La nonviolenza e' in cammino. 895



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 895 del 10 aprile 2005

Sommario di questo numero:
1. Con Farid Adly
2. Maria Luigia Casieri: L'educazione che ama e che libera (parte seconda).
Alcune piste di ricerca
3. Ettore Masina: In quel momento
4. Carla Cohn: Lo specchio frantumato. Auschwitz-Birkenau, ottobre 1944
5. Nove quaderni di un corso di educazione alla pace
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. CON FARID ADLY
[Farid Adly, autorevole giornalista (apprezzato collaboratore del "Corriere
della sera", "Il manifesto", Radio popolare di Milano, ed altre notissime
testate) e prestigioso militante per i diritti umani, e' direttore
dell'agenzia-stampa "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo" (per contatti:
anbamed at katamail.com); alcuni giorni fa ad Acquedolci, il centro siciliano
in cui vive e lavora, ha subito una grave intimidazione mafiosa: e' stato
minacciato di morte per impedirgli di svolgere il suo lavoro di inchiesta,
documentazione e denuncia, con particolar riferimento alla sua concreta
azione in difesa dell'ambiente, della legalita', dei diritti di tutti. Per
piu' dettagliate informazioni cfr. anche il n. 890 di questo notiziario; per
contatti ed informazioni ulteriori: tel. 3398599708, o anche 0941730053]

A Farid Adly, prestigioso intellettuale e giornalista, vittima alcuni giorni
addietro di una grave minaccia di morte, stanno pervenendo numerose,
autorevoli attestazioni di solidarieta'.
Insieme a lui il prossimo venerdi' 15 aprile sara' ad Acquedolci, il centro
dei Nebrodi in provincia di Messina in cui Farid Adly vive e lavora, il
parlamentare europeo Claudio Fava, figlio del martire della resistenza
antimafiosa Pippo Fava; insieme alle ore 21 in piazza del municipio terranno
un comizio che sara' un momento forte di riflessione, di denuncia, di
testimonianza, di resistenza e di liberazione; di lotta per la verita', per
la legalita' e la democrazia, per i diritti di tutti, per la difesa della
biosfera, per contrastare il potere mafioso e le mille forme di complicita'
con la violenza, la menzogna, la corruttela.
Deve essere chiaro a tutti che Farid Adly non e' isolato: che lui ed i suoi
compagni di lotta di Acquedolci hanno il sostegno persuaso, la solidarieta'
autentica, l'aiuto concreto di tutte le donne e gli uomini che condividono
la loro lotta per la salvaguardia della biosfera, per i diritti civili e
sociali di tutti, per la convivenza democratica e lo stato di diritto.
Che le intimidazioni mafiose contro di lui non riguardano solo lui, ci
riguardano tutti.
Che a lottare contro le intimidazioni mafiose, contro le devastazioni
ambientali, contro una gestione discutibile - o pusillanime, o peggio -
della cosa pubblica, non c'e' solo lui: ci siamo tutti.
*
Ma c'e' di piu': Farid Adly all'impegno civile e professionale che ha fatto
si' che da decenni in Italia ed in altri paesi del bacino del Mediterraneo
sia uno dei piu' stimati operatori sia dell'informazione democratica, sia
del dialogo interculturale, sia del pensiero e dell'azione di solidarieta',
di giustizia e di pace, aggiunge una qualita' ulteriore: l'essere un amico
della nonviolenza. Farid Adly e' quindi non solo un lottatore per la
verita', la democrazia, i diritti, ma questo impegno adempie con quel
peculiare rigore, quella particolare coerenza, quella profonda limpidezza ed
intransigenza che il concetto di nonviolenza designa.
Ad Acquedolci insieme a Farid Adly e i suoi compagni ci sono anche le ombre
grandi di Danilo Dolci, e di don Pino Puglisi, e di Peppino Impastato e di
Pippo Fava e delle tante e dei tanti che all'intimidazione mafiosa e al
saccheggio della natura e alla violenza sulle persone hanno resistito. Ed
insieme ci sono e ci saranno le persone in carne ed ossa, gli esseri umani
viventi, che di quelle ombre si sono messi alla scuola, che recano nel cuore
l'eredita' di Ninni Cassara' e di Libero Grassi, di Giovanni Falcone e di
Salvatore Carnevale.
*
A tutti i nostri lettori ed a tutte le nostre lettrici che non lo avessero
gia' fatto chiediamo ancora di esprimere solidarieta' a Farid Adly, di
prendere pubblicamente posizione, di far circolare l'informazione sulla
lotta che Farid Adly sta conducendo, sul rischio cui e' esposto.
Se qualcuno puo' aver pensato che un singolo Farid Adly possa essere
"mandato a casa in una bara" (questa l'esplicita minaccia proferita dal
latore dell'intimidazione mafiosa la sera del 2 aprile), sappiano sia i
sicari che i mandanti che a contrastare i loro crimini non c'e' un solo
Farid Adly, ma innumerevoli: siamo tutti Farid Adly, come siamo tutti
Fuenteovejuna.
Tutte e tutti vi invitiamo ad inviare dichiarazioni di solidarieta' con
Farid Adly all'agenzia "Anbamed. Notizie dal Mediterraneo": e-mail:
anbamed at katamail.com

2. MATERIALI. MARIA LUIGIA CASIERI: L'EDUCAZIONE CHE AMA E CHE LIBERA (PARTE
SECONDA). ALCUNE PISTE DI RICERCA
[I materiali bibliografici seguenti sono stati gia' proposti in piu'
fascicoli del notiziario "Educarsi alla pace" nel novembre-dicembre 2004.
Tutti sono estratti dalle sezioni bibliografiche contenute in Maria Luigia
Casieri, Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di
apprendimento della lingua scritta, 5 voll., Viterbo 2004.
Maria Luigia Casieri (per contatti: nbawac at tin.it), nata a Portici (Na) nel
1961, insegna nella scuola dell'infanzia ed e' una delle principali
animatrici del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo. Ha organizzato a
Viterbo insieme ad altri il "Tribunale per i diritti del malato"; assistente
sociale, ha svolto un'esperienza in Germania nell'ambito dei servizi di
assistenza per gli emigrati italiani; rientrata in Italia si e' impegnata
nel settore educativo; per dieci anni ha prestato servizio di volontariato
in una casa-famiglia per l'assistenza ai minori; dal 1987 e' insegnante di
ruolo nella scuola per l'infanzia; ha preso parte a varie iniziative di
pace, di solidarieta', per i diritti; ha tenuto relazioni a convegni e corsi
di aggiornamento, e contribuito a varie pubblicazioni. Opere di Maria Luigia
Casieri: Il contributo di Emilia Ferreiro alla comprensione dei processi di
apprendimento della lingua scritta, Viterbo 2004.
