La nonviolenza e' in cammino. 921



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 921 del 6 maggio 2005

Sommario di questo numero:
1. Osvaldo Caffianchi: a quante e quanti s'incontreranno a Cinisi dal 7 al 9
maggio
2. Forum uomo-donna di Milano: A proposito della legge 40
3. La "Carta" del Movimento Nonviolento
4. Per saperne di piu'

1. INCONTRI. OSVALDO CAFFIANCHI: A QUANTE E QUANTI S'INCONTRERANNO A CINISI
DAL 7 AL 9 MAGGIO
[Avuta notizia che, nel ventisettesimo anniversario dell'assassinio di
Peppino Impastato, si svolgera' a Cinisi dal 7 al 9 maggio 2005 l'incontro
del forum sociale antimafia "Felicia e Peppino Impastato" per ricordare e
continuare la lotta (per informazioni e adesioni: Centro Impastato: tel.
0916259789, fax 091348997, e-mail: csdgi at tin.it, sito internet:
www.centroimpastato.it; Associazione "Peppino Impastato": tel. 3384149498,
e-mail: icompagni at peppinoimpastato.com, sito: www.peppinoimpastato.com), il
nostro buon amico Osvaldo Caffianchi ha voluto indirizzare agli
organizzatori ed ai partecipanti questo improvvisato ma sinceramente grato
saluto]

Voi che volete resti ancora accesa
di Felicia e Peppino la lucente
fiamma, e la resistenza e la contesa
contro il potere che opprime ogni gente,

voi che volete ancora l'ardua impresa
continuar, con animo dolente
lo sguardo fermo, la memoria tesa
e saldo il cuore che non cede al niente,

in voi Felicia e in voi Peppino vive
e in questi giorni di questo altro maggio
il vostro essere qui persone vive

eredita quei volti e quel coraggio
che nulla potra' estinguere. Chi scrive
ve ne ringrazia e qui vi rende omaggio.

2. RIFLESSIONE. FORUM UOMO-DONNA DI MILANO: A PROPOSITO DELLA LEGGE 40
[Dal sito de "Il paese delle donne" (www:womenews.net) riprendiamo il
seguente testo. Ringraziamo di cuore Cristina Papa per la segnalazione. Il
testo e' preceduto dalla seguente nota redazionale: "Il Forum uomo-donna del
Gruppo promozione donna di Milano ha reso noto un documento dal titolo 'A
proposito della legge 40'. Il documento e' il frutto di una serie di
riflessioni, discussioni e apporti, espressi nell'arco di alcuni mesi dai
partecipanti al Forum uomo-donna, del Gruppo promozione donna di Milano, che
raccoglie 'donne e uomini che popolano le strade della vita e che si
riferiscono al Vangelo, si confrontano col mondo e utilizzano la
mediazione'"; per informazioni e contatti: Forum uomo-donna del Gruppo
promozione donna, via Sant'Antonio 5, 20122 Milano, tel. 0258391335, e-mail:
gpdmilano at virgilio.it]

Premessa
In tono discorsivo presentiamo degli spunti, degli angoli di visuale,
affinche' la riflessione sulla legge 40/2004 possa essere ampliata anche da
altri.
La base da cui partiamo ha due coordinate che riteniamo imprescindibili: la
laicita' e il pluralismo.
La laicita', che non e' laicismo, ma e' la fede che accetta la sfida della
strada e della storia, e' ascolto, conoscenza e rispetto dei valori e delle
etiche espresse dalle varie umanita'. E' salvaguardia della propria e
dell'altrui liberta'.
La comunicazione, la riflessione, il confronto e la mediazione di questi
valori e' materia che solo se gestita da attenti appassionati conoscitori
dell'umano puo' divenire quel bene piu' ampiamente condiviso in grado di
formare il cuore di ogni norma, senza pregiudiziali dogmatiche.
Il pluralismo non e' svendita delle proprie idee o mancanza di tensione al
vero, ma fiducia che la ricerca di tutti possa essere arricchita e quindi
avvalorata dall'apertura alla conoscenza, che non e' mai predestinata ed
immutabile.
Il lavoro risente di piu' contributi e scritture. Per scelta il tono e lo
stile sono discorsivi.
*
La legge fa il problema
Il dibattito sulle questioni sollevate dalla legge 40 sulla procreazione
medicalmente assistita (in sigla: Pma) e dall'inerente referendum, si e'
purtroppo connotato in termini alternativi e di parte e, pur affrontando i
problemi insiti nel tema stesso, li propone secondo una visione per lo piu'
ideologica.
Con questo intervento il Forum uomo-donna intende dare un contributo
nell'indicare quali sono gli interrogativi piu' importanti che la legge 40
lascia aperti, a partire dall'affermazione del cardinal Martini: "L'azione
politica che deve ispirarsi ai principi etici, non consiste nella
realizzazione immediata degli stessi, ma nella realizzazione del bene comune
possibile in una determinata situazione... Il giudizio sulla
costituzionalita' di una legge non puo' essere formulato ne' in base a
motivi di ordine confessionale, in nome della propria fede e della
rispettiva morale, ne' in base a logiche di appartenenza politica o di
schieramento".
La legge 40 non solo e' frutto di un compromesso politico fondato sulla
logica dello scambio, piu' che su quella della mediazione tra chi e'
disponibile ad un "pluralismo ragionevole", ma intrinsecamente presenta
molti limiti e contraddizioni.
E' una legge che mostra il potere e la paura maschili per le donne, il loro
corpo, i loro diritti.
C'e' forse la paura di fronte a parti del reale che rimangono segrete e
obbligano gli uomini ad una condizione di passivita', che li porta ad agire
e controllare, cosi' come molte donne che ne condividono i contenuti a non
riconoscere i segni di questo potere.
