La nonviolenza e' in cammino. 1228



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1228 dell'8 marzo 2006

Sommario di questo numero:
1. L'otto marzo a Roma le donne contro la guerra
2. Un'intervista a Yanar Mohammed
3. Haider Rizvi: Donne contro la guerra
4. Luisa Morgantini: l'Europa sostenga concretamente l'impegno nonviolento
di Aung San Suu Kyi
5. Sei liriche di Giovanna Bemporad
6. Due liriche di Letizia Lanza
7. Cinque liriche di Marisa Zoni
8. Chiara Fraschini presenta "La guerra non ci da' pace" a cura di Carla
Colombelli
9. Lidia De Federicis presenta "La guerra non ci da' pace" a cura di Carla
Colombelli
10. La "Carta" del Movimento Nonviolento
11. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. L'8 MARZO A ROMA LE DONNE CONTRO LA GUERRA
[Da varie persone amiche riceviamo e diffondiamo]

8 marzo, giornata internazionale delle donne: a Roma dalle ore 16 alle 18
sit-in davanti all'ambasciata statunitense in via Veneto.
Una chiamata alla pace: Le donne (e gli uomini) dicono no alla guerra.
Il prossimo 8 marzo sara' una giornata importante per le donne e per la
pace.
Raccogliendo l'appello internazionale di "Code Pink" e Cindy Sheehan, i
movimenti delle donne e per la pace stanno organizzando manifestazioni
davanti alle ambasciate Usa in tutto il mondo per chiedere la fine immediata
dell'occupazione militare dell'Iraq. La manifestazione principale si terra'
a Washington, dove un corteo portera' le firme di donne di tutto il mondo
alla Casa Bianca.
L'8 marzo vedra' manifestazioni in tutti gli Stati Uniti, dall'Alaska alle
Hawaii, dal Montana alla Florida, e anche in molti paesi del mondo (tra cui
Francia, Germania, Gran Bretagna, Svizzera, Svezia, Pakistan, Egitto, Benin,
Australia e Nuova Zelanda), e in Italia a Roma.
Nella capitale italiana associazioni femministe e pacifiste promuovono per
le ore 16 un sit-in davanti all'ambasciata Usa in via Veneto. Con cartelli,
striscioni e canti, le donne (e non sole) chiederanno che tutte le truppe
lascino l'Iraq e che ci sia una fine agli stupri, alle torture, alle
violazioni dei diritti umani, alle deportazioni, alle carceri segrete e allo
sterminio di civili.
Per chi si chiede perche' una manifestazione contro la guerra davanti
all'ambasciata Usa a Roma mentre il governo Italiano ha le truppe in Iraq,
le organizzazioni promotrici rispondono che... la sovranita' italiana viene
calpestata con sequestri sul suolo nazionale da parte della Cia, con lo
stoccaggio di armi nucleari nelle basi Usa in violazione del trattato di non
proliferazione, e con gli impedimenti nello svolgimento delle indagini sul
caso Sgrena-Calipari.
Il sit-in vuole anche essere una tappa verso la manifestazione nazionale che
si terra' a Roma il 18 marzo, terzo anniversario dell'invasione e giornata
internazionale contro la guerra e le occupazioni.
*
Per informazioni sulla giornata del 18 marzo: www.18marzo.unmondodiverso.it
Per informazioni sulla giornata dell'8 marzo: www.peaceandjustice.it
Per informazioni sull'appello internazionale e le manifestazioni in
programma nel mondo, vedere il sito di "Women say no to war":
www.womensaynotowar.org
Per maggiori informazioni: cciddonne at tiscalinet.it, nellagin at fastwebnet.it,
info at peaceandjustice.it
*
Associazioni prime firmatarie: Associazione federativa femminista
internazionale (Affi), Bastaguerra, Donne in nero, U.S. Citizens for Peace &
Justice, Women's International League for Peace and Freedom (Wilpf Italia).

2. IRAQ. UN'INTERVISTA A YANAR MOHAMMED
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
averci messo a disposizione nella sua traduzione la seguente intervista di
"Whr net"  (Rete per i diritti umani delle donne) a Yanar Mohammed,
presidente dell'Organizzazione per la liberta' delle donne in Iraq (Owfi)]

