudice, non un dottore", disse il magistrato, magari
uno che votava per l'"Italia dei valori") e alla fine ha avuto il suo
permesso di soggiorno in ospedale, poco prima di spirare. E Jihad, nato in
Palestina, vissuto in un campo profughi, 21 anni di galera a Rebibbia, che
pero' dice: "Trovarmi in un Cpt e' stata l'esperienza piu' traumatica di
tutto il mio percorso di vita". E Samir, a cui hanno strappato il Corano. E
Lilia, 30 anni, moldava, badante.
Vanno avanti per 185 pagine le loro parole, in lunga fila scura come i
sentieri dei migranti. Se qualcuno si stupisce per il titolo, se
quell'espressione lager italiani gli sembra fuori luogo, in qualche modo
blasfema - Erri De Luca li chiama "fogne della coscienza" -, si legga queste
storie. Non necessariamente tutte. E neanche tutte di seguito. Le scelga
anche in modo casuale, il risultato non cambia. Sono - tutte - storie di
soprusi. Di violenza. Di umiliazione. Soprattutto di botte. Tante botte.
Somministrate da uomini in divisa, protetti dalla Legge e dallo Stato, su
corpi indifesi. Spogliati di tutto. Al grado zero dei diritti. Gente uscita
da percorsi infernali, da odissee di pericolo e di paura. Vita nuda, senza
neanche il fragile involucro della "cittadinanza" a proteggerla.
Ascoltate Carlos, per esempio, quando racconta del trasbordo da Genova a
Bologna: "C'era il fascismo. I finestrini del pullman erano oscurati. Un
marocchino ha aperto la finestra, un poliziotto gli ha gridato di chiuderla.
'No - ha detto il marocchino -. Voglio vedere mia moglie e mio figlio'. Loro
erano la' fuori, sotto il pullman, il bambino piangeva, gli portavano via il
papa' e nessuno sapeva dove lo portavano. 'Voglio vederli', implorava il
marocchino. Allora lo hanno preso, gli hanno messo un braccio dietro la
schiena, e hanno incominciato a picchiarlo con i manganelli. Un inferno. In
quel momento era un inferno. E tutto per un documento".
*
La parola ai manganelli
E poi Ali', il suo racconto su cosa avvenne a Crotone, una mattina come le
altre, dopo un tentativo di fuga: "Entra di corsa un'altra guardia, e' il
capo, da' l'ordine, 'picchiate..., fateli allontanare!'. E' lui che da'
l'esempio, afferra un ragazzo egiziano, avra' quindici anni, e' li' che
guarda, non e' tra quelli che hanno provato a scappare, ma il capo e' li'
per dare l'esempio, lo sbatte per terra, due guardie lo tengono fermo, lui
lo colpisce sul viso con un bastone di ferro, le due guardie fanno da
contrappunto, obbedienti, i loro anfibi colpiscono il volto del ragazzo,
ripetutamente, finche' dal sangue non si vede piu' la faccia. Poi lo
trascinano via. Sparisce. Nessuno le vedra' piu'". Nei giorni seguenti
saranno riportati alla spicciolata al campo alcuni di quelli che erano
riusciti a prendere il largo. Molti hanno sulle mani, delle bruciature.
Altri segni scuri sul ventre: i segni delle scariche elettriche cui erano
stati sottoposti al posto di polizia.
