La nonviolenza e' in cammino. 1187



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1187 del 26 gennaio 2006

Sommario di questo numero:
1. Traccia di una riflessione e ricerca su antisemitismo e Shoah
2. Bruno Segre: Una bibliografia per non dimenticare la Shoah
3. Enrico Peyretti: Molti Schindler: dunque si poteva resistere al nazismo
(parte prima)
4. La "Carta" del Movimento Nonviolento
5. Per saperne di piu'

1. MATERIALI. TRACCIA DI UNA RIFLESSIONE E RICERCA SU ANTISEMITISMO E SHOAH
[Riproponiamo il testo seguente, usato come traccia di una riflessione e
ricerca condotta alcuni anni fa con studenti di alcune scuole medie
superiori del Lazio e dell'Umbria, alcuni dei quali su questi argomenti
hanno poi realizzato delle tesine per gli esami di maturita']

Parte prima: Le ipotesi di ricerca alla base del presente lavoro
1. L'antisemitismo, ideologie e pratiche della persecuzione antiebraica
nella storia
2. L'antisemitismo come una delle forme del razzismo
3. La shoah come unicum e come modello dell'ideologia e della pratica dello
sterminio
4. La memoria della shoah come impegno contro tutte le teorie e le prassi
razziste, genocide, disumananti
*
Parte seconda: la persecuzione antiebraica nella storia ed il costituirsi e
manifestarsi dell'ideologia antisemita fino alla shoah
1. La conquista della Palestina da parte dell'impero romano, la distruzione
del tempio di Gerusalemme, la diaspora
- il pregiudizio antiebraico nell'ellenismo e a Roma (alcune letture:
Tacito, Storie, V, 1-13 [come esempio di propalazione delle piu' grossolane
diffamazioni antiebraiche]; Flavio Giuseppe, Contro Apione [come esempio di
replica alle diffamazioni])
2. Ebraismo e cristianesimo
3. La persecuzione degli ebrei da parte dei cristiani
- diffamazione e persecuzione
- il caso spagnolo
- i ghetti
4. Modernità ed ideologie razziste
- ideologia ed economia
- colonialismo, genocidi ed etnocidi, pretesa "civilizzatrice"
5. L'antisemitismo
- nell'illuminismo
- nel romanticismo
- i principali temi della propaganda antisemita
- nessi tra razzismo, autoritarismo, imperialismo
6. Da Gobineau e Chamberlain a Rosenberg e l'hitlerismo, all'apartheid
- come il razzismo da delirio e fantasticheria ossessiva si fa programma
politico, movimento politico-militare, ideologia di ricambio e macchina di
consenso, progetto sociale e ordinamento statuale
7. I pogrom
- la presenza ebraica nell'Europa orientale
- i pogrom, etc.
8. L'affaire Dreyfus
- la presenza ebraica nella cultura francese
- l'affaire
- la mobilitazione degli intellettuali
9. La nascita del sionismo come risposta alla persecuzione antisemita e come
ideologia e movimento nazionale risorgimentale
10. L'hitlerismo e  la presa del potere
- la presenza ebraica nella cultura europea di area linguistica tedesca
- dalla prima guerra mondiale alla presa del potere hitleriana
11. La persecuzione degli ebrei in Germania dalle leggi di Norimberga alla
"soluzione finale"
12. La persecuzione degli ebrei in Italia dalle leggi del 1938
all'occupazione nazista
*
Parte terza: la shoah
*
Parte quarta: la riflessione dopo la shoah e sulla shoah
1. I testimoni sopravvissuti
- Levi, Antelme, Rousset, Langbein, Wiesel, Bruck, etc.
2. La ricerca storiografica
- Hilberg, Mosse, Poliakov, Browning, Goldhagen, Vidal-Naquet, etc.
3. La riflessione filosofica
- Levi, Arendt, Anders, Adorno e Horkheimer, Jankelevitch, Elias, Bauman,
Levinas, Jonas, Canetti, Sofsky, etc.
*
Parte quinta: antisemitismo, razzismo e neonazismo dopo la shoah
1. La persistenza dell'antisemitismo, del razzismo e del neonazismo
- ideologia e pratica
- il cosiddetto "revisionismo" e il negazionismo
- l'hitlerismo come modello per le pratiche genocide
- banalita' del male, societ' amministrata, muta
2. L'analisi di Sartre
3. La riflessione di alcuni studiosi impegnati contro il razzismo
- Memmi, Wieviorka, Taguieff, etc.
