La nonviolenza e' in cammino. 1420



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1420 del 16 settembre 2006

Sommario di questo numero:
1. La nonviolenza delle donne
2. Alla scuola di Hannah Arendt, a Ferrara
3. Alla scuola di Hannah Arendt, a Torino
4. Maria Hinojosa intervista Mary Robinson
5. Benedetto Vecchi intervista Immanuel Wallerstein
6. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto: Un'evidenza
7. Letture: Lorenzo Benadusi, Giovanni Cerchia (a cura di), L'archivio di
Pietro Ingrao
8. Alfiero Presbidazzi: Alcune cose che non e' elegante dire nella buona
societa'
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. DOCUMENTI. LA NONVIOLENZA DELLE DONNE
[Attraverso Federica Curzi (per contatti: federica_curzi at libero.it) "da
parte anche delle altre donne della tavola rotonda del 9 settembre" - che
tutte ringraziamo - riceviamo e volentieri diffondiamo il documento emerso
dal laboratorio che e' seguito alla tavola rotonda su "La nonviolenza delle
donne" del 9 settembre 2006 nell'ambito del convegno svoltosi a Pisa per il
centenario della nascita del satyagraha]

Riteniamo necessario:
1) Introdurre una prospettiva di genere nel pensiero e nella pratica della
nonviolenza:
- affermare una visione dell'essere umano che comprenda sia il maschile sia
il femminile;
- superare il soggetto universale neutro e costituire identita' sessuate,
consapevoli della propria parzialita' e percio' stesso aperte all'alterita'.
2) Valorizzare le pratiche delle donne fondate sulla relazione, l'ascolto
attivo, l'empatia, l'accoglienza, la cooperazione, il dialogo:
- appropriarci dei percorsi di liberazione delle donne come modello per la
gestione costruttiva dei conflitti;
- diffondere le esperienze dei movimenti e dei gruppi di donne - anche del
Sud del mondo - attivi nella promozione della pace, dell'ecologia profonda,
della bioetica, ecc.
3) Denunciare la violenza dell'eccesso di medicalizzazione in gravidanza e
parto (ad es. fecondazione medicalmente assistita) ma anche per la
prevenzione e terapie dei tumori, l'accanimento terapeutico, le
biotecnologie ecc.:
- mettere in discussione la neutralita', la pretesa di verita',
l'universalita' della scienza e individuare i fattori politici, economici e
sociali che indirizzano e condizionano la ricerca scientifica;
- assumerci il diritto/dovere della denuncia di progetti di ricerca lesivi
della dignita' della persona e della biosfera.
4) Introdurre un'ottica di genere nella formazione alla nonviolenza a tutti
i livelli:
- nelle scuole, per favorire la consapevolezza della propria identita' di
genere al di fuori degli stereotipi, in una cultura dell'inclusione e del
rispetto;
- in tutte le iniziative di formazione alla nonviolenza di livello
specialistico.
5) Utilizzare la competenza e l'intelligenza emotiva, anche all'interno dei
movimenti nonviolenti, al fine di instaurare rapporti interpersonali che
superino dinamiche di divisione e di prevaricazione.
Chiediamo agli amici della nonviolenza di pronunciarsi e intervenire
attivamente in tutte le circostanze, anche della quotidianita', in cui si
verifichino atti di piccola e grande violenza sui soggetti deboli della
societa': donne, bambini, anziani, immigrati, ecc.

2. INCONTRI. ALLA SCUOLA DI HANNAH ARENDT, A FERRARA
[Dal Centro studi "Alexander Langer" - Associazione Ferrara Terzo Mondo (per
contatti: langer at ferraraterzomondo.it) riceviamo e volentieri diffondamo.
Hannah Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva
di Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe
all'esilio, dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America; e' tra le
massime pensatrici politiche del Novecento; docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani; mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo l
'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Rahel Varnhagen
(1959), Il Saggiatore, Milano; Tra passato e futuro (1961), Garzanti,
Milano; La banalita' del male. Eichmann a Gerusalemme (1963), Feltrinelli,
Milano; Sulla rivoluzione (1963), Comunita', Milano; postumo e incompiuto e'
apparso La vita della mente (1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di
brevi saggi di intervento politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano,
1985. Molto interessanti i carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969.
Filosofia e politica, Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra
amiche. La corrispondenza di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975,
Sellerio, Palermo 1999). Una recente raccolta di scritti vari e' Archivio
Arendt. 1. 1930-1948, Feltrinelli, Milano 2001; Archivio Arendt 2.
1950-1954, Feltrinelli, Milano 2003; cfr. anche la raccolta Responsabilita'
e giudizio, Einaudi, Torino 2004. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Simona Forti, Vita della mente e tempo della
polis, Franco Angeli, Milano 1996; Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt,
Milano 1999; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro sguardi su
Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann, Hannah
Arendt, Giuntina, Firenze 2001; Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli,
Roma 2005. Per chi legge il tedesco due piacevoli monografie
divulgative-introduttive (con ricco apparato iconografico) sono: Wolfgang
Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg 1987, 1999; Ingeborg
Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000.
Elisabetta Pavani e' impegnata nel  "Centro donna giustizia" di Ferrara.
Elena Buccoliero (per contatti: e.buccoliero at comune.fe.it), nata a Ferrara
nel 1970, collabora ad "Azione nonviolenta" e fa parte del comitato di
coordinamento del Movimento Nonviolento; lavora per Promeco, un ufficio del
Comune e dell'azienda sanitaria locale di Ferrara dove si occupa di
adolescenti con particolare attenzione al bullismo e al consumo di sostanze,
e con iniziative rivolte sia ai ragazzi, sia agli adulti; a Ferrara, insieme
ad altri amici, anima la Scuola della nonviolenza. E' autrice di diverse
pubblicazioni, tra cui il recente (con Marco Maggi), Bullismo, bullismi,
Franco Angeli, Milano 2005. Un piu' ampio profilo biobibliografico di Elena
Buccoliero e' nel n. 836 di questo foglio.
Daniele Lugli (per contatti: daniele.lugli at libero.it) e' il segretario
nazionale del Movimento Nonviolento, figura storica della nonviolenza,
unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche
una profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed
e' persona di squisita gentilezza e saggezza grande]

