La nonviolenza e' in cammino. 918



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 918 del 3 maggio 2005

Sommario di questo numero:
1. Benito D'Ippolito: Alcuni altri omissis da un rapporto
2. Nando dalla Chiesa: Anatomia di un'empieta'
3. Pier Luigi Fornari intervista Luisa Muraro
4. Luce Irigaray: Sbocciare al bivio
5. Valeria Trigo: Passi di pace a Roma con Thich Nhat Hanh
6. Vita Cosentino: Essere pace
7. Lorenzo Porta: Un incontro fiorentino con Michael Lerner
8. Norberto Bobbio: Un'affermazione di Danilo Dolci
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. BENITO D'IPPOLITO: ALCUNI ALTRI OMISSIS DA UN RAPPORTO

La notte era assai buia
l'auto aveva quattro ruote
i nostri ragazzi sono impetuosi
gli italiani e' difficile distinguerli
dagli arabi, dai terroristi, dai cani.

La notte era assai buia
sparano i mitra, servono a questo
ve lo avevamo detto mille volte
di starci dietro, dietro e non di fronte
di starvene accucciati, come tutti.

La notte era assai buia
per questo mancammo gli altri due.

2. RIFLESSIONE. NANDO DALLA CHIESA: ANATOMIA DI UN'EMPIETA'
[Ringraziamo gli amici di "Italia Democratica" (per contatti:
italiademocratica at tiscali.it) per averci inviato questo articolo di Nando
dalla Chiesa apparso sul quotidiano "L'Unita'" del 27 aprile 2003.
Nando dalla Chiesa e' nato a Firenze nel 1949, sociologo, docente
universitario, parlamentare; e' stato uno dei promotori e punti di
riferimento del movimento antimafia negli anni ottanta; e' persona di
straordinaria limpidezza morale. Tra le opere di Nando dalla Chiesa
segnaliamo particolarmente: Il potere mafioso, Mazzotta; Delitto imperfetto,
Mondadori; La palude e la citta' (con Pino Arlacchi), Mondadori; Storie,
Einaudi; Il giudice ragazzino, Einaudi; Milano-Palermo: la nuova resistenza
(a cura di Pietro Calderoni), Baldini & Castoldi; I trasformisti, Baldini &
Castoldi; La politica della doppiezza, Einaudi; Storie eretiche di cittadini
perbene, Einaudi; La legge sono io, Filema; La guerra e la pace spiegate da
mio figlio, Filema. Ha inoltre curato (organizzandoli in forma di
autobiografia e raccordandoli con note di grande interesse) una raccolta di
scritti del padre, Carlo Alberto Dalla Chiesa, In nome del popolo italiano,
Rizzoli. Opere su Nando dalla Chiesa: suoi ritratti sono in alcuni libri di
carattere giornalistico di Pansa, Stajano, Bocca; si veda anche l'intervista
contenuta in Edgarda Ferri, Il perdono e la memoria, Rizzoli.
Nicola Calipari, nato a Reggio Calabria, laureato in giurisprudenza, con una
straordinaria e prestigiosa esperienza nelle forze dell'ordine con ruoli di
grande responsabilita' nella lotta contro il crimine, da due anni
funzionario del Sismi, e' l'eroe che ha salvato la vita a Giuliana Sgrena,
come gia' prima alle due Simone; e' stato ucciso il 4 marzo a Baghdad]

