Fw: D'Alema ministro italiano




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Sent: Monday, January 08, 2007 8:02 PM
Subject: D'Alema ministro italiano


D'ALEMA, "POPULISMO" E SINISTRA  SUDAMERICANA
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Il ministro degli Esteri D'Alema è stato in visita ufficiale in Brasile, Cile e Perù, ricominciando a tessere la trama di una politica estera inchiodata all'unidirezionalità con Washington e Bruxelles, ridotta a pura promozione delle esportazioni. L'Italia era praticamente scomparsa dalla scena latinoamericana, a tutto vantaggio della banca spagnola che è diventata la numero uno in questa latitudine. Sul quotidiano "Liberazione" del 3 gennaio, Angela Nocioni intervista il ministro D'Alema di ritorno dai tre Paesi sudamericani guidati da governi definiti di sinistra "light". Lo interroga sulle ragioni dell'esclusione del Venezuela, Argentina e Bolivia, con governi che caratterizza come sinistra radicale. La Patria Grande, preoccupata per alcune valutazioni riguardanti il Venezuela -tra cui il ricorrente ricorso al clichet di « populismo »- intervista Tito Pulsinelli su certe affermazioni superficiali di D'Alema.
LPG, intervista a Tito Pulsinelli, 06/01/2007
La Patria grande intervista Tito Pulsinelli
Il ministro degli Esteri D'Alema è stato in visita ufficiale in Brasile, Cile e Perù, ricominciando a tessere la trama di una politica estera inchiodata all'unidirezionalità con Washington e Bruxelles, ridotta a pura promozione delle esportazioni. L'Italia era praticamente scomparsa dalla scena latinoamericana, a tutto vantaggio della banca spagnola che è diventata la numero uno in questa latitudine. Sul quotidiano "Liberazione" del 3 gennaio, Angela Nocioni intervista il ministro D'Alema di ritorno dai tre Paesi sudamericani guidati da governi definiti di sinistra "light". Lo interroga sulle ragioni dell'esclusione del Venezuela, Argentina e Bolivia, con governi che caratterizza come sinistra radicale. Lapatriagrande.net, preoccupata per alcune valutazioni riguardanti il Venezuela -tra cui il ricorrente ricorso al clichet di « populismo »- intervista Tito Pulsinelli su certe affermazioni superficiali di D'Alema. LPG: Il ministro D'Alema manifesta ripetutamente la sua spiccata identificazione con Lula e il Brasile, ed arriva a suggerire che esisterebbe una contraddizione sensibile con Chavez e il Venezuela. Tito Pulsinelli (TP): Il massimo gerarca della Farnesina ignora che Lula è stato aspramente criticato dall'opposizione venezuelana perchè -in piena campagna elettorale- è andato a inaugurare il grandioso ponte binazionale sull'Orinoco, e questo è stato visto come un aperto e indebito sostegno alla rielezione di Chavez. Caracas e Brasilia agiscono in piena sintonia sullo scenario internazionale (vedi elezione al Consiglio di sicurezza dell'ONU), convergono sul potenziamento accelerato del blocco regionale nel Mercosur, e più in generale sull'integrazione latinoamericana. La costruzione del gasodotto trans-amazzonico che trasferirà il gas dalle coste venezuelane alla Terra del Fuoco, sta a indicare che esiste una concordanza di tipo strategico, che va ben oltre l'effimera durata dei vari governi. LPG: Sul nuovo corso sudamericano e sul rinnovatore vento del sud che ha ridato protagonismo alle sinistre, è evidente che D'Alema predilige il Brasile, Cile e Perù, e li contrappone ai governi di Caracas, Buenos Aires e La Paz, di cui non mette in discussione la legittimita democratica, ma il carattere "populista". Che senso ha? TP: E' l'ottica un pò strabica con cui si guarda al sub-continente dalla metropoli europea. Non c'è da stupirsi. Nel passato molto remoto dell'annessione della California, Arizona, Texas ecc agli Stati Uniti, uno come Engels scrisse che "finalmente sono state strappate agli indolenti messicani, i quali non sapevano che