La nonviolenza e' in cammino. 1096



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1096 del 27 ottobre 2005

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Rosa Parks
2. Ermanno Allegri: Dopo il referendum
3. Mauro Brilli: Dopo il referendum
4. Giancarla Codrignani: Dopo il referendum
5. Enrico Peyretti: Dopo il referendum
6. Carlo Sansonetti e Lorella Pica: Dopo il referendum
7. Quarta giornata ecumenica del dialogo cristiano-islamico: vincere la
paura per costruire la pace
8. Abolire i Centri di permanenza temporanea
9. "Beati i costruttori di pace": Un appello ai veecovi italiani sullo
scandalo dei Centri di permanenza temporanea
10. Un incontro a Viterbo
11. Movimento Internazionale della Riconciliazione e Movimento Nonviolento
del Piemonte e della Val d'Aosta: 4 novembre, non festa ma lutto
12. Lidia Menapace: La vendetta del patriarcato. In parlamento
13. Anna Maria Merlo presenta l'ultimo libro di Fethi Benslama
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. MARIA G. DI RIENZO: ROSA PARKS
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista
teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche
sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005.
Rosa Parks, recentemente scomparsa, e' la donna che diede inizio al grande
movimento nonviolento contro la segregazione razziale a Montgomery, Alabama,
nel 1955]

Rosa Parks, la scintilla che cinquant'anni or sono accese il movimento per i
diritti civili negli Usa, ci ha lasciati il 24 ottobre. Aveva 92 anni.
Rosa Louise McCauley, poi sposata con Raymond Parks e di lui vedova dal
1977, era nata a Tuskegee, in  Alabama, il 4 febbraio 1913.
Per il suo rifiuto di lasciare il posto a un uomo bianco su un autobus, a
Montgomery in Alabama, Rosa fu arrestata, giudicata colpevole di aver
violato le leggi sulla segregazione razziale, e multata. La risposta della
comunita' di colore furono i tredici mesi di boicottaggio degli autobus: gli
eventi che iniziarono con la disobbedienza civile di Rosa nell'inverno del
1955 trasformarono il ventiseienne Martin Luther King Jr. nella guida del
movimento per i diritti civili.
Molte leggende sono nate attorno al semplice gesto di Rosa Parks; la
verita', come lei stessa racconto', e' che allo stesso modo di altre
migliaia di persone di colore era stanca di essere umiliata, di doversi
adattare a regole bizantine (alcune codificate come leggi, altre che
dovevano essere rispettate in quanto "tradizioni") e di vedersi trattata
come meno che umana. King scrisse al proposito: "In effetti non si riesce a
capire l'azione della signora Parks se non si comprende che la coppa della
sopportazione trabocca, e che l'umana personalita' grida: non posso
tollerare questo un attimo di piu'".
*
Rosa lavorava gia' per la liberta' e la giustizia, e aveva gia' tenuto
conferenze e seminari. Ma mentre tornava a casa dal suo lavoro di cucitrice,
il primo dicembre 1955, l'ultima cosa che aveva in mente era di diventare
"la madre del movimento per i diritti civili" (come l'avrebbero chiamata in
seguito).
Sull'autobus in cui sali', le prime quattro file di posti erano riservate ai
bianchi. Il retro era per i neri, che tra l'altro formavano il 75% degli
utenti del servizio. Essi potevano sedere nelle file di mezzo qualora quei
posti non fossero reclamati da bianchi: in quel caso dovevano spostarsi sul
fondo o, se la' non vi era posto, scendere dal mezzo. Potevano salire dalla
porta accanto al guidatore per pagare il biglietto, ma se dei bianchi erano
gia' seduti nei primi posti dovevano smontare e risalire dalla porta
posteriore.
"La mia resistenza ai maltrattamenti sugli autobus non comincio' quel
giorno", attesto' Rosa in varie interviste, "Avevo gia' camminato molto, a
Montgomery". Nel 1943, dopo un confronto sulla questione, l'autista James
Blake butto' letteralmente la signora Parks fuori dall'autobus. Il fato
volle che fosse ancora lui, il primo dicembre 1955, a chiedere a quattro
persone di colore di lasciare i posti nella sezione di mezzo, di modo che un
unico uomo bianco potesse sedersi. Tre obbedirono. Rosa era la quarta.
Il suo caso fu immediatamente sostenuto dal "Consiglio politico delle
donne", un'organizzazione nata nel 1946 proprio in relazione ai
maltrattamenti subiti dai neri sugli autobus: essi venivano arrestati,
malmenati, e persino uccisi, se disobbedivano ai conducenti. Fu il Consiglio
a distribuire 35.000 volantini che invitavano i neri a boicottare il
servizio durante quel lunedi' 5 dicembre in cui Rosa venne processata. La
domenica precedente la richiesta era stata fatta dai pulpiti di parecchie
chiese. Alcuni andarono al lavoro in auto private dandosi reciprocamente dei
passaggi, altri si servirono di taxi guidati da persone di colore che
nell'occasione chiesero lo stesso prezzo del biglietto dell'autobus (10
centesimi), ma la maggior parte delle persone, 40.000 individui,
camminarono. Alcuni, per piu' di venti miglia.
Quella notte si decise di continuare l'azione sino a che le richieste non
fossero state accolte: l'essere trattati cortesemente, l'assunzione di
guidatori di colore, e il poter restare seduti nella parte di mezzo, erano
le prime basi su cui si sarebbe potuto ricominciare ad usare gli autobus.
Il boicottaggio duro' 381 giorni, ed in quel periodo molti neri furono
arrestati e aggrediti, e chiese e case (inclusa quella di King) furono
attaccate con le bombe. La Corte Suprema mise fuori legge la segregazione
razziale sugli autobus il 13 novembre 1956: l'ordine del tribunale arrivo' a
Montgomery il 20 dicembre, e l'azione termino' il giorno successivo.
*
Rosa Parks e suo marito continuarono per tutta la vita a lavorare contro
oppressione ed ingiustizia. Riservata e schiva, Rosa era a disagio con la
propria "beatificazione" quale simbolo pubblico. Le dispiaceva che anche la
figura del dottor King venisse "annacquata" e lui descritto come un semplice
sognatore: "Per come lo ricordo io, era ben piu' di un sognatore. Era un
attivista, e contro l'oppressione credeva nell'azione e nella parola".
La speranza di Rosa, come lei la spiego', era solo quella di ispirare altra
gente, in particolar modo i giovani, ad impegnarsi abbastanza affinche'
conducessero vite in cui sapessero aiutare se stessi e gli altri.
Il suo ricordo luminoso, ne sono certa, continuera' ad ispirarci.