Vatti a fidare degli amici. Soprattutto di quelli piu' stretti, quelli che
hanno scritto con te un pezzo della tua storia. Come gli amici americani,
per esempio. Che stanno cucinando per l'Italia e gli italiani un boccone
indigeribile anche per gli stomaci piu' forti. Prima ci hanno ammazzato di
fuoco amico (involontariamente, si presume) uno dei migliori funzionari
dello Stato. E con lui hanno quasi fatto la pelle a una giornalista appena
uscita viva da un sequestro di persona proprio grazie a quel valoroso
funzionario. Poi sono entrati a gamba tesa sullo scenario della sparatoria
ripulendo da par loro (e non solo loro) il terreno da prove, indizi ed
eventuali corpi di reato. Poi ci hanno chiesto scusa per lo spiacevole
incidente. Quindi hanno stabilito che toccasse a una commissione bilaterale
appurare i fatti. Infine hanno deciso da soli come i fatti sono andati:
colpa del funzionario, della giornalista e dell'altro uomo dei servizi alla
guida dell'auto che portava l'ostaggio liberato all'aeroporto.
E' vero che il vecchio adagio recita "dagli amici mi guardi Iddio". Ma qui,
non sembri banale, si e' passata davvero ogni misura. Scopriamo che la
nostra amicizia assomiglia sempre di piu' a quegli speciali sentimenti di
sudditanza che i disgraziati coltivano verso i potenti. Pronti, questi
ultimi, a prodigar buffetti finche' si sentono omaggiati e riveriti. E
altrettanto pronti a rovesciarti il tavolo addosso con un calcio il giorno
che dovessi accampare presso di loro un minimo diritto.
*
Il caso Calipari supera in gravita' (se possibile, visto il numero dei
morti) il caso del Cermis. Supera il caso delle due ragazze americane
rimpatriate senza colpo ferire dopo che con un incendio colposo avevano
seminato un po' di vittime in un hotel romano. Supera gli arresti di
terroristi (o presunti tali) eseguiti in totale autonomia sul suolo
nazionale.
Basta riannodare gli eventi. L'Italia alleata preziosa di Bush ha portato
migliaia dei suoi uomini in armi nel lontano Iraq. Per aiutare (questa e'
comunque la versione del governo) un paese democratico, e al quale siamo
debitori della nostra democrazia, a contrastare piu' efficacemente la
minaccia del terrorismo internazionale. Per aiutarlo a difendersi meglio da
nuove carneficine dopo quella dell'11 settembre. Alcune decine di italiani
in armi sono anche morti nel garantire questo sostegno, questa "coalizione
dei volenterosi" utilissima per rintuzzare l'idea di Stati Uniti vogliosi di
entrare in guerra per propri interessi commerciali e di dominio. E' stata,
quella italiana, una scelta politicamente sofferta; causa per il governo -
cosi' ci si dice oggi - di una caduta di consensi elettorali tra le
generazioni piu' giovani.
Cosi' come sofferta e' stata la sequenza di quel maledetto pomeriggio del
venerdi' 4 marzo. Anzitutto per Calipari. Portare a compimento la
liberazione di una giornalista per la quale si era mobilitato tutto il
paese, essere a poche centinaia di metri dall'aeroporto, e poi incontrare la
morte incredibile e beffarda come il cavaliere di Samarcanda. Ma anche per
noi, qui in Italia. Fare la sconvolgente esperienza mentale di sapere,
mentre si festeggia la liberazione di Giuliana Sgrena, che solo per un
soffio tutto l'equipaggio italiano non e' rimasto sotto il fuoco degli
alleati. E subito dopo sentir fioccare le versioni impudenti sull'eccesso di
velocita', sulla mancata risposta all'alt, perfino i dubbi sulla
professionalita' di Nicola Calipari, nel frattempo assurto a eroe nazionale
in quell'inquadratura da brivido di Ciampi appoggiato a mani alte sulla bara
tricolore.
*
Stavolta non c'e' l'incoscienza protetta e incoraggiata di un aviatore che
considera l'Italia un flipper con il quale giocare da cialtrone. Non c'e'
l'incoscienza protetta e incoraggiata di due giovani turiste. Non c'e'
nemmeno la mancanza di ogni rispetto del diritto internazionale che porta a
compiere operazioni di polizia sul nostro territorio. Qui c'e' una lesione
della bandiera, dell'onore dei nostri caduti, del senso di lealta' dovuto a
chi (a torto o a ragione) ti affianca in combattimento. Quello che e'
avvenuto con il Cermis, per capirsi, configurava un rapporto tra padrone e
subalterno. Ma quello che e' accaduto e sta accadendo oggi esprime un
disprezzo che va oltre la subalternita' e la rende impossibile,
intollerabile.
Perche' nella storia della letteratura anche i servi, alcune figure di servi
in particolare, hanno comunque una loro dignita', una loro ammirevole
grandezza. Grande, stupenda, e' Euriclea, la nutrice di Ulisse. Ammirevole
e' la balia di Giulietta. Sono figure che esprimono una tradizione, che
riflettono storie, relazioni sociali e senso comune autentici. Per questo
nei tempi moderni l'espressione di "servitore" (e altrove di "civil
servant") riferita al rapporto con lo Stato, non e' mai stata ragione di
umiliazione e ha rappresentato anzi ragione onorifica, tanto che assai
propriamente e' stata riservata allo stesso Calipari.
Oggi e' il momento del salto di confine. Dopo il responso degli "amici
americani" secondo cui nessuno tra i nostri alleati ha sbagliato in quel
pomeriggio di fuoco e di sangue, il servo, se tace, perde ogni sua dignita'.
Il suo silenzio diventa quello di Fantozzi, moderna negazione della dignita'
servile. Costretto a ogni umiliazione per non perdere il suo posto nel
consesso aziendale, poiche' da quel posto, anziche' dal proprio "io", egli
trae il senso illusorio della sua qualita' umana.
Sbalordire per le versioni dei fatti che ci vengono propinate, in un
crescendo di spartiti che alla fine saranno un guazzabuglio di
contraddizioni e di inverosimiglianze, non ha molto senso. Purtroppo, come
gia' con le morti avvenute nelle nostre contrade ai tempi dei questori e dei
procuratori che arrivavano diritti dal fascismo, vedremo e ascolteremo di
tutto. Gia' l'immagine del soldato che alza la torcia e spara, con le mani
impegnate contemporaneamente nelle due funzioni, e che sparando davanti
colpisce di dietro e invia pallottole in direzioni contrastanti, si
presterebbe all'ennesima opera buffa di un Fo o di un Benigni. Ma c'e'
ancora il ricordo caldo di un uomo e del suo coraggio, la foto di gruppo di
una famiglia a cui si e' promessa giustizia, che non consentono ne' frizzi
ne' opere buffe. Non consentono nemmeno - questo lo si deve dire - che da
parte di chi difende l'ingiustizia e la menzogna, magari per ammansire
truppe stanche di una missione che doveva essere una passeggiata e le ha
invece logorate e colpite in centinaia di vite, non consentono, dicevamo,
che venga consegnata una medaglia d'oro firmata Cia alla memoria del
funzionario ucciso. La verita' non si compra ne' con i commerci ne' con le
medaglie.
Ne abbiamo abbastanza, nella tradizione italiana, di corone spedite ai
funerali dai mandanti dei delitti, per ingoiare la medaglia di chi certifica
che la vittima non ha saputo fare il suo mestiere. Per questo invochiamo
oggi la dignita' dei servi capaci di guardare fieramente negli occhi il loro
padrone, quando capiscono che per loro non c'e' piu' rispetto. Sono momenti
speciali. Sono i momenti in cui anche chi non e' stato tenero con Craxi
riva' orgoglioso con la mente a Sigonella. Sono i momenti in cui chi ama le
lezioni di liberta' che l'America e la sua cultura hanno pur dato al mondo,
vede i soldati dello sbarco in Normandia sempre piu' lontani, sempre piu'
scoloriti. Purtroppo per loro, purtroppo per noi.

3. RIFLESSIONE. PIER LUIGI FORNARI INTERVISTA LUISA MURARO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo la seguente intervista apparsa sul quotidiano "Avvenire" del 22
aprile 2005.
Pier Luigi Fornari, giornalista, scrive di questioni etiche e bioetiche sul
quotidiano "Avvenire".
Luisa Muraro insegna all'Universita' di Verona, fa parte della comunita'
filosofica femminile di "Diotima"; dal sito delle sue "Lezioni sul
femminismo" riportiamo la seguente scheda biobibliografica: "Luisa Muraro,
sesta di undici figli, sei sorelle e cinque fratelli, e' nata nel 1940 a
Montecchio Maggiore (Vicenza), in una regione allora povera. Si e' laureata
in filosofia all'Universita' Cattolica di Milano e la', su invito di Gustavo
Bontadini, ha iniziato una carriera accademica presto interrotta dal
Sessantotto. Passata ad insegnare nella scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora
nel dipartimento di filosofia dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al
progetto conosciuto come Erba Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo
coinvolta nel movimento femminista dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e
Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al femminismo delle origini, che poi
sara' chiamato femminismo della differenza, al quale si ispira buona parte
della sua produzione successiva: La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano
1976), Maglia o uncinetto (1981, ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri),
Guglielma e Maifreda (La Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della
madre (Editori Riuniti, Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria,
Napoli 1995), La folla nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato
vita alla Libreria delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista
trimestrale "Via Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita'
filosofica Diotima (1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei
(da Il pensiero della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il
profumo della maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e
nonna nel 1997"]