Emilia Ferreiro, argentina, docente in Messico, psicolinguista e
psicopedagogista illustre, e' una delle piu' grandi studiose viventi del
processi di alfabetizzazione; e' di fondamentale importanza il suo
contributo sul tema dell'apprendimento della lettura e della scrittura da
parte dei bambini. Tra le molte opere di Emilia Ferreiro si veda in primo
luogo l'ormai classico volume scritto in collaborazione con Ana Teberosky,
La costruzione della lingua scritta nel bambino, Giunti, Firenze 1985. Un
suo profilo e' nel n. 790 del 26 dicembre 2004 di questo notiziario.
La divisione in due distinte rubriche dei libri di seguito segnalati e'
determinata dal riferimento al testo cui la bibliografia si riferisce,
moltissimi testi possono essere ugualmente inclusi sotto l'uno e l'altro
item. Del resto, come e' noto, e' convincimento della struttura che cura
questo notiziario che il pensiero delle donne e' in larga misura tout court
la nonviolenza in cammino, e che la scelta della nonviolenza e' il cuore
stesso delle fondamentali teorie della liberazione]

1. Pensiero delle donne, della differenza, della liberazione
Basaglia, Franco, Scritti, 2 voll., Einaudi, Torino 1981-1982.
Beauvoir, Simone de, Le deuxieme sexe, 2 voll., Gallimard, Paris 1949, 1976,
1989.
Boella, Laura, Cuori pensanti, Edizioni Tre Lune, Mantova 1998.
Boella, Laura, Le imperdonabili, Tre Lune Edizioni, Mantova 2000.
Boella, Laura, Annarosa Buttarelli, Per amore di altro, Raffaello Cortina
Editore, Milano 2000.
Bonhoeffer, Dietrich, Resistenza e resa, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo
(Milano) 1988.
Burgos, Elisabeth (a cura di), Mi chiamo Rigoberta Menchu' (1983), Giunti,
Firenze 1987.
Cavarero, Adriana, Tu che mi guardi, tu che mi racconti, Feltrinelli, Milano
1997.
Demarca, Cristina, Teorie di genere, Bompiani, Milano 2003.
Diotima, Mettere al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990.
Forti, Marina, La signora di Narmada, Feltrinelli, Milano 2004.
Gramsci, Antonio, Quaderni del carcere, (edizione critica) 4 voll., Einaudi,
Torino 1975, 2001.
Gutierrez, Gustavo, Teologia della liberazione. Prospettive (1971),
Queriniana, Brescia 1972, 1981.
Irigaray, Luce, Speculum (1974), Feltrinelli, Milano 1975, 1989.
Lispector, Clarice, La passione secondo G. H. (1964), La Rosa, Torino 1982,
Feltrinelli, Milano 1991.
Maccacaro, Giulio A., Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976,
Feltrinelli, Milano 1979.
Menapace, Lidia, Resiste', Il dito e la luna, Milano 2001.
Ongaro Basaglia, Franca, Salute/malattia, Einaudi, Torino 1982.
Ongaro Basaglia, Franca, Una voce, Il Saggiatore, Milano 1982.
Restaino, Franco, Cavarero Adriana (a cura di), Le filosofie femministe,
Paravia, Torino 1999.
Santino, Umberto, Storia del movimento antimafia, Editori Riuniti, Roma
2000.
Shiva, Vandana, Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002.
Shiva, Vandana, Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003.
Shiva, Vandana, Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995.
Shiva, Vandana, Terra madre, Utet, Torino 2002.
Siebert, Renate, La mafia, la morte e il ricordo, Rubbettino, Soveria
Mannelli 1995.
Siebert, Renate, Le donne, la mafia, Il Saggiatore, Milano 1994, 1997.
Vegetti Finzi, Silvia (a cura di), Psicoanalisi al femminile, Laterza,
Roma-Bari 1992.
Tommasi, Wanda, I filosofi e le donne, Tre Lune Edizioni, Mantova 2001.
Wolf, Christa, Cassandra, Edizioni e/o, Roma 1984.
Wolf, Christa, Premesse a Cassandra (1983), Edizioni e/o, Roma 1984.
Woolf, Virginia, Le tre ghinee (1938), La Tartaruga, Milano 1975,
Feltrinelli, Milano 1987.
Woolf, Virginia, Una stanza tutta per se', Il Saggiatore, Milano 1982, in
altra traduzione: Newton Compton, Roma 1993.
Zamboni, Chiara, La filosofia donna. Percorsi di pensiero femminile,
Demetra, Colognola ai Colli 1997.
*
2. Diritti dei bambini, educazione alla pace, accostamento alla nonviolenza
AA. VV., Marxismo e nonviolenza, Lanterna, Genova 1977.
AA. VV., Nonviolenza e marxismo, Libreria Feltrinelli, Milano 1981.
Archibugi, Daniele, David Beetham, Diritti umani e democrazia cosmopolitica,
Feltrinelli, Milano 1998.
Balducci, Ernesto, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia,
Principato, Milano 1985.
Bernardi, Marcello, Il nuovo bambino, Rizzoli - Milano Libri, Milano 1972,
1998.
Capitini, Aldo, Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992.
Capitini, Aldo, Scritti filosofici e religiosi, Perugia 1994, seconda
edizione ampliata, Fondazione centro studi Aldo Capitini, Perugia 1998.
Cinquantanove ragazze e ragazzi di strada con Gerard Lutte, Principesse e
sognatori nelle strade in Guatemala, Kappa, Roma 1994.
Cozzo, Andrea, Conflittualita' nonviolenta, Mimesis, Milano 2004.
Dimenstein, Gilberto, Storie di strada. La guerra ai bambini in Brasile
(1990), Terra Nuova - Unicef, Roma 1991.
Lanfranco, Monica, Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003.
Dolci, Danilo, Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari 1974.
Ferrajoli, Luigi, Diritto e ragione, Laterza, Roma-Bari 1989, 1990.
Gandhi, Mohandas, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973,
1996.
Hillesum, Etty, Diario 1941-1943, Adelphi, Milano 1985, 1996.
Hillesum, Etty, Lettere 1942-1943, Adelphi, Milano 1990, 2001.
King, Martin Luther, "I have a dream", Mondadori, Milano 2001.
King, Martin Luther, La forza di amare, Sei, Torino 1967, 1994.
King, Martin Luther, Lettera dal carcere di Birmingham - Pellegrinaggio alla
nonviolenza, Movimento Nonviolento, Verona 1993.
L'Abate, Alberto, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985.
L'Abate, Alberto, Consenso, conflitto e mutamento sociale, Franco Angeli,
Milano 1990.
Quino, Tutta Mafalda, Bompiani, Milano 1978, 1980.
Peyretti, Enrico, "Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte
nonarmate e nonviolente", in Fondazione Venezia per la ricerca sulla pace,
Annuario della pace. Italia / maggio 2000 - giugno 2001, Asterios, Trieste
2001 (edizione aggiornata in "La nonviolenza e' in cammino" nn. 714-715).
