La nonviolenza e' in cammino. 1014



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1014 del 6 agosto 2005

Sommario di questo numero:
1. Riletture: Guenther Anders, Amare, ieri
2. Riletture: Guenther Anders, Discorso sulle tre guerre mondiali
3. Riletture: Guenther Anders, Essere o non essere
4. Riletture: Guenther Anders e Claude Heaterly, Il pilota di Hiroshima
5. Riletture: Guenther Anders, Kafka. Pro e contro
6. Riletture: Guenther Anders, L'uomo e' antiquato (I)
7. Riletture: Guenther Anders, L'uomo e' antiquato (II)
8. Riletture: Guenther Anders, Noi figli di Eichmann
9. Riletture: Guenther Anders, Opinioni di un eretico
10. Riletture: Guenther Anders, Patologia della liberta'
11. Riletture: Guenther Anders, Stato di necessita' e legittima difesa
12. Riletture: Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica
13. Riletture: Guenther Anders, Uomo senza mondo
14. Riletture: Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione
15. Omero Dellistorti: "No al nucleare, civile e militare"
16. Vittorio Capecchi: Perche'?
17. Enti locali per la messa al bando delle armi nucleari
18. Da una lettera di Margite all'amico suo Misone, a proposito delle
prossime elezioni politiche
19. Wanda Tommasi presenta "The psychic life of power" di Judith Butler
20. Chiara Zamboni presenta "Weltliebe" di Andrea Guenter
21. La "Carta" del Movimento Nonviolento
22. Per saperne di piu'

1. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: AMARE, IERI
Guenther Anders, Amare, ieri. Appunti sulla storia della sensibilita',
Bollati Boringhieri, Torino 2004, pp. 172, euro 16. Pubblicate nel 1986,
queste note di diario scritte tra 1947 e 1949, che leggono con grande
finezza e sapienza fenomenologica atteggiamenti, sentimenti e relazioni
della vita intima e quotidiana, costituiscono un aspetto meno noto ma
pienamente coerente e per cosi' dire idealtipico della riflessione del
grande filosofo e militante (1902-1992) implacabile denunziatore dell'eta'
atomica, della tecnica disumanata, della violenza totalitaria ed
annichilista.

2. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: DISCORSO SULLE TRE GUERRE MONDIALI
Guenther Anders, Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano
1990, pp. 112, lire 12.000. Due saggi: "I morti. Discorso sulle tre guerre
mondiali" del 1964, e "Hiroshima e' dappertutto. Una prefazione" del 1982,
in cui Anders torna a tematizzare la sua pressoche' solitaria, inesausta ed
insieme cosi' cruciale meditazione e azione di pensatore e militante
antifascista e antimilitarista, la voce piu' nitida del movimento
antinucleare, lo sguardo piu' acuto del movimento contro la guerra e contro
il totalitarismo.

3. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: ESSERE O NON ESSERE
Guenther Anders, Essere o non essere. Dario di Hiroshima e Nagasaki,
Einaudi, Torino 1961, pp. XVIII + 216. Un libro capitale. Nella traduzione
di Renato Solmi, con prefazione di Norberto Bobbio.

4. RILETTURE. GUENTHER ANDERS E CLAUDE EATHERLY: IL PILOTA DI HIROSHIMA
Guenther Anders e Claude Heaterly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la
coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, Linea d'ombra, Milano 1992, pp.
224, lire 15.000. Il carteggio tra Anders e Heaterly tra 1959 e 1961
(durante la detenzione del pilota americano). Con una introduzione di Robert
Jungk, una prefazione di Bertrand Russell, nella traduzione di Renato Solmi.
Un libro fondamentale, una lettura indispensabile.

5. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: KAFKA. PRO E CONTRO
Guenther Anders, Kafka. Pro e contro. I documenti del processo, Gabriele
Corbo Editore, Ferrara 1989, pp. XVIII + 138, lire 18.000. Pubblicato nel
1951, e da ultimo incluso in Uomo senza mondo nel 1980, un giustamente
celebre saggio.

6. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: L'UOMO E' ANTIQUATO (I)
Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. Considerazioni sull'anima nell'era
della seconda rivoluzione industriale, Il Saggiatore, Milano 1963, pp. 336.
Pubblicato nel 1956, uno dei libri fondamentali del pensiero novecentesco
che conta.

7. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: L'UOMO E' ANTIQUATO (II)
Guenther Anders, L'uomo e' antiquato. Sulla distruzione della vita
nell'epoca della terza rivoluzione industriale, Bollati Boringhieri, Torino
1992, pp. VI + 430, s. i. p. Pubblicato nel 1980, il secondo volume del
capolavoro di Anders.

8. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: NOI FIGLI DI EICHMANN
Guenther Anders, Noi figli di Eichmann, La Giuntina, Firenze 1995, pp. 112,
lire 15.000. Due lettere scritte da Guenther Anders al figlio di Adolf
Einchmann, nel 1964 e nel 1988. Una lettura imprescindibile.

9. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: OPINIONI DI UN ERETICO
Guenther Anders, Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991, pp. 110,
lire 9.000. Un'intervista di Mathias Greffrath a Guenther Anders del 1979
che puo' fungere da agile ed utile introduzione alla conoscenza del grande
filosofo e militante.

10. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: PATOLOGIA DELLA LIBERTA'
Guenther Anders, Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993 (ma 1994), pp.
132, lire 25.000. Due saggi di Anders apparsi in rivista negli anni '30, e
due saggi su di lui di Konrad Paul Liessmann e di Rosarita Russo.

11. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: STATO DI NECESSITA' E LEGITTIMA DIFESA
Guenther Anders, Stato di necessita' e legittima difesa. Violenza si' o no:
una critica del pacifismo, Edizioni cultura della pace, San Domenico di
Fiesole (Fi) 1997, pp. 80, lire 17.000. Un libro del 1987 che occorre aver
letto. Con una presentazione di Goffredo Fofi.

12. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: TESI SULL'ETA' ATOMICA
Guenther Anders, Tesi sull'eta' atomica, Edizioni del Centro di ricerca per
la pace, Viterbo 1991, pp. 16, diffusione gratuita. Una edizione "povera"
della geniale sintesi andersiana del 1960, che abbiamo piu' volte
ripubblicato su questo foglio.

13. RILETTURE. GUENTHER ANDERS: UOMO SENZA MONDO
Guenther Anders, Uomo senza mondo. Scritti sull'arte e la letteratura,
Spazio Libri Editori, Ferrara 1991, pp. 238, lire 30.000. I folgoranti saggi
andersiani su Doeblin, Brecht, Heartfield, Broch e Grosz pubblicati tra gli
anni '40 e '70 e raccolti in volume nel 1984 (insieme a quello su Kafka
edito in italiano a se', segnalato sopra).

