La nonviolenza e' in cammino. 835



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 835 del 9 febbraio 2005

Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Giuliana
2. Alcune donne fiorentine: Per Giuliana
3. Anais Ginori intervista Miguel Benasayag sul rapimento di Florence
Aubenas
4. Per una bibliografia sulla Shoah (parte quindicesima)
5. Un appello da Palermo
6. Lucia Mielli: Differenze culturali e diritti universali
7. Ileana Montini: Donne, violenza, salute mentale
8. Amelia Alberti: L'obeso e il cadavere
9. Giulio Vittorangeli: L'ambasciatore
10. Il "Cos in rete" di febbraio
11. Una legge delega per i macellatori di carne umana
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: GIULIANA
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per
questo intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio;
prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, regista
teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche
sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica
dell'Universita' di Sidney (Australia); e' impegnata nel movimento delle
donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei
diritti umani, per la pace e la nonviolenza; e' coautrice dell'importante
libro: Monica Lanfranco, Maria G. Di Rienzo (a cura di), Donne disarmanti,
Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003.
Giuliana Sgrena, intellettuale e militante femminista e pacifista tra le
piu' prestigiose, e' tra le maggiori conoscitrici italiane dei paesi e delle
culture arabe e islamiche; autrice di vari testi di grande importanza (tra
cui: a cura di, La schiavitu' del velo, Manifestolibri, Roma; Kahina contro
i califfi, Datanews, Roma; Alla scuola dei taleban, Manifestolibri, Roma);
e' stata inviata del "Manifesto" a Baghdad, sotto le bombe, durante la fase
piu' ferocemente stragista della guerra tuttora in corso. A Baghdad e' stata
rapita il 4 febbraio 2005. Dal sito del quotidiano "Il manifesto"
riprendiamo, con minime modifiche, la seguente scheda: "Nata a Masera, in
provincia di Verbania, il 20 dicembre del 1948, Giuliana ha studiato a
Milano. Nei primi anni '80 lavora a 'Pace e guerra', la rivista diretta da
Michelangelo Notarianni. Al 'Manifesto' dal 1988, ha sempre lavorato nella
redazione esteri: appassionata del mondo arabo, conosce bene il Corno
d'Africa, il Medioriente e il Maghreb. Ha raccontato la guerra in
Afghanistan, e poi le tappe del conflitto in Iraq: era a Baghdad durante i
bombardamenti (per questo e' tra le giornaliste nominate 'cavaliere del
lavoro'), e ci e' tornata piu' volte dopo, cercando prima di tutto di
raccontare la vita quotidiana degli iracheni e documentando con
professionalita' le violenze causate dall'occupazione di quel paese.
Continua ad affiancare al giornalismo un impegno anche politico: e' tra le
fondatrici del movimento per la pace negli anni '80: c'era anche lei a
parlare dal palco della prima manifestazione del movimento pacifista"]

Giuliana cara,
so appena un poco cosa siamo, noi esseri umani.
Miserie e glorie le intrecciamo nello stesso tessuto,
svolgendo e dipanando, fili e fili,
in un lavoro che sembra eterno.
Forse e' per questo che mi chiedo cose sciocche,
seduta al mio telaio,
se hai freddo, se qualcuno ti parla,
cos'hai mangiato, quanto ti duole il cuore.
Mi chiedo se le tue mani sono libere,
e se puoi darti da sola, furtiva e tenera,
la carezza delle mie dita lontane.
Mi chiedo se chi ti trattiene sapra' vedere se stesso,
nello specchio dei tuoi occhi,
e ti aspetto.

2. RIFLESSIONE. ALCUNE DONNE FIORENTINE: PER GIULIANA
[Ringraziamo Elena Laurenzi (per contatti: laurenzi_elena at dada.it) per
averci inviato questo intervento]

Giuliana ci manca.
In questo frangente avremmo bisogno, piu' che mai, dei suoi articoli, cosi'
capaci di orientarci e al tempo stesso disorientarci. Perche' Giuliana ci ha
sempre invitato a non cadere nel trabocchetto delle spiegazioni
preconfezionate e funzionali, a guardare in una direzione diversa da quella
in cui tutti guardano, ad andare piu' in la', piu' a fondo, nello spessore e
nelle pieghe delle situazioni. Con la sua serieta' attenta e la sua ironia
intelligente e profondamente umana, ha sempre colto le contraddizioni e i
paradossi di una realta' che tanti si ostinano a pensare come dipinta in
bianco e nero.
Giuliana e' una professionista accorta, coraggiosa, capace, come sanno tanti
colleghi che l'hanno vista lavorare sul campo e tanti lettori dei suoi
articoli e dei suoi libri.
E' anche una militante tenace, appassionata, generosa, sempre pronta a
prendere un treno e a portare il proprio contributo. L'abbiamo sentita e
avuta sempre al nostro fianco nelle lotte per la liberta' e per i diritti,
in primis quelli delle donne.
A Firenze e' venuta spesso, a parlarci dell'Algeria, della Somalia,
dell'Afghanistan, dell'Iraq. Paesi che ama, e che riesce a farci sentire in
una straordinaria prossimita', aprendoci gli occhi e le teste su quanto ci
accomuna alle vite, le speranze, le ragioni della gente - delle donne e
degli uomini che, in ogni paese del mondo, resistono, lottano, denunciano,
non si arrendono. Abbiamo passato serate indimenticabili ad ascoltare i suoi
racconti, perche' Giuliana e' anche una grande narratrice.
Chiediamo a tutti quelli che la leggono, la stimano e la amano, di
mobilitarsi, di fare pressione in tutti i modi, per far sentire a chi ha la
responsabilita' e i mezzi per ottenere la sua liberazione che Giuliana e'
preziosa, che la vogliamo con noi, e che restiamo vigili perche' la sua
sparizione non venga presa alla leggera, perche' sia un obiettivo
prioritario per tutte le forze politiche di governo e di opposizione.
*
Elena Laurenzi, Pia Ranzato (Associazione Testarda); Debora Picchi (Comitato
fiorentino di sostegno a Rawa); Laila Abi (Associazione Nosotras); Mara
Baronti (Giardino dei Ciliegi); Mila Busoni (Universita' di Firenze).