O, ancora, andatevi a leggere le pagine sul Cpt di Pantelleria, Italia, anno
di grazia 2005: "I cessi, senza porte al centro del campo, sono ricoperti
dalla melma. Non c'e' angolo che non sia invaso dalla puzza. L'acqua arriva
direttamente dal mare, e manca per diverse ore al giorno, cosi' si suda e
non ci si puo' lavare. C'e' una bottiglia al giorno da bere, il cibo e'
scarso, dopo un'ora la fame ricomincia a strizzare lo stomaco". Leggetele,
senza dimenticarvi che quei buchi neri della civilta' sono stati istituiti
da una legge che porta le firme congiunte di Livia Turco e di Giorgio
Napolitano. Tenetevele bene in mente, quelle storie, quando sentite le
patinate parole che da uno studio Rai o dal piu' alto seggio della
Repubblica, ministro e presidente ci rivolgono, le prediche sulle virtu'
civiche o sulla memoria della Shoah. Dalla distanza che separa quei
linguaggi e quei racconti - il racconto che muove nell'alto dei cieli delle
istituzioni, fatto anche da esponenti di un "governo amico", anche da amici
essi stessi, e il racconto che muove nei territori infetti della realta',
nell'inferno dove le buone intenzioni ricadono sui corpi nudi, e tagliano e
feriscono; da quello scarto linguistico e semantico che pesa piu' di un
confine fisico, di un deserto o di un oceano, potrete misurare l'abisso che
ormai separa la politica dalla vita nuda. I luoghi (e i volti) del comando e
i luoghi (e i corpi) su cui quel comando si scarica, cieco e ottuso nella
sua violenza.
*
I buchi dello spirito
Lager italiani e' stato presentato e discusso nell'edizione dello scorso
autunno di "Torino spiritualita'", e qualcuno si sara' certo chiesto - senza
aver letto il libro - cosa c'entrasse una storia di corpi, e di nudita'
fisica, con le questioni dell'anima (con la "spiritualita'", appunto). Lette
le prime pagine si converra', senza dubbio, che c'entra. Eccome, se c'entra!
Perche' ci dice, senza troppa teologia, come si possa perdere l'anima pur
continuando a credersi "persone per bene". Come la si possa perdere
individualmente, semplicemente passando di fronte a una cancellata col filo
spinato e voltandosi dall'altra parte. E collettivamente, come "popolo" - si
diceva cosi' un tempo - o come "sistema Paese", come la pessima neolingua
contemporanea lo chiama, formulando e accettando una legislazione
concentrazionaria. Elaborando uno spazio nel quale la vita nuda diventa
"cosa" di cui disporre per deportarla, spezzarla, possederla o abbandonarla
senza quel limite minimo del rispetto che - per effetto del riconoscimento -
l'uomo dovrebbe all'uomo.
Non per niente nell'introduzione si parla di "buchi dello spirito": terre di
nessuno dove il residuo rispetto di se' di un paese si perde. E Moni Ovadia,
con tutta la sua autorita', ci parla, al proposito, del "nazismo che e' in
noi". Mentre Erri De Luca, nella Premessa, ci ammonisce che questa "e' la
nostra storia delle colonne infami". E che "un giorno dei figli chiederanno
certo conto ai padri di quello che hanno lasciato fare, permesso,
incoraggiato col silenzio".

6. LIBRI. CHIARA ZAMBONI PRESENTA "LA DIFERENCIA SEXUAL EN LA HISTORIA" DI
MILAGROS RIVERA GARRETAS
[Dalla rivista telematica della comunita' filosofica femminile Diotima "Per
amore del mondo", n. 4, autunno 2006 (disponibile nel sito
www.diotimafilosofe.it), riprendiamo la seguente recensione.
Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di
Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le
opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica,
1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e
Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994;
La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997.