14. RILETTURE. PIER PAOLO PORTINARO: IL PRINCIPIO DISPERAZIONE
Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther
Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003, pp. 180, euro 13. Una bella
monografia su Guenther Anders di uno dei piu' acuti studiosi di decisivi
problemi politici e morali dell'epoca presente, che vivamente raccomandiamo.

15. EDITORIALE. OMERO DELLISTORTI: "NO AL NUCLEARE, CIVILE E MILITARE"
[Ringraziamo per questo intervento il nostro buon amico Omero Dellistorti,
vecchio collaboratore del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo]

Ero giovane, ero un militante rivoluzionario, ero povero. Quell'inverno
faceva cosi' freddo che quando non c'erano riunioni o iniziative andavo a
leggere alla sala d'aspetto della stazione ferroviaria, per riscaldarmi. Li'
lessi Opera aperta di Eco (o era Apocalittici e integrati? non ricordo
bene), e quel saggio in cui polemizzava con Anders sulla televisione,
leggendo il quale mi convinceva sempre piu' che proprio Anders avesse
ragione. Passarono forse anni. Trovai L'uomo e' antiquato su una bancarella.
Lo lessi d'un fiato. Mi persuase per sempre. Poi cercai tutte le altre
opere, me ne sfamai con fauci di lupo, ma questa e' un'altra storia.
Guenther Anders e' il filosofo che piu' di ogni altro ha saputo cogliere
quelle che Balducci ha chiamato "le verita' di Hiroshima", che piu' di ogni
altro ci ha detto la verita' sull'ora presente, e quale fosse - quale sia -
la lotta da condurre.
*
Se la memoria non m'inganna l'incipit di Hiroshima mon amour di Resnais e'
folgorante, come anche quel suo documentario Nuit et bruillard di qualche
anno prima: il ricordo di Auschwitz e quello di Hiroshima credo siano gli
eventi che piu' hanno segnato le mie scelte di vita, e credo di molte e
molti altri: il lager (e il gulag), la guerra sterminatrice, il
totalitarismo che in vita e in morte riduce le donne e gli uomini in niente,
in scoria, in tormento infinito e infinito silenzio. Anni dopo dedicai
anch'io un brano (quella cosa che viene sbranata) della mia vita a cercare
di dare una mano alla lotta di Nelson Mandela (e di Benny Nato, questo
indimenticabile generoso amico, sublime un eroe della mitezza che resiste):
mi parve che in quella resistenza, la lotta di un popolo per abbattere
l'apartheid, si stava lottando contro Auschwitz e contro Hiroshima; sentii
che in Sud Africa si stava combattendo per salvare l'umanita' intera dal
trionfo hitleriano. Il giorno che Mandela usci' dal carcere mi parve si
aprisse una speranza grande, che la successiva straordinaria vicenda della
Commissione per la verita' e la riconciliazione ha confermato. Ma non c'era
da farsi illusioni, la lotta sarebbe continuata ancora a lungo. Piu' che mai
oggi, che sembra che Hitler sia ancora una volta riemerso dall'inferno, "a
luta continua".
*
Ero a Pian dei Cangani, campagna di Montalto di Castro, nel 1977 a quella
prima manifestazione contro la decisione di costruire li' una centrale
nucleare. C'ero ancora anche dieci anni dopo - nel frattempo: Cernobyl -
all'ultima davanti ai cancelli: quando la carica di ragazzini in divisa mi
stropiccio' - diciamo cosi' - non poco (e mi fece - diciamo cosi' - per un
attimo temere che mi rompessero la testa per sempre). Ma l'avemmo vinta noi,
vincemmo il referendum, il nucleare almeno qui si fermo'.
Nel mezzo: l'esperienza del movimento contro gli euromissili, Comiso; e la
nascita della nuova ecologia (e il rapido declino di gran parte delle sue
rappresentanze politiche e istituzionali in carrierismo e clientele,
arraffamento e complicita').
Poi il crollo dei regimi totalitari all'est, che cosi' fervidamente noi
comunisti di sinistra dell'ovest senza esitazioni solidali coi dissidenti
avevamo desiderato; e l'immediato riciclaggio dei settori peggiori delle
nomenklature nelle mafie restate al potere; e il trionfo del capitalismo
piu' rapace e assassino su scala planetaria.
*
Talora mi capita di incontrare i vecchi compagni di allora, quelli ancora
vivi e che non hanno ceduto (ogni anno qualcuno ci lascia: Dario Paccino or
non e' guari). Non c'e' bisogno tra noi di molte parole. Basta un sorriso.
Non ci hanno piegati. Non ci piegheranno oggi. Il dottor Stranamore non ha
ancora vinto.
Mi chiedono talvolta amici piu' giovani (che temo ci percepiscano come
animali antidiluviani inaspriti contro tutto e tutti - e non capiscono
perche' disprezziamo chi per far carriera fa morire la gente, chi pontifica
a mane e a sera riscuote l'obolo della complicita' col male, chi indossa il
candido vello e sotto reca irsuto l'abito del vorace, e ci ripugnano anche
le condotte di tanti che pure si dicono per la pace e albergano palese la
foia del dominio, che sempre e' assassina), perche' abbiamo tenuto duro, per
quale motivo non abbiamo mai voluto "fare il compromesso". Per questo,
rispondo: perche' non abbiamo saputo, o potuto, o voluto dimenticare
Auschwitz; non abbiamo voluto, o potuto, o saputo dimenticare Hiroshima.
Come potremmo?
E a tutte le guerre, a tutti gli eserciti, a tutte le armi, a tutti i campi
di concentramento, a tutte le torture, a tutte le uccisioni: siamo restati
per sempre nemici.
Non e' per candore che abbiamo scelto la nonviolenza, ma per una interiore,
imperiosa, rigorosa necessita' di non tradire le vittime, di non tradire
l'umanita'.
Poiche' solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

16. MEMORIA. VITTORIO CAPECCHI: PERCHE'?
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 4 agosto 2005. Vittorio Capecchi e'
docente universitario, illustre sociologo, direttore della prestigiosa
rivista "Inchiesta", intellettuale di forte impegno civile]