2. RIFLESSIONE. ERMANNO ALLEGRI: DOPO IL REFERENDUM
[Ringraziamo Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) per
questo intervento. Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia
d'informazione "Frei Tito" per l'America Latina, tel. 8532579804, fax:
8534725434, cellulare: 8599692314, sito: www.adital.com.br; "sacerdote
bolzanino da trent'anni in Brasile, gia' segretario nazionale della
Commissione Pastorale della Terra e ora direttore di un'agenzia continentale
(Adital, sito: www.adital.com.br), nata come strumento per portare
all'attenzone della grande informazione latinoamericana i temi delle
comunita' di base e l'impegno contro la poverta'. Allegri e' stato chiamato
a contribuire al coordinamento delle azioni di sensibilizzazione in vista
del referendum che si terra' in Brasile alla fine di ottobre che ha come
tema la messa al bando del commercio delle armi da fuoco che in tutta
l'America Latina costituisce un rilevante fattore di violenza" (Francesco
Comina)]

Amici italiani,
vi mando il mio commento a caldo dopo aver visto che il si' ha perso. Ancora
mi brucia dentro questa sconfitta. Purtroppo s'e' verificato quello che si
temeva. Abbiamo perso un'opportunita' d'oro per far avanzare la pace nel
mondo. Nonostante tutto vi ringrazio per aver sostenuto la possibilita' di
mettere un freno alla corsa alle armi.
Un saluto carissimo a tutte e tutti voi,
Ermanno
*
Il risultato del referendum non lascia dubbi. Ha vinto, e con ampio
vantaggio, la cultura della paura e della ricerca individuale di soluzioni
contro la violenza, con il 64% dei voti. La cultura della pace, la societa'
e lo stato ne escono sconfitti. Quelli che hanno appoggiato il si' sono
stati, di fatto, una minoranza, anche tra quelli che avrebbero dovuto
impegnarvisi per tradizione o per dovere: le ong, i movimenti sociali e
popolari, le chiese, i sindacati e i partiti di centro-sinistra. Lo stesso
governo poco ha fatto in favore del si'.
Per spiegare questa sconfitta non serve analizzare i grandi mezzi a
disposizione della destra. Questa sconfitta rivela tutta la fragilita' della
nostra gente e della nostra organizzazione. Questa e' la cruda verita'.
Molti sono rimasti seduti vedendo il referendum passare: da quelli che
continuano a credere che le buone idee, per se stesse, sempre finiscono per
vincere (santa ingenuita', ancora), a quelli che ritengono che questo
referendum non meritava investimento di tempo ed energie per il fatto che
c'erano punti della vita nazionale ben piu' importanti da essere decisi
attraverso un referendum, quali la macroeconomia, le politiche pubbliche, o
il non pagamento del debito estero, ecc. Questa gente per l'esigenza (e la
necessita') di un buon pranzo "ottimo e abbondante" ha rinunciato anche alla
colazione.
*
E' triste vedere come ci siano persone che ancora non percepiscono che piu'
dell'80% della popolazione brasiliana e' distante da qualsiasi tipo di
organizzazione sociale che permetta un progredire nella coscientizzazione,
nell'organizzazione, cioe' nella possibilita' di crescere come persone umane
e come cittadini. Sono questi che formano la massa facile da manovrare che
in qualunque momento (e in qualsiasi elezione) possono seguire la proposte
piu' forti e convincenti, siano queste giuste o sbagliate.
Molti educatori hanno dimenticato che Paulo Freire parlava di un processo
educativo che puo' e deve cominciare sempre che esista l'opportunita' di
raggiungere piu' gente possibile per aiutarli a diventari cittadini con
pieni diritti. La cultura della pace, e' chiaro, non si limita a un
referendum, ma puo' fare di questo l'inizio di una inclusione. Si sono forse
dimenticati questi educatori che la violenza e' la maggior preoccupazione
del popolo brasiliano dopo la disoccupazione?
E' doveroso constatare come abbiamo ancora serie difficolta' per
organizzarci intorno a iniziative comuni e di dimensioni nazionali.
Questa settimana si realizza a Brasilia, l'assemblea popolare "Mutirao"
(lavoro d'insieme) per un nuovo Brasile. Circa 10.000 persone parteciperanno
dell'evento. La speranza e' che la sconfitta nel referendum e la
comprensione di cio' che significa, ci aiutino a pensare a passi e
iniziative concrete per azioni comuni e rilevanti mobilizzazioni sociali e,
allo stesso tempo, per un lavoro di accostamento alle masse popolari che
hanno difficolta' a mettersi sul cammino della partecipazione. Questo puo' e
deve essere fatto, senza attendere che prima cambi la macroeconomia o si
sconfigga l'impero del Nord.
E cosa fare con i nostri deboli strumenti di comunicazione, sempre a rischio
di chiudere le proprie attivita'? Dobbiamo analizzare seriamente la mancanza
di canali per comunicare, non abbiamo mezzi per mantenere un contatto con le
masse, mentre "gli altri" controllano il 90% dei mass-media. Il peggio e'
che non ci si puo' aspettare da questo governo, che offre milioni ai
mass-media di destra (gli stessi che poi lo pugnalano alla schiena), un
sostegno alla democratizzazione dei mezzi di comunicazione: e' meglio
giocare alla lotteria e aspettare seduti. Per questo "Adital", all'inizio di
luglio, quando il Tribunale supremo elettorale fisso' la data del referendum
per il 23 di ottobre, ha tentato due iniziative: iniziare subito la campagna
con un sito ad hoc e promuovere un incontro di strutture, riviste e siti per
costruire una strategia comune in favore del si'. Bisognava cominciare
subito. Purtroppo non ci siamo riusciti.
*
Nonostante tutto, la sconfitta del referendum deve essere un momento per
riflettere sui passi da fare. La societa' civile deve continuare il suo
cammino: abbiamo gia' sofferto altre sconfitte e non ci siamo fermati per
questo. La dinamica della storia deve essere piu' forte che le nostre
amarezze. La storia non finisce qui. Si tratta di capire e di convincersi
che le grandi vittorie, i grandi cambiamenti nel paese non sono forse facili
e a breve termine come desidereremmo. La storia di un paese non cambia per
decreto.
Ricordo la famosa frase di Joao Pedro Stedile, leader del Movimento dei
senza terra: "Siamo in un tempo in cui dobbiamo piantare alberi, non
insalata". Dobbiamo saper approfittare tutti i tipi di verdura che troviamo,
sapendo pero' che i grandi cambiamenti sociali hanno bisogno di radici
profonde e ampie.
Una nuova cultura di pace poteva anche contare sull'insalata del referendum,
ma la pace come frutto della giustizia sociale, della distribuzione piu'
equa del reddito, della democratizzazione dei mezzi di comunicazione, ecc.,
sara' frutto di un lavoro di lunga lena, ed esige oggi la continuita', il
perfezionamento e l'aumento del lavoro sociale e politico.