Maria-Milagros Rivera Garretas, pensatrice femminista, storica, docente
universitaria di Storia medioevale a Barcellona, animatrice del Centre de
recerca de dones e della rivista "Duoda", da anni collabora con la rivista
italiana "Via Dogana" e con la comunita' filosofica femminile Diotima. Dalla
rivista "Via Dogana" riprendiamo la seguente scheda di presentazione:
"Maria-Milagros Rivera Garretas vive a Barcellona, dove insegna Storia
medievale all'Universita', portando la sua passione ben oltre le mura
dell'istituzione. La rete di relazioni che ha saputo creare con il Centre de
recerca de dones e con la rivista 'Duoda' si e' allargata alla Rete mondiale
con un master on line e con un cd-rom sulle memorie di Leonor Lopez de
Cordoba, la prima autobiografia conosciuta in lingua spagnola di una donna
vicina alla regina di Castiglia tra il 1404 e il 1412. In italiano possiamo
leggere Nominare il mondo al femminile (trad. di Emma Scaramuzza, Editori
Riuniti 1998). Da anni ha un intenso rapporto di scambio con 'Via Dogana' e
con [la comunita' filosofica femminile] Diotima, anche come traduttrice: e'
in gran parte a lei che dobbiamo la conoscenza nei paesi di lingua spagnola
del pensiero italiano della differenza sessuale". Tra le opere di
Maria-Milagros Rivera Garretas: Nominare il mondo al femminile, Editori
Riuniti, 1998; Mujeres en relacion. Feminismo 1970-2000, Icaria Editorial,
2003; La diferencia sexual en la historia, Universitat de Valencia, 2005]

Milagros Rivera e' storica del medioevo e insegna all'Universita' di
Barcellona. Quando lei si presenta, aggiunge di se' di avere una figlia e di
amare la lingua materna. Queste quattro qualita' sono tutte essenziali per
entrare nel suo ultimo libro, e cioe' La diferencia sexual en la historia
(ed. Universitat de Valencia, 2005). Vedremo in che senso.
Il primo passo da storica con una formazione femminista e' di fare i conti
con un passato recente che l'accomuna ad altre storiche. Si tratta per lei
di prendere le distanze da un paradigma scientifico che fa coincidere la
storia con la storia sociale. E' un paradigma discusso e costruito dagli
studiosi che si sono raccolti attorno alla rivista francese "Annales". Ora a
partire dagli anni '70 e' avvenuto che questa coincidenza di storia e storia
sociale sia stata ampiamente ripresa dalle donne che scrivevano di storia.
Permetteva loro infatti, nell'ambito della loro disciplina, di parlare della
vita, delle lettere, dei diari, degli scritti di donne, che, pur non avendo
partecipato alla storia ufficiale, pure avevano avuto una vita famigliare,
una presenza sociale molto ricca. Dava loro la possibilita' di renderle
visibili.
Il prezzo pagato non e' stato da poco. Intrecciando questo paradigma con il
pensiero di Foucault, i meccanismi sociali sono stati visti come forme di
vita determinate da codici di potere, tecniche di costruzione della
soggettivita', e il potere sociale come dispositivo di produzione di azioni
e di sentimenti. Nessuna liberta' di invenzione. Cosi' gli studi femminili
di storia hanno prodotto, seguendo tale paradigma, ottimi studi descrittivi
della vita e delle pratiche femminili, ma senza poter capire da dove
provenisse la loro creativita' e senza che la differenza femminile fosse
vista come segno a sua volta produttivo di modificazioni.
*
Milagros Rivera afferma che la storia sociale indubbiamente esiste, ma che
piu' comprensiva della storia sociale e piu' significativa e' la storia che
tiene conto del simbolico. Con questo intende "il senso proprio della vita e
delle relazioni espresso nella lingua materna, la lingua che parliamo" (p.
22). Imparando a parlare da nostra madre abbiamo imparato la differenza tra
essere donne e uomini. Fare storia riparte da qui, dal filo del simbolico
che dice e ridice la differenza sessuale, non come un dato ontologico o
antropologico, bensi' come un significato messo in circolo dalla lingua di
ogni giorno, e che, proprio percio', ha bisogno di interpretazione. Infatti
la lingua quotidiana cambia nel tempo e costantemente si trasforma. Fare
storia significa allora dare conto e allo stesso tempo interpretare tali
modificazioni, che trascinano con se' elementi del passato.