Salio, Nanni, Il potere della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1995.
Sharp, Gene, Politica dell'azione nonviolenta (1973, 1979), 3 voll.,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997.
Tonucci, Francesco, La citta' dei bambini, Laterza, Roma-Bari 1996.
Visalberghi, Aldo (a cura di), Scuola e cultura di pace, La Nuova Italia,
Scandicci (Firenze) 1985.
Weil, Simone, Quaderni, 4 voll., Adelphi, Milano 1982-1993.

3. LUTTI. ETTORE MASINA: IN QUEL MOMENTO
[Ringraziamo Ettore Masina (per contatti: e-mail: ettore at ettoremasina.it,
sito: www.ettoremasina.it) per l'invio della sua "Lettera" mensile (la
"Lettera" viene inviata anche in versione cartacea a chiunque ne faccia
richiesta scrivendo al suo indirizzo: via Cinigiano 13, 00139 Roma, tel.
068102216; un contributo alle spese di fotocopiatura e postali e' assai
gradito; i versamenti possono essere effettuati sul ccp 49249006 intestato a
Luca Lo Cascio, via Leone Magno 56, 00167 Roma). Riportiamo la "Lettera" n.
106 del marzo-aprile 2005. Nato a Breno (Bs) il 4 settembre 1928, Ettore
Masina - giornalista, scrittore, fondatore della Rete Radie' Resch, gia'
parlamentare - e' una delle figure piu' vive della cultura e della prassi di
pace. Sulle sue esperienze e riflessioni si vedano innanzitutto i suoi due
libri autobiografici: Diario di un cattolico errante. Fra santi, burocrati e
guerriglieri (Gamberetti, 1997) e Il prevalente passato. Un'autobiografia in
cammino (Rubbettino, 2000). Tra gli altri suoi libri: Il Vangelo secondo gli
anonimi (Cittadella, 1969, tradotto in Brasile), Un passo nella storia
(Cittadella, 1974), Il ferro e il miele (Rusconi, tradotto in serbo-croato),
El Nido de Oro. Viaggio all'interno del terzo Mondo: Brasile, Corno
d'Africa, Nicaragua (Marietti, 1989), Un inverno al Sud: Cile, Vietnam,
Sudafrica, Palestina (Marietti, 1992), L'arcivescovo deve morire. Monsignor
Oscar Romero e il suo popolo (Edizioni cultura della pace, 1993 col titolo
Oscar Romero, poi in nuova edizione nelle Edizioni Gruppo Abele, 1995),
Comprare un santo (Camunia, 1994); Il Volo del passero (San Paolo, tradotto
in greco), I gabbiani di Fringen (San Paolo, 1999), Il Vincere (San Paolo,
2002)]

1. La prima definizione che di lui mi viene in mente e' quella di "mistico
militante". Sembra una contraddizione in termini, essendo spesso il mistico
persona che cerca la solitudine, mentre Giovanni Paolo II, instancabilmente,
cercava le folle. Tuttavia c'era in lui un trasporto appassionato per il
Sacro, il Misterioso, l'Arcano. Papa Woytjla  amava le favole udite, nelle
sue escursioni, nei villaggi dei monti Tatra; amava le leggende auree del
martirologio, i segreti delle veggenti e degli stigmatizzati, le ombre e le
luci di antiche tradizioni; ma soprattutto amava le molteplici immagini
della Madonna: quelle acheropite, cioe' dipinte da mani non umane (forse da
angeli o da Luca, l'evangelista pittore); quelle sfregiate dagli infedeli, e
quelle apparse alla contadinella di Lourdes, ai pastorelli di Fatima o a
qualche lacero peon messicano. Ciascuna di queste immagini sembrava, nella
devozione di papa Woytjla, diversa da tutte le consorelle, quasi non si
trattasse della stessa persona: una dedita alla salvezza dei malati, una
alla protezione degli indios, una a presidiare una barriera geopolitica
dagli attacchi degli infedeli e l'altra, infine, a proclamare la necessita'
della distruzione del bolscevismo. Quest'ultima aveva un rapporto
personalissimo con lui: nella corona regale che a Fatima posero sul capo
della sua immagine e' inserita la pallottola che vent'anni fa avrebbe ucciso
Giovanni Paolo II, se quella Madonna non avesse steso la tenera mano per
deviarne il tragitto.
Della Madre del Cristo era tanto devoto da avere scelto come insegna papale
la M di Maria e il motto "Tutto tuo", il quale aveva non soltanto
scandalizzato i protestanti, ma reso perplessi quei cattolici che
preferiscono pensare che ognuno, nella Chiesa, debba essere "tutto" di
Cristo; e quella sua "pieta' mariana", che certamente costituiva una pietra
d'inciampo nel processo ecumenico, ebbe anche, piu' volte, un'altra
singolare espressione. Se, nei curricula di qualche vescovo nominato a una
sede importante, si cercavano invano titoli rilevanti di cultura o una
briciola di profezia, se dunque ci si domandava le ragioni di una scelta
sorprendente, si scopriva spesso che si trattava di persone che -
vietnamite, brasiliane o italiane che fossero - avevano composto  manuali di
spiritualita' mariana. Documenti del genere erano per Giovanni Paolo II
garanzie di fedelta', patenti di ortodossia cattolica.
*
2. Quando, diventato il successore di Pietro, usciva dal tepore di questo
affetto filiale e dalle ombre sacre del passato, Woytjla guardava la Chiesa
come una sacra fortezza assediata  da temibili avversari. Dapprima gli era
stato facile individuare il Nemico:  vivendo in un Paese costretto nei
confini dell'impero moscovita, il papa polacco - seminarista clandestino
obbligato a ore di pesante lavoro manuale, poi prete vigilato come persona
sospetta, infine vescovo in perenne contesa con l'intolleranza dell'apparato
statale e di partito -, aveva potuto misurare la pericolosita' del
materialismo dialettico, la gravita' delle negazioni dei diritti umani,
l'ottusa perversione burocratica della leadership sovietica. Percio' aveva
continuato ad appoggiare con tutto il suo nuovo prestigio la resistenza di
Solidarnosc, e appassionatamente sviluppato una catechesi anticomunista. Nel
1989, alla caduta del muro di Berlino e delle cortine di ferro, i governanti
dell'Europa e degli Stati Uniti gli rendevano devoto omaggio come a un
grande protagonista (forse il maggiore) dello sgretolamento di quello che
Reagan aveva definito "Impero del Male".
Tuttavia l'anticomunismo di Woytjla non fu privo di conseguenze negative.
