La nonviolenza e' in cammino. 1005



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1005 del 28 luglio 2005

Sommario di questo numero:
1. Riccardo Orioles: Una cosa. Bella
2. Giuliana Sgrena ricorda Adnan al Bayati
3. Gian Carlo Caselli ricorda Paolo Borsellino
4. Osvaldo Caffianchi: Nel tubo
5. Piero Viotto: Un profilo di Jacques Maritain (parte terza e conclusiva)
6. Letture: Bianca Beccalli, Chiara Martucci (a cura di), Con voci diverse.
Un confronto sul pensiero di Carol Gilligan
7. Letture: Maurizio Chierici (a cura di), Lula, mille giorni difficili
8. Letture: Gigliola De Donato, Sergio D'Amaro, Un torinese del Sud: Carlo
Levi
9. Riletture: Britta Benke, Georgia O'Keeffe
10. Riletture: Andrea Kettenmann, Frida Kahlo
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. RICCARDO ORIOLES: UNA COSA. BELLA
[Da "La Catena di San Libero" n. 294 del 25 luglio 2005 (per contatti:
riccardoorioles at sanlibero.it) riprendiamo i seguenti testi. Riccardo Orioles
e' giornalista eccellente ed esempio pressoche' unico di rigore morale e
intellettuale (e quindi di limpido impegno civile); militante antimafia tra
i piu' lucidi e coraggiosi, ha preso parte con Pippo Fava all'esperienza de
"I Siciliani", poi e' stato tra i fondatori del settimanale "Avvenimenti",
cura attualmente in rete "Tanto per abbaiare - La Catena di San Libero", un
eccellente notiziario che puo' essere richiesto gratuitamente scrivendo al
suo indirizzo di posta elettronica; ha formato al giornalismo d'inchiesta e
d'impegno civile moltissimi giovani. Per gli utenti della rete telematica vi
e' anche la possibilita' di leggere una raccolta dei suoi scritti (curata
dallo stesso autore) nel libro elettronico Allonsanfan. Storie di un'altra
sinistra. Sempre in rete e' possibile leggere una sua raccolta di traduzioni
di lirici greci, ed altri suoi lavori di analisi (e lotta) politica e
culturale, giornalistici e letterari. Due ampi profili di Riccardo Orioles
sono in due libri di Nando Dalla Chiesa, Storie (Einaudi, Torino 1990), e
Storie eretiche di cittadini perbene (Einaudi, Torino 1999)]

No, cominciamo con una cosa bella, invece. Tornano i ragazzi dell'antimafia
in Sicilia. A Palermo, senza aiuto di politici e in maniera assolutamente
spontanea, sono sorti almeno tre nuovi gruppi di giovani - uno fa una
rivista di satira, un altro la campagna contro il pizzo, un terzo
manifestazioni antimafia in provincia - ed e' a loro che dedichiamo, in
questi giorni difficili, questo numero della "Catena".
Hanno idee buone e nuove: quelli dell'antipizzo, per esempio, non si
limitano a far lamentele ma hanno lanciato una proposta precisa ("non
comprare da chi paga il pizzo, compra solo dai commercianti dignitosi") che
e' gia' stata raccolta da quattromila cittadini. Quelli della satira stanno
facendo un loro giornaletto divertentissimo (presente "il Male" o
"Frigidaire"?) in cui i mafiosi vengono presi spietatamente per i fondelli;
e si vende. I "provinciali" stanno in uno dei posti piu' difficili della
Sicilia - Capaci. Io ho dormito nella loro sede  piena di coppe sportive,
pennarelli, libri, volantini, giornali fatti da loro e - nascosti in uno
scaffale - pacchi di foto in cui si vedono bambine con le treccine che
sfilano allegramente alla manifestazione antimafia e ventenni che comiziano
accanto a Orlando - piu' di dieci anni fa.
Quelle bambine ora sono ragazze grandi, e mettono i manifesti di Falcone
sull'autostrada. Quei ragazzi ora sono uomini fatti, veterani, e ancora non
hanno mollato. Ed ecco che la strada si va riaprendo ed ecco che spunta gia'
l'altra generazione.
*
A Bagheria, a Camporeale, a Castelvetrano - tre nomi che nella storia
contadina sono terreno di battaglia da piu' di sessant'anni - quest'estate
c'erano tre campi di lavoro organizzati da Libera e popolati da un'ottantina
di ragazzi di tutte le parti del mondo: un giamaicano, un tanzaniano, una
giapponese, diversi americani, latinos, altri africani: il pianeta. C'erano
poi - ma non per un'estate: per sempre - i giovani delle cooperative
organizzate, sempre da Libera (ma su una vecchissima idea, di vent'anni fa,
dei "Siciliani"), per gestire i terreni confiscati ai mafiosi
(irritatissimi: ma quest'anno le cooperative sono state riconosciute e
ufficializzate e se ne preparano anche altre). C'erano numerosi militanti,
per lo piu' giovani, di Libera, di Legambiente e di altre bande. C'era
qualche vecchio pelandrone, ancora intestardito a esserci una volta di piu'
alla faccia di tutto. Non c'erano, grazie a Dio, politici, ma pane, vino,
acqua fresca e olive. Si stava bene, insomma.
Ecco: immaginate tutta questa gente assieme, su un'aia di un posto che, per
quelli che sono siciliani o rossi si chiama Portella delle Ginestre e per
tutti gli altri e' semplicemente una gialla campagna in fondo alla Sicilia,
coi monti, qualche albero, sentieri e un cielo intensissimo addosso. E
adesso arriva un'automobile e dalla macchina scende, aiutato da una ragazza
e da un altro appena un po' meno vecchio di lui, un vecchio sorridente circa
ottantino. Sono quattro in tutto: uno serio e magro, uno corto, ironico, uno
che non parla quasi mai ma molto spesso ammicca e questo qua che e' arrivato
ora. Nel quarantasette, il giorno del Primo maggio, erano qui, a qualche
centinaio di metri di distanza. Il compagno del sindacato, ritto sulla
pietra su cui da tempo immemorabile parlavano, clandestini o no, gli oratori
dei contadini, aveva appena avuto il tempo di cominciare: "Lavoratori,
compagni..." che gia' i mafiosi avevano aperto il fuoco sulla folla dei
contadini.
"Io? Io ero picciotto, quattordici anni avevo. Scappai. Poi m'arricordai di
mio zio cca' bandiera, mio zio portava la bandiera dei socialisti e percio'
non era scappato...". I vecchi parlano, in mezzo al gentile cerchio dei
ragazzi. Una ragazza cogli occhiali, a ogni pausa del vecchio, traduce. Le
parole passano da un ragazzo all'altro, dall'italiano all'inglese e
dall'inglese alle altre lingue. I visi, via via che le parole si
trasmettono, si animano compostamente. Solo i siciliani - mi sembra - non
dicono niente, forse perche' non hanno bisogno di traduzione, forse perche'
non sentono necessarie, ora, altre parole.
"Poi dovetti emigrare, in Germania dovetti andare, ma poi tornai, siamo
tornati tutti prima o poi...". Parla il secondo vecchio, e la ragazza
traduce. Parla il terzo, e poi il quarto, e una ragazza biondina di lingua
inglese, un compagno di qua sui trent'anni, di nuovo un vecchio, uno della
camera del lavoro, un ragazzo di non so dove... C'e' un'aria allegra, di
scampagnata fra amici, non di commemorazione. Il sole comincia a scendere,
nel grande tramonto siciliano. Dove portera' quel sentiero? Di la' c'e'
Piana, di la' San Giuseppe Iato, molto lontano Palermo, piu' in la' ancora
il continente, l'Europa moderna, il mondo...
*
Quest'anno i giorni di Borsellino sono andati cosi', nella citta' di
Palermo. Alcuni li hanno passati da una parte, imbrattando con segni osceni
la sua lapide, cercando di dar fuoco alle cooperative antimafiose o
rimettendo a far il giudice il "giudice" Carnevale (quello che sbraitava:
"quel cretino di Falcone!"). Altri li hanno passati dall'altra parte, qui a
Portella o nella sede di Libera o nelle piazze e i cortili in cui si
ricordavano i compagni nostri. Pochi sono rimasti neutrali. E questa, ora
come dieci anni fa, e' l'anima di Palermo.
"Ciudad del pueblo" come Madrid o Stalingrado o Barcellona; o capitale di
Sauron, roccaforte del buio, del non-umano. E queste due Palermo si
combattono e sempre si combatteranno. E' possibile una momentanea stanchezza
ma non mai un accordo.
In citta', ai ragazzi che m'incontravano, mi veniva da dire -
involontariamente - "Ehi, ma attento pero', pensa al domani! Non e' a
revolverate che ti faranno fuori, ma con la fame". Ma poi, laggiu' a
Portella sotto il sole, svanivano l'apprensivita' protettiva e i "pensaci
bene". Restavano solidarieta' e hermandia e, guardandoli e sentendoli e
vedendoli li', un orgoglio smisurato.
*
Memoria. Giovedi' 28, alle ore 18, alla Camera del lavoro di via Crociferi a
Catania, assemblea in ricordo di Beppe Montana, Ninni Cassara', Robertino
Antiochia, Boris Giuliano, Lillo Zucchetto e Natale Mondo, caduti lottando
contro la mafia. Saranno presenti don Ciotti, Claudio Fava, Emanuele
Giuliano e altri antimafiosi. Organizzano: Libera Catania, Acli, Arci,
Asaec, Associazione Penelope, Centro Astalli, Cgil, Citta' Insieme, Citta'
Libera, Fare Memoria, Fondazione Giuseppe Fava, Fondazione  Montalbano, Foro
Democratico, Giovani per Agire, Isola Insieme, Lila, Mani Tese, Magistratura
democratica, Millemondi, Movi, Pax Christi, Silp. Per informazioni:
liberacatania at libero.it
Beppe Montana, commissario a Palermo negli anni piu' duri dell'antimafia, e'
stato ucciso dalla mafia il 28 luglio 1985. Aveva collaborato col giudice
Chinnici non solo nelle indagini contro Cosa Nostra ma anche incontrando i
giovani nelle scuole. Dieci giorni dopo di lui la mafia ha ucciso Ninni
Cassara' e Roberto Antiochia: il primo dirigeva la Sezione Investigativa, il
secondo e' stato insieme a Lillo Zucchetto tra i suoi migliori
investigatori. Un anno dopo la mafia uccideva anche Natale Mondo,
collaboratore di Cassara', miracolosamente sopravvissuto alla strage di via
Croce Rossa.
"L'incontro e la riflessione collettiva che parte da Catania, la citta' che
ha visto formare la personalita' di Beppe Montana (per poi dimenticarsene in
questi venti anni), vuole tracciare un percorso di impegno civile che,
partendo dal ricordo di chi e' stato partecipe di quell'esperienza umana e
professionale, sappia anche attualizzarne la testimonianza per rendere
possibile cio' che in quegli anni si stava realizzando: la sconfitta di Cosa
Nostra".

