[Date Prev][Date Next][Thread Prev][Thread Next][Date Index][Thread Index]

Che Natale, quel Natale del 1946 all'Avana!




http://www.reporterassociati.org/index.php?option=news&task=viewarticle&sid=996
      di  Jean Guy Allard*
      09 Jan 2004
       C'era una volta l'Avana. Un'Avana dominata dai personaggi più in
vista della malavita nord americana che facevano il bello e il cattivo tempo
in quegli Stati Uniti ad appena 90 miglia a nord del Malecón dell'Avana. Nel
1946 i più mafiosi tra i mafiosi del grande paese al di là del mare decisero
di organizzare una grande festa di Natale per il loro capo che sarebbe
arrivato da lì a poco nella capitale cubana. Per quella festa, che nelle
intenzioni degli organizzatori sarebbe dovuta rimanere memorabile, cercarono
l'albergo più lussuoso di tutta l'isola e lo occuparono completamente. Vi
rimasero per giorni interi. Giorni e notti. Cinquecento gli invitati e
presero possesso di tutte le camere e le suites, riservarono tutti i
ristoranti, le piscine e persino i giardini dell'albergo divennero, per quei
giorni, privati. (L'immagine è la  foto segnaletica di Lucky Luciano diffusa
alla fine degli anni '40 dalla polizia di New York)

      Fine del racconto. Torniamoalla realtà. Perché, in realtà, questo che
segue non è una favola... All'Avana, allora, era di casa il capo mafia
americano Meyer Lansky.

      Per il Natale del 1946 era arrivato dal sud della Sicilia, dopo un
avventuroso viaggio in nave e in aereo il capo di tutti i capi di Cosa
Nostra, quel Salvatore Lucania, meglio conosciuto come Lucky Luciano,
rimesso in libertà per ordine della giustizia statunitense come segno di
riconoscenza per la collaborazione fornita all' Us Army durante la campagna
italiana della seconda guerra mondiale.

      Lucky Luciano era arrivato segretamente a Cuba da poche settimane
proveniente dal Brasile, ultima tappa del suo viaggio dalla Sicilia,
atterrando nell'aeroporto internazionale di Camagüey. Lì Lansky lo aveva
degnamente accolto con un piccolo esercito di guardie del corpo, con molte
macchine che aspettavano lungo la pista per portarlo nella capitale in un
corteo di mezzi e uomini che non poteva lasciare dubbi sulle caratteristiche
di primo piano del personaggio giunto dall'Italia.

      All'Avana lo aspettava il comfort esclusivo dell'Hotel Nacional,
autentica perla dell'industria alberghiera cubana, dove il presidente
Batista aveva sempre riservati saloni privati ed anche un ascensore
personale fuori da occhi indiscreti.

      Diedero a Luciano la stanza numero 724 con vista verso gli Stati
Uniti, dove sognava di ritornare un giorno per riprendere le sue funzioni di
capo dei capi della mafia. Per il momento l'amministrazione americana, pur
avendolo liberato, non lo voleva tra i piedi. Luciano scelse quindi Cuba
come zona franca dalla quale gestire i suoi interessi nel mondo del crimine.
All'Avana la mafia aveva un potere praticamente senza limiti, era padrona
del meglio dell'industria turistica, dei casinò, delle macchine da gioco che
si trovavano in tutti i locali, anche dei più piccoli night club, dei
bordelli di più basso livello come di quelli più esclusivi, del mercato
della droga, dalla marijuana alla cocaina più pura.

      Per quella festa di Natale del 1946 l'Hotel Nacional venne chiuso
completamente a tutti coloro che non fossero tra gli invitati. I mafiosi
arrivarono in pompa magna provenienti da tutti gli States, da New York e da
Chicago, dalla Florida come da Las Vegas. Cinquecento invitati in
rappresentanza delle più influenti famiglie mafiose nord americane. Capi e
guardiaspalle che si riunirono formando per tre giorni l'ensemble mafioso
più formidabile dei più ricercati criminali degli Stati Uniti.

      Nei corridoi e nel celebre atrio del Nacional si moltiplicarono gli
abbracci e i baci alla siciliana, decine e decine di personaggi tutti con
eleganti gessati neri.

      Eleganti come solo sapevano essere i grandi capi della mafia di quegli
anni. Con il fazzoletto bianco nel taschino e, naturalmente, un grande
sigaro Habano stretto tra le dita piene di anelli d'oro massiccio.