Meno di un anno fa una voce autorevole del mondo femminista defini' "una
novita' dirompente" il documento sulla collaborazione tra uomo e donna che
portava la firma dell'allora prefetto della Congregazione per la dottrina
della fede, Joseph Ratzinger. La femminista era Luisa Muraro, fondatrice
della comunita' filosofica Diotima, che si caratterizza per il pensiero
della differenza sessuale. La docente di filosofia, oggi che il cardinale e'
divenuto papa, conferma l'apprezzamento che espresse sul quotidiano "Il
manifesto". "Se il cardinale - immaginava allora la Muraro all'inizio del
suo articolo - fosse un mio studente, di molte cose mi piacerebbe ragionare
con lui, complimentarmi, interrogarlo, distanziarmi o consentire, a
proposito della sua Lettera". "Era un'ipotesi scherzosa", puntualizza.
- Pier Luigi Fornari: Perche' quella lettera e' cosi' importante?
- Luisa Muraro: Prima di essa l'antropologia cristiana non aveva mai messo
in evidenza che l'essere umano "sono donne e uomini". Aveva sempre
sottolineato l'unita' della persona umana, dando un posto importante, ma
secondario, alla differenza sessuale, e cercando poi di spiegare questa
differenza con la complementarita' tra i sessi. In quella lettera invece si
affermava che la differenza sessuale e' un tratto costitutivo dell'umanita'.
Gli essere umani sono costitutivamente sessuati: donne e uomini.
- Pier Luigi Fornari: In che modo?
- Luisa Muraro: L'allora cardinale disegnava la realizzazione degli esseri
umani di sesso femminile nei termini di un'umanita' non complementare a
quella maschile.
- Pier Luigi Fornari: Un esempio?
- Luisa Muraro: Sottolineava l'importanza della partecipazione delle donne
al governo delle aziende e dei Paesi, in ruoli cioe' che la tradizione fino
allora, con pieno appoggio del pensiero cristiano e cattolico, aveva
assegnato piuttosto alla realizzazione di se' di esseri umani di sesso
maschile.
- Pier Luigi Fornari: Lei apprezzo' quel n. 14 della lettera, in cui si
affermava che la promozione della donna nella societa' deve essere compresa
e voluta come una umanizzazione realizzata attraverso i valori riscoperti
grazie alle donne.
- Luisa Muraro: Si riferiva alle qualita' che storicamente sono state piu'
espresse da donne, che si riconducono dunque a una espressione storica, non
alla fisiologia, ne' alla anatomia, ne' alla maternita'. La lettera parlava
esplicitamente di una manifestazione di certe qualita' storicamente espresse
piu' da donne che da uomini, che possono diventare ricchezza e patrimonio
dell'umanita' e di cui possono appropriarsi anche gli uomini. Cioe' indica
il valore universale della differenza femminile. L'umanita' infatti nella
sua universalita' e' fatta da donne e fatta da uomini. La quintessenza del
pensiero della differenza consiste nel capire che l'umano non viene dal
complemento di donne e uomini. L'umano sono le donne e l'umano sono gli
uomini. La differenza non va oltrepassata in una superiore unita'.
- Pier Luigi Fornari: Un altro aspetto che apprezzava nel testo del
cardinale era la critica ad una cultura che tende a liberarsi dai limiti
biologici.
- Luisa Muraro: A questo proposito citavo Leopardi, che e' stato profetico
nel prevedere certi cambiamenti della nostra civilta' e sottolineare
l'importanza del richiamo alla natura. Che vuol dire tutto cio'? O la natura
la vediamo come l'inchiodamento a un destino biologico: la natura come
negatrice di liberta'. E da questa posizione deriva, naturalmente, la
tendenza a oltrepassare i limiti della natura. Oppure la natura, cioe' il
nostro essere corpo, la nostra comunanza con la realta' naturale, la
possiamo leggere umanamente, leggerla nella liberta': accettare questa
prossimita' che abbiamo con l'umilta' dell'animale, dei bambini, delle
persone private dell'intelligenza. Questo e' un pensiero che va ripreso.
Invece la ricerca della liberta' attraverso l'allontanamento dalla natura e'
una strada molto pericolosa. E lo abbiamo visto.
- Pier Luigi Fornari: E' un rischio anche cancellare la nostra dipendenza
dalla relazione materna?
- Luisa Muraro: Certo, dobbiamo ricordarci che siamo stati messi al mondo da
una donna, nel modo in cui la donna partorisce. Quella realta' che
sant'Agostino indicava per umilta' con l'espressione "inter feces et urinam"
e che noi possiamo designare con la carnalita' che ci abita.
- Pier Luigi Fornari: Ma c'e' una parte del movimento femminista che rifiuta
questa carnalita'.
- Luisa Muraro: Infatti c'e' un conflitto da tempo nel femminismo. Una
corrente vuole che non siamo piu' donne, ma che cogliamo le possibilita'
indeterminate che le tecnologie e il liberismo ci mettono a disposizione.
C'e', invece, un pensiero che si mette in circolo con cio' che e' natura,
dipendenza, bisogno che abbiamo gli uni degli altri.
- Pier Luigi Fornari: Ratzinger si mostrava un alleato prezioso per questa
seconda posizione?
- Luisa Muraro: Come la vedo io, si'. Le femministe cattoliche gli hanno
fatto delle critiche che io non sto a rinnegare. Ma per me la preoccupazione
principale e' che la nostra civilta' non vada alla deriva di un
artificialismo e di un umanesimo fine a se stesso.
- Pier Luigi Fornari: Quindi il pensiero del nuovo papa potra' essere
d'aiuto?
- Luisa Muraro: E' una voce che va ascoltata. Anche la sua critica al
relativismo e' una cosa che va ascoltata. Nella comunita' filosofica
Diotima, che ho costituita, abbiamo detto: "su quello siamo d'accordo". Si
puo' dire tutto e il contrario di tutto? No. La pretesa di poter dire
qualcosa di vero deve restare nell'orizzonte delle aspirazioni degli esseri
umani. Il bisogno di verita' deve rimanere tra le cose che manteniamo. Per
me e per le mie compagne filosofe l'obiettivo essenziale non e' attaccare la
Chiesa cattolica, ma salvare la civilta' umana, in senso globale, non solo
quella occidentale, la convivenza, il senso delle nostre vite, della storia
umana.
- Pier Luigi Fornari: Tutto cio' si puo' ottenere senza una tensione verso
la verita'?
- Luisa Muraro: Certo che no.
- Pier Luigi Fornari: Con il relativismo ci autodistruggiamo?
- Luisa Muraro: E' cosi'.