2. LUTTI. GIULIANA SGRENA RICORDA ADNAN AL BAYATI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 26 luglio 2005.
Giuliana Sgrena, giornalista, intellettuale e militante femminista e
pacifista tra le piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane
dei paesi e delle culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande
importanza, e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe,
durante la fase piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A
Baghdad e' stata rapita il 4 febbraio 2005; e' stata liberata il 4 marzo,
sopravvivendo anche alla sparatoria contro l'auto dei servizi italiana in
cui viaggiava ormai liberata, sparatoria in cui e' stato ucciso il suo
liberatore Nicola Calipari. Opere di Giuliana Sgrena: (a cura di), La
schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma 1995, 1999; Kahina contro i
califfi, Datanews, Roma 1997; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma
2002; Il fronte Iraq, Manifestolibri, Roma 2004.
Adnan al Bayati, persona di pace, della comprensione e del dialogo, e' stato
assassinato qualche giorno fa in Iraq]

Il brutale assassinio di Adnan al Bayati e' un esempio, l'ennesimo ma non
per questo archiviabile, dell'assoluto imbarbarimento della situazione
irachena. I giornalisti occidentali se ne sono andati o vivono bunkerizzati
negli alberghi o nelle case e allora si colpiscono i loro collaboratori.
Sono diversi i giornalisti iracheni uccisi nelle ultime settimane, da
iracheni e da americani. Come Adnan al Bayati, che e' stato barbaramente
ucciso con tre colpi di pistola da un commando, a volto scoperto, davanti a
sua moglie e alla piccola Fatima di soli diciotto mesi, sabato scorso. Adnan
e' stato un prezioso aiuto per tutti noi giornalisti, soprattutto gli
italiani, visto che parlava perfettamente la nostra lingua e conosceva bene
il nostro paese per essersi laureato a Perugia. L'avevo conosciuto prima
dell'inizio dei bombardamenti, quando, un giorno, mi aveva accompagnato, per
farmi un favore visto che non avevo una "guida" e un interprete, a una
riunione di donne. Poi ci siamo incrociati spesso e nell'ultimo anno era
stato lui a procurarmi interprete e autista, che erano della sua famiglia,
lui garantiva per loro. E in tempi in cui non sai piu' di chi fidarti non
era poca cosa.
Non solo. Quando ero a Baghdad, di solito era lui, la mattina, a precedere
l'arrivo dei miei collaboratori con le ultime notizie ed era comunque sempre
Adnan a dare tutte le indicazioni, anche sui problemi di sicurezza. Sempre
disponibile. Un vero signore, molto religioso, sciita, originario di una
ricca famiglia di Baquba - a nord di Baghdad, nel cuore del triangolo
sunnita -, elegante, dalle buone maniere, un po' flemmatico, all'inizio si
era mal adattato alle pretese dei giornalisti, a volte un po' arroganti
quando sono presi dal vortice del lavoro quotidiano. Ma dovendo mantenere
una famiglia numerosa si era adattato e alla fine era stato lui a imporsi
con la sua abilita' e professionalita', ma anche disponibilita'. Lo chiamavi
dall'Italia prima di partire e lui ti organizzava tutto. Sempre informato,
con contatti consolidati, aveva probabilmente suscitato qualche gelosia
nell'ambiente. Quando sono stata rapita e' stato Adnan per conto di
Mohanned, l'autista al quale era stata rubata la macchina e poi incarcerato
dagli iracheni, e di Wael, messo sotto torchio dagli americani, a mantenere
i contatti con "Il manifesto". E anche quando sono tornata e' stato lui a
chiamarmi per sapere come stavo, quasi a scusarsi per quello che mi era
successo, a mantenere i contatti, a rassicurarmi dopo lo shock del rapimento
che mi impediva di riprendere i contatti con l'Iraq. L'ultima chiamata e' di
pochi giorni fa, gli avevo chiesto di mettermi in contatto con Wael che non
avevo piu' sentito.
Il dolore per la morte di Adnan si acuisce all'idea che non sara' l'ultimo
amico, conoscente o sconosciuto a morire ammazzato nel clima di impunita'
che regna in Iraq e che miete ogni giorno decine di vittime. Adnan lo
conoscevamo, di molte altre non sapremo mai nemmeno il nome.

3. MEMORIA. GIAN CARLO CASELLI RICORDA PAOLO BORSELLINO
[Ringraziamo di cuore Alessandro Pizzi (per contatti: alexpizzi at virgilio.it)
per averci inviato questo articolo di Gian Carlo Caselli apparso sul
quotidiano "La stampa" il 19 luglio 2005.
Alessandro Pizzi, gia' apprezzatissimo sindaco di Soriano nel Cimino (Vt),
citta' in cui il suo rigore morale e la sua competenza amministrativa sono
diventati proverbiali, ha preso parte a molte iniziative di pace, di
solidarieta', ambientaliste, per i diritti umani e la nonviolenza, tra cui
l'azione diretta nonviolenta in Congo con i "Beati i costruttori di pace";
ha promosso il corso di educazione alla pace presso il liceo scientifico di
Orte (l'istituto scolastico dove insegna).
Gian Carlo Caselli, prestigioso magistrato impegnato contro terrorismo e
mafia, e' stato anche direttore dell'amministrazione penitenziaria. Opere di
Gian Carlo Caselli: (con Antonio Ingroia), L'eredita' scomoda, Feltrinelli,
Milano 2001. Opere su Gian Carlo Caselli: Vincenzo Tessandori, Ettore
Boffano, Il procuratore, Baldini & Castoldi, Milano 1995.
Paolo Borsellino, eroico magistrato, membro del pool antimafia di Palermo
che istrui' il maxiprocesso a Cosa Nostra, fu assassinato dalla mafia nel
1992. Opere di Paolo Borsellino: e' stato tra gli autori dell'atto d'accusa
alla base del grande processo noto come "maxiprocesso" alla mafia, una
sintesi di quella decisiva sentenza-ordinanza del pool antimafia di Palermo
e' stata pubblicata a cura di Corrado Stajano con il titolo Mafia: l'atto
d'accusa dei giudici di Palermo, Editori Riuniti, Roma 1986; cfr. anche la
raccolta di interventi pubblici di Falcone e Borsellino, Magistrati in
Sicilia, Ila Palma, Palermo. Opere su Paolo Borsellino: Umberto Lucentini,
Paolo Borsellino. Il valore di una vita, Mondadori, Milano 1994; Giommaria
Monti, Falcone e Borsellino, Editori Riuniti, Roma 1996]