farsene". E' un problema di informazione, o di consiglieri poco aggiornati. Certo, è un pò fantasioso definire Alan Garcia come un "esponente storico della sinistra", significa ignorare non solo la questione morale, ma anche che è stato rieletto con l'apporto determinante della destra liberista, dell'oligarchia reazionaria e dei settori urbani più razzisti. La morte di Pinochet nel suo letto ha reso evidente che in Cile esiste tuttora una « democrazia tutelata », frutto di un patto di transizione basato sull'impunità dei gorilla golpisti. L'esercito cileno continua a poter contare sul diritto al 10% dei proventi dell'esportazione del rame, a prescindere dai bilanci per la difesa stabiliti dai governi di turno. In nessun altro Paese del continente americano esiste un simile privilegio pretoriano. D'Alema elogia il mercato aperto cileno, la sua modernità cosmopolita, ma dimentica che il prezzo è stato pesantissimo, e che ha impoverito i settori popolari. Dimentica che il Cile è anche Mapuche. Infine, credo che il ministro si attiene alla tradizione burocratizzata: è sinistra quella contenuta nell'album di famiglia dell'Internazionale socialista. Lì c'era anche Azione Democratica (AD) e Carlos Andres Perez, quando nel 1989 impose a ferro e fuoco un "pacchetto del FMI", con il costo di migliaia di morti ammazzati. E' lì che affondano le radici del nuovo corso venezuelano. LPG: D'Alema dà alcune piste per interpretare quel che lui ritiene "populismo". Su insistenza della giornalista Nocioni dice: "è che Lula ridistribuisce una ricchezza prodotta dal Brasile perché è consapevole che per redistribuire ricchezza bisogna crearla attraverso lo sviluppo economico. Ridistribuire la rendita petrolifera è invece meno lungimirante". TP: Già siamo ai luoghi comuni folcloristici. Chavez sarebbe come un distributore automatico di banconote a chiunque ne faccia richiesta. Veramente, è stato il candidato presidenziale dell'opposizione a distribuire una carta di credito -denominata "Mi negra"- con cui la gente poteva passare a incassare il 10% della rendita petrolifera all'indomani della sua elezione. Gli elettori hanno rifiutato questo demagogico "cash", preferendo la ridistribuzione sociale sotto la forma di sistema sanitario nazionale, istruzione, sistema pensionistico e investimenti per lo sviluppo. Era il 35% del bilancio del 2006, supererà il 40% quest'anno.Ma che dovrebbe fare Chavez ? Distribuirlo alle banche o alle multinazionali? In Venezuela si sta producendo tecnologia per l'agricoltura, automobili, un polo petrochimico, computer, macchinari per la perforazione petrolifera ecc. Per la prima volta, non si importerà la tuberia per gli oleodotti. Questi progetti si fanno con patner che accettano la compartecipazione del 51% del Venezuela, il trasferimento tecnologico, brevetti e patenti al Paese. La porta non è stata chiusa a nessuno, ma se la Cina, l'Iran, la Russia e il Brasile accettano ed altri no, questo si deve ad altre ragioni, non certo alla chiusura del mercato. Quello venezuelano non è una porta-girevole come nel Grand Hotel della Borsa, ha le sue regole, come in Malasia. LPG: Ma che cosa si può rispondere ad una affermazione come "Lula redistribuisce ciò che si produce in Brasile"? TP: Anche il petrolio, il gas ed altre vitali materie prime si producono in Venezuela, non nella stratosfera. E per portarle fino al distributore di benzina non basta fare un buco per terra con un palo, come ai tempi dell'indio Mara nel lago di Maracaibo. Qui si estrae e si raffina, e PDVSA è una multinazionale energetica tra le prime dieci del mondo, la prima tra quelle statali.
D'Alema non parla da ministro degli esteri ma come
uomo politico metropolitano, però come tale ignora che in Venezuela non è mai esistita una borghesia nazionale capace di creare un maturo sviluppo industriale. In Brasile esiste, e si vede.
LPG: Perchè?