*
Parte sesta: totalitarismo, ideologie "fondamentaliste" e genocidi dal
Novecento ad oggi
- Arendt, Todorov, etc.
*
Parte settima: la situazione mediorientale
- le radici europee
- il contesto dalla caduta dell'impero ottomano
- vittime (Morris, Said, etc.)
*
Parte ottava: la memoria della shoah come elemento di lotta contro il
razzismo
- memoria e dignita' umana
- i diritti umani contro il razzismo

2. MATERIALI. BRUNO SEGRE: UNA BIBLIOGRAFIA PER NON DIMENTICARE LA SHOAH
[Riproponiamo questa bibliografia estratta dall'utilissimo libro di Bruno
Segre, Shoah, Il Saggiatore, Milano 1998, 2003 (ivi alle pp. 174-181).
Trattandosi di un'opera scientifica di grande rigore, la bibliografia del
libro contiene i riferimenti di tutte le opere in esso citate, comprese
quelle segnalate a titolo documentario e le cui tesi vengono criticamente
esaminate e radicalmente confutate (per questo compare nella bibliografia,
ad esempio, anche un autore come il famigerato Faurisson, di certe
ripugnanti elucubrazioni del quale non metterebbe conto parlare se non
fossero rappresentative di posizioni e correnti filonaziste sciaguratamente
tuttora presenti e operanti, e contro cui occorre ancora lottare). Bruno
Segre, storico e saggista, e' nato a Lucerna nel 1930, si e' occupato di
sociologia della cooperazione e di educazione delgi adulti nell'ambito del
Movimento Comunita' fondato da Adriano Olivetti; ha fatto parte del
Consiglio del "Centro di documentazione ebraica contemporanea" di Milano;
dal 1991 presiede l'Associazione italiana "Amici di Neve' Shalom / Wahat
al-Salam", dirige la prestigisa rivista di vita e cultura ebraica "Keshet"
(e-mail: segreteria at keshet.it, sito: www.keshet.it). Tra le opere di Bruno
Segre: Gli Ebrei in Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore,
Milano 1998, 2003]

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3. MATERIALI. ENRICO PEYRETTI: MOLTI SCHINDLER: DUNQUE SI POTEVA RESISTERE
AL NAZISMO (PARTE PRIMA)
[Riproponiamo questo scritto di Enrico Peyretti (per contatti:
e.pey at libero.it) gia' pubblicato su questo foglio un anno fa. Enrico
Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di questo foglio, ed uno
dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno di pace e di
nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con
altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio",
che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi
"Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research
Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi
per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della
rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro
Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e
del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie
prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del "non
uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il
Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e
politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; e' disponibile
nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza
guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di
cui una recente edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie
Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico
Peyretti ha curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte
riproposta anche su questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari
suoi interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e
alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

"Dove non c'e' alcun uomo, sii tu uomo" (Talmud, Berakhot, 63a)
1. Il messaggio di un film
Nella primavera del 1994 e' uscito con grande successo il film di Steven
Spielberg, Schindler's List, La lista di Schindler, premiato con sette
Oscar. La singolare figura di Oskar Schindler ci interessa qui come tipo di
una possibilita' di resistenza assai nonviolenta alla violenza nazista in
cui ogni tedesco si trovo' coinvolto. Prima di questo film, il personaggio e
la sua storia erano quasi totalmente ignorati. A Gerusalemme, nel Viale dei
Giusti, davanti allo Jad wa-Shem, Museo dell'Olocausto, c'e' un albero da
lui piantato e a lui dedicato, tra molti altri (uno all'italiano Giorgio
Perlasca). Ho percorso il Viale dei Giusti, nell'estate del '93, ma non
sapevo ancora nulla di Schindler (che pero' era citato nel libro di Elie
Wiesel, uno dei massimi testimoni ebrei della Shoah, Credere o non credere,
Giuntina, Firenze 1986, p. 162).
Viene facile la domanda: se questo fatto e' stato largamente ignorato fino
ad oggi, quanti altri simili ce ne saranno stati? E quanti resistenti
caddero in simili tentativi?