E' una legge invasiva perche':
- entra nelle decisioni piu' profonde della sfera personale,
- decide di dare all'embrione dignita' di persona in contrasto con l'art. l
del Codice Civile che riconosce tale dignita' dal momento della nascita,
- mette in contrapposizione il diritto dell'embrione con quello della madre,
- non tutela la salute della donna, cioe' non si sofferma ad analizzare
l'alto rischio delle terapie adottate e ne moltiplica l'iter,
- non tutela al meglio la salute del nascituro,
- non presta attenzione alla salute psichica della coppia che anela alla
genitorialita' attraverso le tecniche mediche previste,
- crea conflitto al medico che, come cittadino e' obbligato all'osservanza
della legge, ma come professionista e' legato al giuramento ippocratico che
lo obbliga a tutelare la salute del paziente,
- si rivolge solo ad un ridottissimo numero di soggetti,
- non difende l'uguaglianza fra i cittadini,
- mostra versanti di incostituzionalita',
- presenta un alto prezzo in termine di costi (interventi interamente a
carico dei pazienti),
- compromette la legge 194,
accontenta l'attuale posizione della gerarchia cattolica (in passato la
stessa ha espresso altri saperi), sorvolando sul fatto che cosi' facendo
viene sacrificata la laicita' dello stato di diritto.
Senza pretendere di essere esaustivi su ogni problema, vogliamo intervenire,
esponendo l'angolo di visuale dell'essere donne e dell'essere credenti,
sollevando interrogativi per dare spazio ad una piu' ampia ed approfondita
riflessione su questi ambiti:
- l'ambito del diritto,
- l'ambito della scienza,
- l'ambito dell'etica,
- l'ambito della societa',
- l'ambito della Chiesa.
*
Le questioni aperte
Preliminarmente si devono sottolineare i seguenti nodi:
La legge 40 e' una legge dettata dalla paura, non dal tentativo di
comprendere la situazione. E' una legge penalizzante per la donna, per la
scienza, per la democrazia.
Da criticare: il numero di embrioni da impiantare. Piu' che per legge
dovrebbe essere stabilito dal buon senso e pensato paziente per paziente:
ogni donna e' diversa, esiste il meglio per lei, non un meglio universale.
Da criticare: il divieto di diagnosi pre-impianto. Le tecniche di Pma sono a
rischio e impossibili per coppie di portatori sani di malattie genetiche. A
loro, per esempio, si toglie una possibilita' che la scienza puo' offrire.
Da criticare: il divieto della ricerca sulle staminali embrionali.
Dobbiamo avere il coraggio di ammettere che oggi la ricerca sugli embrioni
in soprannumero e' la via razionalmente e moralmente migliore.
Da criticare: il divieto sull'eterologa; forse, al posto di imporre modelli
di famiglia, si dovrebbe prendere atto che e' cambiato il modello che ancor
oggi da piu' parti si considera unico e vero.
Il cuore del problema che la fecondazione assistita solleva e' che le
tecniche di Pma hanno aperto un mondo nuovo. La scienza ci dice che oggi per
l'uomo e' possibile una nuova forma di riproduzione umana. Cio' non deve
essere visto ne' con entusiasmo ne' con paura, ma con uno sguardo attento e
rispettoso delle varie opzioni etiche individuali.
Non e' corretto dire, come si dice molto spesso, che questi sono atti
contrari alla vita. Infatti dal 1978, anno della nascita di Louise Brown,
sono nati migliaia di bambini nel mondo, che costituiscono la testimonianza
piu' bella in onore della vita.
Inoltre bisogna essere sinceri nell'informare le coppie su cosa le aspetta;
non si tratta, infatti, di pratiche leggere, ma spesso invasive a livello
sia fisico che psicologico.
Bisogna anche aggiungere che la Pma e' fonte di lauti guadagni per coloro
che la esercitano, per cui e' indispensabile educare i genitori a chiedere
una medicina non dei desideri ma delle responsabilita'.
Se e' vero che spesso le tecniche di fecondazione assistita solleticano i
desideri delle persone (sul punto bisognerebbe riflettere seriamente sul
desiderio in rapporto alla liberta', all'impotenza, alla sua espansione o
alla sua "guarigione") e' anche vero che nella maggior parte dei casi si fa
questo passo con grande serieta', con la stessa consapevolezza con cui una
coppia decide di mettere al mondo un figlio "naturalmente".
Il punto debole del discorso sostenuto con vigore da molti bioetici
cattolici, e' che nella Pma non sono i genitori a dare la vita, ma tecnici,
medici e biologi. La loro sarebbe una presenza non incidentale, ma
determinante. L'errore di questa posizione sta nel fatto che e'
contraddittoria.
Come mai alla fine della vita, in casi di stato vegetativo, la stessa
presenza di tecnici non viene considerata allo stesso modo? Anche in quel
caso la loro presenza e' determinante, non accessoria (l'alimentazione e
l'idratazione sono consentiti proprio da atti tecnici).
Percio' riteniamo che il problema di fondo non sia fare e difendere una
legge, tra l'altro piena di divieti e di sanzioni, ma di trasmettere una
cultura; se la legge va fatta, deve regolare il presente, rimanendo aperta
al futuro e sganciandosi da cio' che del passato e' superato.
*
1. Ambito del diritto
La nostra critica e' per una legge che utilizza il problema relativamente
circoscritto, per quanto doloroso, della sterilita' e della sua cura
attraverso le tecniche di riproduzione assistita, come pretesto per
affrontare in maniera assolutamente sbrigativa le grandi tematiche dei
limiti della scienza, del rapporto etica-diritto, della necessita' di
regolamentare, anche attraverso divieti, le manipolazioni genetiche o le
speculazioni di mercato sugli embrioni e su tutte le potenzialita' di vita
umana.
Il testo normativo risulta di conseguenza ovviamente sbilanciato
sull'argomento che ne da' il titolo (Norme in materia di procreazione
medicalmente assistita) con ben 14 articoli su 18 (dall'1 al 12, il 14 e
18), limitando al solo art. 13 la disciplina sul "far west degli embrioni",
tenuto conto che gli artt. 15 e 17 attengono a misure procedimentali o di
coordinamento normativo.
L'articolo 13 titolato "Sperimentazione sugli embrioni umani" diventa cosi'
l'unica norma che stabilisce in maniera drastica, anche se confusa, avendo
scelto come unico ristretto contenitore un solo articolo, i tre divieti
fondamentali che avrebbero potuto essere il massimo comune denominatore di
una scelta politica di diritto forte, lasciando su tutto il resto prevalere
un diritto mite o leggero non invasivo dei corpi e delle liberta'.
Il divieto della clonazione, il divieto di manipolazioni eugenetiche o di
produzione di ibridi, il divieto sulla commercializzazione degli embrioni,
dei gameti, degli ovuli fecondati, ecc. Una legge preoccupata del "far west"
avrebbe dovuto declinare tali fattispecie, scindendo dalle stesse sia il
tema della fecondazione artificiale, sia quello della sperimentazione o
dell'uso terapeutico degli embrioni cosiddetti in eccedenza, separando
l'area di questi divieti anche dagli interventi di studio ed analisi a scopo
diagnostico e/o di prevenzione di malattie e stati morbosi ereditari o
contratti in fase di produzione artificiale.