3. RIFLESSIONE. MAURO BRILLI: DOPO IL REFERENDUM
[Ringraziamo Mauro Brilli (per contatti: mauro.brilli5 at tin.it) per questo
intervento. Mauro Brilli, nato a Livorno nel 1941, dal 1977 a Viterbo,
artista poliedrico, poeta, pittore e musicista, organizzatore ed animatore
di eventi culturali, impegnato nel movimento per la deistituzionalizzazione
e per i diritti umani di tutti gli emarginati dalla societa', e' uno storico
protagonista delle lotte per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Opere di Mauro Brilli: alcuni suoi lavori sono nel sito www.brillimauro.com]

Le armi fanno paura, e gettano un'ombra di triste quotidianeita' sugli occhi
puri dei bambini e di chi crede profondamente nella pace.
Per tante persone fa ancora piu' paura il non potersi difendere, il trovarsi
impreparati di fronte agli eventi delittuosi di cui il mondo e' pieno per le
tantissime ragioni primarie di poverta' e ingiustizia, che spingono l'uomo,
il quale non sa sottrarsi alla propria esasperazione.
Si' al disarmo anche se inesorabilmente lento; marca un percorso di pace a
cui non dobbiamo sottrarci.
Si' al disarmo per tutti coloro che rimangono vittime di una "disabilita'
senza sbocchi", di uno sterminio che non puo' avere giustificazioni.
Si' al disarmo per riconquistare una serenita' perduta, in questa immensa
voragine di solitudine.

4. RIFLESSIONE. GIANCARLA CODRIGNANI: DOPO IL REFERENDUM
[Ringraziamo Giancarla Codrignani (per contatti: giancodri at libero.it) per
questo intervento. Giancarla Codrignani, presidente della Loc (Lega degli
obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista,
impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e'
tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace
e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai
telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le
altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994]

Non conosco i dati sui quali si basavano le previsioni positive sull'esito
del referendum brasiliano contro il commercio delle armi. Chi conosce il
Brasile sa che, dopo gli anni in cui era praticamente un lager in mano ai
militari, questo paese (potenzialmente ricchissimo se non fosse espropriato
dei suoi beni) non ha conosciuto "il riscatto della democrazia", ma "il
degrado dell'impoverimento".
I missionari che vivono nelle favelas conoscono la dialettica che esclude
quei ricchi di cui si dice che vivono dietro muri, guardaspalle e pitbull:
e' la dialettica fra chi ha paura e chi fa paura. Nessuno dei due vorrebbe
essere cosi', si suppone; ma il tempo, se non risarcisce, violenta.
Un paese che da diverse generazioni (tenendo per generazione i cinque anni
che vedono succedersi nei nostri paesi il ciclo liceale) vede otto milioni
di ragazzi uscire dalla famiglia per non farvi ritorno e sopravvivere
aggregandosi in bande, che base sociale puo' produrre? La meta' delle armi
che circolano nel paese non escono dal commercio regolare e sono - senza che
il referendum li scomponga - nelle mani di quella che si definisce con un
termine che rende  pessimisti nei confronti degli esseri umani: la
delinquenza. A chi le usa non fanno grande effetto: il violento di oggi,
quando era piccolo usava il coltello e il gioco piu' bello era sniffare
colla. La polizia li affronta come in guerra e sono troppi quelli che
vengono sparati.
Tra gli afavelados non mancano gli "onesti", ma non muoverebbero un dito per
"moralizzare" l'ambiente: una volta che, con un gruppo di amici visibilmente
europei, stavo in una parrocchia dei poveri, arrivo' trafelata una madre a
dire che suo figlio e i suoi amici venivano ad assalire la chiesa per
rapinarci. Il parroco ci fece uscire da un'altra porta e ci accompagno'
fuori dalla zona a rischio: nessuna denuncia, che, del resto, sarebbe stata
inutile. Le citta' brasiliane sono anelli concentrici di differenza sociale:
al centro i ricchi, poi, via via, gli altri, fino al ceto medio povero che
confina con le favelas e che ha piu' paura.
In campagna sarebbe meno peggio, se non fosse che regioni vaste come
l'Umbria sono sotto il controllo di un solo proprietario e i paesi
all'interno, comprese le istituzioni, dalla polizia ai tribunali, sono al
suo servizio: chi si azzarda ad alzare la testa puo' finire male.
Naturalmente i decenni non passano invano e le lotte hanno ottenuto qualche
spostamento democratico, fino a portare alla presidenza uno come Ignacio da
Silva. Il quale non ha ricevuto con l'investitura la bacchetta magica e
rischia di perdere consenso.
L'Italia ha portato alla presidenza del governo uno come Berlusconi. Anche
l'Italia e' "decaduta", nonostante dopo il fascismo e la guerra avesse dato
prova di dignita' e capacita' costruttive. Si puo' perdere anche quando non
si e' piu' poveri e ci si dimentica di essere stati afavelados...
Dico questo perche' i problemi di questo referendum sono piu' nostri, di
occidentali benestanti e produttori di armi, che brasiliani. Come
occidentali, ci rendiamo conto che l'America di Bush - che e' il paese piu'
indebitato del mondo - ha bilanci della Difesa stratosferici; e che l'Italia
spende a Nassirya un miliardo di euro. Si potrebbe sognare che si potrebbero
convertire i bilanci della difesa in cooperazione e ogni anno si potrebbero
salvare due o tre paesi del Sud del mondo...
Possiamo ancora  pensare un coordinamento europeo per prevedere, prima o
poi, un referendum europeo, o siamo gia' sicuri di non farcela perche' siamo
ancora pochi a sostenere che le armi non difendono?
Allora bisogna diffondere senza indugio una cultura di disarmo e di
prevenzione dalle violenze di guerra, mafia, droga. La nonviolenza e' in
cammino anche sul veicolo della conoscenza...

5. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: DOPO IL REFERENDUM
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per questo
intervento. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei principali collaboratori di
questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi della cultura e dell'impegno
di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha
fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il
foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel
Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian
Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro
Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo
comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione
col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento
Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora
a varie prestigiose riviste. Tra le sue opere: (a cura di), Al di la' del
"non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto
il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la
guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei
Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e' disponibile nella rete telematica la
sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia
storica delle lotte nonarmate e nonviolente, ricerca di cui una recente
edizione a stampa e' in appendice al libro di Jean-Marie Muller, Il
principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro di cui Enrico Peyretti ha
curato la traduzione italiana), e che e stata piu' volte riproposta anche su
questo foglio, da ultimo nei fascicoli 1093-1094; vari suoi interventi sono
anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla pagina web
http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu' ampia
bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731 del 15
novembre 2003 di questo notiziario]

Ero in viaggio, ho sentito alla radio, alle 6 di lunedi', il risultato
negativo del referendum brasiliano.
Osservo soltanto:
1) porre un problema, fare un proposta giusta, e' importante anche quando
non e' capita, anche quando e' respinta. Il problema e' posto. Il problema
rimane.
2) la nostra capacita' di parlare, spiegare, diffondere, argomentare, deve
crescere in qualita' e anche in estensione, per la via della comunicazione
orizzontale senza mai cercare la potenza verticale che e' della
manipolazione spregiudicata.
3) se non si ottiene per legge una cosa giusta e necessaria, si puo'
continuare a cercarla per via volontaria: come la prima fase di questa
campagna fu la consegna volontaria delle armi, cosi' il Brasile, e ogni
altro popolo, potra' continuare, insistere, crescere in civilta'.
4) ascolto sempre il GR1 di radio-Rai: prima non ha mai parlato del
referendum, ne ha parlato solo dopo la vittoria del no, subito.
Buona salute, buon coraggio, buona resistenza, buona speranza.

6. RIFLESSIONE. CARLO SANSONETTI E LORELLA PICA: DOPO IL REFERENDUM
[Ringraziamo don Carlo Sansonetti e Lorella Pica dell'associazione "Sulla
strada" (per contatti: carlo.sansonetti at libero.it) per questa lettera.
Carlo Sansonetti, parroco di Attigliano, ha preso parte a varie rilevanti
esperienze di solidarieta' concreta in Italia e in America Latina, ed e'
trascinante animatore dell'esperienza di "Sulla strada".
Lorella Pica (per contatti: lorellapic at libero.it), gia' apprezzata pubblica
amministratrice, e' impegnata nell'associazione "Sulla strada", nella
rivista "Adesso", in molte iniziative di pace, solidarieta', nonviolenza.
Per sostenere le attivita' di solidarieta' in America Latina e in Africa
dell'associazione "Sulla strada": via Ugo Foscolo 11, 05012 Attigliano (Tr),
tel. 0744992760, cell. 3487921454, e-mail: sullastrada at iol.it, sito:
www.sullastradaonlus.it; l'associazione promuove anche un periodico,
"Adesso", diretto da Arnaldo Casali, che si situa nel solco della proposta
di don Primo Mazzolari; per contattare la redazione e per richiederne copia:
c. p. 103, 05100 Terni, e-mail: adesso at reteblu.org, sito:
www.reteblu.org/adesso]

La morte, ancora una volta, ha vinto la sua battaglia contro la vita.
Uomini amanti la vita, in piedi.
Lo sapete bene, solo tre giorni dura il silenzio della vita, poi il suo
ruggito, potente, si erge di nuovo, per sempre: e' gia' ora di ricominciare.
Cari amici della vita, sorelle e fratelli nostri, vi stiamo vicini e con voi
rialziamo la testa pronti per le nuove lotte.
Troppi rimangono in silenzio, noi, facce di bronzo, annunciamo ancora pace e
nonviolenza.

