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articolo sub comandante Marcos



Articolo del Sub comandante Marcos, pubblicato dal quotidiano messicano La
Jornada il 17 novembre

(L'Alta Finanza secondo gli zapatisti)
In un auditorium colmo di persone, ad un tavolo di riflessioni cui hanno
partecipato Pablo González Casanova, Adolfo Gilly, Javier Elorriaga,
Adriana López Monjardín e Sergio Rodríguez Lazcano, si è celebrato il
secondo anniversario della rivista Rebeldía. Al termine dell'evento, il
Sistema Zapatista di Televisione Intergalattica ha trasmesso un video in
cui il subcomandante insurgente Marcos ha letto il seguente testo.
La rivista Rebeldía compie gli anni e mi ha chiesto uno scritto per il suo
anniversario. Io gli ho spiegato che non faccio dei testi scritti ma che
adesso produco dei video per il Sistema Zapatista di Televisione
Intergalattica (SZTI), "l'unica televisione che si legge".
Ostinati come sempre (non per nulla è già due anni che pubblicano la
rivista), quelli di Rebeldía hanno replicato dicendo di possedere la
tecnologia necessaria per collegarsi al SZTI e che basta sapere che
programma si trasmette all'ora della loro tavola rotonda (che sicuramente è
quadrata) perché un numero indeterminato di giraffe, pardon, di
telespettatori, si affolli davanti allo schermo (cioè il cartoncino) della
televisione zapatista.

Così stanno le cose, il nostro pubblico selezionato (per il numero, si
capisce) potrà ora dilettarsi con il nostro programma di finanze zapatudas
che, come ogni economista postmoderno sa, poggia sui seguenti assi
fondamentali: la paga, il credito, i conti ed un saldo.
Quindi, tirate fuori le vostre calcolatrici, i taccuini e le tavole
pitagoriche, perché sul cartoncino, cioè sullo schermo, sta già apparendo...