Perche' e' morto Paolo Borsellino? Per capire quel che accadde il 19 luglio
di 13 anni fa, ricordiamo le parole che lo stesso Borsellino, pochi giorni
prima di cadere con la sua scorta in via d'Amelio, pronunzio' alla
commemorazione di Giovanni Falcone organizzata dall'Agesci di Palermo, nel
trigesimo della strage di Capaci. Borsellino (che coraggiosamente non
opponeva resistenza al corso delle cose e ben sapeva che di li' a poco
avrebbe aperto le ali per raggiungere l'amico) consegno' ai giovani una
specie di testamento spirituale, secondo cui "la lotta alla mafia non doveva
essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento
culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti
aiutasse a sentire la bellezza del fresco profumo di liberta' che si
contrappone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della
contiguita' e quindi della complicita'".
E' proprio questo mancato coinvolgimento di tutti che puo' aiutarci a capire
perche' Borsellino e' stato ucciso. Lunghissimo e' l'elenco dei morti di
mafia, di coloro che hanno dato la vita per il nostro Paese, come
testimonianza della loro fede laica o religiosa. Questo elenco non puo'
diventare uno schermo dietro il quale nascondere le nostre responsabilita'.
Borsellino, Falcone, don Puglisi... se hanno dovuto morire e' stato anche
perche' lo Stato, noi tutti, non siamo stati sino in fondo quel che avremmo
dovuto essere: Stato, cittadini, cristiani.
Se essi sono morti e' perche' noi tutti non siamo stati vivi. Non abbiamo
vigilato. Non ci siamo scandalizzati dell'ingiustizia. Non lo abbiamo fatto,
non lo abbiamo fatto abbastanza: nella professione, nella vita civile, in
quella politica, talora anche in quella religiosa. Coloro che sono morti
hanno visto la sopraffazione, la ricchezza facile e ingiusta, l'illegalita',
la compravendita della democrazia, lo scialo di morte e violenza, il mercato
delle istituzioni, i bambini e i giovani della strada. Questo hanno visto
coloro che sono morti. E per questo sono morti. E noi, quante volte, invece
di "vedere", ci siamo accontentati di una specie di ipocrisia civile? Quante
volte abbiamo subito e praticato, invece di spezzarlo, il giogo delle
mediazioni e degli accomodamenti? Quante volte abbiamo preferito il "puzzo
del compromesso" al "profumo di liberta'"?
Dopo le stragi del 1992, per un certo periodo (due, tre anni) sembro' che
questo puzzo potesse finalmente scomparire. Oltre alle condanne pesanti, per
centinaia di ergastoli ed un'infinita' di anni di reclusione, a mafiosi
interni all'organizzazione, ecco i processi ad imputati "eccellenti"
accusati di collusione con Cosa nostra: conclusi ora con significative
condanne, ora con assoluzioni per insufficienza di prove, ora con la
prescrizione di reati effettivamente commessi; comunque e sempre
univocamente dimostrando (con ampiezza e precisione senza precedenti) la
commissione di fatti gravissimi ad opera di soggetti appartenenti alla
borghesia politica, imprenditoriale e professionale, cioe' a settori che da
sempre - in base alle analisi piu' accreditate - hanno un ruolo centrale
nella storia della mafia.
Partendo da questa realta' (incontrovertibilmente tale, anche quando i fatti
storicamente accertati fossero letti come insufficienti per una condanna
penale), si potevano innescare rigorosi percorsi di "bonifica
politico-morale", prosciugando finalmente l'acqua in cui nuota il pescecane
mafioso. Sembrava fatta. Cosa nostra ed i suoi complici stretti in un
angolo, sotto una gragnuola di colpi portati con rigoroso rispetto delle
regole e delle garanzie. Invece...
Invece e' accaduto che pur di scongiurare il salto qualitativo nell'azione
di accertamento dei legami e delle collusioni con Cosa nostra alcuni settori
dello Stato hanno preferito perdere una guerra che si sarebbe potuto
vincere. In particolare, accusando falsamente pm e giudici di costruire
teoremi per ragioni politiche o piu' brutalmente di essere "comunisti" o
amici dei comunisti; deliberatamente ignorando i risultati investigativi e
processuali ottenuti e spesso ricorrendo ad un massiccio stravolgimento
della verita' o alla sua cancellazione; beatificando regolarmente gli
imputati, ancorche' responsabili (a livello penale o politico-morale) di
fatti gravissimi e altrettanto regolarmente aggredendo i magistrati che non
si decidono a chinare la testa.
Ed ecco che il puzzo denunziato come esiziale da Borsellino lo si sente di
nuovo. Impressionante e' il numero di coloro (politici, amministratori,
imprenditori, operatori economici, medici...) che ancora intrattengono -
abitualmente - proficui rapporti, quasi sempre d'affari o di scambio, con
mafiosi o con stabili collaboratori dell'organizzazione. E che dopo le
terribili stragi del 1992 ci siano ancora personaggi che vivono ed operano
nel mondo "legale" (talora con responsabilita' istituzionali di rilievo),
disposti a trescare e trattare con mafiosi e/o paramafiosi come se niente
fosse, con assoluta "normalita'", e' una vergogna alla quale tutti
dovrebbero reagire all'istante. Tutti dovrebbero avvertire proprio il puzzo
che Borsellino voleva cancellare. Invece ci si tura il naso. O si cerca di
esorcizzare il puzzo sostenendo che bisogna conviverci perche' cosi' va il
mondo.
Intanto, quelli che si indignano sono sempre di meno. Questione morale e
responsabilita' politica sono reperti archeologici, favole per i gonzi. Ma
cosi' si calpesta il sacrificio di Paolo Borsellino e se ne tradisce la
memoria.

4. PAROLE. OSVALDO CAFFIANCHI: NEL TUBO
[Ringraziamo Osvaldo Caffianchi per questo intervento. Osvaldo Caffianchi e'
un collaboratore del Centro di ricerca per la pace di Viterbo]

Nel tubo incontri i signori con la gobba
con la cintura in fiamme, nel tubo
d'un lampo apprendi che la guerra e' dappertutto:
nel tubo Londra e' Srebrenica, e' Falluja.

Nel tubo incontri giovani spauriti
che hanno l'ordine di spararti in testa
se hai sbagliato pelle, se non sai lo scioglilingua:
nel tubo apprendi che la vita e' nulla.

Nel tubo vedi che unico e' il destino
e solo un gesto puo' salvarci tutti
quel gesto fallo tu, salvaci tutti:
getta la pistola, disinnesca la bomba.

La guerra, il terrorismo, puoi fermarli
solo a mani nude, solo le braccia aperte.
Deciditi, ti prego.

5. PROFILI. PIERO VIOTTO. UN PROFILO DI JACQUES MARITAIN (PARTE TERZA E
CONCLUSIVA)
[Dal sito www.maritain.org riprendiamo il seguente profilo biografico di
Jacques Maritain  scritto da Piero Viotto.
Piero Viotto (Torino 1924), gia' docente di pedagogia presso l'Universita'
Cattolica di Milano, membro del comitato scientifico dell'Institut
International Jacques Maritain, autore di varie pubblicazioni, collaboratore
delle riviste "Studium", "Vita e pensiero", "Humanitas", "Nuova Secondaria",
"Pedagogia e vita", "Educatores", "France forum", "Rivista di Filosofia
neoscolastica", e' tra i maggiori studiosi italiani di Maritain del quale ha
tradotto anche alcune opere. Tra le opere di Piero Viotto segnaliamo
particolarmente: Storia della filosofia, Torino 1958, 1965; Problemi di
Pedagogia, Torino 1958, 1974; Pedagogia della scuola di base, Milano 1976,
1984; Pedagogia e politica del tempo libero, Brescia 1973; Introduzione a
Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000; Jacques Maritain. Dizionario delle opere,
Citta' Nuova Editrice, Roma 2003, 2005.
Jacques Maritain, filosofo cattolico (Parigi 1882 - Tolosa 1973), promotore
di una rinnovata valorizzazione del pensiero di Tommaso d'Aquino,
costruttore di pace. Opere di Jacques Maritain: segnaliamo particolarmente
Umanesimo integrale, Borla; ed Il contadino della Garonna, Morcelliana.
Opere su Jacques Maritain: segnaliamo per un primo orientamento Lodovico
Grassi, Jacques Maritain, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di
Fiesole 1993; Italo Mancini, Come leggere Maritain, Morcelliana, Brescia
1993; Piero Viotto, Introduzione a Maritain, Laterza, Roma-Bari 2000.
Indirizzi utili: Institut international "Jacques Maritain", via Quintino
Sella 33, 00187 Roma; "Cahiers Jacques Maritain", 21, rue de la
Division-Leclerc, Kolbsheim 67120, France]

