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REPORT N. 91 di Rosarita Catani

ATTACCO AMERICANO, LA RESISTENZA COLPISCE POZZI DI PETROLIO

 

BAGHDAD, 13 giugno 2003 – Un pozzo di petrolio iracheno e’ stato colpito dalla resistenza, dopo che ha contrattaccato all’offensiva Americana. Le truppe d’occupazione stanno procedendo a numerosi raid contro gli oppositori del regime d’occupazione.

Un corrispondente dell’agenzia Press France dichiara di aver visto due incendi separati sul pozzo di petrolio, situato a 15 chilometri dalla raffineria della citta’ di Baiji. La strada tra Baghdad e la citta’ di Mosul è stata chiusa.

Elicotteri USA continuano a sorvolare intorno ai pozzi. Secondo testimoni i pozzi, sono stati colpiti dalla resistenza irachena intorno alle 8,45. “E’ anche un modo per fermare gli americani di portare il petrolio fino alla Turchia”, dichiara Khidr Aziz.

Giovedi’ l’amministrazione statunitense ha stilato alcuni contratti con compagnie petrolifere per esportare il petrolio greggio, passando dal porto di Ceyhan in Turchia. Quattro sono le compagnie petrolifere europee. Una ditta Turca e la compagnia statunitense Chevron Texano hanno firmato un contratto per comprare 9,5 milioni di barili di petrolio iracheno, ritornato sul mercato.

Gli iracheni si sentono esclusi dalle decisioni americane, che esportano il petrolio iracheno nei paesi a loro piu’ convenienti, stipulando contratti con compagnie petrolifere decise solo dall’amministrazione occupante. In ogni caso, la resistenza irachena appare in crescente aumento, anche se l’amministrazione statunitense cerca di sminuire dichiarando che “la resistenza e’ organizzata, ma sono solo dei piccoli gruppi. Le forze di coalizione hanno subito delle aggressioni da gruppi individuali che si oppongono alla nostra missione”.

Bremer afferma che la resistenza e’ venuta fuori dopo che si e’ deciso di sciogliere il partito Baath, formato da militanti Fedayeen ed alcune rimanenze della Guardia Repubblicana. Secondo testimonianze locali, invece, la resistenza si sta riorganizzando, poiché, il popolo iracheno non puo’ sopportare piu’ a lungo quest’occupazione delle forze di coalizione.

Siccome la violenza continua, Washington da' il benvenuto alla decisione di Madrid, di contribuire inviando 1,110 soldati.

Il disagio degli iracheni e’ molto evidente. Dopo due mesi d’occupazione le forze di coalizione non sono riuscite a garantire alla popolazione nessun servizio. Il caos regna sovrano, i cittadini non hanno un’occupazione e l’amministrazione statunitense ha causato nuova disoccupazione con la decisione di sciogliere le forze armate ed il Ministero della difesa. L’Iraq non ha ancora un Governo, che come chiede il popolo, rispecchi la loro cultura e la loro societa’.

Tra i numerosi problemi, vi e’ anche quello che nel paese incombe ancora il pericolo delle mine inesplose e sparse sul territorio. Un ragazzo di vent’anni, Nafis Tahir, racconta cosa gli è successo due mesi fa: “Ero nel bel mezzo della preparazione degli esami per la fine della scuola, quando sono andato a trovare i miei genitori che vivono in un villaggio a 40 chilometri da Kirkuk. Quando sono arrivato, mio zio mi chiama dalla casa di fronte, dicendomi di unirmi a loro per bere il tè. Mentre stavo camminando ho notato uno strano oggetto per terra. Non ho realizzato cosa fosse, poi…..non so piu’ nulla, i miei genitori mi hanno detto che ero in un mare di sangue, ma non ricordo nulla”. Naif, a causa dell’esplosione ha avuto la gamba sinistra ed il piede destro amputati. Il ragazzo, fortunatamente non si e’ scoraggiato per questo, e rimane determinato nel voler ritornare a scuola. “So che non e’ piu’ la stessa cosa, ma voglio finire l’anno scolastico. Sto lavorando duro per questo. Forse non riusciro’ a trovare un lavoro e magari non riusciro’ a sposarmi, pero’ voglio finire i miei studi”, dichiara Naif.

Le organizzazioni non governative (ONG) presenti sul territorio sostengono che fino ad oggi sono 470 le vittime causate dalle mine.

Una di queste organizzazioni UNOPS MAP, sta provvedendo a fare una ricerca per vedere dove esattamente sono dislocate queste mine. “La nostra ricerca sulla striscia che si estende all’interno dell’Iraq fino al confine con l’Iran, ha mostrato che ogni cinque chilometri di terra è infestato dalle mine  Questo è estremamente pericoloso, specialmente per gli iracheni rifugiatisi in Iran, che stanno usando strade alternative per entrare nel paese”.

Il problema dei profughi iracheni, sembra che stia diventando un dramma come quello per i profughi palestinesi, poiché le forze di coalizione impediscono loro di rientrare in Patria.

Perche’, quindi, meravigliarsi se la resistenza irachena si riorganizza?

L’opposizione al regime d’occupazione è espressa non dai pochi membri filo-Saddam, ma da un popolo che non chiede altro che il riconoscimento della propria identita’.

 

Rosarita Catani e' una reporter indipendente che invia i suoi resoconti da Amman, Giordania, raccontando da un punto dosservazione privilegiato cosa accade in Iraq e in medio oriente. I suoi report - pubblicati regolarmente sul sito www.peacelink.it -  sono utilizzabili liberamente previa citazione della fonte e dell'autrice].

 

 



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