- Whr net: Com'era la situazione per i diritti delle donne in Iraq, prima
dell'invasione Usa, e com'e' ora?
- Yanar Mohammed: Prima dell'invasione, l'Iraq era governato da un
dittatore, sotto il cui regime le liberta' politiche erano bandite, e le
trasgressioni punite duramente. Non c'e' da discutere sul fatto che Saddam
commise atrocita' terribili contro il suo stesso popolo, in particolare la
popolazione curda, e la gente soffriva enormemente per le continue guerre
regionali e per l'embargo. Tuttavia, dobbiamo anche saper riconoscere che
durante quel periodo la societa' ha beneficiato della laicita' e di una
certa prosperita' economica. Le donne avevano accesso all'istruzione ed al
lavoro. Il 40% dei lavoratori nel settore pubblico erano donne. Avevamo la
garanzia di trovare un impiego al termine degli studi, che erano gratuiti su
base nazionale. L'indipendenza economica ed un alto livello di istruzione
ponevano le donne irachene in uno status privilegiato, se ci si confrontava
con gli altri paesi mediorientali. I movimenti progressisti che erano
presenti in Iraq ancor prima del regime di Saddam, avevano influenzato la
scena sociale, e lo status delle donne era rispettato, e le liberta' sociali
godute. Questi movimenti comprendevano nelle loro organizzazioni piu' di
40.000 donne in tutto il paese, e avevano ottenuto miglioramenti nella
riforma del diritto di famiglia. Le donne delle citta' erano professioniste,
giudici, ministri, e vestivano in stili moderni. Aree professionali come la
recitazione, l'insegnamento artistico e la contabilita' bancaria erano
affollate da donne.
Il cambiamento e' avvenuto nel giro di una notte, dopo l'invasione
dell'Iraq. Le forze di occupazione smantellarono ogni istituzione precedente
che avesse a che fare con la sicurezza e la difesa. Il sistema  di
conseguenza crollo', senza che nulla venisse sostituito alle strutture
distrutte, e cominciarono i saccheggi, il rapimento di donne ed il loro
traffico nei paesi confinanti, poiche' i confini erano aperti e non vi erano
ispezioni serie.
L'Owfi organizzo' una dimostrazione il 24 agosto 2003, pochi mesi dopo la
guerra, in cui diedi lettura della mia lettera aperta a Bremer, in cui
chiedevo sicurezza per le donne sulle strade irachene. Ritengo costui
responsabile delle vite di almeno quattrocento donne che furono rapite per
essere stuprate, vendute o uccise. Da allora ad oggi le strade non sono
ancora sicure, e si sono aggiunti nuovi elementi.
Militanti di partiti religiosi fondamentalisti girano per le strade
molestando le donne che non sono velate o non indossano abiti "islamici".
Questi personaggi hanno ucciso numerose donne perche' avevano una
professione, e parte di essi sono oggi al governo. Nelle citta' del sud, i
gruppi islamisti pro-Iran (Brigate Badr) hanno il pieno controllo della
scena politica. Questo ha mutato le strade in zone "no donne", dove persino
le cristiane non osano camminare senza velo.
Dato il crollo del settore pubblico, la maggior parte delle donne ha perso
l'impiego, e dopo due anni senza entrate si sono rivolte alla scena tribale,
dove sono economicamente protette. La disoccupazione fra le donne si aggira
ancora attorno al 90% e non vi sono in atto programmi di assistenza sociale.
*
-Whr net: Puoi spiegare il processo che ha portato all'esclusione ed alla
discriminazione delle donne per legge? Cos'e' cambiato con la nuova
Costituzione, e quali sono le conseguenze per le donne?
- Yanar Mohammed: Nella prima Costituzione, scritta nel 1925, non c'era
menzione di una religione formale. Nella successiva Costituzione, scritta
durante la prima repubblica nel 1958, fu deciso che l'Islam era la religione
della repubblica. Questo testo subi' dei cambiamenti nel 1963, nel 1968 e
nel 1870. Il diritto di famiglia era solo in parte basato sull'Islam, ed era
stato soggetto ai mutamenti dovuti alle pressioni dei movimenti femminili
progressisti.
Dopo l'invasione, gli Usa divisero i seggi di governo e parlamento tra
gruppi politici pesantemente armati, visti come "forti" (per lo piu'
islamisti sciiti e nazionalisti curdi), il che ha lasciato gli attivisti per
i diritti delle donne e per i diritti umani senza difesa, marginalizzati e
inascoltati.
Il primo risultato di tale configurazione del potere e' stato chiaro nella
nuova Costituzione. La sharia islamica viene in essa considerata come fonte
legislativa di base. Cio' ha automaticamente cancellato le conquiste
femministe in Iraq. E' stato un enorme passo indietro per lo status delle
donne, e ha ridotto l'Iraq ad un paese governato dalla religione.
Dato il corrente governo, potra' accadere che il diritto di famiglia
legalizzera' la poligamia, la battitura domestica per "disciplinare" le
donne, la lapidazione per le adultere, e l'apartheid di genere. E' di questi
giorni la risoluzione del governo che separa le classi per sessi nelle
universita' e nei licei.
Fin dall'inizio della guerra, líamministrazione Usa ha incontrato e incontra
individui e gruppi che si identificano in base alla religione ed all'etnia.
A chi ha rifiutato di farlo non sono stati offerti seggi in nessun
consiglio. Il miglior esempio per chiarire questo punto e' la scelta del
segretario del piu' grande partito laico del paese, il partito comunista
iracheno, che ora ha un seggio sciita nel consiglio di governo. Agli
iracheni e' stata negata una rappresentazione politica, perche' il piano
statunitense era di dividerli lungo le linee etniche, religiose e settarie.
Ci sono voluti due anni di diligenti separazioni per portare a termine il
piano, il cui risultato e' una guerra civile in cui le persone vengono
uccise in base alla loro identificazione settaria.
*
- Whr net: Qual e' l'impatto degli attacchi militari sulla vita delle donne?
- Yanar Mohammed: Le atrocita' che seguono le azioni militari e la mancanza
di sicurezza sono divenute realta' nei primi mesi dopo la guerra, e ancora
persistono. Hanno forzato le donne ad abbandonare il lavoro, e a tenere le
figlie a casa, lontano dalla scuola. Questa situazione include anche le
aggressioni contro le donne operate dalla resistenza islamista
fondamentalista, che in relazione alle donne ha adottato i metodi dei
Talebani. Sono state emesse numerose sentenze religiose (fatwa) per
costringere giovanissime ragazze al matrimonio con i Mujahideen a Falluja e
a Ramadi, cosa che doveva salvarle dallo "stupro americano" ed ha di fatto
legalizzato lo stupro matrimoniale di bambine dodicenni.
L'occupazione ha trasformato l'Iraq in un'altra repubblica islamica, come
l'Iran, dove le donne sono cittadine di seconda classe per legge. Gli Usa
sono rimasti a guardare mentre i gruppi islamisti sciiti diventavano
maggioranza nel governo ed applicavano la loro arretratezza su tutto il
popolo iracheno, senza il minimo segno di sconcerto. Gli sciiti stanno
usando tutta la loro forza per andare in una determinata direzione, ma non
riescono ad imporla ad una societa' che ha goduto per piu' di un secolo e
mezzo una vita moderna e civile.
L'ambasciatore Usa Khalil Zadeh osa descrivere la nuova Costituzione come
una delle piu' democratiche del mondo islamico. Non menziona il fatto che il
60% della popolazione irachena, le donne, e' ora costituito da cittadine di
seconda classe per tutto cio' che riguarda i diritti sociali, economici e
politici. Se gioisce di tale Costituzione, e' come se gioisse per lo scoppio
della guerra civile, e per la balcanizzazione dell'Iraq.
*
- Whr net: Come stanno gestendo questa situazione le organizzazioni delle
donne? E di che sostegno avete bisogno da parte del movimento internazionale
per i diritti umani delle donne?
- Yanar Mohammed: Sfortunatamente, parlando di gruppi femminili in Iraq, ora
dobbiamo tenere presente che i partiti hanno reclutato donne affinche'
rappresentassero la loro agenda misogina, e hanno assegnato a costoro
l'intera quota femminile in parlamento. Comunque, la scena delle
organizzazioni femminile copre tutti i colori dello spettro, dai gruppi piu'
reazionari (come Al Mihrab Martyr) a quelli piu' progressisti, che
continuano a chiedere diritti umani per le donne in accordo agli standard
universali, senza alcun compromesso con le religioni locali, e l'Owfi ha un
ruolo guida in questo.
Gli occupanti Usa si sono sempre preoccupati di escludere l'Owfi dalle loro
conferenze e dagli eventi altamente manipolati e pubblicizzati che hanno
rivolto alle donne. Hanno favorito chiunque acconsentisse a compromessi
sulle istanze femminili. Hanno messo sotto i riflettori le donne velate
islamiste a rappresentare tutte le donne irachene, ed infine hanno diviso
ancora la massa delle donne laiche su basi etniche, religiose e settarie.
Le donne laiche si trovano iscritte d'ufficio a gruppi diversi: se sono
arabe, curde, turcomanne, sciite, sunnite, eccetera. Il piano per
demoralizzare le donne e' stato studiato bene. Dopo due anni di incontri con
le Ong nella "zona verde", i gruppi laici hanno continuato a non ricevere
nessun sostegno e la maggior parte di essi si e' sciolta.
L'Owfi ha deciso di non avere alcun contatto con i perpetuatori
dell'arretratezza e della misoginia, ma piuttosto di cercare sostegno nella
piu' ampia base di reti femministe nel mondo. In questo modo, siamo riuscite
ad aprire due rifugi per le donne, a pubblicare nove numeri del giornale "Al
Mousawat", e molte attiviste si sono unite a noi.
Il nostro progetto per la liberta' delle donne ha bisogno di aiuto
finanziario, per consentirci di continuare il nostro lavoro nelle difficili
circostanze create dalla guerra. Il nostro progetto piu' ambizioso, al
momento, e' riuscire a dar vita ad una tv satellitare, che parli della
liberta' femminile nei paesi mediorientali. Una tv libertaria e laica, in
controtendenza con cio' che viene trasmesso dagli altri canali e che tende a
distruggere la coscienza dei giovani. "Amwaj (Onde) tv" contribuira' a
formare nuove onde del femminismo iracheno ed arabo, e lavorera'
efficacemente contro la misoginia patriarcale sostenuta dalla religione.
L'alternativa a tutto questo male, alla misoginia ed al bigottismo, e'
l'alternativa delle donne. Da quando scegliemmo il nostro nome, "Per la
liberta' delle donne", la nostra idea era di trasmettere onde di attivismo
femminista in Iraq ed oltre, in tutto il Medio Oriente, di farci ascoltare
dal mondo intero. Speriamo che l'eco di queste onde torni a noi, portandoci
sostegno ed incoraggiamento.