Non si tratta di fare delle metanarrazioni, rendere conto delle narrazioni
degli avvenimenti, ma essere dentro il processo stesso di modificazione, che
non puo' essere guardato dall'alto e dall'esterno, perche' comunque riguarda
la donna che ne sta scrivendo, se pure per mediazioni non proprio immediate.
E' nel suo coinvolgimento personale che una storica va a leggere e a capire
i rapporti tra i sessi che si mostrano in un certo periodo preso in esame,
avendo la consapevolezza del fatto che cambiano nel tempo. E che dunque si
modifica anche il senso di tali rapporti. Non si e' una bambina o un bambino
oggi in modo simile al secolo scorso. Un uomo del XII secolo e' ben diverso
da quello contemporaneo. Le relazioni tra donne e uomini sono determinanti e
determinate dalla loro differenza. E occorre che anche gli uomini
incomincino a fare storia tenendo conto della loro implicazione personale e
della differenza. Questo e' un libro rivolto non solo alle donne, ma anche
agli uomini.
Da storica medievale Milagros Rivera ricorda che la cultura medievale ha
avuto una particolare attenzione per la differenza sessuale, per il rapporto
simbolico tra le donne e gli uomini e le forme di espressione che poteva
prendere. Si e' andata poi perdendo, in particolare a partire
dall'instaurarsi del paradigma scientifico del Rinascimento. Il fatto e' che
la cultura medievale aveva una grande attenzione per gli aspetti passivi
della vita e per le forme di accoglienza dell'altro, diverso da se'.
Il paradigma scientifico rinascimentale legge si' la realta', ma attraverso
l'esperimento, mettendo l'accento sulla costruzione della conoscenza, sul
gesto attivo. Ed invece la differenza sessuale ha qualcosa di non scelto, di
passivo: capita a caso di essere donna o uomo. Lo si puo' accettare e
significare, piuttosto che prenderlo come qualcosa da costruire. La
differenza sessuale e' piu' del piano dell'essere creatura creata che
creatore.
*
Su questa linea l'autrice legge diverse epoche storiche. Ma se si vuole
valutare al meglio quel che intende per scrivere di storia essendo dentro i
processi di trasformazione dei rapporti tra donne e uomini, penso che
l'esempio migliore che lei porta sia quello dell'universita' dalla seconda
meta' del '900 ad oggi. Questa questione e' per lei una passione sofferta,
che le fa leggere le modificazioni dei rapporti all'universita' con
partecipazione e lucidita'.
Le universita' furono fondate nell'Europa medievale tagliando via ed
escludendo qualsiasi sapere d'esperienza, fedele alla lingua materna.
Rappresentarono uno "specchio per fare scienza e produrre conoscere di
uomini e tra uomini" (p. 151). Furono soprattutto ecclesiastici a fondarle,
e dunque la cultura universitaria nacque celibe. Ne perdettero in ricchezza
simbolica le donne, che non vi erano ammesse, ma anche gli uomini, che,
escludendo le donne, tagliavano via dalla conoscenza universitaria il sapere
materno e femminile, costruendo con le proprie scelte qualcosa di monco, di
mancante. Impoverendo se stessi.
Si noti da questo esempio come Milagros Rivera sia attenta agli effetti
storici che le scelte compiute dalle donne e dagli uomini riguardano
entrambi contemporaneamente e in modo diverso. Cio' che avviene all'altro
sesso ha effetti sul proprio e viceversa.
Ora e' con il XX secolo che le donne entrano all'universita'. La loro
semplice presenza tuttavia non cambia l'universita' maschile e celibe.
Soltanto se le donne portano all'universita' la loro fedelta' all'ordine
materno, allora questa puo' cambiare, perche' gli uomini stessi allora
possono interagire con donne che non imitano il loro paradigma e stile, ma
ne mostrano un altro.