Lo scarso dibattito parlamentare, quello prereferendario ed ancor piu'
quello referendario di fatto si e', come detto, incentrato piu' sulle
ideologie sottostanti il testo che sull'analisi delle norme, per cui anche
le nostre considerazioni partono dalla necessita' di approfondire i temi
extra legem, piuttosto che quelli derivanti dalla interpretazione letterale
del dettato normativo.
La legge 40 viene definita una legge "a difesa della vita", con la
conseguenza che chi ne vorrebbe l'abrogazione integrale o lo svuotamento dei
contenuti, rendendola inutilizzabile attraverso i "si'" referendari viene ad
assumere la terribile responsabilita' di essere qualificato automaticamente
"contro la vita".
Al di la' di ogni altra considerazione sul piano etico o politico, diventa
cosi' imprescindibile uscire dalla trappola di questa falsa dicotomia, sia
perche' l'ipotizzare come necessario un intervento del legislatore "a difesa
della vita" fa sorgere il dubbio sull'inesistenza nell'ordinamento giuridico
attuale di una adeguata tutela della vita, sia perche' a ben guardare in
nessuna parte della legge, nemmeno nell'art. 1, si fa riferimento a tale
difesa della vita, bensi' semmai a "diritti" del concepito, dell'embrione,
del nascituro.
In realta' tutta la nostra legislazione a partire dalla Costituzione, come
tutti gli ordinamenti risalenti al "non uccidere", si fondano sul
presupposto dell'indisponibilita' della vita umana da parte di un soggetto
su un altro soggetto, da cui discende la vasta gamma di riconoscimento,
garanzia, promozione, tutela, di quei "diritti inviolabili dell'uomo" (art.
2) e di "pienezza di sviluppo della persona umana" (art. 3).
La legge 40, nonostante nel dibattito appaia diversamente, non utilizza il
termine "persona", tentando nominalmente di eludere la disputa sul fatto che
l'embrione sia a tutti gli effetti una persona.
La scelta del legislatore, in realta', risulta essere ancora piu' perentoria
nel momento in cui individua in capo all'embrione dei diritti, equiparandolo
nell'art. 1 agli altri "soggetti di diritto coinvolti" (genitori, medico,
equipe, donatori), a tutti gli effetti "persone viventi".
E' questo uno dei nodi centrali e delicati del dibattito pur non essendo
esplicitato nel testo di legge: quando si puo' dire che esiste una persona?
quando c'e' vita c'e' persona? ci puo' essere persona senza madre? dire che
l'embrione e' vita ma non ancora persona che cosa comporta? esistono tutele
graduate?
Tutti questi interrogativi vengono spazzati via con la scelta del
legislatore di affermare che la legge "assicura i diritti di tutti i
soggetti coinvolti, compreso il concepito".
Il concepito, si badi bene non l'embrione, di fatto nominato solo nel
predetto art. 13 ed in quello successivo relativo al divieto di
crioconservazione o di sovraproduzione, viene considerato uno dei soggetti
con "diritti assicurati" tra l'altro sembrerebbe solo "dalla presente
legge", al pari della madre biologica, del padre biologico, ma anche dei
donatori (i cui diritti-doveri vengono normati ugualmente dalla presente
legge), dei medici, degli operatori sanitari ecc.
La legge 40 non si occupa minimamente di vagliare le conseguenze di tale
affermazione di principio, ne' laddove stabilisce la disciplina
dell'impianto obbligatorio degli embrioni nell'utero materno (che le linee
guida emanate dal Ministero della Salute si sono affrettate a definire "un
obbligo non coercibile" creando un vero e proprio monstrum giuridico), ne'
quando ricrea il conflitto insanabile tra obbligo di impiantare un embrione
ipoteticamente malato, farlo crescere fino a farlo diventare un feto, dando
poi la facolta' di eliminarlo ai sensi della legge 194.
L'opzione del legislatore non tiene in alcuna considerazione le varie
proposte di legge di cosiddetta tutela graduata in cui l'embrione, il
concepito, l'ovulo fecondato, il gamete, insomma tutti i diversi stadi della
"persona nascente", sia quelli conosciuti, sia quelli in fase di futura
conoscibilita' scientifica, non rimarrebbero privi di qualsivoglia tutela
giuridica, ma ne godrebbero di una differenziata, a seconda delle fasi di
sviluppo, rispetto a quella degli altri soggetti di diritto, persone viventi
gia' nate.
Del resto basti pensare come la piena attuazione del principio di
uguaglianza sostanziale nella stessa Costituzione preveda gia' tutele
differenziate in presenza di realta' disuguali.
La legge 40 dimentica che la protezione primaria di tale "vita in potenza"
resta ed e' l'utero materno, quale luogo di costruzione della persona umana
nella sua pienezza.
Nessuna legge potra' modificare "la dipendenza del nascituro da una madre
che ha iniziato ad esserlo non 'per natura', ma quando ha incominciato ad
immaginare il piccolo o la piccola a venire nella sua irripetibile
singolarita'" (C. Zamboni).
La dimensione relazionale, pur nella sua asimmetria, diventa costitutiva
della persona, da qui: "l'esigenza che si verifichi un minimo di condizioni
perche' tale relazionalita' possa esplicarsi: l'annidamento da' inizio ad un
processo di reciprocita' tra madre e feto che rende simbolicamente
trasparente tale possibilita'" (G. Piana).
"Del resto il legame tra la madre e chi nascera' e' un legame in parte
velato e non puo' essere portato alla visibilita' della pura trasparenza"
(Zamboni).
Ed anche se le tecnologie, (ad es. l'ecografia) ne hanno svelato
l'invisibilita' e se il diritto, come in questa legge, tenta di tagliare il
legame simbolico con la madre (si noti l'assoluta equiparazione tra padre e
madre che solo uno strumento giuridico puo' artificiosamente determinare),
questo legame rimane qualcosa di meravigliosamente oscuro, di non
risolvibile in una trasparenza, di cui sono consapevoli le donne sia che
partecipino di questa esperienza, sia che ne conoscano solo la possibilita'.