3. MONDO. HAIDER RIZVI: LE DONNE CONTRO LA GUERRA
[Dal bollettino elettronico quindicinale di Attac-Italia "Il granello di
sabbia", n. 147 del 10 febbraio 2006 (per contatti: redazione at attac.org)
riprendiamo il seguente articolo. Haider Rizvi e' giornalista dell'Ips
(Inter Press Service)]

Un gruppo di donne con sede negli Usa ha lanciato una campagna globale per
raccogliere 100.000 firme entro l'8 marzo, Giornata internazionale della
donna, data in cui la petizione sara' recapitata alla Casa Bianca e alle
ambasciate Usa di tutto il mondo.
"Stiamo dando voce a un coro femminile globale che grida, 'E' troppo!'", ha
dichiarato Medea Benjamin, cofondatrice di "Codepink: Women for Peace", un
gruppo in difesa dei diritti con sede in California, che ha lanciato la
campagna globale dal titolo "Le donne dicono no alla guerra".
"L'amministrazione sta cercando di sottrarsi alla responsabilita' (della
guerra), ma non permetteremo che cio' accada", ha detto all'Ips Jodie Evans
di Codepink. "Questa campagna e' eccezionale, riunisce migliaia di donne in
tutto il mondo, creando qualcosa che noi non possiamo nemmeno vedere".
Descrivendo come "schiacciante" la risposta iniziale all'appello del gruppo,
Benjamin ha dichiarato che piu" di 200 donne di alto profilo in vari campi
hanno appoggiato la campagna anche prima che venisse formalmente lanciata
all'inizio del mese.
Tra le firmatarie ci sono popolari attrici, come Susan Sarandon, la
drammaturga Eve Ensler, l'attrice comica Margaret Cho, e scrittrici come
Alice Walkers, Anne Lamott, Maxine Hong Kingston e Barbara Ehrenreich.
"Noi, donne di Stati Uniti, Iraq, e di tutto il mondo, ne abbiamo abbastanza
della guerra insensata in Iraq e del crudele attacco ai civili in tutto il
mondo", si legge nell'appello. "Abbiamo seppellito molti dei nostri cari e
visto troppe vite troncate per sempre...".
"Questo non e' il mondo che vogliamo per noi e per i nostri figli", prosegue
l'appello, "Con il fuoco nello stomaco e l'amore nel cuore, noi donne ci
alziamo in piedi - al di la' dei confini - per unirci e chiedere la fine
dello spargimento di sangue e della distruzione".
Cindy Sheehan, il cui figlio Casey e' stato ucciso combattendo in Iraq, e
che ha successivamente digiunato vicino al ranch del presidente Bush in
Texas per chiedere (senza riuscire ad ottenerlo) un incontro faccia a
faccia, attirando l'attenzione dei media, e' stata una delle prime
firmatarie della campagna.
"Il dolore provocato da questa guerra in tutto il mondo e' inimmaginabile",
riporta una dichiarazione di Sheehan. "Ho incontrato altre donne pronte a
unirsi per porre fine a questa follia".
Sollecitando un cambiamento di strategia degli Usa in Iraq, "da un modello
militare a un modello di risoluzione del conflitto", le organizzatrici
chiedono il ritiro di tutte le truppe straniere dall'Iraq, e ampia
rappresentanza femminile nel processo di pace di quel paese.
"Oggi le donne irachene sono devastate. Ci vorranno decenni di lotta per
ritornare a una vita pacifica e civile", ha dichiarato Yanar Mohammed,
firmataria della campagna e presidente dell'Organizzazione per la liberta'
delle donne in Iraq. "L'occupazione Usa ha gettato i semi di una divisione
etno-settaria, preparando l'Iraq a una guerra civile, e ha consacrato la
supremazia religiosa sopra e contro i diritti umani e delle donne", ha
aggiunto l'attivista.
Dall'invasione dell'Iraq da parte delle forze della coalizione guidata dagli
Usa, hanno perso la vita decine di migliaia di innocenti civili iracheni,
comprese donne e bambini. Gli oppositori denunciano che, malgrado la
protesta di influenti gruppi per i diritti umani, come Amnesty
International, con sede nel Regno Unito, e la statunitense Human Rights
Watch, l'esercito americano continua a eludere la responsabilita' di tenere
un registro delle perdite civili. Tuttavia, un sondaggio indipendente
condotto dal giornale medico britannico "The Lancet", ha concluso lo scorso
anno che almeno 100.000 civili erano gia' morti in Iraq a causa della
guerra.
Alcuni gruppi umanitari che lavorano vicino al governo Usa hanno iniziato a
chiedere al Pentagono di pagare un indennizzo alle famiglie dei caduti sotto
i bombardamenti aerei americani in Iraq.
"Abbiamo la responsabilita' di aiutare le vittime e i loro congiunti", ha
dichiarato Sarah Holewinsky, direttrice della Campagna per le vittime
innocenti nei conflitti (Civic) con sede a Washington, gruppo fondato da
Maria Rouzicka, uccisa in un attacco suicida in Iraq mentre aiutava le
vittime civili della guerra in quel paese.
Tuttavia, malgrado il rifiuto dell'amministrazione di decidere una scadenza
per il ritiro, la maggioranza della popolazione Usa e' diventata contraria
alla guerra, e molti ex-generali dell'esercito Usa e parlamentari
precedentemente favorevoli al conflitto chiedono oggi a gran voce una
strategia concreta di uscita.
Recenti sondaggi d'opinione mostrano anche un continuo calo della
popolarita' del presidente Bush, che ha cercato di sostenere la propria
immagine di "presidente di guerra". Nel frattempo, cresce ogni giorno la
campagna globale delle donne contro il conflitto...