5. Il periodo di Tolosa e la riflessione sul Concilio (1961-1973)
Durante il suo secondo soggiorno negli Stati Uniti, dopo il periodo romano,
Maritain frequentemente torna in Francia per tenere conferenze e partecipare
a dibattiti. Nel 1949 tenne la lezione inaugurale alla "Settimana degli
intellettuali cattolici" con una conversazione su Il cammino della fede e
una conferenza su Il significato dell'ateismo contemporaneo all'lnstitut
Catholique. La sua presenza in Francia e' dovuta anche ad esigenze
editoriali per curare la pubblicazione dei suoi scritti in lingua francese.
Nel 1951 pubblica presso Tequi Le nove lezioni sulle prime nozioni della
filosofia morale continuando la serie dei volumi didattici iniziata nel 1921
con il primo volume degli Elementi di filosofia, e nel 1959 raccoglie in Per
una filosofia dell'educazione quasi tutti i suoi scritti di filosofia
dell'educazione rivedendone la stesura. Ma il motivo che riporta in Francia
i Maritain e' l'amicizia con la famiglia Grunelius di Kolbsheim in Alsazia,
presso la quale i Maritain e i loro amici si riuniscono durante l'estate per
incontri di studio e di preghiera. E' proprio a Kolbsheim che nel 1949 viene
elaborato il manifesto programmatico Saggezza nel quale vengono recuperate
le motivazioni culturali e spirituali che avevano animato le riunioni dei
Circoli Tomistici prima del conflitto mondiale.
Anche in Francia viene riconosciuta l'opera di Maritain; la "Revue Thomiste"
nel 1948 gli dedica un numero unico e il Centro cattolico degli
intellettuali francesi il 10 dicembre 1956 organizza una giornata di studio,
con la partecipazione di personalita' del mondo della cultura, che daranno
il loro contributo per un volume della rivista "Recherches et debats".
L'opera di ricerca e di insegnamento di Jacques Maritain e' stata possibile
non solo per la collaborazione della moglie Raissa e della cognata Vera
Oumancoff, anch'essa convertitasi dell'ebraismo al cristianesimo, ma
soprattutto per la spiritualita' che tutti e tre coltivavano in una comune
esperienza di fede e di carita'. Cosi' Maritain descrive in Ricordi e
appunti la loro vita e le motivazioni della loro spiritualita':
"Comprendemmo decisamente tutti e tre che la nostra piccola comunita' laica
formava un'unita' a parte, era in mezzo al mondo qualcosa che non era del
mondo, senza avere per questo bisogno di aderire a una qualsiasi imitazione
secolare dello stato religioso ne' ad alcuna pia organizzazione. E' vero che
all'inizio ci consideravamo un po' come monaci e monache laici e che non
senza una certa aria di bravata e con molta ingenuita' io scrivevo in alto
alle mie lettere un pax benedettino anche quando esse non avevano proprio
niente di pacifico. Ma queste illusioni non tardarono a svanire. Eravamo
laici, impegnati senza riserva nello stato di vita laica e piu' gli anni
passavano, piu' ci sentivamo semplicemente tali, dei laici come il popolo
comune. Ma quel piccolo gregge di tre apparteneva a Gesu' Cristo. In tale
spirito e con perfetta chiarezza, Vera prese coscienza del suo destino. Se
scelse di restare con Raissa e con me, non fu per alcuna considerazione
temporale, neppure per amore della sorella, ma a motivo di una vocazione
personale, del dono di se stessa a Dio e d'una chiamata che sapeva venire
dal fondo dell'eternita'. La vocazione cui ho ora accennato e' la radice
soprannaturale della sublime dedizione che ella ebbe per noi. Essa spiega
anche perche' ella non si senti' mai sorella e cognata un po' isolata di
fronte al coppia Raissa-Jacques. C'era tra noi tre un'unita' profonda e
tranquilla, un'unita' radicale che ci e' sempre apparsa come un'immensa
grazia di Dio. Il numero tre e' un numero particolarmente santo e che
significa la piu' completa pienezza, ecco l'idea o l'impressione che il
nostro cuore non cesso' mai di avere. Quando Vera parti' per l'altra vita,
che inspiegabile solitudine cadde d'un tratto su di noi, due esseri che pure
erano uniti da un cosi' grande amore! Raissa non pote' sopravvivervi; Vera
le aveva preparato il posto. Ed ora io sopravvivo a tutt'e due come un
mendicante sostenuto da loro. Ma la verita' e' che sopravvivo anche a me
stesso".
Questi "appunti" spiegano molto bene lo stato d'animo di Maritain, trovatosi
solo a "sopravvivere a se stesso", e il suo desiderio, rientrato nel 1961 in
Francia, di stabilirsi a Tolosa presso i Piccoli fratelli di Gesu', per
continuare nella preghiera e nella riflessione la sua testimonianza
cristiana. Gli anni di Tolosa non segnano un declino nell'attivita'
culturale di Maritain, ma uno sviluppo significativo, perche' il "vecchio
filosofo" continua ad "insegnare", tenendo seminari di studio a Tolosa e a
Kolbsheim, collabora a giornali e a riviste, pubblica libri, riflette sulla
sua esperienza culturale, che non smentisce ma conferma anche nei suoi
ultimi scritti, fino ad Approches sans entraves di cui pote' rivedere le
bozze nel 1973 poco prima di morire.
Tra i seminari di ricerca, in questo profilo dell'opera pedagogica di
Maritain, trova un posto particolare quello del 1964, tradottosi nel volume
Della grazia e della umanita' di Gesu' per le osservazioni sulla
"educazione" di Gesu' che e' "cresciuto" veramente "in statura, in sapienza
e in grazia", come risulta dal Vangelo di s. Luca (2, 52). Nel 1969 Maritain
trova pure il tempo di rivedere tutti i suoi scritti di filosofia
dell'educazione, per cui pubblica una nuova edizione di Per una filosofia
dell'educazione, con varianti rispetto l'edizione del 1959 e con una
prefazione di Marie-Odile Metral, studentessa della Sorbona che aveva
partecipato alla contestazione studentesca del maggio 1968. Le ultime
considerazioni pedagogiche di Maritain riguardano i pericoli che incombono
sul mondo contemporaneo a causa del potere tecnocratico conseguente agli
sviluppi della civilta' industriale: "Affinche' la nostra civilta' si
orienti verso una tecnologia al servizio del bene dell'essere umano,
purificata da ogni ambizione tecnocratica, bisogna, mi sembra, contare in
primo luogo sulle risorse della natura umana, che malgrado le sue ferite
resta buona nella sua essenza ed assetata di bene. Voglio dire che,
istintivamente, e mediante un processo per prove ed errori, esso pure
penitenziale, nei paesi democratici, si sviluppera' senza dubbio una lotta,
ancora piu' o meno cieca, contro il pericolo tecnocratico. Bisogna, pero',
che una tale lotta, se alla fine deve essere vittoriosa, divenga l'oggetto
di una completa presa di coscienza e sia illuminata da una sicura filosofia
sociale e politica". Il vecchio maestro non si smentisce, la prassi deve
sempre essere illuminata dalla teoria, se manca la coscienza dei fini si
lavora a vuoto.
Intanto la Chiesa cattolica ha concluso il Concilio Vaticano secondo, che ha
posto la nuova cristianita' davanti al mondo moderno in posizione di
apertura e di dialogo e Maritain e' stato chiamato da Paolo VI a ricevere il
messaggio della Chiesa agli intellettuali e molte delle intuizioni
maritainiane a proposito dei rapporti tra religione e cultura, tra Chiesa e
Stato, tra evangelizzazione e promozione umana sono state implicitamente
accolte e riconosciute nei documenti conciliari. "In verita' tutte le
vestigia del Santo Impero sono oggi liquidate: siamo definitivamente usciti
dall'eta' sacrale e da quella barocca; dopo sedici secoli, che sarebbe