3. PERSONE. ANAIS GINORI INTERVISTA MIGUEL BENASAYAG SUL RAPIMENTO DI
FLORENCE AUBENAS
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo questo articolo apparso sul quotidiano "La Repubblica" del 30
gennaio 2005.
Anais Ginori, giornalista del quotidiano "La repubblica", vincitrice del
Premio Ischia Giovani (sezione carta stampata), e' nata a Roma il 29 gennaio
1975, nel 1995 ha svolto due stage all'Agence France Presse e a "Le Monde",
lavorando in seguito in Rai, a Euronews e come corrispondente free lance
dall'Italia per Radio France Classique. Dal 1996 e' a "Repubblica". Nel
luglio 1999 ha vinto il premio "Ilaria Alpi" assegnato dall'Ordine dei
giornalisti del Lazio e Molise. In questi anni ha seguito il G8 di Genova e
le varie tappe del movimento no global fino al recente G8 di Evian. Ha
condotto inchieste sul sistema di intercettazione Echelon, sulla
sperimentazione abusiva dei farmaci e il processo a membri di Al Qaeda in
Belgio. Nel dicembre 2002 le e' stato assegnato il premio Citta' di Verona
per il reportage in Nigeria su Amina Lawal, la giovane donna condannata alla
lapidazione.
Miguel Benasayag, filosofo e psicoanalista, e' il compagno di Florence
Aubenas, la giornalista francese di "Liberation" rapita in Iraq alcune
settimane fa]

Florence Aubenas e' l'ostaggio dimenticato. La reporter di "Liberation" e'
scomparsa nel nulla la mattina del 5 gennaio. E' stata vista uscire dal suo
albergo di Bagdad insieme al suo interprete iracheno. Poi il vuoto. Non ci
sono testimonianze. Nessuna rivendicazione, nessun video.
"Come se fosse finita in un buco nero" racconta Miguel Benasayag, suo
compagno da anni. E' un filosofo-psicanalista molto conosciuto in Francia.
Ha pubblicato numerosi saggi, uno appena edito da Feltrinelli (L'epoca delle
passioni tristi). Un uomo che sta vivendo un dramma nel dramma: la sua prima
moglie era scomparsa in un altro buco nero, quello dei "desaparecidos" sotto
la dittatura argentina. Forse e' per questo che finora era rimasto in
disparte, senza mai concedere interviste.
- Anais Ginori: Adesso le cose sono cambiate?
- Miguel Benasayag: Quasi un mese senza uno straccio di notizia. Si parla
tanto delle elezioni in Iraq ma di Florence nessuno si e' accorto fuori
dalla Francia. Se posso aiutare a far crescere la mobilitazione
internazionale...
- Anais Ginori: Quando ha sentito Florence per l'ultima volta?
- Miguel Benasayag: Il giorno prima del suo rapimento. Era tranquilla,
contenta: stava lavorando bene.
- Anais Ginori: Nessuna minaccia, nessun segnale allarmante?
- Miguel Benasayag: Florence ha sempre preso rischi, e' stata in Ruanda, in
Kosovo. Penso che questo viaggio sia nato sotto una cattiva stella fin
dall'inizio: l'aereo per Bagdad aveva avuto un'avaria al motore e stava per
precipitare.
- Anais Ginori: Un rapimento a scopo criminale: lo sostiene la direzione di
"Liberation".
- Miguel Benasayag: E' una loro convinzione personale. Che io sappia non e'
supportata da nessun elemento obiettivo. Secondo me la verita' e' un' altra.
Florence dava fastidio. E in Iraq si stava occupando delle bande
anti-islamiche al soldo degli Usa.
- Anais Ginori: Quindi sospetta un sequestro politico?
- Miguel Benasayag: Quando ho voluto contattare i gruppi islamici in Iraq mi
e' stato risposto che non erano gli interlocutori giusti. Sono sicuro che
Florence non e' stata rapita perche' passava per caso su una strada
sbagliata.
- Anais Ginori: In Francia la mobilitazione per chiedere la sua liberazione
e' grande.
- Miguel Benasayag: Si', Florence era molto stimata per il lavoro che
faceva.
- Anais Ginori: Il governo invece rimane molto discreto.
- Miguel Benasayag: Spero che il silenzio ufficiale nasconda un'indagine
segreta sul campo. A me nessuno ha detto niente.
- Anais Ginori: Ha l'impressione che le autorita' siano meno impegnate di
quanto avvenne per gli altri due colleghi francesi sequestrati?
- Miguel Benasayag: Florence non era allineata con il governo francese. Il
giorno dopo la sua scomparsa, Chirac ha sconsigliato ai giornalisti di
andare a Bagdad. Come se lei ci fosse andata apposta per cercarsi guai.
- Anais Ginori: I giornalisti devono continuare ad andare in Iraq?
- Miguel Benasayag: Si', per fare un'informazione diversa da quella del
Pentagono. Ma comunque, ho tentato piu' volte di dissuadere Florence dal
partire. Avevo paura: la mia prima moglie e' scomparsa sotto la dittatura
argentina. Ora posso soltanto aspettare. Ancora una volta.

4. MATERIALI. PER UNA BIBLIOGRAFIA SULLA SHOAH (PARTE QUINDICESIMA)

KARL LOEWITH
Filosofo e storico della filosofia (Monaco 1897 - Heidelberg 1973), gia'
allievo di Husserl e Heidegger, costretto ad abbandonare la Germania nel
'36, dapprima e' in Giappone poi dal '41 negli Stati Uniti, torna in
Germania nel 1952. Opere di Karl Loewith: cfr. almeno Da Hegel a Nietzsche,
Einaudi, Torino; Significato e fine della storia, Il Saggiatore, Milano.
Opere su Karl Loewith: Orlando Franceschelli, Karl Löwith, Donzelli, Roma.

ERNST LUBITSCH
Straordinario regista cinematografico (Berlino 1892 - Hooywood 1947). Opere
di Ernst Lubitsch: segnaliamo almeno Vogliamo vivere (1942). Opere su Ernst
Lubitsch: Guido Fink, Ernst Lubitsch, Il Castoro Cinema, Milano 1997.

GYORGY LUKACS
Filosofo e saggista, nato a Budapest nel 1885, li' scompare nel 1971 dopo
aver attraversato da militante e da studioso (e con molti travagli
personali) le tragiche vicende del secolo. I molti aspetti discutibili
dell'opera (dell'operato, della ricerca) lukacsiana non tolgono valore al
suo contributo alla riflessione contemporanea. Opere di Gyorgy Lukacs:
fondamentali sono Storia e coscienza di classe, Sugar, Milano; La
distruzione della ragione, Einaudi, Torino; particolarmente rilevanti anche
la sua Estetica, Einaudi, Torino; e l'ultima grande ricerca: Ontologia
dell'essere sociale, 3 tomi, Editori Riuniti, Roma. Opere su Gyorgy Lukacs:
per una prima (e non simpatetica) introduzione cfr. Giuseppe Bedeschi,
Introduzione a Lukacs, Laterza, Bari. Tra i tanti libri a Lukacs dedicati
segnaliamo particolarmente Cesare Cases, Su Lukacs, Einaudi, Torino, che ha
anche il valore di una testimonianza.