4. APPELLI. LUISA MORGANTINI: L'EUROPA SOSTENGA CONCRETAMENTE L'IMPEGNO
NONVIOLENTO DI AUNG SAN SUU KYI
[Ringraziamo Luisa Morgantini (per contatti: lmorgantini at europarl.eu.int)
per questo intervento.
Luisa Morgantini, parlamentare europea, presidente della delegazione del
Parlamento Europeo al Consiglio legislativo palestinese, fa parte delle
Donne in nero e dell'Associazione per la pace; il seguente profilo di Luisa
Morgantini abbiamo ripreso dal sito www.luisamorgantini.net: "Luisa
Morgantini e' nata a Villadossola (No) il 5 novembre 1940. Dal 1960 al 1966
ha lavorato presso l'istituto Nazionale di Assistenza a Bologna occupandosi
di servizi sociali e previdenziali. Dal 1967 al 1968 ha frequentato in
Inghilterra il Ruskin College di Oxford dove ha studiato sociologia,
relazioni industriali ed economia. Dal 1969 al 1971 ha lavorato presso la
societa' Umanitaria di Milano nel settore dell'educazione degli adulti. Dal
1970 e fino al 1999 ha fatto la sindacalista nei metalmeccanici nel
sindacato unitario della Flm. Eletta nella segreteria di Milano - prima
donna nella storia del sindacato metalmeccanico - ha seguito la formazione
sindacale e la contrattazione per il settore delle telecomunicazioni,
impiegati e tecnici. Dal 1986 e' stata responsabile del dipartimento
relazioni internazionali del sindacato metalmeccanico Flm - Fim Cisl, ha
rappresentato il sindacato italiano nell'esecutivo della Federazione europea
dei metalmeccanici (Fem) e nel Consiglio della Federazione sindacale
mondiale dei metalmeccanici (Fism). Dal novembre del 1980 al settembre del
1981, in seguito al terremoto in Irpinia, in rappresentanza del sindacato,
ha vissuto a Teora contribuendo alla ricostruzione del tessuto sociale. Ha
fondato con un gruppo di donne di Teora una cooperativa di produzione, "La
meta' del cielo", che e' tuttora esistente. Dal 1979 ha seguito molti
progetti di solidarieta' e cooperazione non governativa con vari paesi, tra
cui Nicaragua, Brasile, Sud Africa, Mozambico, Eritrea, Palestina,
Afghanistan, Algeria, Peru'. Si e' misurata in luoghi di conflitto entro e
oltre i confini, praticando in ogni luogo anche la specificita' dell' essere
donna, nel riconoscimento dei diritti di ciascun essere umano: nelle
rivendicazioni sindacali, con le donne contro la mafia, contro l'apartheid
in Sud Africa, con uomini e donne palestinesi e israeliane per il diritto
dei palestinesi ad un loro stato in coesistenza con lo stato israeliano, con
il popolo kurdo, nella ex Yugoslavia, contro la guerra e i bombardamenti
della Nato, per i diritti degli albanesi del Kosovo all'autonomia, per la
cura e l'accoglienza a tutte le vittime della guerra. Attiva nel campo dei
diritti umani, si e' battuta per il loro rispetto in Cina, Vietnam e Siria,
e per l'abolizione della pena di morte. Dal 1982 si occupa di questioni
riguardanti il Medio Oriente ed in modo specifico del conflitto
Palestina-Israele. Dal 1988 ha contribuito alla ricostruzione di relazioni e
networks tra pacifisti israeliani e palestinesi. In particolare con
associazioni di donne israeliane e palestinesi e dei paesi del bacino del
Mediterraneo (ex Yugoslavia, Albania, Algeria, Marocco, Tunisia). Nel
dicembre 1995 ha ricevuto il Premio per la pace dalle Donne per la pace e
dalle Donne in nero israeliane. Attiva nel movimento per la pace e la
nonviolenza e' stata portavoce dell'Associazione per la pace. E' tra le
fondatrici delle Donne in nero italiane e delle rete internazionale di Donne
contro la guerra. Attualmente e' deputata al Parlamento Europeo... In Italia
continua la sua opera assieme alle Donne in nero e all'Associazione per la
pace". Opere di Luisa Morgantini: Oltre la danza macabra, Nutrimenti, Roma
2004.
Aung San Suu Kyi , figlia di Aung San (il leader indipendentista birmano
assassinato a 32 anni), e' la leader nonviolenta del movimento democratico
in Myanmar (Birmania) ed ha subito - e subisce tuttora - durissime
persecuzioni da parte della dittatura militare; nel 1991 le e' stato
conferito il premio Nobel per la pace. Opere di Aung San Suu Kyi: Libera
dalla paura, Sperling & Kupfer, Milano 1996, 1998.
Leyla Zana,  intellettuale kurda, tra le figure piu' significative
dell'impegno per i diritti umani, eletta al Parlamento della Turchia, ha
subito durissime persecuzioni e la privazione della liberta' per il suo
impegno per i diritti del suo popolo, la democrazia e la dignita' umana]

Il premio annuale "Olof Palme", intitolato al premier socialdemocratico
svedese assassinato venti anni fa, e' stato quest'anno assegnato, lo scorso
28 febbraio, alla dissidente storica del Myanmar (l'ex Birmania) Aung San
Suu Kyi, in assenza della premiata, agli arresti nel suo Paese.
Aung San Suu Kyi e' stata premiata "per il suo lavoro notevole e continuo in
favore dell'instaurazione della democrazia in Myanmar".
Considero un fatto estremamente positivo che la dissidente birmana, gia'
insignita del Premio Nobel per la pace, sia considerata "un esempio di
opposizione pacifica all'oppressione per tutti i popoli del mondo". Cio' non
toglie che l'Unione Europea continui a mostrare la sua discontinuita' e
lentezza.
Mi riferisco all'analogia con la situazione curda. Anche Leyla Zana ha
ricevuto il premio Sacharov e dopo cinque anni dal premio, il figlio, in un
incontro al Parlamento Europeo, si era chiesto se quel riconoscimento
servisse veramente a smuovere qualcosa per la sua causa, visto che Leyla
Zana si trovava in quel momento in un carcere insieme ad altri parlamentari
curdi, a causa della loro attivita' politica. Oggi Leyla Zana e' libera,
anche se ancora sotto minaccia di processo.
Ora, credo sia doveroso porsi delle domande.
Quali prospettive concrete si offrono per Aung San Suu Kyi? Quali pressioni
l'Europa sta facendo concretamente sul governo del Myanmar?
L'Unione Europea e i governi che ne fanno parte non possono limitarsi al
riconoscimento formale di simili esempi di impegno nonviolento per la
democrazia, senza agire nella stessa direzione con pressioni e politiche di
persuasione a livello istituzionale e di governo...