Movimento Nonviolento, Legambiente, Gruppo Ferrara Terzo Mondo, Pax Christi,
Commercio Alternativo, con il patrocinio del Comune di Ferrara - Progetto
Ferrara citta' per la pace e dell'Istituto di storia contemporanea
nell'ambito della Scuola della nonviolenza promuovono il ciclo di incontri
sul tema "On Violence. Rileggendo Hannah Arendt, maestra di nonviolenza".
Tutti gli incontri saranno introdotti da Elisabetta Pavani e proseguiranno
sotto forma di laboratorio con Elena Buccoliero e Daniele Lugli; il ciclo e'
a cura del Movimento Nonviolento.
- Venerdi' 22 settembre: Le giustificazioni sociali della violenza;
- venerdi' 29 settembre: Violenza e politica;
- venerdi' 6 ottobre: Le radici della violenza.
Gli incontri si tengono alle ore 21 presso il Centro di Documentazione
"Alexander Langer", viale Cavour 142, Ferrara.
Per ulteriori informazioni: Centro di Documentazione "Alexander Langer",
tel. 0532204890, e-mail: langer at ferraraterzomondo.it oppure:
daniele.lugli at libero.it

3. INCONTRI. ALLA SCUOLA DI HANNAH ARENDT, A TORINO
[Da Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) riceviamo e volentieri
diffondiamo.
Lidia Menapace (per contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara
nel 1924, partecipa alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento
cattolico, pubblica amministratrice, docente universitaria, fondatrice del
"Manifesto"; e' tra le voci piu' significative della cultura delle donne e
dei movimenti della societa' civile. Nelle elezioni politiche del 9-10
aprile 2006 e' stata eletta senatrice. La maggior parte degli scritti e
degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e riviste, atti
di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il futurismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo. Ideologia e
linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento politico di
liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia Cristiana,
Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza sessuale, Felina,
Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara Ingrao), Ne' indifesa
ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il papa chiede perdono: le
donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna, Milano 2000; Resiste', Il
dito e la luna, Milano 2001; AA. VV., Nonviolenza, Fazi, Roma 2004.
Mariella Lajolo, dell'Istituto buddhista Soka Gakkai, e' formatrice alla
pace.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio,
ed uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha
insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e
diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora
regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno
Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e'
membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace
delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista
"Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Per ricordare Hannah Arendt a cento anni dalla nascita il Centro Studi
"Sereno Regis" organizza un incontro nel quale interverranno Lidia Menapace,
senatrice, e Mariella Lajolo, formatrice di pace.
L'incontro si svolgera' venerdi' 13 ottobre 2006 con inizio alle ore 18,
presso il Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, Torino.
Per informazioni: tel. 011532824, e-mail: biblioteca at cssr-pas.org

4. DOCUMENTAZIONE. MARIA HINOJOSA INTERVISTA MARY ROBINSON
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista
ripresa da "Whrnet" (Women Human Rights Net).
Maria Hinojosa, notissima giornalista radiotelevisiva (ha lavorato per i
principali network statunitensi), saggista, per la sua attivita' ha ricevuto
molti prestigiosi riconoscimenti; nata a Citta' del Messico, vive a New
York. Tra le opere di Maria Hinojosa: Crews: Gang Members Talk with Maria
Hinojosa (1995); Raising Raul: Adventures Raising Myself and My Son (2000).
Mary Robinson (1944) e' stata la prima presidente donna dell'Irlanda (dal
1990 al 1997) e poi Alta Commissaria per i diritti umani dell'Onu sino al
2002.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice,
regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche
storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005]