Lasciandosi dominare dalle sue esperienze personali ed essendo incapsulato,
volente o nolente, nel sistema informativo reaganiano, Giovanni Paolo II
fini' per precipitare nella trappola ideologica di identificare in ogni
fermento di liberazione una sotterranea presenza del comunismo. Egli fu
allora l'autore di una vera e propria (inconsapevole, ma non per questo meno
grave) devastazione della Chiesa dell'America Latina, Nel volto dominato
dalla collera e nel dito levato ad ammonire padre Ernesto Cardenal
inginocchiato davanti a lui, i cattolici di quel continente potevano
cogliere in Woytjla una profonda incomprensione della loro storia.
L'ossessione anticomunista e i suoi consiglieri curiali spinsero Woytjla a
sbrigative condanne di quella teologia della liberazione che aveva dato a
milioni di poveri il senso di una piena cittadinanza nell'ambito della
Chiesa; e i discorsi di questo papa in occasione dei suoi viaggi nel
continente furono poco piu' che generici se paragonati alle condizioni di
vita delle popolazioni; ma, certi atti, furono anche peggiori.
Molti diplomatici vaticani preferivano chiudere occhi e orecchie davanti
alla violenza dei ricchi e dei militari: e i loro rapporti influirono
grandemente sul comportamento del pontefice. Woytjla spiego' una volta, con
impressionante semplicismo, che vi erano per lui due tipi di dittature:
quelle comuniste, tese a un futuro senza limiti, radicalmente omicide e
deicide, e quelle latino-americane che entravano temporaneamente in
funzione, come nell'antica Roma, quando le patrie erano in pericolo.
L'immagine di Giovanni Paolo II che si affacciava a un balcone avendo
accanto un sorridente Pinochet fece piangere molte donne dei desaparecidos e
i superstiti delle camere di tortura, che avrebbero avuto bisogno di
conforto.
Uno ad uno, i vescovi "sospetti" furono rimossi o immediatamente pensionati
appena raggiunta l'eta' canonica, e poi costretti (come dom Helder Camara) a
silenziosi "arresti" domiciliari; altri (come il cardinale Arns) si videro
drasticamente ridotte le dimensioni della propria diocesi; mentre prelati di
alto rango e altezzosa seigneurerie (come il cardinale di Managua, Obando
Bravo) furono mantenuti al loro posto anche se ormai quasi ottantenni. Si
chiuse cosi' l'eroica epoca ecclesiale che aveva visto le comunita' di base
legate ai loro vescovi da un intenso rapporto affettivo, il popolo di Dio
non ridotto alla passivita' neppure dalla violenza delle dittature e decine
di sacerdoti imprigionati, torturati o addirittura assassinati per avere
osato difendere quei poveri che i documenti del Concilio definiscono
immagine del Crocifisso. Il papa che non esitava a canonizzare come martiri
tutti i preti uccisi dai "rossi" durante la guerra civile spagnola, tacque
su quelli martirizzati in Brasile, in Argentina, in Guatemala, nel Salvador
ad opera degli squadroni della morte. Gli spagnoli, per lui, erano stati
assassinati in odio alla fede cristiana, ma qui, in Latinoamerica, assassini
e mandanti si definivano cattolici, e i morti erano stati, da vivi, a fianco
dei poveri, dunque di ribelli e, in quanto tali, probabilmente "rossi". E'
questo fraintendimento che Giovanni Paolo II dovra' confessare incontrando
il sorriso di monsignor Romero, nella Terra Nuova in cui ogni passato si
apre alla riconciliazione.
Nella loro disperata speranza, nella loro sete d'amore, enormi masse di
poveri continuarono ad accogliere con entusiasmo il papa nei suoi viaggi, a
pregare con lui, a suonare maracas, flauti e tamburelli, a offrirgli in dono
serapes, ponchos e diademi di sfolgoranti piume di arara, a sorridergli con
povere bocche sdentate, ma molte persone pensose si allontanarono dalla
Chiesa cattolica. Si ripeteva in America Latina cio' che era avvenuto per la
classe operaia in Europa nel secolo XIX. Come aveva scritto Moltmann: "Non
avendo trovato nelle chiese un Dio di speranza, molti andarono a cercare
speranze senza dio".
*
3. Nei primi anni del suo pontificato, Karol Woytjla fu un uomo bellissimo.
Era alto, diritto e forte: si capiva che aveva praticato e amato molti
sport. Il papa alpinista, il papa sciatore, il papa nuotatore... (i poveri,
cosi' generosi nel comprendere le necessita' delle Persone Importanti, gli
perdonarono certamente la costruzione di una piscina a Castelgandolfo in cui
egli soltanto poteva bagnarsi). Il povero vecchio degli ultimi anni,
squassato dal Parkinson come un albero antico percosso da una bufera senza
tregua, non ha cancellato l'impressione di forza che il pontefice degli anni
'80 suscitava. I giornalisti "di corte", che non sono soltanto quelli
dell'"Osservatore romano", amavano allora commentare il vigore con il quale
Giovanni Paolo II sottolineava con gesti imperiosi certe sue affermazioni e
finivano per parlare di lui come di un antico condottiero. Credo che non
fosse soltanto piaggeria. Se, per questo papa, la Chiesa era una roccaforte
assediata, allora essa, pensava  Woytjla, aveva bisogno non solo di un
esercito di fedeli ma anche di truppe scelte: e cioe' dei gruppi cattolici
di piu' ferrea disciplina nella ricerca di perfezione spirituale e quelli
piu' legati a un disegno di restaurazione della cristianita'. Davanti ai
drammi della Chiesa nel mondo, Giovanni XXIII aveva convocato un Concilio;
nel giugno del 1998 questo suo successore convoco' una grande riunione di
tutti i movimenti cattolici, gli istituti secolari, le nuove organizzazioni
di impegno, i cercatori di pentecoste. Non e' un caso che nelle ore della
sua agonia il tg1 abbia affidato cosi' largamente all'Opus Dei il compito di
riassumere le caratteristiche del pontificato di Woytjla.
A questi suoi militi spirituali, il papa dono' velocissime canonizzazioni,
posti di grande rilievo e anche, cio' che non era mai avvenuto nella storia
cattolica, un inquadramento gerarchico proprio, che frantumava le Chiese
locali, sottraendo ai vescovi fedeli ed energie e favorendo il crescere di
orgogliosi settarismi.
*
4. Tuttavia questo papa che alcuni vorrebbero presentare come uno di quegli
atleti della fede che non si smuovono mai dalle loro certezze, fu un uomo
che non cesso' di interrogarsi e di confrontarsi con il mondo. Una
progrediente cesura segna il suo magistero fra gli anni '80 e quelli '90.