La legge 40 non usa esplicitamente il termine natura, ma l'esistenza di un
"diritto naturale universale" a cui far riferimento quale limite giuridico
interno, che svincola il legislatore positivo dalla necessita' di costruirne
uno "esterno", generato dalle diverse visioni del mondo o dalle valutazioni
etiche differenti, pervade tutto l'impianto normativo, in particolare la
parte relativa ai divieti dei primi 12 articoli.
Il dibattito "secondo natura" infine riapre scenari inquietanti sul concetto
di natura, su chi debba stabilire che cosa sia la natura o peggio ancora una
legge di natura, tenuto conto di quanto tali pseudo-astrazioni abbiano
danneggiato le donne e tutta la loro storia.
La legge 40, infine, propone l'adozione come alternativa alla Pma,
attraverso un incentivo legislativo vero e proprio disciplinato in maniera
dettagliata soprattutto nelle linee guida.
La modalita' con cui viene trattata questa problematica appare a dir poco
superficiale e, in ogni caso, sembra non tenere nella benche' minima
considerazione tutta l'esperienza maturata dalle donne e dagli uomini, dai
genitori adottivi o affidatari, dagli operatori del diritto dei minori e da
quelli dei servizi sociali.
In particolare appare evidente l'assurdita' della apparente semplificazione
dell'alternativa, facendola da un lato sembrare non solo reale, ma giusta e
consigliabile, a fronte del legittimo filtro durissimo a cui si devono
sottoporre gli adottanti "normali", proprio con riferimento al loro
desiderio di un figlio "ad ogni costo", dall'altro a fronte
dell'orientamento prevalente a scegliere famiglie con altri figli.
Il riferimento poi ad una nuova figura di adozione quale quella
dell'embrione si commenta da sola sia per l'intrinseca contraddizione con la
prospettiva dell'adozione tradizionale (meglio un embrione che potrebbe
essere sano piuttosto che un bambino che gia' sai e vedi handicappato di cui
restano pieni gli istituti?), sia per la deriva simbolica, combattuta dai
detrattori della legge stessa, di una donna vista solamente come "utero
contenitore" (che differenza passerebbe tra un utero che accoglie un bambino
adottivo ed uno che ne accoglie uno in comodato = affitto gratuito?).
*
2. Ambito della scienza
Bisogna distinguere tra scienza, tecnica e bioetica, per evitare confusioni
semantiche.
La scienza oggi ci mette in condizione di ripensare, non solo il concetto di
famiglia, ma addirittura la modalita' stessa del procreare.
Non serve a nulla vietare e rimpiangere lo stato di natura, ma serve
piuttosto un pensiero capace di dominare gli scenari futuri, che per l'uomo
e la donna, creature di Dio in una storia in divenire che li vede
protagonisti grazie alla loro liberta', non sono certo immutabili e fissi.
Una legge percio' deve rispettare la ricerca consentendone l'ampiezza e
regolandone gli eccessi.
La bioetica che e' scienza dei ponti, non puo' divenire fabbrica di muri.
Riguardo poi al contenuto specifico della legge 40 presentiamo il contributo
della dottoressa Chiara Picciotti, ginecologa.
Cosi' recita l'art. 1 della legge 19 Febbraio 2004, n. 40, "Norme in materia
di procreazione medicalmente assistita":
comma 1 - Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi
derivanti dalla sterilita' o dalla infertilita' umana e' consentito il
ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo
le modalita' previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti
i soggetti coinvolti, compreso il concepito.
comma 2 - Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita e' consentito
qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le
cause di sterilita' o infertilita'.
Nell'art. 2, il legislatore si preoccupa di stabilire come il Ministro della
Salute possa: promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche,
ambientali e sociali dei fenomeni di sterilita' e infertilita', e favorire
gli interventi necessari per rimuoverle, nonche' per ridurne l'incidenza,
incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei
gameti, organizzare campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni
della sterilita' e dell'infertilita'. Questo perche' si e' scelto di non
considerare la sterilita' una malattia - ossia un processo patologico
superabile attraverso una serie di terapie che e' necessario garantire ai
cittadini -, ma un disagio che le tecniche di riproduzione assistita cercano
di superare momentaneamente, per arrivare all'instaurarsi di una gravidanza.
Sono metodiche che non correggono le cause che portano alla sterilita' e
quindi non sono considerate atti terapeutici.
Di fatto, oggi, l'infertilita' rappresenta un fenomeno in crescita
soprattutto nei paesi industrializzati (in Italia interessa circa 50.000
coppie ogni anno).
Tale incremento (soprattutto nei casi di sterilita' maschile) e' dovuto
principalmente a fattori ambientali (inquinamento, fumo di sigarette,
assunzione di cibi trattati con sostanze tossiche per le cellule
dell'apparato genitale).
Accordare molte piu' risorse per la prevenzione delle cause di sterilita',
piuttosto che ricorrere alle tecniche di procreazione assistita, che non
sarebbero che una "scorciatoia" per aggirare il problema senza risolverlo,
diverrebbe grandemente auspicabile.
Il comma 3 dell'art. 4 enuncia il divieto di ricorso a tecniche di
procreazione assistita di tipo eterologo, cioe' con l'utilizzo di ovociti o
spermatozoi che provengano da donatori estranei alla coppia.
Tutte le coppie che finora sono ricorse alla donazione di ovociti o di seme
saranno impossibilitate a farlo in futuro in Italia. E non sono poche:
infatti risultano essere il 20% delle coppie che ogni anno si rivolgono alle
tecniche di procreazione assistita.
Si calcola che circa 10.000 coppie all'anno saranno costrette a recarsi
all'estero.
Questo comporta difficolta' organizzative, psicologiche e, non meno
importanti, economiche (in Italia il costo per un trattamento di
ovodonazione si aggira sui 2.300/2.800 euro, all'estero 5.000/7.000 euro).
Per quanto riguarda le leggi su questo argomento, il panorama europeo e'
multiforme.
Da uno stato all'altro le pratiche variano senza motivazioni chiare. Perche'
in Svizzera e' permesso donare lo sperma ma non gli ovociti? Perche' il
donatore e' obbligatoriamente anonimo in Francia ed e' altrettanto
obbligatoriamente identificabile in Svezia? Perche' in Germania bisogna
essere sposati per aver accesso alle tecniche, mentre nei Paesi Bassi e'
possibile anche per gli omosessuali?