Da sessanta anni, ad ogni anniversario dello sterminio delle donne e degli
uomini di Hiroshima e Nagasaki, la domanda a cui si tenta di rispondere e':
"perche'?". Oggi, grazie all'ampia documentazione a disposizione, a questa
domanda si puo' rispondere senza particolari incertezze. Ma non solo. La
domanda, da generico sgomento di fronte all'orrore che quell'avvenimento
continua a suscitare, puo' essere meglio formulata e articolata: perche' il
presidente americano Truman autorizzo' un crimine contro l'umanita' dopo che
il Giappone si era arreso? E come e' stato possibile che questo crimine
contro l'umanita' sia rimasto impunito?
*
La bomba: inutile per la resa del Giappone
La sequenza degli eventi puo essere ricostruita nel dettaglio. La Germania
ha firmato la resa l'8 maggio 1945 e anche il Giappone e' ormai pronto ad
arrendersi: non ha piu' un apparato militare offensivo e si trova con
"milioni di persone senza casa e le citta' distrutte nella percentuale del
25-50%" (dichiarazione dell'8 luglio 1945 dell'Us-British Intelligence
Committee). Cio' che accade nel mese di luglio e' particolarmente
importante: e' una storia in cui si intrecciano i rapporti tra Usa e Urss
per il controllo del Sud Est asiatico, la volonta' degli scienziati di
sperimentare la bomba atomica, la decisione di sterminio di un presidente
americano, il destino della popolazione inerme di due citta' giapponesi.
Documenti, a lungo rimasti segreti e censurati, mostrano che la resa del
Giappone avviene il 12 luglio quando l'imperatore giapponese, attraverso il
suo primo ministro Togo, invia un telegramma all'ambasciatore Sato a Mosca
in cui chiede alla Russia (che non ha ancora formalmente dichiarato guerra
al Giappone) di fare da intermediaria per trattare la resa. L'imperatore e'
per una resa incondizionata e chiede solo che questa non comporti la sua
destituzione per salvaguardare la "sacralita'" della sua figura (condizione,
del resto, che verra' accettata dal governo americano, ma solo dopo aver
sperimentato le due bombe atomiche). Truman e' a conoscenza della resa
dell'imperatore, come risulta dal suo diario autografo (reso pubblico dopo
gli anni '70) in cui scrive il 18 luglio: "Stalin aveva messo a conoscenza
il Primo Ministro del telegramma dell'imperatore giapponese che chiedeva la
pace. Stalin mi disse inoltre cosa aveva risposto. Era fiducioso. Credeva
che il Giappone si sarebbe arreso prima dell'intervento russo". Da notare
che sempre nello stesso diario Truman aveva annotato il giorno prima che
"Stalin dichiarera' guerra al Giappone il 15 agosto. Quando avverra', sara'
la fine per i giapponesi".
Il 16 luglio, intanto, era stato fatto il primo test della bomba atomica nel
New Mexico e Truman era stato ufficiamente informato che il risultato del
test era positivo: la bomba era pronta e poteva essere sganciata sul
Giappone. La fine della guerra e la resa del Giappone sono previste entro
poche settimane (tra il 18 luglio e il 15 agosto). Ciononostante, la
decisione di Truman e' quella di usare la bomba, distruggere due intere
citta' giapponesi e condannare ad una morte atroce uomini donne, bambini
inermi. Ancora una volta la domanda e': perche'?
*
La bomba: per dominare il dopoguerra
La risposta oggi convergente da tutte le fonti e' che cio' che ha
influenzato la decisione di Truman non era un temuto prolungamento della
guerra (ormai di fatto terminata) ma il dopoguerra: se l'Urss avesse
dichiarato formalmente la guerra al Giappone il 15 agosto, le sue armate
avrebbero potuto entrare prima di quelle americane nel Giappone arreso ed in
ogni caso, nel dopoguerra, gli Stati Uniti avrebbero dovuto spartire con
l'Urss la loro sfera di influenza nel Sud Est asiatico. Si tratta di una
ipotesi confermata da una osservazione di Winston Churchill, il 23 luglio
1945: "E' chiarissimo che al momento gli Stati Uniti non desiderano la
partecipazione russa alla guerra con il Giappone". Nella stessa direzione
vanno altre testimonianze. Nel diario di James V. Forrestal (ministro della
marina Usa) si puo' leggere che "il segretario di stato Byrnes aveva una
gran fretta di concludere la questione giapponese prima che i russi
entrassero in gioco". Il fisico Leo Szilard (che firmo' il 7 luglio del 1945
la prima petizione contro l'utilizzo della bomba atomica) nel 1948 ha
scritto: "Mr. Byrnes non argomento' che l'uso della bomba atomica contro le
citta' del Giappone fosse necessario per vincere la guerra. Egli sapeva,
come anche tutto il resto del governo, che il Giappone era battuto sul
campo. Pero' Byrnes era molto preoccupato per la crescente influenza della
Russia in Europa". Anche Albert Einstein ("New York Times", 14 agosto 1946)
affermo' che nella decisione di gettare le due bome atomiche la causa
principale era stato "il desiderio di metter fine con ogni mezzo alla guerra
nel Pacifico prima della partecipazione della Russia. Io sono certo che se
ci fosse stato il presidente Roosevelt questo non sarebbe accaduto. Egli
avrebbe proibito un'azione del genere". Sembrerebbe, dunque, che ci troviamo
di fronte ad un crimine contro l'umanita' come "misura preventiva".
*
La bomba: chi era contro e chi a favore
Contro l'uso dell'atomica si dichiararono le massime autorita' militari.
Dice il generale Dwight D. Eisenhower: "Ero convinto che il Giappone fosse
gia' sconfitto e che il lancio della bomba fosse del tutto inutile... In
quel momento il Giappone stava cercando un modo per arrendersi il piu'
dignitosamente possibile. Non era necessario colpirli con quella cosa
spaventosa". E dello stesso tipo sono le dichiarazioni dell'ammiraglio
William Leahy, capo di stato maggiore: "I giapponesi erano gia' sconfitti e
pronti alla resa. L'uso di questa arma barbara contro Hiroshima e Nagasaki
non ci fu di nessun aiuto nella nostra guerra contro il Giappone.