7. INIZIATIVE. QUARTA GIORNATA ECUMENICA DEL DIALOGO CRISTIANO-ISLAMICO:
VINCERE LA PAURA PER COSTRUIRE LA PACE
[Da Giovanni Sarubbi (per contatti: gsarubb at tin.it) riceviamo e volentieri
diffondiamo il seguente comunicato del 19 ottobre 2005. Giovanni Sarubbi,
amico della nonviolenza, promotore del dialogo interreligioso, giornalista,
saggista, editore, dirige l'eccellente rivista e sito de "Il dialogo"
(www.ildialogo.org)]

Segnaliamo altre importanti iniziative in vista della quarta Giornata
ecumenica del dialogo cristianoislamico del 28 ottobre 2005. Segnaliamo
l'iniziativa che si svolgera' a Reggio Calabria, con il coinvolgimento di
tutte le Chiese cristiane della citta'; quelle che si svolgeranno a Citta'
di Castello, Novellara, Bologna, Verona, Faenza, Sesto Calende, Genova. Una
iniziativa e' in preparazione a Caserta. Il vescovo di Modena, che ha
approvato con entusiasmo l'iniziativa, ha annunciato per domenica 23
ottobre, dalle pagine del settimanale diocesano "Il nostro tempo", la
lettura durante le messe in tutte le parrocchie della diocesi di un suo
invito ufficiale  ad accogliere l'iniziativa del digiuno per il 28 ottobre.
Molti sono i settimanali diocesani o di area cattolica che hanno riportato
con enfasi la notizia, che e' stata riportata anche sui principali organi di
informazione di area protestante.
*
Ma l'evento piu' significativo di questa settimana e' stata la lettera del
Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso che ha formulato un
messaggio augurale ai musulmani, firmato dal presidente del dicastero,
monsignor Michael L. Fitzgerald, sul tema: "Continuando sulla via del
dialogo".
Nel testo monsignor Fitzgerald ha ricordato che nel 1991, in occasione della
prima guerra del Golfo, Giovanni Paolo II affermo' la necessita' di "un
dialogo sincero, profondo e costante fra credenti cattolici e credenti
musulmani, dal quale potra' scaturire una piu' grande conoscenza e fiducia
reciproca". "Queste parole - ha affermato monsignor Fitzgerald - sono
certamente ancora attuali".
Fitzgerald ha ricordato l'impegno di Giovanni Paolo II per il dialogo con
l'islam e la stima di cui egli godeva nei paesi musulmani e da parte dei
rappresentanti religiosi dell'islam. Ha ancora ricordato che Francesco
d'Assisi e' stato, fra i cattolici, il pioniere del dialogo islamo-cristiano
e che proprio ad Assisi nel 1986 Giovanni Paolo II ha promosso l'incontro di
tutte le religioni per la pace.
Dopo aver ricordato l'anniversario, proprio il 28 ottobre, della
promulgazione della "Nostra Aetate", monsignor Fitzgerald ha richiamato le
parole con le quali il nuovo papa Benedetto XVI ha accolto i i
rappresentanti di altre religioni che avevano partecipato alla celebrazione
d'inizio del suo pontificato, ed in particolare le parole rivolte ai
musulmani: "Sono particolarmente grato per la presenza tra voi di membri
della comunita' musulmana, ed esprimo il mio apprezzamento per la crescita
del dialogo tra musulmani e cristiani, a livello sia locale, sia
internazionale. Vi assicuro che la Chiesa vuole continuare a costruire ponti
di amicizia con i seguaci di tutte le religioni, al fine di ricercare il
bene autentico di ogni persona e della societa' nel suo insieme". monsignor
Fitzgerald ha poi richiamato le conclusioni di papa Benedetto XVI, che ha
affermato: "Pertanto, e' imperativo impegnarsi in un dialogo autentico e
sincero, costruito sul rispetto della dignita' di ogni persona umana,
creata, come noi cristiani fermamente crediamo, a immagine e somiglianza di
Dio".
Ed e' proprio partendo dalle parole del papa che monsignor Fitzgerald chiude
la sua lettera affermando che "spetta a noi rafforzare il nostro impegno per
costruire buone relazioni fra le persone di differenti religioni, promuovere
il dialogo culturale e lavorare insieme per una maggiore giustizia ed una
pace duratura. Dimostriamo, come cristiani e musulmani, che si puo' vivere
insieme in una sincera fraternita', cercando sempre di compiere la volonta'
di Dio Misericordioso che ha creato l'umanita' perche' fosse un'unica
famiglia".
Ricordiamo, infine, che con il prossimo comunicato stampa verra' diffusa,
come da tradizione, la lettera che Brunetto Salvarani, direttore di
"Cem-Mondialita'", ha scritto per il 28 ottobre, quarta giornata ecumenica
del dialogo cristianoislamico.
Con un cordiale saluto di  shalom - salaam - pace
Il comitato organizzatore della quarta giornata ecumenica del dialogo
cristianoislamico

8. APPELLI. ABOLIRE I CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA
[Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il
seguente appello]