4. RIFLESSIONE. LUCE IRIGARAY: SBOCCIARE AL BIVIO
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" il 26
aprile 2005. Luce Irigaray, nata in Belgio, direttrice di ricerca al Cnrs a
Parigi, e' tra le piu' influenti pensatrici degli ultimi decenni. Opere di
Luce Irigaray: Speculum. L'altra donna, Feltrinelli, Milano 1975; Questo
sesso che non e' un sesso, Feltrinelli, Milano 1978;  Amante marina.
Friedrich Nietzsche, Feltrinelli, Milano 1981; Passioni elementari,
Feltrinelli, Milano 1983; Etica della differenza sessuale, Feltrinelli,
Milano 1985; Sessi e genealogie, La Tartaruga, Milano 1987; Il tempo della
differenza, Editori Riuniti, Roma 1989; Parlare non e' mai neutro, Editori
Riuniti, Roma 1991; Io, tu, noi, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Amo a te,
Bollati Boringhieri, Torino 1993; Essere due, Bollati Boringhieri, Torino
1994; La democrazia comincia a due, Bollati Boringhieri, Torino 1994;
L'oblio dell'aria, Bollati Boringhieri, Torino 1996]

E' vero: ci troviamo ormai sempre a un bivio. A cosa serve negarlo? Cio'
corrisponde alla nostra condizione storica, quella che dobbiamo assumere
pena il tradimento della nostra umanita'. Siamo ormai a ogni momento fuori
dalla casa, all'aperto, incontrando e confrontandoci con realta' strane per
cui dobbiamo inventare nuovi gesti, nuove parole, nuovi atteggiamenti.
Ammesso che siamo ancora talvolta al caldo e a coccolarci in un ambito
familiare, appena usciamo per strada, ci troviamo in croce, cioe' a un
bivio.
Se non si tratta di un supplizio fisico, la responsabilita' spirituale che
ci aspetta qui non e' poca. E non ci da' tregua, sia che incrociamo uno
straniero nella metropolitana o nel bus, sia che ci confrontiamo con
un'altra cultura nella sfera delle nostre conoscenze o convinzioni, sia che
ci misuriamo con un altro modo di fare e di dire all'interno della nostra
tradizione dove le cose si sono molto evolute in poco tempo. Siamo sempre
costretti a mettere a verifica il nostro modo di essere, di pensare, di
esprimerci. Si puo' quindi capire che un padre di famiglia abbia voglia di
proteggere i suoi figli da questo stare sempre sulla breccia. Ma temo che
questo faccia ormai parte della nostra vita quotidiana, e che negarlo
equivalga a sottrarsi alle proprie responsabilita', al proprio dovere,
direi.
Certo, non si tratta di sostituire alla nostra verita' passata una
moltitudine di verita' piu' o meno equivalenti fra loro. Se fosse cosi', non
ci sarebbe un reale bivio ne' una pena nello scegliere. Spesso oggi si fa
confusione fra una verita' passata, unica, spezzettata e la pluralita' che
stiamo affrontando. Si fa confusione fra una pluralita' voluta da certi
ricercatori, anzitutto filosofi, in seno alla nostra tradizione per chiamare
in causa i suoi assoluti ideali e perfino idoli, e la pluralita' che la
nostra epoca multiculturale ci svela, ci impone a livello della verita'. Non
si puo' confondere una cosa con l'altra, anche se l'una talvolta puo'
aiutare a capire un po' meglio l'altra.
Cio' nonostante trasformare una verita' unica in verita' molteplici rischia
di conservare intatta la verita' passata o di sostituirla con una peggiore,
oppure puo' portare a un cattivo nichilismo. Distruggere un sistema di
valori rende necessario sostituirlo con un altro migliore.
Questo era l'obiettivo dell'opera di Nietzsche, di cui si ritiene il piu'
delle volte solo l'aspetto critico e non il motivo della critica: mettere in
causa, per andare oltre, lo spirito di risentimento e di vendetta alla base
della nostra cultura. Fermandosi alla critica, molti utilizzano i testi di
Nietzsche contro lo stesso Nietzsche, facendo della critica una nuova arma
al servizio dello spirito di risentimento e di vendetta. La volonta' di
Nietzsche era piuttosto di superarlo, e di riaprire l'orizzonte della nostra
tradizione per accogliere la vita in tutte le sue manifestazioni, per
assentire a tutto cio' che vive. La volonta' di Nietzsche era di passare
oltre le nostre chiusure e dire "si'" a ogni essere vivente che viene
incontro.
Il messaggio di Nietzsche era una parola di vita e di amore. Ma, come ha
detto lui, aveva bisogno di una donna per portarlo piu' in la' di quanto non
abbia potuto fare da solo. Senza dubbio, il suo cammino lo conduceva ad
aprirsi alla pluralita', non come spezzatura di una verita' passata ma come
accoglienza alle molteplici incarnazioni della vita. Superare la nostra
cultura significava per lui uscire dalla convinzione che la nostra verita'
passata sia definitiva, e metterci all'ascolto degli altri esseri viventi
per poter continuare il nostro divenire umano oltre il risentimento e la
vendetta.
Nulla qui, mi pare, di un relativismo nichilista di cui Nietzsche sarebbe in
qualche modo il responsabile. Questo relativismo e' piuttosto il risultato
di un'incomprensione o un rifiuto dell'apertura alla vita che Nietzsche
proponeva come via di salvezza, cioe' della necessita' di andare oltre la
nostra concezione ristretta dell'umanita', al di la' della nostra
interpretazione troppo moralistica della vita del Cristo, del nostro
fermarci alla ripetizione del passato senza costruire un futuro dove la
nostra umanita' sia piu' compiuta.
Per incamminarci nella via di questo futuro, essere attenti alla parte della
strada percorsa da altri puo' esserci di aiuto, anche per capirci. Rifiutare
l'apertura ad altre culture e tradizioni equivarrebbe a una diffidenza
rispetto alla nostra, a una paura di scoprire che essa non sia valida.
Interrogarle come il partorire e il crescere dell'umano nella sua diversita'
e nelle proprie traversate del deserto, sembra piu' spirituale come
atteggiamento. E sembra meglio che giocare a spartire noi stessi la nostra
verita' per fingere di condividerla con parecchi.
Certo, ci troviamo cosi' sempre a un bivio, incrociando l'altro nel rispetto
delle nostre differenze. Ma questa e' forse la croce che abbiamo oggi da
vivere in noi stessi, in un modo poco visibile. Sarebbe augurabile
condividerla con l'altro a ogni bivio del cammino, e portare insieme piu'
avanti lo sbocciare della nostra umanita'.