Come puo' un paese pretendere che i cittadini credano alla fondatezza delle
leggi quando passato il confine tutto cambia?
L'art. 4 impone poi al medico di assicurarsi che non ci siano alternative
terapeutiche, prima di fare una fecondazione in vitro, ma la prassi clinica
accettata, dice l'esatto contrario.
Afferma il Dottor Alicoli, direttore del centro di Endocrinologia della
Riproduzione dell'Universita' di Bologna: "All'inseminazione intrauterina si
ricorre in presenza di sterilita' inspiegata o quando esistono lievi
alterazioni del liquido seminale, per il resto preferiamo la fecondazione in
vitro (in sigla: Fiv-et), anche perche' l'inseminazione intrauterina e'
maggiormente associata a gravidanza plurigemellari, che sono molto piu'
pericolose per la madre e i bambini. Le nidiate di quattro, sei, otto
gemelli sono il risultato di questo tipo di tecnica, ma il tasso di successo
e' basso (15%), con la certezza di parti pretermine e relativi danni ai
piccoli prematuri. La Fiv-et presenta invece un tasso di successo del 30%,
senza il rischio di nidiate. Perche' allora scegliere l'intrauterina? Sono
le ragioni dei parlamentari cattolici a dettare legge, non quelle della
medicina, nemmeno di quella piu' rispettosa della morale. Perche' non c'e'
morale che prescriva di curare i malati nel peggiore dei modi possibili"
(tratto da un'intervista all'"Espresso" del 18/12/2003).
Fino all'entrata in vigore della legge la modalita' in uso presso i centri
di fecondazione assistita iniziava con la stimolazione, attraverso una
procedura farmacologica di tipo ormonale, dell'ovaio della donna, cosi' da
ottenere un buon numero di cellule uovo (induzione della superovulazione),
successivamente fecondate in laboratorio con lo sperma del partner o del
donatore; dopo due o tre giorni, valutando la qualita' dei diversi embrioni,
avveniva il trasferimento in utero di quelli che dimostravano le migliori
possibilita' di successo.
Prima dell'entrata in vigore della legge gli embrioni fecondati che
residuavano, venivano congelati per poter essere utilizzati, se il primo
tentativo di trasferimento in utero non portava a gravidanze. Cosi' si
evitava di ripetere la stimolazione ovarica che puo' portare alla donna
strascichi sanitari non banali (depressione, fragilita' cardiocircolatoria,
ritenzione idrica, cefalea) fino a forme piu' o meno gravi di sindrome di
iperstimolazione ovarica (i sintomi, di solito, iniziano quattro o cinque
giorni dopo il recupero degli ovociti).
Nella sindrome lieve-moderata, i sintomi possono essere dati
dall'ingrossamento del volume ovarico, dolenzia addominale, nausea. Se la
sindrome e' severa, la donna presenta distensione addominale, che puo'
portare a difficolta' respiratorie (con formazione di liquido a livello
polmonare) e riduzione della quantita' di urina prodotta fino
all'insufficienza renale (questo si verifica nell'1% delle donne). Nel caso
di sindrome molto severa e' necessario il piu' rapido ricovero in ospedale
per cure specialistiche.
Oggi, l'art. 14, comma 1, vieta la crioconservazione e la soppressione degli
embrioni e il comma 2 recita: "Le tecniche di produzione degli embrioni,
tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto
dall'art. 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a
quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto,
comunque non superiore a tre".
Si e' parlato prima della fecondazione in vitro e trasferimento degli
embrioni (Fiv-et). Esistono, pero', altre metodiche, contenute nella legge,
che possono essere utilizzate. Vediamole brevemente:
- Gift (trasferimento intra-tubarico dei gameti). E' una tecnica secondo la
quale spermatozoi e sino a tre ovociti vengono miscelati in laboratorio e
successivamente depositati, attraverso un catetere, a livello della tuba di
Falloppio. L'intervento si trasmette in anestesia generale, utilizzando la
tecnica laparoscopica. La percentuale di successo e' del 30% circa, in
rapporto all'eta' della donna.
- Zift (trasferimento intra-tubarico di zigoti).
- Tet (trasferimento intra-tubarico di embrioni).
Ambedue queste ultime vengono di solito utilizzate in occasione di donazione
di ovociti ad una donna che non e' in grado di produrne da sola, o quando ci
siano state difficolta' in precedenti cicli di fecondazione in vitro nel
depositare gli embrioni nell'utero attraverso la cervice uterina. Le tube di
Falloppio devono essere normali. Sia nello Zift che nel Tet vengono
trasferiti nella tuba gli embrioni sviluppati dagli ovociti fecondati in
laboratorio (massimo 3 embrioni).
Nello Zift si trasferiscono gli embrioni 24 ore dopo la fecondazione.
Nel Tet si lasciano suddividere fino a 48 ore, prima di trasferirli nella
tuba. La percentuale di successo e' del 30/35%, secondo l'eta' della donna.
Per quanto riguarda l'infertilita' maschile si puo' ipotizzare la tecnica di
recupero degli spermatozoi, al fine di prelevare spermatozoi immaturi
direttamente dai vasi deferenti, dagli epididimi e dai testicoli.
Una volta raccolti gli spermatozoi, la fecondazione si ottiene con una
tecnica chiamata "iniezione intra-citoplasmatica di un singolo spermatozoo"
(Icsi), che consiste nell'iniettare direttamente lo spermatozoo nella
cellula uovo, quand'essa risulta nelle migliori condizioni di maturazione.
Questa tecnica si utilizza quando un uomo presenta un bassissimo numero di
spermatozoi o quando gli spermatozoi hanno difficolta' a penetrare
nell'ovocita. La fecondazione dovrebbe avvenire entro 24 ore
dall'inserimento diretto dello spermatozoo. Gli embrioni che si sviluppano
verranno successivamente trasferiti in utero secondo le procedure usuali. La
percentuale di successo e' del 30/35%, secondo l'eta' della donna.
Il comma 8 dell'art. 14 dichiara: "E' consentita la crioconservazione dei
gameti maschili e femminili previo consenso informato e scritto".