TP: Nel 1914, quando comincia il boum petrolifero, il Venezuela era un Paese quasi disabitato, agricolo, sottomesso al dittatore J.V. Gomez, collocato al potere dalle compagnie petrolifere, di cui fu un acerrimo difensore durante 28 anni. E' bene ricordare che questa dittatura fu favorita dal blocco navale delle coste e dei porti, ad opera dell'Inghilterra e della Germania, cui più tardi si aggiunsero l'Italia, la Francia, Olanda, Belgio e Spagna, che esigevano il pagamento di un debito usuraio. I proprietari terrieri di quest'epoca non seppero gettare le basi di una rivoluzione industriale, e più tardi vissero il miraggio del colonialismo petrolifero, preferendo la subordinazione alle multinazionali e vivere all'ombra dello Stato. Ricevevano crediti senza dare a cambio nessun tipo di sviluppo reale. LPG: Stai parlando di un periodo lontano.Juan Vicente Gomez cadde nel 1935. Dopo la situazione non è cambiata? TP: Dal 1958 il petrolio ha generato un esiguo gettito fiscale al Paese, i benefici rimanevano alle multinazionali del nord, mentre lo Stato ha continuato a funzionare al servizio del 10% della popolazione. L'elite riceveva sovvenzione per sostiture le importazioni, ma li usava prevalentemente per i commerci e continuare ad importare. Tant'è vero che fino agli anni 60, l'emigrazione italiana era fiorente, e sviluppò la costruzione, la piccola e media industria dei manufatti metallurgici, i calzaturifici.I grande latifondi erano improduttivi, e si importava il 70% del fabbisogno alimentare. In Brasile i latifondisti producono per il mercato interno, preferibilmente per l'esportazione, ma producono. Qui no, sono distese recintate, con la speranza che nel sottosuolo si scopra qualche giacimento. Qui si è arrivato a chiudere gli istituti tecnici
industriali, perchè bisognava importare, non riparare o fare manutenzione.
D'Alema non ha idea di che che sia una colonizzazione petrolifera in pieno secolo XX, forse non è brutale come quella della monocoltura delle banane o del caffè. E' un processo di espropriazione delle risorse, dell'identità culturale e nazionale, di tremenda efficacia. Riesce a pianificare l'economia in modo che i dollari del petrolio ritornino automaticamente all'origine.si importa quasi tutto, persino gli alimenti. Ci sono pochi imprenditori e troppi commercianti. Così era l'Iran fino alla caduta dello Sha, così è la Nigeria oggi. Credo che nessun governo può ribaltare una situazione simile in pochi anni, anche con i consigli interessati di "lungimiranti" uomini politici della metropoli industrializzata. Ieri indicavano come modello l'Argentina dollarizzata di Menem, oggi il neoliberismo militarizzato cileno. LPG: L'intervistatrice fa notare a D'Alema che sia Chavez che Lula hanno praticato la redistribuzione sociale, però in un caso è positiva nell'altro è criticabile. Il ministro arriva a stabilire un'altra differenza: "Lula si sforza di unire il Paese, Chavez governa anche attraverso la mobilitazione permanente dei suoi seguaci nei confronti dell'altra parte del Paese". TP: D'Alema parla come uomo di parte sommariamente informato, ma sicuramente non come ministro. Non so come reagirebbe se un ministro venezuelano dicesse una cosa simile al Presidente italiano. Ad ogni modo, egli guarda ad un'altra realtà con la stessa lente di ingrandimento valida a casa sua. Egli suppone che qui ci sia un'opposizione leale, che accetta le regole del gioco e l'alternanza. No, non è così, non è vero che tutto il mondo è paese. In Italia ci sono televisioni da cui si fa apologia del colpo di Stato? Da cui si lanciano appelli all'insurrezione contro i poteri costituiti? Chavez fu fatto prigioniero, ma