EMILIO LUSSU
Nato ad Armungia (Cagliari) nel 1890, ufficiale della Brigata Sassari nella
guerra 1915-18 e piu' volte decorato al valor militare. Fondatore nel 1919
del Partito sardo d'Azione, deputato nel 1921 e nel 1924 prese parte alla
secessione aventiniana. Perseguitato dal fascismo e deportato, evase da
Lipari con Carlo Rosselli e Fausto Nitti, con i quali a Parigi fu tra i
fondatori di "Giustizia e Liberta'". Dirigente della Resistenza, ministro
nel governo Parri e nel primo governo De Gasperi, senatore per varie
legislature. Mori' a Roma nel 1975. Opere di Emilio Lussu: segnaliamo
particolarmente Marcia su Roma e dintorni (1932), e Un anno sull'Altipiano
(1938), editi dapprima in esilio a Parigi, ed in Italia solo dopo la
Liberazione da Einaudi. Opere su Emilio Lussu: Giuseppe Fiori, Il cavaliere
dei Rossomori, Einaudi, Torino 1985.

JOYCE LUSSU
Nata da una famiglia di intellettuali antifascisti, esule fin dall'infanzia,
compagna di Emilio Lussu, impegnata nella lotta contro il fascismo, per i
diritti dei popoli, nel movimento femminista ed in quello ambientalista.
Scrittrice, traduttrice. Una straordinaria figura di militante e di
intellettuale. E' scomparsa nel 1998. Opere di Joyce Lussu: segnaliamo
particolarmente Fronti e Frontiere, Laterza, Bari 1967. Opere su Joyce
Lussu: Silvia Ballestra, Joyce L., Baldini & Castoldi, Milano 1996.

GIORGIO LUTI
Nato a Firenze nel 1936, durante la Resistenza ha preso parte alla
liberazione di Firenze. Docente universitario, storico e studioso della
cultura e della letteraturas italiana. Opere di Giorgio Luti: segnaliamo
particolarmente L'utopia della pace nella Resistenza, Edizioni cultura della
pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1987.

ROSA LUXEMBURG
Rosa Luxemburg, 1871-1919, e' una delle piu' limpide figure del movimento
dei lavoratori e dell'impegno contro la guerra e contro l'autoritarismo.
Assassinata, il suo cadavere fu gettato in un canale e ripescato solo mesi
dopo; ci sono due epitaffi per lei scritti da Bertolt Brecht, che suonano
cosi': Epitaffio (1919): "Ora e' sparita anche la Rosa rossa, / non si sa
dov'e' sepolta. / Siccome ai poveri ha detto la verita' / i ricchi l'hanno
spedita nell'aldila'"; Epitaffio per Rosa Luxemburg (1948): "Qui giace
sepolta / Rosa Luxemburg / Un'ebrea polacca / Che combatte' in difesa dei
lavoratori tedeschi, / Uccisa / Dagli oppressori tedeschi. Oppressi, /
Seppellite la vostra discordia". Opere di Rosa Luxemburg: segnaliamo almeno
due fondamentali raccolte di scritti in italiano: Scritti scelti, Einaudi,
Torino; Scritti politici, Editori Riuniti, Roma (con una ampia, fondamentale
introduzione di Lelio Basso). Opere su Rosa Luxemburg: Lelio Basso (a cura
di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori, Milano; Paul Froelich, Rosa
Luxemburg, Rizzoli, Milano; P. J. Nettl, Rosa Luxemburg, Il Saggiatore;
Daniel Guerin, Rosa Luxemburg e la spontaneita' rivoluzionaria, Mursia,
Milano; AA. VV., Rosa Luxemburg e lo sviluppo del pensiero marxista,
Mazzotta, Milano.

AMOS LUZZATTO
Amos Luzzatto, medico e biblista, e' presidente dell'Unione delle comunita'
ebraiche italiane. Opere di Amos Luzzatto: segnaliamo almeno Una lettura
ebraica del Cantico dei cantici, Firenze 1997; Leggere il Midrash, Brescia
1999; Il posto degli ebrei, Torino 2003.

FABIO LUZZATTO
Fabio Luzzatto (1870-1954), illustre giurista, fu uno dei dodici docenti
universitari che rifiutarono il giuramento di fedeltà al fascismo. Opere su
Fabio Luzzatto: cfr. almeno Giorgio Boatti, Preferirei di no, Einaudi,
Torino 2001.

GADI LUZZATTO VOGHERA
Nato a Venezia nel 1963, studioso di storia ebraica, saggista. Opere di Gadi
Luzzatto Voghera: L'antisemitismo, Feltrinelli, Milano 1994.

5. DIRITTI. UN APPELLO DA PALERMO
[Da varie persone amiche palermitane riceviamo e diffondiamo]

Dal 31 gennaio al 4 febbraio di quest'anno la Commissione centrale per il
riconoscimento del diritto d'asilo ha intervistato a Palermo 300 migranti,
donne e uomini che, arrivati nel nostro paese, hanno richiesto l'asilo
politico. Tra pochi giorni si avranno i risultati di questi colloqui. In
caso di diniego queste persone, che aspettano da piu' di due anni di essere
regolarizzate in Italia, saranno rimpatriate nei paesi d'origine. Alcune di
queste donne nel nostro paese sono schiave, vittime della tratta, costrette
a prostituirsi. Alcune di queste donne provengono da paesi, come la Nigeria,
in cui e' applicata la Sharia, la legge islamica, che punisce con la morte
la prostituzione. In caso di espulsione e rimpatrio forzato, giunte in
Nigeria, queste ragazze potrebbero essere comprate dalle organizzazioni
criminali, reintrodotte nella tratta e costrette ad essere schiave per la
vita, ma se il governo nigeriano le identifica come prostitute, verranno
arrestate e condannate a morte. La loro vita e' nelle nostre mani: dobbiamo
aiutarle.
Impediamo le espulsioni.
Impediamo i rimpatri forzati in Nigeria.
Impediamo i rimpatri forzati nei paesi dove e' applicata la Sharia e non
sono tutelati i diritti umani.
Promuovono e aderiscono l'iniziativa: Collettivo Malefemmine, Forun delle
donne Prc, Societa' delle Estranee, Udi, Mezzocielo, Emily, Lady Oscar,
Associazione Santa Chiara, Comitato Antirazzista, Confederazione Cobas,
Ciss, Pellegrino della Terra, Laboratorio Zeta, Associazione DifferanZ,
Ics - Consorzio italiano di solidarieta', Asgi - Associazione studi
giuridici sull'immigrazione, Osservatorio regionale sull'immigrazione -
Cgil, Associazione antirazzista ed interetnica 3 febbraio, Uis - Uil, C. O.
Ask 191, Laboratorio di geopolitica - Universita' degli studi di Palermo.