Lo stesso Ministero della Salute sta sponsorizzando la ricerca sulla
possibilita' di congelare gli ovociti prima della fecondazione. La procedura
e' tecnicamente complessa perche' le uova sono cellule grosse e piene di
acqua, che nel processo di congelamento e scongelamento possono danneggiarsi
e causare malformazioni nel nascituro, ma gli embriologi assicurano che nel
giro di un paio d'anni padroneggeranno la tecnica rendendola sicura ed
efficiente. Finora in Italia sono nati circa 40 bambini con questa tecnica,
e dice il professor Carlo Flamini dell'universita' di Bologna, responsabile
della sperimentazione: "Abbiamo bisogno di arrivare a 200 gravidanze per
poter essere sicuri di saper escludere le malformazioni. Ma cosa ne sara' di
questa sperimentazione dopo l'approvazione della legge? Visto che la stessa
impedisce la diagnosi pre-impianto (comma 3, art. 13), difficilmente i
ricercatori accetteranno di proseguire la sperimentazione" (da "L'Espresso",
18/12/2003).
Come ulteriore contributo alla riflessione, ecco l'appello espresso nei
giorni della promulgazione della legge da un gruppo di donne magistrato,
avvocato, docenti di diritto e costituzionaliste insieme all'Associazione
Giuriste italiane: "L'affermazione contenuta nell'art. 1, dove la legge
parla di 'diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito', si
pone in radicale contrasto con i principi del nostro ordinamento, che
individuano nella nascita la condizione indispensabile per l'accesso a
qualsiasi diritto. Si riscontra in cio' un grossolano stravolgimento, in cui
la contrapposizione fra i diritti della madre e quella del concepito si
risolve a favore dell'embrione, ignorando che, secondo la Corte
Costituzionale, 'non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita,
ma anche alla salute, proprio di chi e' gia' persona, come la madre, e la
salvaguardia dell'embrione, che persona deve ancora diventare'".
*
3. Ambito dell'etica
Questa legge chiama in questione l'etica su alcuni principi fondamentali: la
vita, la natura, la cultura, la persona.
Cio' che i principi dichiaravano in epoca pre-tecnologica e' valido ancor
oggi? I principi che affermavano l'immutabilita' della natura valgono ancora
di fronte alla modificabilita' della stessa? Consegnare embrioni alla
ricerca, consentire il trasferimento di cellule staminali, evitare di
ridurre il concetto di vita ad animazione della materia, sono le grandi
questioni che emergono e interrogano etica, diritto e politica.
Le scoperte in campo scientifico e l'enorme sviluppo della tecnica hanno
amplificato le possibilita' dell'uomo che comincia ad avvertirsi padrone e
demiurgo di tutto. Ma in questa situazione e' almeno semplicistico rifarsi a
principi e concetti di "natura" immobile e stabile, validi per tutti i
tempi; mentre la persona, la natura stessa, la vita sono in continuo,
inarrestabile divenire.
Percio' anche i modelli di riferimento devono essere dinamici, in relazione
con i cambiamenti in atto, in un contesto pero' di ricerca seria e
approfondita per evitare il relativismo e l'arbitrarieta'.
Soltanto pochi sono i principi etici essenziali anche per un credente:
- l'amore, cioe' la capacita' e la volonta' di "abbracciare" ogni vivente e
di relazionarsi con gli altri (in tutti gli stadi possibili di vita);
- il senso del limite e della precarieta', che contraddicono il delirio di
onnipotenza (v. la morte, il dolore) e l'inclinazione all'egoismo;
- l'inserimento in un progetto positivo (per il credente "provvidenziale",
perche' iscritto nell'intensita' di un mistero da penetrare e scoprire
sempre).
Non ci si puo' rifare al "male minore" come criterio dominante dell'etica,
anche se e' la prassi piu' comunemente praticata, perche' mette in ombra il
bene, che e' criterio fondamentale di crescita per tutti.
E' stata chiamata in causa la vita: quale vita? Noi poniamo l'accento su una
vita "qualitativa", per cui la consideriamo come un "crescendo" segnato da
multiformi stagioni, nelle quali una graduale e progressiva "coscienza di
se'" si misura con incontri, legami, relazioni in cui dimorano accoglienza e
rifiuti, compagnia e strappi, passioni e indifferenze, progetti, successi e
fallimenti.
In questo tempo dell'esistenza che vede sorgere l'identita' dal confronto,
la liberta' dalle scelte, e la responsabilita' dalla consapevolezza, prende
forma progressivamente la persona che e' chiamata a raggiungere a sua
pienezza.
Certamente la vita, questo spazio in cui si incrociano, si alleano, si
combattono gli esseri umani alla ricerca e nella difesa di un bene e di una
felicita' che penetri l'esistere, e' il grande valore.
"Non e' un male ne' un caso che la questione di che cosa e' la vita sia
all'origine di una nuova epoca della storia dell'umanita'. Infatti la nostra
cultura e' stata una coltivazione della morte piu' che della vita. La nostra
filosofia corrisponde ad un'arte del morire, una sorte di eutanasia, piu'
che un'arte del vivere. Da questo proverrebbe il nostro indietreggiare
quando si svela cio' a cui in modo cieco avevamo gia' aderito: scegliere la
morte piuttosto che coltivare la vita" (L. Irigaray).
Non esiste pero' la vita in se', separata dai soggetti viventi, che sono
chiamati, in quanto umani, a divenirne coscienti e consapevoli.
In questo cammino si matura la persona che, proprio perche' conosce pace e
conflitti, paura e temerarieta', solitudine e accoglienza, e si dibatte fra
individualismo e relazione, egoismo e generosita', appiattimento e
vitalita', esprime con i suoi atti e le sue scelte un continuo sviluppo
decisionale.
Infatti puo' lottare per l'emancipazione e la giustizia o sposare il
successo e il potere, difendere la dignita' e la liberta' o produrre la
schiavitu' e l'emarginazione, combattere disuguaglianze o perpetuarle,
arricchirsi nelle differenze o abbatterle, oppure, ancora, decidere di stare
soltanto a guardare.
Comunicando e scegliendo, nel bene o nel male, lascia orme e, con strumenti
sia modesti che sofisticati, in ambiti ridotti o significativi, contribuisce
a qualificare il mondo nel quale vive ed opera. La persona si qualifica
percio' per la sua liberta' responsabile che determina il corso degli eventi
singoli e collettivi.