Quando il Satana dell'Oriente mostro' che i suoi piedi erano di argilla e un
capitalismo selvaggio si insedio' brutalmente al suo posto, allora papa
Woytjla ebbe piu' chiara la miseria spirituale di tanta parte
dell'Occidente, la decadenza del mondo borghese: vide con occhi piu'
penetranti che non si trattava soltanto di questioni morali che, del resto,
affliggevano anche la Polonia (l'aborto, il divorzio, le inadempienze
sacramentali, l'ignoranza religiosa): l'Europa Occidentale e l'America del
Nord erano contrassegnate da peccati collettivi che sminuivano la dignita'
dell'uomo. Allora condanno' con maggiore forza - la forza di uno di quegli
"uomini della penitenza" medievali che trascinavano le folle a pentimento -
la distruttivita' sociale dell'edonismo, l'idolatria per gli status symbols,
l'egoismo  dei popoli ricchi nei confronti dei continenti poverissimi, un
sistema culturale  pressappochista dal punto di vista etico, fatto piu' di
negazioni che di valori. Dichiaro' che il neoliberismo non era meno ateo del
marxismo dialettico, anche se la sua nomenklatura si proclamava
cristianissima, e i libri che produceva non erano cosi' chiaramente avversi
alla religione quanto la ridicola Bibbia dell'Ateismo distribuita da
un'apposita accademia nei territori dell'Impero sovietico. Vide la dignita'
dell'uomo ridotta a quella di una variabile nei conteggi del Mercato, le
borse valori decidere la sorte di miliardi di figli di Dio. Disse che,
almeno, i comunisti avevano lottato contro la disoccupazione e si erano
presi cura dei poveri. L'Occidente - scrisse - aveva creato "strutture di
morte". Il  consumismo gli pareva una tabe mortale per lo spirito. Grido' ai
giovani di non ascoltarne "le sirene perche' risucchiano l'anima".
*
5. Soprattutto vide  con chiarezza (che probabilmente lo feri' anche
fisicamente attraverso i misteriosi canali della psiche) che quello che tre
suoi predecessori avevano definito "imperialismo capitalista del danaro"
aveva in se' tali valenze distruttive da portare a guerre mostruose. Allora
il papa che da giovane sembrava voler piantare la sua croce astile come uno
stendardo ai margini di uno spirituale campo di battaglia, si trascino',
sempre piu' curvo e malato, sul crinale della storia per percuotere, come
Mose' sul monte, la roccia della durezza dei cuori e farne scaturire l'acqua
dell'amore. Piu' che qualunque altro papa, grido', contro tutte le bandiere,
che la violenza e' menzogna, che la violenza "e' un male inaccettabile e che
mai risolve i problemi". Non si mantenne sulle generali; condanno' questa
guerra, in Iraq, come illecita, illegale, immorale.
Gli tocco' la sorte dei profeti. Gli uomini del potere imperiale (i Bush, i
Blair, gli Sharon, i Berlusconi) che adesso si accalcheranno dietro la sua
salma, gli resero allora l'omaggio che non si puo' ricusare ai vecchi
patriarchi che vogliono ancora parlare alla famiglia ma lo fanno senza
rendersi ben conto della situazione; e molti vescovi italiani tradussero la
chiarezza dei suoi discorsi in banalita' di routine, in consigli vaghi e non
perentori. Ricordo il febbraio 1991: ero in parlamento quando Giovanni Paolo
II pronunzio' parole durissime contro la prima guerra del Golfo. Rammento il
turbamento dei deputati democristiani; ma subito da molti illustri pulpiti,
primo fra tutti quello del cardinale Ruini, la condanna del papa fu
"interpretata" ed estenuata; e il partito "di ispirazione  cattolica" voto'
l'ingresso dell'Italia nel conflitto.
*
6. Era un papa - il primo - ad avere sofferto i dolori che le guerre moderne
seminano nelle famiglie, cosi' come il primo ad essersi guadagnato il pane
con fatica fisica. Percio' quando parlava di queste cose si sentiva
l'autenticita' dei sentimenti. Questo fu importante soprattutto per i
giovani, che sono stufi di parole e affamati di testimonianze. Nell'impudica
moltiplicazione dei telegiornali si producono, come ci ha insegnato McLuhan,
fenomeni di aggregazione alla maggioranza, di necessita' psicologica di
entrare nel gruppo dominante e di prestarsi allo spettacolo mediatico;
percio' non mi illudo sulla profondita' e durevolezza delle espressioni
estorte dai telecronisti in questi giorni a tanti ragazzi e ragazze. Ma e'
certamente un fatto che questo papa raccolse la simpatia e anche
l'ammirazione dei giovani, e non soltanto di quelli che andavano a vederlo e
ascoltarlo allo stesso modo che pellegrinano per gli stadi dei concerti
rock. Moltissimi credettero di poter ricevere da quel vecchio un senso da
dare alla propria vita. Egli credette in loro. Li defini' "popolo delle
beatitudini evangeliche" perche' gli parevano ancora immuni dal materialismo
degli adulti e quindi disponibili alla generosita' cristiana. Li esorto' a
rischiare la propria vita perche' il terzo millennio vedesse finalmente un
mondo di giustizia, di liberta', di pace. Gli furono riconoscenti della
fiducia che manifestava loro.
*
7. Nei lunghi anni del suo pontificato, i cavalieri dell'Apocalisse
galopparono come non mai sulla Terra. Nuovissime pesti, dall'aids alla sars,
assaltarono interi continenti. Le guerre non furono soltanto quelle degli
eserciti imperiali: spaventosi conflitti straziarono l'umanita', generando
fame e morte in nome dell'oro, dei diamanti, del coltan, dell'uranio.
Cataclismi che sembaravano apocalittici sembrarono annunziare la ribellione
della Terra alle incessanti violenze inferte al pianeta dall'avidita' dei
ricchi. Penso che talvolta egli si sia sentito al centro di un formicaio
impazzito che gli imponeva sforzi che non riusciva piu' a sostenere. Cosi'
la rotta del Grande Pescatore non fu lineare: si rifiuto' al concetto di
lotta fra civilta', difese i diritti dei palestinesi, entro' da fratello
nelle sinagoghe e da adoratore del Dio unico nelle moschee, riusci' a
rinsaldare i rapporti con i figli di Lutero, ma gli parve doveroso ribadire
il suo ruolo di Capo della Chiesa universale, di negare salvezze che non
accettavano di provenire dal Cristo  e consenti' che il proselitismo romano
offendesse profondamente le Chiese "sorelle" dell'Oriente. Difese la vita in
fieri, parlo' contro la pena di morte ma condanno' testardamente l'uso del
condom nonostante gli scienziati gli assicurassero che era di fatale
importanza per bloccare la devastante proliferazione dell'aids. Fu di
rocciosa intransigenza nei confronti dell'obbligatorieta' del celibato,
della non ammissibilita' ai sacramenti delle persone che, dopo un naufragio
matrimoniale, cercavano di rifarsi una famiglia. Si carico' del passato
della storia ecclesiale, inginocchiandosi a chiedere perdono umilmente per
tanti delitti: ma lo fece a nome dei figli della Chiesa, non a nome
dell'istituzione che pure sapeva semper meretrix. Si occupo' poco della
politica italiana ma permise che Sodano e Ruini restringessero il Tevere
allargato dai due papi dei quali aveva assunto il nome. Ebbe un carattere
testardo e impetuoso, persino collerico: ma la sua estrema vecchiaia fu un
esempio toccante di coraggio e di forza morale. Si', insegno' come si soffre
e si muore da cristiani, cercando fino all'ultimo che la morte ci trovi
vivi, per noi e per gli altri.
