Riflessioni su missione in Afghanistan




Carissime, carissimi,

mi sono letta con quanta attenzione fosse possibile il dibattito parlamentare che ha condotto al voto di ieri. Il motivo di questo mio accanimento non era la curiosità di sapere le motivazioni dei singoli gruppi e singoli/e parlamentari, bensì di capire che cosa si era votato esattamente.

A qualcuno/a saranno arrivate le mie riflessioni di qualche giorno fa, dove sottolineavo che, per me, una delle questioni rilevanti da porre sul piano delle trattative sarebbe dovuta essere, più che un sì o un no alla missione in quanto tale, la possibilità di emendare quella parte del decreto che ancora una volta, come avvenuto dal 2002, applicava a questa missione, come a quella in Iraq, il codice militare di guerra e non quello di pace.

Ritenevo questa possibilità di emendamento dirimente per almeno due ordini di motivi: qualsiasi osservatorio parlamentare sulla situazione in Afghanistan avrebbe avuto minato sin dall'inizio il suo lavoro se, in applicazione del codice di guerra, le informazioni provenienti dal paese in cui opera la missione fossero state verificate e filtrate dai comandi militari ai fini di non "compromettere" le operazioni sul campo. Questo e' stato vero sino ad oggi e sappiamo sia per l'Iraq che per l'Afghanistan che cosa ha comportato in materia di deformazione e insufficienza di informazione; l'applicazione del codice militare di pace implica che i nostri militari debbano rendere conto degli atti da loro commessi, compresi eventuali ferimenti e uccisioni, presso il tribunale penale civile come atti analoghi a violenze, omicidi colposi o dolosi etc.etc. Non sono una giurista, per quanto mi sia appassionata a questi temi negli ultimi tre anni, quindi perdonate il linguaggio impreciso, ma sta di fatto che, date queste modalità, e la possibilità di raccogliere informazioni non filtrate, ciò renderà sicuramente più difficile impiegare le truppe italiane in operazioni coordinate dalla NATO in appoggio a quelle di Enduring Freedom. Per essere piu' espliciti: come utilizzare queste truppe nelle operazioni offensive previste nel Sud del Paese visto che possono reagire solo per legittima difesa pena risponderne individualmente davanti a un giudice civile? Di conseguenza, questo risultato ottenuto alla Camera effettivamente modifica la natura della nostra missione e implica che sia reso difficile agire come se la natura della missione non fosse cambiata. Sicuramente apre contraddizioni forti, quelle che possono portare, nel giro dei prossimi mesi, a rivedere la nostra possibilità di partecipazione in uno scenario di guerra. Sicuramente, va detto, questa contraddizione si configura come una situazione nell'immediato molto più pericolosa per i militari italini la' presenti.

Intendiamoci: attualmente è ancora in vigore il decreto legge n. 224 del 5/7/2006, firmato dal nuovo Presidente della Repubblica, che al suo articolo 16 "disposizioni in materia penale", mantiene ancora l'applicazione del codice di guerra. Ma il disegno di legge di conversione di questo decreto legge (che altrimenti scadrebbe i primi di settembre) nel suo testo cambia radicalmente le cose. (art. 2 del quale è stato abrogato totalmente il comma 26 che introduce il codice militare penale di guerra).

Tanto è che il deputato Giuseppe Cossiga (Forza Italia) ha presentato un emendamento, bocciato dalla Camera, che provava a reintrodurre le condizioni per l'applicazione del codice di guerra, perché alla autorizzazione per la missione ISAF (art. 2 comma 3) aggiungeva: "che non esclude l'impiego in combattimento del contingente italiano". Ripeto: questo emendamento e' stato bocciato.

Potrei dilungarmi di più e forse lo farò in un intervento più articolato successivamente.

Per ora ringrazio di cuore l'attuale Sottosegretario Paolo Cento che, nel corso della fiaccolata per la richiesta del cessate il fuoco Libano di lunedi' scorso a Roma, ha ascoltato paziente le mie rimostranze per dirmi solo, quando sono arrivata al punto dei codici di pace e di guerra: "Guarda che questo lo abbiamo cambiato e lo abbiamo fatto anche scrivere sui giornali.". Io non me ne ero accorta (e questa e' una colpa grave, quando si parla di cose così rilevanti, dolorose e complesse dovrei essere molto più attenta) e, comunque, ora dai verbali e dalle votazioni dell'assemblea so per "certissima certezza" che e' vero ciò che mi aveva preannunciato.

La riflessione che mi pongo ora è la seguente:

che cosa può accadere al Senato dove c'e' una maggioranza certa solo con l'apporto degli ex presidenti della repubblica e della casa delle libertà?

Non è uno scenario improbabile che, vista la diversa maggioranza, passi un nuovo emendamento che reintroduca l'applicazione di due leggi (6/2002 e 15/2002) che sono quelle che hanno consentito l'iniziale applicazione del codice di guerra, per quanto mi riguarda violando la Costituzione, come gia' scritto in altro intervento.

Non ho modo di chiedere ai senatori per il NO sino ad oggi se e' possibile che rivalutino la loro posizione alla luce del risultato ottenuto alla Camera e forse non ci sono i tempi perchè un movimento, che sino a ieri si dibatteva su questa questione in base a condizioni di contesto piuttosto differenti, riesca a produrre altrettanto dibattito in merito per capire se fare propria quella che, nelle mediazioni del possibile, io penso sia sicuramente da annoverarsi come una importante riuscita.

Eppure, in qualche modo, io credo che sarebbe oggi importantissimo dare un sostegno forte e palese a questo progetto di legge di conversione e ai deputati e senatori che hanno lanciato appelli alla comprensione e al dialogo. Perché penso che si possa dire vero, non parole di "lingua biforcuta", che hanno fatto il possibile perché il mandato di chi li ha eletti/e ma non solo, divenisse una concreta azione parlamentare. E un risultato importante lo hanno ottenuto.

chiara c.