Alla luce di tutto cio' una legge dello stato, nell'intento di raggiungere
il maggior bene possibile e nell'alta fatica di coniugare laicita' ed
eticita', deve riconoscere all'essere umano, sia quando e' all'inizio del
suo percorso di crescita, sia quando e' ancora un progetto di vita, ossia
nei primi istanti del suo sviluppo (che molte volte la stessa natura gli
impedisce di portare a compimento), un grande rispetto, una forte tutela,
evitando pero' di attribuirgli un diritto pari a quello stabilito per chi e'
manifestamente persona.
Il punto di vista educativo e pedagogico ci aiuta a comprendere meglio
l'affermazione secondo la quale si puo' definire pienamente persona un
essere umano quando comincia ad esistere in indipendenza (cfr. F. G.
Sartori). L'ottica educativa e pedagogica afferma che i concetti statici di
persona, natura, cultura, liberta', alla base di costruzioni teoriche, non
reggono a confronto di una realta' in divenire come l'essere umano, e se non
sono colti nella loro interazione dinamica. L'educazione infatti ci indica
la vita umana come evento in continuo divenire, che esiste ed ha senso solo
nella relazione e nel progetto e la persona, composizione armonica mai
ultimata e interagente tra natura e cultura, non inquadrabile, se non in
quell'evento originale che e' l'identita' individuale, dove sono
perennemente in gioco liberta' e verita'.
L'identita' della persona non e' una categoria generale, ma e' un continuo
interagire come sintesi dinamica e originale degli aspetti cognitivi,
affettivi, motivazionali e volitivi dell'individuo; sintesi a cui concorrono
influenze biologiche (innate), etiche e sociali (apprese).
*
4. Ambito della societa'
Qui vogliamo proporre il discorso della valenza sociale della
maternita'/paternita'; pertanto anche la Pma rientra in questo ambito. Ma
soprattutto la funzione genitoriale va riconsiderata nel contesto piu' ampio
delle dinamiche educative e dell'interrelazione tra famigIia e societa'.
In questo senso ci sembra che la maternita' e paternita' biologica, non sia
un diritto in assoluto, mentre lo e' il vivere come persone.
Quindi non siamo d'accordo sull'accanimento a questo riguardo per colmare
vuoti o soddisfare pretese di realizzazione, quando si possono tenere
presenti anche altre forme di paternita'/maternita', come l'adozione,
l'affido, ecc.
Ci piace poi considerare l'atto sessuale non come l'unico atto di amore
creativo; per cui ci chiediamo se lavorare sul "desiderio" e rivisitarlo non
potrebbe aiutare ad andare oltre e rivelare anche il diritto/dovere di ogni
essere umano di "dare al mondo il mondo" ( M. Zambrano) e di poterlo fare in
mille modi, sapendo che operare per il bene e la felicita' non segue
percorsi univoci.
Vanno soprattutto ripensati i ruoli genitoriali, in particolare quello
materno, alla luce dei compiti educativi e del ruolo della famiglia. Vi sono
infatti nuove pratiche di genitorialita', nuovi vissuti legati all'essere
madre e all'essere padre, nuovi modelli familiari: madre genetica, madre
gestante, maternita' di sostituzione, maternita' sociale, crescita della
liberta' femminile.
I cambiamenti sociali vasti e profondi che stanno avvenendo rapidamente,
inducono a ripensare i ruoli genitoriali, il ruolo della donna rispetto alla
maternita', che a partire dalla legge 194 si e' decisamente modificata da un
punto di vista sociale e simbolico, il significato della famiglia, le
relazioni educative e le dinamiche di socializzazione.
Gia' dieci anni fa il Gruppo promozione donna di Milano affermava a
proposito della legge 194 e dei nuovi percorsi delle donne relativamente
alla maternita' che: non siamo l'origine, ma la trasmissione della vita,
siamo il canale che la rende possibile, ma che la deve lasciare scorrere,
non la puo' trattenere, siamo il grembo che la riceve per offrirla: non e'
solo nostra, e' anche nostra, intendendo con queste affermazioni che
liberta' di scelta e' soprattutto responsabilita' nei confronti della vita e
delle nuove vite e non puro arbitrio senza misura e regola, ne' vissuto
della maternita' come senso di onnipotenza.
Inoltre va affermato e riconosciuto con forza che i modelli tradizionali di
famiglia, da quella patriarcale e contadina a quella nucleare e urbana, sono
stati prevalentemente origine di forte disuguaglianza tra i sessi e le
generazioni, nonche' di sofferenze personali e di mali sociali.
Da queste forme familiari occorre allargarsi alla forma "comunita'",
intendendo con cio' tutti quegli ambiti, famiglia compresa, in cui si
esercita una responsabilita' sociale ed educativa nei confronti di tutti i
suoi membri e in particolare delle nuove vite.
A tale proposito va data piena rilevanza alla maternita' sociale intesa come
quel legame di tipo materno, non strettamente biologico, ma profondamente
educativo, su cui si fonda e si e' storicamente fondata la socializzazione,
l'essere comunita' e la stessa organizzazione sociale.
Invece del legame di sangue e della concezione della relazione genitoriale
come legame di possesso, occorre mettere al primo posto il progetto, che e'
appunto scelta responsabile di amore e di accoglienza della nuova vita, da
cui solo puo' nascere una relazione educativa feconda, che ha soprattutto il
significato di consegnare ad ogni persona il senso della propria vita, e una
socializzazione come trasmissione di valori, tra i quali devono primeggiare
il rispetto e l'accettazione delle differenze di genere e generazionali.
Per completare il senso di quanto detto ci si puo' soffermare su un breve
confronto tra genitorialita' naturale e genitorialita' sociale, che possono
arricchirsi reciprocamente. Se la genitorialita' riguarda la cura dei figli
nell'ambito privato della famiglia, la "generativita' sociale" fa
riferimento ad un coinvolgimento piu' ampio con la generazione successiva o
al contributo creativo della societa' in generale, perche' si intende come
capacita' di prendersi cura delle persone, dei prodotti e delle idee verso
cui si e' preso un impegno.
La genitorialita' e' una funzione complessa legata a vari significati. C'e'
l'aspetto psicologico piu' profondo legato al tema del rapporto tra
generazioni, che esplicita il riconoscimento del valore di se', di cio' che
ci ha preceduti e di cio' che verra' dopo di noi.
C'e' l'aspetto della funzione educativa, sia materna (area simbolica del
nutrimento, della fiducia e della speranza), che paterna (area simbolica
della giustizia e dell'equita').