5. INCONTRI. VALERIA TRIGO: PASSI DI PACE A ROMA CON THICH NHAT HANH
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo articolo gia' apparso sul quotidiano "L'Unita'" del 28
aprile 2005.
Valeria Trigo si occupa di forme espressive e temi culturali.
Thich Nhat Hanh, monaco zen vietnamita, poeta e costruttore di pace, nato
nel 1926 nel Vietnam centrale, nel 1964, in piena guerra, ha dato vita al
movimento di resistenza nonviolenta dei "piccoli corpi di pace": gruppi di
laici e monaci che nelle campagne creavano scuole, ospedali e ricostruivano
i villaggi bombardati, subendo attacchi da entrambi i contendenti, che li
ritenevano alleati del nemico. Nel 1967, durante una visita negli Stati
Uniti, e' stato candidato al Nobel per la pace da Martin Luther King, che
dopo averlo incontrato ha preso posizione pubblicamente contro la guerra in
Vietnam. Due anni dopo, gia' costretto all'esilio, ha rappresentato la
comunita' buddhista, che raccoglieva l'80 per cento dei vietnamiti, alle
trattative di pace di Parigi. Dopo la firma degli accordi, nel 1975, gli e'
stato negato il rientro nel suo Paese. Oggi vive in Francia. La pace e' il
tema delle opere, delle attivita', dei ritiri e degli incontri e
manifestazioni pubbliche di Thich Nhat Hanh. Il cuore del suo insegnamento
e' nella stretta relazione tra la ricerca della pace in noi stessi e la pace
nel mondo. "Nel protestare contro una guerra, possiamo credere di essere una
persona pacifica, un vero rappresentante della pace - recita un passo di uno
dei suoi scritti - ma questa nostra presunzione non sempre corrisponde alla
realta'. Osservando in profondita', ci accorgiamo che le radici della guerra
sono presenti nel nostro stile di vita privo di consapevolezza. Se noi non
siamo in pace, non possiamo fare niente per la pace". I suoi numerosi libri
sono pubblicati in Italia da Mondadori, Ubaldini e Neri Pozza. Opere di
Thich Nhat Hanh: Vietnam, la pace proibita, Vallecchi, 1967; La lotta
nonviolenta del buddhismo nel Vietnam, Citta' Nuova, 1970; Essere pace,
Ubaldini, 1989; Il sole, il mio cuore, Ubaldini, 1990; Il miracolo della
presenza mentale, Ubaldini, 1992; Trasformarsi e guarire,Ubaldini, 1992;
Vita di Siddharta il Buddha, Ubaldini, 1992; La pace e' ogni passo,
Ubaldini, 1993; Toccare la pace, Ubaldini, 1994; Respira! Sei vivo,
Ubaldini, 1994; Lo splendore del loto, Ubaldini, 1994; Il diamante che
recide l'illusione, Ubaldini, 1995; L'amore e l'azione, Ubaldini, 1995; Una
chiave per lo zen, Ubaldini, 1996; Mente d'amore, Ubaldini, 1997; L'incenso
del cuore, Associazione La Rete di Indra, 1997; Il cancello di pino e altre
storie, Psiche, 1997; Il bambu' della luna, Psiche, 1998; Sassolini di
meditazione, Associazione Un Tempio per la Pace, 1998; Il Buddha vivente, il
Cristo vivente, Neri Pozza, 1996, Tea, 1999; Insegnamenti sull'amore, Neri
Pozza, 1999; AA. VV. Buddhismo impegnato, Neri Pozza, 1999; Perche' un
futuro sia possibile, Ubaldini, 2000; Il cuore dell'insegnamento del Buddha,
Neri Pozza, 2000; Canti e recitazioni di Plum Village, Nobile Editore, 2000;
Il piccolo libro della consapevolezza, Ubaldini, 2001; AA. VV., Ecologia
buddhista, Neri Pozza, 2001; Discorsi ai bambini e al bambino dentro di noi,
Ubaldini, 2002; Spegni il fuoco della rabbia, Mondadori, 2002; Il segreto
della pace, Mondadori, 2003; La luce del dharma, Mondadori, 2003; Libero
ovunque tu sia, Associazione Essere Pace, 2003; Il sentiero, Ubaldini, 2004;
L'arte della trasformazione, Mondadori, 2004; L'arte del cammino e della
pace, Mondadori, 2004; Un ascolto profondo, Ubaldini, 2005; L'unica nostra
arma e' la pace, Mondadori, 2005]

"Camminare lentamente e in silenzio, ascoltando la nostra inspirazione e la
nostra espirazione, sentendo il contatto dei piedi con la terra e sentendo
come questa ci sostiene, e' un modo per nutrire la pace e la stabilita'. Il
mondo che ci circonda non ci aiuta a nutrire il seme di pace che e' in noi,
ci aiuta piuttosto a nutrire la fretta, l'angoscia e l'insoddisfazione.
Perche' il nostro seme di pace possa germogliare ha bisogno di cura e di
nutrimento costante".
Queste parole sono del monaco buddista zen Thich Nhat Hanh, poeta e
costruttore di pace, che sara' oggi a Roma per una "Camminata lenta e
silenziosa dal Colosseo al Campidoglio" (una delle forme di meditazione
collettiva che da anni pratica e promuove). L'appuntamento e' alle ore 15
presso l'Arco di Costantino. Dopo un breve discorso introduttivo che Thich
Nhat Hanh rivolgera' ai partecipanti, si camminera lentamente e in silenzio
lungo via dei Fori Imperiali, fino a raggiungere il Campidoglio. Alle 20,
all'Auditorium del Parco della Musica, seguira' la conferenza "Non c'e' una
Via per la Pace, la Pace e' la Via" (per informazioni, tel. 3401779502 -
dalle ore 15 alle ore 19).
La pace e' il tema delle opere, delle attivita', dei ritiri e degli incontri
e manifestazioni pubbliche di Thich Nhat Hanh. Il cuore del suo insegnamento
e' nella stretta relazione tra la ricerca della pace in noi stessi e la pace
nel mondo. Thich Nhat Hanh arriva nella capitale dal Vietnam, suo paese
natale, dove e' tornato il 12 aprile scorso dopo 39 anni di esilio, per una
visita di tre mesi di riconciliazione e insegnamento. Il governo di Hanoi
gli aveva fin qui rifiutato il permesso di rientro. La sua storia, in
realta', e' la storia di una spiritualita' calata nella vita quotidiana e
dedicata al sostegno dei poveri e alla promozione di una cultura di pace.
Nel suo paese ai tempi della guerra del Vietnam ha dato vita al movimento di
resistenza nonviolenta dei "Piccoli Corpi di Pace": gruppi di laici e monaci
che nelle campagne creavano scuole, ospedali e ricostruivano i villaggi
bombardati, subendo attacchi da entrambi i contendenti, che li ritenevano
alleati del nemico. Nel '67 Martin Luther King rimase cosi' affascinato
dalle sue parole da proporlo come candidato al premio Nobel per la pace. Nel
'73 fu a capo della delegazione buddhista per la pace al tavolo delle
trattative di Parigi che mise fine all'intervento americano in Vietnam.
Rimasto in Francia, impossibilitato a tornare a casa, ha fondato la
comunita' di Plum Village (per informaizoni e contatti:
www.plumvillage.org). I suoi numerosi libri sono pubblicati in Italia da
Mondadori, Ubaldini e Neri Pozza.