vergognoso calunniare o pretendere di ripudiare. Ecco compiuto il grande
rovesciamento in virtu' del quale non sono piu' le cose umane che
s'incaricano di difendere le cose divine, bensi' queste che si offrono a
difendere le cose umane (se queste non rifiutano l'aiuto offerto)". Ma le
novita' del Concilio vengono fraintese, alcuni cristiani si sono
scandalizzati, altri si sono lasciati fuorviare da una teologia progressista
che porta ad un nuovo modernismo, e Maritain dal suo rifugio di Tolosa si
sente impegnato ad intervenire e scrive nel 1966 Il contadino della Garonna
contro i "poveri cristiani sofisticati" malati di "logofobia" e di
"cronolatria" suscitando una nuova polemica, ma restando fermo
nell'affermazione dei valori del Concilio. A chi lo accusa di avere
rinunciato all'"umanesimo integrale", ai discepoli infedeli che lo vogliono
coinvolgere nell'affermazione di tesi contrastanti con l'autorita' della
Chiesa, risponde riaffermando il "primato dello spirituale".
In una lettera del marzo 1967 alla rivista "Masses ouvrieres" scrive: "In
Italia c'e' chi afferma che ho rinnegato Umanesimo integrale. E' una
stupidaggine e una calunnia; tengo piu' che mai a tutte le posizioni di
Umanesimo integrale". Coloro che vogliono "storicizzare" il pensiero di
Maritain e farlo passare per un filosofo alla moda, secondo le diverse
stagioni, sono serviti. Il "contadino della Garonna" e' ancora il giovane
docente del Collegio Stanislao convinto che la verita' e' una sola e non
passa col tempo, e che l'insegnamento consiste proprio nella "liberazione
dell'intelligenza" e che la "docilita'" all'oggetto e' il principio della
saggezza filosofica contro ogni presunzione intellettuale.
L'opera piu' importante del periodo tolosano non e' Il contadino della
Garonna anche se questa opera ha avuto un notevole successo editoriale, ma
uno studio sistematico sulla realta' e sul mistero della Chiesa, che puo'
essere considerato una risposta in positivo alle inquietudini della crisi
postconciliare. L'introduzione di La Chiesa del Cristo. La persona della
Chiesa e il suo personale, scritta nel 1970, conferma fin dalle prime righe
la coerenza di un impegno culturale di ricerca e di insegnamento, la
continuita' di una linea metodologica che caratterizzano tutta l'opera
maritainiana. "Con quale diritto un laico che non ha autorita' per trattare
simili argomenti (non e' un teologo) si e' avventurato a scrivere queste
pagine sulla Chiesa del Cristo, che e' un mistero di fede? Rispondo che la
sola autorita' della quale ci si possa valere parlando agli altri e' quella
della verita'; e che in un momento storico di profondo turbamento si puo'
senz'altro permettere a un vecchio filosofo cristiano, il cui pensiero e' da
sessant'anni dominato dal mistero della Chiesa, di dare la testimonianza
della sua fede e della sua meditazione". La riflessione sul mistero della
Chiesa e' una costante del pensiero di Maritain, che vede nella Chiesa un
mistero di salvezza ed una istituzione sociale predisposta dalla provvidenza
di Dio per l'educazione dell'umanita'. In questa ricerca ecclesiologica
Maritain si e' sempre affiancato ad un teologo, padre Clerissac nei primi
anni della conversione, il cardinal Journet nel periodo della maturita', per
avere quei riferimenti teologici che sono necessari per una adeguata e
corretta impostazione di una filosofia della religione.
Raissa Maritain aveva sempre collaborato con Jacques nel lavoro di ricerca
filosofica e nel rifugio tolosano Jacques trova il tempo di raccogliere
tutti gli scritti di Raissa, editi ed inediti, e di pubblicare Il diario di
Raissa, nella cui prefazione scrive: "A dominare tutto il resto c'era poi la
sua preoccupazione per il mio lavoro filosofico, e per la specie di
perfezione che ne aspettava. A questo lavoro Raissa ha sacrificato tutto.
Nonostante tutte le pene morali e fisiche e, in alcuni momenti, una quasi
completa mancanza di forze, e' riuscita con uno scatto di volonta', e
perche' la collaborazione che le ho sempre domandata era per lei un dovere
sacro, a rileggere sul manoscritto tutto quello che ho scritto e pubblicato
sia in francese sia in inglese". Questa collaborazione fu particolarmente
preziosa per i problemi relativi all'estetica, perche' Raissa componeva
poesie, e sulla mistica, perche' Raissa era un'anima contemplativa: "In un
certo senso, Raissa ha detto tutto nelle sue poesie. E queste non sono forse
nate la' dove, per rarissima coincidenza, tutte le sorgenti costituiscono
una cosa sola, e dove l'esperienza creatrice del poeta non e' che il puro
specchio dell'esperienza mistica?".
Nel 1970, a conclusione della sua lunga avventura spirituale, Maritain, che
fino ad allora a Tolosa aveva vissuto come ospite presso i Piccoli fratelli
di Gesu', non contraddicendo ma realizzando la sua vocazione di laico
impegnato nel lavoro e nella preghiera per testimoniare nel mondo il
cristianesimo, volle essere accolto nella comunita' come piccolo fratello.
Le ragioni di questa scelta e di questa decisione sono espresse nella
lettera ai Piccoli fratelli del luglio 1970: "Cari Piccoli Fratelli,
desidero parteciparvi una notizia che mi concerne e che forse vi
sorprendera' un poco: il vecchio Jacques ha fatto domanda di entrare tra i
Piccoli Fratelli di Gesu'; e fratel Rene' e il Consiglio hanno avuto la
grande carita' di accettare la sua richiesta. Hanno anche voluto consentire
che io faccia a Tolosa il mio noviziato che comincera' a meta' ottobre. Se
accoglierete questa notizia con una sonora risata vi capiro' benissimo:
questo vecchietto d'un filosofo, prossimo agli 88 anni e che si mette
disinvoltamente a saltare il limite d'eta' (non superare i 35 anni) imposto
ai postulanti. Di fatto i fratelli tra i quali vivo qui hanno preso le cose
dal lato buono, ed io ne sono vivamente riconoscente a loro, come anche a
Rene' e al Consiglio. Se sono sempre stato un laico inveterato, e' perche'
la mia lunga avventura di don Chisciotte di s. Tommaso esigeva in modo
assoluto di essere vissuta sotto la mia sola responsabilita' di
franco-tiratore. Ora avviene che l'avventura in questione e' terminata, con
il libro di cui ho appena finito di completare il manoscritto, e che uscira'
tra qualche mese. Un filosofo alla fine della sua vita fa bene a volgersi
verso le cose di lassu', ma dopo aver osato affrontare un argomento come La
Chiesa del Cristo , non scrive piu' libri. Una volta capito bene questo, mi
sono sentito libero di seguire il mio desiderio di condividere a fondo la
vostra vita. Essere consacrato a Dio dalle mani della sua Chiesa, praticare
l'obbedienza religiosa: potevo fare una scelta migliore? Gli anni passati
alla Fraternita' di studi mi hanno confermato nell'amore della vocazione e
dello spirito dei Piccoli Fratelli di Gesu', e nella convinzione che essi
portano al nostro tempo cio' di cui esso ha piu' bisogno. E, a dire il vero,
non e' forse stata l'idea di vivere la vita di contemplazione nel mondo,
senza essere del mondo, ad animare Raissa, Vera e me nel piccolo gregge che
formavamo? Tutte e due, esse sono andate fino alla fine su questa strada, in
un dono totale di loro stesse, e al prezzo dei dolori della Croce, mentre io
cercavo di seguirle, da povero maneggiatore di concetti che fa - forse non