"Tutto quello che ho sempre sostenuto segnalandolo nelle sedi istituzionali,
adesso e' finalmente emerso dall'inchiesta di questo giornalista coraggioso
dell''Espresso' al quale darei un premio". Queste parole sono parte della
dichiarazione di Biagio Palumbo rilasciata alla stampa nei giorni scorsi.
Palumbo e' l'ex direttore del Centro di permanenza temporanea (in sigla:
Cpt) di Agrigento. Il giornalista coraggioso invece e' Fabrizio Gatti.
Prendendo alla lettera l'appello dei mesi scorsi del presidente Ciampi ai
giornalisti di "tenere la schiena dritta", Gatti ha realizzato un'inchiesta,
pubblicata dal settimanale "l'Espresso", sulle violenze e sugli abusi
commessi nel Cpt di Agrigento. Il suo ottimo lavoro ha permesso nei giorni
scorsi di tornare a discutere di quei luoghi di illegalita' e diritti negati
che sono i Cpt italiani.
Situazioni che vengono denunciate da anni, da molte voci inascoltate. Gia'
nel 2000 lo stesso Gatti aveva realizzato la stessa inchiesta sul Cpt di Via
Corelli a Milano. Tra i primi a denunciare le violenze e gli abusi nei Cpt,
soprattutto nel Regina Pacis di Lecce, fu Dino Frisullo. L'indimenticato e
indimenticabile Dino e' stato fino alla morte (avvenuta nel giugno di due
anni fa) anima e colonna dell'associazione "Senzaconfine". Le denunce e le
inchieste sul Regina Pacis, sui Cpt e sulle condizioni dei migranti in
Italia nel 2002 diedero vita a "Mare Nostrum", film d'inchiesta di Stefano
Mencherini, regista Rai e giornalista indipendente. Sono passati tre anni,
nei quali il film ha subito censure senza fine. L'inchiesta di Fabrizio
Gatti sull'"Espresso" ha ribadito quel che gia' "Mare Nostrum" aveva
denunciato.
Nei mesi scorsi una campagna popolare, lanciata da diverse associazioni
(Peacelink, Articolo 21, Melting Pot), ha raccolto centinaia di firme e ha
proposto un digiuno a staffetta cui hanno preso parte decine tra persone
comuni, migranti, parlamentari e persone impegnate nel sociale. Rilanciamo
oggi le richieste della campagna.
Chiediamo quindi che questa sia l'occasione per mostrare agli italiani la
verita'.
Cessi quindi la censura del servizio pubblico (pagato da tutti i cittadini
italiani) su "Mare Nostrum", sulla condizione fatta ai migranti e sui Cpt, e
si avvii un vero dibattito a livello nazionale sull'incostituzionalita',
l'illegalita' e il fallimento della legge Bossi-Fini e dei Cpt.
Cosi' che sia finalmente possibile superare e chiudere questi luoghi
disumani, dove abusi e violenze avvengono giornalmente.
*
Primi firmatari: Alessia Montuori, associazione "Senzaconfine"; Carmine
Miccoli, prete, Pax Christi; Mao Valpiana, "Azione Nonviolenta"; Riccardo
Orioles, giornalista antimafia; Carlo Ruta, giornalista antimafia; Antonella
Serafini, del sito www.censurati.it; don Albino Bizzotto, "Beati i
costruttori di pace"; padre Alex Zanotelli, missionario comboniano; Agnese
Ginocchio, cantautrice per la pace; Luca Kocci, redattore di "Adista".
*
Per aderire inviare una e-mail a: marenostrum_peacelink at yahoo.it

9. APPELLI. "BEATI I COSTRUTTORI DI PACE": UN APPELLO AI VESCOVI ITALIANI
SULLO SCANDALO DEI CENTRI DI PERMANENZA TEMPORANEA
[Da Mariagrazia Bonollo (per contatti: salbega at lillinet.org) riceviamo e
volenteri diffondiamo il seguente appello promosso dal movimento dei "Beati
i costruttori di pace" (per contatti: tel. 0498070522, e-mail:
beati at libero.it, sito www.beati.org)]

Carissimi fratelli vescovi,
Lampedusa, come Falluja, ha incontrato il vostro silenzio totale.
Non solo in nome di Gesu' Cristo, ma anche in nome della semplice comune
umanita' vi chiediamo di esprimere un po' di indignazione e di compassione.
Sull'eucarestia potrete esprimere idee bellissime, fare proposte attraenti,
ma senza la storia essa rimane un rito svuotato. Le nostre idee su Gesu' a
volte ci distolgono dal Gesu' vivo.
Come cristiani, che sentono sempre di piu' il disagio per la distanza tra il
sentire comune dei fedeli e i loro vescovi, vi chiediamo di compiere un
gesto semplice e pratico di comunione e di riconciliazione.
A nessuno di noi e' permesso visitare i Centri di permanenza temporanea
(Cpt) come quello di Lampedusa. Qualcuno di voi ci aiuti a rompere
concretamente queste barriere invalicabili per legge entrando dentro a
qualcuna di queste strutture, per chiedere perdono, riaffermando il pieno
rispetto della dignita' dei piu' poveri che premono alle nostre frontiere, e
perche' come Chiesa, anche nelle comunita' locali, non ci rendiamo
conniventi con le angherie e l'umiliazione del povero.

10. INCONTRI. UN INCONTRO A VITERBO
[Dall'Arci di Viterbo (per contatti: viterbo at arci.it) riceviamo e
diffondiamo]

L'Arci Servizio Civile di Viterbo, in collaborazione con il Centro di
ricerca per la pace, organizza per giovedi' 27 ottobre 2005, con inizio alle
ore 16, presso la sala conferenze della Provincia, in via Saffi a Viterbo,
un incontro sul tema "Gestire i conflitti, costruire la pace. verso una
prospettiva nonviolenta".
Parteciperanno all'incontro come relatori: Elena Buccoliero, del comitato di
coordinamento del Movimento Nonviolento, autrice del libro Bullismo,
bullismi; Lisa Clark, dei "Beati i costruttori di pace"; Andrea Cozzo,
docente di teoria e pratica della nonviolenza presso l'Universita' di
Palermo; Daniele Lugli, segretario nazionale del Movimento Nonviolento;
Fabio Mini, generale dell'esercito italiano, autore del libro La guerra dopo
la guerra.
Per informazioni: tel. 0761321860.