6. RIFLESSIONE. LUCIA MIELLI: DIFFERENZE CULTURALI E DIRITTI UNIVERSALI
[Ringraziamo Lucia Mielli (per contatti: lucia.mielli at inwind.it) per questo
intervento. Lucia Mielli e' infermiera ed e' impegnata nel movimento per la
tassazione delle transazioni finanziarie (Tobin Tax) "Attac" ad Ascoli]

La questione aperta da Monica Lanfranco [con l'articolo Femministe, dove
siete?, nel n. 832 di questo foglio] sulle differenze culturali e il
femminismo apre riflessioni che necessariamente devono compiersi,
all'interno della sinistra, nel movimento femminista, ma anche in ogni luogo
sociale.
Apre un discorso specifico all'interno della grande galassia del femminismo,
ma lo svolgimento del suo pensiero, sull'esaltazione delle differenze
culturali e sul pericolo che si corre adottando acriticamente questa
visione, deve necessariamente essere riflettuto in altri ambiti sociali,
perche', e concordo pienamente con l'autrice dell'articolo, esiste realmente
un pericolo di incongruenza tra le lotte che portiamo avanti da decenni
nell'occidente, e non solo, e una visione mondiale sui diritti universali e
la loro globalizzazione.
Mi sono trovata a trattare ed approfondire la questione dei migranti nella
tesi, che ho presentato all'universita' di Tor Vergata per il conseguimento
della laurea in infermieristica, dal titolo "Mediazione culturale e
relazione di aiuto. Assistenza infermieristica in una societa' multietnica".
Un'esigenza di approfondimento perche' percepisco, all'interno della
sanita', una incongruenza tra un modello che tende sempre piu',
culturalmente, alla personalizzazione dell'assistenza, e la pratica.
Come posso io infermiere personalizzare l'assistenza al malato immigrato,
che non conosco nella sua visione della vita, nel suo modo di vivere la
malattia, la salute, la morte?
La mia prima idea, quando ho iniziato a lavorare sulla tesi, era quella che
fosse necessario dare molto risalto alle differenze culturali, come punto di
partenza della conoscenza dell'altro, per capire, comprendere, rispettare ed
agire. E mi sbagliavo. Non e' questo il punto di partenza, ma il punto di
arrivo.
E' il perseguimento dei diritti universali delle persone che deve essere
quello che ci fa muovere, nelle nostre analisi e ragionamenti, tanto in ogni
ambito della societa' quanto nelle nostre pratiche di movimento e nei nostri
percorsi di genere.
Ad esempio, se non parto dal diritto all'autodeterminazione e
all'inviolabilita' del corpo, questioni giustamente rivendicate dal
movimento femminista occidentale e non solo, che si trovano al centro del
dibattito italiano odierno, conseguenza della legge sulla procreazione
assistita, come mi posso porre io, da infermiera, di fronte ad una donna
infibulata o a bambine immigrate che rischiano, nel nostro paese, di subire
tale pratica perche' in uso nei loro paesi di origine, bambine che
frequentano le stesse scuole dei nostri figli, che ci vivono accanto (non
ancora insieme, ma appunto accanto)?
Forse devo trovare una giustificazione e un compromesso in nome delle
differenze culturali? Senza brutali e controproducenti stigmatizzazioni
rispetto a questa drammatica violazione del corpo delle donne, che ha
gravissime conseguenze sulla loro salute, fisica e mentale, ma senza neppure
esitazioni, ci troviamo di fronte ad una battaglia culturale, oltre che
legale, che non puo' essere distorta in nome delle differenze culturali, ma
deve avere come punto di riferimento i diritti universali delle persone, gli
stessi diritti per i quali ci battiamo da anni qui in occidente, e non solo,
e che pretendiamo e rivendichiamo per noi stesse, capaci di costruire
pensieri e pratiche che si pongano questo obiettivo ovunque, in ogni parte
del mondo.
Il differenzialismo come punto di partenza nelle relazioni, soggettive e
collettive, rappresenta un muro che rischia di nascondere la verita', che
cela il vero obiettivo, e lo nasconde anche ai nostri occhi, di noi che
sosteniamo la globalizzazione dei diritti. Espressioni diverse nel
manifestarlo, ma ogni essere umano sulla terra spera in una vita dignitosa,
nel poter decidere della propria esistenza, corpo e mente, senza coercizioni
di sorta.
*
In un ospedale, il paziente immigrato, malgrado il suo diverso modo di
esprimere i propri bisogni, ha le stesse esigenze ed aspirazioni di
qualsiasi altro malato: essere accolto, considerato, essere curato e vedere
risolto il suo problema, essere percepito come persona, unica e diversa
dalle altre, che merita una presa in carico totale, tanto delle sue esigenze
fisiche che psicologiche. Prima viene l'essere umano e poi parliamo di
diversita' culturali, come strumento per un'azione piu' efficace; come
sostiene Monica Lanfranco, prima le donne siano libere, ovunque, poi
parliamo di diversita' culturale.
Chi sostiene il fondamentalismo perche' si oppone al pensiero unico delle
superpotenze, a mio avviso compie un atto grave, pratica e fa vivere la
guerra culturale e di civilta', abbandonando al loro destino di negazione
dei diritti milioni di persone, ed entra, attuandolo, nel meccanismo stesso
perpetuato dalle superpotenze. E' una miope e superficiale visione
etnocentrica, molto vicina al razzismo perche' fa della cultura altra
rispetto alla propria, il punto di partenza per costruire le proprie visioni
e i propri giudizi di valore. E' una visione legata alle soggettive,
egoistiche e ristrette dinamiche interpretative della realta', dove l'unico
"male" per l'umanita' e' incarnato nella politica e nella visione
occidentale, ed in nome della sua sconfitta si e' disposti, piu' o meno
consapevolmente, a sacrificare l'idea di una reale globalizzazione dei
diritti, senza compiere uno sforzo per comprendere cosa sta succedendo agli
altri, come vivono gli altri, cosa pensano gli altri, persone in carne ed
ossa, tutte uniche ed irripetibili, tutte degne, come noi, di
autodeterminarsi. Quello che e' importante per noi, ha una valenza
sostanziale, oltre che formale, anche per gli altri, o no?
Entrare invece veramente nella logica dei diritti universali ci fornisce gli
strumenti interpretativi per comprendere tutte le dinamiche, politiche,
religiose e culturali che agiscono per negarli, che vogliono imporre un solo
modo di esistere, controllando i corpi, i modi di vivere, il vestire, il
ragionare.
*
E' una riflessione che viene sollecitata anche dal drammatico rapimento di
Giuliana Sgrena, una pacifista, laica e antifondamentalista, una
giornalista, che ha scelto di vivere la sua professione insieme agli ultimi,
in Afghanistan, Somalia, Algeria, Iraq, che non si e' mai fermata alla
superficie delle cose, che ha sempre tentato di capire, dalle donne, dai
bambini, dai senza voce. Una donna che crede nell'autodeterminazione dei
popoli, ovunque siano, contro ogni tipo di oppressione.