troppo male - la teoria di cio' che pratica nel peggiore dei modi. Penso che
ora esse approvano la decisione da me presa, e che vi ringrazieranno, molto
meglio di quanto posso fare io, di volere accogliermi tra voi. Che io possa
vivere almeno un briciolo di tempo, e morire, da buon Piccolo Fratello di
Gesu'! Pregate per me".
La realizzazione "integrale" della vocazione di Piccolo fratello non impedi'
a Maritain di continuare il suo lavoro intellettuale, tanto che "Le Monde"
pubblico' nel numero del 2-3 settembre 1973 il testo di una delle sue ultime
conferenze dal titolo significativo Le due grandi Patrie; quasi un
testamento, essendo Jacques Maritain passato da questa Patria provvisoria
alla Patria definitiva il 28 aprile del 1973. Anche in questo ultimo scritto
Maritain confermava la sua speranza: "Verra' un giorno in cui questa grande
patria, che e' il mondo, ritrovera' in buona parte, in mezzo a mali
anch'essi nuovi, secondo la legge della storia del mondo, il fine vero per
cui e' stata creata; un giorno in cui una nuova civilta' dara' agli uomini,
non certo la felicita' perfetta, ma un ordinamento piu' degno di loro e li
rendera' piu' felici sulla terra. Poiche' io penso che la meravigliosa
pazienza di Dio non sia ancora esaurita, e che il giudizio finale non
avverra' domani".
*
6. Quasi un autoritratto e la testimonianza della nipote
Nel 1954, a settantadue anni, dopo avere superato numerose vicissitudini in
polemica con gli uomini della cultura e della politica, della teologia e
della religione, che piu' volte lo avevano aggredito per la franchezza delle
sue posizioni sui problemi piu' scottanti della storia contemporanea,
Maritain, fiero della sua indipendenza e della sua lealta' alla verita'
tenacemente ricercata e professata, cosi' si presentava nella prefazione ai
suoi Ricordi e appunti: "Che sono io dunque?, mi domandavo allora. Un
professore? Non lo credo; ho insegnato per necessita'. Uno scrittore? Forse.
Un filosofo? Lo spero. Ma anche una specie di romantico della giustizia
troppo pronto ad immaginarsi, a ogni combattimento, che fra gli uomini
sorgera' senz'altro il giorno della giustizia come della verita'. Forse sono
anche una specie di rabdomante con l'orecchio incollato sulla terra, per
captare il mormorio delle sorgenti nascoste, l'impercettibile fruscio delle
germinazioni invisibili. E forse, come qualsiasi cristiano, nonostante le
paralizzanti miserie e debolezze e tutte le grazie tradite di cui prendo
consapevolezza alla sera della mia vita, sono anche un mendicante del cielo
travestito da uomo del nostro secolo, una specie di agente segreto del Re
dei Re nei territori del principe di questo mondo, un agente segreto che si
assume i propri rischi a somiglianza del gatto di Kipling girovagante tutto
solo".
Una simile tempra di pensatore non poteva chiudersi in una scuola, militare
in un partito politico, iscriversi a un'accademia, diventare il portavoce di
qualsivoglia struttura sociale. Per tutta la sua vita ha pagato di persona,
ha impegnato solo se stesso, ha tracciato delle piste di ricerche, senza mai
definire un sistema dottrinale chiuso, usando il tomismo come una
metodologia per la discussione dei problemi reali della societa' e della
Chiesa, incessantemente approfondendo il suo punto di vista sulle questioni
affrontate in dialogo con tutte le correnti del pensiero contemporaneo.
La filosofia di Maritain e' una filosofia esistenziale, che senza nulla
perdere della oggettivita' della scienza e della universalita' del sapere
intelligibile, nasce dalla esperienza e va diritta all'esperienza, anche se
procede secondo le leggi ferree della logica e non si risolve nella
esperienza individuale del filosofo. "L'esistenzialismo di s. Tommaso e'
completamente diverso da quello delle filosofie di oggi; dicendo che, a mio
avviso, e' il solo esistenzialismo autentico, non e' che io stia cercando di
'ringiovanire' il tomismo con artifizi verbali, cose di cui mi vergognerei,
o che stia tentando di rimodernare s. Tommaso, secondo un costume alla moda.
Non sono un neo-tomista; tutto sommato preferirei essere un paleotomista;
sono, almeno spero di essere, un tomista. Da piu' di trent'anni constato
quanto sia difficile ottenere che i nostri contemporanei non confondano le
facolta' di invenzione dei filosofi con quelle degli artisti delle grandi
case di moda". Cosi' scriveva nella premessa dettata nel 1964 per il Breve
trattato dell'esistenza e dell'esistente.
Nel suo ultimo libro, pubblicato postumo, si puo' leggere questo pensiero
che ricapitola tutta la sua esperienza culturale: "Il tomismo autentico e'
sempre nell'angoscia di verita' nuove da scoprire, da riconoscere, da
integrare. Le chiavi che esso s'ingegna a fabbricare servono ad aprire le
porte, non a chiuderle. Non e' un sistema chiuso, e' una saggezza
essenzialmente aperta e senza frontiere, per il fatto stesso di essere una
dottrina in movimento e in sviluppo vitale".
Pur affrontando le piu' disparate questioni, dall'estetica al diritto, dalla
politica alla pedagogia, Maritain ha sempre trattato gli argomenti della sua
ricerca "da filosofo", utilizzando tutti i riferimenti impliciti nel suo
lavoro riferibili ad altre forme di conoscenza, dalla sperimentazione
scientifica alla quantificazione matematica, dalla poesia alla mistica,
dalla etnologia alla psicoanalisi.
Questo suo atteggiamento di laicita', aperto a tutte le metodologie di
ricerca, non e' solo l'atteggiamento della sua personalita' di filosofo, ma
una precisa metodologia epistemologica, il "distinguere per unire", che,
superando le polemiche del fideismo medioevale e del razionalismo
illuministico esalta la "santita' dell'intelligenza", mettendo la ragione in
relazione vitale con tutte le forme della conoscenza umana di un "animale
ragionevole".
Per concludere questo profilo e' bene sentire chi l'ha avuto per maestro
negli anni dell'infanzia e dell'adolescenza, per conoscere, al di la' del
pensiero, il comportamento diretto nell'azione educativa, nel rapporto
interpersonale tra l'educando e l'educatore, che va risolto pedagogicamente
in quell'"essere con l'educando", che e' la traduzione del principio
politico dell'"esistere con il popolo" teorizzato da Maritain.
Scrive la nipote, Eveline Garnier, figlia della sorella di Jacques: "La cosa
piu' sorprendente nelle relazioni intercorse tra mio zio e me sta proprio
nel fatto che non ha mai fatto intravedere che era nato molti anni prima di
me. Quando ero una fanciulla, egli giocava con me, mi portava al circo,
rideva quando io ridevo. Quando divenni una adolescente risenti' anche lui
delle inquietudini che mi agitavano. Quando fui giovane soffri' con me le
nuove difficolta' che dovevo affrontare. Egli si adattava senza alcuno
sforzo apparente a tutti gli stati del mio sviluppo. E li seguiva con un
movimento di attenzione e di tenerezza, che mi lasciava l'interezza della
liberta'. Non tentava mai di farmi parteggiare per i suoi gusti, ma la gioia
brillava nei suoi occhi quando gli comunicavo la mia ammirazione per un
pittore che egli amava".
Non solo nella sua filosofia dell'educazione, ma anche nella sua esperienza
educativa, familiare, scolastica, accademica, Maritain ci ha insegnato che
in educazione quel che conta non sono i programmi, i metodi, le strutture,
ma la personalita' dell'educatore.
(Parte terza - fine)

