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Incontro di Belem



BELÉM. La più grande manifestazione di solidarietà con il movimento
zapatista svoltasi fuori dal Messico. Così è stato definito il II Incontro
americano per l'umanità e contro il neoliberismo, tenutosi a Belém do Pará,
nell'Amazzonia brasiliana, dal 6 all'11 dicembre scorso. All'incontro - che
fa seguito a quello svoltosi nella Selva Lacandona, in Chiapas, nel 1996 -
hanno partecipato 2700 persone provenienti da 23 Paesi dell'America Latina,
del Canada e dell'Europa, e da 24 dei 27 Stati del Brasile. Molti gli
indigeni presenti, rappresentanti di 31 diversi popoli (l'incontro, si è
detto, ha registrato la maggiore partecipazione indigena nella storia del
Brasile): tra loro, rigorosamente in passamontagna malgrado il caldo, anche
due rappresentanti dell'esercito zapatista, Abramo e Lucia. L'incontro è
stato convocato su iniziativa dei comitati brasiliani di solidarietà con gli
zapatisti, centrali sindacali, organizzazioni popolari indigene e nere,
movimenti sociali, istituzioni ecclesiastiche come la Conferenza episcopale
della regione, il Cimi (Centro indigenista missionario), la Commissione
pastorale della terra, la pastorale operaia, i partiti di sinistra, a
cominciare dal Pt, il Partito dei lavoratori, vero organizzatore dell'
incontro, che, con Edmilson Rodrigues (della corrente di sinistra del
partito), regge il municipio di Belém. All'incontro ha partecipato anche il
teologo della liberazione Giulio Girardi, il quale, di ritorno da Belém, ha
riferito le sue impressioni. «Per cogliere il senso di quest'incontro - ha
spiegato - occorre situarlo nel contesto del movimento di solidarietà con il
movimento zapatista, della mobilitazione continentale
indo-afro-latinoamericana contro il neoliberismo e infine della storia del
Brasile». Riguardo al primo punto, il convegno ha centrato un doppio
obiettivo: «quello di rafforzare l'attenzione internazionale sull'Ezln, che
costituisce la miglior difesa contro l'esercito e il governo federale, e
quello di consolidare la rete di resistenza e di comunicazione promossa dal
movimento zapatista. Da questo punto di vista, l'incontro rappresenta un'
importante apertura all'internazionalismo da parte del Brasile, sempre
piuttosto concentrato sulla sua problematica interna». Secondo Girardi, l'
incontro va anche inserito «all'interno della mobilitazione
intercontinentale di cui le controcelebrazioni per il quinto centenario
della conquista dell'America sono state l'avvio. Nella tavola rotonda sui
"500 anni di resistenza indigena, nera e popolare in Brasile e nelle
Americhe"- ha proseguito Girardi - ho avanzato la proposta che il II
Incontro americano assuma la responsabilità di rilanciare e rafforzare la
lotta continentale iniziata nel ‘92, il suo progetto storico e la sua
strategia unitaria. Una proposta che il documento finale ha accolto
pienamente, mettendola in relazione al movimento nazionale "Brasile, 500
anni di resistenza indigena, nera e popolare", lanciato lo scorso aprile in
contrapposizione al progetto governativo di celebrare nel 2000 il quinto
centenario della scoperta del Brasile».
Infine, ha rilevato Girardi, «l'incontro ha permesso di avere una panoramica
della sinistra brasiliana e delle sue divisioni, che hanno rappresentato il
problema più grave dell'incontro». Il primo segno di divisione è emerso già
nella fase organizzativa, con la decisione del Movimento dei Senza Terra di
ritirare la propria adesione. Secondo il leader del MST João Pedro Stedile,
questo incontro, perché fosse realmente rappresentativo e servisse a
costruire una concreta organizzazione di forze, avrebbe dovuto riunire le
articolazioni già esistenti a livello continentale, come Via Campesina per i
contadini, o come quelle dei movimenti popolari, della Chiesa progressista,
dei partiti di sinistra riuniti nel Foro di San Paolo. La natura, il luogo e
la data dell'incontro avrebbero dovuto essere decisi dopo una consultazione
tra queste forze. Poiché questo non è avvenuto, il Movimento ha ritirato la
propria adesione. Gli zapatisti, ha spiegato Girardi, «affermano invece di
non aver mai voluto affidare la realizzazione dell'incontro solo alle grandi
organizzazioni, e che se queste non hanno partecipato è perché non hanno
accolto l'invito. Pensano inoltre che il Mst fosse preoccupato di non
compromettere la sua immagine pubblica partecipando a quello che la stampa
ha definito "un incontro di guerriglieri"».