Penetro' a questo modo nelle tragedie umane, quelle personali e quelle
collettive, e fu forse la sua lezione piu' alta. Ho pianto (o quasi) vedendo
il suo urlo silenzioso, alla finestra della sua stanza, quando ha capito che
non sarebbe mai piu' riuscito a parlare. Ho ritrovato in questa sua kenosis
le urla di tutto il secolo XX: il grido senza suono di Munch e il furore
dell'idiota di Faulkner e l'invocazione della donna di "Roma citta' aperta"
stroncata dal piombo nazista. Ho pensato che in quel momento egli
raccogliesse in se' il pianto di tutte le Racheli che piangono i loro figli
e non vogliono essere consolate perche' non sono piu'. In quel momento mi e'
parso grandissimo e l'ho amato.

4. TESTIMONIANZE. CARLA COHN: LO SPECCHIO FRANTUMATO. AUSCHWITZ-BIRKENAU,
OTTOBRE 1944
[Ringraziamo di cuore Carla Cohn (per contatti: carlacohn at tele2.it) per
averci messo a disposizione questo suo racconto-testimonianza; la traduzione
dall'inglese e' di Yuri Anastasi e Paola del Re. Carla (Carola) Cohn, nata a
Berlino nel 1927, deportata e sopravvissuta ai campi di sterminio, e'
psicoterapeuta e testimone della Shoah. Un'altra sua straordinaria
testimonianza e' nel n. 883 di questo notiziario; un altro
racconto-testimonianza e' nel n. 890]

Era ottobre o gia' novembre? Non lo sapeva. Con quei brividi di freddo
addosso non si poneva certo la domanda. Quale significato poteva avere il
tempo, quale cognizione certa se ne poteva avere in un luogo dove non
c'erano orologi visibili, dove il tempo sembrava infinito.
Giorni, notti, ore, svanivano in un'unica, indistinta, cupa agonia.
Un'agonia interrotta soltanto dai frequenti appelli per la conta - lo "Zaehl
Appell". Si era costrette a stare a lungo in piedi in lunghe file da cinque
in attesa di essere contate dalle SS con tanto di frusta e cani minacciosi
al seguito. Lo "Zaehl Appell" veniva spesso interrotta da colpi di frusta
lungo le fila delle donne, probabilmente perche' qualcuna si era mossa
leggermente nonostante si cercasse di rimanere immobili, come ordinato.
Dilaniate dalla fame, al limite della spossatezza, trattenevano a stento le
loro ultime riserve per controllare e sopprimere gli spasmi della diarrea -
ultime tracce liquide di vita che colavano via, a volte non piu' trattenute
dalla vergogna o dalla paura.
Quell'appello ripetuta due volte al giorno era l'ultima ironia in vista
delle camere a gas. Ormai da tempo ridotte ad essere non-persone, numeri,
l'appello faceva parte della disciplina forzata per essere certi che, fra
quelli ancora in vita, nessun "pezzo" mancasse, che nessuno fosse fuggito.
Ma non c'era nessuna possibilita' di fuga, circondate com'erano dalle SS
armate, dai loro cani da guardia e dai recinti di filo spinato ad alta
tensione. Quel triplo filo non incuteva comunque nessuna paura; ormai quel
recinto era diventato la promessa di una morte facile, impersonale, piu'
rapida della "selezione" di Mengele, "l'angelo della morte". Eppure lo
sforzo di correre abbastanza vicino per abbracciare quel recinto sembrava
insormontabile. Inoltre c'erano i cani, e la forza rimasta poca. Questa
liberazione apparentemente semplice non era piu' nel loro immaginario,
riempito invece di visioni di torture, di "esperimenti medici". La loro
fantasia non poteva andare oltre il momento attuale.
Faceva freddo o piu' semplicemente le ossa si stavano gelando? Non sapevano
piu' distinguere queste differenze. I loro corpi erano sempre un brivido di
disperazione fisica. Probabilmente faceva molto freddo; tutte le SS
indossavano uniformi di lana con pesanti cappotti e guanti. Ma, cosa
curiosa, c'era una donna, bionda, delle SS che faceva sferzare la sua frusta
con grande energia, strano, indossava soltanto una camicia estiva blu, senza
neppure una giacca sopra. Le braccia al di sopra dei guanti erano nude e
robuste. Faceva caldo o faceva freddo?
Il sibilo vibrante di un fischietto lacero' la nebbia. Si udi' un ordine:
"Dietro front, march". La conta si era tenuta davanti a una delle baracche
dove avevano trascorso la notte. Dentro, attraverso le piccole inferriate
filtrava un po' di luce sui muri che formavano quell'enorme struttura zeppa
di file e file di "letti" a tre piani, vicinissime le una alle altre. Queste
impalcature a tre piani erano ricoperte da assi di legno messe a caso. Un
mattone qua e la' sostituiva qualche asse mancante.
*
La ragazza trovo' un posto in un angolo vicino al muro. Quel muro sembrava
offrirle un po' di sostegno, di conforto. Fu contenta di potervisi
rannicchiare contro. Raccolse due  mattoni che erano a portata di mano. Ora
erano suoi, soltanto suoi, almeno per quel momento, le servivano a mo' di
cuscino. Avrebbero dato un minimo di sostegno alla testa. Si senti' quasi
contenta. Contenta di aver trovato qualcosa. Qualcosa che le avrebbe
consentito di trascorrere meglio la notte. Qualcosa che gli altri non
avevano visto. Eppure era la', alla portata di tutti. Si raggomitolo'
stretta stretta verso l'angolo. Piego' le gambe verso di se', piu' vicine
possibile al corpo per ottenere un po' di caldo, e doveva sistemarsi bene il
vecchio cappotto da uomo sotto la giacca a righe in modo da coprire le parti
scoperte delle gambe, al di sopra delle calze di misure diverse e ormai
ridotte a brandelli. Anche se per niente morbido, largo e pesante com'era
quel cappotto nero le avrebbe dato un po' di calore. Almeno lo sperava.
Con orrore le venne in mente la ressa del giorno precedente. Una lotta
disperata per procurarsi due zoccoli di legno della sua stessa  misura.