6. LETTURE. BIANCA BECCALLI, CHIARA MARTUCCI (A CURA DI): CON VOCI DIVERSE.
UN CONFRONTO SUL PENSIERO DI CAROL GILLIGAN
Bianca Beccalli, Chiara Martucci (a cura di), Con voci diverse. Un confronto
sul pensiero di Carol Gilligan, La Tartaruga edizioni, Milano 2005, pp. 144,
euro 13,20. Nato da una giornata di studi svoltasi all'Universita' di Milano
nel 2003, il volume, aperto da una prefazione di Bianca Beccalli, comprende
contributi di Silvia Vegetti Finzi, Eva Cantarella, Carol Gilligan, Claudia
Zanardi, Bianca Beccalli e Luca Beretta, Carmen Leccardi, Barbara Mapelli,
Tiziana Vettor. Muovendo dalla discussione delle tesi della pensatrice
americana - docente di psicologia alla New York University ed autrice di un
testo ormai classico (Con voce di donna, 1982, tr. it. Feltrinelli, Milano
1987) e di altri acuti studi (tra cui La nascita del piacere, 2002, tr. it.
Einaudi, Torino 2003) - questa riflessione a piu' voci tocca molte decisive
questioni. E' un libro appassionante, colmo di idee e proposte di
discussione, che vivamente raccomandiamo.