- Maria Hinojosa: Mary Robinson e' stata la prima presidente donna
dell'Irlanda e poi Commissaria per i diritti umani all'Onu sino al 2002.
Grazie per aver accettato di parlare con me. Come devo chiamarla, presidente
o commissaria?
- Mary Robinson: La maggior parte delle persone mi chiama semplicemente con
il mio nome. Semplifica la vita, e a me piace.
*
- Maria Hinojosa: Benissimo. Voglio cominciare con una faccenda piuttosto
seria. Vorrei sapere cosa pensa di alcune notizie recenti. Il presidente
Bush ha per la prima volta ammesso di essere a conoscenza che la Cia usava
prigioni segrete, situate fuori dagli Usa, e che in queste prigioni segrete
venivano detenuti dei sospettati, catturati durante la "guerra al
terrorismo". Cosa ne pensa? E come pensa che dovrebbe reagire la comunita'
internazionale?
- Mary Robinson: Abbastanza curiosamente, sono qui a Washington per prendere
parte ad un seminario stabilito da una decisione presa a Ginevra, che si
chiama "Commissione Internazionale dei giuristi". Sapevamo che il presidente
stava per fare quella dichiarazione, e abbiamo seguito tutto molto
attentamente. Gli esperti che hanno parlato con noi stamattina hanno
menzionato questi luoghi segreti di detenzione. In effetti penso sia un bene
che almeno il presidente Bush abbia ammesso che esistono.
*
- Maria Hinojosa: Questo come colloca gli Usa nello scenario internazionale?
- Mary Robinson: Francamente di questi luoghi sapevano tutti. Era una delle
preoccupazioni concrete, incluso il fatto che la Commissione internazionale
della Croce Rossa non aveva avuto accesso alle persone detenute.
*
- Maria Hinojosa: Cinque anni dopo l'11 settembre, Osama bin Laden e' ancora
in giro da qualche parte. Il presidente Bush ha detto, lo cito
letteralmente, che le persone venivano detenute in queste prigioni estere
segrete perche' "stando in nostra custodia non possono ammazzare la nostra
gente". E potrebbe essere che molti americani che lo hanno sentito dir
questo pensino: "Fantastico. Teneteli prigionieri. Teneteli fuori dal nostro
paese. Teneteli il piu' lontano possibile". Cosa ne pensa Mary Robinson?
- Mary Robinson: Prima di tutto vorrei dire che gli atti di terrorismo sono
un problema serio. Creare maggior terrore e' sempre possibile. Ma qualcosa
di molto preoccupante e' accaduto dai terribili attacchi dell'11 settembre.
Ed e' che gli standard degli Usa sul piano dei diritti umani sono crollati.
Molti vedevano negli Usa una sorta di guida morale per i diritti umani. E
questo spiega in parte le molte critiche che questo paese sta ricevendo, ed
e' difficile difenderlo, visto i problemi che ha con i diritti umani in
questo momento. Non lo dico con piacere. Io mi sento a casa negli Usa, ho
studiato alla facolta' di legge di Harvard. Ma quando sono stata invitata ad
unirmi al seminario, sapevo che era mia responsabilita', come era
responsabilita' degli eminenti giuristi invitati assieme a me, venire qui e
tenere queste pubbliche udienze, di modo che le persone potessero valutare
la situazione. Uno dei testimoni che abbiamo ascoltato oggi era il
contrammiraglio John Hudson, un ex giudice della marina militare. Lui e'
stato inequivocabile sul fatto che la tortura non serve, le dichiarazioni
rese sotto tortura non sono attendibili. Abbiamo ascoltato anche l'ex
generale dell'esercito James Cullen, anche lui giudice, e anche lui ha
ricordato con orgoglio i principi che dovrebbero guidare l'esercito, e che
gli Usa erano stati in prima linea contro la tortura, e mi ha fatto bene
sentire queste voci.
*
- Maria Hinojosa: Ma come si fa a fare entrambe le cose, potrebbero
chiederle? Come si rispettano i diritti umani a livello internazionale
combattendo allo stesso tempo contro un nemico elusivo, sempre presente e
mai presente, che e' qui e non c'e'? C'e' una risposta?
- Mary Robinson: L'11 settembre 2001 io ero ancora Alta Commissaria Onu per
i diritti umani. Venni negli Usa, allora, venni a Ground Zero, incontrai
alcune delle coraggiose famiglie delle vittime, i valenti vigili del fuoco e
i cosi' tanti bravi volontari che davano una mano. E, lei lo ricordera', il
mondo non fu mai cosi' unito come dopo l'11 settembre. Quegli atti furono
condannati ovunque. Furono condannati dai paesi musulmani. Furono esecrati a
livello internazionale. Persino sull'andare in Afghanistan, quando i
talebani rifiutarono di consegnare Osama bin Laden e i suoi accoliti, il
mondo ascoltava, voleva capire, era li'. Ma poi salta fuori Guantanamo, e
cosa c'e' che non va con Guantanamo? C'e' che infrange la Convenzione di
Ginevra. Dopo cinque anni passati ad occuparmi di diritti umani per le
Nazioni Unite so quanto e' importante. Il senatore John McCain sa quanto e'
importante, perche' lui stesso e' stato prigioniero di guerra. Possiamo
affrontare queste questioni. Il modo per farlo e' che le democrazie del
mondo si incontrino di piu', condividano le informazioni, seguano i flussi
del denaro e delle reti del terrorismo. I terroristi sono criminali, e
devono rispondere davanti alla legge. Il fatto che mi preoccupi lo standard
dei diritti umani non significa che io, o gli attivisti per i diritti umani,
condoniamo il terrorismo. Ho viaggiato in numerosi paesi sconvolti da
conflitti e atti terroristici, e conosco che effetto fa vedere la piazza del
mercato coperta di brandelli di corpi umani. E' qualcosa che non ti esce
piu' dalla mente.
*
- Maria Hinojosa: Quando lei era molto giovane ha visto questo accadere nel
suo stesso paese. Le esplosioni, le bombe, la guerra, le persone in stato di
shock, i traumi. Le persone che hanno perso qualcuno l'11 settembre
potrebbero dire: "Forse i miei diritti civili sono in pericolo, ma dio mio,
io non voglio che nessun altro soffra quello che io ho sofferto".
- Mary Robinson: Durante le nostre udienze ascolteremo tre organizzazioni
che lavorano con i familiari delle vittime dell'11 settembre. Penso sia bene
ascoltare tre gruppi differenti, piuttosto che uno solo, e siamo molto
interessati a cosa avranno da raccontare. Certo e' stato importante per me
l'impatto del conflitto nell'Irlanda del nord. Aveva conseguenze sulla
Repubblica Irlandese dove io mi trovavo, e aveva conseguenze ancor piu'
significative in Gran Bretagna. I britannici sono dovuti diventare esperti
di terrorismo, forse c'e' qualche lezione che possiamo imparare da loro. Non
che abbiano sempre fatto tutto nel modo giusto. Ma hanno cominciato ad
avvicinarsi al problema con molto rispetto per il dettato della legge. E so
che non e' facile, alcune di queste faccende comportano aspetti
difficilissimi. Tuttavia i loro successi non li hanno ottenuti detenendo le
persone in situazioni tipo Guantanamo o torturandole. Li hanno ottenuti
mediante la sorveglianza, il lavoro tradizionale di indagine poliziesca, la
buona comunicazione fra nazioni. Io credo che chi ha a cuore i diritti umani
non possa far correre alle persone rischi maggiori. Io credo che la guerra
in Iraq e altre cose abbiano messo le persone a maggior rischio. Hanno
creato un clima in cui c'e' un senso di umiliazione, e odio, e questo e'
molto preoccupante.
*
- Maria Hinojosa: Questa settimana il presidente Bush ha detto: "La storia
insegna che sottovalutare le parole di uomini malvagi ed ambiziosi e' un
errore terribile". E poi ha paragonato bin Laden a Lenin ed Hitler. La
scorsa settimana, il segretario Rumsfeld ha detto che chi critica la guerra
in Iraq e' equiparabile ad un sostenitore dei nazisti. A queste
dichiarazioni che reazioni pensa avranno i nostri partner europei? Li
porteranno piu' vicini a noi, o li allontaneranno?
- Mary Robinson: Non credo che questo approccio abbia una grande
credibilita', o che guadagnera' del rispetto. Penso, francamente, sia piu'
collegato alle prossime elezioni di medio termine. Mi sembra una retorica di
natura politica, che non ha un buon aggancio alla storia, ne' e' un buon
approccio alla situazione in cui ci troviamo. Quello di cui abbiamo bisogno
ora e' molta attenzione a dove devono aprirsi le discussioni: e il Medio
Oriente e' chiaramente una delle aree di maggiori reali difficolta'. Ho
ascoltato persone responsabili, che conoscono la situazione molto bene,
dirmi ad esempio che sarebbe importante discutere seriamente con Hamas.
Hamas e' stato responsabile di atti violenti contro civili, atti che non
possono essere condonati, ma e' ora al governo dell'Autorita' palestinese,
ed ha delle responsabilita'. Ci sono indicazioni che voglia esercitarla. Nel
dopoguerra in Libano, una situazione di enorme devastazione, e vorrei dire
inequivocabilmente che la violenza esercitata da Hezbollah contro la
popolazione civile israeliana resta inaccettabile, c'e' ora un tentativo di
tregua. Ma manca una vera sicurezza in questo luogo. C'e' l'urgenza assoluta
di affrontare questo. E cominciare con l'appiccicare etichette emotive, che
