Re: [latina] Víctor Polay Campos: una vita spesa nella guerra all'ingiustizia



Il 12/09/09, annalisa melandri<annalisamelandri at yahoo.it> ha scritto:
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> Víctor Polay Campos: una vita spesa nella guerra all'ingiustizia
>
>
>
> di Marinella Correggia, Annalisa Melandri
> Fonte: Il Manifesto del 10 settembre 2009
>
> «Ora soluzione politica»
> Intervista dal carcere del Callao, dove è sepolto vivo da quasi 20 anni, a
> Víctor Polay, leader dell'Mrta, il Movimento rivoluzionario Túpac Amaru. «La
> nostra lotta era giusta e non è stata vana. Ma il tempo delle armi è finito:
> in Perú e in una America latina che va vista con speranza e ottimismo»
> Sepolti vivi da molti anni per aver lottato contro una dittatura militare
> riconosciuta di recente colpevole di aver commesso crimini di stato e di
> lesa umanità: sono gli ex-guerriglieri peruviani del Mrta (Movimiento
> Revolucionario Túpac Amaru), gruppo non inserito nella lista delle
> organizzazioni terroristiche dall'Unione europea che lo qualifica come
> «insorgente».. Abbiamo intervistato, attraverso i suoi avvocati, il
> fondatore e leader del Mrta Víctor Polay. Che chiede una campagna
> internazionale per una soluzione politica.
> Era in corso una festa diplomatica quel 17 dicembre 1996 alla residenza di
> Lima dell'ambasciatore giapponese nel Perú dell'autocrate Alberto Fujimori
> (ancora enfant gâté degli Usa e dell'occidente), quando 14 guerriglieri del
> Mrta guidati da Néstor Cerpa Cartolini fecero irruzione prendendo in
> ostaggio i partecipanti, contro i quali non fu usato alcun tipo di violenza.
> Gli «emmeretisti» chiedevano la liberazione di 400 prigionieri politici del
> Movimento, da anni rinchiusi nelle carceri del paese. Al gelo dei 4.000
> metri come a Yanamayo o in «celle tomba» come nella base navale del Callao,
> una specie di « Guantanamo peruviana». Là erano già rinchiusi, fra i molti
> altri, il leader supremo di Sendero luminoso, il «presidente Gonzalo»
> (Abimael Guzman) e l'ideologo e capo politico-militare del Mrta Víctor Polay
> Campos.
> Dopo quattro mesi, nel contesto di un' America latina allora immersa nei
> governi della destra neo-liberista, tutti i guerriglieri furono uccisi a
> sangue freddo in un blitz delle forze speciali peruviane. Era il 22 aprile
> 1997.. Dodici anni fa. Un secolo fa. Molto è cambiato in America latina. In
> Perú non è così.
> Nel 2003 la Commissione per la verità e la riconciliazione  ha evidenziato
> che la guerriglia dei Túpac Amaru si differenziava da quella di Sendero
> luminoso «per metodi ed obiettivi», perché «rivendicava sempre le sue
> azioni, si asteneva dall'attaccare le popolazioni inermi, e in alcune
> occasioni aveva dato segnali di essere aperta a negoziati di pace». Il Mrta,
> ritenuto dalla stessa Commissione responsabile dell''1.8% delle morti e
> sparizioni di persona avvenute durante l'intero conflitto armato tra gli
> anni 1980 e 2000 (contro il 54% causato da Sendero luminoso e il 37% dalle
> forze armate), ha combattuto contro due dei governi più controversi della
> storia del paese.
> Víctor Polay, ora cinquantottenne, ha ormai trascorso in carcere quasi venti
> anni della sua vita. Si trova nella prigione militare del Callao dal 1993.
> Dapprima condannato all'ergastolo da un tribunale di giudici «senza volto»
> (incappucciati per evitare le ritorsioni e poter comminare condanne a mano
> libera), la sentenza fu poi annullata per la pressione delle organizzazioni
> internazionali per i diritti umani. Ma un nuovo processo «regolare» nel 2006
> lo ha condannato a 32 anni, poi aumentati a 35 anni dalla Corte suprema nel
> 2008. Anche al resto dei vertici del Mrta sono state aumentate le pene. Per
> quasi un decennio ha vissuto in condizioni che la Croce rossa internazionale
> definì «inumane»; secondo la denuncia fatta da sua moglie alla Commissione
> interamericana dei diritti umani, fu tenuto prima in gelide celle andine
> dove la temperatura scendeva a zero gradi senza abbigliamento adeguato, poi
> in celle sotterranee con luce artificiale per 23 ore
>  e mezza al giorno, fra torture e minacce.