Il bene non fa il rumore del male. Inoltre, la conoscenza della resistenza
tedesca antinazista, sia violenta che nonviolenta, e' rimasta a lungo assai
scarsa. Fino ad anni recenti, quasi l'unico caso generalmente noto, insieme
all'attentato a Hitler del 20 luglio 1944, era quello della "Rosa Bianca",
un piccolo gruppo di studenti di Monaco che, nel 1942, diffusero volantini
di appello ai tedeschi e di denuncia della dittatura, e furono giustiziati
nell'ottobre 1943 (1).
Il significato della storia di Schindler e' semplice: se un tedesco come
lui, inizialmente nazista e profittatore, pote' salvare oltre mille ebrei,
allora la tragedia della Germania, largamente succube e complice di tali
delitti, e' piu' tremenda. Tanti altri tedeschi avrebbero potuto salvare
tanti altri ebrei, se soltanto avessero tirato fuori da se stessi un po' di
quel coraggio, nemmeno eroico, e di quell'astuzia che permisero a Schindler
di utilizzare gli interstizi esistenti nel sistema nazista per sottrarsi
all'obbedienza gregaria e vile, e rispondere all'appello dell'umanita',
riscattando cosi' la propria dignita' di uomini e donne. E tanti altri,
infatti, come vedremo, fecero come lui, perche' era possibile. Eppure questo
non fu un moto di popolo, non fu il comportamento della Germania, non fu
sufficiente a togliere base al potere criminale di Hitler.
Autori come Joachim Fest e Peter Hoffmann (2) e comportamenti come quelli
dei "molti Schindler", di cui vogliamo parlare, rivendicano e riscattano
l'onore del popolo tedesco e non permettono la sua totale identificazione
storica con Hitler e il nazismo. D'altra parte, si tratta di nobili
eccezioni a quella vasta "fuga dalla liberta'" (cosi' Erich Fromm chiamo'
l'adesione di massa al totalitarismo), senza la quale certamente non si
spiega il nazismo. L'eccezione conferma la regola. Ma anche dimostra che la
regola non e' assoluta.
Senza entrare nel calcolo minuzioso del piu' e del meno, a noi qui interessa
vedere che, anche in Germania, nel cuore del sistema, la resistenza al
nazismo, sia violenta che nonviolenta, era possibile e ci fu; che neppure il
nazismo era irresistibile; e che per combatterlo non c'era unicamente la
violenza, cioe' l'assimilazione al suo metodo e linguaggio. In particolare,
ci interessa qui la resistenza a quella forma speciale, anche se centrale,
della violenza nazista, che fu la persecuzione degli ebrei.
Un uomo, Oskar Schindler, ha potuto essere umano "dentro" un sistema
disumano. C'e' dunque qualcosa nell'uomo che puo' sfuggire al piu' potente e
violento sistema, ed essergli superiore. Schindler non ha atteso che il
mondo cambiasse radicalmente attorno a lui, ne' ha cercato di uscire da quel
sistema. Vi e' stato dentro senza perdere se stesso, senza che la sua anima
vi affogasse, senza appartenergli (in questo senso, fu uno "nel mondo ma non
del mondo", come Gesu' chiedeva ai suoi discepoli di essere). La progressiva
ripulsa di quella disumanita' dominante e feroce, apparentemente totale, gli
ha permesso di rintracciare, far emergere e crescere la propria umanita',
quella luce interiore "che illumina ogni uomo" (Giovanni 1, 9).
E' questa profonda risorsa umana l'elemento in cui possiamo aver fiducia e
su cui e' possibile far conto, persino nelle piu' brutte situazioni, se non
vogliamo rassegnarci a ridurre tutto a pura questione di forza, anche la
difesa dal male e l'affermazione del bene. Essere umani sempre e dovunque,
nonostante tutto, e' possibile.
Questo e' il messaggio incoraggiante della storia raccontata da Spielberg,
che deve aver raggiunto nostri spazi interiori assetati e tesi a
reincontrare questa verita'. L'ethos della convenienza oggi dominante preme
su di noi: non si deve far niente per niente; non si deve fare qualcosa che
costi troppo. Il calcolo costi-benefici, in termini stretti, decide del
valore di tutto. Invece, il mondo si regge sulla creativita', cioe' sul dare
piu' di quel che si riceve; sul sopravanzare il corrispettivo.