Nell'usarla per primi adottammo una norma etica simile a quella dei barbari
nel medioevo. Non mi fu mai insegnato a fare la guerra in questo modo, e non
si possono vincere le guerre sterminando donne e bambini". Leahy individua
anche il gruppo che e' stato piu' a favore: "Gli scienziati ed altri
volevano sperimentarla, date le enormi somme di denaro che erano state spese
nel progetto: due miliardi di dollari". Quindi, a parte il limitato gruppo
dei fisici che era sulle posizione di Szilard e Einstein, c'e' un gruppo
consistente di attori legati al costosissimo progetto Manhattan che desidera
"rendere produttivo l'investimento".
Si arriva cosi' al 25 luglio, quando il Comitato presieduto da Truman e
Byrnes (con anche la presenza del rettore dell'Universita' di Harvard James
Conant, invitato al Comitato "a nome della societa' civile", che
vergognosamente appoggia lo sterminio) ordina al generale Caarl Spatz
dell'Air Force la "missione atomica" su quattro possibili obiettivi
(Hiroshima, Kokura, Niigata e Nagasaki) indicando una data provvisoria (il 3
agosto).
La prima bomba atomica scendera' sul centro di Hiroshima il 6 agosto alle
ore 8,15 del mattino quando le scolaresche vanno a scuola e le donne e gli
uomini al lavoro; la seconda scendera' il 9 agosto alle 11,02 nel quartiere
piu' povero (prevalentemente cattolico) di Nagasaki (tra le due bombe
arriva, ormai ininfluente, la dichiarazione di guerra della Russia al
Giappone).
Per documentare l'entusiasmo che l'annuncio di questo crimine contro
l'umanita' riceve negli Stati Uniti si puo' ricordare la testimonianza del
fisico Sam Cohen sulla sera del 6 agosto 1945: "Quella sera, Oppenheimer non
passo' dall'ingresso laterale, fece piuttosto una entrata trionfale come
Napoleone al ritorno di una grande vittoria. Mentre entrava, tutti - a
eccezione forse di una o due persone - si alzarono in piedi applaudendo e
battendo i piedi; erano veramente orgogliosi che cio' che avevano costruito
avesse funzionato ed erano orgogliosi di se stessi e di Oppenheimer".
*
La bomba: come fu mistificata
Nonostante l'euforia, Truman si rende conto che non puo' rivelare al mondo
che ha ordinato un crimine contro civili senza che ve ne fosse bisogno per
finire la guerra.
Due sono le strategie utilizzate: la menzogna e la censura. La prima
menzogna (quella con le gambe corte) e' detta da Truman alla radio il 9
agosto quando afferma che "la prima bomba atomica e' stata sganciata su
Hiroshima, una base militare". La seconda menzogna (quella con le gambe
lunghe) serve a nascondere che il Giappone aveva gia' dichiarato la resa: la
bomba e' "giustificata" dal numero di morti americani evitato. Come affermo'
Truman il 15 dicembre 1945: "A me sembrava che un quarto di milione dei
nostri giovani uomini nel fiore degli anni valesse un paio di citta'
giapponesi".
Viene poi fatta scattare una durissima censura sia negli Stati Uniti che in
Giappone. Ad Eisenhower viene inviato il 2 aprile 1946 un memorandum in cui
si ordina: "Da nessuno dei documenti destinati alla pubblicazione deve
risultare che la bomba atomica fu lanciata su un popolo che aveva gia'
cercato la pace", e nel 1946 venne approvato l'Atto dell'energia atomica che
prevedeva l'ergastolo e la pena di morte per chi divulgasse "documenti
protetti da segreto, con lo scopo di danneggiare gli Stati Uniti". In
Giappone il silenzio stampa e la censura di qualunque commento critico
all'uso dell'atomica furono ferrei fino al 1949.
Le due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki non hanno segnato, dunque, la
fine della seconda guerra mondiale ma l'inizio di una nuova era. Quella che
usa lo sterminio come misura preventiva, separa l'economia e la politica
dall'etica, difende la "neutralita'" della ricerca scientifica, legittima la
menzogna e l'impunita' per chi ha il potere. Il neoliberismo alla Bush e'
stato anticipato sessanta anni fa da Harry Truman.
*
Postilla. Impunita' e oblio contro la memoria
E' importante fare attenzione alla volonta' di menzogna della destra. In
questi giorni viene venduto nelle edicole un supplemento di alcuni
quotidiani che fa proprie le menzogne di Truman evitando di citare le fonti
che documentano la resa dell'imperatore prima dell'uso della bomba. Queste
fonti sono ben documentate nei libri di Gar Alperowitz (The decision to use
the atomic bomb, Alfred Knops, New York, 1995) e di Jay Robert Lifton e
Gregg Mitchell (Hiroshima in America, Avon Books, New York, 1995) che, fra
l'altro, ricostruisce con molti dettagli la carriera di Harry Truman ed i
suoi collegamenti con la mafia locale ed il Ku Klux Klan. Da leggere i due
numeri speciali sulla bomba atomica usciti in questo mese di "Sapere" e
"Alias" e, tra i libri piu' recenti, quello di Stefania Maurizi, Una bomba
dieci storie. Gli scienziati e l'atomica, Bruno Mondadori, Milano 2004.
Consiglio poi didatticamente di andare sul sito ufficiale di Hiroshima
(www.pcf.city.hiroshima.jp) e, dopo aver precisato che sono trecentomila le
vittime dirette e indirette delle due bombe, raccontare in classe la storia
(che nel sito e' a fumetti) di Sadako Sasaki, nata a Hiroshima nel 1943,
sopravvissuta alla bomba ma morta per leucemia a dodici anni nel 1955 a
causa delle radiazioni. La storia di questa bambina ha ispirato il monumento
alla pace dei bambini a Hiroshima perche' prima di morire cerco' di
costruire secondo la tradizione giapponese piu' di mille gru di carta ("se
costruisci piu' di mille gru di carta i tuoi desideri si avvereranno") e
bambine e bambini di tutto il mondo le inviarono questi delicati origami
mentre passava il suo ultimo anno di vita in ospedale.
Altri siti validi sono: www.peace-nagasaki.go.jp;
www.dannen.com/szilard.html; www.csi.ad.jp; www.ask.ne.jp;
www.atomicmirror.org; www.theenolagay.com