7. RIFLESSIONE. ILEANA MONTINI: DONNE, VIOLENZA, SALUTE MENTALE
[Ringraziamo Ileana Montini (per contatti: ileana.montini at tin.it) per questo
intervento. Ileana Montini, prestigiosa intellettuale femminista, gia'
insegnante, e' psicologa e psicoterapeuta. Nata nel 1940 a Pola da genitori
romagnoli, studi a Ravenna e all'Universita' di Urbino, presso la prima
scuola di giornalismo in Italia e poi sociologia; giornalista per
"L'Avvenire d'Italia" diretto da Raniero La Valle; di forte impegno
politico, morale, intellettuale; ha collaborato a, e fatto parte di, varie
redazioni di periodici: della rivista di ricerca e studio del Movimento
Femminile DC, insieme a Tina Anselmi, a Lidia Menapace, a Rosa Russo
Jervolino, a Paola Gaiotti; di "Per la lotta" del Circolo "Jacques Maritain"
di Rimini; della "Nuova Ecologia"; della redazione della rivista "Jesus
Charitas" della "famiglia dei piccoli fratelli e delle piccole sorelle"
insieme a fratel Carlo Carretto; del quotidiano "Il manifesto"; ha
collaborato anche, tra l'altro, con la rivista "Testimonianze" diretta da
padre Ernesto Balducci, a riviste femministe come "Reti", "Lapis", e alla
rivista di pedagogia "Ecole"; attualmente collabora al "Paese delle donne".
Ha partecipato al dissenso cattolico nelle Comunita' di Base; e preso parte
ad alcune delle piu' nitide esperienze di impegno non solo genericamente
politico ma gramscianamente intellettuale e morale della sinistra critica in
Italia. Il suo primo libro e' stato La bambola rotta. Famiglia, chiesa,
scuola nella formazione delle identita' maschile e femminile (Bertani,
Verona 1975), cui ha fatto seguito Parlare con Dacia Maraini (Bertani,
Verona). Nel 1978 e' uscito, presso Ottaviano, Comunione e liberazione nella
cultura della disperazione. Nel 1992, edito dal Cite lombardo, e' uscito un
libro che racconta un'esperienza per la prevenzione dei drop-out di cui ha
redatto il progetto e  curato la supervisione delle operatrici: titolo: "...
ho qualche cosa anch'io di bello: affezionatrice di ogni cosa". Recentemente
ha scritto la prefazione del libro di Nicoletta Crocella, Attraverso il
silenzio (Stelle cadenti, Bassano (Vt) 2002) che racconta l'esperienza del
Laboratorio psicopedagogico delle differenze di Brescia, luogo di formazione
psicopedagogica delle insegnanti e delle donne che operano nelle relazioni
d'aiuto, laboratorio nato a Brescia da un progetto di Ileana Montini e con
alcune donne alla fine degli anni ottanta, preceduto dalla fondazione,
insieme ad altre donne, della "Universita' delle donne Simone de Beauvoir".
Su Ileana Montini, la sua opera, la sua pratica, la sua riflessione, hanno
scritto pagine intense e illuminanti, anche di calda amicizia, Lidia
Menapace e Rossana Rossanda]