Sotto l'impero nazista, per la morale della convenienza, anche senza odio
razzista, salvare un ebreo costava troppo. Rischiare la propria vita, o
anche solo la propria posizione, per la vita di un altro, tanto piu' se
generalmente valutato come "inferiore", e' sempre e dovunque un costo molto
alto. Eppure, alcuni, non pochi, molti di piu' di quanti comunemente si
immagini, hanno potuto e saputo, addirittura sotto quel feroce impero
razzista, salvare molti ebrei.
*
Allora, sotto l'impero del calcolo nel quale viviamo noi oggi, si puo' non
essere calcolatori. Noi siamo ben inseriti nel mondo ricco e omicida, che
prospera sul dislivello stabilito con le ingiustizie del passato, ben
ribadite e moltiplicate oggi; che fa guerra economica e alimentare, oltre
che militare, al mondo impoverito. Ci rendiamo conto del sistema in cui e di
cui viviamo e non vorremmo esserne complici. Siamo chiamati ad essere
altrettanti Schindler, a saper vedere e inventare gli spazi, l'azione
controcorrente, il salvataggio di una, due, piu' vite possibile. Al calcolo
non risulta, ma e' vero che "chiunque salva una vita salva il mondo intero",
come dicono gli ebrei a Schindler alla fine del film, traendo questo
pensiero dalla loro antica sapienza, anche a nome dei tanti morti (3). La
verita' di questo paradosso, che cioe' una vita valga come il mondo, e che
il mondo, cioe' tutti, anche i tanti morti, siano salvati dall'azione di
Schindler, sta nell'unita' profonda di tutti e del tutto. L'azione che salva
una vita tiene aperta e attiva la salvezza generale, al di la' dei bilanci
immediati.
Probabilmente per questo il mondo ancora vive, pur sotto l'impero
dell'ingiustizia mondiale. Ma per quanto riguarda ciascuno, cio' si verifica
soltanto se salviamo una vita, e un'altra vita, e tutte quelle che
incontriamo nelle nostre possibilita', potenziate dal desiderio che tutti
siano e vivano.
Non e' dalla nicchia di un santo che Schindler ci parla, col dirci
semplicemente che il prezzo piu' alto, davvero da non pagare, e' la vendita
della coscienza umana, la negazione dell'umana pieta'. Egli ha l'astuzia e
la fortuna (che per lo piu' e' il buon uso del caso) di esercitare la sua
risvegliata umanita' conservando la propria precedente fisionomia di
convenienza personale e di adesione al sistema generale nazista. Da questa
posizione e' partito e la mantiene come guscio entro il quale trasforma la
sua persona e la sua azione. Non rinnega il nazismo a parole (avrebbe
perduto gli operai ebrei e se stesso), ma nei fatti. Gli concede le parole
per tradirlo con i fatti. Inganna l'inganno.
Fino alla fine vediamo Schindler col distintivo del partito nazista: gli
serviva al suo scopo; ne fa parte e ne e' fuori. Dunque, mai possiamo
ridurre un uomo al suo distintivo, al quadro in cui egli vive, perche' egli
potrebbe essere tutto diverso. Schindler usa il sistema stesso contro i fini
del sistema. Senza la guerra non avrebbe potuto far funzionare la sua
fabbica salva-ebrei. Se avesse rinnegato il nazismo, avrebbe testimoniato
probabilmente col sangue, ma avrebbe perso gli operai insieme a se stesso;
lo rinnega nei fatti. In tal modo l'Oskar Schindler del film e' il tipo di
buona parte degli altri che, come lui, agirono dall'interno contro il
sistema nazista.
Certo, Schindler ha denaro, e con quello riscatta gli ebrei. Ma la sua
storia non e' l'elogio del buon profitto, come qualcuno ha detto, bensi' del
buon fallimento. Tommaso Moro, nell'Utopia, nel capitolo sulla guerra, dice
che gli Utopiensi, mentre si vergognano molto di una vittoria sanguinosa,
"grandemente si gloriano di vincere i nemici con l'arte e con l'inganno". E,
prima, dice che essi disprezzano oro e argento, ma ne tengono in serbo una
grande quantita' "ben sapendo che con molto denaro si possono comprare anche
i nemici". Questo uso nobilita ai loro occhi il denaro. Schindler, con ogni
probabilita' non aveva mai letto Tommaso Moro, ma ha fatto questo e, dalla
iniziale passione per la ricchezza, e' passato a consumarla tutta nell'uso
migliore: riscattare vite umane. Ha realizzato quella parola: "Fatevi degli
amici con la ricchezza ingiusta" (Luca 16, 9).