11. INIZIATIVE. MOVIMENTO INTERNAZIONALE DELLA RICONCILIAZIONE E MOVIMENTO
NONVIOLENTO DEL PIEMONTE E DELLA VAL D'AOSTA: 4  NOVEMBRE, NON  FESTA  MA
LUTTO
[Dagli amici del Movimento Internazionale della Riconciliazione e del
Movimento Nonviolento del Piemonte e della Val d'Aosta (per contatti:
info at cssr-pas.org) riceviamo e volentieri diffondiamo]

Per le autorita' militari e civili il 4 novembre e' un giorno di festa. Per
il popolo italiano e' un giorno di lutto.
In quella prima  guerra mondiale 650.000 italiani sono morti. E quella
"vittoria militare" ci porto' il fascismo, altre guerre, altri morti.
La festa fu una ricorrenza istituita dal fascismo per trasformare le vittime
della prima guerra mondiale in eroi coraggiosi che si immolavano per la
Patria. Una guerra che costo' all'Italia 650.000 morti e un milione di
mutilati e feriti, molti di piu' di quanti erano gli abitanti di Trento e
Trieste, i territori ottenuti con la vittoria della guerra che erano gia
stati concessi all'Italia dall'Austria in cambio della non belligeranza. La
prima guerra mondiale fu un affare per grandi industriali, politici
corrotti, funzionari statali senza scrupoli, alti ufficiali con le mani in
pasta.
E oggi? Le spese militari aumentano a discapito di quelle sociali.
Anche nel 2005 sono aumentate le spese militari e raggiungeranno la cifra
record di 20.793 milioni di euro: quasi un miliardo di euro in piu' (oltre
il 5%) rispetto al 2004, al quale va aggiunto anche 1,2 miliardi di un fondo
speciale per le spese delle missioni militari all'estero.
Ben il 25% di questi soldi se ne va per comprare nuove armi.
*
Il 4 novembre troviamoci tutti in piazza Castello a Torino per esprimere il
nostro dissenso all'ufficialita' di questa giornata in cui non c'e' proprio
nulla da festeggiare.
Appuntamento per tutti in piazza Castello a Torino con le bandiere
arcobaleno per una presenza di volonta' di pace. Occuperemo la piazza dalle
ore 16,30 fino all'"ammainabandiera" prevista alle ore 17,30.
Alle ore 18 appuntamento al Centro "Sereno Regis" per un incontro sul tema:
La prima guerra mondiale, la madre di tutte le guerre.
*
Movimento Internazionale della Riconciliazione, Movimento Nonviolento.
Questa iniziativa e' proposta assieme a molte altre associazioni
antimilitariste, pacifiste, nonviolente.

12. RIFLESSIONE. LIDIA MENAPACE: LA VENDETTA DEL PATRIARCATO. IN PARLAMENTO
[Dal quotidiano "Liberazione" del 16 ottobre 2005. Lidia Menapace (per
contatti: lidiamenapace at aliceposta.it) e' nata a Novara nel 1924, partecipa
alla Resistenza, e' poi impegnata nel movimento cattolico, pubblica
amministratrice, docente universitaria, fondatrice del "Manifesto"; e' tra
le voci piu' alte e significative della cultura delle donne, dei movimenti
della societa' civile, della nonviolenza in cammino. La maggior parte degli
scritti e degli interventi di Lidia Menapace e' dispersa in quotidiani e
riviste, atti di convegni, volumi di autori vari; tra i suoi libri cfr. Il
futurismo. Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; L'ermetismo.
Ideologia e linguaggio, Celuc, Milano 1968; (a cura di), Per un movimento
politico di liberazione della donna, Bertani, Verona 1973; La Democrazia
Cristiana, Mazzotta, Milano 1974; Economia politica della differenza
sessuale, Felina, Roma 1987; (a cura di, ed in collaborazione con Chiara
Ingrao), Ne' indifesa ne' in divisa, Sinistra indipendente, Roma 1988; Il
papa chiede perdono: le donne glielo accorderanno?, Il dito e la luna,
Milano 2000; Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001; (con Fausto
Bertinotti e Marco Revelli), Nonviolenza, Fazi, Roma 2004]

Sono furibonda dopo la maschia esibizione di nonnismo parlamentare di
qualche giorno fa. Direi solo male parole a tutti. Infatti non e' che noi
femministe non avessimo segnalato il pericolo di una vendetta del
patriarcato. C'erano state avvisaglie nel referendum e nella costante
diminuzione di donne elette. Ne' avevamo o abbiamo da essere molto
soddisfatte del centrosinistra, che esibisce costantemente tavoli tutti o
quasi di uomini.
Recentemente il centrosinistra organizzo' a Venezia un incontro tra Prodi e
le associazioni di donne, e si trovo' davanti a una compatta, ripetuta,
tenace e molto signorile e composta richiesta - tra molte altre cose - di
riequilibrio della rappresentanza; rispose per bocca del suo candidato a
presiedere il governo: "Toglietevi dalla testa che qualche uomo vi ceda il
posto: i posti si conquistano!". Sembra che l'articolo della Costituzione in
cui si dice che compito della Repubblica (e si presume anche dei suoi
governi) e' rimuovere gli ostacoli e promuovere le persone eccetera
eccetera, non sia conosciuto da nessuno.
Sono stufa di dovere a ogni riunione (seminario, gruppo di riviste,
dibattito) intervenire petulantemente in proposito, ironizzando su me stessa
e sentendomi dire, se non riesco a condire le parole con un sorriso: "Ma
come sei cattiva!". Loro non sanno la rabbia che ho in corpo. Comunque noi
non demordiamo: da circa cinquemila anni ci dite che siamo stupide, ci dite
che non serve che andiamo a scuola, che non capiamo niente di politica, anzi
siamo "per natura" inadatte alla politica, siamo irrazionali, emotive,
pettegole, amorali, insomma inferiori: se ancora non ci avete convinte,
sara' bene che cambiate registro.
Voglio solo ricordare che potremmo svergognare il nostro establishment
davanti alle Nazioni Unite, raccogliendo firme da mandare al Palazzo di
vetro, per denunciare che l'Italia approvo' allegramente all'unanimita' una
raccomandazione dell'assemblea in cui si diceva che i governi e gli stati
dovevano prendere misure transitorie atte a riequilibrare in modo stabile la
rappresentanza tra i generi. Dopo pochi mesi aboli' le quote: che ne dite?
Alzheimer politico? ci prendiamo il gusto di inondare le Nazioni Unite con
un fiume di firme di denuncia?
La raccomandazione delle Nazioni Unite era fondata sugli studi delle
sociologhe del nordeuropa che avevano scoperto che un soggetto da tempo
discriminato ha bisogno di misure di riequilibrio e che tali misure possono
essere tolte quando stabilmente la proporzione tra i soggetti considerati
(nel caso i generi) si stabilizza tra il 60 e il 40%. Se non si arriva a
tale bilanciamento tra i generi (potendo anche il genere femminile trovarsi
in maggioranza) il processo non si puo' considerare avvenuto.