non hanno nulla a che fare con la situazione effettiva, non aiuta. E' meglio
cominciare a capire che abbiamo differenti questioni da fronteggiare. Credo
che l'errore fondamentale sia stato il caratterizzare quanto e' avvenuto
negli Usa come "guerra al terrorismo", assumendo che gli attacchi, che
comunque sono stati crimini contro l'umanita', dovessero essere rintuzzati
con la guerra. E se si e' giustificata la guerra in Afghanistan con il fatto
che i talebani non consegnavano Osama bin Laden, la guerra in Iraq non
riesce ad avere giustificazione alcuna. Ha creato una nuova serie di enormi
problemi all'interno dell'Iraq e di tutta la regione mediorientale. Percio'
questo tipo di generalizzazione, dire che in tutto il mondo e' la stessa
cosa, sta erodendo la nostra capacita' di dare sicurezza alle persone. C'e'
la necessita' di un dibattito piu' aperto, che coinvolga un maggior numero
di soggetti. Un approccio ristretto del genere "o siete con noi o siete
contro di noi" non serve. E' un triste linguaggio retorico il dire: "Se ci
contrasti, sei un fiancheggiatore. Se vuoi provare a trovare altre soluzioni
sei uno a cui piace Hitler". E penso sia solo collegato al tentativo di
rendere fangoso il terreno elettorale.
*
- Maria Hinojosa: Cinque anni dopo l'11 settembre che fine ha fatto la buona
volonta' del mondo, e certamente degli europei, verso gli Usa? Che e' ne
stato di quella simpatia? Puo' essere riconquistata?
- Mary Robinson: Proprio in questo quinto anniversario e' importante
riflettere su quanta vasta la solidarieta' e' stata. Io ne ero
particolarmente conscia, a quel tempo, perche' il mio mandato era globale.
Rimasi colpita da quanti paesi esprimevano simpatia e cordoglio, paesi
africani, paesi asiatici. E veramente non c'era nessuno che non fosse
sconvolto e indignato da quegli atti di terrorismo. Se avessimo mantenuto la
prospettiva dell'atto criminale, e caratterizzato quanto e' accaduto come
crimini contro l'umanita', avremmo potuto mantenere quel senso di unione. E
non avremmo avuto centri segreti di detenzione, non avremmo avuto le
terrificanti immagini di Abu Ghraib, e il danno derivante da tutto questo.
Non si possono avere quelle immagini e parlare di portare liberta' e
democrazia al mondo. E' questo il vero messaggio nel quinto anniversario
dell'11 settembre, un appello agli Usa: organizzate una grande conferenza,
riposizionatevi rispetto agli standard dei diritti umani. E' una cosa di cui
abbiamo grande bisogno.
*
- Maria Hinojosa: Lei e' stata descritta come una "battitrice libera".
Quando lei era Commissaria all'Onu per i diritti umani ha fatto arrabbiare
parecchi governi. Li ha chiamati pubblicamente a rispondere rispetto ai
diritti umani. Da dove prende questa abilita', questa capacita' di chiamare
le cose con il loro nome?
- Mary Robinson: Non sono sicura che la caratterizzazione sia accettabile.
Mi sono confrontata con i governi, e ho affrontato un paio di volte degli
atti di bullismo, se e' questo che vuole dire. Ma sono sempre andata nei
paesi, persino in quelli molto deboli dal punto di vista del rispetto dei
diritti umani, ed ero interessata ai popoli di questi paesi. I governi non
hanno il possesso dei diritti umani, essi appartengono ad ogni persona, alla
gente. Ad esempio, io ho compiuto sette visita in Cina, per lavoro. E quando
ho terminato il mio incarico di commissaria, il vicepremier cinese
dell'epoca, Chin Chee Chen, diede un pranzo in mio onore e mi disse: "Lei e'
stata molto severa con noi, per questo abbiamo imparato molto da lei".
Lavorare per i diritti umani significa questo, per me. Se serve tenti di
essere molto diplomatica. Io sono stata presidente del mio paese per sette
anni. Sono sempre stata una persona che tende a mediare, se puo'. Ma ci sono
anche i momenti in cui devi confrontarti. L'anno piu' duro per me e' stato
l'ultimo, proprio perche' ho detto pubblicamente con molta chiarezza cosa
pensavo di quel che accadeva negli Usa. Sapevo che era importantissimo
farlo, perche' quando sarei andata, ad esempio, da ministri di paesi
asiatici, o in Egitto, e avessi detto: "Non potete usare la legislazione
d'emergenza per sopprimere i diritti umani, limitare la liberta' di stampa,
bollare gli oppositori politici come terroristi ed imprigionarli", loro non
avrebbero potuto rispondermi: "Ma gli standard sono cambiati. Non vede quel
che accade negli Stati Uniti?". Percio' gli Usa hanno questo fardello, e
questa responsabilita', in senso positivo.
*
= Maria Hinojosa: Come ha preso questa decisione? Intendo, si e' detta: devo
criticare gli Usa, lo devo fare e poi accada quel che accada?
- Mary Robinson: No, e' stata una cosa molto misurata, molto concordata non
solo con i colleghi interni al mio ufficio, ma anche con i difensori dei
diritti umani che operano in tutto il mondo, con gli inviati speciali
dell'Onu. Erano loro a dirmi quali reazioni c'erano nei vari paesi, quanto
brutta era la situazione. Quelli che si occupano di tortura, di esecuzioni
extragiudiziarie, in varie aree, mi dicevano: "E' un problema. Sentiamo che
gli Usa hanno queste prigioni segrete in Afghanistan, dove la gente viene
detenuta senza processo, dove viene torturata". E tutti sapevamo che cio'
che accadeva a Guantanamo non rispettava la Convenzione di Ginevra. Era
estremamente importante sollevare la questione. Se vuol sapere come mi
sentivo in quel periodo le diro' che mi sembrava di essere del tutto sola.
Ero rimasta sconcertata dalla mancanza di dibattito al Congresso. Sono
felice di dire che una delle cose che ho notato in questi giorni e' che i
sistemi di bilanciamento e controllo democratico in questo paese hanno
cominciato a riassestarsi. Penso alle sentenze della Corte Suprema, la
sentenza Hanton, per fare un esempio. A queste cose si da' il benvenuto, a
livello internazionale. Non so neppure dirle quanto siano le benvenute. Le
voci, le voci indipendenti e buone al Congresso, inclusa l'iniziativa del
senatore McCain, sono state notate, tutto viene notato, anche i punti non
buoni. Gli Usa sono al vaglio, un vaglio molto minuzioso, perche' a lungo
sono stati considerati gli alfieri dei diritti umani. Se in questo paese non
si mantengono alti gli standard del rispetto dei diritti umani, essi
subiscono un contraccolpo ovunque, e questo genera sofferenza.
*
- Maria Hinojosa: Ci furono ripercussioni, sul suo lavoro all'Onu, per le
sue critiche agli Usa?
- Mary Robinson: Certamente non mi sono ingraziata il governo. Un governo
che disse molto chiaramente che non avrebbe consentito un mio secondo
incarico. Ho continuato un solo anno dopo la scadenza del primo mandato. E
c'erano stati questi terribili attacchi terroristici, e la pressione che
saliva, e preoccupazioni espresse dai difensori dei diritti umani, gruppi di
tutto il mondo: sentivo che non potevo lasciare in quel momento. Percio'
dissi al segretario generale che se lui voleva che io restassi, sarei
restata. E il messaggio che mi arrivo' in risposta fu che cio' non era
accettabile per gli Usa.
*
= Maria Hinojosa: Lei e' anche una donna, la prima donna presidente del suo
paese, madre e nonna. Mi ha detto che si sente sola a volte. Cosa fa Mary
Robinson quando si sente sola?
- Mary Robinson: Ho un grande sostegno familiare, non ultimo da mio marito
(pur essendo egli da lungo tempo malato). Ai suoi tempi era un disegnatore
di satira politica, e sa sempre come farmi ridere quando ne ho bisogno.
*
- Maria Hinojosa: Questo aiuta sempre.
- Mary Robinson: Si', ci godiamo quei momenti buffi. Comunque, io credo
fermamente che questo e' il secolo in cui dobbiamo ascoltare di piu' le voci
delle donne. Sono sicura che ci aiutera' molto. Non sto dicendo che le donne
siano necessariamente migliori degli uomini. Non e' questo il punto. Ma le
donne governano e guidano in altra maniera, ascoltando, dando occasioni,
mettendosi in rete, con l'idea di risolvere i problemi. Abbiamo bisogno che
si dia riconoscimento a piu' voci femminili, perche' giocano un ruolo
incredibile nei processi di pace e riconciliazione. Sto organizzando un
forum con alcune colleghe, interculturale ed interregionale, lo inaugureremo
alla Columbia University questo mese. Discuteremo delle questioni legate
alla sicurezza umana fra culture, regioni e generazioni. Perche' mia figlia,
ad esempio, ha visioni differenti da me, soprattutto sulle istanze di
genere. E abbiamo bisogno di ascoltarci. E poi porteremo le nostre idee in
altri forum, che sono per la maggior parte dominati dagli uomini. Non
vogliamo, in questi luoghi, avere solo una donna che prenda appunti, o una
Mary Robinson che fa un intervento, cosi' che tutti possano dire: "Bene, le
donne c'erano, una l'avevamo". Vogliamo una maggior varieta' di voci
differenti, di prospettive diverse, tenendo fermo il punto che le donne in
questo secolo vogliono esercitare il loro ruolo guida. E che l'umanita' ne
ha davvero bisogno.