non poterono eliminarlo fisicamente nè políticamente, perchè la mobilitazione sociale lo impedì. I voti hanno espresso questo indirizzo politico, però quelli che D'Alema definisce i "poteri forti", usano tutti i mezzi, leciti e no, per ribaltare la situazione. Senza la mobilitazione permanente, i voti -in questa parte del mondo- servono a poco. Per D'Alema è normale che una parte del Paese, per cambiare governo, ricorra all'importazione di centinaia di paramilitares colombiani? O a una serrata padronale mascherata da sciopero, in cui bloccano per due mesi gli ospedali, compreso il pronto socorso? E' normale interrompere i rifornimenti alimentari per due mesi alle città? Obbligare i cittadini a cucinare con la legna perchè rifiutano di vendere le bombole di gas? Se i voti non si difendono con la mobilitazione, si ritornerebbe alla diserzione elettorale massiva. LPG: A parte queste ragioni, D'Alema non ha visitato Caracas per il problema con la parastatale italiana degli idrocarburi. Infatti dice: "L'ENI in Venezuela ha un contenzioso serio, importanti concessioni sono state di fatto espropriate dal governo". Che ne pensi? TP: Il governo ha sovranamente aumentato le imposte fiscali sugli idrocarburi ed ha stabilito nuove norme. Queste sono state accettate dalla Repsol, da Petrobras, dalla compagnia in cui la famiglia Bush vanta un pacchetto azionario, dai cinesi, dagli argentini e dai norvegesi. L'ENI è una solitaria eccezione ed ha fatto le valige, altre compagnie hanno preso il suo posto. E' una questione di costi, ma è del tutto improprio parlare di ""concessioni espropriate di fatto". E' poco diplomatico tacere sui grandi contratti delle aziende italiane nel settore ferroviario, e mettere in risalto -invece- i punti di frizione. LPG: Per concludere, D'Alema ha criticato Chavez per il suo discorso all'ONU, asserendo che "definire diavolo qualcuno, come ha fatto Chavez con Bush, sia una sciocchezza", che metterebbe in cattiva luce il Venezuela. TP: E' un'opinione personale del cittadino D'Alema che -invece- trova perfettamente normale quando Bush afferma che durante le colazioni -quando non si servono alcolici- Dio gli ha dato via libera per l'invasione dell'Iraq e dell'Afganistan. Sono affermazioni nocive per la credibilità di qualsiasi Paese. Non ricordo nessun commento nemmeno quando Clinton, nel discorso inaugurale della sua prima presidenza, disse con serietà: "Oggi celebriamo il mistero del rinnovamento americano, la nostra missione è senza tempo". La loquacità diplomatica, o l'impertinenza del neoliberismo di sinistra-si sa- è asimmetrica, variabile secondo la gerarchia delle nazioni.
D'ALEMA, "POPULISMO" E IZQUIERDA SUDAMERICANA
Articolo in italiano
El ministro de Relaciones Exteriores D'Alema ha estado en visitas oficiales en Brasil, Chile y Perú, recomenzando a tejer una trama de política exterior cimentada en la unidireccionalidad con Washington y Bruselas, reducida a la promoción de las exportaciones. Italia había prácticamente desaparecido de la escena latinoamericana, aventajando a la banca española que se convirtió en la número uno en esas latitudes. En el diario "Liberazione" del 3 de enero, Angela Nocioni entrevista al ministro D'Alema sobre los tres países latinoamericanos llevados por gobiernos que define como "Light", y lo interroga sobre las razones de la exclusión de Venezuela, Argentina y Bolivia, con gobiernos que caracteriza como de izquierda radical. La Patria Grande, preocupada por algunas valoraciones referentes a Venezuela -entre las que se incluye el recurso recurrente al cliché de "populismo"- entrevista a Tito Pulsinelli sobre ciertas afirmaciones superficiales de D'Alema.