> Victor Polay ha affidato ai suoi due avvocati le risposte alle nostre
> domande. Un modo per rompere il silenzio che circonda la sua vicenda e
> quella dei suoi compagni. E per lanciare quanto meno una campagna, in Perû e
> in  America latina, per il trasferimento di Polay e degli altri in un
> carcere civile.
>
> Di recente l'Unione europea ha rifiutato la richiesta da parte del governo
> peruviano di inserire il Mrta nella lista delle organizzazioni
> terroristiche. E il 7 aprile scorso la Corte suprema di giustizia del Perú
> ha condannato Alberto Fujimori a 25 anni di carcere per aver commesso
> crimini di stato per violazioni dei diritti umani. Come legge queste due
> decisioni?
> Esistevano prove schiaccianti e inconfutabili della partecipazione di
> Fujimori a diversi crimini in cui furono uccisi civili inermi. Certo, è
> stato solo condannato per omicidio e non per terrorismo di stato come
> avrebbe dovuto essere. Comunque la Corte ha riconosciuto l'esistenza di una
> politica generale di guerra sucia, guerra sporca, che violava i diritti
> umani, organizzata e diretta dal governo ai suoi massimi livelli. Quanto
> all'Unione europea rispetto al Mrta, oggi mi sembra irrilevante come gli
> enti internazionali possano considerarlo perché esso non esiste più come
> organizzazione politico-militare. La destra del Perú grida allo scandalo
> perché l'Europa non ci ha inseriti fra le organizzazioni terroristiche. Si
> vuole denigrare per sempre chi ha osato prendere le armi contro un sistema
> ingiusto: temono che possa fare scuola.
>
> E infatti la Corte suprema del Perú ha aumentato le condanne ai vertici del
> Mrta...
> Esiste nel paese quello che chiamerei un «populismo penale»: far credere che
> la protesta o i conflitti sociali possano risolversi aumentando le pene. Non
> è certo un caso: fa parte dell'arsenale ideologico del neo-liberismo che
> utilizza a questo scopo la quasi totalità dei mezzi di informazione. Prima e
> durante il nostro processo sono apparse sui giornali valanghe di
> dichiarazioni, relazioni, articoli molto negativi contro di noi. I giudici
> devono aver temuto la condanna mediatica. Infliggere la pena massima di 35
> anni risponde alla logica del vae victis!
>
> Dopo la caduta di Fujimori, lei e gli altri detenuti politici avete visto un
> miglioramento delle condizioni carcerarie?
> Si è gradualmente ridotto l'isolamento interno dei prigionieri. Oggi le
> porte delle celle si aprono alle 9 del mattino e si richiudono alle 20. Ma è
> mantenuto l'isolamento esterno: ad esempio le possibilità di visite sono
> limitatissime, sono permesse solo quelle dei familiari diretti. Io ricevo la
> visita di mia sorella; mia madre è in cattiva salute e mia moglie e i miei
> figli vivono in Francia come rifugiati. Inoltre trovandomi in un carcere
> militare ci sono restrizioni aggiuntive. Infine, mentre generalmente con il
> trascorrere degli anni vengono concessi benefici, il mio status carcerario è
> sempre lo stesso. Il mio mondo si riduce a mia sorella e ad altri tre
> prigionieri.
>
> Alla luce della condanna di Fujimori, crede che il paese sia pronto per
> un'amnistia per i prigionieri politici come lei e i suoi compagni?
> Nei quasi 200 anni di storia repubblicana le amnistie sono state un modo per
> arrivare alla riconciliazione dopo un conflitto armato interno. Accadde con
> i rivoluzionari apristi nel 1932 e nel 1948 e poi con i guerriglieri negli
> anni '60. Oggi il problema è principalmente politico. C'è bisogno di una
> campagna molto forte affinché l'opinione pubblica nazionale e internazionale
> possa esercitare la pressione necessaria per una soluzione politica del
> conflitto. E' giunto il momento di prospettare questo al paese perché sono
> sicuro che noi che fummo capaci di affidare le nostre vite a un ideale di
> giustizia, nelle condizioni attuali del Perú possiamo contribuire alla
> costruzione di una società più solidale e meno ingiusta, senza l'uso delle
> armi. Al paese non basta una democrazia formale, ha bisogno di una vera
> democrazia, economica, sociale e partecipativa. Centinaia di prigionieri
> dell'ex Mrta che hanno ottenuto la libertà si stanno rifacendo una
>  vita, stanno risolvendo i loro problemi di sopravvivenza, studio, familiari
> ecc. Non è facile, dopo 10-15 anni di prigione. I reazionari li vorrebbero
> in ginocchio, e dimentichi del loro anelito di giustizia sociale. Ma questo
> è impossibile per chi ha affidato la propria vita a un ideale. E poi,
> nonostante tutte le campagne di demonizzazione contro di noi, il popolo
> conserva rispetto e affetto per chi ha combattuto con coerenza e non si è
> sottomesso alla dittatura.