5. RIFLESSIONE. BENEDETTO VECCHI INTERVISTA IMMANUEL WALLERSTEIN
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 10 settembre 2006.
Benedetto Vecchi e' redattore delle pagine culturali del quotidiano "Il
manifesto"; nel 2003 ha pubblicato per Laterza una Intervista sull'identita'
a Zygmunt Bauman.
Immanuel Wallerstein, economista, docente alla State University di New York,
dirige il Fernand Braudel Center; fondamentale il suo contributo
nell'elaborazione dell'approccio analitico dell'economia-mondo; una non piu'
recente scheda del quotidiano "Il manifesto" cosi' lo presenta: "Autore
prolifico, Immanuel Wallerstein ha iniziato ad occuparsi di storia africana.
Della sua attivita' di studioso dell'Africa testimoniano i saggi di apertura
del volume Alla scoperta del sistema mondo (manifestolibri). Sicuramente la
sua opera piu' nota e' Il sistema mondiale dell'economia moderna (tre
volumi, Il Mulino), un testo fondamentale per comprendere il suo pensiero.
Nato nel 1930 a New York, occupa la cattedra di sociologia alla State
University of New York ed e' diventato direttore del Fernand Braudel Center
nel 1977, centro di studi che ha raccolto attorno a se' una nutrita schiera
di economisti, sociologhi, antropologi e storici. In quegli anni inizia un
lungo sodalizio intellettuale con Giovanni Arrighi e Terence Hopkins (con
quest'ultimo ha lavorato fino alla sua morte), e' a loro firma il volume
Antisystemic mouvement (manifestolibri). Da segnalare inoltre Razza nazione
classe (scritto con Etienne Balibar, Edizioni Associate), il Capitalismo
storico (Einaudi), La scienza sociale: come sbarazzarsene (Il Saggiatore), e
Dopo il liberalismo (Jaca Book). Da ricordare infine l'opera di raccolta e
pubblicazione dei suoi ultimi libri da parte delle edizioni Asterios (L'era
della transizione, Capitalismo storico e civilta' capitalistica, Geopolitica
e geocultura, Liberalismo e democrazia, e Navigando nella transizione)"]