5. VOCI. SEI LIRICHE DI GIOVANNA BEMPORAD
[Da "Noi donne" di aprile 2005 (disponibile anche nel sito:
www.noidonne.org). Dalla medesima rivista riprendiamo altresi' alcuni
stralci dalla presentazione dell'autrice scritta da Luca Benassi: "... non
si capisce perche' una poetessa come Giovanna Bemporad sia esclusa da
antologie ed elencazioni piu' o meno autorevoli, anche in presenza di
giudizi critici di rilievo espressi, fra gli altri, da poeti come Pier Paolo
Pasolini - suo primo recensore ed amico -, Giovanni Raboni, Camillo Sbarbaro
ed Elio Pagliarani che la considera sua "maestra". La Bemporad e' nota
soprattutto per il suo lavoro di traduzione. Dopo aver esordito poco piu'
che adolescente con una traduzione in endecasillabi dell'Eneide, si dedica
ad autori classici (Omero, Saffo e brani tratti dai Veda, gli antichissimi
testi sacri indiani), simbolisti francesi (Baudelaire, Verlaine, Rimbaud,
Mallarme') e lirici tedeschi moderni (Hoelderlin, Rilke, George), pubblicati
nel 1948 insieme a una scelta di proprie poesie nella raccolta Esercizi,
ristampata da Garzanti nel 1980. La stessa casa editrice ristampa nel 1981
l'Elettra di Hofmannsthal e nel 1986 i Canti spirituali di Novalis. Nel 1990
la casa editrice Le Lettere di Firenze pubblica, e ristampa successivamente
nel 1992 e nel 2004, l'opera a cui la Bemporad ha dedicato tutta la vita: le
stesura definitiva in endecasillabi, non ancora completa, dell'Odissea con
la quale ha vinto nel 1993 il Premio nazionale per la traduzione letteraria
istituito dal Ministero per i beni e le attivita' culturali. Ed e' proprio
la traduzione dell'Odissea ad aver dato notorieta' alla Bemporad, attraverso
un testo costruito sul calco dell'originale con la musicalita'
dell'endecasillabo italiano, un'operazione che in simili traduzioni dei
poemi omerici ha raramente raggiunto esiti cosi' perfetti e allo stesso
tempo di estrema godibilita' di lettura. Tanto che nel 2003 la Einaudi ne ha
dato alle stampe un'edizione scolastica per i licei; ed e' di prossima
uscita anche l'edizione scolastica dell'Eneide da lei tradotta e gia'
pubblicata nel 1983 presso Rusconi. La casa editrice Archivi del '900 ha
recentemente pubblicato Cara Giovanna - Lettere di Camillo Sbarbaro a
Giovanna Bemporad (1952-1964), che ripropone alcune delle lettere che il
poeta ligure scrisse alla poetessa. Giovanni Raboni ha definito il lavoro
della Bemporad 'di un infinito perfezionamento ritmico e sonoro, teso a
restituire all'endecasillabo il suo diritto a esistere nella poesia del
Novecento con una pronuncia originale e moderna. E' quasi impossibile, nel
suo caso, fare distinzione fra testi originali e testi derivati: negli uni e
negli altri circolano la stessa ansia di assolutezza formale, la stessa
vitrea incandescenza, un'unica rarefatta ossessione'... La scelta qui
proposta include solo testi originali perche' sono di minore reperibilita',
escludendo le traduzioni che pure tanta parte hanno nel lavoro della
Bemporad apprezzato fin dall'inizio da letterati come Leone Traverso, Manara
Valgimigli, Mario Praz e tanti altri. Le poesie scelte sono state tratte
dall'edizione Garzanti degli Esercizi del 1980, con le varianti autografe
gentilmente proposte dall'autrice stessa. Al momento la Bemporad sta
preparando l'edizione definitiva delle sue poesie. E' in corso di stampa la
traduzione del Cantico dei Cantici, per i tipi della Morcelliana, che gia'
pubblico' nel '52 l'Elegia di Marienbad di Goethe e gli Inni alla notte di
Novalis"]

Veramente io dovro' dunque morire
come un insetto effimero del maggio
e sentiro' nell'aria calda e piena
gelare a poco a poco la mia guancia?
Piu' vera morte e' separarsi in pianto
da amate compagnie, per non tornare,
e accomiatarsi a forza dalla celia
giovanile e dal riso, mentre indora
con tenerezza il paesaggio aprile.
O per me non sarebbe male, quando
fosse il mio cuore interamente morto,
smarrirmi in questa dolce alba lunare
come sinfrange unonda nella calma.

*

Non farmi cosi' sola come il vento
che si dispera in questa notte fonda
fino a morirne, eternamente sola
non farmi, come gia' sono da viva,
sotto la volta immensa ch'e' misura
del nostro nulla. In punto di lasciare
questa mia fragile vicenda, tutte
le mie dolci abitudini, e la gioia
che spesso segue all'urto del dolore,
voglio adagiarmi su una zolla d'erba
nell'inerzia, supina. E avro' piu' cara
la morte se in un attimo, decisa,
piano verra', toccandomi una spalla.

*

In riva al mare

Dalla mia fronte io esco in riva al mare
dove sommessa mormora i suoi baci
l'onda; e conchiglie, imbuti del rumore,
ci ascoltano pudiche e indifferenti.

Davanti a me si rinnova il suo gioco
di animale veloce che ai miei piedi
si stende per piacermi e mi incoraggia
con battiti di ciglia; anima preda
di polipi e di granchi io ti respingo,
votata al clima immobile degli astri.

Su me sospende il cielo la sua curva
larga, ariosa, e modella i miei passi
non di un'eta', non di un attimo, un'ora
ma di un'antichita': parola estratta
dalla tua pausa, o mare, fronte colma.

*

Madrigale

Padiglione di mandorli nel biondo
colore di febbraio e' la campagna;
e al rapido infittirsi dei germogli
che traboccano, o in punto di incarnarsi,
la volutta' mi afferra senza braccia.
L'immagine di lei si acciglia e ride
sotto un gioco di rondini, al suo collo
mobile di baleni accosto il labbro
e alla sua bocca, foglia di sibilla.
Ma insiste per i campi un assiuolo
l'armonia di velluto, e fa un profumo
dal suo bruno languore misurato
la viola; io ripenso le sue dita
rosse all'estremita', petali intinti
di porpora, tracciare sulla sabbia
dei millenni il mio nome all'infinito.