LPG, entrevista a Tito Pulsinelli, 06/01/2007
D'ALEMA, "POPULISMO" E IZQUIERDA SUDAMERICANA
La Patria Grande entrevista a Tito Pulsinelli
El ministro de Relaciones Exteriores D'Alema ha estado en visitas oficiales en Brasil, Chile y Perú, recomenzando a tejer una trama de política exterior cimentada en la unidireccionalidad con Washington y Bruselas, reducida a la promoción de las exportaciones. Italia había prácticamente desaparecido de la escena latinoamericana, aventajando a la banca española que se convirtió en la número uno en esas latitudes. En el diario "Liberazione" del 3 de enero, Angela Nocioni entrevista al ministro D'Alema sobre los tres países latinoamericanos llevados por gobiernos que define como "Light", y lo interroga sobre las razones de la exclusión de Venezuela, Argentina y Bolivia, con gobiernos que caracteriza como de izquierda radical. LaPatriaGrande.net, preocupada por algunas valoraciones referentes a Venezuela -entre las que se incluye el recurso recurrente al cliché de "populismo"- entrevista a Tito Pulsinelli sobre ciertas afirmaciones superficiales de D'Alema. LPG: El ministro D'Alema manifiesta repetidamente una marcada identificación con Lula y Brasil, y llega a sugerir que existe una sensible contradicción con Chávez y Venezuela. Tito Pulsinelli (TP): El máximo jerarca de la Farnesina ignora que Lula fue criticado ásperamente por la oposición venezolana porque -en plena campaña electoral- fue a inaugurar el grandioso puente binacional sobre el Orinoco, y esto fue visto como un abierto e inapropiado apoyo a la reelección de Chávez. Caracas y Brasilia se mueven en plena sintonía en el escenario internacional (ver la elección al Consejo de Seguridad de la ONU), convergen en el reforzamiento acelerado del bloque regional en el Mercosur, y en general sobre la integración latinoamericana. La construcción del gasoducto trans-amazónico que transferirá el gas desde las costas venezolanas a la Tierra del Fuego, evidencia que existe una concordancia de tipo estratégico, que va más allá la efímera transitoriedad de los gobiernos. LPG: Sobre el nuevo curso sudamericano y el renovador viento del sur que ha rendido un protagonismo a las izquierdas, es evidente que los predilectos de D'Alema son Brasil, Chile y Perú, que contrapone a los gobiernos de Caracas, Buenos Aires y La Paz, sobre los cuales no cuestiona la legitimidad democrática sino su carácter "populista". ¿Qué sentido tiene? TP: Es la óptica un poco bizca con que se observa al sub-continente desde la metrópoli europea, no hay de qué sorprenderse. En el remoto pasado de la anexión de California, Arizona, Texas, etc., a los Estados Unidos, alguien como Engels escribió que "finalmente fueron despojadas a los holgazanes mejicanos". Es un problema de información, o de consejeros poco actualizados. Ciertamente es un poco fantasiosa la visión de Alan García como un "exponente histórico de la izquierda", significa ignorar no sólo la cuestión moral, sino que fue electo con el aporte determinante de la derecha liberalista de la oligarquía reaccionaria, y de los sectores urbanos más racistas. La muerte en cama de Pinochet ha hecho evidente que en Chile existe una "democracia protegida", fruto de un pacto de transición basado sobre la impunidad de los gorilas golpistas. El ejército chileno continúa contando con el derecho sobre 10% de la venta por exportación de cobre, además de los balances asignados a la defensa por los gobiernos de turno. En ningún otro país del continente americano existe un privilegio pretoriano similar. D'Alema elogia el mercado abierto chileno, su modernidad cosmopolita, pero olvida que el precio fue muy alto, y que ha empobrecido a los sectores populares. Olvida que Chile es también Mapuche. En fin, creo que D'Alema suscribe la tradición burocratizada, es izquierda aquella contenida en el álbum de familia de la Internacional Socialista. Allí estaba también Acción Democrática (AD) y Carlos Andrés Pérez cuando en 1989 impuso a capa y espada un "paquete del FMI", con un costo de miles de víctimas. Es allí donde se hunden las raíces del nuevo curso venezolano. LPG: D'Alema da algunas señales para la interpretación de eso que él asume como "populismo". Con la insistencia de la periodista Nocioni, dice: "es que Lula