6. RIFLESSIONE. VITA COSENTINO: ESSERE PACE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it).
Vita Cosentino e' un'autorevolissima intellettuale femminista]

Ho letto "Essere pace" di Thich Nhat Hanh (Ubaldini, Roma '89) e vi ho
trovato idee che mi aiutano a pensare una questione che mi sa molto a cuore:
il posto dell'altro nelle nostre vite, nella relazione che e'
inevitabilmente relazione di differenza, perche' non si da' che due esseri
umani siano uguali. Tanto o poco, piu' o meno differiamo ed e' proprio
questo cio' che mi tiene e mi spinge a tener viva la relazione e a cambiare
qualcosa di me.
La questione non e' per niente semplice e quando mi chiamano a tenere degli
aggiornamenti a insegnanti a volte uso un frammento di "Essere pace" per
cominciare a discuterne a partire dalla propria esperienza umana e
professionale. E vedo che le sue parole riescono a toccare delle corde che
aprono a un cambiamento vitale.

7. INCONTRI. LORENZO PORTA: UN INCONTRO FIORENTINO CON MICHAEL LERNER
[Ringraziamo di cuore Bruno Segre (per contatti: bsegre at yahoo.it) per averci
inviato il seguente testo di Lorenzo Porta.
Lorenzo Porta e' docente del Corso di laurea "Operazioni di pace, gestione e
mediazione dei conflitti" della Facolta' di Scienze della formazione e
Scienze politiche dell'Universita' di Firenze.
Rabbi Michael Lerner, nato 61 anni fa nel New Jersey, e' cresciuto in un
ambiente familiare immerso nella politica. I suoi genitori erano leader del
movimento sionista negli Stati Uniti nel periodo precedente la seconda
guerra mondiale. Dopo la guerra, suo padre divenne giudice e sua madre
consigliere politico e capo della campagna elettorale per un senatore. Icone
del partito democratico come Adlai Stevenson e Harry Truman passarono per
casa negli anni in cui Lerner cresceva, e quando si presento' all'ammissione
al college, John F. Kennedy gli scrisse una lettera di raccomandazione. A
dodici anni leggeva i resoconti del Congresso e notava la differenza tra
quello che i politici dicevano e come votavano in realta'. Vedeva
altrettanta ipocrisia anche nel mondo ebraico. Dice Lerner "Da un lato, le
sinagoghe negli anni '50 erano piene di persone che sviluppavano ideali
alti; dall'altro, era evidente che il risultato finale erano il materialismo
e il consumismo". In seguito, Lerner scopri' il libro di Abraham Joshua
Heschel Dio alla ricerca dell'uomo. Per anni lesse un capitolo a settimana
e, finito il libro, lo ricominciava. Adolescente, incontro' Heschel che lo
invito' a studiare al Jewish Theological Seminar a New York. Qui Lerner
scopri' che alcuni ebrei rifiutavano l'Ebraismo americanizzato che lui
conosceva, e sostenevano che aveva poco a che fare con il messaggio centrale
della religione. Fu il suo primo incontro con una critica ebraica
dell'Ebraismo e getto' le basi della sua successiva campagna per un
rinnovamento della fede. Nel 1966 Lerner visse per diversi mesi in un
kibbutz in Israele. Benche' l'ambiente socialista del kibbutz gli
dimostrasse che le persone potevano essere motivate da riconoscimenti non
materiali, gli rivelo' anche quello che egli percepi' come difetto centrale
del socialismo: l'assenza di un elemento spirituale. Alla fine degli anni
'60, Lerner era diventato un leader del movimento statunitense contro la
guerra. Era uno dei membri dei Sette di Seattle, un gruppo di attivisti
denunciati dal governo federale per utilizzare le proprieta' dello stato (il
telefono) con l'intento di incitare alla rivolta (una protesta contro la
guerra nel Vietnam). Il capo dell'Fbi J. Edgar Hoover chiamo' Lerner "uno
dei criminali piu' pericolosi degli Stati Uniti". Lerner fu incarcerato al
penitenziario federale di Terminal Island per disprezzo della corte. Le
accuse di cospirazione furono in seguito ritirate e le leggi in base alle
quali erano state portate furono dichiarate incostituzionali. Quando il
movimento contro la guerra perse vigore, Lerner attribui' parte della
responsabilita' a cio' che chiamo' un "surplus di impotenza" negli attivisti
stessi. Essi non potevano riconoscere i loro successi perche' "ridefinivano
continuamente i criteri in base ai quali definire il successo in un modo che
li faceva sentire dei falliti". Il desiderio di comprendere questa
"patologia" autodistruttiva porto' Lerner a studiare psicoterapia. Voleva
anche analizzare la sua vita emotiva. Dice Lerner, "Scoprii che ero troppo
severo nei miei giudizi, specialmente nei confronti dei miei genitori".
Fini' il suo secondo PhD (il primo era in filosofia) al Wright Institute nel
1977 e incomincio' a lavorare come psicologo clinico. Tra la fine degli anni
'70 ed i primi anni '80 Lerner viveva con disagio crescente lo spostamento
politico della comunita' ebraica dal polo liberal a quello conservatore.
Cio' lo condusse alla fine a fondare la rivista "Tikkun" nel 1986. Il suo
obiettivo era rivitalizzare le voci liberal e progressive degli ebrei
americani. Ma l'attivismo di Lerner non si limita al Medio Oriente ed ai
circoli ebraici statunitensi. Oggi "Tikkun" (che significa in ebraico
riparazione, guarigione o trasformazione) aiuta i liberal di tutte le
culture e confessioni a integrare nelle loro vite la dimensione politica e
quella spirituale. E' una rivista  molto considerata anche nel dibattito
culturale a livello accademico su questioni sociali cruciali. Lerner e'
stato consigliere di Bill Clinton nel primo mandato. Recentemente, Lerner ha
formato la Tikkun Community, un gruppo interconfessionale aperto ai laici,
impegnato per la pace in Medio Oriente, la nonviolenza, la consapevolezza
globale, la salute ecologica. Rabbi Lerner conduce servizi in diversi luoghi
a San Francisco. La sua congregazione, Beit Tikkun, e' un frutto del
movimento Jewish Renewal, che unisce alla spiritualita' un richiamo
all'azione sociale per il cambiamento. Il libro di Lerner Jewish Renewal: a
Path To Healing And Transformation delinea il suo progetto per rivendicare
lo spirito rivoluzionario dell'ebraismo. Il discorso si allarga a tutte le
altre religioni in Spirit Matters. Nel dibattito statunitense sul conflitto
tra Israele e Palestina la voce di Lerner e' emersa come una delle piu'
equilibrate. Il suo ultimo libro Healing Israel/Palestine incoraggia
entrambe le parti a riconoscere il proprio e altrui dolore e ad affermare la
dignita' innegabile dell'altro. Il ruolo della Tikkun Community a questo
riguardo e' educare il pubblico, i media, il mondo accademico, le
istituzioni politiche ed i rappresentanti eletti ad un percorso di pace e
sicurezza comune per Israele ed il popolo palestinese. Opere di Michael
Lerner: Jewish Renewal: A Path to Healing and Transformation (Putnam, poi
Harper Collins); con Cornel West: A Dialogue on Race, Religon and Culture in
America (Putnam, poi Penguin); The Politics of Meaning: Restoring Hope and
Possibility in an Age of Cynicism (Addison Wesley Longman/Perseus Books);
Spirit Matters (Walsch Books/Hampton Roads); Healing Israel/Palestine
(Tikkun Books). Sito: www.tikkun.org
Il 17 maggio 2005 Michael Lerner animera' a Firenze (in Palazzo Vecchio,
Salone dei Cinquecento) un incontro promosso dai professori Giovanna
Ceccatelli Gurrieri (presidente) e Lorenzo Porta (docente) del Corso di
laurea "Operazioni di pace, gestione e mediazione dei conflitti" dell'Ateneo
fiorentino. L'incontro, organizzato con il sostegno della Regione Toscana e
del Comune di Firenze, sara' aperto alla cittadinanza. Lerner trattera' il
tema "Costruire la pace: una scelta politica e culturale". Il dibattito
sara' avviato da un gruppo di discussione composto da Moni Ovadia, dal
sociologo di origine irachena Adel Jabbar (docente di Sociologia delle
migrazioni all'Universita' di Venezia e profondo conoscitore della realta'
vicino-orientale) e dal professor Lorenzo Porta.  Moderatore dell'incontro
sara' Bruno Segre]