Cosa significa poi la fedelta' a tale ordine? Per Milagros Rivera e' parlare
e scrivere in lingua materna. Questo non e' solo la leva per trasformare
l'universita', ma anche per aprire nuovi giochi nella disciplina storica,
cosa che le sta particolarmente a cuore. E' molto interessante il
ragionamento, per passaggi, seguito per mostrare come si modifichi il
paradigma storico. Parte dall'idea che la madre, quando insegna a parlare,
insegna implicitamente il sentimento della realta' del mondo e il senso
della sua verita'. La fiducia implicita che il mondo sia e il sentimento
semplice della verita' dipende dal legame indiscusso tra le parole e le
cose, di cui e' garante la madre. I bambini vivono l'esperienza che le cose
possano essere nominate da quelle parole e solo da quelle. Ora, chi scrive
di storia desidera a sua volta dire la verita', cosi' come chi legge vuole
ascoltarla. In questo senso scrivere e leggere di storia si riallaccia a
quella esperienza dell'infanzia. (Si veda pag. 57 in particolare).
*
Eppure rimane aperta una questione che l'autrice non chiude in modo
affrettato, e di cui e' consapevole. Questa via di modificazione del fare
storia si incrocia con il fatto che la lingua materna non e' immediatamente
a disposizione. E' vero, l'abbiamo imparata da piccole e da piccoli, ma poi
l'abbiamo in gran parte e a volte del tutto persa, sostituita dalle lingue
standard, dalle lingue che la scuola e l'universita' ci hanno insegnato.
Come fare a ritrovarla? Milagros Rivera suggerisce una via pratica:
ascoltare quando risuona la verita' per un rimando tra le parole e le cose.
Si avverte allora un sentimento di felicita'. Ed e' questo genere di
felicita' a segnalarci che siamo di fronte ad una epifania del reale. Che il
mondo viene donato nuovamente a noi per una evocazione della relazione prima
con nostra madre.

7. LETTURE. CLAUDE LEVI-STRAUSS: RAZZA E STORIA. RAZZA E CULTURA
Claude Levi-Strauss, Razza e storia. Razza e cultura, Einaudi, Torino 2002,
pp. XVIII + 118, euro 14. Il volume raccoglie due celebri interventi
levi-straussiani per l'Unesco, Razza e storia (1952) e Razza e cultura
(1971), con una prefazione di Michel Izard e in appendice un colloquio tra
Levi-Strauss e Marcello Massenzio del 2000. Un'ottima occasione per
rileggere i due saggi (che gia' ebbero ampia circolazione in passato
inseriti in altri volumi) ed ancora una volta avvalerci del contributo del
grande antropologo alla riflessione e all'impegno antirazzista.

8. RILETTURE. ALBERT MEMMI: IL RAZZISMO
Albert Memmi, Il razzismo. Paura dell'altro e diritti della differenza,
Costa & Nolan, Genova 1989, pp. 176, lire 20.000. Un'acuta introduzione alla
riflessione e all'impegno antirazzista.

9. RILETTURE. RENATE SIEBERT: IL RAZZISMO
Renate Siebert, Il razzismo. Il riconoscimento negato, Carocci, Roma 2003,
pp. 172, euro 17,20. Un'acuta introduzione alla riflessione e all'impegno
antirazzista.

10. RILETTURE. PIERRE-ANDRE' TAGUIEFF: IL RAZZISMO
Pierre-Andre' Taguieff, Il razzismo. Pregiudizi, teorie, comportamenti,
Raffaello Cortina Editore, Milano 1999, pp. VI + 128, lire 16.000. Un'acuta
introduzione alla riflessione e all'impegno antirazzista.

11. RILETTURE. MICHEL WIEVIORKA: IL RAZZISMO
Michel Wieviorka, Il razzismo, Laterza,Roma-Bari 2000, pp. VIII + 152, euro
8,26. Un'acuta introduzione alla riflessione e all'impegno antirazzista.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell’ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell’uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 12 del 26 febbraio 2007

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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