*

La ninfa e l'Ermafrodito

Chiusi i suoi grandi occhi insufficienti
dove essenze d'aurora e d'ideale
galleggiano, ha disteso il fianco ambrato
tra i pioppi ed olmi anelanti all'altezza
l'ermafrodito; ha disteso il suo corpo
sull'erba, vinto dal meriggio fulvo
che impone una consegna di silenzio
e una riserva d'ombra ad ogni fronda
sospesa la dolce incanto del suo sonno.
Sono strali nel fianco e nel mio cuore
le linee del suo corpo, chiare, lisce
fino ai capelli, attorti in arabeschi
simili a verdi draghi addormentati.
Forse il belletto aereo dell'aurora
ha tinto questa bocca, molle e gonfia
come un frutto dei tropici. Il suo riso
che ride alle ninfee m'intesse il velo
di una trapunta gelosia; mi apprendo
come un'ape al suo labbro materiato
di piacere e di sonno; vi suggello
solitudini lunghe e incontri rari,
stagioni d'odio e d'amore, l'asprezza
della morte essenziale, e mi allontano
sull'ala ebbra e inquieta del pudore.

*

L'ossessione

Se all'indulgente luce meridiana
la mia stanchezza espongo, se il mio capo
sonoro d'inni appoggio alla carezza
di un vento blando, abbattuta su questo
tavolo d'osteria, nel cerchio d'ombra
di un largo ippocastano, quale demone
malvagio in me risveglia l'ossessione
che il mio viso riflesso nel boccale
fa tremare, e il suo liquido compagno?
Guardo gelarsi le piu' calde stille
di gioventu' nei miei occhi di smalto,
guardo con gli occhi appostati nell'ombra
della follia seccarsi le piu' ricche
stille di gioia sul mio viso arato
dal tuo piede d'avorio, arida morte.

6. VOCI. DUE LIRICHE DI LETIZIA LANZA
[Da "Noi donne" di giugno 2005 (disponibile anche nel sito:
www.noidonne.org). Dalla medesima rivista riprendiamo altresi' uno stralcio
della presentazione dell'autrice scritta da Luca Benassi: "Letizia Lanza si
occupa di civilta' antiche. Laureata in lettere classiche a Venezia e
perfezionata in scienze dell'antichita' (indirizzo filologico) a Padova,
persegue da anni una ricerca portata avanti in prospettiva
storico-femminile. Ha collaborato con la Fondazione scientifica Querini
Stampalia Onlus di Venezia per l'organizzazione di una serie di interventi
sul rapporto Antico/Moderno (Seminari Piero Treves 1995-'96. Atti, Venezia,
1999). E' nella redazione della rivista veneziana "Nexus" svolgendo
attivita' di consulenza sull'antico e collabora con l'associazione "L'Araba
Felice" per la quale ha gia' curato nel sito web (www.arabafelice.it) le
schede di Ingeborg Bachmann, Sara Copio Sullam, Christine de Pizan, Clotilde
Tambroni e Virginia Woolf. E' tra le voci di letteratura contemporanea nel
sito www.letteraturaalfemminile.it/letizialanza.html. Il suo indirizzo web
figura nella Libreria delle Donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) e fa
parte della Fondazione Luciano Bianciardi. Sul rapporto tra letteratura e
femminilita' ed in particolare sul femminile nell'antico ha pubblicato, tra
le altre cose: Scritti di donna, Venezia, Supernova, 1995; Vipere e demoni.
Stereotipi femminili dell'antica Grecia, Venezia, Supernova, 1997; Donne
greche (e dintorni). Da Omero a Ingeborg Bachmann, Venezia, Supernova, 2001;
Grecita' femminile. L'altra Penelope, Venezia, Supernova, 2001; Diabolica.
Da oggi a ieri, Supernova, Venezia 2004..."]

Never more

Non piu'
ludominitanti
frecce dorate
- gioia di luce -
appuntate oramai
a breve terso ricamo
di esistenza.
Inaridio nihilo
di rigagnolo -
e di fiume
immenso.

*

Ascolto

Lucciole di voce
nel fitto
di magma
abissale.
Lacrime
di pece,
cobalto
d'illusione.
Vacuita'
di ascolto.

7. VOCI. CINQUE LIRICHE DI MARISA ZONI
Da "Noi donne" di luglio 2005 (disponibile anche nel sito:
www.noidonne.org). Dalla medesima rivista riprendiamo altresi' alcuni
stralci della presentazione dell'autrice scritta da Luca Benassi: "Marisa
Zoni e' nata nel 1937 a Castel San Pietro Terme e vive a Bologna. Il suo
primo libro di poesie, Testa o croce del soldone (Editrice Quadrivio) e' del
1959. Sono seguite, tra le altre pubblicazioni, La scarpinata (Mondadori,
1967); Per una terra isolata (La Pergola, 1974); Dove l'Italia si vede (in
collettivo, Guanda, 1978); La quota rovente (Artegrafica Moranti, 1990); La
scommessa (Conte editore, 1994); Come un metallo o un tamburo (Manni, 1999);
Tu paria dai mille occhi (Pendragon, 2004) dal quale sono stati tratti i
testi qui presentati. Marisa Zoni ha conosciuto e collaborato con alcuni tra
i piu' grandi letterati e poeti del Novecento: Paolo Volponi, Lalla Romano,
Vittorio Sereni e Roberto Roversi. Nel 1971 Pier Paolo Pasolini sceglie e
pubblica su "Nuovi argomenti" (che allora dirigeva con Alberto Moravia e
Alberto Carocci) alcune sue poesie. Verso la fine degli anni Settanta Marisa
Zoni fonda una tra le prime associazioni in Italia che difendono i diritti
civili dei tossicodipendenti. A Bologna collabora con la Cooperativa
Dispacci fondata da Roberto Roversi. Di lei ha scritto Gianni d'Elia nel
2001: 'Le sue poesie sono tutte un lungo periodo, frantumato da versi
brevissimi, pieni di snodi e sorprese ulteriori; pettini stretti e spezzati,
che ripassano sul reale e sul desiderio il loro gesto d'amore, di verita'
accusata'... Roberto Roversi ha scritto nella prefazione de La quota
rovente: 'una bella e forte comunicazione questa della Zoni: vitale, attiva,
spesso alta. Sento di dover leggere il continuo ribattere sulla verita'
atroce della vita reale odierna, sminuzzata in queste pagine in cento
frammenti che bruciano. Cosi' ogni testo e' come il pezzo bollente di una
bomba appena esplosa'. Si potrebbe definire la poesia della Zoni come poesia
civile..."]