Trovarne due in fretta e furia, tra l'ordine di alzarsi e quello di uscire
per lo Zaehl-Appell, "schnell, raus", non era stata cosa da poco. Alla fine
si era ritrovata con due zoccoli, ma entrambi del piede destro. Uno le
andava anche bene, ma l'altro no. Per niente. Troppo grande. Perlomeno  era
in grado di fare entrare il piede sinistro, ma... Zoccoli che non calzavano
bene rendevano impossibile correre e "presto" significava precipitarsi fuori
piu' in fretta possibile.
Esitando, restia a lasciare quello che a lei sembrava un cantuccio
confortevole, sapeva che c'era una cosa che doveva assolutamente cercare di
fare. Sebbene la sua mente fosse annebbiata e confusa, fu quel ricordo di
dolore fisico dovuto allo zoccolo di legno che calzava male che la costrinse
ad agire.
Scivolo' lungo la panca piu' esterna e scese dal suo "letto". C'era poca
luce, e in quella pallida luce non scorse nessuno, tranne una vaga figura in
fondo allo stanzone che lentamente si trascinava verso il bidone, la
latrina, ormai trabocchevole. Noto' che quando quell'ombra la raggiunse, si
fermo'. Poi la vide prima rimpicciolirsi e poi raddoppiarsi nel tentativo di
afferrare una delle travi di legno vicine per sostenersi. Mezza piegata e
mezza accovacciata cerco' di utilizzare il bidone.
Guardo' altrove, nessuno in giro; si concentro' su cio' che doveva fare.
Sentiva il silenzio che l'avvolse. Carponi per evitare il raggio di luce
sopra la sua testa striscio' fino al posto vicino dove si ammmucchiavano
pile di zoccoli buttati alla rinfusa. Dopo aver dato un'occhiata intorno,
tiro' fuori dal mucchio un paio di zoccoli che le sembravano piu' o meno
della stessa misura. Li guardo' meglio: le misure erano diverse. Ne
trattenne in mano uno che calzava bene, il sinistro. Con affanno riprese la
ricerca. Ricomincio' a rovistare nel mucchio cercandone l'altro che potesse
andare bene. Tiro' fuori un altro zoccolo e lo confronto' con quello che
aveva in mano. La misura era giusta, ma era ancora un altro sinistro. Che
fatica distinguere gli zoccoli! La luce era cosi fioca che era impossibile
notare differenze fra l'uno e l'altro. Sinistro e destro si diversificavano
soltanto per le piccole punte ricurve. Cerco' ancora affanosamente, a
tastoni, per trovare lo zoccolo destro. Alla fine lo trovo'.
Nascose gli zoccoli sotto il suo cappotto e si raggomitolo' come prima.
Ormai, vinta la paura di lasciare il suo posto, non si guardo' neppure piu'
attorno per vedere se qualcuno la osservava. Con due zoccoli della sua
misura, che importanza poteva avere qualche frustata! Nascosti sotto il
cappotto nessuno poteva vederli per rubarli. Raggiunse il suo posto per
rannicchiarsi sopra il suo tesoro salvavita. Non essere in grado di correre
per lo Zaehl-Appell poteva significare la camera a gas. Ritrasse le gambe
con gli zoccoli sotto il cappotto, accertandosi che non si vedessero. Non
era consentito tenere gli zoccoli a riposo. Cerco' di sistemare bene i
mattoni sotto la testa, lentamente, e appoggio' il suo corpo contro il muro.
Qualche attimo dopo comincio' a rilassarsi. Si avvicino' al muro ancora di
piu' divenendo quasi un tutt'uno con esso. Come se quel muro fosse uno scudo
di protezione.
*
Un terribile parapiglia interrompe il suo sonno e con il cuore in gola
scivolo' giu' dal suo cantuccio. Tutt'attorno un disordine confuso di grida
soffocate di donne che erano state svegliate dal sibilo acuto di fischietti
e al grido di: "schnell, schnell, raus". Di corsa, svelte, fuori. Scendere
da quelle cuccette fu un continuo tentativo di superarsi l'un l'altra
nell'intento di trovare gli zoccoli giusti e poterseli infilare.
In questo caos di corpi che si urtavano, nessuno si accorse di lei che
aspettava. Aspettava il momento giusto in cui si fosse liberato un varco,
per seguire le donne che si precitavano dove c'erano le scodelle con quel
liquido scuro, cercando di essere le prime per potersi accaparrare quella
brodaglia. A fatica s'intrufolo' nel groviglio di queste donne, ma del
"caffe'" non era rimasta neanche l'ombra. Niente. Una donna che ne aveva
avuto una scodella piena fino all'orlo, non potendosi bere tutto quel
liquido in fretta, le passo' la sua razione che era ancora a meta'. Era
perfino caldo!
Guardo' il secchio della latrina all'angolo, riempito oltre misura
traboccava per le vibrazioni prodotte da tutte quelle donne in corsa che
passavano vicino. Doveva fare i propri bisogni. Come sarebbe riuscita,
altrimenti, a rimanere a lungo in piedi per lo Zaehl Appell? Appoggiandosi
ad una trave di legno per mantenersi in equilibrio, si accovaccio' sul
secchio gia' traboccante. Una vecchia abitudine le fece usare il secchio
anziche' il pavimento;  con tutto quello che c'era per terra, sarebbe stata
la stessa cosa.
Si senti' quasi vittoriosa. Aveva del liquido caldo nello stomaco. Aveva
fatto i propri bisogni. E due zoccoli della sua stessa misura. Ce l'avrebbe
fatta a resistere. Ora  poteva mantenersi immobile sull'attenti durante
l'appello. Lo sapeva.
*
File, file e ancora file di cinque, interminabili e quasi immobili si
mescolavano alla foschia dell'alba. Come ombre. Gli unici oggetti
considerevolmente visibili erano delle alte strutture verticali stranamente
illuminate da fiamme che a singhiozzo guizzavano dalla punta, fendendo e
illuminando la cappa di fumo grigio che li avvolgeva. La sua mente si
rifiuto' di afferrarne il significato sebbene sapesse gia' quale fosse. I
suoi occhi invece furono ammaliati da quella fredda luminosita', da quelle
fiamme arancione. 537. 538. Meglio non pensare. 541. 542. Non era stata
tatuata. Lei assieme ad altre fu esclusa. Quelle col numero tatuato
sarebbero state mandate a un campo di lavoro. 555. Neppure il tuo numero
tatuato sul braccio che significava momentanea salvezza come "pezzo"
assegnato al lavoro. "Arbeit macht frei" cosi era scritto all'ingresso di
Auschwitz. Ma questo era Birkenau. 561. Supplicai affinche' i miei occhi non
vedessero. Li chiudero' con tutte le mie forze, cosi' stretti che non vedro'
piu' nulla e nessuno mi potra' vedere. Scompariro'. 599. 600.