I. La paga
Ignoro se la Eva ancora apprezza il video di Scuola di Vagabondi e se
sospira ancora quando Pedro Infante canta all'orecchio di Miroslava. La Eva
ha già 15 anni e, come diciamo qua, è ancora nubile. Questo vuole dire che
ad ogni suo battito di ciglia intorno a casa sua accorrono frotte di
giovanotti (cosa che, detto chiaro, non entusiasma affatto suo papà).
Quasi dieci anni fa, quando la Eva compiva 4 anni ed entrava nei 5 (cioè,
ne aveva 6 anni), mise in un paliacate i suoi pochi averi e se ne andò in
esilio insieme a tutto il villaggio. Il 10 febbraio 1995, per mano del
tradimento di Ernesto Zedillo (quello che, insieme a Dio, sta sull'altare
del "cambiamento" foxista), elicotteri da guerra, carri armati e truppe
scelte dell'Esercito federale messicano occuparono il suo villaggio,
Guadalupe Tepeyac e, violando il diritto internazionale, irruppero nella
sede del Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) dove si erano
rifugiati gli abitanti tojolabales.
Il CICR, come poi avrebbe dimostrato nell'accampamento profughi di Polhó,
negli Altos del Chiapas, ha la vocazione per la buona tavola e le lusinghe
governative, ma non per l'opera umanitaria, quindi non disse nulla. Il
neoconvertito alla democrazia Gustavo Iruegas (che, in una sbornia con
Bernal e Del Valle, diede la sua memorabile ricetta per il "dialogo":
"bisogna distruggere le comunità zapatiste; senza di loro l'EZLN non è
niente"), allora architetto della politica zedillista contro l'EZLN,
consolò la delegazione della Croce Rossa Internazionale con un'abbondante
cena in un ristorante di lusso di Città del Messico.
Mentre i "fautori" dell'umanitarismo e della neutralità del CICR cenavano
con l'assassino smemorato, gli abitanti di Guadalupe Tepeyac salivano sulla
montagna ed iniziavano quelli che sarebbero stati sette anni di esilio
terminati solo con la mobilitazione delle "società" civili nazionali ed
internazionali, nel contesto della Marcia del Colore della Terra, che ha
obbligato il governo di Fox a ritirare l'Esercito da quelle terre
permettendo così il ritorno degli autodenominatisi "tepeyaqueros."
Ma lasciamo il discepolo diletto di George Castañeda mentre cerca di
ingannare gli stupidi con cene e scritti su posizioni solo presumibilmente
democratiche, e la Croce Rossa Internazionale che accumula il ridicolo ed
il discredito in tutto il pianeta. Lasciamo che nel carnevale di sopra
continui lo scambio di maschere e la vendita di dignità.
Lasciamo tutto questo ed andiamo con la Eva. Ora la Eva ha 15 anni e seri
problemi economici davanti a sé. Dieci anni fa la Eva non andava a scuola e
non aveva altri problemi che fare il bucato ed andare per legna. Ora va a
scuola ed i suoi problemi non solo aumentati, ma si sono anche complicati.
Tuttavia, non hanno a che vedere con la somma, la sottrazione, la
moltiplicazione e la divisione. O meglio, sì, ma non nell'aula scolastica.
La Eva non aveva i soldi per un quaderno ed una matita. Qualcuno ha offerto
di regalarli ma la Eva ha risposto con un: "Chiedo che mi diano quello che
non ho."
Nessuno allora comprese la Eva. Neppure quando la videro occuparsi con
operosità dell'allevamento di conigli. Tanto meno quando poté vendere due
conigli ed avere un guadagno. La sorpresa arrivò quando, invece di
comprarsi un fermacapelli, una sottana o un reggiseno, la Eva andò a
comperarsi un quaderno nuovo con molte pagine: alcune bianche, altre con le
righe ed altre con i quadretti. Sulla copertina del quaderno è disegnata
una Giraffa rosa che porta alcuni libri e la Eva, che si era comperata
anche una matita ed una serie di pastelli, ha disegnato un passamontagna
azzurro alla Giraffa.
"Da quando gli zapatisti portano passamontagna azzurri?", le dice
l'Heriberto (suo fratello che ora ha 13 anni) quando la Eva gli mostra il
suo quaderno. La Eva guarda la sua Giraffa e replica: "Non te l'ho chiesto
e siccome il mio quaderno me lo sono comperato con il mio guadagno, io gli
metto il passamontagna del colore che ne ho voglia."
L'Heriberto (che per alcuni anni è riuscito a sfuggire alla scuola
argomentando che cosa avrebbe fatto se il maestro gli avrebbe chiesto
qualcosa, perché non sapeva niente), è arrabbiato, ma non con la Eva. Beh,
non solo con la Eva, ma col mondo intero. È arrabbiato perché non gli danno
un suo cavallo malgrado abbia dimostrato che, salendo su un sasso, può
raggiungere la staffa. L'Heriberto si dispera, ma impara, e non
precisamente a scuola.
Dopo la risposta di Eva, Heriberto va dai suoi genitori e dice loro:
"Chiedo che mi diano quello che non ho. Io metterò insieme un guadagno e mi
comprerò un mio cavallo e lo dipingerò di azzurro", e si gira verso la Eva
come per chiedere appoggio.
La Eva continua a fare la tabellina del 7 e, senza neppure voltarsi a
guardarlo, gli dice: "Da quando ci sono cavalli azzurri?".
"Ci sono", dice l'Heriberto.
"No", dice la Eva.
"Ci sono", dice l'Heriberto.
"Non ti do il dolcetto", dice la Eva.
"Non ci sono", dice l'Heriberto, che comprende che deve essere flessibile e
che, dopotutto, non ha ancora la paga e a lui piacciono i cavalli neri
perché, dice che il Sup gli ha detto, "i cavalli azzurri sono per le
bambine."
Non credete all'Heriberto, vi sta mentendo. Io non gli ho detto che i
cavalli azzurri sono per le bambine.
L'ho pensato, ma non gliel'ho detto.