17. INIZIATIVE. ENTI LOCALI PER LA MESSA AL BANDO DELLE ARMI NUCLEARI
[Da varie strutture e persone amiche riceviamo e diffondiamo]

I sindaci dei Comuni di Ghedi, Castenedolo, Montirone e Borgosatollo, in
provincia di Brescia, partecipano il 6 agosto alle iniziative per la messa
al bando delle armi nucleari previste in occasione del sessantesimo
anniversario dello sgancio delle bombe atomiche sulle citta' giapponesi di
Hiroshima e Nagasaki.
La notizia e' emersa a conclusione di un incontro che si e' tenuto nei
giorni scorsi presso il municipio di Ghedi, dove si sono incontrati una
rappresentanza dell'associazione "Beati i costruttori di pace", che
organizza gli eventi, e i sindaci dei quattro comuni adiacenti all'aeroporto
militare di Ghedi, dove secondo una organizzazione non governativa americana
sono stoccate 40 testate nucleari B-61 pronte all'uso.
"Ringrazio 'Beati i costruttori di pace' per aver promosso questa campagna -
afferma Anna Guarnieri, prima cittadina di Ghedi - e per avermi cosi' dato
la possibilita' di esprimermi su questo tema scottante della pace e della
guerra. Credo che solo con la pace si possano evitare atti terroristici come
quelli che hanno sconvolto Londra nei giorni scorsi e auspico che le
iniziative che ci vedranno coinvolti ai primi di agosto, anche se
simboliche, possano aiutare l'opinione pubblica a capire che la violenza
porta solo dolore".
I quattro sindaci bresciani si sono impegnati ad allargare l'iniziativa a
tutti i primi cittadini della zona, nonche' a promuovere l'adesione alla
proposta "Sindaci per la pace" del sindaco di Hiroshima. In tal senso,
attraverso l'Anci, intendono allargare l'iniziativa a tutti i Comuni
d'Italia.
"Quanto all'aeroporto militare ospitato nel nostro territorio - continua
Anna Guarnieri - tengo a ricordare che non ho nulla contro i militari: fanno
il loro lavoro e rispondono di esso ai loro superiori. Cio' nonostante mi
auguro che la campagna per la messa al bando delle armi nucleari possa avere
successo e che veramente entro il 2020, come auspica il sindaco di
Hiroshima, il mondo possa essere liberato dalla minaccia delle armi
atomiche".
Il programma delle iniziative concordate prevede la sera del 5 agosto nella
Sala consiliare di Ghedi la visione del film "Original child bomb" cui fara'
seguito la testimonianza di Seiko Ikeda, una dei sopravvissuti di Hiroshima,
nonche' un intervento di Manuela Suriano, vissuta in Giappone e specialista
in letteratura delle vicende di Hiroshima e Nagasaki. La mattina del 6
agosto alle ore 8 e' poi previsto il concentramento davanti all'ingresso
principale dell'aeroporto militare per la memoria dello scoppio della bomba
su Hiroshima, che verra' scandita da tre minuti di silenzio, seguiti dalla
testimonianza di Seiko Ikeda. E' previsto anche l'intervento dei sindaci,
che saranno presenti con i loro gonfaloni, la lettura e la consegna della
lettera ai militari della base, nonche' un intervento di un rappresentante
delle associazioni pacifiste. Hanno gia' assicurato la loro presenza alcune
organizzazioni per la pace bresciane e il Comune di Firenze.
*
Le iniziative italiane legate ad "Abolition Now! - la Campagna globale per
la messa al bando delle armi nucleari - prevedono anche dal 6 all'8 agosto
una serie di appuntamenti a Padova patrocinati dal Comune, nonche' la
commemorazione della distruzione di Nagasaki davanti alla base Usaf di
Aviano la mattina del 9 agosto. Hanno gia' dato la loro adesione il
presidente della Regione Autonoma Trentino-Alto Adige, Luis Durnwalder;
quello della Regione Toscana, Claudio Martini; nonche' la Fondazione
Culturale Responsabilita' Etica - Onlus - Banca Etica e le Acli provinciali
di Pordenone.
*
Per informazioni sulle iniziative italiane del 6-9 agosto 2005: tel.
0498070522; e-mail: beati at libero.it; sito: www.beati.org
Per adesione alla Campagna globale per la messa al bando delle armi
nucleari: Rete Italiana per il Disarmo, sito: www.disarmo.org

18. EPISTOLARI. DA UNA LETTERA DI MARGITE ALL'AMICO SUO MISONE, A PROPOSITO
DELLE PROSSIME ELEZIONI POLITICHE
[Poiche' con tanta gentilezza - e titubanza a un tempo - ci e' stato
richiesto, pubblichiamo questa lettera privata, forse non del tutto priva di
pubblico interesse]

Mio carissimo amico, e della nonviolenza ancora,
perdonate se mi permetto di dire due parole (veramente non vorrei divenisse
un'abitudine): credo che rispetto alle prossime elezioni politiche sarebbe
ora che le persone amiche della nonviolenza uscissero dalla delega e dalla
subalternita'.
Trovo bizzarro che anche persone non malvage desiderino continuare a
presentarsi per cosi' dire col cappello in mano a chi ha riaperto i campi di
concentramento in Italia e negato il diritto di voto nelle elezioni
amministrative agli immigrati pur regolarmente residenti (la coalizione del
governo Prodi), a chi ha trascinato l'Italia nella guerra dei Balcani (il
governo D'Alema), a chi (Rifondazione) non ha esitato per miseri interessi
di bottega a contribuire a far vincere il blocco berlusconiano con tutto
quel che di nefando ne e' conseguito.
E trovo che sarebbe onesto dire cio' che tutti quelli che siamo vecchi del
mestiere sappiamo: che pensare di imporre vincoli a priori ai singoli
parlamentari e' un'ingenuita' in flagrante contraddizione con il criterio
decisivo della democrazia parlamentare, quello dell'essere eletti i
rappresentanti del popolo senza vincoli di mandato, ovvero di poter
deliberare sempre secondo coscienza e non per ordine altrui o per negozi
giuridici variamente in precedenza sottoscritti.
*
E quindi che fare?
La mia personale opinione e' che non le singole persone amiche della
nonviolenza, ma le organizzazioni che alla nonviolenza si richiamano con
provata fedelta' e verificabile rigore (in Italia forse solo Movimento
nonviolento e Movimento internazionale della riconciliazione) dovrebbero
proporre alla coalizione antifascista  - in incontri bilaterali coi crismi
dell'ufficialita', non secondo le ignobili e antidemocratiche formule della
societa' dello spettacolo - non qualche generico proclama o qualche impegno
che poi finirebbe nel calderone degli infiniti altri che si contraggono in
questi casi con pressoche' ogni lobby, ma alcune scelte precise verificabili
prima (ripeto: prima) delle elezioni: che potrebbero essere ad esempio le
seguenti:
1. scrivere a chiare lettere nel programma di governo la scelta della
nonviolenza come principio informatore di scelte politiche concrete
fondamentali in materia di sicurezza, difesa, cooperazione internazionale,
rappresentanza democratica, legalita' e diritti umani, modello di sviluppo;
2. impegnarsi a candidare persone (in pari numero dell'uno e dell'altro
sesso) che per la loro storia personale possano garantire di rappresentare
posizioni coerenti con la scelta nonviolenta (dalla nonmenzogna
all'opposizione alla guerra, dal disarmo al riconoscimento di tutti i
diritti umani a tutti gli esseri umani, eccetera).
Il resto mi sembrerebbe ben poco interessante, anzi temo alquanto equivoco.
Scusate la frettolosita' (e la conseguente schematicita' e rozzezza di un
ragionamento qui appena sbozzato in poche parole).
Vogliate credermi vostro umilissimo, devotissimo obbedientissimo eccetera