Sicuramente non basta introdurre eccezioni in un sistema di violenza:
occorre fermarlo e smontarlo. Non e' sempre possibile. In tante tremende
situazioni si puo' solo ridurlo. Nel film di Spielberg (non nel romanzo
storico di Keneally, a cui si ispira), Schindler piange per non aver saputo
salvare altre vite di ebrei. E' una reazione che si riscontra anche in altre
figure simili, che vedremo, ed e' il prezzo di quella pseudo-collaborazione
che consentiva, mediante l'inserimento nel sistema, qualche spazio d'azione
ad esso contraria. Chi oppone all'ingiustizia la totale noncollaborazione
paga altri prezzi, e prova altri rimorsi. In quest'ultima scelta prevale
l'intenzione manifesta, la purezza, l'effetto a lungo termine, ma non c'e'
il salvataggio immediato almeno di alcuni. Nelle scelte come quella di
Schindler, prevale la responsabilita' prossima, l'effetto immediato,
l'efficacia limitata ma concreta. In tutti i casi, la resistenza al male e'
drammatica e costosa, mai facile, appagante, trionfale.
*
2.  Le testimonianze storiche
Il film di Spielberg e' molto piu' noto del romanzo dello scrittore
australiano Thomas Keneally, La lista di Schindler (4). Il libro e'
costruito come un romanzo, ma sulla solida base dei racconti di una
cinquantina di testimoni diretti. E' quindi una valida ricostruzione
dell'ambiente storico, politico, morale e delle vicende personali del
protagonista e di tanti altri personaggi reali.
Con molte piu' sfumature del film, naturalmente, il libro permette di
seguire tutte queste vicende e, in particolare, l'evoluzione psicologica,
morale, politica e operativa di Schindler, che qui ci interessa, dicevamo,
come tipo di una possibilita' di resistenza quasi completamente nonviolenta
alla violenza in cui e' immerso. Nel libro appaiono anche caratteristiche
sorprendenti del sistema nazista.
Dopo aver assistito dalla collina alla feroce razzia nel ghetto, Schindler -
dira' piu' tardi - giunge alla determinazione di "sconfiggere il sistema"
(p. 121). Non compie solo azioni umanitarie, ma precisamente politiche.
Prende contatti regolari con la Resistenza polacca e con l'organizzazione
sionista, alla quale fa precisi rapporti orali e scritti sulla situazione
che conosce, si presta come tramite dei suoi finanziamenti, arriva persino
ad introdurre nel lager due capi dell'organizzazione ebraica facendoli
passare per "colleghi industriali" e uno dei due riesce, con un piccolo
apparecchio, a fotografare immagini dei prigionieri per la documentazione
internazionale e storica (p. 207 e ss.). Schindler non solo, col lavoro dei
suoi ebrei, fabbrica armi che non funzionano (p. 327), quindi esercita un
vero e proprio sabotaggio all'industria di guerra nazista, ma addirittura si
procura armi (funzionanti, queste) e addestra gli ebrei ad usarle, per
l'eventualita' di una rivolta (p. 332). Inutile dire il totale rischio
personale e il coraggio di queste azioni.
Sotto le divise di SS ci sono spesso degli uomini che ritrovano
drammaticamente la loro umanita', anche se non trovano una via d'uscita dal
sistema che li usa. "Ogni ufficiale delle SS aveva degli amici che si erano
suicidati" (p. 161). Il maresciallo Oswald Bosko diserta (5) e passa ai
partigiani polacchi, viene catturato e giustiziato per tradimento; non aveva
i mezzi finanziari di Schindler per contrastare il sistema. Commenta
Keneally: "Proporzionalmente alla loro natura, l'avversione morale di
entrambi quei membri del partito, Bosko e Schindler, era di uguale portata"
(pp. 203-204).
Attraverso dettagli delle storie vere raccolte da Keneally si scoprono, nel
sistema nazista, anche certi inauditi spiragli, che dunque non
giustificavano completamente la paura e potevano anzi incoraggiare la
resistenza, almeno gesti di pieta' umana.