*
"Dietro front, marsh!" Riapri' gli occhi e comincio' a muoversi assieme alle
altre vaghe figure. Le avrebbero condotte alle docce per la
"disinfestazione" dai pidocchi. Lo sapeva gia'. C'erano gia' state
sottoposte altre volte. La prima volta non sapevano cosa sarebbe successo -
a dire il vero mai era possibile sapere cosa sarebbe successo. Dopo aver
ricevuto l'ordine di spogliarsi del tutto erano state condotte in uno
stanzone gelido con delle docce attaccate al soffitto - sembravano migliaia.
L'acqua fredda che scendeva non duro' a lungo. Non fu sufficiente per
bagnarsi completamente. La durata di quella breve doccia consenti' pero' di
notare che la maggior parte delle finestre era rotta. Ecco perche' c'era
quel freddo cane.
Ancora bagnate furono allineate per essere rasate, testa e corpo. La
metamorfosi fu quasi divertente. Nell'impossibilita' di vedere se stesse,
guardavano le compagne mentre perdevano ogni somiglianza con cio' che erano
prima. Gli uomini delle SS si divertivano. Ridevano quando meta' della testa
rimaneva completamente pelata, mentre l'altra meta' conservava ancora la
sembianza originaria. Ma anche questa meta' sarebbe presto stata cancellata.
Per un attimo, passato e presente sembravano perdere consistenza; divennero
un tutt'uno - clipp, clipp - e non rimaneva altro che quell'inafferrabile
presente fantasma.
Nell'entrare dentro le docce l'ordine era "spogliatevi" e per loro era
diventato automatico eseguirlo senza neanche la minima preoccupazione per
gli uomini delle SS che guardavano. Le non-persone non provavano piu'
pudore; esseri inferiori, sub-umani, dovevano soltanto obbedire.
Lasciarono i loro stracci dietro, in un mucchio, e cercavano di raggiungere
le docce piu' vicine alle uscite, sperando di essere fuori prima che le
docce sprigionassero il gas.  Tutte sapevano che se le porte d'uscita
venivano chiuse mentre erano ancora sotto le docce ne sarebbe uscito il gas.
Fuori prima delle altre, piu' in fretta che si poteva. Chi ce la faceva ad
uscire forse riusciva anche ad afferrare una camicia in piu', o una maglia o
un paio di calze di lana da quel mucchio di stracci per terra lasciato da
una precedente "disinfestazione". Sempre se fossero uscite ancora vive da
quelle docce.
Mai una volta che le fosse capitato di uscire per prima. Mai. Le altre erano
sempre piu' veloci, forse nel vano tentativo di evitare quello che ormai
tutti sapevano. Se uscira' il gas, chiudero' gli occhi stretti stretti e in
un secondo - cos'e' un secondo, neanche il tempo di pensarci - il corpo
ancora bagnato assorbe il gas in un attimo.
Il getto d'acqua s'arresto'. Lei fu trascinata dalle donne verso l'uscita.
*
Accanto al mucchio degli indumenti una Kapo li sparpagliava per aria. A
caso. Prese al volo una calza, una soltanto. Nell'abbassarsi velocemente
riusci' ad afferrare anche un pezzo di lana, un'imbottitura da mettere sotto
la camicia che le era stata gettata sopra la testa. Mentre si incamminava
verso un'altra Kapo che sparpagliava giacche e cappotti. Adocchio' un
cappotto nero da uomo. Bello pesante. Per niente male. Se ne impossesso' in
fretta e ci scivolo' dentro. Afferro' anche un giacca a righe, abbastanza
larga da poterla portare sopra il cappotto, e  un berretto anch'esso a righe
per la testa rasata.
Zoccoli, un altro mare di zoccoli tutt'intorno. Ora lei era abbastanza
allenata per cercare e trovare in fretta il compagno di quello zoccolo che
gia' calzava e fu poi spinta, trascinata verso un corridoio, stretto e quasi
al buio.
"In fila per uno". Il giovane delle SS che urlo' l'ordine non le guardava
neppure. Le sue mani e i suoi occhi erano addosso al cane lupo che gli stava
accanto. Lei guardo' di nuovo: aveva paura di non aver sentito un altro
ordine. Tutto il corpo era ormai condizionato dall'esecuzione di ordini che
incutevano paura. Ci si poteva muovere soltanto su comando. Si accorse pero'
che il giovane SS si era girato per controllare se le altre donne fossero
uscite dallo stanzone.
*
Lei giro' la testa dall'altra parte, e vicino, di fronte a lei, vide una
faccia sotto un berretto a righe, una faccia che la riempi' di sgomento.
Timidi peli, irti come setole, sbucavano da sotto il berretto. Un largo
cappotto nero lasciava intravedere una giacca a righe troppo stretta. Segni
profondi al collo. Un pallore di morte sul viso accentuato dal nero del
capotto, con occhi irrequieti come fiamme. Ebbe una sensazione di disgusto.
Con un brivido non riusci' a spiegarsi il perche' di quell'uomo delle SS che
stava li' in piedi cosi' calmo. Guardo' di nuovo il viso di quella donna.
Impossibile distogliere lo sguardo da quell'apparizione. Riusciva a
comprendere adesso il disprezzo e l'astio che si celavano negli ordini delle
SS, urlati a denti stretti per smorzare un evidente scoppio di odio.
Creature come quella donna davvero sembravano sotto-umane non-persone, non
degne di esistere.
La SS s'incammino' verso la fila di dietro. Senti' l'ordine di marciare, lo
stridio dei denti - suoi o del suo cane? -, lei si giro' per vedere ancora
quella donna. I suoi occhi corsero lungo le file di donne ma non riusci' a
vederla. Niente. Non la trovo'.
Vide pero', appeso al  muro, un frammento di uno specchio.

5. MATERIALI. NOVE QUADERNI DI UN CORSO DI EDUCAZIONE ALLA PACE
Il Centro di ricerca per la pace di Viterbo ha realizzato nove quaderni di
"Materiali per la riflessione" estratti da fascicoli del notiziario
telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino" degli ultimi anni e
utilizzati come dispense nel Corso di educazione alla pace che si sta
svolgendo presso il liceo scientifico di Orte (Vt).
I titoli dei quaderni fin qui realizzati sono: Dieci parole della
nonviolenza in cammino; Una sera di Chico Mendes; Aldo Capitini: Teoria
della nonviolenza; Un blues in memoria di Martin Luther King; Jean-Marie
Muller: Significato della nonviolenza; Jean-Marie Muller: Momenti e metodi
dell'azione nonviolenta; Anna Bravo: Resistenza civile; Litania dei morti in
preghiera, ed altri lutti; Enrico Peyretti: Difesa senza guerra.
I quaderni sono disponibili anche in formato elettronico e possono essere
ricevuti gratuitamente da chiunque tramite e-mail. E' sufficiente farne
richiesta al Centro di ricerca per la pace di Viterbo, all'indirizzo di
posta elettronica: nbawac at tin.it

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

7. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 895 del 10 aprile 2005

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).