redistribuye una riqueza producida por Brasil, porque es consciente de que para redistribuir la riqueza es necesario crearla a través del desarrollo económico. Redistribuir la renta petrolera es en cambio de hombres menos largos de vista" TP: Ya estamos en los lugares comunes. Chávez sería como un repartidor automático que distribuye billetes a quienquiera que haga la solicitud. Realmente fue el candidato de la oposición quien distribuyó una tarjeta de crédito -denominada "Mi Negra"- con la que la gente podía pasar a embolsarse el 10% de la renta petrolera al día siguiente a su elección. Los electores han rechazado este "cash" demagógico, prefiriendo la redistribución social bajo la forma de sistema sanitario nacional, instrucción y sistema de pensiones. Era el 35% del balance de 2006, superará el 40% este año. ¿Pero qué debería hacer Chávez? ¿Distribuirlo a la banca o a las multinacionales? En Venezuela se está produciendo tecnología para la agricultura, automóviles, un polo petroquímico, computadoras, maquinaria para la perforación petrolera, etc. Por primera vez no se importará la tubería para oleoductos. Estos proyectos se hacen con asociados que aceptan la coparticipación del 51% de Venezuela, y transferencia de tecnología y patentes al país. La puerta no ha sido cerrada a nadie, pero si China, Irán, Rusia y Brasil aceptan y otros no, se debe a otras razones, no precisamente al cierre del mercado; el venezolano no es una puerta-giratoria como en la cadena Grandes Hoteles de la Bolsa, tiene sus reglas, como en Malasia. LPG: Pero, ¿qué podría responderse a una afirmación como "Lula redistribuye lo que produce en Brasil? TP: También el Petróleo, el gas y otras materias vitales se producen en Venezuela, no en la estratosfera. Y para llegar hasta la distribución de gasolina no basta hacer un hueco en la tierra con un palo, como en los tiempos del indio Mara en el lago de Maracaibo. Aquí se extrae y se refina, y PDVSA es una multinacional energética entre las primeras diez del mundo, y la número uno entre aquellas estatales. D'Alema no habla como ministro de relaciones exteriores sino como un hombre político de la metrópoli, sin embargo como tal ignora que en Venezuela nunca existió una burguesía nacional capaz de crear un desarrollo industrial maduro. En Brasil existe y se ve. En 1914, cuando comienza el boom petrolero, Venezuela era un país casi deshabitado, agrícola, sometido al dictador J.V. Gómez, puesto en el poder por las compañías petroleras, de las cuales fue un acérrimo defensor durante 28 años. Es bueno recordar que esta dictadura fue favorecida por el bloqueo naval de las costas y puertos, impuesto por Inglaterra y Alemania, a las que se uniría más tarde Italia, Francia, Holanda, Bélgica y España, que exigían el pago de una deuda usuraria. Los propietarios terratenientes de esta época no supieron echar las bases de una revolución industrial, y más tarde vivieron la ilusión del colonialismo petrolero, prefiriendo la subordinación y vivir a la sombra del Estado. Recibieron créditos sin dar a cambio ningún tipo de desarrollo real. LPG: Hablas de un período lejano. Juan Vicente Gómez cae en 1935. ¿No cambia después la situación? TP: Desde 1958 el petróleo generaba al país una tasa fiscal exigua, los beneficios eran apercibidos por las multinacionales del norte, mientras el Estado continuaba funcionando para servir al 10% de la población. La elite recibía subvenciones para la sustitución de importaciones, pero las usaba principalmente para el comercio y las importaciones. Por esto, hasta los años 60, la inmigración italiana era floreciente, se desarrolló la construcción, la pequeña industria de manufacturas metalúrgicas, la fabricación de calzado. Los grandes latifundios eran improductivos y se importaba el 70% de los bienes alimentarios. En Brasil los latifundistas producen para el mercado interno, preferentemente para la exportación, pero producen. Aquí no, son extensiones cercadas con la esperanza de que en el subsuelo se descubra algún yacimiento. D'Alema no tiene idea de lo que es la colonización petrolera en pleno siglo XX, quizá no es brutal como aquella de la monocultura de los plátanos y cafe, es un proceso de expropiación de los recursos, de la identidad cultural y nacional con una