7. LETTURE. MAURIZIO CHIERICI (A CURA DI): LULA, MILLE GIORNI DIFFICILI
Maurizio Chierici (a cura di), Lula, mille giorni difficili, Nuova
iniziativa editoriale, Roma 2005 (suppl. a "L'Unita'"), pp. 190, euro 6,90.
A cura di un esperto conoscitore dell'America Latina, e con una prefazione
dello stesso Lula, una raccolta di interventi ed interviste sulle aperture,
le lotte, le speranze e le contraddizioni del Brasile governato dal
carismatico leader operaio.

8. LETTURE. GIGLIOLA DE DONATO, SERGIO D'AMARO: UN TORINESE DEL SUD: CARLO
LEVI
Gigliola De Donato, Sergio D'Amaro, Un torinese del Sud: Carlo Levi, Baldini
Castldi Dalai, Milano 2001, 2005, pp. 384, euro 9,90. Una bella biografia,
che e' anche una rievocazione di quell'Italia civile dell'antifascismo,
della lotta contro la mafia e contro la miseria, della nonviolenza in atto,
che costituisce la corrente calda e il filo rosso della tradizione migliore
della sinistra italiana, gobettiana e gramsciana, meridionalista e
intransigente, ricca della verita' (la poesia onesta, lo slancio creaturale,
la solidarieta' che si fa condivisione della della vita e lotta di tutti gli
oppressi) di figure come Umberto Saba, Rocco Scotellaro, Danilo Dolci. Un
libro da leggere, in memoria e gratitudine, per poi tornare a rileggere
ancora e ancora le opere di Carlo Levi.

9. RILETTURE. BRITTA BENKE: GEORGIA O'KEEFFE
Britta Benke, Georgia O'Keeffe, Taschen, Koeln 2000, pp. 96. Una bella
monografia sulla pittrice americana (1887-1986), riccamente illustrata. Una
ricostruzione delle diverse fasi ed esperienze di un tragitto esistenziale e
di un'opera pittorica dagli esiti acutamente interrogativi, uno sguardo
metamorfico e metafisico che convoca a meditazioni essenziali; come - un
esempio per tutti - in Ladder to the Moon, del 1958, una tela che non cessa
di interpellarmi.

10. RILETTURE. ANDREA KETTENMANN: FRIDA KAHLO
Andrea Kettenmann, Frida Kahlo, Taschen, Koeln 2001, pp. 96. Una bella
monografia sulla pittrice e militante messicana (1907-1954), riccamente
illustrata. All'incrocio e all'ascolto di molte diverse esperienze, Frida
Kahlo e' nella vita e nell'arte una sperimentatrice appassionata, che sa
trasmettere il sentimento del mistero e della fragilita' della persona e
delle relazioni, e del dolore che le invade e lacera; ed insieme sa chiamare
alla lotta contro ogni oppressione, per un'umanita' di persone libere ed
eguali, solidali e amorose.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1005 del 28 luglio 2005

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