Grazie al rapporto con l'Associazione "amici di Neve' Shalom - Wahat
al-Salam" Italia  e con il suo presidente Bruno Segre, abbiamo pensato di
invitare qui a Firenze una figura  di studioso e di persona impegnata da
decenni in un lavoro dal basso, con influenze anche a livello istituzionale,
per  una societa' a larga partecipazione, fondata su principi di
sostenibilita' ecologica  e di giustizia sociale, con un'attenzione agli
squilibri mondiali e alle alleanze con gruppi e associazioni che operano nel
sud del mondo.
Michael Lerner e' una figura di studioso impegnato che, rappresentando una
parte importante dell'ebraismo americano, nei decenni si e' collocato su
posizioni radical e liberal, protagonista delle lotte per i diritti civili
negli anni '60, della controinformazione sulla guerra del Vietnam, delle
campagne ecologiche.
Michael Lerner ha acquisito esperienza e titoli che lo rendono un esperto
della trasformazione dei conflitti in senso nonviolento.
Come Corso di laurea "Operazioni di pace, gestione  e mediazione dei
conflitti", intendiamo invitarlo a Firenze  durante il suo tour in Europa
che avra' luogo verso la meta' del mese di maggio.
Lerner e' anche un profondo conoscitore della realta' mediorientale,
rispetto alla quale e' in grado di fornire informazioni e proporre
prospettive da persona che, nel corso degli ultimi decenni, ne ha vissuto i
momenti piu' importanti.
La sua formazione e' interdisciplinare, con significative competenze sui
versanti psicologico e socio-politico.
Non solo per gli studenti ma per l'intera cittadinanza sara', questo, un
importante appuntamento nel quale confrontarsi con un conoscitore di
movimenti e gruppi che, negli Stati Uniti e in diverse parti del mondo, si
battono per una nonviolenza sostanziale, ancorata a programmi di
trasformazione della realta' sociale.