19. LIBRI. WANDA TOMMASI PRESENTA "THE PSYCHIC LIFE OF POWER" DI JUDITH
BUTLER
[Dalla rivista "Per amore del mondo" (nel sito: www.diotimafilosofe.it)
riprendiamo il seguente articolo di Wanda Tommasi.
Wanda Tommasi e' docente di storia della filosofia contemporanea
all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica di "Diotima".
Opere di Wanda Tommasi: La natura e la macchina. Hegel sull'economia e le
scienze, Liguori, Napoli 1979; Maurice Blanchot: la parola errante, Bertani,
Verona 1984; Simone Weil: segni, idoli e simboli, Franco Angeli, Milano
1993; Simone Weil. Esperienza religiosa, esperienza femminile, Liguori,
Napoli 1997; I filosofi e le donne, Tre Lune, Mantova 2001; Etty Hillesum.
L'intelligenza del cuore, Edizioni Messaggero, Padova 2002; La scrittura del
deserto, Liguori, Napoli 2004.
Judith Butler, pensatrice femminista americana, e' docente all'universita'
di Berkeley; dal quotidiano "Il manifesto" del 24 marzo 2003 riprendiamo
questa presentazione di Judith Butler scritta da Ida Dominijanni: "Judith
Butler e' una delle massime figure di spicco nel panorama internazionale
della teoria femminista. Docente di filosofia politica all'universita' di
Berkeley in California, ha pubblicato nell'87 il suo primo libro (Subjects
of Desire) e nel '90 il secondo, Gender Trouble, testo tuttora di culto nei
campus americani, cruciale per la messa a fuoco delle categorie del sesso,
del genere e dell'identita'. Del '93 e' Bodies that matter (Corpi che
contano, Feltrinelli, Milano 1995), del '97 The Psychic Life of Power.
Filosofa di talento e di solida formazione classica, Butler appartiene a
quello stile di pensiero post-strutturalista che intreccia la filosofia
politica con la psicoanalisi, la linguistica, la critica testuale; e a
quella generazione del femminismo americano costitutivamente attraversata e
tormentata dalle differenze sociali, etniche e sessuali fra donne e dalla
frammentazione dell'identita' che ne consegue. Decostruzione dell'identita',
analisi del corpo fra materialita' e linguaggio, critica della norma
eterosessuale e dei dispositivi di inclusione/esclusione che essa comporta,
critica del potere e del biopotere sono gli assi principali del suo lavoro,
che sul piano politico sfocia in una strategia di radicalita' democratica
basata sulla destabilizzazione e lo shifting delle identita'. Fin da subito
attenta ai nefasti effetti dell'11 settembre e della reazione antiterrorista
sulla democrazia americana, Butler e' fra gli intellettuali americani
maggiormente imegnati nel movimento no-war. 'La rivista del manifesto' ha
pubblicato sul n. 35 dello scorso gennaio il suo Modello Guantanamo, un atto
d'accusa del passaggio di sovranita' che negli Stati Uniti si va producendo
all'ombra dell'emergenza antiterrorista: fine della divisione dei poteri,
progressivo svincolamento del potere politico dalla soggezione alla legge,
crollo dello stato di diritto con le relative conseguenze sul piano del
diritto penale (demolizione delle garanzie processuali) e del diritto
internazionale (violazione di trattati e convenzioni). A dimostrazione di
come la guerra in nome della liberta' e la soppressione delle liberta' si
saldino in un'unica offensiva di abiezione dei 'corpi che non contano', per
le strade di Baghdad e nelle gabbie di Guantanamo". Opere di Judith Butler:
Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1995]

Un libro di Judith Butler, sfortunatamente non ancora tradotto in italiano,
The Psychic Life of Power. Theories in Subjection (Stanford University
Press, Stanford, California 1997), presenta tre spunti di notevole
interesse, che consentono di incrociare, almeno in parte, la ricerca
femminista statunitense, attestata, com'e' noto, sulle posizioni egualitarie
del gender, con quella europea, piu' vicina al pensiero della differenza
sessuale.
*
Il primo motivo d'interesse e' la riflessione critica sulla nozione di
soggettivita', che porta l'autrice a intrecciare, su questo tema, la
dimensione sociale e quella intrapsichica, mostrando sostanzialmente che il
soggetto e', al tempo stesso, un effetto di assoggettamento - della
soggezione subita ad opera del potere (in primo luogo quello genitoriale) -
e la condizione della sua capacita' di agire: il soggetto emerge come
un'eccedenza rispetto all'assoggettamento, ma e' un'eccedenza condizionata
alla radice.
Ogni soggetto si forma nella dipendenza - dai genitori, in primo luogo dalla
madre -, una dipendenza caratterizzata da un attaccamento passionale, si
forma in un assoggettamento che e' condizione della sua stessa nascita come
soggetto: questa dipendenza deve essere tuttavia negata, nascosta alla
coscienza, affinche' il soggetto possa porre in atto la sua capacita' di
agire e di eccedere le condizioni date. Il percorso delineato da Butler e'
simile a quello tracciato da Hegel nella Fenomenologia dello spirito, nel
passaggio dalla dialettica servo-padrone alla coscienza infelice: e' un
percorso che va dall'esistenza del padrone esterno alla sua
interiorizzazione, che ne fa un'autorita' interiore; non a caso, Butler
dedica una parte consistente del suo libro alla rilettura di queste celebri
pagine hegeliane.
Qui troviamo un primo motivo di convergenza con il pensiero della differenza
sessuale, in particolare con la riflessione che Diotima ha portato avanti,
alcuni anni fa, sul tema dell'autorita': criticando l'illusione maschile
dell'autonomia, io stessa avevo rilanciato il senso della dipendenza come
condizione della nascita della soggettivita' femminile (Il lavoro del servo,
In Diotima, Oltre l'uguaglianza, Liguori, Napoli 1995).
*
Il secondo motivo d'interesse del libro di Butler sta nel riconoscimento
dell'attaccamento passionale alla madre come condizione del divenire
soggetto: tuttavia, a causa della proibizione a prendere la madre come
oggetto di desiderio sessuale, il divenire soggetto e' accompagnato dalla
necessita' di fare il lutto per questo interdetto e, spesso,
dall'incorporazione malinconica della figura della madre, che e'
particolarmente sofferta nel caso di una donna, su cui pesa un doppio
interdetto rispetto alla madre, uno legato al divieto dell'incesto e  un
altro al divieto dell'omosessualita'.
Ora, trattando della malinconia connessa al divenire soggetto, Butler
insiste molto sull'eterosessualita' obbligatoria come fonte pressoche'
esclusiva di una socialita' largamente affetta da malinconia, con accenti
che, personalmente, non mi convincono del tutto. L'autrice tuttavia lascia
aperto anche un piccolo varco per interpretare, in modo a mio avviso piu'
convincente, la malinconia come legata alla propria identificazione
sessuale, alla propria identita' di genere. In altri termini, per ogni
soggetto, non solo per quello eterosessuale, ci sarebbe da fare il lutto per
il fatto di dover diventare donna/uomo e di non poter essere tutto: al posto
del lutto, spesso subentra l'incorporazione malinconica del primo oggetto
d'amore, la madre. La malinconia risulta cosi' contrapposta al narcisismo:
mentre, nell'amore narcisistico, l'altro contrae la mia abbondanza, nella
malinconia io contraggo l'assenza dell'altro, lo incorporo e, al tempo
stesso, lo preservo dalla mia aggressivita', dissimulandola.
*
Un terzo motivo d'interesse del testo nasce, a mio avviso, proprio dal
riconoscimento implicito in queste ultime considerazioni, che spostano
impercettibilmente l'autrice dalla prospettiva del gender per avvicinarla a
quella della differenza sessuale: oltre che dalla richiesta di adesione a
ruoli sessuali socialmente codificati - il gender -, la malinconia puo'
nascere anche dalla necessita' di essere donne/uomini, cioe', piu'
radicalmente, a partire dal fatto della differenza sessuale.
La malinconia stabilisce in questo modo le basi dell'ego e, al tempo stesso,
indica qualcosa del suo statuto, qualificandolo come strumento di
contenimento: contenimento della propria aggressivita' verso il primo
oggetto d'amore, la madre, incorporata malinconicamente, per non esternare
l'aggressivita' e la rabbia provate verso di lei, verso il primo oggetto
d'amore perduto.