Immanuel Wallerstein non ha certo bisogno di molte presentazioni. Docente a
Yale, e uno studioso che fa dell'interdisciplinarieta' il suo marchio, ha
nella sua quarantennale attivita' messo a punto la teoria del sistema-mondo
in numerosi libri, dal trittico sulla formazione dell'economia mondiale
pubblicato in Italia dal Mulino ai saggi sul capitalismo storico (Alla
scoperta del sistema-mondo e' edito da Manifestolibri, 2003). Non tutti
sanno che Wallerstein, animatore del Fernand Braudel Centre assieme a
Giovanni Arrighi, ha iniziato la sua attivita' di studioso come storico
dell'Africa. Esperienza che lo ha aiutato, successivamente, a guardare
all'economia dal punto di vista delle interdipendenze tra le singole realta'
nazionali. Parlare con lui dell'11 settembre costringe appunto ad assumere
una prospettiva mondiale. E sull'attacco alle Torri Gemelle ha sempre avuto
una posizione fuori dal mainstream. In alcuni saggi ha infatti affermato che
il crollo del World Trade Centre non ha cambiato il corso della storia. Ed
e' da questa affermazione che ha avvio l'intervista.
*
- Benedetto Vecchi: In passato lei ha invitato spesso a una certa prudenza
nel considerare l'attacco alle Torri Gemelle come un evento che ha cambiato
il corso della storia. Crede dunque che l'11 settembre non sia stato un
evento rilevante per gli assetti del sistema-mondo?
- Immanuel Wallerstein: Anno dopo anno, e' una domanda, questa, che ritorna
sempre con insistenza a ridosso dell'11 settembre. L'attacco alle Torri
Gemelle non ha cambiato nulla nel sistema-mondo. Ma subito dopo aggiungo: ha
cambiato molto nei rapporti tra gli stati e nella vita all'interno delle
societa'. Puo' apparire una contraddizione sostenere che il crollo del World
Trade Centre non si caratterizza come "evento" con la forza di cambiare un
sistema-mondo e poi affermare che invece la vita all'interno di quel sistema
e' cambiata tantissimo. Eppure contraddizione non c'e'. Un sistema-mondo e'
il risultato di un processo di lunga durata che vede all'opera protagonisti
molteplici, dalle realta' economiche a quelle statali, dai conflitti di
classe allo sviluppo scientifico. Potremmo dire che si sviluppa secondo
logiche evoluzioniste, ma non e' sempre cosi': ci possono essere
accelerazioni nella sua formazione, deviazioni, rallentamenti. L'attuale
sistema-mondo sta in una fase che in altre sedi ho definito di transizione.
Il centro dell'economia si sta spostando verso il Pacifico, dando vita a
conflitti - politici, interstatuali, economici, culturali - che vedono
coinvolti gli Stati Uniti, ma anche l'Europa e l'Asia. Stanno inoltre
emergendo nuovi stati, come la Cina, che competono per acquisire posizioni
di leadership mondiale. In America Latina abbiamo assistito a cambiamenti
politici quasi impensabili solo venti anni fa. Allo stesso tempo il
controllo delle fonti energetiche vede il confronto tra multinazionali e
stati spesso in conflitto tra loro. Tutti questi sono processi in atto da
ben prima dell'attacco alle Twin Towers. Potremmo dire che l'11 settembre
puo' essere considerato all'interno di questi processi, ma che non li ha
significativamente modificati. Cio' che invece l'11 settembre ha davvero
cambiato e' la vita all'interno delle nostre societa': Basta pensare alle
leggi varate per la lotta al terrorismo. E poi la guerra. Gli interventi in
Afghanistan prima, in Iraq poi sono stati giustificati a partire del crollo
delle Torre Gemelle. Forse ci sarebbero stati anche senza l'11 settembre, ma
la loro legittimita' e' stata costruita a partire da quell'attacco.
*
- Benedetto Vecchi: Ma questa relazione di causa ed effetto tra l'11
settembre e le guerre in Afghanistan e in Iraq si interrompe quando il
governo Usa si pone l'obiettivo della costituzione di un nuovo ordine
mondiale...
- Immanuel Wallerstein: Con la guerra permanente, George W. Bush vuole
costruire un nuovo ordine mondiale. Ma gli Stati Uniti non la stanno
vincendo. La cacciata dei talebani da Kabul non ha infatti significato la
loro sconfitta, cosi' come la caduta di Saddam Hussein non ha visto la fine
delle ostilita' militari in Iraq. Anzi possiamo dire che le attivita' di
guerra si sono intensificate il giorno dopo che i comandi militari
statunitensi hanno detto che l'obiettivo era stato raggiunto. Non so se la
guerra e' diventato l'unico strumento che regola i rapporti tra gli stati.
Storicamente la guerra si e' sempre alternata alla diplomazia. Quello che e'
certo e' che queste guerre hanno reso visibile al mondo la potenza militare
degli Usa, ma anche la loro crisi.
*
- Benedetto Vecchi: Alcuni studiosi hanno malignamente sostenuto che gli
Stati Uniti hanno fatto la guerra per rilanciare la loro economia. Lei che
ne pensa?
- Immanuel Wallerstein: Sarei portato a dire che hanno ragione. Ma anche in
questo caso c'e' da aggiungere che non e' detto che riescano a superare la
crisi economica. Le imprese e le merci statunitensi stanno perdendo la loro
competivita' e non basta certo mandare le truppe all'estero per risolvere
questo problema. Certo, possono esserci degli effetti benefici nel breve, ma
non nel lungo periodo. Inoltre, le scelte di politica economica di questi
ultimi anni sono state all'insegna della continuita': ridimensionamento del
welfare state e a favore delle multinazionali. Ma il declino economico degli
Stati Uniti non e' stato arrestato. Non dico che assisteremo a un collasso,
ma e' indubbio che il made in Usa non e' piu' competitivo.
*
- Benedetto Vecchi: E come e' cambiata la societa' americana? Dopo l'11
settembre sono state introdotte leggi contro il terrorismo che hanno
accresciuto il potere dell'Fbi, della Cia e della Nsa. Questo ha
indubbiamente cambiato il rapporto tra i cittadini e lo stato. Inoltre, si
pone il problema della crisi del multiculturalismo. Lei che pensa?
- Immanuel Wallerstein: Che l'Fbi, la Cia e la Nsa abbiano visto accresciuto
il loro potere e' indubbio. Che le leggi contro il terrorismo abbiano
modificato il rapporto tra i cittadini e lo stato e' altresi' vero. E questo
non vale solo per gli Stati Uniti. I cambiamenti introdotti nelle
legislazioni sulla sicurezza nazionale, sull'immigrazione, sulla regolazione
della mobilita' interna e esterna riguardano anche altri paesi. Ma cio' che
e' rilevante per gli Usa e' un altro aspetto. L'immagine di una nazione
stretta attorno al suo presidente e unita dietro la bandiera e' stata
sapientemente costruita all'indomani dell'11 settembre. Ma non coincide
molto con la realta'. La societa' americana si e' divisa su come
interpretare e rispondere all'attacco da subito. Sicuramente questa
divisione e' stata nascosta, ma e' continuata a permanere nell'opinione
pubblica. Il recente discorso di Bush che ammette l'esistenza di prigioni
segrete all'estero, che accetta di applicare la convenzione di Ginevra per i
prigionieri di Guantanamo, sono il sintomo di una difficolta'
dell'amministrazione rispetto alle critiche del suo operato da parte
dell'opinione pubblica. Il problema per gli americani ora e' quale rapporto
stabilire con il resto del mondo. George W. Bush ha sostenuto, nel recente
passato, che gli Stati Uniti avevano una missione: portare, anche con le
armi, la democrazia nel mondo. Ora dice che tutto cio' e' stato fatto per
garantire la sicurezza nazionale. Un cambiamento non da poco. Credo poco
all'immagine di un paese stretto attorno al suo presidente. Quello che
constato e' la sua crescente difficolta' di fronte all'opinione pubblica.