8. MAESTRI. NORBERTO BOBBIO: UN'AFFERMAZIONE DI DANILO DOLCI
[Dalla nota di Norberto Bobbio in apertura di Giuseppe Barone, La forza
della nonviolenza. Bibliografia e profilo biografico di Danilo Dolci,
Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004 (un testo che vivamente
raccomandiamo; per richieste alla casa editrice: tel. 0815515368, e-mail:
info at dantedescartes.it).
Norberto Bobbio e' nato a Torino nel 1909 ed e' deceduto nel 2004,
antifascista, filosofo della politica e del diritto, autore di opere
fondamentali sui temi della democrazia, dei diritti umani, della pace, e'
stato uno dei piu' prestigiosi intellettuali italiani del XX secolo. Opere
di Norberto Bobbio: per la biografia (che si intreccia con decisive vicende
e cruciali dibattiti della storia italiana di questo secolo) si vedano il
volume di scritti autobiografici De Senectute, Einaudi, Torino 1996; e
l'Autobiografia, Laterza, Roma-Bari 1997; tra i suoi libri di testimonianze
su amici scomparsi (alcune delle figure piu' alte dell'impegno politico,
morale e intellettuale del Novecento) cfr. almeno Italia civile, Maestri e
compagni, Italia fedele, La mia Italia, tutti presso l'editore Passigli,
Firenze. Per la sua riflessione sulla democrazia cfr. Il futuro della
democrazia; Stato, governo e societa'; Eguaglianza e liberta'; tutti presso
Einaudi, Torino. Sui diritti umani si veda L'eta' dei diritti, Einaudi,
Torino 1990. Sulla pace si veda Il problema della guerra e le vie della
pace, Il Mulino, Bologna, varie riedizioni; Il terzo assente, Sonda, Torino
1989; Una guerra giusta?, Marsilio, Venezia 1991; Elogio della mitezza,
Linea d'ombra, Milano 1994. A nostro avviso indispensabile e' anche la
lettura di Politica e cultura, Einaudi, Torino 1955, 1977; Profilo
ideologico del Novecento, Garzanti, Milano 1990; Teoria generale del
diritto, Giappichelli, Torino 1993. Opere su Norberto Bobbio: segnaliamo
almeno Enrico Lanfranchi, Un filosofo militante, Bollati Boringhieri, Torino
1989; Piero Meaglia, Bobbio e la democrazia: le regole del gioco, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1994; Tommaso Greco, Norberto
Bobbio, Donzelli, Roma 2000. Per la bibliografia di e su Norberto Bobbio uno
strumento di lavoro utilissimo e' il sito del Centro studi Piero Gobetti
(www.erasmo.it/gobetti) che invitiamo caldamente a visitare.
Danilo Dolci e' nato a Sesana (Trieste) nel 1924, arrestato a Genova nel '43
dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50 partecipa all'esperienza di
Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce nella Sicilia occidentale
(Trappeto, Partinico) in cui promuove indimenticabili lotte nonviolente
contro la mafia e il sottosviluppo, per i diritti, il lavoro e la dignita'.
Subisce persecuzioni e processi. Sociologo, educatore, e' tra le figure di
massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E' scomparso sul finire del
1997. Di seguito riportiamo una sintetica ma accurata notizia biografica
scritta da Giuseppe Barone (comparsa col titolo "Costruire il cambiamento"
ad apertura del libriccino di scritti di Danilo, Girando per case e
botteghe, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2002): "Danilo Dolci nasce il
28 giugno 1924 a Sesana, in provincia di Trieste. Nel 1952, dopo aver
lavorato per due anni nella Nomadelfia di don Zeno Saltini, si trasferisce a
Trappeto, a meta' strada tra Palermo e Trapani, in una delle terre piu'
povere e dimenticate del paese. Il 14 ottobre dello stesso anno da' inizio
al primo dei suoi numerosi digiuni, sul letto di un bambino morto per la
denutrizione. La protesta viene interrotta solo quando le autorita' si
impegnano pubblicamente a eseguire alcuni interventi urgenti, come la
costruzione di una fogna. Nel 1955 esce per i tipi di Laterza Banditi a
Partinico, che fa conoscere all'opinione pubblica italiana e mondiale le
disperate condizioni di vita nella Sicilia occidentale. Sono anni di lavoro
intenso, talvolta frenetico: le iniziative si susseguono incalzanti. Il 2
febbraio 1956 ha luogo lo "sciopero alla rovescia", con centinaia di
disoccupati - subito fermati dalla polizia - impegnati a riattivare una
strada comunale abbandonata. Con i soldi del Premio Lenin per la Pace (1958)
si costituisce il "Centro studi e iniziative per la piena occupazione".
Centinaia e centinaia di volontari giungono in Sicilia per consolidare
questo straordinario fronte civile, "continuazione della Resistenza, senza
sparare". Si intensifica, intanto, l'attivita' di studio e di denuncia del
fenomeno mafioso e dei suoi rapporti col sistema politico, fino alle
accuse - gravi e circostanziate - rivolte a esponenti di primo piano della
vita politica siciliana e nazionale, incluso l'allora ministro Bernardo
Mattarella (si veda la documentazione raccolta in Spreco, Einaudi, Torino
1960 e Chi gioca solo, Einaudi, Torino 1966). Ma mentre si moltiplicano gli
attestati di stima e solidarieta', in Italia e all'estero (da Norberto
Bobbio a Aldo Capitini, da Italo Calvino a Carlo Levi, da Aldous Huxley a
Jean Piaget, da Bertrand Russell a Erich Fromm), per tanti avversari Dolci
e' solo un pericoloso sovversivo, da ostacolare, denigrare, sottoporre a
processo, incarcerare. Ma quello che e' davvero rivoluzionario e' il suo
metodo di lavoro: Dolci non si atteggia a guru, non propina verita'
preconfezionate, non pretende di insegnare come e cosa pensare, fare. E'
convinto che nessun vero cambiamento possa prescindere dal coinvolgimento,
dalla partecipazione diretta degli interessati. La sua idea di progresso non
nega, al contrario valorizza, la cultura e le competenze locali. Diversi
libri documentano le riunioni di quegli anni, in cui ciascuno si interroga,
impara a confrontarsi con gli altri, ad ascoltare e ascoltarsi, a scegliere
e pianificare. La maieutica cessa di essere una parola dal sapore antico
sepolta in polverosi tomi di filosofia e torna, rinnovata, a concretarsi
nell'estremo angolo occidentale della Sicilia. E' proprio nel corso di
alcune riunioni con contadini e pescatori che prende corpo l'idea di
costruire la diga sul fiume Jato, indispensabile per dare un futuro
economico alla zona e per sottrarre un'arma importante alla mafia, che
faceva del controllo delle modeste risorse idriche disponibili uno strumento
di dominio sui cittadini. Ancora una volta, pero', la richiesta di acqua per
tutti, di "acqua democratica", incontrera' ostacoli d'ogni tipo: saranno
necessarie lunghe battaglie, incisive mobilitazioni popolari, nuovi digiuni,
per veder realizzato il progetto. Oggi la diga esiste (e altre ne sono sorte
successivamente in tutta la Sicilia), e ha modificato la storia di decine di
migliaia di persone: una terra prima aridissima e' ora coltivabile;
l'irrigazione ha consentito la nascita e lo sviluppo di numerose aziende e
cooperative, divenendo occasione di cambiamento economico, sociale, civile.
Negli anni Settanta, naturale prosecuzione del lavoro precedente, cresce
l'attenzione alla qualita' dello sviluppo: il Centro promuove iniziative per
valorizzare l'artigianato e l'espressione artistica locali. L'impegno
educativo assume un ruolo centrale: viene approfondito lo studio, sempre
connesso all'effettiva sperimentazione, della struttura maieutica, tentando
di comprenderne appieno le potenzialita'. Col contributo di esperti
internazionali si avvia l'esperienza del Centro Educativo di Mirto,
frequentato da centinaia di bambini. Il lavoro di ricerca, condotto con
numerosi collaboratori, si fa sempre piu' intenso: muovendo dalla
distinzione tra trasmettere e comunicare e tra potere e dominio, Dolci
evidenzia i rischi di involuzione democratica delle nostre societa' connessi
al procedere della massificazione, all'emarginazione di ogni area di
effettivo dissenso, al controllo sociale esercitato attraverso la diffusione
capillare dei mass-media; attento al punto di vista della "scienza della
complessita'" e alle nuove scoperte in campo biologico, propone
"all'educatore che e' in ognuno al mondo" una rifondazione dei rapporti, a
tutti i livelli, basata sulla nonviolenza, sulla maieutica, sul "reciproco
adattamento creativo" (tra i tanti titoli che raccolgono gli esiti piu'
recenti del pensiero di Dolci, mi limito qui a segnalare Nessi fra
esperienza etica e politica, Lacaita, Manduria 1993; La struttura maieutica
e l'evolverci, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1996; e Comunicare, legge
della vita, La Nuova Italia, Scandicci (Fi) 1997). Quando la mattina del 30
dicembre 1997, al termine di una lunga e dolorosa malattia, un infarto lo
spegne, Danilo Dolci e' ancora impegnato, con tutte le energie residue, nel
portare avanti un lavoro al quale ha dedicato ogni giorno della sua vita".
Tra le molte opere di Danilo Dolci, per un percorso minimo di accostamento
segnaliamo almeno le seguenti: una antologia degli scritti di intervento e
di analisi e' Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974; tra i libri di
poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979; tra i libri di
riflessione piu' recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda, Torino 1988;
La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze 1996. Tra le
opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia, Firenze
1984; Adriana Chemello, La parola maieutica, Vallecchi, Firenze 1988
(sull'opera poetica di Dolci); Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore,
Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1992; Giuseppe
Barone, La forza della nonviolenza. Bibliografia e profilo critico di Danilo
Dolci, Libreria Dante & Descartes, Napoli 2000, 2004]

Ho fatto io stesso tesoro di questa sua affermazione: "La verita', che non
e' tanto ingenua da credere solo nei processi o nelle critiche, non fa il
gioco di nessuno, e' la salvezza di tutti, se ci si muove per guarire e non
per fomentare rumorose risse: non sarebbe ancora verita'". Con queste parole
enunciava l'ideale, cui rimase sempre fedele, della nonviolenza.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 918 del 3 maggio 2005

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).