20. LIBRI. CHIARA ZAMBONI PRESENTA "WELTLIEBE" DI ANDREA GUENTER
[Dalla rivista "Per amore del mondo" (nel sito: www.diotimafilosofe.it)
riprendiamo il seguente articolo.
Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di
Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le
opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica,
1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e
Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994;
La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997.
Andrea Guenter e' nata nel 1963, acuta pensatrice femminista, docente e
saggista, studi di filosofia, germanistica e teologia, con specializzazione
in filosofia politica e pensiero della differenza sessuale. Tra le opere di
Andrea Guenter: Weibliche Autoritaet, Freiheit und Geschlechterdifferenz.
Bausteine einer feministischen politischen Theorie, Frankfurt 1996;
Literatur, Kultur und Geschlechterpolitik.
Feministisch-literaturwissenschaftliche Begriffe und ihre Denk(t)raeume,
Koenigstein/Taunus 1997; in collaborazione con Ina Praetorius e Ulrike
Wagener, Weiberwirtschaft weiterdenken: Feministische Oekonomiekritik als
Arbeit am Symbolischen, Luzern 1998; Politische Theorie und sexuelle
Differenz. Feministische Praxis und die symbolische Ordnung der Mutter,
Koenigstein/Taunus 1998; Maskerade oder Unbehagen? Psychose oder Neurose?
Homo faber oder Natalitaet? Zum Verhaeltnis von Politik und
Geschlechterdifferenz, in "Freiburger Frauenstudien", 1/1999; Politik des
Begehrens, Politik der Beziehungen und Politik des Symbolischen.
Italienische Anregungen fuer frauenbewegtes Denken in Deutschland, in
"Freiburger Frauenstudien", 2/1999; in collaborazione con Ina Praetorius,
Der feministische Paradigmenwechsel im Politikverstaendnis. Mit einem
Kommentar von Willy Spieler, in "Neue Wege", 4/1999; Die weibliche Hoffnung
der Welt. Die Bedeutung des Geborenseins und der Sinn der
Geschlechterdifferenz, Kaiser/Gueterloher Verlagshaus 2000; Die weibliche
Seite der Politik. Ordnung der Seele, Gerechtigkeit der Welt,
Ulrike-Helmer-Verlag, Koenigstein/Taunus, 2001; Heilende Zeitraeume.
Mutter - Sprache - Sinn, Ruesselsheim 2002; Weltliebe. Gebuertigkeit,
Geschlechterdifferenz und Metaphysik, Ulrike Helmer Verlag,
Koenigstein/Taunus 2003; in collaborazione con Dorothee Markert e Antje
Schrupp ha curato l'edizione tedesca di Diotima, Die Welt zur Welt bringen.
Politik, Geschlechterdifferenz und die Arbeit am Symbolischen]