Mi sono appena arrivati gli atti della giornata di studio "La donna tra
bisogni e desideri", voluta a Brescia dalla Commissione Pari Opportunita'
della Provincia.
La relatrice di maggior spicco e' stata senz'altro Elvira Reale,
responsabile  del Centro prevenzione salute mentale donna della Asl di
Napoli. Elvira Reale e' stata una pioniera in questo campo, con una
originalita' che ha fatto scuola. In questa relazione riesce a mettere in
evidenza alcune storture di fondo della medicina e della psichiatria che
permangono nonostante la crisi del concetto di scienza oggettiva e neutrale.
La prima cosa e' il permanere del pregiudizio che vuole l'osservazione del
corpo maschile come valida anche per il corpo femminile. In realta' non vi
e' un solo cuore, ma vi e' un cuore maschile ed uno femminile, vi sono
arterie maschili e femminili, ecc.
Un secondo pregiudizio consiste nel considerare la salute della donna
essenzialmente riproduttiva, e la salute maschile essenzialmente produttiva.
Ne discendono conseguenze nella valutazione diagnostica e nella cura. La
maternita' non e' solo un atto di procreazione, ma e' anche lavoro di cura
al di la' della gravidanza e del post-partum.
Invece il lavoro delle donne sfugge alla valutazione medica e non e'
inserito nella formazione dei processi morbosi. Nelle Asl, nei consultori
ecc., si chiedono quali sono gli specifici meccanismi di stress che le donne
con doppio lavoro subiscono? E ancora: qual e' il carico  fisico e mentale
nel lavoro di cura?
Nella valutazione diagnostica, osserva Elvira Reale, "eventi frequenti della
vita di una donna, come la violenza sessuale e il maltrattamento in
famiglia, non sono oggi incorporati".
*
L'Organizzazione mondiale della sanita' offre cifre allarmanti quando indica
i tipi e le percentuali di patologie che si possono correlare con abusi,
violenze, molestie e maltrattamenti. Per affrontare questi pregiudizi
occorre, nella clinica, una metodologia di approccio corretto al problema
della differenza sessuale.
Invece a livello diagnostico vi e' quasi sempre una tendenza a
sopravvalutare la patologia depressiva, tanto che ad essa vengono ricondotte
patologie fisiche come quelle cardiovascolari o neurologiche.
La Reale riporta un dato dell'Oms: 'Depressione, ansia, sintomi
psicosomatici, sono correlati in modo significativo alla interconnessione di
fattori di rischio quali i ruoli sessuali con le differenze di genere, gli
eventi stressanti, le negative esperienze di vita. Gli specifici fattori di
rischio per le comuni patologie psichiche che affliggono in misura maggiore
le donne includono la violenza sessuale, lo svantaggio socioeconomico e
l'incessante lavoro di cura per gli altri. Le pressioni create dai loro
multipli ruoli, la discriminazione di genere e fattori associati  di
sovraccarico, poverta', disoccupazione, violenza domestica e violenza
sessuale, sono responsabili dello scarso livello di salute mentale nelle
donne".
*
Nella maggior parte degli stati europei  sono assenti programmi di ricerca
governativi finalizzati alla salute delle donne. Semmai si finanziano le
ricerche sui fattori biologici e genetici con il sostegno delle industrie
farmaceutiche. Le ricerche sui fattori psicosociali non hanno quasi mai i
giusti finanziamenti. E comunque le ricerche non sono indirizzate alla
interconnessione dei vari fattori, quali  lo stato matrimoniale con la
presenza di figli piccoli, la mancanza di confidenza con il partner, la
mancanza di supporti sociali e i modelli di ruolo ed educazionali orientati,
per esempio, alla dipendenza e bassa stima, la svalutazione sociale e  i
maltrattamenti.
In uno studio apparso su internet (Le violenze come fattori di rischio per
la salute mentale) Elvira Reale insiste sulla violenza (fisica e
psicologica) come fattore di rischio per la salute mentale della donna. E
come questo fattore di rischio "non e' separato da alcuni aspetti della vita
della donna: nasce a sua volta dal particolare ruolo che le donne a
tutt'oggi svolgono in modo esclusivo o preminente rispetto al maschio, e
cioe' il lavoro di cura".
Inoltre ogni tipo di violenza induce un vissuto di esposizione, inermita',
disvalore, deteriora l'immagine di se', induce sensi di incapacita' (il non
aver saputo agire, contrapporsi) e di inferiorita' rispetto alle altre donne
percepite come "rispettate" e indenni da violenza. In realta' spesso circola
ancora tra gli operatori l'idea che la violenza uomo-donna tra le pareti
domestiche e' causata soltanto da dinamiche intrapsichiche, quanto a dire le
problematiche (pur reali) che hanno origine nella biografia di uomini e
donne.

8. RIFLESSIONE. AMELIA ALBERTI: L'OBESO E IL CADAVERE
[Ringraziamo Amelia Alberti (per contatti: lambient at tiscalinet.it) per
averci messo a disposizione questo suo intervento - aspro e tagliente, come
e' nel suo stile che ad un tempo trattiene e rivela la commozione e il
pathos in forme voltairiane e brechtiane - diffuso nei giorni immediatamente
successivi la tragedia dello tsunami come parte di una lettera con la quale
sollecitava a inviare un contributo in denaro a sostegno delle vittime
superstiti attraverso organizzazioni di provata serieta'. Amelia Alberti e'
presidente del circolo verbano di Legambiente, docente, di formazione tanto
scientifica quanto umanistica, impegnata in iniziative di pace e di
solidarieta']

La globalizzazione ci spinge a varcare i confini e ad attraversare gli
oceani.
Spesso, al di la' degli oceani, andiamo a ricostruire lo stesso ambiente che
ci siamo lasciati alle spalle lungo le riviere italiane devastate dal
cemento e dalle piscine in riva al mare, e non ci accorgiamo di quanto
strida il nostro obeso benessere in confronto con l'indigenza delle
popolazioni locali.
Ci confortiamo con la convinzione che, portando con noi l'uso indefesso di
detersivi, plastica e carta igienica, contribuiamo al riscatto sociale di
quelle povere genti.
Il maremoto, che ha scombussolato le regole del gioco, ci ha posto di fronte
alla nostra fragilita' (un paio di scossette e la nostra boria va a farsi
benedire in due giorni).
Dai dati che arrivano durante le nostre imperterrite cene, pare comunque che
la fragilita' delle popolazioni locali si sia dimostrata, una volta ancora,
di molto superiore a quella dei vacanzieri: i loro cadaveri, infatti, sono
un numero spaventoso.

9. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: L'AMBASCIATORE
[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per
questo intervento. Giulio Vittorangeli e' uno dei fondamentali collaboratori
di questo notiziario; nato a Tuscania (Vt) il 18 dicembre 1953, impegnato da
sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di
solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di
condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione
Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di
studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta'
concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione
di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra
soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha
svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e
riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti
interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui
promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra
altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre
1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara,
la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo,
Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996;
Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La
solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I
movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto
politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria,
una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra
neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della
solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno,
luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio
2001; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003. Per
anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della
solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha
cessato le pubblicazioni nel 1997). Cura il notiziario "Quelli che
solidarieta'"]