Un giovane SS, con le lacrime agli occhi, durante una selezione di adulti e
deportazione di bambini, aveva denunciato quello che stava accadendo,
impegnandosi a offrirsi volontario per il fronte orientale (che era il
castigo peggiore per i militari) (p. 247). Hans Schreiber, un SS di 25 anni,
e' rabbonito dalla reazione audace di Poldek Pfefferberg, ebreo prigioniero,
diventa gentile con lui e una sera, ubriaco, davanti a lui e ad altri
prigionieri si mette a piangere per "le cose orribili" che aveva fatto e
dice di volerle espiare sul fronte orientale, come in effetti fara' (p.
278).
Quando un gruppo di genitori e bambini viene scortato verso Auschwitz da un
sergente, viaggiando su un normale treno passeggeri (questo particolare,
pero', mi sorprende), una donna avanza nel corridoio e, guardando il
militare con aria di sfida, da' ai bambini un pezzo di pane e una mela. Il
sergente la lascia fare. Anzi, ad una stazione compra di tasca propria
biscotti e caffe' per i prigionieri, poi permette loro di scrivere qualche
lettera ai parenti offrendogli alcuni fogli della carta che usava per
scrivere alla propria moglie. Tutti i prigionieri, compresi i bambini,
sapevano di andare alle camere a gas. Il sergente capisce che parlano di
questo, compaiono delle lacrime nei suoi occhi. Il bambino Olek "guardo'
fisso l'uomo, quelle sue lacrime che sembravano cosi' fraterne, come fossero
di un compagno di prigionia. 'So che cosa succedera'', disse
l'Unterscharfuehrer [il sergente]. 'Abbiamo perso la guerra. Vi tatueranno e
sopravviverete'. Henry [il padre di Olek] ebbe l'impressione che l'uomo,
piu' che al bambino, facesse delle promesse a se stesso, che un giorno -
magari fra cinque anni, quando avesse rammentato quel viaggio in treno - gli
sarebbero servite per consolarsi" (p. 309-310).
Al momento di un altro trasferimento, questo in carro bestiame, una
sentinella delle SS, che doveva separare i bambini dagli adulti, permette al
padre di tenere con se' il figlio (p. 340).
Quando Schindler acquista dal parroco del villaggio di Deutsch-Bielau un
piccolo pezzo di terra accanto al cimitero cattolico per farne un cimitero
ebraico, e consente ai suoi prigionieri di celebrare i riti funebri ebraici,
fatto che infonde loro un'enorme forza morale, ingaggia un sergente SS di
mezza eta' per tenere in ordine il cimitero ebraico e gli versa per questo
un compenso (p. 342-343).
A quel bambino, nell'episodio riferito sopra, il sergente che lo accompagna
ad Auschwitz sembra un compagno di prigionia. La sera del 20 luglio 1944,
Schindler chiama Garde, uno dei suoi ebrei, e con lui brinda alla notizia
dell'attentato a Hitler, spera che sia riuscito, poi soffre la delusione, e
dice a Garde: "Dovremo aspettare ancora un po' per essere liberi". Cioe', si
sente prigioniero come lui, compagno di prigionia, come il bambino aveva
intuito nel sergente. All'ebreo Garde cio' non sembra strano (p. 253-255).
Se c'e' talora un volto umano, per lo piu' assente o invisibile, del
personale nazista, moltissimi sono peraltro i corrotti o corruttibili, in
alto e in basso, e sono il vero punto d'appoggio dell'azione di Schindler
per inceppare la macchina distruttiva. Egli ha agito, dapprima per se' e poi
per salvare gli ebrei, servendosi di questo "sistema corrotto e feroce" (p.
2). C'e' dunque una debolezza del potere, anche nei sistemi piu' duri:
l'assenza di scrupolo nell'uccidere toglie gli scrupoli (a maggior ragione,
direi) anche nel lasciarsi corrompere dal denaro; chi compie azioni infami
per obbedienza diventa comunque capace di bassezze. I delitti di palazzo
sono l'ultimo risultato del palazzo dei delitti. Ancora piu' facilmente,
puoi far conto sulla corruttibilita' di chi delinque.