Le madri sono secoli
che piangono i figli
del loro ventre delle
giornate adoperate
a crescerli: i bimbi
delle guerre hanno
occhi sfaldati
resi cupi dalle botte
del vento dal rumore
dei sassi calpestati
i figli sanno che
la terra li considera
semi: altre voci
verranno e in musica
canteranno per loro
qualcosa.

*

Nelle guerre chi
ci guadagna non
ha fame non scappa
non sale sul mare
con le zattere
nelle guerre chi mangia
ride si veste si lava
ha figli lievitati
dai cibi noi avevamo
sete come torturati
noi con gli occhi
ci mangiavamo
le nuvole.

*

Attaccarsi
alle rocce
stare in bilico
una notte
per sapere se hai
infilato il piede
nello stivale
se questa terra
ti vuole se qualcuno
ti manda indietro
tu paria
dai mille occhi.

*

Oggi che sappiamo
che il sole ritorna
e dopo aver restituito
all'aria la cavalletta
di Lecce
oggi siamo positivi
vogliamo un caffe'
coop in offerta
tre sacchetti
vogliamo baciare
il vento che corre
la ragazza che offre
il suo corpo all'angolo
di via Arno
alta bella
libellula stretta
da manette indegne.

*

Le donne
la loro fortuna
nel mondo
la loro sapienza
attorcigliata
alle vite castrate
tirate insulse
sacrificate
di migliaia
di altre: alle
altre mi unisco
sono con voi
donne del mondo
faccio un soffritto
che illumina
la casa ho un
geranio nutrito
di lacrime secche.

8. LIBRI. CHIARA FRASCHINI PRESENTA "LA GUERRA NON CI DA' PACE" A CURA DI
CARLA COLOMBELLI
[Dal quotidiano "Liberazione" del 17 febbraio 2006.
Non disponiamo di notizie sull'autrice di questo articolo.
Carla Colombelli collabora con l'Irre del Piemonte e con l'Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea.
Tra le opere di Carla Colombelli: (a cura di, con Laura Derossi), Genere,
storia, scuola: sei percorsi didattici, Edizione Irrsae Piemonte - Istituto
piemontese per la storia della Resistenza e della societa' contemporanea,
Torino 1999; (a cura di), La guerra non ci da' pace, Edizioni Seb 27, Torino
2005]

"In che modo elaborare un rifiuto della guerra non neutro ma sessuato, cioe'
segnato dalla complessita' di approcci con cui la soggettivita' femminile e
l'esperienza femminile del mondo si sono espresse e si esprimono sulla
guerra?". E', questo, l'interrogativo che ha orientato il percorso di
ricerca delle dieci autrici - e un autore - del testo La guerra non ci da'
pace. Donne e guerre contemporanee, curato da Carla Colombelli (Edizioni Seb
27, pp. 240, euro 12,50).
Un interrogativo che non e' piu' possibile eludere, nel momento in cui,
accanto all'immagine della donna estranea alla guerra, assente dai
combattimenti, madre-moglie-sorella-figlia-vittima da proteggere, si
stagliano quelle - non certo nuove, ma rese piu' visibili dai media - delle
donne in armi, soldate, terroriste, kamikaze. Rappresentazioni, le une e le
altre, stereotipate, che rendono difficile leggere la realta' complessa
della presenza-assenza delle donne negli scenari bellici, non riducibile
all'estraneita'. Non solo: le nuove, diverse modalita' con cui la guerra
viene combattuta, facendo venir meno la linea del fronte e la divisione tra
combattenti e non combattenti, coinvolgono la popolazione civile,
costituita, oltre che da anziani e bambini, dalle donne, appunto. E le
donne, i loro diritti, la loro liberta', sono diventati pretesto,
giustificazione ideologica per alcune delle guerre piu' recenti, prima fra
tutte quella in Afghanistan. E' indispensabile decostruire i ruoli e gli
stereotipi, giocati sull'ambiguita' tra estraneita' e partecipazione, che
alle donne sono stati attribuiti e che, piu' o meno consapevolmente, esse
hanno ricoperto, per far emergere la molteplicita' delle loro posizioni, ma,
soprattutto, per restituire autorevolezza alle loro parole sulla pace,
spesso non udibili e relegate nella sfera dell'impolitico dai discorsi
dominanti.
Carla Colombelli, con le autrici e l'autore che hanno collaborato al
progetto, individua un importante nodo problematico nella strutturazione e
colonizzazione dell'immaginario individuale e collettivo da parte della
guerra: essa, che lo vogliamo o meno, entra prepotentemente nella nostra
realta' quotidiana, informando di se' valori, ruoli, comportamenti,
sentimenti, forme del vivere sociale e dell'agire politico. E' importante
che i discorsi sulla guerra, articolati secondo il punto di vista dei due
generi, entrino nelle aule scolastiche. E che rendano evidente la messa in
ombra della presenza femminile nella storia. E' un'ottica che va oltre
l'egemonia maschile nel campo dei saperi - come della politica - e si apre
al riconoscimento dell'Altro, delle differenze, della molteplicita'. "C'e'
un filo di autorita' femminile - e' una frase di Luisa Muraro, citata nel
libro - che percorre la storia politica dell'occidente. Intendo: autorita'
di donne dotate di indipendenza simbolica dal sistema del potere. Questo
filo corre dall'antichita' fino ai nostri giorni".
La ricca bibliografia curata da Luisa Peisino costituisce, certamente, una
parte molto importante di questo lavoro: e' posta, contrariamente alle
consuetudini, all'inizio del testo, e incita immediatamente il lettore e la
lettrice ad approfondire l'argomento. Cristina Giudice indica l'esistenza di
uno sguardo femminile sulla guerra molto particolare: quello di artiste che
si sono interrogate sui conflitti contemporanei. L'autrice utilizza
categorie proprie del pensiero femminista, che consentono di mettere in
luce, nelle opere presentate, la pratica del "partire da se'", l'attenzione
per le differenze di genere e per gli stereotipi con cui queste vengono
irrigidite e, soprattutto, per i corpi sessuati, per il loro utilizzo,
sfruttamento e strazio nella materialita' della guerra e nella sua
costruzione simbolica. Molto utili, come punti di partenza per
l'elaborazione di progetti a scuola, i due saggi di Emma Schiavon, dedicati,
rispettivamente, alla rielaborazione del pensiero di due studiose, Jean
Bethke Elshtain e Rada Ivekovic, sulle connessioni tra genere, guerra,
nazionalismo e cittadinanza, e all'analisi dei testi giornalistici allo
scoppio della guerra del Golfo, riguardanti gli accaparramenti alimentari in
Italia. Emerge "come un discorso mediatico fortemente segnato dagli
stereotipi di genere abbia inciso in modo molto profondo, proprio perche'
inavvertito, sull'auto-rappresentaione delle italiane e degli italiani".
Anche il contributo di Graziella Gaballo, orientato alla decostruzione di
ruoli e stereotipi, insiti nei discorsi sulla guerra e, specialmente, nel
linguaggio della guerra, si presta allo stesso scopo. Da segnalare anche gli
interventi di Carla Bausone e Grazia Corrente, sul pensiero di virginia
Woolf, Simone Weil e Etty Hillesum; di Giorgio Belli, sulle
auto-rappresentazioni dell'identita' maschile nei film Apocalypse Now e Full
metal jacket; di Enrica Panero, Laura Poli, Laura Porceddu, sulla storia
delle Donne in Nero, arricchiti dagli appunti di Franca Maglietta.
Il libro si rivolge, in particolare, ad insegnanti di scuola media e
superiore, propone percorsi didattici. Ma e' interessante per chiunque
voglia approfondire la propria conoscenza dell'elaborazione teorica e delle
pratiche femminili sui conflitti e contro la guerra e per chi intenda, come
si diceva, "dare al rifiuto della guerra un carattere sessuato".