Siamo qui, veramente senza parole davanti al rapimento di Giuliana Sgrena e
prima ancora della giornalista francese, Florence Aubenas. Essenzialmente
due pacifiste.
Ha scritto lucidamente, come sempre, Eduardo Galeano: "L'abbiamo visto che
il terrore genera altro terrore e la cecita' altra cecita'. L'Iraq, un paese
invaso, occupato, smembrato, si e' trasformato in un tragico manicomio
condannato all'oscurita'. Ci sara' un'ultima scintilla di umanita' e di
saggezza? Che arde nella notte, come la fiamma di un fiammifero nella mano
di qualcuno? Che illumina il volto di Giuliana, dicendole: non sei sola,
dicendole: l'incubo finira', scongiurandola: non crollare".
*
Il "manicomio" iracheno sembra sfuggire anche al controllo imposto
dall'amministrazione Bush ed in particolare all'ambasciatore a Baghdad: John
Dimitri Negroponte. Questo personaggio e' stato confermato all'unanimita'
dalla commissione esteri del senato americano come primo ambasciatore
statunitense in Iraq dopo la caduta di Saddam Hussein. Democratici e
repubblicani hanno salutato il valore di questo diplomatico che, nell'ombra,
come esperto in "guerra sporca", organizzo', finanzio' e addestro' il
famigerato "Battaglione 136" in Honduras. Cattolico, nato in Gran Bretagna
da genitori greci, John Negroponte (laureato a Yale) ha cominciato la sua
carriera come consigliere politico all'ambasciata Usa a Saigon, posizione
che spesso serviva come copertura per gli agenti della Cia. Estremamente
conservatore, falco pragmatico e interventista, e' stato dapprima ufficiale
in Vietnam. Dal 1969 al 1971 e' stato al seguito di Henry Kissinger (un
criminale che vanta il premio Nobel per la pace) ai negoziati di Parigi con
il governo nordvietnamita.
Nel 1981 il presidente Ronald Reagan gli ha affidato l'ambasciata americana
in Honduras. Nel gennaio del 1983 il presidente statunitense aveva
autorizzato un ampliamento delle attivita' operative del Consiglio di
Sicurezza Nazionale (Nsc). Da quel momento e' nato il "Progetto Democrazia",
combinando la diplomazia pubblica con operazioni coperte ultrasegrete. Cosi'
il nuovo ambasciatore a Tegucigalpa ha portato avanti la strategia segreta
dell'amministrazione Usa contro il governo sandinista del Nicaragua;
trasformando l'Honduras in una portaerei nordamericana. Secondo alcune
accuse, rinnovate tre anni fa (in particolare dal "New York Times") in
occasione della conferma del suo seggio all'Onu, con Negroponte le
violazioni dei diritti umani in Honduras erano diventate sistematiche.
L'uomo che Bush ha scelto per succedere a Paul Bremer (come proconsole
dell'impero in Iraq) avrebbe tra l'altro autorizzato la costruzione della
base di Al Aguacate (sempre in Honduras), dove militari statunitensi, negli
anni ottanta, addestravano i terroristi contras antisandinisti del Nicaragua
ed i peggiori torturatori latinoamericani, in particolare argentini e
cileni; e gli indigeni locali servivano da cavie a questa congrega
internazionale di sadici. Secondo il libro Guerrieri segreti, di Steven
Emerson, Negroponte ha appoggiato le azioni segrete del tenente colonnello
James Longhofer nella guerra civile in Salvador e contro il Nicaragua
attraverso l'azione di minare i porti, la raccolta di informazioni aeree
elettroniche, atti di sabotaggio contro installazioni civili, ecc. Infine,
secondo "Newsweek", il direttore della Cia, Casey, organizzava le azioni e
Negroponte le realizzava tanto che la Contra lo chiamava "The Boss". Questa
e' la sostanza di cui e' fatta la "democrazia" esportata in Iraq.
Ed ancora, riportiamo le parole di Luis Sepulveda: "Nell'agosto del 2001,
degli scavi dimostrarono il valore e l'efficienza di Negroponte: venne
rinvenuta una fossa con i cadaveri di 185 persone, compresi due
nordamericani torturati e assassinati col pieno assenso di Sua Eccellenza,
l'ambasciatore degli Stati Uniti d'America. Nel maggio del 1982 una suora,
Leticia Bordes, si avvicino' all'ambasciata nordamericana a Tegucigalpa per
avere notizie della vita di 32 monache salvadoregne che si erano rifugiate
in Honduras dopo l'assassinio del vescovo Oscar Romero. Ebbe un colloquio
con Negroponte, e questi disse di non saperne nulla, ma anni dopo Jack
Binns, diplomatico nordamericano, assicuro' che le monache erano state
sequestrate, violentate, torturate e lanciate vive dagli elicotteri col
pieno assenso di John Negroponte. Si puo' forse dubitare di cio' che attende
gli iracheni con questo sinistro personaggio come plenipotenziario
dell'impero? Si puo' forse dubitare che per i vari Rumsfeld, Wolfowitz,
Rice, Cheney e Bush la tortura non acquista la categoria di ideale?" (da "Il
Manifesto" del 16 maggio 2004: Gli aguzzini di Abu Ghraib, eredi di una
lunga tradizione).
Per finire, come non ricordare in questo campionario degli anni ottanta
degli "esportatori della democrazia" in Centroamerica, l'altro "eroe
americano" celebrato da Reagan, il capitano Oliver North, che non esito' a
organizzare la vendita di armi all'Iran mentre i pasdaran dell'ayatollah
Komeini tenevano in ostaggio i funzionari dell'ambasciata Usa a Teheran, per
finanziare e formare, con quel denaro, i peggiori criminali che il
continente americano abbia conosciuto: la Contra nicaraguense, i cui
"combattenti per la liberta'", come li chiamava Reagan, erano soliti
obbligare i genitori dei ragazzi sandinisti a farli a pezzi a colpi di
machete, vivi e in presenza di tutta la famiglia.

10. STRUMENTI. IL "COS IN RETE" DI FEBBRAIO
[Dall'Associazione nazionale amici di Aldo Capitini (per contatti:
l.mencaroni at libero.it) riceviamo e volentieri diffondiamo]

Vi segnaliamo l'ultimo aggiornamento di febbraio 2005 del "Cos in rete",
www.cosinrete.it.
Nello spirito dei Cos (Centri di orientamento sociale) di Capitini, le
nostre e le vostre risposte e osservazioni a quello che scrive la stampa sui
temi capitiniani: nonviolenza, difesa della pace, liberalsocialismo,
partecipazione al potere di tutti, controllo dal basso, religione aperta,
educazione aperta, antifascismo, tra cui: Nonviolenza e marketing; Lo
sciopero di oggi e quello di domani; Sani il piu' a lungo possibile; Imperi
passati e presenti; Gesu' liberista; Democrazia da inventare; Ulivo e
ginestra; Capitini e i cattolici in Italia; Eravate stupidi; Le basi della
dittatura; Gli ipocriti e i ciechi; Il Pantheon della liberta'; Dove finisce
l'Europa e la pieta'; Solare e mafia;  ecc.
Piu' scritti di e su Capitini utili secondo noi alla riflessione attuale
sugli stessi temi.
Ricordiamo che sui temi capitiniani sopra citati la partecipazione al "Cos
in rete" e' libera e aperta a tutti mandando i contributi a
capitini at tiscali.it, come pure la discussione nel sito blog:
http://cos.splinder.com
Ricordiamo che il sito con scritti di e su Aldo Capitini ha cambiato
indirizzo in www.aldocapitini.it