Nella genitorialita' sociale che si esplica nell'adozione, nell'affidamento
familiare e nel piu' vasto impegno degli adulti verso la generazione dei
piu' giovani (comunita' educante), gli aspetti della genitorialita' naturale
hanno un diverso peso e sono diversamente intrecciati.
Comunque tutte queste diverse forme genitoriali hanno in comune l'impegno
generativo che gli adulti assumono e sviluppano nei confronti della
generazione successiva.
*
5. Ambito della Chiesa
Ci dispiace dover esprimere ancora una volta il disappunto nei confronti
degli interventi e delle ingerenze delle gerarchie cattoliche.
Non si tratta di non riconoscere il diritto di intervenire su questioni
cosi' importanti come la difesa della vita, ma riteniamo che il compito
fondamentale della chiesa sia quello di annunciare Gesu' Cristo e di formare
le coscienze, affinche' possano esercitare in piena liberta' e
responsabilita' le loro scelte. Non siamo d'accordo con le crociate e la
formulazione di divieti, tra l'altro resi inutili quando le procedure
d'applicazione sono gia' entrate in uso.
E proprio l'attenzione per la vita e l'impegno a leggere e ad affrontarne le
problematiche ci portano ad esprimere alcune considerazioni circa la
posizione dell'istituzione chiesa sulla questione della "Procreazione
medicalmente assistita", legge di uno stato laico che riguarda credenti e
non credenti.
Se l'istituzione chiesa ha paura del mondo, dimenticando che non tutto il
mondo e' male, che Cristo e' entrato nel mondo e che del male e' il
vincitore, se ha paura del nuovo, non riconoscendo che la vita e' un
continuo scontrarsi con la novita', il cambiamento e la liberta' di ognuno,
se ha paura della perdita di potere, trascurando che Cristo la chiama ad
essere servizio, seme, lievito e coscienza critica, smette di incontrare
l'umanita'.
Se nell'ingerenza politica di uno stato laico l'istituzione ecclesiale
esprime un suo modo per non perdere privilegi e ottenere concessioni e
consensi, se la pressione su politici sedicenti cattolici e' un suo modo per
stare a galla, rivendicando cosi' in tutti i campi l'autorita' d'intervento
e la salvaguardia dei suoi principi, il divario, lo scollamento fra quei
credenti che si rifanno alle linee innovative del Concilio Vaticano II e la
gerarchia e' assicurato.
D'altronde riteniamo che non si possa intervenire senza mettersi in
discussione e cio' e' importante per poter affrontare, non solo a livello di
commissioni specialistiche, problemi cosi' spinosi e sofferti.
Neppure e' possibile utilizzare strumenti e fissare norme se ci si mantiene
lontani dal modo di ragionare, dalle emozioni, dai desideri della gente che
si muove in situazioni reali e che da sempre chiede di dare dignita' alla
propria persona, al proprio genere e ai propri bisogni, solitamente poco
considerati da chi sta al vertice.
Se le norme, che sono necessarie, si costruissero attraverso una conoscenza,
un confronto, una relazione anche con i diretti interessati, se il parere,
il giudizio di chi ufficialmente non conta fosse finalmente ascoltato e
studiato, se la presunzione d'essere sempre nel giusto fosse abbandonata, se
si lasciasse spazio allo Spirito che soffia dove vuole e non dove si
pretende, in modo da penetrare a fondo le indicazioni della Parola, la
missione profetica della chiesa, secondo noi, si arricchirebbe di
significato, di valore.
Riteniamo, infatti, che diritto/dovere della chiesa sia annunciare quella
Parola che riguarda l'umanita' e la vita e la loro difesa (indipendentemente
dalle modalita' di procreazione, l'intervento di Dio, fonte della vita, non
viene mai meno), oltre che realizzare quella profezia evangelica che la pone
tra chi ha bisogno.
I tormenti, le attese, le speranze della gente esigono simpatia,
comprensione e compassione e non atteggiamenti pregiudizialmente
inflessibili e dogmatici, che rendono distanti.
Infine, nel contesto di questa legge, sarebbe credibile una chiesa pronta a:
- sostenere l'impegno verso un "diritto mite e aperto",
- difendere la qualita' della vita (non solo in linea di principio) e della
dignita' della persona (salute, diritti, opinioni, ecc.) - in primo luogo
della donna che e' la piu' coinvolta in questa situazione e che dovrebbe
essere la piu' abilitata a parlare di quanto e' di sua esclusiva competenza
e imprescindibile interesse,
- incoraggiare la ricerca e il perfezionamento delle biotecniche
denunciandone gli abusi la' dove si verificano,
- non barricarsi con l'esclusione di modelli familiari esistenti nella
societa' contemporanea, giudicandoli a priori senza comprenderne e
riconoscerne le effettive possibilita' di amore,
- ispirarsi e praticare l'unico ed esclusivo messaggio che e' chiamata a
testimoniare e a rendere presente nel mondo: l'amore, tenendo presente che
l'amore non e' un'entita' astratta, ma implica persone concrete e il loro
ben-essere,
- accettare di mettersi in cammino con tutti, credenti e non, per costruire
la giustizia, attraversare il dolore e coltivare la gioia maturando una
reciproca responsabilita'.
*
Nota sul referendum
Noi riteniamo che il referendum, pur essendo uno strumento inadeguato per
una materia cosi' complessa, possa offrire la possibilita' alla societa'
civile di ragionare sulle tematiche espresse dalla legge, la quale non e'
obbligante per quanti non intendono avvalersene, ma semplicemente tende a
regolare difficili realta'.
Questa legge, frutto di compromessi, non e' convincente. Essendo pero'
diritto dei cittadini, se interpellati, quello di esprimere l'esigenza di
rivedere e ridiscutere in Parlamento i punti piu' controversi in essa
contenuti, pensiamo di essere sufficientemente adulti e responsabili per
decidere liberamente se utilizzare, o meno, questo strumento.
*
Hanno partecipato al forum: Betty Cambieri, Giovanni Cancarini, Teresa
Ciccolini, Adriana De Benedittis, Simone De Clementi, Grazia Villa.
Hanno curato la stesura del testo: Teresa Ciccolini e Betty Cambieri.
Per informazioni e contatti: Forum uomo-donna del Gruppo promozione donna,
via Sant'Antonio 5, 20122 Milano, tel. 0258391335, e-mail:
gpdmilano at virgilio.it

3. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

4. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 921 del 6 maggio 2005

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