II.- Il credito
Nei secoli scorsi, per conquistare territori i potenti hanno sempre
utilizzato l'alibi della civilizzazione. Civilizzare non era nient'altro
che addomesticare. Il saccheggio delle ricchezze del continente fu allora
chiamato "nascita di nuove civiltà" e la frode umana che ciò significò non
si riferisce solo al fatto che non hanno mai potuto dimostrare che quanto
costruito fosse meglio di quanto distrutto. Inoltre, e soprattutto,
"l'addomesticamento" è fallito.
Sempre, nella storia che si scrive dall'alto, la "pacificazione" dopo una
guerra di conquista non era altro che una definizione del nuovo status dei
contrari: alcuni avevano vinto, altri perso. Cioè, alcuni hanno
addomesticato altri. O, in termini più precisi: alcuni sono passati a
comandare ed altri ad obbedire.
Nonostante i grandi passi che l'umanità ha fatto da allora, per la
storiografia del Potere le cose non sono molto cambiate: continuano ad
esserci guerre, continuano ad esserci vincitori e vinti, continuano gli
addomesticamenti e continuano ad esserci alcuni che comandano ed altri che
obbediscono.
Una delle molte conseguenze di questo modo di intendere la storia è che
definisce gli avvenimenti in termini assoluti di trionfo e sconfitta. Nella
storia dell'alto non c'è via di mezzo nel successo ottenuto: o si vince o
si è vinti.
E nella ripartizione di grazie e disgrazie, il Potere è magnanimo tanto
quanto lo consenta il pennello di coloro che ritraggono poi i volti di chi
sta in alto e di chi sta in basso
Così, la consolazione dello sconfitto non è la rivincita ma la bellezza. In
questo modo si costruisce l'estetica dello sconfitto: "Abbiamo perso, ma
eravamo così belli."
Tuttavia, la sconfitta non ha nessuna bellezza. L'apparente bellezza della
nostalgia che l'adorna non è stata costruita dal basso. È solo un brutto
quadro affinché noi, gli sconfitti di sempre, continuiamo ad essere sempre
sconfitti, innamorati della caduta e convinti che la vittoria non ci
appartenga perché la sua bruttezza concerne solo al potente.
Quello che il Potere vuole è, semplicemente, che ritorniamo a lottare, sì,
ma senz'altro obiettivo che accumulare quelle bellezze che altro non sono
che la triste moneta della sconfitta. Ne abbiamo i magazzini strapieni e
possiamo commercializzarla solo con altri come noi, in basso.
Insomma, nelle finanze della smemoratezza, quello che vince riscuote in
contanti, quello che perde paga a credito e a lungo termine. Il sistema
bancario del Potere, a quelli in basso offre solo credito per la sconfitta.
Quanto più cresce il conto delle nostre cadute, più fastoso sarà il nostro
benvenuto nel sistema bancario della disperazione.
Tuttavia, qualcosa non quadra. Come se fossero pezzi di un puzzle su una
tavola sbagliata, la resistenza all'addomesticamento e la ribellione contro
la catena di comando/obbedienza, rompono con la logica di una storia
imposta e rifiutano di assimilarsi al poster tridimensionale del
bell'angelo caduto.
Quando il Potere scrive la parola "FINE", la resistenza aggiunge il punto
di domanda che non solo mette in discussione la fine della storia, ma si
rifiuta inoltre di accettare un domani che la include solo come sconfitta.
In questo modo, scommettendo sulla trasformazione del futuro, la resistenza
scommette di cambiare il passato.
La resistenza è così il doppio viavai dello sguardo, che nega e che
afferma. Che nega la fine della storia e che afferma la possibilità di
rifarla.