Nel 2003 e' stato pubblicato un libro che ha molto a che fare con il nome
che porta la rivista in rete del sito di Diotima: si tratta di Weltliebe,
amore per il mondo, ed e' stato scritto da Andrea Guenter (Andrea Guenter,
Weltliebe, Ulrike Helmer Verlag, Koenigstein/Taunus 2003).
Andrea Guenter e' da anni e attraverso parecchi testi che contribuisce al
pensiero della differenza sessuale, riprendendo alcune linee che intrecciano
il pensiero italiano e francese nello spazio vivo della cultura tedesca. E'
teologa, filosofa e germanista, e questo non deve stupire perche' e' proprio
della cultura delle donne mostrare come il pensiero nasca in piu' contesti e
attraversi piu' discipline.
*
Sfondo, presupposto e al medesimo tempo oggetto di critiche e' per Andrea
Guenter la cultura postmoderna, che ha tagliato qualsiasi radice del materno
assieme al concetto di "soggetto", "Dio" e "mondo". La critica che il
postmoderno ha portato al concetto di universale e universalita' ha ridotto
quel che si puo' dire a cio' che si puo' dire a partire da una posizione.
"Posizionarsi" nel postmoderno significa dire il luogo da cui si parla. La
contingenza diventa la giustificazione unica del proprio discorso.
Secondo il postmoderno la posizione contingente che si occupa e' omologata
ad una infinita' di altre posizioni, in una concezione di spazio senza
profondita' e di tempo infinitamente possibile, senza prospettiva. Tutto
eguagliato alla condizione di essere posizione.
Ora una parte della cultura femminista, soprattutto di matrice anglosassone,
ha coniugato l'assunzione di una posizione nel qui ed ora con una concezione
del tempo e dello spazio come infinitamente aperto a molteplici
possibilita', alla fine tutte equivalenti fra loro. Sradicate e senza
prospettiva reciproca.
Andrea Guenter giustamente pone uno stretto rapporto tra questa cultura
postmoderna e l'idea oggi dominante di globalizzazione. "Globalizzazione"
non e' solo un concetto di matrice economica e politica, ma e' diventato
dominante, cioe' ha finito per escludere e rendere invisibile tutto quel che
non vi rientra. La globalizzazione ha dei presupposti filosofici precisi: in
essa le radici affettive, storiche vengono recise, il tempo e' infinito ed
omogeneo, il "locale" e' tale in quanto in rapporto con il "globale".
In questo modo pero', sostiene Guenter, l'idea stessa di globalizzazione
reinserisce il concetto metafisico di totalita'. Idea che il postmoderno
aveva criticato, perche' appunto metafisica, sradicata dal qui e ora
parziale, e quindi dello stesso piano di quella di universalita'.
E' su questo che l'autrice costruisce il proprio ragionamento: l'idea oggi
guida di "globalizzazione" ha fatto svanire e fatto andare sullo sfondo
quella di "mondo", suggerendo che per parlare di mondo sia sufficiente oggi
riferirsi al processo di globalizzazione. Da qui lei sostiene, ribaltando i
termini della questione: occorre mettere a fuoco sul piano del pensiero quel
che significa "mondo", "terra", per poter mostrare che la globalizzazione e'
si' un processo del reale, ma solo uno di quelli nei quali il mondo e'
coinvolto. Uno tra altri. Inoltre solo in questo modo si restituisce l'idea
di mondo ad un sapere e ad una esperienza femminili, che altrimenti vengono
cancellati dal simbolico dominante.
L'autrice ricomincia allora dalla domanda su che cosa sia mondo, quale
rapporto le donne abbiano con esso, perche' sia cosi' difficile parlarne.
*
Indirettamente Andrea Guenter fa riferimento al Kant della Critica della
ragion pura che attribuisce solo alla ragione la possibilita' di trattare
questioni come il soggetto, Dio e il mondo, perche' metafisici. L'idea di
mondo e' metafisica in quanto coinvolge il concetto di "totalita'", che non
puo' essere fondato sull'esperienza e non puo' quindi dare conoscenza
intellettuale.
L'autrice rovescia la difficolta' invitando a ragionare sull'idea di mondo,
proprio accettando il fatto che essa e' metafisica. Il taglio del suo libro
e' infatti quello di recuperare la metafisica stessa come condizione
necessaria per pensare il vivere umano. Tutta la metafisica dunque, a
partire da quella aristotelica, che va comunque letta a partire dalla
differenza sessuale.
Nel far questo trova l'autorizzazione nel libro di Luisa Muraro, L'ordine
simbolico della madre, dove e' la madre ad essere fonte del senso
dell'essere. Il riferimento alla madre e' dunque la via per individuare
nella metafisica dell'essere il luogo di valorizzazione dell'esistere. In
questo rinforzata dalle letture di testi della metafisica tradizionale che
Luce Irigaray ha sviluppato in Etica della differenza sessuale, dove
Irigaray mostra come la madre sia stata cancellata, ma rimanga nell'ordito
stesso del discorso dei filosofi.
*
Ora quel che Andrea Guenter sostiene e' che il disprezzo, il non amore per
il mondo, va di pari passo con il disprezzo per la madre e in generale per
le donne.
Perche'? Non si tratta solo di riconoscere di essere nati da una madre, ma
di saperla amare. Questo porta con se' la capacita' di accettare i limiti di
una presenza materna che non e' sempre disponibile, di una madre che,
essendo una persona autonoma, impone nello scambio i suoi stessi limiti a
cui la soggettivita' del bambino si adatta a causa del bisogno che ha della
madre.
Saper amare la madre - pratica teorica che Andrea Guenter riprende da
L'ordine simbolico della madre di Muraro - comporta l'accoglienza dei limiti
necessari che la vita stessa ci impone. Il nostro scambio con il mondo ci fa
vivere una condizione di necessita' che noi non scegliamo. Saper amare la
madre e i limiti che cio' implica ci porta, per un passaggio secondo e
conseguente, ad amare il mondo con la sua necessita'.
Io aggiungerei: e' proprio dall'accoglienza della dipendenza dalla madre e
dal mondo che guadagniamo una liberta' non illusoria, ma creata a partire
dall'attraversamento stesso della dipendenza.
Mi e' piaciuto nel testo un azzardo di Andrea, una vera e propria scommessa
che l'ha portata a rileggere l'idea di "fallo", che Jacques Lacan ha
introdotto nei suoi scritti e che tanta parte ha avuto nel dibattito
femminista e poi decostruzionista. Il fallo e' il segno di cio' che sta per
l'oggetto del desiderio della madre. E' fondamentale nel rapporto tra la
madre e il bambino, perche' viene fantasticato, fantasmato, dal piccolo in
quanto oggetto del desiderio della madre.
L'autrice si domanda: che cosa desiderano oggi le madri, in un periodo di
fine patriarcato, in cui centralita' sempre maggiore ha il rapporto di una
donna con la propria madre e con le altre donne? Oggi, forse, - lei dice -
il segno di cio' che sta per l'oggetto del desiderio della madre e' il mondo
stesso. In questa nuova condizione simbolica il bambino verrebbe a
fantasticare altrimenti il desiderio della madre, e dunque il mondo nel suo
darsi. Si tratta naturalmente di una ipotesi, eppure mi sembra vero che la
fine del patriarcato segna per forza di cose la modificazione del desiderio
materno, che struttura simbolicamente il rapporto con la figlia e in modo
diverso con il figlio.
*
In molte parti del suo libro Andrea Guenter si confronta con Agostino e
Hannah Arendt, dato che entrambi hanno considerato l'amore per il mondo e
l'amore per la madre. Tuttavia le strade dei due autori sono divergenti.
E' vero infatti che Agostino indica nell'amore per la madre la possibilita'
di un ordine simbolico nuovo, diverso da quello paterno, tuttavia nella
madre vede la prima mediazione non tanto nei confronti del mondo, quanto nei
confronti di Dio, ed uno esclude l'altro per lui. Infatti il bene sarebbe
sull'asse che va dalla madre a Dio, mentre il mondo sarebbe ricettacolo di
male.
Altra e' la via di Arendt. Nascere al mondo per Arendt non e' nascere da
madre perche' lei non valorizza la nascita vera e propria, che considera
solo naturale, bensi' il venire al mondo nella dimensione storica e
politica. Un mondo che allora e' definito dalle relazioni di differenza che
vengono giocate in presenza.
Nel mondo di Arendt, a differenza di quello di Agostino, e' accolto il bene
come il male, perche' cio' che e' matrice di senso e' l'azione politica in
rapporto agli altri.
Se Agostino sa amare la madre, e cio' lo porta pero' a Dio e non al mondo,
Arendt ama un mondo, che non e' quello sostenuto sul piano del pensiero dal
legame con la madre. Mentre l'idea di Guenter e' appunto che l'amore per la
madre porta all'amore per il mondo e viceversa.
*
Il libro di Andrea Guenter ha il merito di mettere a fuoco una questione che
ritorna nel pensiero delle donne: quali caratteristiche abbia quel genere
particolare di realismo femminile, diverso dal realismo fattuale di molta
filosofia maschile, che ho trovato ad esempio nei testi di Simone Weil,
Maria Zambrano e Arendt. E' una qualita' di realismo che ha a che fare con
l'amore, sentimento piu' complesso e vincolante soggettivamente dello
stupore platonico, che pure e' via privilegiata per molti per fare
esperienza dell'essere.
Guenter dunque legge questa qualita' di realismo femminile alla luce
dell'amore per la madre e ne fa leva per prendere le distanze dall'idea
dominante di globalizzazione. D'altra parte e' vero che per capire la
globalizzazione occorre capire cosa intendiamo oggi per mondo, per terra,
per ecosistema, per legami inconsci con il reale, affettivi e politici al
medesimo tempo. Andrea Guenter ha aperto una strada che va proseguita.

21. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

22. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1014 del 6 agosto 2005

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