      "Salve Frank, come state?" ,"Bene, molto bene e Voi, Don Vito?" Don
Vito Genovese e Frank Costello erano due tra i personaggi più importanti e
rispettati tra i cinquecento invitati. Passeggiavano per i magnifici
giardini dell'albergo Giuseppe "Joe" Bonanno, Tom Lucchese, Willie Moretti,
Toni Accardi, i fratelli Fischetti, (parenti di quell'Al Capone che nel
frattempo soffriva per i postumi della sifilide nella sua villa di Palm
Beach, in Florida).

      Impossibile dimenticare tra quei giardini e i saloni dell'hotel la
presenza di Santo Trafficante, potentissimo capo mafia della Florida, che
negli anni successivi diventerà prezioso confidente della Cia nell'azione di
contrasto all'inarrestabile marcia della rivoluzione cubana...

      Intanto nei saloni vestiti a festa dell'Hotel Nacional i vassoi colmi
di caviale si incrociavano con fiumi di champagne. Il rum più prezioso e il
cognac più invecchiato, i gamberi e le aragoste, i filetti mignon, i cibi
più raffinati poassavano di mano in mano, di bocca in bocca.

      Un giovane cantante di origine italiana, Frank Sinatra, cantava
accompagnato dall'orchestra del Nacional strizzando l'occhio a tutte le più
belle accompagnatrici dei boss, indaffarati a parlare di affari con il
boccone in bocca e il sigaro in mano. La festa di Natale si prolungò' fino
alla notte del 26 dicembre.

      Descrivere come quella clientela tanto selezionata si divertiva
durante l'interminabile festa sarebbe di cattivo gusto. Basti pensare che la
casa d'appuntamenti più esclusiva dell'Avana , la "Casa della Marina" aveva
inviato all'hotel tutte le sue ragazze più belle, e non da meno avevano
fatto il Tropicana, il San Souci e il Montmartre. Nel garage del complesso
alberghiero erano a disposizione degli illustrissimi ospiti cinquanta
limousine e cinquanta autisti, 24 ore su 24. La sicurezza degli ospiti era
assicurata al meglio: praticamente dietro ogni porta di accesso dell'albergo
stazionavano decine di gurdiaspalle pieni di muscoli e sospetti
rigonfiamenti sotto le giacche e all'altezza delle ascelle e della cinta dei
pantaloni.

      Furono giorni molto intensi e pieni di misteriosi conciliaboli che
immancabilmente terminavano, davanti la stanza 724, la stanza riservata per
Lucky Luciano, che passò il tempo chiuso nella sua suite a ricevere gli
ospiti, dispensare consigli e concedere la sua benedizione davanti agli
affari più loschi, ma anche più lucrosi, che gli venivano illustrati.

      Luciano riceveva da ogni capo famiglia in segno di rispetto e
ubbidienza una busta di qualche centimetro di spessore: 100.000 dollari in
una, 200.000 in un'altra. Naturalmente rigorosamente dollari Usa, e in
contanti.

      Finita la grande festa di Natale, gli ospiti ripresero la strada di
casa liberando gli ambienti del Nacional e restituendoli alla loro vocazione
turistica di alto bordo. Anche Lucky Luciano lascià la sua suite, ma decise
di rimanere a Cuba. Scelse una bellissima villa a un paio di isolati di
distanza.

      A più di 57 anni di distanza da quel fastoso natale mafioso all'Avana
non esiste più alcun segno di quella singolare invasione. Tutti quegli
invitati ed i loro amici (e gli amici degli amici) si ritrovarono molti anni
dopo a Miami per cercare di arginare quel terremoto che fu la rivoluzione
cubana del 1959 che azzerò completamente tutti i loro affari criminali e
contro la quale non smisero mai di cospirare. La mafia, negli anni
successivi, si radicò in Florida e da lì mantenne sempre i suoi contatti con
la Cia in ordine agli affari cubani.

      Ancora oggi a Washington operano almeno una trentina di rappresentanti
dell'attuale mafia cubana, che a buon titolo si possono definire gli eredi
naturali di quella del 1946. Personaggi che pesano con la loro influenza non
solo nelle stanze della Casa Bianca, ma anche all'interno del Dipartimento
di Stato e del Congresso degli Stati Uniti.

      Oggi come ieri questi personaggi continuano ad incontrasi nei più
eleganti hotel di Miami per divedersi i proventi dei loro affari, metterne
in cantiere di nuovi e fantasticare di poter un giorno spartirsi nuovamente
il territorio, l'economia e la dignità della Repubblica di Cuba.

      (*giornalista di "Granma" e scrittore)

      (traduzione per Reporter Associati di Roberto di Nunzio)

      redazione@reporterassociati.org