III. I conti
Rendere reali i conti a La Realidad non è semplice. Seduto vicino a me,
Andrés sta "insegnandomi" a contare. Trattenendo il respiro, Andrés
incomincia dall'uno ed arriva senza difficoltà fino al 77. Arrivato lì
accelera e, già paonazzo, finisce con un "97, 98, 99 e non ce la faccio
più". Andrés mi guarda. Io capisco che devo congratularmi con lui (e,
ovviamente, non devo fare notare che ha omesso i numeri dal 37 al 66)
dunque, applaudo discretamente.
Andrés vive a La Realidad ed ha 7 anni e sta entrando negli 8. E' nato lo
stesso giorno in cui furono firmati i primi Accordi di San Andrés, dove il
governo federale si impegnava a riconoscere, nella Costituzione, i diritti
e la cultura dei popoli indio del Messico.
Ora siamo seduti con Andrés sul bordo del ruscello dove si lavano i
cavalli. Siamo arrivati lì di corsa dopo avere preso d'assalto il negozio
La Nina, nel caracol La Realidad. Ora possiamo riposare perché c'è ancora
tempo prima che incontrino il Moy e gli dicano che "E' venuto il Sup con
alcuni bambini e si sono presi i Totis, i biscotti Marías, le gomme da
masticare e le bibite ed hanno detto che pagheranno quando avremo vinto la
guerra", che è solo una clamorosa menzogna, perché non c'erano le bibite.
Pensando che mi ha commosso col suo "conteggio" fino a cento, Andrés mi
confessa che ha la tasca del pantaloni rotta e che ha perso tutto il suo
bottino. Io faccio come se non avessi visto che l'ha nascosto dietro un
arbusto e spartisco con lui i miei Totis.
Con la bocca strapiena di patatine e con le labbra unte, Andrés mi dice che
lui, quando sarà grande, diventerà contabile. Io capisco che Andrés non
vuole dire quello che vuole dire, e gli domando che cosa conterà.
"Stelle", mi dice, come se dicesse "vacche".
"Mmh, ma sono tantissime", gli dico tentando di orientarlo ad una
professione più lucrosa.
Lui dice: "Non importa, io qui ci starò fino a tardi ".
Gli avrei chiesto di firmarmi un autografo quando arrivano l'Olivio ed il
Marcelo ad invitarmi a cacciare "gallinelle d'acqua". Io domando loro se
non hanno paura. Loro s'indignano.
"Oramai siamo grandi", mi dicono-informano-avvertono.
"Quanti anni avete?", domando.
"Non bastano le mani per fare il conto", mi dicono, cosicché devo dedurre
che hanno 11 anni.
Guardando un pacchetto di biscotti Marías, l'Olivio mi dice: "Senti Zup,
nel caracol sono arrivati i promotori di salute." "Sí", dice il Marcelo,
"..ed hanno un mucchio di iniezioni!"
Ho dato loro i biscotti Marías. Comunque, a me piacciono i Pancrema.
L'Olivio ed il Marcelo mi avevano promesso di avvisarmi quando i promotori
se ne sarebbero andati, e resto così nascosto sulla Ceiba mentre l'Andrés
sta di guardia.
Benché sia già buio, so che è ancora lì sotto. Sento chiaramente che sta
contando:
"35, 36, 57, 58, 59..."
All'improvviso si trattiene ed una domanda arriva fino alla cima della Ceiba:
"Senti Zup, le stelle che si muovono, contano o non contano?"
IV. Un saluto
(In) definizione finanziaria della ribellione: "Una quantità indefinita di
giraffe che sognano che nel loro conteggio ci siano brutte stelle e non
belle sconfitte. Non sono soggette a credito e, soprattutto, non si vendono
né si comprano. Di arrendersi nemmeno a parlarne."

Dalle montagne del Sudest Messicano.
Subcomandante Insurgente Marcos.
Messico, novembre 2004, 20 y 10.

P.S. Qui finisce il nostro programma di finanze globalizzate. Continuate a
stare sintonizzati sul Sistema Zapatista di Televisione Intergalattica,
"l'unica televisione che si legge."

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L'autoritarismo ha bisogno
di obbedienza,
la democrazia di

DISOBBEDIENZA____________________________________________________________Libero
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