6. MAESTRI. GIUSEPPE GIOVANNI LANZA DEL VASTO: UN'EVIDENZA
[Da Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto, Introduzione alla vita interiore,
Jaca Book, Milano 1989, p. 206. Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto
("Shantidas" e' il nome che gli attribui' Gandhi) e' una delle figure piu'
grandi della nonviolenza; nato nel 1901 a San Vito dei Normanni da madre
belga e padre siciliano, studi a Parigi e Pisa. Viaggia e medita. Nel 1937
incontra Gandhi nel suo ashram. Tornato in Europa fonda la "Comunita'
dell'Arca", un ordine religioso e un'esperienza comunitaria nonviolenta,
artigianale, rurale, ecumenica. Promuove e partecipa a numerose iniziative
per la pace e la giustizia. E' deceduto in Spagna nel 1981. Tra le opere di
Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto segnaliamo particolarmente: Pellegrinaggio
alle sorgenti, Vinoba o il nuovo pellegrinaggio, Che cos'e' la nonviolenza,
L'arca aveva una vigna per vela, Introduzione alla vita interiore, tutti
presso Jaca Book, Milano (che ha pubblicato anche altri libri di Lanza del
Vasto); Principi e precetti del ritorno all'evidenza, Gribaudi; Lezioni di
vita, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze; In fuoco e spirito, La
Meridiana, Molfetta (Ba). Le comunita' dell'Arca - cosi' come gruppi e
persone amiche di questa esperienza - sono diffuse in vari paesi e
proseguono la riflessione e l'esperienza del fondatore; per informazioni e
contatti: digilander.libero.it/arcadilanzadelvasto/ o anche
xoomer.alice.it/arcadilanzadelvasto/ e ancora (in francese) www.canva.org]