>
> E quanto alla reintegrazione degli ex Mrta nella vita politica del paese?
> Lei ha affermato davanti alla Comissione per la verità e riconciliazione che
> la lotta armata non è più la soluzione per risolvere i problemi del popolo.
> Purtroppo molte delle cause che avevano provocato la nostra lotta armata
> sono tuttora presenti nel mio paese. La crescita economica non ha portato
> sviluppo sociale. Il modello neo-liberista basato sulla manodopera a basso
> prezzo, sullo sfruttamento delle materie prime e sull'export continua a
> rendere i ricchi più ricchi e perpetua l'esclusione delle maggioranze. Il
> compito odierno è formare una forza sociale e politica capace di sviluppare
> un programma di trasformazione. Oggi molti membri dell'ex Mrta, insieme a
> nuove generazioni di militanti, stanno organizzando il Movimiento Patria
> Libre, che intende partecipare alla lotta politica e alle prossime elezioni
> nel 2011. Chiedo solo che non siano perseguitati come sta succedendo: le
> libertà democratiche non possono essere a geometria variabile. La democrazia
> è per tutte e tutti.
>
> Dal Callao, che speranze ripone nel processo in corso in America latina,
> dove paesi come Bolivia, Ecuador, Venezuela, Cuba propongono un altro
> modello di organizzazione sociale, di giustizia ecologica interna e
> internazionale, un modello dove gli ideali e le conoscenze indigene sono
> essenziali?
> Governi come quelli citati stanno dimostrando che un altro mondo è possibile
> insieme ai lavoratori delle campagne e delle città, alle donne, ai popoli
> indigeni, alle minoranze, agli ambientalisti, ai dimenticati. Sono un punto
> di riferimento di un movimento che avanza impetuosamente alla conquista dei
> diritti storici.
>
> Con l'occupazione dell'ambasciata giapponese oltre dieci anni fa il Mrta
> cercò di parlare al mondo. Nessuno ascoltò. Ora sarebbe diverso? E quale
> sarebbe il messaggio?
> La condanna penale di Fujimori ha dimostrato che la guerriglia del Mrta era
> giusta. Oggi darei un messaggio di ottimismo e speranza perché gli anni
> peggiori della repressione sono passati. Retrospettivamente, gli anni della
> lotta dei nostri popoli, degli uomini e delle donne per la liberazione non
> sembrano passati invano. I loro sogni vivono in nuove braccia che si stanno
> alzando in America latina e anche in Perú.
>
> SCHEDA Víctor Polay, nato nel 1951, è figlio di Víctor Polay Risco, uno dei
> padri fondatori negli anni '20 dell' Alleanza popolare rivoluzionaria
> americana (Apra), uno dei movimenti progressisti di sinistra più
> interessanti di quegli anni in America latina (poi con il tempo passato a
> destra), e di Otilia Campos, di origine incaica e militante aprista. La
> famiglia conosce fin dal principio carcere e persecuzione che segnano Víctor
> fin da piccolo, formando così precocemente la sua coscienza politica. Dopo
> aver studiato sociologia ed economia poltica in Europa, fonda il Movimento
> Rivoluzionario Túpac Amaru (Mrta) nel 1980. Conosciuto come «comandante
> Rolando», viene arrestato una prima volta nel 1989. Nel 1990 insieme ad
> altri 47 compagni evade dal carcere di Canto Grande. Arrestato nuovamente
> nel 1992, dal 1993 è rinchiuso nel carcere militare di massima sicurezza
> della base navale del Callao.
> L'Mrta nel nome si ispira a Túpac Amaru II, leader in Perú della grande
> rivolta indigena contro la colonizzazione spagnola del 1780. Il Mrta ha
> lottato e combattuto contro due dei governi più controversi della storia del
> paese. Il primo del presidente Alan García (nuovamente in carica dal 2006),
> tra il 1985 e il 1990, accusato di gravi violazioni dei diritti umani per i
> massacri avvenuti nelle carceri di San Juan di Lurigancho e di El Frontón.
> Il secondo quello di Alberto Fujimori, condannato recentemente a 25 anni di
> carcere come mandante dei massacri di Barrios Altos e di La Cantuta,
> considerati «crimini contro l'umanità secondo il diritto penale
> internazionale» come riportato nella sentenza.
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