All'inizio del suo libro, Keneally cerca di trovare il senso di questa
storia: "Questa e' la storia del trionfo del bene sul male, in termini
misurabili, statistici, inconfutabili", attestati dall'abbondante migliaio
di ebrei salvati da Schindler. E' facile descrivere "i prevedibili successi
che il male solitamente ottiene", piu' rischioso scrivere della virtu'. Ma -
osserviamo - quella di Schindler non e' semplicemente una storia di virtu',
dato che non era personalmente virtuoso e che "ha operato nell'ambito di una
certa ambiguita', o, perlomeno, servendosi di un sistema corrotto e feroce,
che ha riempito l'Europa di campi disumani" (cfr. pp. 1 e 2). In ogni modo,
fu la "strana virtu'" di Schindler che permise a millecento ebrei
prigionieri di respirare fino alla liberazione.
L'ambiguita' permane. La storia emblematica di Schindler, e quelle simili,
non sono sempre storie splendide, ma un misto di ombre e di luci. Quanto
basta, pero', per non darla vinta al buio del male. La nonviolenza non e'
una astratta purezza dal male, proprio perche' e' lotta al male tentando di
non ripetere il male.
Simone Weil indica l'estensione della tragedia della violenza: l'"impero
della forza" assoggetta ogni cosa e la tira irrimediabilmente verso il
basso, come la forza di gravita', e macchia anche le sue vittime. "Si
maneggi la forza o se ne sia feriti, in ogni modo il suo contatto pietrifica
e trasforma un uomo in cosa. Merita il nome di bene solo cio' che sfugge a
questo contatto. Ma Dio solo sfugge a questo contatto e anche, in parte,
quelli tra gli uomini che per amore hanno trasferito e nascosto in lui una
parte della loro anima" (6).
Forse il primo passo per sfuggire al contatto pietrificante col male e porre
in Dio la propria anima, anche senza atti ne' pensieri "religiosi", e'
l'identificazione con la vittima, la compassione umana, che lascia emergere
il nocciolo redento della nostra umanita' e annuncia la redenzione del
mondo. I credenti dicono che far questo e' fare cio' che Dio fa verso di
noi. Nei resistenti come Schindler non contano tanto le ambiguita', piu' o
meno grandi, il coraggio maggiore o minore, ma questa scelta di riconoscersi
nelle vittime. Il sergente SS sembra al bambino un compagno di prigionia;
Schindler si sente prigioniero come Garde. Qui sta la radice del rifiuto e
superamento della violenza che tutti degrada: non stare dalla sua parte, ma
di fronte ad essa, insieme ai colpiti, e non volere (o volere il meno
possibile) che ad essa si risponda con altra violenza, perche' essa non
conquisti e non contamini anche gli innocenti, perche' non vinca totalmente.
*
Note
1. Indico i due libri piu' accessibili: Paolo Ghezzi, La Rosa Bianca,
Edizioni Paoline 1993 (e' la storia dettagliata di tutta la vicenda). Romano
Guardini, La Rosa Bianca, a cura di M. Nicoletti, appendice di P. Ghezzi,
Morcelliana, Brescia 1994 (si tratta di due conferenze commemorative tenute
dal grande teologo tedesco nel 1945 e 1958).
2. Joachim Fest, Obiettivo Hitler, Garzanti, Milano 1996. Peter Hoffmann,
Tedeschi contro il nazismo. La Resistenza in Germania, (1988), Introduzione
di Paolo Pombeni, Il Mulino, Bologna 1994.
3. Scopro personalmente con vivo interesse che questo detto si trova tanto
nella tradizione ebraica (Mishnah Sanedrin 4, 5) quanto ugualmente nel
Corano 5, 32, dove viene fatto risalire proprio alla sapienza religiosa
ebraica.
4. Thomas Keneally, La lista di Schindler, Frassinelli, Milano 1985
(originale del 1982).
5. Sulla diserzione di soldati dall'esercito nazista, vedi notizie e dati
nelle pagine 243-254 del mio contributo La nonviolenza cammina con l'uomo:
altre testimonianze da scoprire,  in AA. VV., Maestri e scolari di
nonviolenza, a cura di Claudio Tognoli, Milano, Franco Angeli, 2000, pp.
235-256.
6. Simone Weil, La Grecia e le intuizioni precristiane, Rusconi, Milano, pp.
152-154, riportato in G. Gaeta, Simone Weil, Edizioni Cultura della Pace,
Fiesole 1992, pp. 129-130; v. anche ivi p. 138.
(Parte prima - Segue)

4. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

5. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1187 del 26 gennaio 2006

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