9. LIBRI. LIDIA DE FEDERICIS PRESENTA "LA GUERRA NON CI DA' PACE" A CURA DI
CARLA COLOMBELLI
[Da "Laicita'", trimestrale del Comitato torinese per la laicita' della
scuola, anno XVII, n. 4, dicembre 2005. Lidia De Federicis, nata a Torino,
e' una prestigiosa intellettuale, eminente studiosa di didattica e storia
della letteratura, con una lunga esperienza di insegnamento e di formazione
e aggiornamento degli insegnanti, con pieno merito fortunatissima
antologista per le scuole, fondatrice de "L'indice dei libri del mese" e
partecipe di molte esperienze di cultura e di impegno civile. Tra le opere
di Lidia De Federicis: (a cura di, con Giovanni Arpino), Il Novecento Torino
1971; (a cura di, con Remo Ceserani), Il materiale e l'immaginario, Torino
1979-1995; Letteratura e storia, Laterza, Roma-Bari 1998; Del raccontare.
Saggi affettivi, Manni, Lecce 2004]

Questo volume (AA. VV., La guerra non ci da' pace. Donne e guerre
contemporanee, a cura di Carla Colombelli, Edizioni SEB 27, Torino 2005, pp.
232, euro 12,50) sostanzioso appare come un frutto fuori stagione della
cultura femminile, un libro raro nel nostro tempo contrassegnato spesso, e
specie in guerra, dall'offesa alle donne. Raccoglie interventi di Carla
Bausone, Grazia Corrente, Graziella Gaballo,Cristina Giudice, Franca
Miglietta, Enrica Panero, Marisa Peisino, Laura Poli, Paola Porceddu, Emma
Schiavon, alle quali s'aggiunge il contributo di Giorgio Belli per la
decodificazione dei film di guerra. Vedi la pedagogia militare, che e'
presto detta, di Full Metal Jacket: "Il femminile viene identificato con
tutto cio' che suggerisce debolezza e compassione, emotivita' e incertezza,
quindi additato come ovviamente pericoloso per la vita del marine" (p. 149).
La curatrice Carla Colombelli espone in una svelta premessa il metodo di
lavoro del gruppo, formatosi nella collaborazione di una decina d'anni fra
l'Irrsae o Irre Piemonte e l'Istituto Piemontese per la storia della
Resistenza e della Societa' contemporanea. Ne e' uscito un libro, ed e' il
secondo, che sembrerebbe dunque nobilmente ufficiale. Ma e' cosi'? Bisogna
leggerlo. Questo infatti e' un libro di cultura viva e pungente, che lascia
immaginare gli incontri di seminario, su genere e storia, su scuola e donne,
e dialoga con altri libri in una cerchia larga, e fra le giornaliste
preferisce Giuliana Sgrena e fra i quotidiani "Il manifesto". Carla
Colombelli, nel presentare i vari saggi, richiama la nostra attenzione sul
carattere sessuato della o delle culture. (Intanto pero', il fallimento
referendario ha accentuato la crisi dell'ambigua nozione di differenza,
grazie alla quale puo' legittimarsi tanto la trasgressione della donna
rispetto alla cultura patriarcale quanto il suo riflusso nella funzione
riproduttiva in uno scambio inuguale che la destina all'obbedienza e ne fa
una preda). Questo e' un libro, tematicamente, di lavori in corso. Percio'
lo si vorrebbe non finito, mai finito.
Fra gli strumenti gia' pronti, anche per proseguire, segnalo subito, in
apertura, la bibliografia ragionata di Marisa Peisino: piu' di 150 titoli,
distribuiti in quattro sezioni che procedono dal documento alla
testimonianza, alla rappresentazione letteraria e artistica, alla saggistica
di riflessione. Sono titoli di libri, articoli, spettacoli, corredati di
istruzioni per l'uso, concettuali e pratiche. Un ricco repertorio, gia'
sperimentato nella guida ai lavori del gruppo. Chi ha provato a far ricerca,
sa quanto sia laboriosa e utile, rispetto a internet, una bibliografia
selettiva e mirata e controllata con intelligenza.
Fra i saggi che rievocano figure di donne vissute in altre guerre e in
contesti storici diversi dall'attuale segnalo soprattutto le pagine su Etty
Hillesum, dove emerge l'eccezionalita' dell'unica che testimoniava non dopo
ma durante la deportazione a cui non sarebbe sopravvissuta. Una giovane
donna. Ne scrive Bausone: "Non e' cristiana, non e' ebrea praticante, non e'
neppure credente nel senso corrente del termine, in quanto non legata a
nessuna particolare pratica di fede, ma chiama Dio 'la parte piu' profonda e
ricca' di se'" (p. 108).
Fra i temi infine di maggior interesse e forza emotiva segnalo la
specificita' della violenza che le donne hanno patito nell'emergenza della
guerra, dalla Bosnia al Kosovo. Se ne occupava Franca Miglietta, morta nel
2003 prima di portare a termine il saggio di cui si pubblica (giustamente)
una stesura incompleta. Il punto d'arrivo dello scavo di Franca era lo
stupro, lo stupro etnico, un po' speciale, un po' peggiore, finalizzato alla
procreazione. Una forma di violenza maschile assoluta, che radicalmente
sancisce e colpevolizza la differenza femminile. Vedi Rossanda, qui citata:
"si puo' violentare anche un uomo, ma non al fine di ingravidarlo" (p. 198).
Una verita' rimossa, di valenza antropologica prima che storica, su cui si
e' detto poco e malvolentieri. Franca concludeva: "Ancora e sempre, la
tragedia della guerra rivela la tragedia della normalita'" (p. 200). Un bel
pensiero, un pensiero ardito su di noi.

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

11. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1228 dell'8 marzo 2006

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