13. LIBRI. ANNA MARIA MERLO PRESENTA L'ULTIMO LIBRO DI FETHI BENSLAMA
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 21 ottobre 2005.
Anna Maria Merlo e' corrispondente da Parigi del quotidiano e acuta
osservatrice delle vicende politiche, sociali e culturali francesi.
Fethi Benslama e' psicoanalista, docente universitario a Parigi, prestigioso
saggista, impegnato contro il razzismo e l'integralismo, per i diritti umani
di tutti gli esseri umani]

"Not in my name", dicono i manifestanti anglosassoni per protestare contro
guerre e aggressioni dei loro governi: una simile posizione guida Fethi
Benslama, psicoanalista e professore di psico-patologia a Paris VII, nella
sua Declaration d'insoumission a' l'usage des musulmans et de ceux qui ne le
sont pas (Flammarion, pp. 98, euro 9,50) quando scrive "In nome dell'islam:
tale e' oggi l'invocazione macabra, la folle litania che si aggiudica il
potere assoluto di distruggere". Il libro e' nato su richiesta del gruppo di
lavoro che si e' formato a Parigi sulla base del Manifeste des libertes,
pubblicato nel febbraio del 2004, dove donne e uomini chiedevano a tutti
coloro che si riconoscono contemporaneamente nei valori della laicita' e nel
riferimento all'Islam come cultura di uscire dal loro isolamento e di
opporsi all'ideologia dell'islamismo, che con gli attentati semina morte in
nome di una religione. Islam, musulmani: "quando la forza del nome irradia
cosi' tante devastazioni, non possiamo considerare che questo avvenga per
caso": ecco il punto di partenza iconoclasta di Benslama. Certo, il passato
e' saturo di ragioni che si identificano con le devastazioni economiche,
sociali e culturali del colonialismo prima e dei regimi post-coloniali poi;
vengono avanzate delle scuse, come il fatto che anche sotto altri nomi
(cristianesimo, comunismo, imperi coloniali ecc.) siano state giustificate
violenze inaudite. Ma oggi - dice Benslama - chi si riconosce nella cultura
dell'Islam (con la I maiuscola, per indicare appunto una cultura...) ha un
"dovere di rivolta". Perche' "la barbarie non puo' essere accidentale".
*
Le monarchie petrolifere, alla fine degli anni '60, approfittando della
guerra fredda e degli errori del fronte progressista, "hanno irrigato con la
loro ricchezza acquisita con facilita' i semi dell'islamismo". Un processo
favorito dalla democrazie occidentali: "presi nella morsa tra i movimenti
religiosi totalitari, gli stati dispotici e gli arrangiamenti dei governi
democratici, i cercatori di liberta' del mondo musulmano non trovano neppure
sulla loro strada gli intellettuali europei e americani che, non tanto tempo
fa, avevano prodigato il loro sostegno ai dissidenti dei sistemi totalitari
dell'est", constata amaro l'autore. Di qui i problemi di identita' che
costituiscono la principale minaccia contro le solidarieta' tra generazioni,
popoli, culture. E' una questione che deve interessare tutti, non i soli
musulmani, dice Benslama, perche' la rivendicazione di identita' e'
sfruttata dall'islamismo radicale ed e' proprio a partire da una sua
ridefinizione che puo' costruirsi la rivolta.
*
Fethi Benslama individua nell'oppresione delle donne il fattore che
"organizza nell'insieme della societa' l'ineguaglianza, l'odio per
l'alterita', la violenza, ordinate dal potere maschio".
Non a caso il Manifeste era nato al momento della controversia sul velo in
Francia. "Contrariamente a quanto la polemica sul velo ha lasciato
accreditare, sia tra i suoi difensori che tra i detrattori, il velo non e'
un segno, ma cio' che deve occultare i 'segni malefici' di cui il corpo
della donna e' portatore in quanto tale". Il velo, come "antisegno
ostentatorio della donna percepita come un male necessario", perpetua la
dicotomia delle identita' sessuali, fondate sulla differenza naturale,
"supporto principale delle ideologia della purezza, che costituiscono il
corpo della donna come il lugo immaginario di un rischio di infestazione
genealogico del gruppo da parte dell'altro".
*
La rivolta sta nel "mettere disordine nella purezza", cioe' "rimettere in
primo piano nella vita pubblica, nello scambio e nell'alternanza al potere,
la questione del cosmopolitismo e della minoranza, facendo riferimento al
principio che rende indissociabili eguaglianza e liberta'".
Benslama scrive: "l'avrete capito, se consideriamo che l'emancipazione delle
donne e' il punto dove si stringe e dove si dispiega il ventaglio dei
problemi piu' cruciali per l'avvenire democratico del mondo musulmano e'
perche' il complesso religioso che organizza i rapporti di alterita'
nell'islam ha, piu' che altrove, inchiodato la posizione del genere
femminile, con lo scopo di imporre il potere maschile".
Per opporsi alla posizione difensiva dell'islamismo di massa, Benslama
propone anche un approccio pratico, cioe' un'azione politica e intellettuale
tale da aprire degli spazi per "esperienze singolari di liberta'", a
cominciare da un'Universita' delle liberta' (un'universita' popolare), per
arrivare a superare, attraverso una riappropriazione degli strumenti
culturali, il mito identitario dell'islamismo, su posizioni laiche, che
disinguano la sfera spirituale da quella legislativa.
Certo, avverte, il modo con cui vengono trattati in Europa gli immigrati di
origine musulmana non aiuta, anzi, li spinge nelle braccia degli imam che
predicano il mito identitario come sola risposta all'esclusione.

14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

15. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1096 del 27 ottobre 2005

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