dichiarazione del presidente di Un Ponte Fabio Alberti





Dichiarazione di Fabio Alberti, presidente di Un ponte per alla conferenza
stampa dei rappresentanti della società civile irachena del 6 settembre 2005



Le iniziative che Un ponte per…, insieme ad altre associazioni presentano
oggi, ad un anno dal sequestro di tre nostri operatori e di una operatrice
di Intersos a Baghdad, testimoniano che da allora la situazione in Iraq non
è migliorata e contengono una indicazione per cambiare.

Dicemmo allora che auspicavamo che il metodo del negoziato che era stato
seguito con successo per la liberazione degli ostaggi potesse essere il
metodo con cui porre fine alla guerra. Questo non è successo. La politica
di divisione seguita dalla amministrazione Bush ha alimentato la violenza,
favorito lo sviluppo del terrorismo, portato il paese sull’orlo della
guerra civile, reso sempre più insostenibile la vita per milioni di persone.

Per contro Un ponte per…, insieme ad altre organizzazioni pacifiste
italiane, ha perseguito durante quest’anno un’altra strada: quella della
valorizzazione della società civile irachena e della difesa dei diritti
umani.

Con il progetto “Ponti di pace” esponenti dell’associazionismo iracheno
hanno potuto visitare l’Italia in tre successive delegazioni, in novembre,
in aprile ed in questi giorni, per incontrare le associazioni pacifiste
italiane e portare testimonianza della situazione in Iraq. Con il progetto
“Diritti dentro” stiamo sostenendo la formazione ed il rafforzamento di un
network di associazioni di difesa dei diritti dei detenuti.

Alla attuale delegazione partecipano cinque attivisti di organizzazioni per
la tutela dei diritti umani che parteciperanno ad un seminario sui diritti
carcerari organizzato insieme con Amnesty, e le associazioni Libera,
Giuristi Democratici, Antigone, Ora D’aria. Saranno presenti inoltre alla
marcia Perugia-Assisi e terranno conferenze a Mantova, Milano, Udine e
Torino. Sono persone che ogni giorno rischiano la vita nel loro paese per
la denuncia delle violazioni che vengono commessi quotidianamente da parte
delle forze occupanti, del neonominato governo transitorio e delle milizie
armate.

Questa parte viva della società irachena che si batte ogni giorno per
affermare i diritti umani chiede un cambiamento, chiede una soluzione
politica. Le testimonianze che ci portano sulla situazione di violazione
dei diritti umani da parte di tutte le forze in campo è impressionante. Al
comportamento dell’esercito statunitense (bombardamenti sui civili e sulle
città, violazione della privacy, furti durante le perquisizioni, …), si
aggiunge quello della neonata polizia irachena addestrata dagli Usa, dalla
Nato e da paesi europei (arresti arbitrari, torture, rapimenti sono la
regola) e delle milizie armate fondamentaliste (minacce agli operatori
delle ong irachene e dell’informazione, imposizione con la violenza del
velo, esecuzioni sommarie, attentati contro i civili). Un inferno chiamato
democrazia.

Noi continuiamo a ricordare a tutti che ci sono ancora 20 milioni di
ostaggi della guerra in Iraq e a chiedere un cambio di politica.

Approfittiamo per ringraziare nuovamente coloro che lo scorso anno, ognuno
nel suo ruolo, seguendo la linea del dialogo e della collaborazione, ci
hanno sostenuto durante il sequestro; dalle forze di governo e di
opposizione, al movimento per la pace, alle comunità islamiche, alla stampa
italiana, a tanta gente comune, permettendo la liberazione dei nostri
operatori.





"Un ponte per..."Associazione Non Governativa di Volontariato per la
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