Durante il convegno, le divisioni si sono manifestate soprattutto «con la
presenza di una minoranza di anarchici e trotzkisti che ha contestato fin
dal primo momento la gestione dell'incontro da parte del Pt, cercando invano
di promuovere un incontro parallelo e accusando il partito di
strumentalizzare l'evento». «Inconformità» con le modalità di organizzazione
è stata espressa da un gruppo di lavoro in un documento dal titolo «Solo la
verità è rivoluzionaria - Contributo al documento finale del II incontro»,
secondo cui «la predominanza di conferenze verticali ed essenzialmente
diagnostiche hanno monopolizzato tempo prezioso che avrebbe dovuto essere
prioritariamente dedicato a militanti, allo scambio di esperienze ed alla
concreta articolazione di lotte collegate fra loro». Verticismo, politica
gridata in cerca dell'applauso, predominio di componenti partitiche sono
anche le critiche espresse da altri partecipanti. Nella seduta di chiusura,
la contestazione è esplosa alla lettura della dichiarazione finale,
presentata dal comitato organizzatore come un tentativo di mediazione tra le
diverse tendenze. «La minoranza - ha riferito Girardi - ha espresso allora
un documento proprio, respingendo la proposta della presidenza che questo
documento fosse annesso al primo». Molte comunque le convergenze tra i due
documenti: l'antiimperialismo, l'anticapitalismo, la lotta contro il debito
estero, la solidarietà con la resistenza indigena, nera e popolare e con la
rivoluzione cubana, la condanna del blocco nordamericano. Oltre naturalmente
alla denuncia del neoliberismo, «nome nuovo del vecchio capitalismo -
afferma il documento del comitato organizzatore - che secoli fa è diventato
la garrotta che asfissia l'umanità». Un sistema - prosegue il documento -
che trasforma l'uomo nel lupo dell'uomo» e che «può usare vari panni
democratici, come la cosiddetta "terza via"», ma «senza alterare il suo
contenuto di sfruttamento ed oppressione». Secondo Girardi, «la differenza
principale tra i due documenti è nel linguaggio, che è più radicale nel
documento della minoranza, e nell'appello alla rivoluzione, con l'esplicito
riferimento al socialismo, omesso nella dichiarazione del coordinamento per
tenere conto, come ha spiegato uno dei suoi membri, della grande diversità
tra le organizzazioni partecipanti. In realtà, sia la Campagna 500 anni di
resistenza, sia le proposte zapatiste evitano sempre di parlare di
socialismo: si limitano ad affermare l'esigenza di una alternativa al
capitalismo e al neoliberismo, intendendola più come un processo che come la
costruzione di un modello predefinito di società». In chiusura dell'incontro
si è poi verificato un altro incidente tra un gruppo di dissidenti e il
servizio dell'ordine, finito quasi in rissa. La presidenza ha valutato
allora che mancassero le condizioni di sicurezza perché si tenessero gli
interventi finali dei rappresentanti zapatisti e del sindaco e ha dichiarato
chiusa la seduta. «Paradossalmente - ha commentato Girardi - in un incontro
di solidarietà con gli zapatisti, non è stato possibile agli zapatisti
prendere la parola. Ma questa rottura del rituale di chiusura non autorizza
a considerare l'incontro come un fallimento: il documento finale, approvato
da una schiacciante maggioranza, mostra comunque - ha concluso il teologo -
una larga unità di rivendicazioni». Il prossimo appuntamento è in Canada,
nelle terre degli indigeni Anishnabaie, che si sono offerti di ospitare il
terzo incontro per l'umanità e contro il neoliberismo. Ma, prima ancora, si
svolgerà «una grande "Marcia americana" che, partendo simultaneamente dal
Canada e dal Brasile, percorrerà diversi Paesi del continente», fino a
confluire a Ciudad Jerez, alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, «dove si
trova l'odioso muro di metallo, protetto da elicotteri, guardie e cani, che
separa simbolicamente l'opulenza di ricchi e la miseria dei poveri del
nostro continente (...). Perché la storia ritrovi il suo corso - conclude il
documento - questo muro deve cadere».

comitato d'appoggio al MST - Roma
http://www.citinv.it/associazioni/MST