I torti altrui non ci giustificano, ecco un'evidenza. Un'evidenza che si
oscura appena siamo noi a essere in causa.

7. LETTURE. LORENZO BENADUSI, GIOVANNI CERCHIA (A CURA DI): L'ARCHIVIO DI
PIETRO INGRAO
Lorenzo Benadusi, Giovanni Cerchia (a cura di), L'archivio di Pietro Ingrao,
Ediesse, Roma 2006, pp. 198, euro 12. Un utile strumento di lavoro per
conoscere l'archivio Ingrao depositato presso il Centro di studi e
iniziative per la riforma dello stato (il benemerito Crs di cui Ingrao fu a
lungo presidente), archivio in larghissima parte fin d'ora di pubblico
accesso. Il volume descrive dettagliatamente il fondo archivistico "Pietro
Ingrao" (930 fascicoli per 112 faldoni, contenenti corrispondenza, scritti e
discorsi, atti e materiali, fotografie), ed e' arricchito da un'introduzione
di Mario Tronti, due preziosi saggi dei curatori, un'ampia sezione di
fotografie, il regolamento per la consultazione del fondo Ingrao presso il
Crs, e in appendice il testo integrale di un discorso inedito di Ingrao del
16 marzo 1978, il giorno del rapimento di Aldo Moro (e con esso quello -
piu' breve - pronunciato quel giorno da Ingrao alla Camera dei Deputati, di
cui era allora presidente).

8. LE ULTIME COSE. ALFIERO PRESBIDAZZI: ALCUNE COSE CHE NON E' ELEGANTE DIRE
NELLA BUONA SOCIETA'
[Ringraziamo il nostro buon amico Alfiero Presbidazzi per questa gentile
missiva]

1. Non ho mai conosciuto un solo criminale - ed ahime' se ne ho conosciuti -
che per definire se stesso non si dichiarasse: realista.
2. Non ho mai conosciuto un solo citrullo che per giustificare la sua
giuliva volontaria servitu' all'oppressione, alla menzogna e al crimine non
si dicesse: realista.
3. Chiamano realismo il loro essersi arresi al male. Chiamano realismo il
loro essere complici del male. Chiamano realismo il loro cooperare a
distruggere il mondo.
4. Ridendo dicono folle chi ripudia le uccisioni; con la bava rabbiosa alla
bocca dicono folle follissimo chi lotta contro le uccisioni.
5. Sanno che basta una parola a cancellare la realta', che basta sottile una
lama ad estinguere un uomo, che basta sollevare o abbassare un dito in
parlamento a compiere una strage all'altro capo del mondo. Si compiacciono
dei loro successi. Si stupiscono quando quella violenza in qualche modo si
ritorce loro contro. Si lagnano molto di non essere compresi.
6. I piu' furbi tra loro si danno di gomito e ridono degli imbecilli che
hanno ingannato e convinto a macchiarsi con loro e per loro le mani di
sangue innocente.
7. So queste cose perche' sono uno di loro, ho il loro stesso volto, la loro
stessa storia, ho saputo preferire un'altra via.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1420 del 16 settembre 2006

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