eficacia tremenda. Llega a planificar la economía de manera que los dólares del petróleo regresen automáticamente a su lugar de origen. porque se importa casi todo, hasta los alimentos no Pocos emprendedores, demasiados comerciantes. En los años 60, aquí llegaron a cerrarse los institutos técnicos superiores. no había necesidad de reparar o hacer mantenimiento, se debía comprar todo del extranjero. Creo que ningún gobierno puede revertir una situación similar en unos pocos años, incluso con los consejos de "hombres largos de vista" políticos de la metrópoli industrializada. Ayer el modelo era la Argentina dolarizada de Menem, hoy serìa el neoliberalismo militarizado chileno. LPG: La entrevistadora hace notar a D'Alema que tanto Chávez como Lula han practicado la redistribución social, pero en un caso es positiva y en el otro criticable. El ministro llega a establecer otra diferencia: "Lula se esfuerza en unir el país, Chávez gobierna incluso a través de la movilización permanente de sus secuaces confrontados a la otra parte del país" TP: D'Alema habla como un militante, mal informado, seguramente no como ministro. No sé como reaccionaría si un ministro venezolano dijera una cosa similar al Presidente italiano. Como sea, observa otra realidad con la misma lente de aumento válida en su casa. Supone que aquí existe una oposición leal, que acepta las reglas del juego. No, no es así. ¿Hay en Italia televisoras que hagan apologías del golpe de Estado? ¿Desde las cuales se hagan llamados a la insubordinación contra los poderes constituidos? Chávez fue hecho prisionero, pero no pudieron eliminarlo físicamente, ni políticamente, porque la movilización social lo impidió. Los votos han expresado esta dirección política, pero esos que D'Alema ama definir como "poderes fuertes" usan todos los medios, lícitos o no, para invertir la situación. Sin la movilización permanente, los votos -en esta parte del mundo- sirven de poco. ¿Para D'Alema es normal que una parte del país recurra a un bloqueo patronal, tras la máscara del paro, en donde sitien por dos meses los hospitales, incluida la atención de emergencias? ¿Es normal interrumpir las provisiones de víveres por dos meses a las ciudades? ¿Obligar a los ciudadanos a cocinar con leña porque impiden la venta de las bombonas de gas? Si no se defienden los votos se retornará a la deserción electoral. LPG: A parte de estas razones, D'Alema no ha visitado Caracas por el problema con la paraestatal de los hidrocarburos. Al respecto afirma: "La ENI en Venezuela tiene un contencioso serio, importantes concesiones han sido expropiadas de hecho por el gobierno" ¿Qué piensa de esto? TP: El gobierno ha aumentado soberanamente las imposiciones fiscales sobre los hidrocarburos y ha establecido nuevas normas. Éstas han sido aceptadas sólo por la Repsol, Petrobrás, por la compañía en la que la familia de Bush ostenta un paquete accionario, por los chinos, por los argentinos y noruegos. La ENI es una solitaria excepción y ha empacado sus valijas, otras compañías han ocupado su puesto. Es una cuestión de costos, sin embargo es totalmente impropio hablar de "concesiones expropiadas de hecho". Es poco diplomático callar en el tema de los grandes contratos de las haciendas italianas en el sector ferroviario, y resaltar -en su lugar- los puntos de fricción. LPG: Para concluir, D'Alema ha criticado a Chávez por su discurso en la ONU, aseverando que "definir como diablo a alguien, tal como ha hecho Chávez es una tontería" que hace caer en descrédito a Venezuela. TP: Es una opinión personal del ciudadano D'Alema que -al contrario- encuentra perfectamente normal que Bush afirme que durante el desayuno -cuando no se sirven bebidas alcohólicas- Dios le ha asegurado una vía libre para la invasión de Irak y Afganistán. Son afirmaciones nocivas para la credibilidad de cualquier país. No recuerdo ningún comentario ni siquiera sobre Clinton, cuando en el discurso inaugural de su primera presidencia dijo con seriedad: "hoy celebramos el misterio de la renovación americana, nuestra misión es eterna". La locuacidad diplomática, o la impertinencia del neoliberalismo de izquierda -se sabe- es asimétrica, variable según la jerarquía de las naciones.
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