11. APPELLI. UNA LEGGE DELEGA PER I MACELLATORI DI CARNE UMANA
[Dall'agenzia di stampa "Adista" (www.adista.it) n. 9 del 5 febbraio 2005
riprendiamo il seguente articolo]

Niente piu' libera informazione sulla guerra. E' quello che prevede la
delega al Governo per la revisione delle leggi penali militari di pace e di
guerra, gia' votata al Senato lo scorso 18 novembre e nelle prossime
settimane in discussione alla Camera: se il provvedimento venisse approvato
senza ulteriori modifiche il codice militare di guerra verrebbe applicato
anche alle cosiddette "missioni di pace" ed esteso addirittura a qualsiasi
cittadino italiano che si trovi "nel territorio estero sottoposto al
controllo delle Forze armate italiane nell'ambito di una operazione
militare", giornalisti ed operatori umanitari compresi.
"Il progetto ha due obiettivi di fondo", spiega il magistrato Domenico
Gallo, del Coordinamento nazionale giuristi democratici
(www.giuristidemocratici.it): "ridurre l'area di controllo di legalita'
affidata alla giurisdizione ordinaria, incrementando la competenza della
giurisdizione militare attraverso la 'militarizzazione' dei reati comuni
commessi da militari; abbassare la soglia fra pace e guerra, riesumando le
leggi di guerra e rendendole pienamente utilizzabili". Diventerebbero cosi'
di competenza della giurisdizione militare moltissimi reati, anche comuni,
purche' commessi da militari. Inoltre, riducendo la distinzione fra "stato
di pace" e "stato di guerra", verrebbero gradualmente introdotte leggi di
guerra anche in tempo di pace, senza cioe' che il Parlamento deliberi e il
presidente della Repubblica dichiari lo "stato di guerra", come la
Costituzione vorrebbe; sarebbe sufficiente - spiega ancora Gallo - che il
Governo, con un semplice Decreto e senza alcuna approvazione del Parlamento,
proclamasse "l'instaurarsi di un non meglio determinato tempo di guerra".
Sono quattro, in particolare, gli articoli del codice militare di guerra che
rischiano di imbavagliare definitivamente la libera informazione, tappando
la bocca ai militari e di fatto trasformando i pochi giornalisti ancora non
embedded in addetti stampa delle Forze armate, sotto la minaccia di pesanti
pene detentive: l'articolo 72 ("procacciamento di notizie riservate"), 73
("diffusione di notizie riservate"), 74 ("agevolazione colposa") e 77
("divulgazione di false notizie sull'ordine pubblico o su altre cose di
interesse pubblico") che prevedono la reclusione da 2 a 10 anni (in un
carcere militare) per "chiunque si procuri notizie concernenti la forza, la
preparazione o la difesa militare, la dislocazione o i movimenti delle forze
armate, il loro stato sanitario, la disciplina, le operazioni militari e
ogni altra notizia che, essendo stata negata, ha tuttavia carattere
riservato"; la pena potra' poi aumentare fino a 20 anni di reclusione
qualora le notizie venissero divulgate o pubblicate. Nessuna notizia,
pertanto - a cominciare da quelle riguardanti per esempio le nostre Forze
armate che operano a Nassiyria - senza il via libera da parte dei comandi
militari.
"Con l'approvazione di questa norma liberticida - commenta Fabrizio
Battistelli, presidente di "Archivio disarmo" - diventa a rischio il
mestiere dei giornalisti, che gia' devono affrontare conflitti sanguinosi e
privi di steccati fra combattenti e non combattenti. Quale sara' il
giornalista, inviato sul campo a dare conto di operazioni di guerra (o di
pace, che ormai presentano poca o nessuna differenza con le prime), il quale
dovra' guardarsi non soltanto da attentati, rapimenti, scontri a fuoco, ma
anche dal pericolo di finire sotto inchiesta per aver descritto un'azione
militare? Chi decidera' che una notizia, anche non classificata come
segreta, puo' avere 'carattere riservato'? Di questo passo, persino riferire
dello stato di salute degli uomini e delle donne del contingente potra'
configurare un reato".
E Claudio De Fiores, docente di Diritto costituzionale a Napoli, giudica a
rischio anche gli operatori internazionali, che potrebbero essere accusati
di "somministrazione al nemico di provvigioni" (articolo 248 del Codice
militare di guerra) e condannati ad un periodo di reclusione "non inferiore
a 5 anni": l'applicazione dell'articolo non e' automatica, anche perche'
"bisognerebbe distinguere tra il legittimo soccorso alle popolazioni civili
prestato dagli operatori umanitari dalla loro volonta' di sostenere soggetti
belligeranti". Tuttavia "nelle nuove zone di guerra e' spesso molto
difficile provare la differenza tra un civile e un belligerante; se tale
normativa fosse realmente applicata, l'ordinamento militare si troverebbe
nelle condizioni di esercitare un pervasivo potere di controllo sulle
attivita' dei civili, ma di riflesso anche su quelle dei movimenti pacifisti
in Italia".
Contro la legge delega, Rete Lilliput e Articolo 11 (da oltre cento giorni
in presidio permanente davanti a Palazzo Chigi per chiedere il ritiro delle
truppe italiane dall'Iraq) hanno lanciato una petizione a cui hanno aderito,
fra gli altri, Arci, Associazione obiettori nonviolenti, Beati i costruttori
di pace, Legambiente, Missionari comboniani, PeaceLink, Rete Radie' Resch,
Un ponte per... "L'obiettivo di questa revisione dei Codici penali
militari - si legge nel documento (nel sito: www.ostinatiperlapace.org) -
e', di fatto, quello di offrire un contributo normativo alla costruzione del
nuovo ordine (o disordine) globale e alle teorie della guerra permanente.
Normare l'emergenza bellica per normalizzare la guerra. Inoltre e' alto il
rischio di una definitiva decostituzionalizzazione del concetto di 'tempo di
pace' e 'tempo di guerra', sino a una integrale perdita di senso di quanto
stabilito dall'articolo 11, il cui valore quale principio fondamentale della
nostra Costituzione e' stato gia' pesantemente messo in discussione da altri
atti posti in essere da questo e da altri governi".
Lo scorso 28 gennaio si e' svolta un'azione di pressione davanti alla
redazione romana del "Corriere della Sera", per sollecitare il principale
quotidiano italiano ad occuparsi della questione. E "Azione nonviolenta",
mensile del movimento nonviolento, ha chiesto un'audizione alle commissioni
Esteri e Giustizia di Montecitorio.

12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

13. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it, sudest at iol.it,
paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 835 del 9 febbraio 2005

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